(UN
VIAGGIO DI 15 ANNI IN UN FUTURO POSSIBILE)
DOVE OSANO I DIAVOLI
Di Carlo Monni
1.
Ad una prima occhiata
i due ragazzi potrebbero sembrare quasi identici: stessa età apparente, più o
meno 14 anni, stessi capelli rossi e occhi chiari, ma a guardarli meglio si
noterebbero alcune differenze come il taglio degli occhi o il fatto che uno ha
gli occhi verdi e l’altro li ha azzurri. E naturalmente c’è il fatto che uno è
un maschio e l’altra una femmina. In ogni caso, chiunque capirebbe che sono
fratelli e probabilmente capirebbe anche che sono gemelli eterozigoti.
La
ragazza si muove con movimenti aggraziati, degni di una ballerina o di una
ginnasta di alto livello, ma sicuri. È nel mezzo di un allenamento di arti
marziali e il suo istruttore fatica a fermare il suo calcio rotante.
Poco
lontano da lei suo fratello è fermo davanti ad un punching ball e chiude gli
occhi, sembra immerso in meditazione, poi alza la testa di scatto e lascia
partire un pugno colpendo nel punto e nel modo giusti per far saltare il
punching ball che cade a terra.
Solo
allora il ragazzo si volta, come se avesse appena sentito il ritmico rumore del
bastone da cieco che è tenuto saldamente in mano da un uomo che ha anche lui i
capelli rossi anche se ampiamente spruzzati di bianco alle tempie e veste un
abito coloro carta zucchero con un’immacolata camicia bianca ed una cravatta
rossa. Non è difficile notare una somiglianza tra lui ed i due giovani, specie
con il ragazzo. Del resto non è strano, visto che è il loro…-
-Papà.- esclama il ragazzo.
Anche
la ragazza si volta e dopo un secondo sul suo volto appare un sorriso.
-Sei venuto.-
-Mickey… Gracie… ne dubitavate?- risponde
Matthew Michael Murdock -Lo sapete che cerco di non perdermi i vostri
allenamenti se posso. Da quel che ne capisco, state andando piuttosto bene.-
-Siamo i migliori.- ribatte fiero il ragazzo
chiamato Mickey.
-Io sono la migliore, lui arriva secondo… se
gli va bene.- ribatte Gracie.
Matt
sorride. C’è da immaginare che sia divertito da queste piccole rivalità tra
fratelli. Forse ricorda anche che ai tempi della sua infanzia le cose erano
diverse per lui ed è contento che la loro sia stata più felice anche se non
sempre facile.
-Ciao zio Ben.- mi saluta Gracie -Che fai
anche tu da queste parti?-
-Ogni tanto mi piace uscire dal mio ufficio
al Bugle e ricordarmi cosa fa un vero giornalista.- rispondo.
-Beh… non troverai molto da scrivere qui…-
interviene il ragazzo -... Hell’s Kitchen è diventata molto noiosa.-
Sorrido
e ribatto:
-Io direi: più sicura e il merito è in gran
parte è di vostro padre e del suo lavoro per la comunità.-
-Ma vuoi mettere coi tempi in cui c’erano le gang
irlandesi… o i supercriminali?- ribatte Mickey -Il vecchio Pop Fenton mi ha
raccontato che poco prima della mia nascita dei ninja hanno attaccato il
distretto di Polizia. C’era Bullseye e anche una tizia mezza nuda.-[1]
-Sapevo che l’avresti nominata.- lo
interrompe sua sorella -Maschi… tutti uguali. Lo zio Pop ha raccontato la
storia anche a me e ha detto che c’era anche la mamma a…-
-Il vecchio Pop parla troppo.- afferma Matt
-Ma ora parliamo di voi due: mi auguro che per gli allenamenti non stiate
trascurando gli studi. Presto dovrete iniziare la scuola superiore e dovete
essere preparati.-
-Uffa… sempre la solita storia- sbotta suo
figlio -Ora ci racconterai ancora di come il tuo vecchio ti faceva stare in
casa a studiare invece che uscire a giocare.-
-Vostro nonno probabilmente esagerava ma si
può trovare un giusto compromesso, non vi pare? Un tempo per divertirsi ed uno
per lo studio. Perché no?-
Io
e Matt ci conosciamo da molti anni ormai e sono stato testimone di molte sue
imprese. Vedete: Matthew Michael Murdock non è solo uno dei più brillanti ed
affermati avvocati di New York e della Nazione intera, ma per buona parte degli
ultimi 27 anni ha anche rivestito il ruolo l’identità
di un vigilante mascherato che sebbene ultimamente non si veda molto spesso è
divenuto una vera leggenda: Devil. È grazie a lui se Hell’s Kitchen è stata
ripulita dal crimine ed è uno dei luoghi più sicuri della città. In entrambe le
sue identità Matt si è impegnato per Hell’s Kitchen: ha acquistato la vecchia
palestra Fogwell e ne ha fatto un centro di aggregazione per i giovani della
zona. Redenzione attraverso le attività atletiche. Può sembrare melenso ma ha
funzionato. Nei panni di Devil ha organizzato una sorta di servizio d’ordine di
quartiere. Gente comune che col calare del sole si mette
al servizio della comunità in altri modi: li chiamano Daredevils e non se la
cavano male.
Il
mio nome è Ben Urich e il mio mestiere è raccontare storie e questa è una delle
tante.
È una bella giornata, di quelle che ti spingono
volentieri fuori dalla canonica, Contrariamente a quanto pensa qualcuno, anche
noi preti siamo esseri umani e conosciamo il valore di un buon caffè e perfino
quello di una pinta di birra, da consumarsi in uno dei pochi autentici pub
irlandesi rimasti a Clinton, che una volta era chiamata Hell’s Kitchen. La
cucina del vecchio Seamus O’Ryan, però non è affatto infernale e così non sono
sorpreso di veder entrare Matt Murdock e i suoi figli. Matt è un estimatore del
vecchio O’Ryan e lo ha perfino aiutato a rimettere in piedi il locale dopo un
incendio doloso anni fa.
-Buongiorno Padre Gawaine.- mi salutano quasi all’unisono i due gemelli.
-Michael… Nathalie… - li saluto a mia volta.
-Lei è l’unico che mi chiama Nathalie, lo sa?- mi dice la ragazzina.
-È il tuo nome no?- ribatto.
-Siediti con noi, Kid.- mi dice Matt -Sempre che ti vada di sederti con
questo vecchio peccatore.-
-Per citare tua figlia, Matt, tu sei l’unico che mi chiama ancora Kid… e
qui siamo tutti peccatori, compreso il sottoscritto.-
Matt è ancora
convinto che io lo giudichi male perché non ha mai sposato la madre dei suoi
figli. Senso di colpa Cattolico, probabilmente, eppure dovrebbe ormai sapere
che non sono uno di quei bigotti ossessionati dal sesso che molta gente pensa
essere noi preti.
Matt Murdock ha
fatto molto per questa parte della città e sospetto anche più di quanto si
creda, ma preferisco non approfondire la questione. Tutti hanno diritto ai loro
segreti dopotutto. Tuttavia non posso esimermi dal chiedergli:
-Qualcosa che non va?-
-Solo una brutta sensazione.- mi risponde -Ma ora è passata.-
Come ho detto, preferisco non approfondire, ma chi
potrebbe impensierire un uomo come Matt Murdock?
Mi chiamo Matt Murdock e sono un avvocato. Quando
ero appena un po’ più grande dei due ragazzi accanto a me, ho salvato un
vecchio dall’essere investito da un camion e come risultato sono stato accecato
da del materiale radioattivo trasportato illegalmente. Il materiale in
questione ha danneggiato irreparabilmente i miei nervi ottici ma al tempo
stesso mi ha dotato di straordinari supersensi e di un senso radar che
sostituisce la vista in modo efficace ma non la rimpiazza del tutto. Posso dire
molto dei miei figli: la frequenza del loro respiro, l’altezza e il peso, se
sono agitati da emozioni ma non saprò mai com’è il loro viso. Cerco di dirmi
che non m’importa ma so che non è vero.
Sono fiero dei miei
ragazzi: sono esuberanti ma non c’è da sorprendersi: assomigliano ad entrambi i
genitori dopotutto. Né io né la loro madre siamo mai stati tipi tranquilli in
fondo. Ho cercato di essere un buon padre per loro e non è stato affatto
facile. Vorrei poter risparmiare loro i mali della vita ma so che è
impossibile. Posso solo fare del mio meglio e sperare che basti.
Giro improvvisamente la
testa e la sollevo.
-Che c’è, papà?- mi chiede Mickey.
Una sensazione più che
una percezione… come se qualcuno mi stesse osservando. A giudicare da come è
balzato improvvisamente il suo battito cardiaco anche mia figlia l’ha avuta.
-Mi è sembrato di avere puntati addosso degli occhi… occhi ostili.-
dice.
-Che strano.- aggiunge Mickey –Anch’io ho avuto per un attimo la sensazione che qualcuno mi stesse fissando ma ora è passata.
Occhi ostili… una
presenza familiare. Non può essere lui… è morto, deve essere morto.
2.
Il suo nome è Natalia Alianovna Romanova, ma
negli Stati Uniti è meglio nota come Natasha Romanoff e un tempo era ancor più
nota come Vedova Nera. Oggi non è più attiva come superspia ma lavora come
stilista e ha una piccola accademia di danza. Questo almeno ufficialmente,
perché ufficiosamente fa molto di più che disegnare vestiti di lusso e
insegnare alle ragazzine a ballare. Quelle come lei non vanno davvero in
pensione.
Se si andasse a
controllare si potrebbe scoprire che per alcune delle sue allieve è previsto un
programma di addestramento speciale e che tra gli sponsor della sua accademia
c’è una certa agenzia il cui logo è un aquila sormontata da uno scudo.
Dopo aver congedato le
ultime allieve della giornata, Natasha non perde tempo a tornare a casa: ha un
appuntamento importante e non vuole fare tardi. Poche persone al mondo
odierebbe deludere più dei due ragazzi che deve vedere stasera: i suoi due
figli
Apre l’armadio e
mentre sceglie l’abito più adatto per la serata che l’attende, ricorda quando
aveva detto a Matt:
-Cosa faresti se ti dicessi che voglio un figlio da te?-
Dopo un attimo di
comprensibile sorpresa lui aveva risposto:
-Che se è davvero quello che vuoi, a me sta bene.- poi aveva chiesto
-Ed è davvero quello che vuoi? Ne sei sicura?-
C’era stato solo un
attimo di esitazione da parte sua prima di dire un convinto:
-Sì, ma non lo farei mai alle tue spalle.-
-Bene, allora è deciso.-
Una risposta semplice
e diretta. In seguito si sarebbero chiesti entrambi se avevano il diritto di
mettere al mondo dei figli con il tipo di vita che facevano ma era bastato
tenerli in braccio la prima volta per decidere che non era stato un errore.
Certo, da allora lei e
Matt si sono separati ma alla fine sono rimasti buoni amici e i figli li
mantengono in un certo senso ancora uniti, nonostante qualche disaccordo su
come educarli, per così dire.
Il suono del telefono la distrae dai ricordi.
Chiamata dall’estero, conosce il numero. Sorride mentre risponde
-Ciao Nick, com’è Tahiti in questa
stagione?-
<<Come puoi immaginare, Natasha.>> risponde Nick Fury
<<Mi sto crogiolando al sole come un qualunque vecchio
pensionato.>>
-Tu sei un vecchio pensionato come io sono una suora di clausura Nick. Suppongo
che tu non mi abbia telefonato solo per sentire come sto.-
-Immagini giusto. Un mio vecchio amico del MI6 mi ha chiamato per darmi
una notizia che penso t’interesserà.>>
E quando Nick ha
finito di parlare Natasha con un’espressione cupa in volto dice:
-Ti ringrazio Nick. Vedrò cosa posso fare.-
Brutta notizia, pensa,
ma non c’è motivo di cambiare i suoi piani per la serata, il compleanno dei
suoi figli è un’occasione troppo importante per farsi turbare dai fantasmi del
passato, tuttavia…
Fa una rapida
telefonata.
-Simon… ho bisogno che tu controlli una cosa per me.-
C’era
un tempo i cui i quotidiani godevano di una grande reputazione e anche se oggi
la gente preferisce consumare in fretta le notizie leggendole o ascoltandole su
un tablet, per me è ancora così: non dimentico i tempi in cui creavamo e
distruggevamo i presidenti. Hanno cercato di intimidirmi varie volte e qualcuna
ci sono anche riusciti ma non a lungo. A quei tempi la verità faceva ancora
paura.
E
qual è la verità sull’uomo di fronte a me? Me lo chiedo da più di 15 anni senza
avere ancora trovato una risposta soddisfacente.
La
prima volta che Richard Fisk è comparso sulla scena la sola cosa che si sapeva
di lui era che era il figlio di Wilson Fisk, il cosiddetto Kingpin del Crimine,
e che rinnegava lo stile di vita paterno… il che non gli impediva di usare i
quattrini paterni per fare la bella vita.
Su
di lui corsero un sacco di voci: che era coinvolto con l’Hydra, che fosse il
boss criminale noto come la Rosa, che avesse preso il posto di suo padre come
Kingpin dopo la caduta di quest’ultimo. Delle prime due non ci fu mai una sola
prova concreta e la terza si rivelò falsa: a sostituire Kingpin fingendosi
Richard era stato un suo vecchio amico: Alfredo Morelli.[2]
Circa
una quindicina di anni fa Richard è tornato in città e ha rilevato tutte le
attività e proprietà paterne confiscate dopo che Kingpin, dopo essere stato
arrestato, fece un accordo coi federali e finì nel Programma Protezione
Testimoni.[3]
Nel
giro di pochi anni ha bonificato e liquidato le attività del padre con dubbi
legami e, candido come un giglio, ha deciso di darsi alla politica: è
attraente, simpatico, ha una moglie bellissima e tutte le carte in regola per
riuscire a farsi eleggere Governatore di questo Stato. Forse non può essere
sfidato, forse la sua ascesa è inarrestabile, ma… ricordate cosa dicevo sul
distruggere i Presidenti? È sempre stati stato
più facile coi Governatori.
Mi
accoglie nel suo ufficio alla WFSK con un sorriso affabile.
-È sempre un
piacere vederla Ben... posso chiamarla Ben, non è vero? Ho sempre apprezzato e
difeso la libera informazione, come chiunque qui alla WFSK può testimoniare e
non ho nulla da nascondere.-
-Nemmeno i suoi
legami col Boss Jimmy Six?-
Fisk scuote la testa.
-Io e James Fortunato
condividiamo il dubbio piacere di aver avuto un padre che era il boss del
crimine di questa città, ma le nostre similitudini terminano qui.
Quasi quasi riesce a convincere
anche me.
Thomas Byrnes, Vice Procuratore Distrettuale di Manhattan spegne il televisore
e sbotta:
-Disgustoso.-
-Parla dello spot elettorale di Richard Fisk?- gli chiede la sua
assistente Amy Conklin.
-Lo sappiamo tutti che è immerso fino al collo nel crimine organizzato
cittadino come lo era suo padre.- risponde Thomas -Non siamo in grado di
provarlo purtroppo e con quella sua aria da bravo ragazzo e le sue attività di
beneficienza in favore dei crimini violenti è benvoluto da molti, che liquidano
le voci su di lui come calunnie. Potrebbe davvero farcela a diventare
Governatore.-
-E non c’è nulla che possiamo fare?-
-Purtroppo no.-
-Suo padre… Wilson Fisk… Kingpin. Ho sentito dire che è morto.-
-Così dicono, ma il cadavere non è mai stato ritrovato. Per me si sta
godendo la bella vita in Giappone o un altro posto lontano. È così che va la
vita: i buoni non vincono sempre.-
Un’affermazione poco
confortante, pensa Amy.
3.
Mi chiamo Mickey Murdock. A dire il vero il mio nome completo è Michael John
Murdock, ma io preferisco Mickey, fa più Irlandese secondo me. Ho 14 anni e
sono il figlio di un famoso avvocato che è anche un supereroe e di una ex spia
russa che è anche una regina del cosiddetto jet set.
Lo so, non sono un tipo normale.
Credo di essere stato rapito più spesso di quanto capiti a chiunque, compresi i
figli dei miliardari e dei politici. I peggiori nemici di mio padre conoscono
quasi tutti la sua identità segreta, un inconveniente seccante quando sei preso
nel mezzo. I nemici di mia madre, invece, hanno sempre saputo come trovarla.
Che ci crediate o no, io e mia sorella siamo abbagliati da questa vita e
non la cambieremmo con nessun’altra.
Papà e mamma probabilmente vorrebbero per noi una vita tranquilla ma io
aspetto solo il momento giusto per infilarmi un costume tutto mio e dare la
caccia ai cattivi. L’Uomo Ragno non era molto più vecchio di me quando ha
cominciato, perché dovrei aspettare?
Certo, io non i vantaggi di mio
padre che, nonostante sia cieco, ha favolosi supersensi che compensano il suo
handicap, ma se c’è una cosa che mia madre mi ha insegnato è che un buon
allenamento e una volontà di ferro ti possono portare dove vuoi e i miei
risultati nella squadra di football della scuola stanno a dimostrarlo. Mio
padre pensa che questo valga anche per lo studio e probabilmente ha ragione.
-Ragazzi,
siamo arrivati. Scendete ed andate al tavolo, io vi raggiungo appena ho
parcheggiato.-
A parlare è stato Ivan Petrovitch.
Ivan è la cosa più vicina ad un nonno che ho. Ha cresciuto mia madre e le ha
fatto da padre. Non so esattamente quanti anni ha ma deve essere vecchissimo,
anche se è meglio non dirlo in sua presenza.
Venire al Four Seasons per cena è
stata un’idea di mamma. A lei piacciono i ristoranti di lusso e festeggiare il
nostro compleanno a casa non è affatto nel suo stile.
Come previsto, ci sono tutti: lo zio
Foggy e la zia Liz, zia Candace, lo zio Clint e tanti altri. Credo manchi solo
il vecchio zio Nick ma mi hanno detto che è ai Tropici circondato da belle
pupe. Forse dovrei chiedere a mamma se posso passare le vacanze estive da lui.
Papà arriva e dopo averci salutato
si avvicina a mamma e la bacia su una guancia. L’espressione sul volto di mia
sorella è tremendamente sdolcinata. Del resto, che ti puoi aspettare da una ragazza?
Potrei dire di essere imbarazzato ma
in fondo mi diverte essere festeggiato. Sarebbe tutto a posto se non fosse per
una strana sensazione. Fin da quando ero piccolo, mio padre ha insegnato a me e
Gracie a espandere i nostri sensi e ad usarli al meglio anche ad occhi chiusi.
Forse è per questo ho la sensazione di essere osservato. Anche papà la sente e
pure la mamma.
Seguo istintivamente i loro sguardi
ma non c’è nessuno.
Mi chiamo
Nathalie Grace Murdock, ma mio padre ed i suoi amici preferiscono chiamarmi
Gracie, mia madre mi chiama Natalia e Ivan, il padre putativo di mamma, mi
chiama Principessa o Natushka.
È uno strano mondo quello in cui
sono cresciuta. Ho 14 anni e un fratello gemello irrequieto. Mio padre è il
supereroe chiamato Devil e mia madre… la chiamavano Vedova Nera e nel suo tipo
di lavoro era la migliore e forse lo è ancora.
Per me avrebbe voluto un futuro
migliore del suo e mi ha incoraggiata a darmi alla danza classica e devo dire
che sono brava, del resto ho lei come insegnante.
Mia madre, però conosce bene i fatti
della vita e sa che al destino non ci si oppone, fatalismo russo, così mi ha
addestrato anche in altri campi oltre la danza e la ginnastica, quel tipo di
addestramento che mi fa capire che qualcuno ci sta osservando. Mia madre mi
stringe istintivamente il braccio. Se non la conoscessi, direi che ha paura.
Non è da lei essere spaventata e se lo è, deve esserlo per me e Mickey. Leggo
la stessa preoccupazione sul volto di mio padre. Tutti e due sentono un
pericolo ma chi e dove?
L’uomo ha i capelli grigi e freddi occhi blu acciaio ed è in ottima
forma fisica per la sua età.
Esce dal ristorante
senza fretta e lascia una buona mancia al cameriere.
Sul suo viso c’è un sorrisetto irridente.
Goditi la tua giornata
con i tuoi bei figli, Murdock, pensa, quando meno te lo aspetti io colpirò e
farò crollare il mondo che ti sei così faticosamente costruito in questi anni.
Sono tornato, Devil,
sono tornato per te.
4.
La donna che un tempo veniva chiamata Vedova
Nera termina la sua sessione mattutina di allenamenti, quindi si sfila la tuta
e si fa una bella doccia.
Prima di rivestirsi, si guarda allo specchio:
il suo corpo è ancora tonico e sodo praticamente senza smagliature. Merito di
una dieta sana e di un costante esercizio fisico. Nessun ritocco chirurgico,
nonostante quello che pensano i maligni, e di questo lei ne è orgogliosa. Si
infila una vestaglia per poi trasferirsi in salotto dove un uomo dai capelli e
baffi bianchi sta guardando un vecchio film.
-Cos’è stavolta, Ivan?- gli chiede sorridendo.
-“Non siamo angeli”.- risponde il vecchio Russo -Bogart è spettacolare
come al solito.-
-Non so se te l’hanno mai detto, ma hanno prodotto dei film anche dopo
il 1957.-
-Sul serio?- ribatte sarcastico Ivan.
In quel momento si
aprono le porte dell’ascensore ed entra una ragazzina la cui somiglianza con
Natasha è innegabile.
-Ciao mamma.- la saluta e corre subito verso una camera.
-Ehi aspetta un momento.- la richiama Natasha -Lo sai che sei in
ritardo? E dov’è tuo fratello?-
-Ah… abbiamo pranzato con papà e Mickey è rimasto a Hell’s Kitchen.
-Lo so, ho parlato con tuo padre prima ma quel che volevo dire è che tu
e tuo fratello non vi siete neanche degnati di avvertirmi.-
-Ce ne siamo dimenticati, che male c’è?-
-Ai miei tempi i ragazzi erano più rispettosi nei confronti dei
genitori, Natalia Matyeska.- interviene Ivan Petrovitch.
-Non siamo più nel Giurassico, zio Ivan.- ribatte Nathalie e s’infila
nella sua camera.
-Non ricordo di essere stata così impertinente alla sua età.- commenta
Natasha.
-Certi giorni eri anche peggio.- replica Ivan.
-Davvero? A me non sembra. Quella ragazzina e suo fratello sono sempre
più indisciplinati e sì che io e Matt ce l’abbiamo messa tutta con loro.-
-Sangue irlandese e russo, combinazione esplosiva.-
-E che ne sai tu?-
-Molti anni fa ho conosciuto una militante dell’I.R.A.[4]
dal sangue molto bollente.-
-Ivan!- ribatte Natasha ridacchiando.
Il suono del telefono
interrompe la conversazione.
-Rick, tesoro…- risponde Natasha -... hai trovato quelle informazioni
che ti avevo chiesto?-
<<Naturalmente sì, Natasha. Non è stato troppo difficile.>>
-Non parliamone al telefono. Ci vediamo tra un’ora.-
<<Nessun problema.>>
La conversazione si
chiude e la ex Vedova Nera rimane silenziosa a riflettere.
Se avessi
detto a mamma cosa voglio fare, mi avrebbe rinchiuso in casa per sempre ma io
non posso restare ferma mentre c’è in giro qualcuno che vuole uccidere mio
padre. So cosa mi direbbero papà e mamma: hai solo 14 anni, Nathalie, non sei
pronta per certe cose, devi completare il tuo allenamento, prima di pensare a
certe cose completa gli studi.
Balle,
Io sono pronta. In fondo io e Mickey ci siamo preparati a questo fin da quando
eravamo piccoli, perché aspettare?
Apro
l’armadio e dal fondo, ben nascosto, tiro fuori un costume.
Quando vedo arrivare mia sorella non credo ai miei occhi: indossa una
calzamaglia nera con calze a rete dello stesso colore. Calze a rete?
-Cosa ti
sei messa?- esclamo.
-Non ti
piace?- replica lei -È un vecchio costume di mamma che non usa da prima che
nascessimo. L’ho adattato alla mia taglia e ho fatto anche qualche altra
modifica. Niente mantellina.-
-E le
calze a rete erano indispensabili?-
-A me
piacciono. E prima di dire qualcosa su come mi vesto, pensa a te.-
-Cos’ha
che non va il mio costume? È lo stesso che usava papà quando ha debuttato come
Devil.-
-E con un
simile accostamento di colori, mi stupisco che nessuno abbia mai capito che
parà era cieco.-
Reprimo a stento una risatina, non
le darò questa soddisfazione.
-A me
piace.- ribatto -Allora, sei pronta a dare la caccia a questo tizio… come hai
detto che si chiama, Gracie?-
-Bullseye,
Mickey… lo chiamano Bullseye.-
Un nome stupido, se volete il mio
parere.
5.
L’uomo che entra nell’attico della Vedova Nera ha un’età indefinibile, più di quarant’anni, questo è certo, ma non è facile stabilire se ne ha anche più di cinquanta. I capelli castani sono appena spruzzati di bianco qua e là. Quello che è certo è che ha un fisico scattante e allenato. Neanche un filo di grasso e muscoli tonici.
Nel vedere la padrona di casa sfoggia un largo sorriso.
-Natasha, sei sempre splendida.- la saluta galantemente.
-E tu sei sempre un adulatore, Rick Mason.- ribatte Natasha Romanoff mentre si lascia baciare sulle guance.
Ancheggiando esageratamente si avvicina al mobile bar e chiede al suo ospite:
-Gradisci una vodka?-
-Con una scorza di limone e tre cubetti di ghiaccio.- risponde Rick Mason.
Natasha riempie il bicchiere e lo porge a Mason,
- Vashe zdorov'ye.-[5] dice in Russo toccandolo col suo.
- Vashe zdorov'ye.- ripete lui.
I due bevono in silenzio, poi Natasha chiede:
-Dunque, che notizie mi porti?-
-Le notizie sono confermate: il nostro uomo è vivo ed è a New York.- risponde Mason.
-Capisco.- è il solo commento.
-E ora che facciamo: passiamo l’informazione a chi di dovere?-
-No, stavolta ce ne occuperemo personalmente.-
Sento il vento sulla
faccia ed è una sensazione che mi piace. Non entro più tanto spesso in azione
come Devil negli ultimi tempi. Del resto, per quanto mi dispiaccia ammetterlo,
l’età comincia a farsi sentire: i riflessi si fanno un po’ più lenti e i
muscoli s’indolenziscono più rapidamente mentre la schiena comincia a farsi
troppo rigida. Solo nei fumetti gli eroi restano eternamente giovani,
purtroppo.
Scaccio
questi pensieri con un sorriso e mi spenzolo nel vuoto appeso al cavo del mio
bastone. È una sensazione unica e sono felice di poterla ancora provare. Quasi
mi dimentico perché lo sto facendo ma non a lungo: c’è un uomo là fuori che mi
odia e la partita tra noi deve finire in un modo o nell’altro.
Mentre
salto di tetto in tetto capisco cosa prova papà in queste circostanze. È… è uno
sballo. Mia sorella mi segue grazie al cavo che si srotola dai bracciali al suo
polso. Se i nostri genitori fossero qui si metterebbe male per noi, ma
dovrebbero fidarsi di noi, non sapevano, forse, cosa avremmo fatto con
l’addestramento che ci hanno dato?
-Fermati!-
mi dice Gracie.
-Che
c’è?- chiedo.
-Guarda
giù!-
Tre o quattro uomini stanno
malmenando un ragazzo e hanno spinto in un angolo una ragazza e cercano di
rapinarla… o peggio.
-Che
facciamo?- chiede mia sorella.
-Secondo
te?- ribatto.
Saltiamo nel vicolo in mezzo al
gruppetto.
-E questi
chi sono?- esclama uno di loro -Sono scappati dall’asilo?-
-Già…-
aggiunge un altro -Fila via ragazzino, ma lasciaci la tua amichetta. Non sembra
niente male.
Ma chi si credono di essere solo
perché sono più grandi? Lancio il
bastone che colpisce uno dei due al mento mentre Gracie spara un morso di
vedova contro un altro che grida.
Evito di misura una coltellata ma
non un colpo di un altro avversario e cado in ginocchio.
Lo sento arrivare su di me e riesco
a muovermi appena in tempo. Gli faccio lo sgambetto e piomba contro il muro.
Gracie grida. Uno dei tizi l’ha
afferrata per il collo. Cerca di liberarsi ma l’altro è più grosso. Le spezzerà il collo se…
Un rumore secco e l’uomo si blocca e
cade. Lo vedo annegare nel suo sangue e quello che l’ha colpito è… una carta da
gioco?
In piedi all’ingresso del vicolo c’è
un uomo. Il mio primo pensiero è:
-Papà?-
Poi avanza e lo vedo meglio: indossa
un costume azzurro con un bersaglio disegnato sulla maschera. Ci guarda e dice:
-Mai far
fare ai ragazzi lavori da adulti.-
6.
Tra gli odori della notte ce ne sono
alcuni inconfondibili come quello di un dopobarba molto economico e ad
accompagnarlo c’è il tipico rumore di arnesi da scasso. Più il tempo passa, più
certe cose rimangono le stesse.
Sorrido mentre salto accanto a Turk
e lo afferro per la collottola.
-Turk, vecchio mio…-
gli dico -… non hai ancora imparato che non si ruba nel mio territorio?-
-Devil!- esclama.
-Già. Ti stavo
cercando, Turk: Bullseye è tornato in città e tu mi aiuterai a trovarlo.-
-Bullseye? Ma
Bullseye è morto, lo sanno tutti.-
È sincero, ci crede veramente.
Improvvisamente il vento mi porta odori familiari. Lui è vicino e… NO! Non può
essere! Devo correre, devo proteggerli, trovarli prima che sia troppo tardi.
Lo so chi
è, forse ha un nome stupido come pensa mio fratello ma a me sembra pericoloso.
Il suo sorriso è quello di uno psicopatico.
-Devil
Junior e la Piccola Vedova Nera.- dice in tono divertito -I vostri genitori lo
sanno che siete usciti coi vestiti dei grandi? Mi sa di no.-
-Tu…
brutto…-
Mickey gli lancia contro il bastone
ma lui riesce ad afferrarlo e glielo rimanda contro troppo veloce perché mio
fratello riesca ad evitarlo.
Mi scaglio su di lui tentando di vibrargli
un calcio ma mi afferra la caviglia e mi fa cadere a terra.
-Così è
troppo facile.- si lamenta -Speravo davvero che i figli di Devil e della Vedova
Nera mi avrebbero dato più da fare.-
Ok, sa chi siamo ma la cosa non mi
sorprende. Ho studiato i vecchi nemici di papà e Bullseye non solo sapeva la
sua identità ma era anche una sorta di suo doppio negativo. È un maestro nel
suo campo e ti sa uccidere anche con l’oggetto più insignificante.
Se pensate che io sia spaventata,
beh avete ragione, ma non ditelo in giro.
-Sento
l’odore della tua paura, ragazzina.- dice Bullseye -Lo sento anche senza i
supersensi di tuo padre. Sai in quanti modi potrei ucciderti, se volessi?
Vogliamo contarli insieme?-
-Nessuno!-
ribatte una voce che conosce bene -Non ucciderai nessuno stasera.-
Papà è arrivato nel suo costume di
Devil.
-Davvero?-
ribatte il suo avversario -Non so se sei capace di impedirmelo sai?-
Sento qualcosa che sibila nell’aria
e una specie di puntura. Qualcosa mi ha colpito al petto e ora fa male. Oh se
fa male.
Non sento più le gambe, cado a terra
e non sento più niente.
La mia prima reazione
è urlare:
-Gracie!-
Corro verso di lei e sento Bullseye
dire:
-Ormai mi sono
specializzato nell’ucciderti le donne, Murdock, ma la bimba è una dura, magari
ce la farà. Ti concedo di aiutarla. Lo scontro tra noi aspetterà.-
Lo sento correre via ma non
m’importa ora. Il rumore su cui sono concentrato è quello del sangue che
riempie i polmoni di mia figlia e del suo respiro rantolante.
Se muore non ci sarà posto sulla
Terra dove potrai nasconderti da me, Bullseye. Ti troverò e la pagherai una
volta per tutte, te lo giuro.
7.
Quando
entro nella sala d’aspetto del pronto soccorso dell’Howard A. Stark Memorial
Hospital non faccio fatica ad individuare coloro che sto cercando. Matt e
Natasha sono seduti l’uno accanto all’altra e si stringono la mano. Sui loro
volti si legge chiaramente dolore, preoccupazione, tensione. Poco distante ci
sono il vecchio Ivan Petrovitch e il giovane Mickey che tenta di soffocare le
lacrime che gli rigano il volto.
Matt alza la testa alla mia entrata
ed esclama:
-Ben?-
Prima che possa rispondere arriva
altra gente e precisamente. Il giudice Franklin Nelson, Foggy per gli amici, e
sua moglie Liz assieme alla sorella di Foggy, la mia collega Candace.
Matt e Foggy si abbracciano, come
suol dirsi, virilmente, poi sia lui sia Liz e Candace salutano Natasha che
risponde con scarso entusiasmo. Improvvisamente vedo sul suo viso
un’espressione al tempo stesso sorpresa e felice. Seguo la direzione dello
sguardo e vedo che è arrivato un giovanotto dai capelli biondi e occhi verdi il
cui volto mi è familiare.
-Jack!- esclama
Natasha e gli corre incontro. Dopo un attimo di esitazione si abbracciano.
-Sei venuto.- dice
lei semplicemente.
-Ero da queste
parti per affari[6] e…
non potevo non venire… lo sai.- risponde lui.
-Non mi devi niente
e francamente non mi aspettavo di vederti qui. Sei davvero diverso da tuo
padre.-
-Me lo dicono in
molti. Pensi che assomigli a mia madre?-
-Chissà… può essere.-
Finalmente ricordo chi è: John
Harold Howard, l’uomo più ricco del mondo. Suo padre gli ha lasciato in eredità
un conglomerato di industria e finanza che non ha rivali. C’è chi dice che
gestisca più potere lui di molte nazioni e probabilmente è vero. Suo padre era
un vero recluso ed erano pochi a sapere perfino che faccia avesse, lui, d’altra
parte, ha scelto una facciata pubblica. Mi ricordo che quando aveva 13 anni o
giù di lì fu rapito dall’Hydra e Natasha lo salvò.
C’è anche altro ma ora non posso
pensarci: il chirurgo è appena uscito dalla sala operatoria.
Tutti ci avviciniamo. Mi chiedo se i
supersensi di Matt gli abbiano già rivelato cosa sta per dire.
-Ci dica la verità,
dottor Kincaid.- dice senza mezzi termini Natasha.
Il volto del medico è rilassato
quando risponde:
-Starà bene. La
ferita è seria ma non troppo grave. Sembra quasi che chi ha lanciato il dardo
sapesse esattamente come colpirla senza causarle gravi danni.-
-Mi creda,
dottore…- replica Matt -… è esattamente così.-
-E non sfuggirà
alla mia vendetta.- aggiunge la Vedova Nera.
In piedi sul terrazzo
dell’attico di Natasha respiro gli odori della sera e ascolto i rumori portati
dal vento. È la mia città questa e lo rimarrà sempre.
Tra quei rumori ed odori ne colgo
uno per me inconfondibile, quello di un uomo straordinario che chiamo amico.
-Puoi scendere, Peter.- gli dico -Non è
necessario che resti nell’ombra.-
Peter Parker, l’Uomo Ragno, scende
lentamente alle mie spalle appeso alla sua tela.
-Sono venuto appena
ho saputo.- mi dice -Se posso essere d’aiuto, io sono qui.-
-Grazie, ma io e
Natasha preferiamo sbrigarcela da soli.-
-So come mi sentirei
se fosse accaduto alla mia May. Non farti guidare dalla rabbia e dalla voglia
di vendetta.-
-Tranquillo, non
accadrà.-
Percepisco molto bene la sua
perplessità. Non è convinto pienamente di quel che ho detto e al posto suo
probabilmente la penserei come lui.
-Vado.- dice infine
-Ma se ti serve aiuto, sai come trovarmi.-
Lancia la sua tela e si getta oltre
la terrazza. Rientro in sala dove c’è ad attendermi Natasha.
-Sono pronta.- dice -Andiamo a prendere quel
bastardo.-
Nella stanza privata in cui è stata trasferita su richiesta di sua
madre Nathalie Murdock riposa sotto sedativi.
Sul volto di suo fratello
un’espressione di pura collera.
-Mamma e papà sono andati a cercare quel… bastardo che ha ferito
Gracie. Voglio esserci anch’io quando lo troveranno.-
-Non dire sciocchezze, ragazzino.- lo rimprovera Ivan -Puoi anche
pensare di essere speciale, ma Bullseye farebbe di te un solo boccone con una
mano legata dietro la schiena, puoi credermi.-
-Dai retta allo zio Ivan, Mickey.- interviene John Harold Howard -a
quello che dice. Tuo padre e tua madre se la caveranno benissimo da soli.-
-E tu chi sei per darmi lezioni?- ribatte Mickey Murdock.
-Tua madre non ti ha mai parlato di me? Io sono John Howard, ma gli
amici mi chiamano Jack.-
-Tu saresti…? Ho sentito parlare di te ma questo non ti dà il diritto
di dirmi cosa devo fare.-
-Chissà, forse hai ragione, ma resto del parere che i tuoi genitori se
la caveranno meglio senza di te e chiunque altro tra i piedi, ma questo non
vuol dire che non possiamo aiutarli.-
-Aspetta un momento: da come parli, tu sai...-
-Che tuo padre è Devil? Certo… e so anche diverse altre cose, cose che,
se mi lasci fare un paio di telefonate, forse mi permetteranno di riuscire a
sistemare le cose in modo che Bullseye paghi quello che ha fatto.-
-Fidati di lui, Misha.-[7]
interviene Ivan -Il ragazzo sa quel che fa ed ha i mezzi per farlo.-
-Grazie… zio Ivan.- risponde il giovane Howard.
-Ma tu… chi sei davvero?- chiede ancora Mickey.
Jack sorride mentre
risponde:
-Il degno figlio di mio padre, dicono… ma anche di mia madre.-
8.
Aveva quasi dimenticato com’è avere il vento sul viso e tra i capelli.
Senza volerlo sorride mentre passa di tetto in tetto appesa al robusto cavo che esce dai suoi
bracciali. Il vecchio costume le sta ancora bene dopotutto ed è bello
indossarlo di nuovo.
Ora è di nuovo la Vedova Nera e ne è felice.
-Qual è la nostra prossima mossa?- chiede a Matt.
-Andare a fare qualche domanda a uno dei pochi che può avere tutte le
risposte.- risponde Devil.
Indica la famigerata
Fisk Tower al cui ultimo piano sono ancora accese le luci.
-Sei pronta per una scalata, Natasha?-
Lei sorride mentre
risponde:
-Amore, sono nata pronta.
A seconda di coloro a cui lo chiedete il suo
nome è James oppure Giacomo Fortunato, ma nel suo ambiente è perlopiù noto come
Jimmy Six. Suo padre è stato l’ultimo dei grandi gangster italoamericani, il
leggendario “Don” Fortunato.
Non è facile spiegare
come ha fatto Jimmy ad arrivare al vertice del crimine organizzato della Costa
Est, diciamo che si era creato un vuoto di potere e lui era l’unico che poteva
riempirlo. Beh… non proprio l’unico. Sono almeno 15 anni che la Polizia, lo
F.B.I. e un’altra mezza dozzina di agenzie federali, per tacere di cinque
procure distrettuali e due procure federali, cercano di dimostrare che Richard
Fisk è in combutta con lui ma non hanno avuto successo.
Ma
questo non ha importanza adesso, non per me e Natasha, quel che ci interessa è
ben altro e molto, molto personale.
Quando
ci vede entrare nel suo ufficio privato Jimmy Six non sembra affatto sorpreso.
-Ma guarda: voi due di nuovo insieme. Da quanto
tempo? Cosa vi porta qui? No, non ditemelo: è quello che è accaduto alla
piccola Murdock, brutta storia.-
-È di mia figlia che stiamo parlando!- esclama
Natasha -E se ci sei tu dietro quello che le è successo, te ne farò pentire
amaramente, palla di grasso.-
Il
cuore di Jimmy Six fa un balzo improvviso. Inspira ed espira almeno un paio di
volte poi risponde in tono apparentemente calmo:
-Io non faccio battute sulla tua cellulite,
Vedova, e tu non farne sulla mia pancia. Per il resto, sia chiaro che io non me
la prendo coi bambini o i ragazzini e di certo non impiego alle mie dipendenze
uno psicopatico come Bullseye… che peraltro ha anche ucciso mio padre.
Quell’uomo mi… inquieta.-
-Non mi importa delle tue inquietudini, Jimmy.-
ribatto -Quello che mi importa è se sai dove trovare Bullseye.-
-Non lo so e se lo sapessi ve lo direi subito.
Quel tipo non mi piace, ve l’ho detto.-
Battito
sostanzialmente stabile: non sta mentendo. Faccio un cenno a Natasha che
capisce, almeno a giudicare dalle sue reazioni corporee.
-Posso fare delle telefonate in giro e se scopro
qualcosa lo faccio sapere alla signora, vi sta bene?-
Ancora
una volta è sincero. Non ho molta scelta, devo fidarmi.
-Ce ne andiamo…-
dico -…ma…-
-Ma se dovessi scoprire che hai fatto il doppio
gioco…- interviene Natasha -… penserò
personalmente a te. Il mio amico Devil crede nella Giustizia ma io… io credo
nella vendetta.-
Mi
chiamano l’Uomo senza Paura ma quando fa così Natasha mi spaventa davvero.
Quel tipo,
Jack Howard, mi dà davvero fastidio. Sembra sapere tutto lui e mi tratta come
un bambino. Non sono più un bambino, ormai, ho 14 anni compiuti.
Lo
sento confabulare al telefono. Si allontana per non farsi sentire ma non sa che
se mi concentro posso riuscire a sentire tutto quel che dice… o lo sa? Mi
guarda in modo strano. Non capisco tutto, purtroppo. Parla in un'altra lingua
che non capisco bene ma sta parlando di me, sta facendo il mio nome… no, non è
così, parla con uno chiamato Mike… sbagliato: è Mikel? Che razza di nome è
Mikel? Greco forse? Ma certo che è Greco, l’avrei capito prima se fossi stato
più attento durante le lezioni. Mamma dice che imparare le lingue è
importantissimo. Lei ne parla almeno dieci credo e scommetto che il Greco è tra
queste.
Jack
si avvicina di nuovo a noi.
-Ho messo in allerta un po’ di
gente.- dice -Se Bullseye è ancora a New York,
e io scommetto che è così, lo scoveranno. A meno che…-
-A meno che?- chiedo.
-A meno che non sia lui a dare la caccia a noi.- conclude
Jack.
9.
L’uomo guida una Porsche Cayman GT4 nera e
contemporaneamente fa una chiamata telefonica.
-Natasha, sono Mikel, mi ricevi?-
<<Forte e chiaro, Mike.>> risponde Natasha Romanoff
<<Ci sono novità sul nostro uomo?>>
-Non molte, purtroppo. Uno dei contatti di mio padre mi ha passato la
notizia che un tizio con i suoi connotati avrebbe ordinato un passaporto a nome
Maxwell Grant.-
<<È lui ma non ha ancora intenzione di fuggire, non senza essersi
vendicato di Devil, ne sono certa. È ancora qui e io lo voglio, Mikel.>>
-E lo avrai, Natasha, te lo prometto.-
L’uomo chiude la
conversazione. Nel frattempo ha raggiunto la sua destinazione: un parcheggio
sotterraneo. Rallenta appena la velocità mentre sembra destinato a schiantarsi
contro una parete davanti a lui… parete che improvvisamente si apre per
lasciarlo passare per poi richiudersi alle sue spalle.
Arrestata l’auto,
l’uomo ne scende e si ferma davanti ad una parete, quindi avvicina gli occhi ad
una specie di fessura.
<<Analisi retina effettuata con
successo.>> dice una voce elettronica <<Soggetto
Fury, Michael Jacob riconosciuto. Bentornato Mr. Fury.>>
La parete si scosta e
il nuovo arrivato si trova in un’elegante sala riunioni. Su una parete
campeggiano vari schermi e su quella opposta è inciso il disegno di un ragno
nero con una sorta di clessidra rossa sull’addome sormontato dalle lettere
dorate B e W.
Ad attenderlo due
uomini di età apparente tra i quaranta e i cinquant’anni. Uno dai capelli ed
occhi castani e l’altro coi capelli biondi e gli occhi azzurri.
-Benvenuto Mikel.- dice il primo -Novità?-
-Speravo le aveste voi, Rick.- replica Mike “Mikel” Fury, figlio della
più nota superpia del globo terracqueo, ora ufficialmente in pensione -Ho
appena parlato con Natasha e vuole che
troviamo Bullseye a tutti costi.-
-Stiamo usando tutte le risorse a nostra disposizione.- replica Rick
Mason.
-Non è abbastanza.- replica Mikel -Quell’uomo ha quasi ucciso la figlia
di Natasha. Non deve passarla liscia.-
-Non accadrà.- sentenzia, deciso, Simon Stroud, ex agente della C.I.A.
e cacciatore di mostri a tempo perso.
Su uno degli schermi
appare una mappa con una serie di punti.
-Ho raccolto tutte le segnalazioni su di lui. Arrivano da diverse
fonti: mondo criminale, polizia, gli aiutanti di Devil a Hell’s Kitchen e
semplici cittadini. Queste sono le zone dove è stato visto. La maggior parte
sono falsi avvistamenti.- una serie di puntini si spegne -Per gli altri il
computer ha elaborato delle simulazioni sul suo possibile itinerario.- un’altra
mappa si sovrappone alla prima -In tutte
si nota una tendenza comune: il luogo.-
-Il Lower East Side!- esclama Mikel -Non ha molto senso. A meno che… lo
Stark Memorial Hospital è lì. Quel bastardo sta andando all’ospedale.-
Apro gli
occhi lentamente. Ricordo a malapena quello che è accaduto. Quel tipo, Bullseye
mi ha ferita ma non mi ha uccisa. Forse non è poi così bravo come dicono.
Ho
la vista ancora annebbiata ma dagli odori che sento è chiaro che sono in
ospedale e non sono sola. C’è un uomo con me.
-Ben svegliata Nathalie.- mi dice.
-Bullseye.- esclamo, o almeno vorrei
farlo perché mi esce solo un filo di voce.
-Esatto ragazzina. Ora io e te
aspetteremo insieme i tuoi genitori e poi tutto finirà, te lo assicuro.-
Quando
arrivo sul posto l’ospedale è circondato dai reparti d’emergenza della Polizia.
C’è persino Codice Blu.
-Zona vietata,
Urich.- mi dice il Tenente Rassitano -Specie ai giornalistI.-
-Bullseye è lì
dentro, vero?- ribatto -Credevo che non l’avremmo mai più rivisto.-
-Lo credevamo in
molti e ci sbagliavamo. È tornato, ha ucciso un medico e due infermieri e preso
quattro ostaggi.-
-Quattro?-
-I due figli della
Vedova Nera, quel vecchio Russo che fa loro da nonno e quel
megamultimiliardario, Howard. Mi chiedo che ci facesse lì,-
Io penso di saperlo ma me ne starò
zitto.
-Cosa vuole
Bullseye?- chiedo.
-Che Devil e la
Vedova Nera lo raggiungano per quello che ha chiamato il confronto finale, poi
libererà gli ostaggi.- risponde Rassitano.
-Non dovrà
aspettare molto, allora.- indico due figure in costume che si stanno
avvicinando all’edificio dell’ospedale -Quelli sono loro.-
Buona fortuna ad entrambi è il mio
unico augurio.
10.
Entriamo nell’ospedale pronti a
qualunque cosa ci attenda. A modo nostro siamo entrambi dei professionisti ma
questo non ci mette al riparo dalle emozioni.
La Vedova Nera sussurra:
-Matt… quando lo
troveremo voglio…-
-Non è il momento
Natasha.- ribatto.
Mi fermo di colpo. I miei supersensi
hanno colto qualcosa: presenze note e un leggero fruscio.
-Attenta!- urlo.
Do una spinta a Natasha appena in
tempo. Un aeroplanino di carta dai bordi affilati le passa accanto mancandola
di poco. Se l’avesse presa le avrebbe tranciato la gola.
-Complimenti per i
riflessi di entrambi.- dice una voce davanti a me, una voce che conosco bene
-Ve la cavate ancora bene, come me. Merito di una vita sana, suppongo.-
-Che cosa vuoi
Bullseye?- chiedo.
-Non è ovvio?-
risponde lui -Io e te l’uno contro l’altro fino alla fine: lo scontro finale
delle epopee epiche.-
-Tu sei pazzo.-
interviene Natasha.
-Davvero? E voi due
che vi ostinate come me ad indossare dei buffi costumi ed ignorare il passare
del tempo, non lo siete, forse? Siamo relitti di un tempo passato, meglio
andarsene in un lampo di gloria.-
-Lascia andare gli
ostaggi.- ribatto -Lasciali andare e avrai la tua battaglia finale.-
- Gli ostaggi? Oh si!
I vostri figli e quell’inutile Russo. Sai, all’inizio avevo pensato di
ucciderli uno dopo l’altro e lasciare voi per ultimi, poi ho pensato che uno
scontro senza pubblico è senza senso. I combattenti danno sempre il meglio di
sé quando qualcuno li guarda. Non fu per non fare brutta figura davanti a te,
Matt, che tuo padre si impegnò per vincere il suo ultimo incontro?-
Non gli rispondo, ma è Natasha a
farlo:
-Quindi è per questo
che sono ancora vivi?-
-Forse li ucciderò
dopo…- replica Bullseye -… ma adesso voglio che vedano la vostra sconfitta.-
-Pensi davvero di
poter vincere contro entrambi?-
-Perché no? Non siamo
più quelli di vent’anni fa, magari. I riflessi sono più appannati e le mosse
più lente, è vero, ma sotto sotto, siamo gli stessi ed è ora di dimostrarlo al
mondo. -
E così è a questo che tutto si
riduce: la vanità, solo la vanità. Ma noi siamo davvero tanto diversi da lui?
-Voglio vedere i miei
figli.- dice ancora Natasha.
-Prego, li ho
radunati nella camera della ragazzina. Potete andare. Vi avviso, però, ho messo
loro addosso una cintura piena di esplosivo se provate a liberarli, salteranno
in aria. Una piccola precauzione per essere sicuro che non facciate scherzi.-
Dice la verità, lo sento. Maledetto: si diverte con me e Natasha come il
gatto col topo.
Entriamo nella stanza dove riconosco
i battiti di Mickey, Ivan, Jack Howard e quello più lento di mia figlia
sdraiata sul lettino. È sveglia. Non avverto su di lei l’esplosivo di cui
parlava Bullseye. Forse lo ha ritenuto superfluo viste le sue condizioni.
-Stai bene Gracie?-
le chiedo.
-Fa male solo quando
respiro, papà.- risponde lei.
Sorrido a quella vecchia battuta. È
una ragazza coraggiosa, forse meritava dei genitori che non la mettessero
costantemente in pericolo ma non c’è nulla da fare per questo ormai.
Mi volto verso Bullseye e dico:
-Siamo pronti.-
È la
prima volta da non so quanti anni che vedo mamma nel suo costume da Vedova
Nera. Sul volto un’espressione che non le ho mai visto. Mi fa quasi paura.
-Tutto a
posto Misha?- mi chiede.
-Sì.-
rispondo -Non ci ha fatto del male… a parte il mal di testa che sento. Non so
cosa mi ha colpito.-
-Ringrazia
il cielo che Bullseye non voleva uccidervi. Ivan?-
-Non è
ancora rinvenuto.- interviene Jack Howard -Per quanto faccia il duro, è il più
vecchio di noi in fondo. E prima che tu me lo chieda, anch’io sto bene.-
Mamma accenna ad un sorriso.
-Ne sono
lieta.- si rivolge a mia sorella -Andrà tutto bene Natushka, stai tranquilla.-
Ci volge le spalle e torna nel
corridoio insieme a papà. Li vedo mettersi in posizione davanti a Bullseye.
Senza parlare lui lancia contro di
loro degli shuriken che riescono ad evitare apparentemente senza sforzo, ma uno
di essi fa uno strappo alla spalla sinistra di papà.
-Il primo
sangue è mio.- proclama Bullseye -È stata
la tua amichetta, quella Elektra, ad insegnarmi l’uso di questi affarini. Ne ho
usato uno per far fuori la biondina.[8]
Ti ricordi di lei?-
Sul viso di papà un’espressione di
odio e collera mai vista prima. Lancia il suo bastone ma Bullseye lo afferra al
volo.
-Troppo
facile.- commenta e rilancia il bastone colpendo mamma all’addome.
Lei si piega in due emettendo un
gemito ma rimane in piedi.
-Eccellente.-
commenta ancora Bullseye -Proprio come speravo.-
Papà salta verso di lui facendo una
piroetta e sferrandogli un calcio al mento- Bullseye cade ma si rialza. Subito
dopo.
-Fate del
vostro peggio.- sfida.
Mamma spara un colpo del suo Morso
di Vedova ma Bullseye lo evita e le afferra il polso per poi torcerglielo e
farle sparare un altro colpo verso papà che si abbatte a terra.
-Matt!-
urla mia madre.
Bullseye le sferra un colpo al collo
col taglio della mano lasciandola a terra, svenuta.
-Troppo
facile.- borbotta -Non mi sono divertito. Ora pensiamo ai ragazzini.-
E si gira verso di noi.
Quel
maledetto ha battuto papà e mamma con l’inganno e ora li sta trascinando qui.
Vuole ucciderci e poi ucciderà loro. Non posso permetterglielo, non posso.
Scendo dal letto cercando di
ignorare il dolore al petto ma la testa mi gira e le gambe non mi reggono.
Cado.
Nathalie Grace Murdock sei una pappamolla.
-Sciocca
ragazzina!- esclama, in tono divertito, Bullseye -Ci hai provato ma ti è andata
male. Forse dovrei ucciderti per prima.-
-NO!-
Pur con la vista annebbiata vedo mio
padre afferrare la caviglia di Bullseye e farlo cadere sul pavimento della
stanza. Lui scalcia ma papà evita il colpo.
Vorrei poter dire qualcosa,
incoraggiarlo, ma lo fa Mickey per me:
-Così,
papà, abbattilo!-
Vedere papà in azione è uno
spettacolo. Tutte le mosse che ci ha insegnato sono messe in pratica davanti ai
miei occhi ma sono preoccupata perché so che se perderà questo scontro morirà.
Non voglio che accada: lui e la mamma non possono, non devono morire.
Li sento ansimare mentre si
colpiscono. Forse mio padre è, come dicono alcuni, troppo vecchio per
continuare a fare il supereroe ma il suo avversario non è certo più giovane di
lui. Abbattilo papà, so che puoi farcela
Non so come, ma Bullseye ha una
penna in mano e sta per conficcarla nel collo di papà quando qualcosa lo
colpisce al polso: mamma è di nuovo in piedi ed ha appena sparato col suo Morso
di Vedova.
-Non
avresti dovuto dimenticarti di me, bastardo.- afferma.
Papà approfitta del momento di
disorientamento di Bullseye per colpirlo una volta, due, tre, finché non è a
terra svenuto.
-Lascialo
a me. Matt.- dice mamma -Eliminerò una volta per sempre la sua minaccia.-
-No!-
ribatte papà -Faremo le cose secondo giustizia. Legalo per bene mentre io
disattivo le cinture esplosive.-
Mamma sembra riluttante ma alla fine
fa come ha detto papà ed in pochi minuti lui ha liberato tutti dalle cinture
esplosive. Solo allora si avvicinano entrambi a me.
Papà mi solleva per rimettermi a
letto e mamma mi chiede:
-Tutto a
posto, tesoro?-
Li guardo entrambi e sorrido mentre
rispondo:
-Adesso
sì.-
11.
Le porte dell’ascensore si spalancano e ne esce la
mia gemella su una sedia a rotelle.
-Sorpresa!-
gridiamo tutti in coro.
Beh, non proprio tutti: quello snob
di Normie Osborn resta silenzioso e un po’ in disparte, ma chi se ne frega
dopotutto?
Jack Howard avanza portando un
pacchetto.
-Non
capita a tutti di essere il bersaglio di Bullseye e sopravvivere. La cosa merita un premio.- dice sorridendo.
Lei apre freneticamente il pacco e
ne estrae…
-Un
costume? È mio?- esclama.
-Ho
parlato con una certa disegnatrice di moda e abbiamo convenuto che quel
costumino che ti eri fatta da sola dimostrava un certo talento che andava
coltivato e che con un po’ di modifiche qua e là sarebbe andato benissimo. Al
momento opportuno sarà tuo.-
-E
quando sarebbe il momento opportuno?-
-Diciamo
quando avrai compiuto i diciotto anni.- interviene mamma -Intanto tu e tuo
fratello vi allenerete sotto la supervisione mia e di vostro padre.-
Questa sì che è un’ottima notizia.
-Ma senza
trascurare i vostri studi, questo è chiaro.- interviene papà.
Sapevo che c’era il trucco.
-Non
potremmo fare 16 anni?- ribatte Nathalie.
Mamma guarda verso papà che abbozza
un sorriso.
-Vedremo,
Natushka.- dice infine lei -Dovremo anche trovarvi dei nomi in codice. Di
Vedove Nere ce ne sono già troppe.-
-Beh, per
ora io mi accontenterei che tu e papà vi metteste intanto d’accordo su come
chiamarci adesso: Michael e Nathalie, Mickey e Gracie, Misha e Natushka.
Abbiamo tanti di quei nomi da confonderci le idee.-
Mi viene da ridere e gli altri
seguono il mio esempio.
Tutto è bene quel che finisce bene, diceva il Bardo di Stratford.[9] Oggi è vero
per me e per tutti coloro che sono qui, nell’attico di Natasha per festeggiare
il ritorno di mia figlia dall’ospedale.
Il mio vecchio amico Foggy mi si
avvicina e mi sussurra:
-Forse ti farà
piacere sapere, Matt, che Bullseye è rinchiuso in una cella speciale da cui non
uscirà facilmente.-
-Il che non
gli ha impedito di riuscirci in passato.- replico amaro -Voleva un confronto
finale ma temo che lo abbiamo solo rimandato.-
-Potevi
ucciderlo o lasciare che lo uccidessi io.- interviene Natasha -Il problema
sarebbe stato risolto una volta per sempre.-
-Non sono cose
da dire davanti ad un giudice.- commenta Foggy un po’ imbarazzato.
-I crimini non
commessi non sono crimini, giusto?- replica serafica Natasha -In ogni caso, per
me non sarebbe stato un crimine liberare il mondo da uno come Bullseye.-
-Io non agisco
così, Natasha.- ribatto -Ci sono dei limiti che non posso e non voglio
superare.-
-Ed è forse
per questo che non riusciamo mai a stare insieme molto a lungo: abbiamo limiti
differenti.- commenta Natasha accarezzandomi, d’impulso, il viso -Ma insieme
abbiamo fatto qualcosa di buono, non è vero?-
So che il suo sguardo si posa sui
nostri figli e sento le loro voci, le loro risate e mi viene spontanea una
domanda:
-Che mondo
stiamo consegnando loro? Che cosa li aspetta?-
Natasha mi stringe la mano e
risponde:
-Non lo so e
credo se lo chiedano anche Foggy e Liz per i loro figli. Noi abbiamo fatto
quello che potevamo, il resto sta a loro. Il futuro appartiene a loro.-
E non posso che essere d’accordo con
lei
L’uomo scende da un aereo privato in un
piccolo aeroporto del New Jersey. A prima vista è difficile non rimanere
impressionati da quest’uomo calvo, di età indefinibile e decisamente grosso. Si
sbaglierebbe, però, a ritenerlo semplicemente grasso: la maggioranza dei suoi
200 chili di peso è ancora adesso composta da robusti muscoli e non sarebbe
davvero piacevole per voi se la sua mano provasse a schiacciare la vostra.
Anche il bastone da passeggio con cui sta giocherellando non è quello che
sembra, perché è in grado di sparare un raggio laser sottile ma distruttivo.
L’uomo che gli si avvicina gli si rivolge con
un malcelato timore reverenziale:
-Tutto è pronto ma temo che abbiano sospetti sulla sua presenza qui,
signore.-
-Non ha molta importanza, ormai.- replica lui -Era scontato che in
molti non avrebbero creduto alla mia presunta morte e si sarebbero preparati al
mio ritorno. Ci contavo, anzi: ha i suoi vantaggi essere una leggenda
dopotutto.-
-Cosa intende fare?-
-Per ora godermi di nuovo l’aria della mia città. Al resto penserò
domani.-
E senza dire altro,
Wilson Fisk, meglio noto come Kingpin, sale sulla limousine che lo sta
aspettando con destinazione New York.
FINE
NOTE DELL’AUTORE
Spero
che abbiate gradito questa storia insolita che ci ha permesso di gettare uno
sguardo su un futuro possibile per i nostri eroi. Un modo per festeggiare
degnamente 15 anni di Marvelit.
Ci sarebbero tante cose da dire su
questo futuro che per forza di cose sono rimaste inespresse o non approfondite.
Per esempio: chi sono i cosiddetti Daredevils che aiutano Devil a tenere Hell’s
Kitchen libera dal crimine e cosa fanno esattamente? Cos’è esattamente
l’organizzazione segreta diretta dalla (ex?) Vedova Nera? Chissà che non capiti
l’occasione di farlo.
Nel frattempo qualche parola su un
paio di personaggi:
1)
John Harold Howard è un personaggio
inventato dal mio amico d’infanzia Giampiero Sinatti quando, da ragazzini, ci
divertivamo ad inventare racconti con protagonisti i supereroi Marvel. Quei
racconti, spesso solo orali, sono purtroppo ormai quasi tutti perduti ma molti
concetti e personaggi di allora li ho rielaborati per le mie storie attuali.
Jack ha un legame speciale con Natasha Romanoff ma quale sia la natura esatta
di questo legame verrà approfondito in altra sede, per così dire. Suppongo,
però, che in molti l’abbiano indovinato. -_^
2)
Mikel o, per usare il suo nome
americanizzato, Michael Jacob Fury, è il figlio di Nick Fury e della spia Amber
d’Alexis (con un nome simile come poteva non essere una spia maliarda e
seduttrice? -_^) con cui Nick ha avuto una breve relazione durante una missione
per conto della C.I.A. e solo in tempi recenti hanno entrambi saputo della
reciproca esistenza. Mikel è stato creato da Archie Goodwin & Howard
Chaykin nella Graphic Novel “Wolverine & Nick Fury: The Scorpio Connection”
datata agosto 1989.
Le
avventure dei nostri eroi continuano, nel loro presente, nelle serie loro
dedicate. Vi aspetto lì, non mancate.
Carlo
[1] Su Daredevil MIT #9 e seguenti.
[2] Web of Spider Man #84/89 (In Italia su L’Uomo Ragno, Marvel Italia, #147/148).
[3] Come ben sa chi ha letto il nostro Devil #50.
[4](Provisional) Irish Republican Army. Organizzazione paramilitare con base nell’Irlanda del Nord attiva tra il 1969 e il 2010.
[5] Alla tua salute.
[6] Collegati, forse, a quanto visto nello Speciale Marvel Knights Next?
[7] Vezzeggiativo di Michael in Russo.
[8] Karen Page, allora ragazza di Matt. Su Daredevil Vol. 2° #6 (In Italia su Devil & Hulk #66).
[9] Ovvero William Shakespeare.