CHAPTER 3
Un angelo.
Il reverendo
Stephen Strange un tempo credeva agli angeli, ci credeva veramente. Come a
tutto quello che si trovava nelle Sacre Scritture, del resto. Nelle sue fantasie
ingenuamente adolescenziali aveva vaneggiato di incontrarne uno prima o poi. Lo
vedeva fiero e nello stesso tempo umile, spettacolarmente grandioso ma
circondato da un’aura di pace celeste. Nei suoi sogni più segreti diveniva
anche la massima rappresentazione della bellezza, tutto quello che la sua
vocazione non gli aveva mai permesso di cercare nelle altre persone e che la
sua mente sublimava sotto forma di fantasie e polluzioni notturne. Ma mai, mai
aveva pensato che potesse essere come la figura che adesso si trovava sospesa a
mezz’aria davanti a lui: bella sì, ma terribile e spaventosa. Una bomba ad
orologeria in un bianco corpo femminile circondato da scariche crepitanti di
pura luce, il cui timer era appena stato innescato e stava per raggiungere lo
zero.
“Stephen Strange, sei stato giudicato inadatto al tuo ruolo di
Guaritore. Preparati ad essere obliterato”
Non c’è tempo
per niente.
Immediatamente
dopo aver parlato le onde di luce bianca si fanno più consistenti, quasi come
formando dei piccoli pugnali tutt’attorno al suo corpo. Quindi rivolgono le
punte all’unisono verso Stephen e decollano. Il reverendo si lancia di lato per
schivare i primi due, ma sorprendentemente questi virano a mezz’aria e
cominciano ad inseguirlo. Con il respiro affannato, Stephen prende a cercare
febbrilmente qualcosa all’interno del suo impermeabile. Quando le dita
afferrano quell’oggetto, Strange si concede un respiro di sollievo. Fatale. Non
si accorge infatti di una piastrella sporgente e vi inciampa sopra. La mano,
sospinta dalla forza d’inerzia della caduta, fuoriesce dall’impermeabile con
forza. Alle sue dita sfugge un piccolo libro nero, alla cui sola vista l’angelo
presentatosi come Dagger ha un sussulto. Poi, con un gesto della mano, l’angelo
ferma i pugnali di luce e li ridireziona verso Stephen. Quindi schiocca le dita
e questi partono nuovamente, diretti verso la loro preda inerme. Strange,
invece di scappare, comincia a strisciare sul pavimento verso il libro nero,
senza prestare la minima attenzione alle armi che lo stanno raggiungendo.
Quando queste sono arrivate ad un paio di metri da lui, finalmente riesce ad
afferrare l’oggetto. Voltandosi di scatto esclama:
“Oblio!”
Il libro si
anima di vita propria e si apre di scatto su un paio di pagine completamente
nere. Immediatamente dopo l’oscurità delle pagine si espande, giungendo a
diventare un cerchio ribollente di tenebre, entro il quale i pugnali vengono
assorbiti. Quindi il libro si richiude portando con sé le armi angeliche, e
cade a terra fumante. Il tutto ha lasciato Stephen Strange esausto a respirare
affannosamente mentre tiene d’occhio l’angelo in modo tale da prevenire
qualsiasi altra mossa. Con gli occhi fissi su Dagger, Strange non si accorge
che qualcosa si sta muovendo all’interno del pentacolo. Al contempo, Dagger ha
abbozzato un sorriso:
“il darkhold è un’arma di fattura eccellente, uomo, ma non è fatta
per le mani dei mortali. L’energia che reclama in cambio è elevata e… richiede
molti sacrifici”
Mentre sta
parlando, un pugnale di luce si alza silenzioso alle spalle di Strange.
“abbandonalo prima che consumi la tua stessa anima”
Il pugnale parte
all’attacco. Nello stesso istante, la scritta DARKHOLD sul volume nero pulsa
per un istante di rosso. Seguendo il proprio istinto, Stephen Strange si scansa
sulla destra ed il pugnale, invece di colpirlo alla schiena, lo prende
sull’avambraccio sinistro. Stephen non ha nemmeno il tempo di stupirsi del
fatto che il Darkhold abbia agito da solo, perché la sensazione che riceve è
intensissima. E’ come se un attimo prima tutte le terminazioni nervose
dell’intero braccio lavorassero a pieno regime, mandando contemporaneamente
ogni sensazione riescano a rilevare ai massimi livelli, ed il secondo dopo
siano tutte… spente.
“Aaaaaaaaaaaagh!!”
grida Stephen mentre si rotola sul terreno tentando senza successo di far
riacquistare sensibilità al braccio. Dal canto suo, l’angelo Dagger sembra
abbastanza contrariato.
“questa sciarada è durata fin troppo. Preparati a giungere al
cospetto divino”
Attorno a lei
compaiono almeno una ventina di pugnali dorati, e, a giudicare dal suo sguardo,
l’angelo è pronto ad usarli tutti su Stephen, se non fosse che…
“Cosa succede…?” sussurra una
vocina dalle retrovie. Sia Stephen che Dagger si voltano in quella direzione.
All’interno del pentacolo, Topaz si sta stropicciando gli occhi mentre si
guarda intorno disorientata.
“Va tutto bene, piccola, non aver paura…” comincia a rassicurarla la ragazza bionda che ha detto di chiamarsi Jennifer e che non è più riuscita a muoversi nel momento in cui Stephen aveva completato l’incantesimo di imprigionamento della bambina all’interno del cerchio magico del pentacolo.
“Non va bene…”
dice
Topaz muovendo piccoli passi verso l’estremità del cerchio, arrivata alla quale
sbatte come se ci fosse un muro invisibile “Non va bene” e guardandosi attorno
vede prima Stephen, disteso per terra e dolorante, e poi Dagger, sospesa a
mezz’aria e terribile come un dio indiano con tutti quei pugnali che le
volteggiano attorno.
“Cosa succede?” e sbatte una volta i pugni chiusi sul muro invisibile.
“Topaz, sta
tranquilla, ci sono io con te…” tenta di calmarla Jennifer.
“COSA
SUCCEDE?!?!?!” e i suoi piccoli pugni cominciano a martellare le pareti
invisibili della sua prigione. Sia Dagger, attraverso i suoi sensi angelici,
sia Stephen, grazie all’Occhio mistico che porta sulla fronte, vedono
distintamente cosa sta succedendo. Dapprima sono solo crepe su una superficie
magica creata da forze virtualmente indissolubili, che piano piano si espandono
fino a…
KKRASHH!!!!!
Stephen si getta a terra coprendosi il volto con il braccio ancora sano, mentre taglienti schegge fatte delle forze elementari che costituiscono il tessuto della realtà stessa lo assalgono. Rialzandosi, non riesce a capacitarsi di quanto è successo. Se già l’idea che qualcosa di fisso ed indistruttibile come la realtà possa essere disintegrato lo spaventa, ancora di più lo terrorizza il fatto che la responsabile sia stata una bambina di nove anni. Ed il terrore cresce quando si accorge che anche l’angelo ha eretto una barriera di luce per proteggersi, mentre nei suoi occhi puri e perfetti si legge, seppure in misura minore, lo stesso timore di Stephen. Ma dura solo un attimo. Subito dopo, un’espressione fiera torna negli occhi di Dagger e, senza addurre ulteriori spiegazioni, questa cala il braccio in direzione del reverendo. Le lame di luce che la circondavano volano nuovamente contro di lui, stavolta troppo debole per affrontare almeno il quadruplo di quelle precedenti. Restando fermo a guardarle arrivare, come un coniglio ipnotizzato dai fari dell’auto che lo sta per uccidere, Stephen aspetta l’oblio. Che per stavolta, non arriverà. Un’ombra infatti si frappone tra lui e le lame, assorbendole tutte nel proprio corpo.
“Ma che…?!
Jennifer?!” esclama Stephen nel rendersi conto dell’identità della propria
salvatrice. Questa non si gira nemmeno. Abbassa solo un po’ la testa e sibila.
“Prendi Topaz e
portala il più lontano possibile da qui, io la terrò occupata” e, lanciando per
un attimo un’occhiata dura su Stephen, aggiunge “Se le succede qualcosa, farò
in modo che tu ti penta di essere nato ogni giorno della tua vita”
Stephen resta un
paio di secondi a guardarla mentre volta la testa e si prepara a fronteggiare
Dagger, poi annuisce e si alza in piedi. Come se fosse inseguito dal diavolo in
persona, comincia a correre verso il Darkhold mentre sente tornare un minimo di
sensibilità al braccio. Nonostante ciò, quando afferra il libro da terra sente
la mano sinistra percorsa da una serie di crampi consecutivi. Mordendosi le
labbra per il dolore, continua a correre verso Topaz, che afferra con il
braccio destro. Quindi, si avvia velocemente verso l’uscita della chiesa.
“non ti permetterò di fuggire, mortale !”
Dagger fa per
inseguire Stephen e Topaz, quando sulla sua traiettoria si pone Jennifer.
“Vuote parole
per chi sa di non poterle mantenere”
“sono un angelo di Dio!! Ti oblitererò per la tua insolenza!!”
E senza
preavviso da ogni dove spuntano mortali lame di luce che bersagliano senza
pietà Jennifer. Questa non si muove nemmeno. Semplicemente, ognuna di esse la
trapassa come se lei non esistesse. Dagger adesso è davvero stupita.
“non… non è possibile!! ”
“Non crederesti
mai a quante volte me lo sono sentito ripetere nelle ultime ore…”
Stanotte,
l’Oscuro è a caccia.
Le volute del
suo mantello si muovono quasi come se fossero dotate di vita propria nei sudici
vicoli di New York, spandendo ombre cupe che proiettano sui muri immagini quasi
animate fatte degli incubi che affliggono l’umanità. Barboni e passanti sono
percorsi da un brivido freddo al solo percepirlo accanto, bambini si svegliano
urlando nella notte terrorizzati dall’uomo nero che sono sicuri aver visto
uscire dall’armadio o da sotto il letto. Ma alla creatura tutto ciò non
importa. Ha fiutato l’essenza della sua preda, e niente potrà distoglierlo dal
compito di catturarlo e portarlo al proprio padrone. I suoi occhi, rossi ed
infuocati, brillano sulla sagoma scura del corpo, in cui nient’altro si
distingue. Le tenebre di cui è composto si confondono con quelle cosmiche del
suo mantello, ribollenti del tessuto stesso di cui sono fatti gli incubi e più
scure di una notte senza stelle né Luna. Al suo interno, due esseri
intrappolati aspettano impazientemente di uscire e soddisfare la propria sete
di sangue, ma per ora l’entità che li ha richiamati dai freddi abissi infernali
non sta nemmeno prestando loro attenzione.
Stanotte, il
demone chiamato Cloak è a caccia, e niente lo fermerà prima che trovi la sua
preda.
“Da questa parte.”
dice il reverendo Stephen Strange mentre, con in braccio una bambina bionda che
piange a dirotto, sta correndo per le strade di un Greenwich Village più tetro
che mai.
“Non
preoccuparti piccola,” le sussurra lui per rassicurarla “non ti succederà niente,
sta tranquilla” ma le sue parole sembrano cadere nel vuoto della notte
newyorchese. Quando ormai gli sembra di aver percorso una certa distanza,
finalmente Stephen si ferma per calmare la bimba e concedere riposo alle sue
gambe dolenti. Topaz ha smesso di piangere già da un po’, quindi mentre Strange
rimane appoggiato al sudicio muro del vicolo l’unico rumore che risuona
nell’aria è il suo respiro affannato, che a poco a poco va placandosi.
Finalmente ha recuperato le forze, persino il braccio colpito dal pugnale di
luce di Dagger è solamente percorso ogni tanto da qualche pizzicore; adesso può
tornare a concentrarsi sul problema principale.
“Ascolta…”
esordisce girandosi verso Topaz, che dopo aver smesso di piangere si è seduta
stringendo con forza le gambe contro il petto e rinchiudendosi in un mutismo
quasi esasperato “Ci sono delle cose che devo sapere, e spero tu possa
chiarirmele.” la bambina non reagisce “Innanzitutto… chi o cosa sei?” Topaz non
si muove nemmeno “Sì, ok, immagino sia una domanda stupida, ma sei almeno
cosciente del tuo potere?” di nuovo, Topaz ignora la domanda “Non va, eh?
Ascolta, ogni secondo che noi passiamo qui la tua amica Jennifer lo passa a
combattere contro quell’ang… quella donna piena di luce. Più continui a non
parlare più possibilità ci sono che tu non la riveda più.” ancora una volta,
Topaz resta immobile. Strange sospira, poi poggia la nuca sul muro e porta lo
sguardo verso il cielo nuvoloso e privo di stelle. A che serve tutto questo?
pensa, in fondo è come ha detto l’angelo. E’ un gioco più grande di lui, e non
ha assolutamente conoscenze ed esperienza in questo campo. Tanto valeva
consegnarla subito e farla fini…
“Mi chiamo Topaz
Reynolds, ho nove anni e vado alla scuola elementare di Greentown. Mia mamma è
Kathryn Reynolds, fa l’infermiera a Greentown. Mi manca tanto. Per favore,
fammi tornare a casa.” i suoi occhi sono lucidi, come se stesse di nuovo per
scoppiare a piangere, ma al contempo risoluti per la consapevolezza di stare
facendo proprio come la mamma le ha insegnato. Guardandoli Stephen non può che
maledirsi per essersi infilato in questa storia. Ora non sa che fare. Certo, la
soluzione più logica sarebbe riportarla dalla sua famiglia, ma non può
permettere che anche loro rimangano coinvolti. Se succedesse qualcosa ad altre
persone, il senso di colpa lo massacrerebbe. Ormai deve cercare di risolvere
tutto da solo, ed è per questo che prendendo più coraggio possibile si avvicina
a Topaz e:
“Appena sarà
tutto finito tornerai a casa, ma devi aiutarmi. Lo capisci questo?”
La bambina lo
fissa negli occhi, un po’ impaurita, poi dice:
“La mamma mi ha
detto che ci sono tanti uomini cattivi nel mondo e che bisogna stare lontani da
loro. Tu sei un uomo cattivo?”
“No, non lo
sono.”
“E quella donna bianca?
Lei è cattiva?”
No, è un angelo,
non può esserlo, verrebbe da dire istintivamente a Stephen, ma tutto quel che
riesce a rispondere è uno stentato:
“Io… non lo so.”
La bambina torna
ad abbassare lo sguardo, mormorando.
“La mamma aveva
ragione…”
“No, ascolta…” e
Stephen le alza il mento delicatamente con indice e medio “E’ vero che nel
mondo ci sono molte persone malvagie, ma è anche vero che esistono delle
persone buone e di cui ti puoi fidare. Come tua mamma e…”
“…e come
Jennifer?”
“Jennifer…”
mormora Strange “Sì, come Jennifer. Potresti dirmi chi è?”
“E’ la mia fata
madrina.” risponde Topaz risoluta.
“La tua fata
madrina…” ripete Stephen.
“La mia fata
madrina.” conferma Topaz “Anche Cenerentola ne aveva una…”
“Capisco… e come
l’hai incontrata?”
“E’ venuta lei a
trovarmi. Mi ha detto che la mia mamma e la mia sorella in realtà non sono
veramente mia mamma e mia sorella. Ma io lo sapevo già.”
“E chi sono i
tuoi genitori?”
“Questo non lo
sapeva… Però ha detto che il mio papà era stato con la mamma prima di
andarsene.”
“E allora co…”
un rumore lo blocca. La mano destra di Stephen scatta dentro l’impermeabile ad
afferrare il Darkhold, mentre lui si volta di scatto verso la direzione del
suono. C’è un uomo, alto ed imponente, che sta avanzando. Indossa un sudicio
impermeabile marrone e dei pantaloni altrettanto sporchi sopra i piedi nudi.
Dalle maniche si vedono spuntare dei bracciali metallici che gli circondano i
polsi, mentre sul petto sembra che sia incisa una grossa croce. I capelli sono
di un rosso acceso, come le pupille degli occhi. Il grosso tridente che tiene
in mano completa il tutto.
“FERMO!” urla
Strange tirando fuori il Darkhold e puntandolo contro il nuovo arrivato.
Questo, sebbene non sembri minimamente preoccupato alla vista del libro, incredibilmente,
si ferma.
“Non è me che
devi temere, Guaritore.” dice con una voce calda e profonda “Bensì la creatura
di cui ti sei eletto protettore.”
“Cosa vuoi
dire?!”
“Sto dicendo che
il vero pericolo è quella bambina, non me.” ed indica Topaz.
“Tu… tu sai chi
è?”
“Sì, Guaritore,
lo so. E’ per questo che ti consiglio di porre subito fine alla sua vita.”
“Ma di cosa stai
parlando?! E’ solo una bambina!!”
“Adesso la vedi
come una bambina, ma permettile di prendere consapevolezza del proprio potere,
ed il mondo conoscerà il flagello dell’Anticristo.”
“fatti da parte, o la tua anima brucerà all’inferno per l’eternità”
L’angelo Dagger
è sospeso in aria nel centro della chiesa sconsacrata che Stephen Strange aveva
eletto come proprio Sancta Sanctorum. Davanti a lei, una ragazza bionda vestita
di un largo abito bianco dalle volute barocche e per niente preoccupata dalle
parole dell’angelo.
“Sai, ci ho
pensato su molto ultimamente…” dice con tranquillità “…e sono giunta alla
conclusione che nemmeno credo di averla, un’anima…”
Dagger non
risponde. Non per presunzione, o per indifferenza, ma per paura. In qualsiasi
altra occasione avrebbe riso di una tale sfacciataggine… nulla di ciò che vive
può essere sprovvisto di anima, è uno dei dogmi sui quali il suo Signore ha
fondato l’universo. Eppure guardando la ragazza che ha davanti, scrutandole
dentro come solo un messo del Signore può fare, non può fare a meno di valutare
che le sue parole sono veritiere. Ecco perché semplicemente distoglie lo
sguardo da lei e, portandolo verso il lucernario della Chiesa, alza un braccio
e spalanca le ali luminose. Immediatamente dopo dal suo corpo in ascesa
comincia a spandersi nell’ambiente un’intensissima luce, tanta e tale da
riuscire a rendere cieco per sempre un essere umano. Ma Jennifer, non è
propriamente un essere umano. Non si copre nemmeno gli occhi, solamente punta
il braccio verso l’angelo che sta per uscire dal lucernario e…
“inammissibile!! Che razza di magia è la tua???!”
Se Dagger un
momento prima stava bruciando la propria aura per completare il teletrasporto
necessario a farle raggiungere Stephen Strange e la piccola Topaz, adesso è
bloccata a mezz’aria, impossibilitata a spostarsi da un luogo all’altro in una
maniera diversa da quella fisica. E Jennifer, sembra essere la responsabile di
ciò.
“Non dirmi che
ti aspettavi che tirassi fuori una bacchetta magica e recitassi delle stupide
formulette…” la canzona la ragazza. Poi, diventando più seria “Ascoltami bene,
‘angelo’, il mio compito è salvaguardare Topaz da chi vorrebbe sfruttare il suo
potere per i propri fini, e non percepisco in te dei buoni propositi. Quindi,
se vorrai raggiungere la mia protetta, dovrai passare sul mio corpo.”
Dagger adesso è
sinceramente sconvolta per una tale insolenza. Non solo la creatura che ha di
fronte critica il suo operato, ma anche quello del suo Signore. E nessuno può
permettersi di portargli un affronto simile. Il volto di Dagger torna
all’espressione impassibile di quando è arrivata.
“Molto bene, donna. Volevo risparmiarti in nome della bontà del mio
Signore, ma a quanto pare non mi lasci altra scelta. Che la lotta abbia
inizio.”
I due sguardi si
incrociano per un momento. Poi, entrambe, partono all’attacco.
“Sei pazzo”
Stephen Strange
è in piedi, a fronteggiare l’uomo dai capelli rossi che gli ha appena rivelato
che…
“La bambina è
l’Anticristo, Guaritore, perché ti riesce così difficile da accettare?”
Strange guarda
con la coda dell’occhio per un istante Topaz, che ha trovato rifugio da quell’uomo
dietro le sue gambe. Poi torna a rivolgere a lui la sua attenzione.
“Sono in sua
compagnia da poche ore e già un angelo mi ha rivelato che lei è la
reincarnazione di Cristo. Spiegami perché dovrei credere alle tue parole,
adesso.”
“Perché l’angelo
mentiva, ed in cuor tuo anche tu ne sei consapevole.”
Sebbene la sua
espressione non muti, Stephen non può non riconoscere di aver provato la
sensazione che non tutta la verità gli era stata detta da Dagger. Ed è su
questo che l’altro uomo si concentra:
“Io sarò
completamente sincero con te. Mi chiamano Hellstorm, Daimon Hellstorm, e sono
un demone. O meglio… lo ero. Facevo parte delle schiere di Lucifero durante la
sua ribellione al Paradiso. Ero giovane allora, e mi lasciai ingannare
facilmente dalle dolci parole della Stella del Mattino. Ma non ero pronto a
subire la crudele punizione del Signore. Tentai davvero di abituarmi alla vita
dell’Inferno, ma la Città Dorata mi mancava terribilmente. E allora… a modo
mio… cercai il perdono” e scostando le pieghe del sudicio impermeabile che
indossa mostra una gigantesca croce scavata a forza nella carne del suo petto.
Stephen si lascia scappare un “Oh!” di sorpresa.
“Sì, Guaritore,
fa male come sembra. Specie per un demone potente come me. Ogni giorno soffro
per questo, ma mi serve a tenere lontane le mie inclinazioni demoniache.
Inutile dire che, nonostante questo, non venni riammesso in Paradiso. La
punizione di Dio era tanto terribile quanto assoluta. E allora capii. Non
esisteva il Bene, come non esisteva il Male. C’era solo la lotta fra due modi
di vedere la realtà diversi, in cui il concetto di giustizia contava poco. E
continuai a vedere confermato ciò in tutti questi anni, passati come reietto
sia del Paradiso che dell’Inferno. Ormai non appartenevo a nessuno dei due, ed
ero cacciato come un animale da entrambi. E’ per sfuggire loro che ho fatto
questo” e girandosi di tre quarti ed abbassando il colletto dell’impermeabile
mostra la base del collo, in cui è inciso un pentacolo circondato da un cerchio
“Loro non possono vedermi, ma io posso vedere loro. E quando ho percepito del
movimento nei gironi infernali, non ho potuto fare a meno di interessarmi alla
faccenda. L’intero Inferno è in agitazione, si è diffusa la notizia che
l’Anticristo è giunto sulla Terra per porre giustizia ai metodi di Dio. Loro
sanno che l’Anticristo è quella bambina, e la vogliono prima che il Paradiso
riesca ad occuparsi di lei.”
“Una bella
storia…” dice Strange nervoso “Peccato che tu non abbia prove a dimostrare che
quel che dici sia la verità.”
“Io no” risponde
Daimon “Ma tu possiedi l’Occhio. Con quello potrai confermare parte di quel che
ho detto.”
“L’Occhio è uno
strumento divino, se lo usassi su un demone non so cosa potrebbe accadergli.”
“La mia vita non
è stata altro che un continuo dolore. Fai ciò che devi, Guaritore.”
Stephen
annuisce. Quindi, in un’altra dimensione, un occhio luminoso si apre sulla sua
fronte, emanando raggi dorati verso il demone dai capelli rossi. Quando si è
aperto del tutto, un intenso flusso di luce lo copre interamente. Daimon
comincia a ripiegarsi su sé stesso, mentre dalla sua pelle iniziano ad alzarsi
spirali di fumo. Un polpaccio cede, seguito dall’altro. Daimon è in ginocchio
adesso, il viso curvo verso il proprio addome e le mani a tapparsi le orecchie.
Quando rialza la testa il suo volto è percorso da un’espressione disumana,
mentre denti appuntiti lasciano uscire un agghiacciante urlo di terrore. Ed è
allora che Stephen smette.
L’Occhio si
chiude, la luce scompare, il vicolo torna alla normalità. Però adesso Stephen
sa. Sa che si trova davanti uno dei luogotenenti di Lucifero prima della
Caduta, ed uno dei regnanti più potenti dell’Inferno fino al momento in cui non
aveva deciso di mollare tutto. Conosce il dolore e la frustrazione di essere
stato rifiutato dal Paradiso. Prende consapevolezza di una vita da fuggiasco
dall’universo, come prezzo da pagare per possedere delle idee proprie. E, più
di tutto, sa che le sue azioni sono in buona fede.
“Hai… hai capito
adesso, Guaritore?”
Stephen non riesce
a distogliere lo sguardo dall’ex demone che ha di fronte, che, nonostante
l’attacco appena subito, si rialza in piedi con stoica volontà.
“Io… Sì, ho
capito”
“Sai allora cosa
c’è da fare?”
“Sì… lo so.”
“Agisci allora,
per il bene del tuo mondo.”
Stephen guarda
lui, poi le proprie mani. Quindi la bambina impaurita che è ancora aggrappata
alle proprie gambe. Infine torna a guardare Daimon.
“Io… non posso
uccidere.”
Il demone
rinnegato afferra il proprio tridente da terra. Quindi, rialzandosi in piedi, dice:
“Spostati
allora, lo farò io.”
Note dell’autore: Inferno, Paradiso, e tutto ciò che vi sta in mezzo. Questo in poche parole potrebbe essere un degno sottotitolo alla maxiserie che state leggendo. Una delle cose belle di avere un nuovo universo da gestire, è che virtualmente nulla è stato detto e tutto potrebbe essere rivelato, anche le origini dello stesso. Se già era stato accennato nei primi due numeri, adesso il nome di Dio comincia a farsi sentire in maniera più rilevante, accompagnato da eventi biblici di grande importanza come la guerra angelica e la caduta di Lucifero. Tutto farebbe pensare ad una classica impostazione cristiana della creazione del mondo Extreme, ma restate sintonizzati: man mano che la storia andrà avanti si aggiungeranno nuovi elementi e nuovi punti di vista alla cosmologia Extreme. E non dimenticatevi che questo universo si basa pur sempre su quello Marvel, mi raccomando!
Come
al solito, per commenti, suggerimento o insulti l’indirizzo è: gambittolo@hotmail.com
Nel prossimo numero: non vi dico niente. Aspettatevi di
tutto.