CHAPTER 2
Greenwich Village, New York.
C’è una piccola chiesa, sepolta tra le case del quartiere. Niente di più grande di una cappella, ma nonostante ciò per molto tempo l’unico vero punto di riferimento per i cristiani che abitavano le strade adiacenti. Questo, però, molto tempo fa. Adesso invece la chiesetta è abbandonata a sé stessa, coperta di rampicanti, piena di spaccature sull’intonaco. E sconsacrata. Tutti i vicini sanno approssimativamente i motivi della sua sconsacrazione, voci riguardanti gruppi di satanisti, sedute spiritiche e un cadavere non identificato trovato arso vivo sull’altare, ma nessuno, nemmeno la polizia, aveva mai appurato con certezza cosa era successo. Nessuno aveva nemmeno più rivisto il prete assegnato a quella chiesa. Nessuno aveva più sentito parlare del reverendo Strange. Erano soltanto sorte una serie di illazioni e superstizioni riguardo una maledizione caduta sulla chiesa, e gli occasionali rumori provenienti dal suo interno nel cuore della notte non avevano fatto altro che aumentare le dicerie. Nessuno aveva più avuto il coraggio di metterci piede, e i pochi spavaldi che avevano tentato erano tornati indietro con il terrore negli occhi, senza proferire parola su quel che avevano visto al suo interno. Questo era bastato per tenere alla larga gli altri curiosi. La gente avrebbe solo potuto immaginare cosa accadeva al suo interno, senza mai avere alcuna conferma. E probabilmente, se avessero dato un’occhiata da uno spiraglio delle finestre bloccate con delle assi di legno, la loro paura avrebbe trovato una giustificazione. Perché, per esempio, ora avrebbero visto un uomo vestito con un abito da prete ed un impermeabile neri poggiare delicatamente una bambina addormentata al centro di una stella a cinque punte disegnata in rosso sul terreno e circondata da un cerchio, con alle cinque estremità altrettante candele spente.
Incredibile, pensa l’ex reverendo Stephen Strange, anche mentre è priva di sensi riesco a sentire la potenza che emana naturalmente. E la cosa più assurda è che ristagna placida all’interno della sua coscienza, come se lei non riuscisse ad attingere ad essa a livello consapevole ma se ne servisse solo inconsciamente, senza nemmeno sapere di possedere un tale potenziale. Per questo la bambina è spaventosamente pericolosa. In un eccesso di qualsiasi genere potrebbe attingere senza volerlo all’energia che le riposa dentro, usandola per modificare le basi della realtà stessa. Del resto è quel che ha già fatto una volta, non so per quale scopo e con quali conseguenze. Quel che so è che ho percepito chiaramente lo spazio il tempo annichilirsi e piegarsi sotto la sua volontà. Quel che so, è che li ha plasmati in modo tale da creare una nuova realtà quasi identica alla prima ma con differenze infinitesimali. E se l’ha fatto una volta, cosa le impedisce, anche involontariamente, di farlo una seconda?
Stephen Strange si avvicina ad una delle cinque candele situate alle estremità del pentacolo, intonando a bassa voce una invocazione:
“Acqua, Terra, Aria, Fuoco, Mente. Cinque punte, cinque elementi costitutivi del mondo dal cui movimento scaturisce la vita. Vi chiedo protezione dal potere della creatura rinchiusa nel vostro cuore. Che la terra” e prende una candela in mano “che vi circonda fornisca compattezza.” e la prima candela si accende spontaneamente “Che il fuoco” e pollice ed indice si chiudono sulla fiammella della candela, senza bruciare al contatto “che vi sovrasta rischiari le tenebre della notte.” e la seconda candela si infiamma “Che l’aria” e la sua mano passa sulla fiammella, che si piega leggermente sotto lo spostamento d’aria “che respirate vi animi.” anche la terza candela si illumina “Che l’acqua” e sfiora il disegno del pentacolo con le dita, che si intingono di un rosso cupo “che vi forma dia prontezza e velocità nel reagire.” ed una quarta candela si anima di fuoco “Che la mente” e fuoriesce dal cerchio del pentacolo, avvicinandosi all’ultima candela rimasta spenta e mettendole le mani attorno “che io fornisco controlli e vincoli ogni pote…”
“La lasci andare, reverendo”
Stephen Strange si blocca, interrompendo l’invocazione. Con studiata lentezza, il suo volto si alza per incontrare lo sguardo del nuovo arrivato. A qualche metro da lui, oltre il pentacolo e l’altare della chiesa, sta sospesa a mezz’aria una ragazza bionda, vestita di un barocco abito da sera di un bianco quasi accecante e con numerose volute intarsiate di perle e brillanti che svolazzano nell’aria. Questo, quel che gli dicono i suoi occhi umani. Sopra di loro però se ne apre un altro, circondato da un triangolo e spandente luce nell’ambiente intorno, che come un flash dilatato illumina per alcuni secondi in pieno la ragazza rivelandone la vera natura, che Strange si accorge subito essere…
“Impossibile!” l’occhio sulla sua fronte si apre un’altra volta e di nuovo abbaglia la ragazza, che senza scomporsi rimane imperturbabile davanti ad esso “Non è possibile!”
Adesso sul volto di Strange si è dipinta un’espressione di sbalordimento misto a confusione mista a terrore. E lo sarebbe qualsiasi mistico, se avesse visto quel che l’occhio gli ha mostrato. Ovvero, che la ragazza non esiste. E che, ogni volta che la si tenta di analizzare, per un qualche strano motivo l’occhio sembra identificarla con la bambina che giace svenuta all’interno del pentacolo, seppure con i sensi umani Stephen le veda entrambe come due entità distinte. Senza contare che né i sensi umani né l’occhio registrano il ritorno dall’incoscienza della bambina o una fluttuazione nel suo potere. Tutto ciò porterebbe a concludere che la ragazza è qualcosa di totalmente indipendente dalla bambina, ma ciò non spiega perché l’occhio si ostini a farla coincidere con la piccola...
“Chi sei tu?” domanda Stephen, una piccola incrinatura nella voce.
“Mi chiamo Jennifer, sono la fata madrina di Topaz. E la rivoglio indietro.” e nel dire queste parole comincia ad avvicinarsi lentamente.
“Ferma!” grida Stephen mettendo entrambe le mani davanti a sé, i palmi in direzione della ragazza, che ignorandolo continua ad avanzare verso Topaz.
“Maledizione, donna, non costringermi a farlo!” sui palmi delle sue mani adesso si intravede un filo di fumo. All’interno del suo impermeabile, richiamato dal pensiero di Strange, il Darkhold comincia ad emanare un fioco bagliore scuro e da solo esce dalla tasca dell’impermeabile per fermarsi a mezz’aria davanti all’uomo, aprendosi subito dopo su una pagina ben precisa. Nonostante ciò, la ragazza non si ferma. Anzi, librandosi delicatamente nell’aere oltrepassa l’altare e comincia a planare verso il pentacolo.
“L’hai voluto tu…” e con un’espressione determinata le labbra dell’uomo sibilano “Fiammata” e subito dopo un potente getto di fuoco emana dai palmi delle sue mani, prendendo in pieno la ragazza. Che però, incredibilmente, passa oltre come se le fiamme non la toccassero nemmeno.
“Non è…!” fa per dire Stephen sbalordito, quando riprendendo il controllo di sé comincia a gridare: “Chi sei, donna?! Cosa sei?!”
“Ti ho già detto chi sono. Sono la sua madrina, e mio compito è proteggerla da chiunque voglia farle del male.” e atterrando comincia a camminare verso il pentacolo.
“Tu non esisti…” comincia a dire Stephen, l’occhio sulla fronte ancora attivo e ancora ostinato a mandare informazioni contraddittorie su di lei “Non puoi esistere. Sei solo un frutto della mia imma…!” Stephen si blocca, come colpito da una improvvisa illuminazione. Guardando con la coda dell’occhio la ragazza che è a pochi metri dal cerchio esterno del pentacolo, si abbassa sull’ultima candela, quella ancora spenta, e con voce veloce sussurra:
“Che la mente che io fornisco controlli e vincoli ogni potere, e lo mantenga all’interno di questo cerchio. Questo è il tutto, e questa è la mia volontà. Che venga soddisfatta.” e anche sulla quinta candela compare una piccola fiamma. Nello stesso tempo il cerchio rosso che circonda il pentacolo all’interno del quale giace placida Topaz si anima di luce rossa ed ha un improvviso, potentissimo bagliore. Poi tutto ritorna alla normalità. Tranne per il fatto che la ragazza, arrivata ormai ad un paio di metri dal cerchio, si blocca improvvisamente. Mantenendo un’espressione fredda, tenta di muovere le gambe un paio di volte, per accorgersi subito dopo che sono incollate al suolo. Quindi il suo sguardo gelido incontra quello compiaciuto di Stephen Strange.
“Non sai cosa stai facendo.” sono le sue parole.
“No, donna. Anzi per la prima volta da quando ti ho vista ho una vaga idea di cosa fare con te.”
“Tu non capisci. Hai messo in gioco forze che nemmeno puoi comprendere. E’ una faccenda molto più grande di te. Farai meglio a non farti coinvolgere più di quanto tu non lo sia già.”
“Sei tu a non capire. Dentro quel pentacolo è rinchiusa una bambina di dieci anni con il potere di modificare la realtà stessa. Non posso permettere che l’universo intero rischi una minaccia tale prima di aver capito come neutralizzarla.”
“Vorresti… uccidere Topaz allora?” domanda la ragazza, per la prima volta da quando è comparsa tradendo un filo di paura nella voce.
“Io…” comincia a dire Stephen, mentre all’interno della sua mente cominciano a proiettarsi, come diapositive di vecchi film muti, delle immagini in rapida sequenza. Un altare intriso di sangue, un uomo vestito con un lungo mantello verde scuro, una carcassa umana ridotta ad una sagoma nera e fumante. Stephen Strange chiude gli occhi per un attimo per scacciare quelle immagini. Quando li riapre sono velati da una tristezza ancestrale, mentre la sua voce risulta come quella di un vecchio ormai stanco della vita “No… Non le farei mai del male…”
“E allora liberala e lascia che sia io ad occuparmi di lei!” ribatte la ragazza “Non farti trovare qui quando arriveranno!”
“Arriveranno…? Chi arriverà?” chiede sospettoso Stephen.
“IO”
Stephen si gira verso la direzione da cui proviene la voce, non molto sicuro di voler sapere chi ha parlato. Stavolta, ogni sua congettura pessimistica si rivela sbagliata. Davanti a lui infatti levita a mezz’aria una donna vestita interamente di un attillato costume bianco, che le ricopre come una seconda pelle ogni parte del corpo eccetto il viso e la bianca pelle sottostante un ampia scollatura a forma di croce nel suo petto. I bianchi riccioli dei capelli fluttuano morbidamente nell’aria accarezzando il suo volto, sul cui occhio destro vi è un brillante tatuaggio bianco a forma di spicchio di luna. Per finire, dalle sue spalle fuoriescono due brillanti ali che sembrano fatte di luce scintillante, e che oltre ad illuminare lei emanano un caldo bagliore che si posa placido sugli sporchi anfratti della chiesa abbandonata. Mentre gli occhi ed il cervello comunicano queste nozioni a Stephen, assieme ad un non ben definito calore interno che gli conforta l’anima, anche l’occhio sulla fronte entra in azione, scandagliando la nuova arrivata. Il risultato, per quanto sembri strano a pensarsi, è sconvolgente almeno quanto l’apparizione della ragazza che ha detto di chiamarsi Jennifer. E questo, perché l’occhio afferma che la nuova arrivata è un Angelo.
Greentown, Ohio.
Patricya Reynolds sta rassettando la sua parte della stanza, stando bene attenta a non svegliare la sorellastra Topaz che dorme ancora tranquilla nel suo letto. Di solito non le riserva tutte queste gentilezze, ma ora come ora, e non saprebbe nemmeno dire perché, qualcosa le dice che è meglio lasciar riposare in pace la bambina[1]. Quindi il più silenziosamente possibile raccatta da terra i fumetti della sorellastra e si avvicina alla libreria per metterli a posto. Il suo occhio si va a posare distrattamente sulla copertina di uno di essi. “Jennifer Kale, la principessa delle baby sitter” recita il titolo. Patricia alza gli occhi al cielo, chiedendosi come faccia la sua sorellastra a leggere roba del genere. Poi, con non molta gentilezza, li ripone in blocco accanto alla videocassetta di Cenerentola sistemata con cura nel ripiano di Topaz. E’ in quel momento che squilla il campanello.
“Patriiiiiiiciaaaaaaaa!!!” urla la madre Kathryn dall’interno del bagno “Va tu ad aprire la porta, cara!! Io sono sotto la doccia!”
“Sì mamma!” le urla di rimando
Patricia, e sbuffando esce dalla sua stanza. Dopo aver sceso di corsa le scale
come è sua abitudine fare si precipita dietro la porta e chiede:
“Chi è?”
Da dietro la porta, nessuno risponde. Un po’ dubbiosa, Patricia si avvicina ancora di più e ripete a voce più alta:
“Chi è?”
Ancora una volta, nessuna risposta. Incuriosita dalla situazione, Patricia apre la porta fin quanto la catena di sicurezza le permette, e sbircia fuori. Sul davanzale, sembra non esserci nessuno. Sempre più curiosa toglie la catenella ed apre del tutto la porta. Poi, infila la testa fuori per vedere se c’è qualcuno sul portico. Gira la testa a destra, poi a sinistra. Nessuno. Prendendolo come uno stupido scherzo torna dentro e si gira verso le scale per tornare nella sua stanza, ma qualcosa la fa trasalire. Davanti a lei, adesso c’è un essere la cui sagoma è interamente nera, eccetto per gli occhi di un rosso acceso. Su di lui, un grosso mantello, nero anch’esso, le cui ampie volute svolazzano tutt’attorno alla sua sagoma. Senza dire una parola, si lancia sulla ragazzina.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!!!”
L’urlo arriva, seppure smorzato dall’acqua scrosciante, anche all’interno della doccia in cui si trova Kathryn.
“Patricia?!” grida, senza ottenere alcuna risposta nei due minuti successivi. Con l’apprensione di una madre, chiude l’acqua e, avvitandosi un asciugamano attorno al busto, esce dal bagno.
“Patricia?” urla di nuovo, e di nuovo non ottiene risposta. Avvicinandosi all’ingresso, nota da lontano la porta lasciata semi aperta. Ma guarda un po’ quella ragazzina, pensa stizzita, esce con i suoi amici e non solo non avverte, ma dimentica anche la porta aperta! e si avvicina per chiuderla del tutto. Quando però la sua mano afferra il pomello, Kathryn si rende conto che c’è qualcosa che non quadra. Non è tanto un messaggio visivo o sonoro, quanto una sensazione che la spinge ad accorgersi che c’è un intruso nella stanza. E che si trova sopra di lei. Le spire del mantello dell’essere calano velocemente su di lei, inglobandola interamente. Quindi la figura si rialza. All’interno del corridoio adesso, ci sono solo lui e il suo mantello svolazzante.
Greenwich Village, Sancta Sanctorum di Stephen Strange.
“Tu sei…” quasi balbetta l’uomo in piena estasi.
“SI, STEPHEN. PUOI PRESTARE FEDE A QUELLO CHE TI DICE
L’OCCHIO che porti sulla fronte. DEL RESTO, SIAMO STATI NOI STESSI AD offrirtelo”
Le mani di Stephen vanno involontariamente a toccarsi la fronte, su cui risplende di luce gialla l’occhio circondato da un triangolo. Quindi le sue labbra sussurrano:
“Sei un angelo…” ed immediatamente dopo aggiungono “Cosa… cosa significa che mi avete dato voi l’occhio?”
“RICORDI LA NOTTE DELL’ATTACCO DEL BARONe ?
QUELLA
NOTTE INVOCASTI IL SIGNORE perché TI DESSE MODO DI SCONFIGGERLO. Ed egli
rispose.”
“Allora lui…” e la voce di Stephen Strange si abbassa, come se stesse per toccare un argomento proibito “…Lui esiste?”
“GuaRDA NEL FONDO DEL TUO CUORE, STEPHEN. LUI è SEMPRE
Lì, E SEMPRE LO SARà. NESSUNO Può RISPONDERE MEGLIO DI TE ALLA TUA DOMANDA.”
Le sue mani vanno a congiungersi sopra il suo cuore, mentre anche il suo viso si abbassa, quasi in soggezione. Quando si rialza però, la sua espressione è più dura:
“Sempre queste risposte evasive. Non mi soddisfacevano quando ero in seminario e non lo fanno ora. Io voglio vederlo, voglio toccarlo. Io…” e il suo sguardo si fa quasi implorante “…ho bisogno di sapere”
“CONSERVA I TUOI DUBBI PER UN’ALTRA VOLTA, guaritore.
Quel che preme adesso è che tu mi consegni la bambina”
“NO!” scatta Strange “Adesso voglio risposte! Chi è la bambina, cosa sta succedendo qui e… chi sono io?!”
“TU SEI STEPHEN STRANGE, UN REVERENDO CHE UN GIORNO SI
TROVò PER CASO AD INCROCIARE Le vie del maligno. QUEL GIORNO TI RIVOLGESTI ALLA
TUA FEDE COME MAI AVEVI FATTO prima, E NOI TI GIUDICAMMO DEGNO DI ACCETTARE IL
NOSTRO DONO. L’OCCHIO DI CUI TI FACEMMO REGALO TI RESE UNO DEI NOSTRI
GUARITORI, MA DOPO QUALCOSA non ANDò… per il verso giusto. TI ALLONTANASTI
DALLA TUA STRADA, E COMINCIASTI A PERCORRERE quella dell’eresia, affidandoti
più agli strumenti del demonio che alla fede. Tutto ciò fino a questo momento.
PER QUANTO RIGUARDA LE ALTRE DUE DOMANDE, POSSO SOLO RISPONDERTI CHE è
NECESSARIO CHE CI CONSEGNI immediatamente la bambina che hai rinchiuso
all’interno del pentacolo.”
“Ma perché?! Cos’ha di così importante da scatenare la vostra attenzione?!”
“perché ella… è il messia reincarnato”
Da qualche parte là fuori, in uno dei tanti vicoli sudici di New York.
Un barbone sta dormendo sotto ampi pezzi di cartone sognando la vita che non potrà mai avere, quando nel fondo del vicolo accade qualcosa di molto simile ad un’esplosione che lo fa svegliare di botto. La prima cosa che avverte una volta presa conoscenza è un intenso puzzo di zolfo proveniente dalla direzione dell’esplosione. Quindi apre del tutto gli occhi e lo vede. Un uomo dai capelli rossi raccolti in una coda, totalmente nudo tranne che per un paio di spessi bracciali metallici attorno ai polsi e con in mano un grosso tridente, anch’esso rosso. Sul petto, quasi scavata nella carne, vi è una grossa croce. L’uomo si guarda un po’ intorno, poi annusa l’aria, come un segugio quando deve scovare la preda. Quindi dice tra sé e sé:
“Mmmm… puzza d’angelo…”
A quel punto il barbone si muove, rivelando la propria presenza all’altro uomo che, camminando a piedi nudi sul lordume del vicolo, si avvicina a lui. Una volta sopra il barbone, l’uomo gli punta contro il tridente e tuona:
“Spogliati.”
“Non darle ascolto!” interviene Jennifer, ancora impossibilitata a muoversi “Direbbe qualsiasi cosa pur di mettere le mani su Topaz!”
“Zitta…” sibila Stephen senza nemmeno voltarsi, poi, rivolto all’angelo: “Voglio sapere tutto, e parti dal principio.”
“non c’è molto da dire. Sono un angelo, appartengo
alla prima coorte dei seraphi. Puoi chiamarmi… dagger.”
“Ed io… cosa sono?”
“tu sei un guaritore d’anime, stephen. Un prescelto
del cielo per portare al mondo un messaggio di pace e speranza. Non sei stato
il primo, né sarai l’ultimo. Pensa a uomini e donne come giovanna d’arco o
padre pio. Erano tutti come te.”
“No, non come me. Mentre loro sapevano qual era il loro posto nel mondo, io mi dannavo l’anima per cercare di capire il mio. Dimmi, angelo, se il tuo principale è onnipotente perché ha permesso che intraprendessi la via della dannazione?”
“Le vie del signore sono imper…”
“Sì, comodo!” la interrompe bruscamente Stephen “Quando si è con le spalle al muro, quando non si hanno più risposte da dare, ve ne uscite sempre con frasi fatte come questa!! Rispondimi, angelo! Perché Dio mi ha scelto come suo Guaritore?! Perché subito dopo avermi donato l’occhio mi ha abbandonato a me stesso, senza neanche spiegarmi cosa mi aveva fatto?! Perché ha permesso che imboccassi la via delle arti arcane per trovare una risposta, dannando me e chi mi stava vicino?! Perché?!”
“…”
“RISPONDIMI, DANNAZIONE!”
“il mio compito è prendere la bambina e portarla con
me, non dare risposte. Vuoi darmela di tua spontanea volontà, mortale ?”
Stephen guarda dritto negli occhi l’angelo. La sua voce esce fuori dura e decisa:
“Non prima di avere ottenuto le mie risposte.”
“Hai fatto la tua scelta”
Immediatamente dopo dalle nocche dell’angelo fuoriescono due lame luminose, quasi bianche.
“ora, ne pagherai le conseguenze…”
CONTINUA…
Note:
[1] questo
perché nel letto non c’è la vera Topaz, ma una suggestione ipnotica creata da
Strange in modo tale da poter effettuare il suo controllo sulla bambina senza
che la madre e la sorella si allarmino.
Note dell’autore: non molta azione in questo numero,
ma per certi versi le rivelazioni che sono state fatte sono di importanza
fondamentale e diventeranno sempre più rilevanti man mano che la storia andrà
avanti. Non aspettatevi semplificazioni, quindi. Più si procederà più la storia
si farà complicata e multisfaccettata. Già in questo numero sono stati
introdotti quattro nuovi personaggi, mentre si è accennato ad un evento
misterioso del passato di Strange. Che ruolo hanno i personaggi coinvolti
all’interno della partita che si sta giocando? E, soprattutto, che ruolo ha
Strange? Con questi interrogativi, vi rimando al prossimo numero.
Come
al solito, per commenti, suggerimento o insulti l’indirizzo è: gambittolo@hotmail.com
Nel
prossimo numero: non vi dico niente. Aspettatevi di tutto.