#17 - TAMBURI DI GUERRA

by Pablo

 

Germania, 18 Marzo 2003, ora locale 2:25 AM.
Un treno sta sfrecciando attraverso il cuore dell'Europa, sulla tratta Berlino-Parigi. I suoi vagoni erano mezzi vuoti, e la maggior parte dei viaggiatori stanno dormendo. Ma 3 di loro sono ancora svegli. Uno di loro, un alto teutonico, dai capelli biondi leggermente lunghi, dal viso affilato e vestito con un elegante gessato grigio e una cravatta nera, sta parlando al cellulare. O meglio, più che parlando, sta ascoltando.
- Ho capito, va bene. - concluse, chiudendo la telefonata.
Si rivolse all'uomo davanti a lui, mentre quello al suo fianco riponeva il telefonino.
- L'ultimatum scade tra 48 ore, Helmut.
Il barone Zemo sorrise.
- Interessante. Credo che il governo americano potrà essere messo tranquillamente con le spalle al muro, visto l'atmosfera che aleggia in tutto il mondo.
- Non ne sono così convinto. - rispose l'altro.
- Perchè?
- Sono troppe le forze che appoggiano gli USA in questa guerra, e la Francia e la Germania non possono interferire più di tanto.
Zemo scosse il capo.
- Francia e Germania... come Vichy... no, no. L'interesse non è quello di interferire, ma di isolare l'America e i suoi alleati. La Russia e la Cina, per quanto possano essere cadute in disgrazia ai nostri occhi, sono vicine alla nostra linea. Il regime di Saddam, così sporco e deliziosamente cruento, è il paravento ideale per distruggere il “demone” americano. E' un'occasione troppo ghiotta, e vedrai che le forze in campo saranno molteplici, ma tutte con un unico obbiettivo: far crollare l'America.
L'altro rimase qualche attimo sovrappensiero.
- Però – aggiunse – non ci metteranno molto a capire chi c'è dietro, una volta che la polvere si sarà abbassata, e allora...
- E allora nulla! - rispose stizzito Zemo – Quando la polvere si sarà abbassata, il nuovo ordine, quello vero e non quello fasullo americano, sarà alla guida delle istituzioni. Dopotutto in Europa siamo già a buon punto.
- E Painer? - chiese.
Zemo fremette per un attimo.
- Painer sarà eliminato quanto prima. Strucker si sta già occupando di lui. Mi dispiace solo che abbiamo perso un alleato potente come Thor, ma la vittoria sarà nostra alla fine.
I tre rimasero in silenzio a fissare il paesaggio che passava fuori dal finestrino, mentre il treno si avvicinava velocemente a Parigi.

Baghdad, 18 Marzo 2003, ora locale 19:34.
Saddam si sedette alla sua scrivania. Era esausto, gli americani gli avevano posto un ultimatum per lui inaccettabile. Che venissero a morire tra il Tigri e l'Eufrate, pensò rabbioso. Improvvisamente il telefono squillò, ma non era il normale telefono, era un altro molto particolare.
Rimase a fissarlo per qualche decina di secondi, mentre squillava incessantemente, poi si decise e sollevò la cornetta.
- Pronto? - chiese in perfetto inglese.
- Mister Hussein, sono io. - rispose Painer dall'altro lato della cornetta.
Saddam sorrise, ma il suo sorriso era gelido.
- Oh, la prego mister Painer, mi chiami Saddam.
- E lei continui a chiamarmi pure mister Painer. - qualche secondo di silenzio intercalò tra i due. - L'ho chiamata perchè, visti i recenti sviluppi, desiderei che lei facesse partire il mio uomo al più presto possibile.
Saddam scuotè il capo.
- Questo non è possibile.
La voce di Painer si inasprì.
- La prego di considerare tutte le possibili ripercussioni che riceverà, se non rimanda da me il mio uomo entro 24 ore.
- Ah! Ah! Ah! Se crede di spaventarmi con un ultimatum, allora non ha capito con chi ha a che fare.
La voce di Painer si fece secca e rabbiosa, mentre il dittatore si torturava i baffi.
- No, mi dispiace, è lei che non sa con chi ha a che fare, mister Hussein. Le rinnovo la richiesta di rimandare da me lo scienziato che le ho mandato circa 6 mesi fa, altrimenti avrà di che pentirsene.
Saddam chiuse la comunicazione, afferrò il telefono e lo scagliò contro il muro.
- Maledetto! - ansimò - Non mi toglierai la mia ultima arma!

Washington DC, 19 Marzo 2003, ora locale 15:30.
Il capo della CIA entrò nella Sala Ovale. Ad attenderlo c'erano il presidente Bush, il suo vice Cheney, il segretario alla difesa Rumsfeld, il consigliere alla sicurezza Condoleeza Rice, Colin Powell e il generale Myers. Sorrise a tutti, porgendo ad ognuno di loro un fascicolo.
- Ci sono novità? - chiese il presidente.
- Un paio, discretamente interessanti.
- Sentiamole.
L'uomo aprì il fascicolo, seguito dagli altri.
- Allora, secondo una nostra informativa ricevuta da alcuni agenti segreti presenti sul territorio, Saddam potrebbe essersi rifugiato in un palazzo nella zona sud di Baghdad.
- Certezza dell'informazione? - chiese Zinny.
- Alta, ma non sicura, però...
- Però? - incalzò Powell.
- Non è possibile perdere questa occasione. Il palazzo è comunque un centro di potere del regime, e la possibilità di decapitarlo subito con una salva di missili è ghiotta all'inverosimile.
Bush si tormentò il mento con la mano destra.
- Si, credo sia una buona idea. - disse. - Se riusciamo a togliere di mezzo Saddam col minor numero di vittime possibili, usciremo con tranquillità da questo impasse internazionale.
- Ci sarebbe anche una seconda questione.
- Cioè? - chiese la Rice.
- Sappiamo dove si trova il laboratorio sperimentale di Saddam.
Gli altri lo fissarono increduli, poi lui girò le pagine fino a fermarsi ad una cartina con delle foto satellitari, imitato dai presenti. Dopo qualche minuto fu Powell a parlare.
- Dobbiamo intervenire al più presto!
Il presidente appoggiò la cartina e sollevò la cornetta.
- Faccia venire il generale Fury. - disse, per poi abbassare la cornetta e fissare i presenti.

Baghdad, 20 Marzo 2003, ora locale 5:25.
La città sta per ricevere il primo bombardamento della nuova offensiva anglo-americana. Oltre 40 missili Tomahawk sono partiti diversi minuti fa dalle navi dislocate nel golfo Persico e nel mar Rosso, con l'obbiettivo di colpire una delle residenze del dittatore iracheno.

Deserto iracheno, circa 150km a nord di Baghdad, stesso momento.
Tre figure stanno leggermente planando verso una precisa zona di quel luogo impervio grazie ai loro paracadute. La serata è limpida, e una Luna piena rende visibili le loro sagome nel cielo, ma loro sanno che non ci sarà nessun comitato di ricevimento ad attenderli, e che forse questa missione sarà più semplice del previsto.

Zurigo, Svizzera, ora locale 3:35.
In uno dei piani riservati di una delle più potenti banche del paese si trovano in riunione gli uomini richiamati dal barone Zemo attorno alla loro guida, il Teschio Rosso.
- La guerrà è iniziata, gli eventi stanno prendendo la piega desiderata. - esclamò il Seminatore d'Odio. - Ora si tratta solo di attendere e raccogliere i frutti.
Zemo annuì soddisfatto, ma fu Strucker, o meglio il suo archetipo elettronico, a far svanire il sogno.
- Non è così semplice, l'America ha larghe possibilità di vincere in Iraq, e di debellare Saddam Hussein, e questo non fa il nostro gioco.
- Hai ragione, - intervenne Zemo – non fa il nostro gioco al momento, ma gli equilibri mondiali stanno per cambiare, e dobbiamo approfittare di questo momento di transazione per rientrare nei meccanismi che governano il mondo. A lungo termine noi vinceremo.
Tutti annuirono, e Zemo si rivolse nuovamente a Strucker.
- Ci sono notizie di Thor?
L'archetipo fece un cenno di diniego con la testa.
- Dopo la battaglia con il Distruttore avvenuta tempo fa in Inghilterra, di lui non ci sono più tracce.
- E Painer?
E qui l'archetipo sorrise soddisfatto.
- Presto cadra ai nostri piedi.
- Perchè?
- Nei suoi palazzi è entrata una nostra spia, che non sa che lavora per noi. Credo che tra qualche tempo avremo sue notizie, e sferreremo il nostro attacco.
Zemo annuì soddisfatto, poi si rivolse al suo mentore, al Teschio Rosso, che giaceva seduto e immobile sulla sedia in fondo alla sala, ad osservare la discussione con le sue orbite vuote.
- Signore, qual è la prossima mossa?
Ci furono diversi secondi di silenzio, poi con una voce che sembrava provenire dal più terribile degli incubi parlò.
- Voglio l'Europa.

Deserto iracheno, circa 150km a nord di Baghdad, ora locale 5:40.
I tre entrarono senza alcun problema nell'invisibile tunnel sotterraneo, nascosto da qualche semplice masso alla base di un'arida collina.
- Sembra che le informazioni fossero giuste. - commentò Jack Daniels, mentre entrava silenziosamente in un corridoio.
- Troppo giuste, - commentò Sharon Carter – i dati troppo precisi sono comunque preoccupanti.
Cap fece cenno loro di tacere. Infatti erano giunti in un androne ampio, con una vetrata che dava su un laboratorio posto circa 10 metri più in basso. Al suo interno stavano lavorando, industriosi come formiche, decine di tecnici di chiara origine irachena, o comunque mediorientale, sorvegliati da una decina di uomini armati. Al centro del laboratorio, accanto ad un cilindro metallico molto particolare, c'era una persona fuori posto, un occidentale.
- Eccolo! - disse Cap, puntandolo con il dito. - E' lui!

Tokio, Giappone, in quel momento.
Fra i giganteschi palazzi controllati dalle potentissime Zaibatsu vi è una sorta di zona franca, controllata da in gaijin, un occidentale. E' conosciuto dai capi yakuza giapponesi come Painer, l'uomo che infligge dolore, ma il suo reale nome è sconosciuto a tutti in realtà.
Painer era assorto nei suoi pensieri nella sua stanza super protetta: l'attacco americano era riuscito a stupirlo, non si aspettava che agissero così velocemente, ma non importava, per lui adesso era importante che recuperassero il suo uomo e glielo rendessero. Era per questo che aveva fatto in modo che sapessero dove si trovava il laboratiorio segreto. In quel momento la porta si aprì improvvisamente, facendo apparire una figura alta e possente.
- Vieni avanti, Sam Wilson. - disse, indicandogli la sedia.
L'uomo si sedette, fissando sorridendo il suo interlocutore.
- Io ti ho liberato dalla prigionia a Guantanamo per un preciso motivo, voglio che tu liberi il mio scienziato dalle mani degli americani.
Il sorriso dell'uomo catturato da Capitan America si fece spietato.
- Sarà un piacere. Dove avverrà l'operazione?
Painer sorrise in maniera più spietata, se mai fosse possibile.
- In America, a Washington.

Base sotterranea in Irak.
Cap, Jack e Sharon, silenziosi come ombre, uscirono da un ascensore posto allo stesso livello del laboratorio, e con velocità e spietatezza eliminarono le poche guardie fedayn che trovarono sulla loro strada.
In pochi attimi giunsero all'ingresso di un salone per le riunioni. Al suo interno il capo dei fedayn di Hussein assegnati al laboratorio, Abed Al-Baz, e lo scienziato occidentale al servizio del regime iracheno.
In pochi secondi i tre entrarono. Il capo dei fedayn cercò di usare la pistola, ma un secco calcio di Jack sulla sua mano gliela fece volare in aria, mentre un secondo calcio di Sharon lo scagliò contro il muro, facendogli perdere i sensi.
Lo scienziato cercò di fuggire e di dare l'allarme, ma Cap si scagliò su di lui, atterrandolo e avvicinando al suo collo la lama del suo scudo.
- Salve dottor Banner, - disse sorridendo – siamo venuti per riportarla a casa.

Note: Inizia un nuovo ciclo di storie per Cap. Questa serie, come ricorderete di sicuro, è nata sull'onda degli eventi che hanno colpito circa un anno e mezzo fa gli Stati Uniti, quindi è stata strettamente correlata agli eventi reali. E proprio per via di questa correlazione che nasce questa storia, i cui riferimenti alla discussa (nel senso che se ne parla e discute parecchio) guerra contro l'Irak sono diversi e anche abbastanza circostanziati. Ma dal prossimo episodio vedrete che i riferimenti saranno anche più ampi, e toccheranno un evento che sta realmente avvendendo, correlandolo (almeno io credo) in maniera inedità alla situazione mondiale. Fra 15 giorni la rivelazione di Banner.