#15 – Nello specchio
di Mickey
Riassunto: Peter Parker ha capito che il suo ex professore Miles Warren deve aver clonato la sua amica Gwen
Stacy, e lo stesso scienziato si è accorto di essere stato scoperto. Ed è corso ai ripari…
Dormitorio dell’Empire State University.
- E’ finita la pacchia, impostore!
L’Uomo Ragno esordisce così, fuori dalla finestra della camera di Peter
Parker. I due dovrebbero essere la stessa persona, ma evidentemente c’è qualcosa che non va. Il mio costume, la mia voce, il mio fisico,
le mie movenze, si rende conto il ragazzo, in stato confusionale quando
vede il suo doppio. Fulmineamente, fa due più due e capisce che in tutto questo
c’è lo zampino di Miles Warren. Ma c’è una
cosa che lo preoccupa più di tutto: l’arrivo del presunto clone non è
stato segnalato dal suo senso di ragno, il potere su cui fa completo
affidamento. E questo lo manda nel panico.
- Impostore? – si alza di scatto e arretra, mentre l’Uomo Ragno
forza la finestra con un gesto netto ed entra.
- Non fare il finto tonto, stupida copia carbone. Il
tuo creatore mi ha avvisato che saresti stato convinto di essere
l’originale… ma ti convincerò presto del contrario –
sentenzia il clone.
- Tu devi essere il mio clone…
- continua a realizzare Peter, che si sta rendendo conto della scioccante
situazione pian piano.
- No… tu lo sei – afferma l’Uomo Ragno, sfilandosi
teatralmente la maschera.
L’originale Parker è preparato psicologicamente, eppure la visione del
suo stesso volto gli provoca un’extrasistole cardiaca e un capogiro. E’
un trauma troppo forte, di natura inedita nella storia dell’uomo.
Il ragno che è in Peter Parker si risveglia, facendolo
scattare verso il suo doppio.
- No! – urla, mentre assesta un pugno sulla sua stessa faccia, non senza
disagio. Si rallegra nel constatare che anche il suo
clone è attualmente sprovvisto di senso di ragno. Interferenza distruttiva tra i nostri sesti sensi, immagina, con la
sua mentalità di scienziato.
- Ti hanno fatto bene –
commenta il doppelganger, pulendo con il dorso della mano il sangue che gli sta
colando dal naso.
Peter mette letteralmente le mani avanti: - Senti, non mi piace l’idea di
pestarti, quindi parliamone, ok?
- Neanche a me piace vederti, parlarti o toccarti – confessa l’altro
Peter – chiariamo la cosa adesso.
- Bene. Io so di essere l’originale.
- Anch’io so di esserlo.
- Cristo, capisco che è una cosa terribile, mi si accappona la pelle al
pensiero del problema etico che rappresenti…
- Ehi, stai forse parlando di me come un esperimento di laboratorio?!
- No, no, sto cercando di mettermi nei tuoi panni. Al posto
tuo sarei distrutto.
- Lo credo bene: risvegliarti e scoprire che il tuo clone ha rubato un anno
della tua vita…
- E’ questo che ti ha fatto credere Miles Warren?
- Questo è quello che ricordo.
- Pensaci: se ha la tecnologia per clonare una persona, con tutti i suoi
ricordi, non mi meraviglierei se potesse alterare la memoria dei suoi
costrutti!
- Basta, non aspetterò un minuto in più per riprendermi la mia vita!! –
grida l’Uomo Ragno, scagliandosi addosso al vero uomo-ragno.
Tenuta degli Osborn.
Norman Osborn non può credere ai suoi occhi. Sta osservando la battaglia
tra i due uomini-ragno grazie alle telecamere nascoste nella stanza di suo
figlio e dello stesso Peter. E’ uno spettacolo alienante anche per lui.
Non ha potuto fare a meno di chiamare subito il responsabile:
- Miles, brutto figlio di una buona donna! Sei andato fino in fondo?
- Oh, hai saputo? Vorrei poter vedere la mia creatura all’opera come fai
tu. Mi manderesti un nastro, dopo?
- Warren – prende le distanze il magnate – bando alle
ciance! Se questa cosa si viene a sapere, siamo tutti
nella merda! Senza contare che Peter Parker sa tutto del Progetto Centauro, l’ho
scoperto poco fa!
- Perfetto, allora! Il mio pargolo ucciderà il ragazzino e lo sostituirà, come avevo preventivato. E nessuno potrà
denunciarci: il clone è alla mia mercé – dichiara Warren.
- Chi ti dice che il tuo giocattolo la spunterà? E’ pur sempre artificiale.
- Vedremo. Scusami, adesso, ma devo riposare.
Warren chiude bruscamente il telefono e si stende nuovamente sul letto da cui era stato allontanato. E’ sudato, la
sua amante – il clone di Gwen Stacy – si sta prendendo cura
di lui. Il suo corpo è in preda ad una trasformazione radicale, da ore ormai. Manca poco, pensa, cercando di ignorare
il dolore, e non andrà male come al
dottor Connors. Chissà se le sue preghiere verranno
esaudite…
Dormitorio dell’ESU.
Un capannello di curiosi è riunito fuori dalla camera
di Parker e Osborn, da cui proviene un discreto baccano. Fra queste, Gwen
Stacy, amica intima di Peter. E’
stranissimo in questi giorni!, fa mente locale.
Prima l’ha accusata, infondatamente, di aver fatto sesso con Miles Warren
e di avergli mentito. Poi le ha spiegato che secondo lui l’hanno clonata (!) e ciò avrebbe dovuto giustificare il
malinteso. Sia chiaro, è sempre stato un ragazzo particolare, ma i recenti
atteggiamenti e l’attuale baccano che proviene dalla sua camera non fanno che aumentare la sua preoccupazione.
All’interno, i due Peter Parker sono pesti. Il
clone cerca di mandare via gli astanti che premono sulla porta.
- Tutto bene, non preoccupatevi! – grida.
- E’ il caso di fermarci – suggerisce l’originale.
- Io… sì, hai ragione. Sono… stordito – ammette il cuore,
appoggiandosi alla parete.
- Peter – lo chiama con il suo stesso nome, a malincuore – sono terrorizzato da quello che sta succedendo. L’idea
di avere un clone è terrificante.
L’interessato non risponde alla involontaria
provocazione: sembra molto stordito. Peter Parker continua a parlare
impunemente:
- Ma ho passato momenti assurdi e sono quasi abituato. Farò di tutto perché tu
possa vivere una vita normale. Ti appoggerò, a costo di
sacrifici… sei mio fratello, in fondo. Tutto questo, però, se accetterai la verità. Fa male, lo so.
Persino a me.
Il doppio scoppia a piangere.
- Mi scoppia la testa. Vedo cose che non dovrei.
A volte penso di essere un’altra persona.
- Chi?
- Anthony Serba. Non so chi sia.
- Anthony--- accidenti, è l’assistente di
Warren! E’ scomparso tempo fa!
Peter capisce che il suo ex-professore non deve aver ancora scoperto la
crescita accelerata tanto in voga nei romanzi di fantascienza. Ha preso una
scorciatoia più inquietante. Se è così, forse è per
questo che i Raeliani l’hanno cacciato. Non è il momento di pensare a
queste cose. Fa un piccolo sforzo e, superato il disagio iniziale,
abbraccia il suo fratello di sangue, che sfoga il suo
pianto tra braccia troppo familiari.
- Va meglio?
- Non andrà mai bene, ma devo convincermi.
- Forse avere un nome tutto tuo ti aiuterebbe.
- Un… nome?
- Sì. Sarebbe un vero onore battezzarti, per me.
- Non saprei…
- Che ne dici di… Richard? Come papà?
Altre lacrime rigano il volto del nuovo Richard, nel sentir parlare di “papà”.
- Sì… Richard Fitzpatrick – sorride, asciugandosi la faccia con la mano.
Passa qualche attimo di silenzio, per raccogliere le
idee. Il clone rompe nuovamente il ghiaccio:
- Warren. Mi avrà anche creato, ma lo odio.
- Posso capirlo.
- Voglio fargli del male. Ucciderlo.
- No, calma…
- Peter, dobbiamo fargliela pagare! Sta commettendo crimini contro l’umanità!
Oddio, Gwen! – ricorda improvvisamente - E’ un
clone anche lei?
- L’hai vista?
- Sì! Mi hanno detto che si fossero messi insieme… ma ora è tutto chiaro.
Dobbiamo liberarla! Come tu hai fatto con me!
- Purtroppo credo tu abbia ragione. Facciamo così: tu vai avanti, così
il senso di ragno funzionerà e potremo evitare occhi indiscreti. Nel frattempo
io trovo il… costume e ti raggiungo, ok?
- Io… va bene. Fammi sciacquare la faccia e vado.
Nei minuti successivi, in cui Rick va in avanscoperta, Peter cerca la sua
uniforme e riflette su quello che è successo. In un quarto d’ora è
successo di tutto: ha scoperto di avere un clone, l’ha combattuto, l’ha
fatto rinsavire, gli ha dato un nome e hanno stretto una collaborazione. Perché la mia vita dev’essere
così caotica e frenetica? In realtà non ha molto da lamentarsi: per un anno
ha vissuto come un ragazzo normale. Ma essere un
mutato comporta qualcosa. Non si può esserlo e basta. Ed è stato lui stesso a cacciarsi nei guai, ficcando il naso
nelle faccende di Miles Warren.
Perso nei suoi pensieri, infila la maschera di scena e guarda fuori dalla finestra. E’ il momento di mettere a posto
qualcosa.
Greenwich Village. Mezz’ora dopo.
I due fratelli di sangue volteggiano insieme per il cielo di New York, fino ad
atterrare sul tetto di casa Warren. Per un attimo Peter pensa che sia
confortante condividere qualcosa come i suoi poteri con qualcuno. E’
proprio grazie ad essi che riescono a penetrare in
casa con facilità. Peccato che il loro senso del pericolo non
funzioni a dovere.
Un abat-jour colpisce la testa di Rick Fitzpatrick,
stordendolo. La luce della stanza si accende, rivelando la presenza di Gwen
Stacy e… dello Sciacallo?
- Cos’è questa pagliacciata?! – inizia ad alterarsi Peter Parker.
- Da che pulpito viene la predica, ragazzo – gli replica Miles Warren, da
dietro una maschera verde, con le fattezze dello sciacallo, appunto - Mi hanno
detto che sareste arrivati e ho pensato di accogliervi degnamente!
- Professore, è lei?! – si meraviglia Rick Fitzpatrick, che non si rende
conto di parlare quasi a suo padre.
- Chi ti ha avvisato? – lo segue a ruota Peter.
- Sapete, mi infastidisce non poter capire chi di voi
due è il clone – dice Miles, ignorando le domande degli uomini-ragno - Ma
poco importa: sacrificherò il mio miglior esperimento per la sicurezza di
tutti.
- Cosa intende?
Lo Sciacallo risponde con i fatti, saltando con velocità inumana contro gli
intrusi. E’ veloce, le sue unghie sono taglienti… è evidente che ha operato un ritocco genetico su di sé. Anche
i suoi due avversari sono forti e agili e sono in superiorità numerica, ma
questo non sembra spaventare il genetista:
- Non potete uccidermi! Come il mitico sciacallo egizio, sono il padrone della
vita e della morte… l’ingegneria genetica mi dà questo potere!!
- Scusa, ma non ho voglia di ascoltare i tuoi vaneggiamenti! – Peter
spegne i suoi ardori con una ginocchiata nello stomaco.
Sotto gli occhi atterriti di Gwen Stacy (più o meno), la
battaglia a tre continua. Inizialmente lo Sciacallo sembra tener testa
agli uomini-ragno, ma ben presto è destinato a soccombere.
Mantenendosi l’addome dolorante, si inginocchia
per terra e sputa sangue dalla maschera.
- Maledetti…
Rick Fitzpatrick afferra Miles per il collo e lo solleva, con chiari intendi
omicidi.
- Non farlo – cerca di parlare il criminale – sono tuo padre…
sono io che ti ho creato!
Per quanto banale, lo Sciacallo ha giocato la carta giusta. La sua vita verrà risparmiata. Ma la sua
creatura si prende una rivincita, colpendolo così forte da fargli perdere i
sensi.
- Non sarai stato troppo brutale? – lo ammonisce Peter.
- Ha parlato lo stupratore – lo zittisce a ragione Rick.
Un biondo clone, in lacrime, tenta di scappare, ma il suo collega la ferma in
tempo.
- Gwen, Peter mi ha aperto gli occhi! Anch’io pensavo di essere l’originale, Miles ha pasticciato con i miei
ricordi!
- Io… no, bugiardo! Miles mi ama e io lo amo!
- Non so cosa provi davvero per lui, ma sono sicuro che a suo tempo ti ha condizionato la mente perché tu lo amassi! Adesso ricordo…
tu sei Joyce Delany!
A quel nome, la mente del clone di Gwen va in frantumi, come una diga che
collassa rilasciando tutto ciò che ha arginato per mesi. E
sviene.
- E’ un buon segno? – cerca di sdrammatizzare Peter.
- Credo di sì. Anch’io stavo per svenire quando
ho capito tutto.
- Bene. E adesso che si fa? Devo chiedere a mamma se
può ospitarci tutti…?
- Cosa? Impazzirà!
- Meno che se le dicessi che sono gay.
- Non scherzare!
- Sono serio! Però prima devo passare dal
dormitorio a prendere le mie cose… e qualcosa per te – dice,
guardando il suo costume.
- E noi due che facciamo nel frattempo? – chiede Rick, indicando la
bionda che tiene tra le braccia.
- Mi aspetterete fuori!
La ragazza si riprende, biascicando qualcosa. Peter la afferra per le spalle e
la guarda negli occhi:
- Gwen, te la senti di volteggiare per la città?
La ragazza, assolutamente in stato catatonico, annuisce in maniera automatica.
Mezz’ora dopo, il clone di Gwen sta vomitando ai piedi di un albero, fuori dai cancelli del campus, e l’Uomo Ragno la sta
sorreggendo. Il vero Peter Parker, invece, si è cambiato velocemente nell’ombra
e sta per rientrare nella sua stanza, cercando di non pensare a niente.
Soprattutto al fatto è pieno di lividi e graffi, che è sudato e che potrebbe
puzzare, se il suo deodorante non stesse battendo un
record per fare il suo compito. Dio, ti
prego, fa’ che Harry non sia rientrato, si
augura, aprendo la porta della camera. Ma il suo sesto
senso lo delude. Sono stato già fortunato
che non sia tornato durante lo scontro con Rick, cerca di consolarsi.
- Peter, ma dove sei stato? E che diavolo è successo? –
gli chiede, alzandosi di scatto dal letto.
Il suo coinquilino prende un respiro profondo e prova a giustificarsi.
- Devo tornare a casa, mia madre ha bisogno di me.
- Problemi di salute?
- Scusa, non mi va di parlarne.
- Ok, ma che è successo in questa stanza? E’ tutto sottosopra, mi hanno
detto che hai fatto casini… e sei tutto un livido!
- Scusa, avrei dovuto mettere in ordine: è che stavo cercando cosa portarmi a
casa – risponde, evitando l’ultima affermazione di Harry.
- Oh, Peter, io rinuncio a capirti. Ho già abbastanza
problemi per la testa – dice, distendendosi nuovamente sul letto.
Peter, intanto, sfrutta le sue energie residue per raccattare le sue cose e
farle entrare in una grande valigia. Ascolta
passivamente lo sfogo di Harry:
- Oggi pensavo che sarebbe andata come ieri con Mary Jane, ma come temevo, è il
tipo che si concede e non si concede… una gatta morta. Sono uscito con
tutte le migliori intenzioni e mi liquida con la scusa
del ciclo. E intanto io devo pur svuotarmi da qualche
parte! Sai che odio farmi le seghe, no?
- Certo – risponde meccanicamente Peter, frastornato.
- Quindi devo rimanere così, col coso duro, e sperare
che mi passi.
- Mi dispiace – commenta l’uomo-ragno, in
maniera atona. In realtà, mentre la sua mente va al suo clone, a cosa dovrà
dire a sua madre, a cosa gli convenga portarsi a casa, ecc… una parte di
sé sta aguzzando le orecchie ai discorsi di Harry. E
si sta eccitando quanto innervosendo. A
volte sembra lo faccia apposta a parlare di certe
cose, per mettermi in difficoltà. Le sue ipotesi sembrano trovare subito
conferma: forse il suo sesto senso funziona in maniera più larga…
- Se solo avessi un amico gay! Voglio dire, tra amici bisogna aiutarsi, no? Non ci
sarebbe niente di male se mi facesse un servizietto.
In qualche modo lo ricambierei.
Già alla parola “gay”, Peter Parker è diventato
una statua e ha smesso di fare i bagagli. Più Harry è andato avanti, più
si è irrigidito e più gli si è accapponata la pelle. Senso di ragno o meno,
capisce che il giovane Osborn non sta facendo quei discorsi casualmente. Nessun
eterosessuale sano di mente li farebbe. Quindi questo
vuol dire che…?
- Ma non c’è niente da fare. Intanto mi sbottono, che a momenti mi
scoppiano i pantaloni…
Peter non ha il coraggio di voltarsi verso il suo amico. Come ha scoperto che è
innamorato di lui? E perché lo sta stuzzicando in
quella maniera? Non gli ha mai dato motivo di pensare che fosse bisessuale o
simili! Non ha senso, come tutto quello che è successo nella serata. Il Grande Demone Celeste ce
l’ha con me, è assodato, si convince Peter, tentando di
sdrammatizzare. Raccoglie il coraggio e rompe il silenzio, voltandosi verso il
suo amico, disteso sul letto, con il torso nudo, gli occhi chiusi, le mani
dietro la testa e i pantaloni slacciati.
- Harry, sei strano stasera.
- Anche tu. Fai tutto il misterioso… e fai orecchie da mercante.
Una vampata di calore infiamma il petto di Peter. Ormai non ha
più dubbi.
- Hai scelto la serata peggiore, Harry. E sei
tu che fai il misterioso.
- Difficilmente potrei essere più esplicito, Peter. Abbiamo entrambi
bisogno di rilassarci un attimo. E siamo amici
intimi. Io non mi muovo di qui. Anzi, qualunque cosa succeda,
non muoverò un muscolo per i prossimi cinque minuti. O
quasi.
- Hai fumato qualcosa?
- Forse! Che fa?
Già. Che fa?, sorride Peter, dirigendosi
verso il letto del suo amico con sguardo voglioso.
Tenuta degli Osborn. Nello stesso momento.
Norman Osborn sta ridendo in maniera marcatamente isterica.
- Oh, ditemi che è un incubo… cosa succede stasera?! – si chiede,
mettendo le mani nei capelli ricci – Harry, cosa stai dicendo?! –
grida al monitor su cui sta assistendo alla surreale
scena. Spera davvero che tu sia sotto l’effetto di qualche droga, Harry, altrimenti
non ti perdonerò questa debolezza, si ripromette, spegnendo il monitor
ripugnato.
Continua…