Berlino, 30 Aprile 1945. Oramai le forze alleate avevano stretto
le loro braccia attorno alle forze dell'Asse. La capitale tedesca era
stata cinta d'assedio, i bombardamenti erano incessanti e stavano
demolendo senza pietà le vestigia dell'impero nazista. Nei sotterranei di
uno dei palazzi del Terzo Reich una figura stava silenziosamente
percorrendo un lungo tunnel scavato nella roccia. Le sue mani tremavano
leggermente, mentre lentamente si avvicinava alla luce alla fine del
tunnel. Il suo nome era Steve Rogers, ma il mondo aveva imparato a
conoscerlo come Capitan America. Ora era quasi giunto alla fine della sua
missione, perchè lui era stato creato per porre fine ad un male terribile
che poteva propagarsi per l'intero mondo. Il suo nome era Teschio Rosso,
ed era uno dei più terribili gerarchi nazisti. Non era conosciutissimo
fuori da certi ambienti, anzi si potrebbe dire che in pochi l'hanno visto
dal vivo o in foto, ma il solo pronunciare il suo nome incuteva timore
anche nei più potenti dei nemici. Persino Hilter stesso pare sia stato
profondamente turbato dalla sua figura, e si vociferava in giro che il
Fürher avesse invocato un demone per vincere la guerra, e che questo
demone fosse proprio il Teschio Rosso. Cap si avvicinò di soppiatto
all'apertura, e sbirciò cautamente nel nuovo ambiente. Sentì i battiti del
suo cuore aumentare di intensità e mentalmente recitò una piccola
preghiera. Poi lo vide. Vide una figura irta in piedi, ammantata dalla
divisa nera dei gerarchi delle SS, che guardava nella sua direzione.
"Guardava" non era la parola corretta. Il suo volto era un vero teschio,
non una maschera, ed era completamente rosso. Non c'erano lineamenti, solo
ossa. Le orbite erano vuote, ma a Steve sembrò di scorgere al loro interno
uno sguardo carico di male. - Entra pure, americanen! - disse con una
voce che sembra provenire dall'oltretomba. Steve richiamò tutte le sue
forze ed entrò nella stanza, stringendo il suo scudo. - E così pare che
sia giunta l'ora del confronto... - Arrenditi, Teschio Rosso! - gli
intimò, puntandogli contro l'indice. La sua risata, terribile e
spaventevole, riempì lo stanzone, arredato con semplici scrivanie e
qualche schedario. - Questa è la poesiola che ti hanno fatto imparare a
memoria, mein capitanen? Steve rimase immobile e in silenzio a fissare
la creatura che aveva difronte.
New York City, due anni prima. Jack Daniels entrò con
disinvoltura nell'Hilton Hotel. Si guardò attorno, cercando di scoprire se
ci potevano essere spie o nemici tra la folla che riempiva l'atrio, poi
rassicurato entrò nell'ascensore. Era agitato. Le informazioni che aveva
ricevuto erano chiare e senza possibilità di fraintendimento: il generale
Katislavos era in uno dei più prestigiosi alberghi newyorkesi, sotto il
naso di coloro che gli stavano dando la caccia da almeno una decina di
anni. L'intera sezione dirigenziale della CIA era rimasta sconvolta,
cercando di trovare capri espiatori a tutti i livelli, e, terminata
l'epurazione, chiudere la faccenda una volta per tutte. Ed è per questo
che lui ora si trovava lì. Era il miglior agente con licenza di uccidere
che l'Intelligence aveva nel suo libro paga. Ci volle poco per stabilire
in che stanza alloggiava il mercenario, amico di Milosevic e Saddam
Hussein, e con che identità. Con molta ironia si faceva chiamare Teodor
Roosvelt. L'ascensore arrivò al piano. Jack uscì, si guardò attorno per
accertarsi che non ci fosse nessuno, afferrò la pistola, una beretta, e
lentamente si avvicinò alla camera 1120, una suite di discrete dimensioni.
Secondo l'ultimo rapporto, ricevuto pochi minuti prima di entrare in
azione, c'erano solo due uomini con il generale, mentre gli altri erano
tutti usciti a gruppi di tre, rendendogli più semplice la missione.
Afferrò il silenziatore e lo montò sulla canna della beretta. Si avvicinò
alla porta, accostandosi al dispositivo elettronico che regolava
l'apertura della porta. Con un taglierino aprì la scatoletta, e ne fece
uscire un plug di connessione. Prese il palmare dalla sua tasca e lo
agganciò al plug. Attivò un programma e in pochi secondi la porta si aprì
con un impercettibile scatto. Rinfilò il palmare in tasca, poi con un
calcio secco aprì la porta. Le due guardie del corpo erano davanti a lui.
Si girarono stupite, ma Jack le freddò rapidamente, prima che potessero
minimamente reagire. Poi attraversò il salone, raggiungendo la veranda.
Appoggiato alla balaustra, il generale Katislavos, che indossava una
semplice vestaglia di seta, lo stava osservando. - Mi chiedevo solo
quando saresti arrivato! Jack lo osservò per un attimo, stupito dalla
sua reazione.
Islanda. Un specie di freccia argentea si infilò nel vulcano
Snaeffelsjökull, distruggendone il ghiaccio perenne, che per magia si
riformò istantaneamente. Era Thor, il nordico dio del tuono, che si stava
dirigendo verso il tempio di Odino situato nelle più recondite profondità
di questo famoso edificio roccioso. E infatti dopo un breve volo due
gigantesche statue rappresentati il dio senza un occhio gli si pararono
davanti. Thor si fermò a mezz'aria davanti a loro e le fissò con
rabbia. - Io, Thor, figlio di Odino, chiedo di poter consultare
l'oracolo di Asgard! - proclamò, non senza nascondere un accenno di ira
nella sua voce. Gli occhi sani delle due statue brillarono di rosso,
poi un forte e costante tremolio generato da un meccanismo invisibile le
fece spostare laterlamente, facendo così apparire un ingresso. Thor si
fiondò al suo interno, fino a giungere davanti ad una pozza di acqua
grigiastra. Atterrò e si inginocchiò davanti ad essa. Poggiò a terra il
Mjolnir e fissò lo specchio d'acqua. - Padre! - esclamò - Perchè simile
punizione? Perchè gli Aesir hanno deciso che io debba vivere questo
tormento? L'acqua cominciò ad incresparsi lungo innaturali cerchi
concentrici, che partivano dai bordi della pozza dirigendosi verso il
centro, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente, per poi fermarsi
del tutto. - Perchè ti sei fermata? Perchè il padre di Asgard non mi risponde
più? Non posso credere che l'errore fatto da me molto tempo addietro possa
impedirmi ancora adesso di rivedere il volto di mio padre! Il volto di
Thor era tirato e pallido, poi un volto antico come il mondo apparve nella
pozza. - PADRE! - esclamò Thor. Non ci fu nessuna parola, nessun
movimento, ma Thor annuì, come se avesse parlato e gli avesse detto
qualcosa d'importante. - Ho capito, padre! So dove devo andare adesso,
e cosa devo fare! L'immagine sparì della pozza. Thor si alzò in piedi a
roteò nell'aria il suo martello. - E' ORA CHE QUELL'ABOMINIO VENGA
SPAZZATO VIA DALLA FACCIA DI MIDGARD! - urlò.
Berlino, 30 Aprile 1945. Capitan America e il Teschio Rosso
erano uno difronte l'altro. - Sapevo che mi avresti raggiunto!
Dopotutto non sono molto agile! Steve mise un passo avanti,
avvicinandosi. - Cosa vuoi fare? Catturarmi per mettermi nelle mani di
quei porci dei tuoi superiori? Nein! Non lo farai! - Cosa te lo fa
credere! Il Teschio rise, muovendo oscenamente la sua mandibola. -
Perchè in fondo noi due siamo simili! Cap lo osservò con orrore. -
Tu sei il Male, io non sono come te! - si difese. - Oh, certo, non
parlavo di differenze morali e di spessore psicologico! Siamo molto
diversi in questi, e personalmente ritengo di essere di gran lunga
superiore a te. NO! Parlo di ben altro... Teschio cominciò a parlare,
sibilando nell'orecchio di Steve la sue rivelazioni, costringendolo a
cadere in ginocchio a terra, sovrastato dalla verità. Rise
grottescamente, poi si allontanò lentamente verso un'uscita della
stanza. - Addio, mein capitanen! Come dicevo, sono evidenti le
differenze tra noi! - disse, prima di svanire nell'oscurità, lasciando da
solo Steve con i suoi tormenti.
New York, due anni prima. Si riprese subito dallo stupore Jack
Daniels, e prontamente puntò la pistola verso il volto del generale
Katislavos, che rimaneva a fissarlo imperturbabile. - Jack, Jack, sei
sempre stato così irrequieto! - Non mi pare che ci siamo mai
conosciuti! - esclamò. - Non direttamente, è vero, ma so molte cose di
te, del tuo breve passato! Jack lo fissò incuriositò. Cosa intendeva
dire con "breve passato"? - Di cosa sta parlando? Non crederà mica che
le sue chiacchiere mi impediranno di ucciderla? - Certo che no. Ti
conosco molto bene, e so che compirai il tuo dovere fino in fondo,
ma... - Ma...? - Chiediti chi sei! Jack rimase in silenzio per
qualche secondo. Chi era? Era Jack Daniels, soldato, elemento di spicco
dei Navy Seals, guastatore, infiltrato, ninja, OMAC... era tutto questo.
Ma chi era realmente? Un tarlo lentamente cominciò ad affondare tra i suoi
neuroni, provocandogli un leggero mal di testa e mille pensieri strani,
interrotti da un colpo sordo. Jack aveva sparato, colpendo in pieno il
volto del generale Katislavos. - Io sono Jack Daniels, - sentenziò,
quasi a giustificarsi - soldato americano! Washington DC.
Reed Richards e Tony Stark fecero ripartire per l'ennesima volta il
filmato che riprendeva il gigante ritrovato in Afghanistan, alla ricerca
di un minimo dettaglio che potesse dare luce sulle sue origini. - Non
c'è nulla! - sbuffò Stark - Niente di niente! Stark rimase con lo
sguardo fisso ad osservare il filmato che scorreva davanti ai suoi
occhi. - Ferma! - disse, e il filmato si fermò. Stark si voltò verso
di lui, e poi verso lo schermo. - Che hai visto? - Guarda alla base
del collo! - disse indicando una striscetta alla base del collo del
gigante. Stark lo fissò. - E' un'ombra! - Già, è quello che ho
sempre pensato anche io quando la vedevo prima, ma mi è sorto un
dubbio! - Perchè? - Troppo irregolare! Cominciò a premere dei
tasti sulla tastiera davanti a lui. - Che stai facendo? - Sto
scaricandomi dal server del MIT un programma grafico da noi sviluppato, in
grado di ricavare, in maniera probabilistica, i dettagli di un'immagine
digitate. Dopo due secondi il programma era stato avviato e stava
elaborando la zona evidenziata dal dottor Richards. Dopo dieci minuti
aveva finito e i due si misero ad osservare il risultato, composto da
centinaia di schede. Mentre scorrevano le immagini sullo schermo, Reed lo
interruppe, fermandosi su una di esse. - Ma che diavolo... - esclamò
stupito. - Che scrittura è quella? - Rune! - Rune? Cosa cazzo ci
fanno delle rune su un gigante trovato in Afghanistan?
- Addio, mein capitanen! Come dicevo, sono evidenti le differenze
tra noi! Cap si strinse la testa tra le mani, scuotendola. - Addio,
mein capitanen! Come dicevo, sono evidenti le differenze tra noi!
Digrignò i denti e strizzò gli occhi con forza. - Addio, mein
capitanen! Come dicevo, sono evidenti le differenze tra noi! -
NOOOOOOOOOOOO!!! - urlò. L'urlo risuonò in tutta la stanza, assumendone
una insospettata solidità, andando a scalfire le mura per poi
distruggerle, dando così spazio ad un vuoto assoluto, ad un nero
sconfinato che lo avvolse. Riaprì gli occhi e vide la scena davanti a lui
era completamente diversa: la ragazza dai lunghi capelli biondi era ferma
davanti a loro, quasi in trance. Sentì la testa pulsargli, e quel dolore
che da qualche tempo lo tediava farsi più insistente. Si girò verso il suo
compagno e vide che dalla sua bocca usciva della schiuma bianca, mentre il
suo corpo tremolava. Si rivolse di nuovo verso la ragazza ed intuì che era
lei l'origine di quello che gli era successo, e che stava uccidendo Jack.
A tentoni afferrò lo scudo e lo lanciò verso la ragazza. Il lento e
doloroso pulsare della testa non gli fece prendere la mira perfettamente,
e così invece di colpirle il collo e tagliargli la testa come aveva voluto
le colpì il fianco. Ma bastò questo a far perdere la concentrazione alla
ragazza, che cadde a terra lanciando un gemito di dolore. Lo scudo,
guidato dai nanoidi, ritornò nella mano del Patriota. Accanto a lui
Jack si stava risvegliando, sputando tutta la schiuma che gli riempiva la
bocca. - C-che è s-successo? Steve gli indicò la donna a terra. -
E' una mutante! - disse, mentre cercava di tenere la sua mente lucida.
Jack gli puntò rapidamente la pistola contro, ma Cap lo fermò con un gesto
deciso. - Mi è appena venuta in mente un'idea! Lei potrebbe essere la
nostra mappa per ritrovare il tesoro! Jack lo fissò leggermente
titubante. La ragazza cercò di alzarsi ma Cap lanciò di nuovo lo scudo,
colpendole con il piatto la testa e facendole perdere i sensi. - Ora
sto un po' meglio! - disse tra sé e sé.
Cuba, Guantanamo. Da mesi lì si trovano tutti i talebani
arrestati durante la guerra in Afghanistan. E si trovano anche chi lì ha
spalleggiati o chi in qualche modo si è macchiato di reati terroristici
legati alla rete di Al Qaeda. Tra questi c'è l'uomo chiamato Samuel
Wilson, ed è proprio lui quello che sta per essere ricevuto dal Colonnello
Statford. - Samuel Wilson! - disse il colonnello con tono
perentorio. - Sono io - rispose lui. - Non era una domanda, so che
sei tu! Sam lo fissò con uno sguardo carico di sfida, ma il colonnello
fece finta di niente. - Ho una proposta da farti! - Non tradirò
nessuno. Il colonnello fece una grassa risata. - Vuoi la
libertà? - Non tradirò nessuno. - RISPONDI ALLA DOMANDA! - urlò -
Vuoi la libertà? - Si... ma non tradirò nessuno! - Non c'è nessuno
da tradire, tanto li stiamo prendendo tutti! Sam rimase impassibile, e
il colonnello continuò. - Sappiamo che sei un mutante, e anche se il
governo americano sta diffidando dall'uso di super esseri nelle sue
squadre, in alcune missioni ci sono necessari. - fece una pausa breve -
Sei arruolato per una di esse.
Note: per la prima volta vediamo come il Teschio Rosso sia
sfuggito a Cap durante la seconda guerra mondiale. Chi si aspettava uno
scontro epico sarà rimasto deluso, ma credo che svelare un Cap debole sia
ancora più interessante. Inoltre si intrecciano le storie di Jack Daniels,
con le frasi del generale Katislavos, di Thor, di Tony e Reed, e di Sam
Wilson, aka Falcon, apparso per la prima ed unica volta nello Special #1
di Cap. Credetemi, sta per tornare. |