Marvelit presents:
Uomo Ragno #45.
Phade away...#1.
di Yuri N. A. Lucia
New York. Ore 8.00 a.m.
Non
voleva far tardi al primo giorno di lavoro dopo la lunga convalescenza, anzi!
Desiderava davvero tornare alla normalità, dopo quello che era successo. Per
questo aveva indossato il costume e
preso la solita scorciatoia per far prima.
Nonostante
il lanciarsi in quelle acrobazie velocissime, ad altezze da urlo, gli donasse
il piacere che tanto gli mancava, continuava a provare un’intensa sensazione di
disagio che proprio non riusciva ad eliminare... Quale ne fosse l'origine, era
facile da intuire, come eliminarla era un'altro paio di maniche.
Mentre
scendeva verso il basso, quasi a volare tra le macchine del traffico dell'ora
di punta, acuito dalle strade chiuse per lavori dopo la Crisi Scorpione, il
senso di Ragno vibrò, con notevole intensità. E lui, rispondendo con grande
rapidità, si lanciò verso l'alto…evitando all’ultimo momento il corpo diretto
contro di lui!
L’Uomo
Ragno virò verso l'alto per intercettarlo e, senza perdere la calma, aspettò
che gli fosse vicino, evitandolo dandosi un potente slancio all'indietro, ed
agganciandolo con il palmo della mano. Si ritrovò in corsa con il misterioso
assalitore, ad una velocità di circa
450 Km/h.
La figura
misteriosa eseguì diverse manovre per toglierselo di dosso…peccato che
ignorasse quanto le capacità di adesione molecolare del suo avversario
rendessero arduo quel compito. Alla fine fu costretto a rallentare e da come
ondeggiava il capo, protetto da un elmetto dalla forma allungata, il Ragno
dedusse che doveva avere un gran brutto voltastomaco dopo tutte quelle
giravolte.
"Ehi!
Tutto qua?! Io ho pagato il biglietto per un giro di almeno mezz'ora e tu dopo
neanche cinque minuti getti la spugna!"
"Stai
zitto... lurido arrampicamuri..."
"Gee!
Ma chi sei? Uno di quelli del fan club di Jameson?"
"Tappati
la bocca!"
"Come
sei scortese! Chi potrebbe mai crederlo? Ti facevo un tipo dall'animo sensibile
visto il tuo gusto nell'abbinare i colori..."
Il
nemico indossava un'armatura hi-tech il cui design non gli era completamente
nuovo. A giudicare da quanto era silenzioso il suo sistema di propulsione
avrebbe giurato trattarsi di particelle beta. Non gli sembrava metallo,
piuttosto una qualche sostanza ceramica. Sui bracciali erano montate quattro
bocche di fuoco con canne da 11mm, un bel calibro se si vuol essere sicuro di
mandare al creatore qualcuno. Un piccola telecamera, protetta da un gabbiotto
trasparente, era posta sul lato del casco. Quello che lo lasciava allibito era
la scelta cromatica: un marroncino chiaro, con due bande laterali giallo
limone, una sulla scocca dell'elmo, con
una striscia centrale blu elettrico, in tono con il simbolo a forma di freccia
sui guanti. Mentre ruotava, aveva visto riflesso sui vetri di un palazzo quella
che sembrava una ‘T’ stilizzata disegnata sul petto, color pesca con sfumature
scure.
"Smettila
di fare battute del cazzo! Hai trovato chi ti farà fuori, sporco
aracnide!"
"Ah,
andiamo bene, uno non fa in tempo a tirare il fiato che subito qualcuno vuole
la sua testa! E chi sarebbe l'uomo che mi manderà da San Pietro?"
"Trapster!"
"Cosa?"
Era
rimasto stupito dalla sua presentazione. Non tanto per il ridicolo tono
intimidatorio della voce filtrata che aveva inserito mentre lo pronunciava,
tanto perché non si capacitava che qualcuno avesse potuto scegliere quel nome.
"Hai
sentito o sei sordo, idiota che non sei altro?!"
"A
sentirci ci sento molto meglio di te, amico mio. Però devo darti una brutta
notizia. Il nome è stato già opzionato un po' di tempo fa e conoscendo Pete,
faresti meglio a cambiarlo, potrebbe aversene a male sai? Potresti usare il suo
vecchio nick... Uomo Colla? Che ne dici? Per caso da quelle bocche spari
qualche tipo di colla?"
"Io
ti ammazzo, lurido..."
"Se
vuoi, a casa ho un po’ di Pritt e di Vinavil che mi avanzano e..."
"Ora
sei morto!!!!"
Ruotò
vorticosamente su sé stesso,ma l'Uomo Ragno era già saltato verso l'alto.
Lanciò le tele, che cominciarono ad avvolgerlo, come il filo da cucito sul
rocchetto, e prima che Trapster si potesse rendere conto dell'errore tattico,
era già intrappolato in un bozzolo di ragnatela. Tornando verso il basso,
l’Uomo Ragno lo tirò giù usando il suo stesso peso e sparò un'altra tela alla
facciata di un grattacielo. La tela smorzò la caduta come un cavo per il
Bouncee Jumping, permettendogli di posarsi delicatamente a terra, un po' più
brusca fu la caduta del sedicente Trapster che urlò per la sorpresa e la
frustrazione.
"Non
ci provare amico. La mia ragnatela è molto resistente quando si solidifica.
Ritieniti fortunato che tra un'ora, secondo più secondo meno, si scioglierà.
Fino ad allora ti consiglio caldamente di non divincolarti o ti ci troverai
ancora di più invischiato."
Peter,
nei giorni in cui era stato ospite di Rucker, aveva impiegato il suo tempo per
apportare una modifica alla formula della ragnatela sintetica. Si trattava di
qualcosa a cui aveva già pensato ma non avuto l'occasione di sperimentarla. Il
risultato era stato ottimo, l'aumento della resistenza e dell'elasticità era
stato del 15%, sicuramente, provando ancora, avrebbe potuto migliorarlo
ulteriormente.
"Allora
caro, ora che ti sei calmato, pensavo si potesse parlare come persone civili.
Ti va?"
Intorno
a loro si era formata una folla di persone, incuriosite per quello che era
successo. Alcuni di loro erano scesi dalle macchine e gli gridavano, "Sei
stato grande con lo Scorpione! Hai le palle che ti fumano amico!"
"Grazie
per averci salvato! Con tutte le stronzate che hanno sparato sul tuo conto in
passato, se ci avessi voltato le spalle nessuno avrebbe potuto biasimarti.
Invece sei rimasto al tuo posto e hai fatto il tuo dovere!"
"Se
non hai la ragazza bello, ci sono quì io per farti rilassare quando ne hai
bisogno!"
"Sai
che con quella tutina sei delizioso? Che ne dici di provare qualcosa di diverso
dalle solite ragazze..."
"Hai
salvato mia zia due mesi fa mentre..."
Le
parole si confondevano e si sentiva sconcertato. Non era la prima volta che
qualcuno gli si dimostrasse grato ma mai aveva assistito ad un'esplosione
d'entusiasmo collettiva per la sua persona. Gli si avvicinarono, cercando di
non accalcarglisi troppo addosso, toccandolo, dandogli pacche sulle spalle,
qualcuno gli pizzicò rapidamente il sedere ritraendo in fretta la mano.
Scherzavano con lui, gli dicevano cose incoraggianti. Quando arrivarono i
poliziotti si aspettò che gli avrebbero gridato qualcosa come ehi fermo là!
Oppure, non provare a muoverti. Infondo era quasi sempre andata così.
"Ciao,
Ragno! Abbiamo saputo della tua prodezza. Mezza New York lo sa."
"Mezza New York?"
Si
guardò improvvisamente intorno. Era lontanissimo dal lavoro, a causa
dell'idiota che aveva cercato di fargli la pelle.
"Non
finirà così!"
Si
voltarono tutti verso il fagotto grigio chiaro da cui spuntavano due piedi e
una calotta lucida.
"Sei
morto amico! Non sono l'ultimo!"
"Ah
no? E chi sarà il prossimo? Capitan
Elettronico?"
"Ridi
pure! Ma sei segnato!"
"Eh
chi mi avrebbe segnato, sentiamo un po'?"
Ma
quello si chiuse in un ostinato silenzio. Avrebbe voluto strapazzarlo per
qualche minuto ma non poteva, visto tutte le persone che c'erano.
Il
poliziotto che gli aveva parlato prima disse, "Non preoccuparti di lui,
ora ci pensiamo noi e stai tranquillo: se ti serve aiuto, rivolgiti pure alla
polizia di N.Y.C."
Era
disorientato per la cordialità di quella frase, si limitò a ringraziare
portandosi una mano alla nuca e spiccò un balzo tra gli applausi della folla.
"Accidenti, Martin, hai visto come ha ridotto
questo salame?"
"E'
un grande, te l'ho detto. Mio cugino è stato ferito dal quel verme di
Scorpione, e forse dovrà aiutarsi per il resto della vita con un bastone per
camminare. Se non ci fosse stato lui, chissà quanti altri avrebbero sofferto.
Te lo dico io, invece di tutti i mandati di cattura che hanno emesso in passato,
dovevano dargli una medaglia, per ogni volta che ha salvato qualcuno."
Laboratorio. Ore 9.30 a.m.
Giustificare
il suo ritardo non era stato difficile. La città si leccava ancora le ferite
per gli eventi delle passate settimane. La pioggia che l'aveva colpita aveva
prodotto notevoli danni e Gargan aveva aggravato ancora di più la situazione.
Non era difficile credere che fosse rimasto imbottigliato nel traffico, visto
che era successo a quasi tutti quanti.
Si
concesse un attimo per tirare il fiato e riflettere sulla situazione. Quello
che Trapster gli aveva detto lo aveva scosso più di quanto non desse a vedere.
Nei giorni scorsi si era chiesto chi fosse stato a potenziare in quel modo lo
Scorpione e se non ci fosse un qualche nesso con quanto successo in precedenza.
Rucker
diceva che da quanto risultava dai documenti che gli erano stati passati, i
Jong avevano fatto molti acquisti anche nel campo della bioingegneria, e sul
loro libro paga c'erano i nomi di alcuni esperti del settore, spariti dalla
circolazione da qualche anno. Tra questi spiccava il nome di uno che aveva
lavorato alla Volta e prima ancora al Progetto Pegaso…
Peter
prese il campione sul vetrino e lo pose sotto il microscopio digitale,
avvicinando l'occhio al mini schermo. Manipolò con il pollice e l'indice i
comandi posti sul tavolo, ed esaminò attentamente la struttura polimerica
prodotta l'ultima volta e ancora perfettamente conservata. Un vero successo!
Rifletté amaro. Avrebbe dovuto essere felice del suo personale trionfo; quanto
da lui realizzato avrebbe potuto significativamente potuto migliorare la
qualità della vita del genere umano nei prossimi dieci anni, ma dopo tutto il
sangue e l'orrore che aveva visto…
Allontanò
la testa e si coprì, per pochi istanti, gli occhi con la mano. Nonostante tutti
i discorsi che gli avevano fatto, gli incubi erano tornati, e vedeva di nuovo
il povero Joe falciato dai proiettili. Il ragazzo al molo che gli era morto tra
le braccia. La povera Ilya che giaceva su un letto d'ospedale. E sopratutto i
bambini in quel pullman. Cercò di focalizzare altre immagini, anche se era
un'impresa persa in partenza.
"Signor
Parker?"
Era la
sostituta segretaria che lo aveva chiamato, si dirigeva verso di lui con il
telefono in mano. Gli disse che c'era una chiamata per lui porgendogli
l'apparecchio. La ringraziò e lei se ne andò dopo avergli sorriso.
"Ciao...
Peter."
"Ilya!"
Aveva
pensato che fosse M.J., forse voleva vederlo per parlargli, per chiarire la
situazione tra di loro, per chiedergli ancora una volta che cosa volesse fare.
"Scusa
se ti ho disturbato. Ho chiamato prima per sapere se oggi... saresti stato in
laboratorio e... mi hanno detto di sì. Non eri ancora arrivato così ho provato
a richiamarti adesso e... volevo ringraziarti per essermi venuta a trovare in
ospedale, per i fiori e per l'interessamento. Mi hanno detto... che nei giorni
passati, ho saputo cosa è successo, sei rimasto ferito..."
"Niente
di grave, solo qualche graffio! Non devi ringraziarmi di niente io... scusa...
avrei voluto venirti a trovare più spesso solo che... oddio è bellissimo
sentirti! Ho provato a chiamare a casa tua quando ho saputo che eri stata
dimessa ma... non mi rispondeva nessuno."
"Sono
stata un paio di giorni da una zia di Rachel, fuori città, sai, per rimettermi
un po'..."
"Ah,
ti capisco bene..."
Sorrise,
sentendo un dolce tepore diffondersi nel petto. Anche se in parte se ne sentiva
imbarazzato, non riusciva a non pensare che sentire ancora la sua voce fosse
bellissimo. Sapere che ora era fuori pericolo era...
"Senti...
volevo chiederti... ti va di vederci? Intendo per un caffè... quì nel mio
appartamento. Magari porta anche tua moglie... così... passeremo un po' di
tempo chiacchierando e poi... Rachel vuole il suo autografo. Era entusiasta
della sua interpretazione di Moulen Rouge lo sai? E' bravissima, una vera
grande star..."
"Oh...
si ehmm... si glielo dirò... dimmi quando posso... possiamo passare."
Al
momento non gli sembrava il caso di parlare telefonicamente dei suoi problemi
coniugali. Non dopo quello che lei aveva passato. Si misero d’accordo e quando
riabbassò la cornetta si sentì rilassato. Guardò con soddisfazione il
microscopio, poi di colpo, la mente tornò alla minaccia ricevuta quella
mattina. Che qualcuno gli avesse messo una taglia sulla testa? I Jong stavano assoldando
altri super criminali per farlo fuori? Il suo sguardo si incupì. Quella storia
doveva terminare. Si era già ripromesso di chiudere i conti con loro, ed era
ora di mantenere la promessa.
Forest
Hill. Ore 15.30 p.m.
Mary
Jane sperava che nessun regista la vedesse in quel momento, altrimenti
difficilmente avrebbe ottenuto una parte in qualsiasi film. La sua finzione nel
prestare attenzione alle parole del suo agente era penosa. Non riusciva a
concentrarsi, tutta la situazione era troppo, anche per lei.
Sua
sorella Gayle, pur non sapendo niente, si era accorta che qualcosa non andava e
le aveva chiesto, vincendo l'imbarazzo, se avesse voluto passare qualche giorno
con lei e i nipoti. Del resto sarebbe stata una buona occasione per far
conoscere a May i suoi cugini. Avrebbe voluto lasciarsi andare ad un urlo
liberatorio ma il prezzo sarebbe stato, con tutta probabilità, un internamento
in qualche manicomio.
"C'è
qualcosa che non và?"
"No...
tutto a posto."
"Ti
vedo... distante. Forse è meglio che ne riparliamo più avanti, per quanto
riguarda la partecipazione al film. Così avrai anche il tempo per valutare
meglio l'offerta. So che non è un bel periodo... quello che è successo davanti
al teatro, proprio durante la prima, e il ferimento di tuo marito... devono
averti scosso molto. Però Mary... voglio essere onesto con te... credo che tu
debba andare avanti. Questo è il momento migliore, non puoi tirarti indietro:
sei la protagonista del musical più atteso dell'anno in teatro, ci sarà una
lunga tournee e tu lo sai."
"Si."
Rispose
semplicemente lei, con il suo sorriso disarmante.
"Bene.
Sono felice che tu ne sia consapevole. Sei un talento M.J.... uno di quelli
veri. Dobbiamo stringere i denti proprio adesso, perché non possiamo
permetterci di buttare alle ortiche tutte quello per cui hai sudato in questi
anni. Ora, ti dico cosa faremo: intanto, ci aggiorniamo tra un paio di giorni,
così hai il tempo per startene un po' a casa con i tuoi. Poi, prima di
riprendere il lavoro in teatro, ti fai una settimana di vacanza da qualche
parte... OK?"
"OK...
ti ringrazio davvero tanto..."
Era
rimasta sola... non solo fisicamente. Si sentiva distante da tutto e tutti in
quei giorni. Aveva visto il marito praticamente tra le braccia della morte e si
era illusa, che insieme al miracolo di averlo riavuto vicino, avrebbe avuto
anche quello di vedere che tutto si sarebbe aggiustato. Ma non era così. Certo,
le cose andavano meglio, avevano parlato, invece di urlare. Ma qualcosa era
cambiato tra loro.
Peter...
era cambiato. Sembrava invecchiato certe volte, curvo sotto il peso che gli
gravava sulla coscienza. Si infilava troppo spesso quel costume come se... come
se cosa? Come se stesse cercando di sfuggire a sé stesso? Alla sua natura
umana? Lo aveva già pensato... ora ci ripensava di nuovo.
Chi
dei due era il travestimento dell'altro? L'Uomo Ragno... o Peter Parker?
Mary
Jane scosse la testa: stava di nuovo fuggendo dall'evidenza. Indipendentemente
dai problemi dell'uomo che amava... anche lei era cambiata, e molto. Un tempo
avrebbe incassato, senza dire una parola o limitandosi ad una scrollata di
spalle. Ma le cose non possono andare avanti così in eterno e non si può tutta
la vita sforzarsi di far in modo che ci sia un lieto fine per ogni avvenimento
brutto.
Lui si
era allontanato, per terminare la sua crociata contro quella famiglia mafiosa
cinese, ma lo aveva fatto anche per capire, perché aveva necessità di guardare
le cose in un'altro modo, ne era sicura. Stava reagendo, in un modo che la
faceva soffrire, ma stava reagendo, perlomeno. Lei? Aveva sfogato la sua
amarezza piangendo in silenzio, allontanandosi da lui per punirlo, odiando un
costume perché non riusciva ad ammettere che era l'uomo sotto ad odiare. Le
cose dovevano cambiare. Dovevano assolutamente cambiare. La porta si aprì ed
entrò May, che aveva fatto di corsa le scale per abbracciare la mamma. Non
aveva sentito Anna e sua figlia rientrare per quanto era presa dai suoi
pensieri.
"Maaaammaaa!
Guarda cosa mi ha comprato la zia!!!"
Le
mostrò un cavallino di peluche, tutto nero con una macchia bianca sulla fronte.
"E'
bellissimo amore mio! Vieni qua, lascia che ti abbracci!"
La
strinse a se, posando le sue labbra sulla piccola fronte. Qualsiasi cosa
sarebbe successo, May sarebbe sempre stata al primo posto.
Manhattan. Russel Palace. Ore
22.00. p.m.
Teneva
la schiena appoggiata contro la parete, rannicchiato ed attento a non fare
rumore. La stanza era poco illuminata, solo una lampadina al neon per quel
grande ambiente. Il fumo l'aveva quasi completamente saturata e delle figure
parlavano nervosamente tra di loro. Peccato che non capisse il cinese, avrebbe
potuto scoprire cose interessanti.
Stavano
portando via diverso mobilio e si preparavano a gettare nel tritarifiuti una
montagna di carta. Avevano strappato i fogli da enormi registri, o presi da
eleganti cartelle di pelle. Quella, fino a qualche giorno prima, era stata la
sede della Feng Ju - International Management, una delle tante attività di
comodo dei Jong, una delle più importanti, a dire il vero, visto che era quella
che si occupava del rifornimento di armi agli uomini di stanza nella City.
Dopo
quanto era successo, i loro movimenti erano divenuti decisamente più cauti e le
azioni notevolmente limitate, il che era sospetto, se si pensava che stavano
per scatenare una guerra criminale senza precedenti. Un'altro indizio della
loro implicazione nella vicenda? Oppure solo prudenza, adesso che le altre
famiglie malavitose, inseguito all'uccisione del vecchio Gambini, cominciavano
a superare i propri dissensi per allearsi e prepararsi a far fronte ai nuovi
venuti?
Fatto
è che i Jong stavano chiudendo molte delle loro aziende. Probabilmente ne
aprivano altre, ancora meno visibili, quindi toccava seguire tutti i sentieri
possibili, finché c'erano ancora. Un debole segnale acustico risuonò nella
maschera. L’intruso estrasse dalla cintura il piccolo comunicatore da lui
costruito e regolato su una speciale frequenza.
"Quì
Ragno,” sussurò. “Tutto OK, sono invisibile. Stanno confabulando ma non capisco
niente, è tutto in cinese. Mi appresto a montare Minnie. Passo."
"Ragno,
quì Rucker, monta Minnie e poi vieni via di lì che andiamo a farci una birra.
Passo."
"Roger.
Ma sono astemio, ti toccherà offrirmi qualcos'altro. Passo e chiudo."
Le
componenti le aveva inserite in alcune tasche portaoggetti che si era
assicurato intorno alla vita ed alla coscia destra. Montò rapidamente ‘Minnie’:
anche quella era frutto del suo ingegno. Ultimamente si era dedicato alla
costruzione di congegni elettronici, visto che si era reso conto di aver perso
un po' la mano con certe cose. Un tempo, oltre alla formula della ragnatela,
aveva progettato e realizzato da solo i suoi bracciali, migliorandoli con il
passare degli anni. Era rimasto un po' indietro ma gli ci era voluto poco per
aggiornarsi sulle ultime tecnologie, Dio benedica Internet, nonché l'ampio
accesso alle risorse del laboratorio e al loro data base.
Si era
servito di fibra di carbonio per il contenitore, aveva posto un piccolo
generatore di campo che imitava grosso modo il suo potere d'adesione, rendendo
difficile che una scossa improvvisa facesse cadere la sua invenzione, anche se
era decisamente meno efficiente della sua abilità. Aveva la forma di un uovo
lungo 3cm, largo 2, sulla cui estremità inferiore era montata una parabola del
diametro di quattro, il tutto colorato di nero. Era in grado di captare anche i
suoni più deboli, in un raggio di 100 metri, e trasmetterli, sulla stessa
frequenza usata dal suo comunicatore, ad un ricevitore distante anche
chilometri. Invece ora era sotto il palazzo, parcheggiato sotto un alberello di
un'elegante viale. Sperò che l'agente Zeng Lang sentisse forte e chiaro come si
aspettava e captasse qualcosa di importante nei loro discorsi.
"Allora Zeng, qualcosa di interessante?"
"Direi
di sì signore. Parlano in dialetto e capirli mi è difficile, ma sembra che
parlino di nuovi acquisti ad una... fiera... o una specie di esposizione... si
svolgerà in... Europa... ma forse o non capisco io in quale posto esatto o non
lo sanno neanche loro. Parlano anche di un tipo... Weird... che ha incontrato
la settimana scorsa il responsabile della distribuzione... insieme a Jingu...
per verificare che i nuovi fucili che aveva portato l'altra volta funzionassero
bene... parlano di problemi per il capo... dicono che i vecchi Draghi sono
agitati e scontenti... ora uno dice che... deve prepararsi e andare al palazzo
della Tao - Export Import... per ricevere..."
Rucker
era soddisfatto, stavano prendendo un sacco di preziose informazioni. Nel
rapporto ricorreva più volte il nome della Quest Inc., il misterioso gruppo che
stava procurando, negli ultimi sei mesi, armi e dispositivi d'alta tecnologie a
diverse organizzazioni criminali in tutto il mondo.
Di
loro si sapeva poco e niente, erano estremamente sfuggenti e sapevano nascondersi
bene, ora invece avevano un indizio importante, a New York c'era un loro
uomo... quel tale Weird era la chiave per risolvere una questione importante…
Rucker
si accese l'ennesima sigaretta, soffiando un paio di anelli quasi perfetti,
compiacendosi per la sua bravura in quel giochetto. Guardò in su, alle finestre
dove c'era l'ufficio e si disse che non c'era altro modo di agire. Anche se il
ragazzo si era ripreso da poco da una brutta batosta, dovevano affidarsi a lui,
l'unico in grado di entrare in un posto così sorvegliato senza farsi notare.
La
porta si spalancò all'improvviso, facendolo sobbalzare. Udì delle urla nella
sua lingua.
"Allora!
Dov'è Johnny Wu?! Voglio parlare con lui! Ditegli di sbrigarsi a venire quì,
altrimenti combino un casino che non ve lo scordate più!"
Da
dove si trovava non riusciva a vedere bene la scena, distingueva una sagoma
piuttosto alta, vestito con un'armatura leggera color amaranto, con degli
assurdi quadrati verde mela come decorazione. I guanti erano di metallo, così
come l'elmetto che lasciava solo la bocca scoperta. Si chiese se ci fosse
un'epidemia di cattivo gusto tra i criminali in calzamaglia negli ultimi tempi,
o semplicemente se fosse lui a non capire la moda corrente.
"Capitan
Elettronico! Che piacere averti quì!"
Sgranò
gli occhi sotto la maschera, gli sembrava impossibile che qualcuno potesse aver
scelto davvero un nome così cretino.
"E
il prossimo chi sarà? - si chiese silenziosamente. - Capitan Boomerang?"
"Poche
chiacchiere Wu! Mi volevi scaricare eh? Avevamo un accordo, voi mi fornivate i
mezzi ed io facevo dei lavoretti per voi. Ho supervisionato la tratta per la
merce e non ci sono stati casini mi pare. Poi mi avreste fornito l'attrezzatura
supplementare... ed io avrei fatto fuori il Ragno di merda!"
Ora il
quadro cominciava ad essere chiaro, dovevano essere stati loro ad assoldare
quel Trapster, e a fornirgli l'armamentario, in cambio della sua eliminazione.
Se stavano assoldando questi tipi, perché non avrebbero dovuto fare lo stesso
con Gargan? La sua armatura era molto più sofisticata e resistente di quelle
avute in passato, e nessuno dei vecchi committenti per cui aveva lavorato
gliela aveva fornita.
Ultimamente
era stato un po' in ribasso nel mondo dei mercenari, vista la sua palese
inaffidabilità e le innumerevoli sconfitte accumulate. Rucker aveva detto che
l'esame degli esperti, rivelava che in essa era contenuta tecnologia trafugata
allo S.H.I.E.L.D. qualche anno fa, la stessa, che sempre secondo le sue fonti,
ultimamente utilizzavano i Signori della Droga colombiani per difendere le loro
piantagioni.
"Ascolta!
Io voglio la mia occasione di diventare celebre! Se avete dato l'incarico a
quel demente di Trapster perché non dovreste darlo anche a me?! Il balordo è
sfiancato dal combattimento con lo Scorpione, ne sono certo, non sopravvivrebbe
all'attacco di un vero professionista come il quì presente!"
"Mi
dispiace doverti deludere, però i capi hanno deciso, momentaneamente, di
sospendere il progetto per l'eliminazione del Ragno... dobbiamo aspettare che
le acque si quietino... non sono soddisfatti di quello che è accaduto... non
era di certo nei loro piani radere al suolo mezza New York."
Un
moto d'ira lo fece sussultare, e istintivamente serrò il pugno portandolo
davanti al suo volto.
*Figli di puttana! Allora c'eravate voi dietro quel
pazzo...! Grandissimi bastardi...*
Doveva
contenersi, non poteva farsi scoprire ora, non prima di sapere altro che
avrebbe potuto aiutarlo nella sua crociata.
"Voglio
l'intensificatore di campo promessomi! Me lo sono guadagnato! Se proprio non
volete che mi dedichi alla caccia all'arrampicamuri... lo userò per altro! Ho
diritto ad essere pagato! E poi completerà in modo perfetto il mio
equipaggiamento. Abbinato al mio nuovo rivelatore di massa... in grado di
segnalare anche..."
Come
sfiorò un contatto sul guanto, si illuminò un display sul quale comparvero una
serie di numeri e lettere, e alcuni puntini luminosi.
"Ma cosa…"
Urlò
sorpreso, alzando lo sguardo verso la bocca dell'impianto d'aerazione. Tutti
guardarono nella stessa direzione e l'Uomo Ragno maledisse il momento che
quell'idiota aveva scelto per mostrare agli altri come funzionava il suo
giocattolo. Avrebbe dovuto ritirarsi, però questo significava perdere
l'opportunità di andare a fondo e scoprire altri elementi importanti.
Con un
calcio fece volare la grata metallica proprio in faccia al Capitano. Lanciò un
filo al muro di fronte a lui e tirò, schizzando fuori velocissimo. Gli uomini
sottostanti riempirono di proiettili il soffitto.
L’Uomo
Ragno si lasciò cadere giù, con un paio di capriole, poi caricò dritto davanti
a sé uno che aveva estratto un nunchaku e un lungo pugnale. Riuscì ad evitare
il suo attacco, portandosi in posizione difensiva; intanto cercarono di
prenderlo alle spalle, ma lui si limitò a colpire i due che ci avevano provato
con il dorso delle sue mani chiuse e pugno. Gli aggressori volarono su una
scrivania, facendole rompere le gambe e finendo rovinosamente a terra.
I
rimanenti avversari gli girarono intorno ora, Capitan Elettronico compreso. Lui
invece rimaneva calmo al centro, senza scomporsi.
"Sei
morto pezzo di merda! Avresti fatto meglio a non venire quì!"
"Fatti
furbo amico, arrenditi e convinci i tuoi amichetti a fare lo stesso, perché non
ho intenzione di andarci leggero con nessuno di voi."
"Ah,
sentitelo, vuoi farmi paura?!"
"Pensi
che me ne faccia l'ultimo dei coglioni in costume arrivato? Ne ho pestati di
supercattivi più forti di te... Octopus, l'Avvoltoio, Kraven, Goblin... non
sono riusciti a farmi fuori... quante possibilità dovrebbe avere Capitan
Elettronico?!"
Pronunciò
quelle parole con una durezza che non aveva mai usato prima nello schernire
qualcuno. Era stanco di quella storia e voleva risolverla quanto prima perché
sentiva che gli stava avvelenando la vita. Partì un proiettile che attraversò
il punto in cui si trovava un attimo prima di saltare in alto, finendo nella
spalla di uno che in quel momento stava proprio sulla traiettoria.
Il
ragazzo s'accasciò a terra urlando e contemporaneamente tutti puntarono le armi
in alto ma lui era già calato rapidamente sul pavimento, velocissimo, tenendosi
basso. Ruotò il polso leggermente, attivando così la piccola bocca di fuoco che
si era premunito di costruire e da cui partì un Bacio della Tarantola -un
piccolo dardo in vetro resina, meno visibile dei pungiglioni anestetici di Ben
e intriso di un veleno capace di provocare attacchi di epilessia in chi ne
veniva colpito.
Il
primo bersaglio lasciò cadere la pistola in terra mentre cercava di controllare
il corpo apparentemente impazzito. Il
Ragno si piegò di scatto all'indietro, evitando l'impulso elettrico lanciato
dal criminale hi-tech che pensava di sorprenderlo, mentre un poveraccio alle
spalle non riuscì nemmeno ad urlare tanto fu il dolore della scossa che
attraversò il corpo.
Una
rivoltante puzza di carni bruciate riempì la stanza e tutti tossirono
convulsamente, qualcuno non resistette e si lasciò andare ai conati, piegandosi
in avanti. Lui era avvezzo a queste cose, anche se sentiva egualmente disgusto.
Si preparò a neutralizzare l'attacco del sicario con in nunchaku. Sicuramente
era l'unico vero professionista in mezzo a quella gente, si muoveva molto bene,
doveva avere ricevuto un buon addestramento nel corpo a corpo. Aveva capito che
in un confronto sul mero piano della forza fisica non avrebbe avuto chance con
uno che in proporzione possedeva le capacità di un'aracnide, perciò portava una
serie di veloci colpi, ritirandosi ogni volta, senza mai adottare due volte lo
stesso schema, così da poterlo disorientare. Non poteva però sapere che stava
affrontando qualcuno in grado di premonire i pericoli con un certo anticipo.
L’Uomo
Ragno saltò, eseguendo un mezzo giro in aria e posandosi, con le mani, sulle
spalle di uno che era rimasto un po' in disparte, indeciso sul da farsi,
strinse leggermente, strappandogli un gemito di dolore.
"Niente
paura, mi servi solo un attimo," gli disse mentre si teneva senza problemi
in verticale sopra di quello.
Si
lasciò cadere in avanti, sollevandolo da terra e scagliandolo all'improvviso contro
gli altri che si erano riorganizzati alle spalle del guerriero e del Capitano,
facendoli rovinare tutti sul pavimento. C'era chi si portava la mano alla bocca
per arrestare la fuoriuscita di sangue e raccattare qualche dente, chi non
riusciva a muoversi perché si era slogato un braccio, una gamba o si era rotto
una costola.
Il
Ragno scattò prima sulla destra, saltando sul muro, e poi, datosi lo slancio,
fu addosso al guerriero, disarmandolo con due colpi di taglio delle mani.
L’altro si mise subito in guardia, e cercò di agganciargli la testa con un
calcio alto, senza riuscirci. Poi saltò, ruotando su se stesso, esibendosi
ancora in un'altro calcio. Aveva circa una quarantina d'anni ma se li portava
bene, e aveva un fisico ancora atletico e forte, temprato da anni di
allenamenti. Ma il combattimento era finito, e senza preavviso si lasciò cadere
seduto a terra, con le gambe incrociate e le mani in alto.
"Ma
che fai figlio dei puttana!!?!"
Il
super criminale era indignato e furioso per quell'apparente defezione.
"Non
posso sconfiggere qualcuno che si muove così e può sollevare un'automobile. Se
avesse voluto farmi fuori lo avrebbe già fatto. Visto che sei così forte e
bravo... pensaci tu ad eliminarlo." Gli rivolse un sorriso sprezzante
carico di scherno che fece impazzire di rabbia il Capitano.
In
preda all'ira, il supercriminale cercò di colpire il Ragno con una doppia
scarica ma questi, tranquillo, fece un rapido movimento dei polsi, incamerando
le sfere contenenti lo speciale composto che avrebbe voluto esperimentare.
Tutto avvenne in pochissimi istanti, prima ancora che l'altro avesse sparato, e
quando i due piccoli oggetti vennero investiti dalla corrente l'altro rimase a
bocca aperta. Era come se qualcosa avesse attirato l'energia verso l'alto e verso
il basso, impedendogli di arrivare al bersaglio. Da quelle erano partiti due
sottilissimi cavi d’una versione speciale del super conduttore inventato da
Peter, molto più efficiente ma la cui durata era solo di una quindicina di
minuti. Lo scopo originale era quello di poter finalmente avere una difesa
efficace contro attacchi di esseri con poteri analoghi a quelli di Electro, in
luoghi chiusi, dove aveva minor spazio per muoversi. Non perse tempo a
spiegarlo all'esterrefatto criminale ma gli fu addosso, prendendogli i polsi.
"Dispositivi
di emissione elettrica avanzati eh?"
Premette,
esercitando un forte pressione, e sfondando la scatola dove era contenuto il
generatore. Dai guanti vennero diverse scintille e si alzò una nuvoletta di
fumo. Il loro proprietario urlò per il dolore.
"Basta!
Cristo! Così mi spezzi le braccia!"
"Cos'è?
Dov'è finita tutta la tua baldanza eh? Allora? Non dovevi essere tu quello che
mi avrebbe ammazzato? O erano tutte chiacchiere? Mi sa che non vali davvero un
bel niente sai? Dovresti fare il clown al circo per come ti vesti."
Lo
sollevò da terra e lo sbatté al muro, facendo tremare la parete.
"Il
tuo amico lì in terra è stato saggio, ha capito quando era il momento di
ritirarsi. Del resto si vede che lui è un professionista e tu un povero
imbecille. Dove ti hanno raccattato eh? Alla scuola serale per super criminali?
Ci studiano tutti quelli che non hanno passato quella regolare?"
"Smettila!
Smettila di ridere di me!"
Era in
preda all'isteria e cominciò a piangere ma il Ragno continuò ad incalzare per
nulla curante di quella reazione.
"Si
serio! Volevi accopparmi e non sei riuscito a durare neanche due minuti contro
di me! La tua carriera è finita quì, dammi retta. Ti aspetti che ti manderò in
prigione? No... ti lascerò quì... così dovrai fare i conti con Jong per non
avermi saputo sistemare, spiegherai tu a loro come sono andate le cose."
"No...
aspetta io..."
"Tu
parlerai. Mi dirai tutto quello che voglio sapere amico... altrimenti che Dio
ti protegga..."
In
quel momento la porta si spalancò ed entrò Rucker con i suoi.
"Accidenti!
Questo palazzo è più trafficato dell'autostrada durante i weekend. Ci ha
accolti un comitato di ben venuto di sotto, quando abbiamo fatto irruzione.
Tutto a posto?"
"Tutto
OK! Questo pezzente è tutto tuo, credo che abbia bisogno di un confessore, si
vuole alleggerire l'anima. 'nevvero?"
"Si!
Si! Parlerò ma per carità! Smettila di stringermi così i polsi! Mi stai facendo
male!"
Allentò
la presa e si girò, incontrando lo sguardo del suo amico. Era severo e carico
di rimprovero e lo fece sentire l'ultimo dei vermi.
Appartamento di Peter nel
Queens. Ore 16.00 p.m. del giorno dopo.
"OK,
dimmi qual'è il problema."
Peter
era seduto sul letto e a gambe incrociate ed evitava accuratamente il suo
sguardo.
"Nessun
problema, te l'ho già detto."
"Senti,
capisco che il momento non è dei più semplici e che giustamente ancora non ti
fidi di me. Dopo che molti tra quelli che avevano scoperto la tua identità ,
l'avevano dimenticata, ritrovarsi di nuovo con qualcuno che sa tutto e che
conosci da poco deve essere difficile. Non voglio farti i soliti discorsi
retorici, sull'importanza del fidarsi del prossimo o sul fatto che puoi far
conto sulla mia levatura morale. La tua sicurezza e quella dei tuoi famigliari
è dipesa per anni dal mantenimento del tuo segreto, e da quello che mi hai
raccontato, capisco la tua preoccupazione nei loro confronti. Hai delle
responsabilità come padre e marito, ma resta il fatto che ora io so e non si
può far niente perché io dimentichi, a meno che tu non voglia darmi una botta
in testa sperando che mi venga un'amnesia."
Alzò
la testa e lo fissò.
"Battuta
infelice, scusa, del resto è questo il motivo per cui sono entrato in polizia
invece di darmi al cabaret. Non posso risolvere il tuo problema, ne’ sciogliere
i tuoi dubbi, o rimettere indietro le lancette dell'orologio. Mi dispiace è la
realtà, quello che è successo è successo è si deve imparare a conviverci."
"Rucker...
Terenzio, senti, ammetto che quanto accaduto sia stato un colpo per me. Dopo
tutto quello che ho passato, vedere compromesso ancora una volta il mio
anonimato non è piacevole. Non si tratta di te, anche se ti conosco da poco,
credo di poter mettere la mano sul fuoco quando affermo che sei una brava
persona.
“Per
certi versi, mi fa piacere poter condividere questo peso con qualcuno. Anche se
mia moglie sa tutto, lei non può partecipare ad una certa parte della mia vita,
invece con te posso parlare liberamente di tutto e chiederti aiuto anche come
uomo quando sono invischiato in qualche brutta storia. Però... se non ci fossi
stato solo tu dentro quel palazzo? Se mi avesse visto qualcun'altro? Non
riuscirei a sopportarlo... non potrei accettare di aver messo di nuovo in
pericolo mia moglie e mia figlia."
"Comprendo
benissimo. Però non puoi comportarti come hai fatto oggi. Stavi perdendo il
controllo, o credi che non me ne sia accorto? Lo stress che hai dovuto
sopportare ultimamente è stato enorme e la faccenda di Gargan ti
tormenta."
"Sento
di dover risolvere la questione, se ci sono di mezzo i Jong come ormai sono
certo, devo fermarli e..."
"...
fargliela pagare? Stavi per dire questo? E come lo farai? Sentiamo... è questo
il problema Peter. Stai attendo alle scelte che fai, perché, lo sai meglio di
me, se ne pagano le conseguenze a lungo. E poi c'è un'altra cosa... hai detto
devo... no... dobbiamo.
“Questa
faccenda, anche se ti coinvolge sul piano personale, riguarda anche me come
poliziotto. Hai sempre lavorato da solo Ragno, credo che sia ora di imparare a
fare un po' di lavoro di squadra e... anche nella tua vita di tutti i giorni,
di smetterla di martirizzarfti di continuo, facendoti carico di tutto. Impara
che puoi rivolgerti anche agli altri.
“Ora
devo andare, Stacy mi vuole parlare, credo abbia altre informazioni per me. Se
ti serve qualcosa, hai il mio cellulare, comunque ci si vede domani sera come
concordato, OK?"
"OK.
- Rispose facendo un cenno col capo.- Ehi... senti...”.
Il
poliziotto si bloccò sulla porta e si girò.
"Dimmi
tutto."
"Quello
che mi hai detto... sullo Scorpione..."
"E'
tutta la verità... non farmelo ripetere ancora."
Gli
rivolse un sorriso bonario, salutò di nuovo e uscì, chiudendo con delicatezza
la porta alla spalle.
Era
rimasto solo, e non sapeva se questo gli piacesse o meno. Doveva prepararsi e
andare a casa a Forrest Hill, doveva portare fuori la piccola a vedere un film
d'animazione. Tutto quello che desiderava in quel momento era di passare del
tempo con lei, far sì che quel momento particolare tra lui e la moglie non le
gravasse. Si era chiesto che tipo di momento fosse quello che passava tra lui e
M.J. e non si era saputo rispondere.
Rucker
aveva ragione, si era così abituato a non parlare che non ne aveva mai fatto
cenno e, cosa più grave, preso com'era dai suoi problemi, si era dimenticato di
ascoltare. La crisi che c'era stata era dipesa da quella mancanza di
comunicazione. Si era ritrovato, a 27 anni, a sentirsi una persona diversa e
non sapeva più se voleva le stesse cose dalla vita o, se riusciva a dare alla
sua famiglia quello che meritasse veramente. Mentre, dopo essersi alzato, si
dirigeva in bagno per farsi la doccia, si avvicinò all'armadio aprendolo.
Estrasse la scatola che conteneva il costume e prese tra le mani la maschera.
"Allora...
perché non ti decidi a dirmi come sono andate le cose?"
Non
ricevette nessuna risposta, cosa che lo rassicurò visto che aveva temuto per
qualche secondo di udire una voce rispondergli.
La
vecchia tuta rossa e blu... era sempre la stessa, come l'aveva ideata anni
addietro... un qualcosa che non era mai cambiato, se si escludeva qualche
piccola parentesi, quasi a voler simboleggiare che dentro le cose erano rimaste
sempre le stesse: stesso dolore, stesso tormento. La ripose e si avviò verso la
vasca quando sentì il suo cellulare suonare.
"Ah, Sig. Parker. Qualcuno
ti vuole. Forse sarà Mary che deve dirmi qualcosa."
Prese
il piccolo apparecchio che gli aveva fornito il laboratorio per essere sempre
rintracciabile. Anche se con la doppia vita che conduceva era un'impresa ardua.
"Pronto?"
"Parlo
con Peter Parker?"
Era una
voce femminile mai sentita prima.
"Si,
con chi parlo io?"
"Buona
sera, sono Dafne Miles. Rappresento i laboratori R.A.V.E.N., la contatto in
merito alle sue ricerche nel campo dei super conduttori. L'azienda per cui
lavoro sarebbe interessata a discutere della cosa con lei."
"Capisco...
- La cosa gli sembrava strana, non aveva ancora comunicato a nessuno i
risultati delle sue scoperte.- Senta, possiamo fissare un appuntamento per il
fine settimana? Magari a pranzo per me sarebbe..."
"Non
sarà necessario. Sono sotto il suo appartamento. Posso salire un attimo
io..."
Chiuse
la comunicazione e Peter si sentì spiazzato. Chi le aveva dato l'indirizzo
dell'appartamento? Solo a casa potevano averlo fatto. Si infilò al volo un
maglioncino e un paio di jeans scuri. Il campanello suonò pochi minuti dopo e
lui aveva appena finito di ammucchiare i panni sporchi sotto il letto,
soluzione poco elegante ma l'unica possibile in quel momento. Andò ad aprire
alla porta.
"Salve,
le chiedo scuso per essere piombata quì con così poco preavviso."
Peter
era rimasto senza parole. Miles era alta più di un metro e settanta, un fisico
slanciato ed evidentemente ben curato, sui 30anni a dir tanto, vestita con
un'elegante tailleur, capelli lunghi fino alle spalle, rosso oro, occhi castano
- verde, dal taglio morbido e grandi, dall'espressione languida e quasi
ipnotica. Lo sguardo cadde prima sulle labbra, piene e apparentemente morbide e
poi sulla camicetta, di taglio sobrio, sotto la quale si intuivano due... si
sentì un cretino perché lei doveva essersi accorta della cosa visto il sorriso
malizioso che gli rivolse.
"Posso
entrare, o preferisce parlare quì?"
Lo
disse in tono scherzoso e lui si maledisse perché riusciva a rimediare una
figuraccia dopo l'altra, con una velocità impressionante.
"Prego!
Mi scusi ma sa... mi stavo preparando ad uscire e quindi..."
Lei si
accomodò, passandolo accanto, e riempiendo le narici con un dolce profumo di
fiori, misto a quello della sua pelle abbronzata e liscia.
"Le
chiedo ancora io scusa per essere piombata quì all'improvviso. E' da un po' che
le volevamo parlare, e questa ci è sembrata l'occasione migliore. Spero di non
sconvolgere troppo i suoi piani, le assicuro che ci metteremo poco."
Cercò
di rassicurarlo ma c'era qualcosa che gli puzzava, e aveva la vaga impressione
che quello che le avrebbe detto non gli sarebbe piaciuto.
"Si
sieda, mi dispiace per il disordine ma sa com'è..."
"Oh
si, voi uomini vi basta stare da soli un paio di giorni per ritrovarvi allo
stato brado!"
Sorrise
amabilmente.
"Posso
offrirle un po' di caffè? Non ho alcolici perché non ne bevo."
"Si,
un caffè lo prendo volentieri, ma solo alla condizione che sia io a
prepararglielo."
"Come?
Cioè voglio dire..."
"Niente
ma. Visto che l'ho importunata prima della doccia..."
Si
voltò di scatto verso il bagno la cui porta era aperta, con gli asciugamani
puliti pronti all'uso in bella vista, la tendina già tirata e la biancheria
intima di ricambio su uno sgabello. Si precipitò a chiuderla.
"Ahem!
Mi dispiace per lo spettacolo..."
"Ho
visto di peggio. Dove sono macchinetta e il caffè?"
Gliele
indicò e quella, muovendosi senza il minimo imbarazzo, glielo preparò. Durante
quell'operazione canticchiò un po' e lui non riuscì a chiederle niente.
"E'
pronto. Speriamo sia venuto bene, sa io sono un disastro in cucina."
"Non
credo più di me... altrimenti ci troveremmo di fronte ad un evento di portata
straordinaria."
Sembrava
divertita per quella battuta. Si sedettero a un tavolino di compensato da pochi
dollari che lui aveva comprato tanto per rendere quel posto meno spartano, su
due sedie altrettanto economiche.
"Mi
diceva che lei rappresenta i laboratori R.A.V.E.N., ne ho sentito parlare, sono
stati fondati da poco vero?"
"Cinque
anni. Si le ho detto così, ma era solo una scusa."
Sorseggiò
lentamente la bevanda da un bicchierino di plastica.
"Non
male, credevo peggio."
"Come,
mi scusi? Non credo di aver capito."
"La
prego, diamoci del tu. Mi chiami Dafne, io posso chiamarla Peter?"
"Beh
si... diamoci pure del tu ma..."
"Bene
Peter, questo rende tutto più semplice. Allora io sono quì per conto di
P.H.A.D.E., un ente paragovernativo segreto, in cui milito con il grado di
tenente. Quello che interessa ai miei capi è assicurarsi i suoi servizi per
certe questioni, tra l'altro di comune interessa. Parlo ovviamente dei suoi
servizi come Uomo Ragno."
Rimase
gelato a guardarla.
Un'elegante albergo di
Manhattan. Ore
16.00 p.m.
"Mr. Quest?"
"Si
Mr. Weird, sono io."
"Le
chiedo scusa per l'ora."
"Non
devi scusarti. Dimmi pure."
"Le
cose quì a N.Y.C., hanno preso una piega un po' inaspettata."
"Davvero?
Riguarda il nostro buon amico Jingu?"
"Il
consiglio dei Dragoni è scontento del suo operato. Credo che presto sarà
sostituito."
"Ah!
E per quanto riguarda la partecipazione alla nostra festa?"
"Temo
che si ritireranno signore."
"Accidenti.
Un brutto colpo, sono tra i nostri acquirenti migliori. Speriamo solo non si
sappia che hanno usato il P.O.W.E.R. prima dell'incontro con gli altri clienti.
Speravo di piazzarne fino ad esaurimento scorte. Pazienza! Invece per l'altra
questione?"
"Ottime
notizie signore. Domani mattina sarò a Boston, per acquistare la
pergamena."
"Eccellente,
eccellente. Ha bisogno di qualcosa? Vuole altro denaro? Uomini? Posso mandarle
Ms. Perfection?"
"Molto
gentile signore, per il momento me la cavo bene da solo e i mezzi sono più che
sufficienti. Sarò da lei in tempo per la festa. Le auguro una buona serata
signore."
"A lei, Mr. Weird."
Uno sporco vicolo di Hell's
Kitchen. Ore 16.00 p.m.
Il
vicolo era silenzioso, ed era già una buona mezz'ora che stava appostato.
"Accidenti,
ma quanto cavolo ci mettono?"
Vide
uscire gli uomini di Puerte dal retro del club. Sorrise tra sé e sé. Non
sbagliava mai, o meglio, quasi mai, un colpo.
Tirò
giù il passamontagna. Il cuore gli batteva forte in gola, si sentiva
emozionato. Quella era la prima volta che agiva allo scoperto. La sua prima
missione! Una voce dentro gli urlava che stava facendo una sciocchezza
incredibile, però la sua determinazione era salda. Doveva sdebitarsi a tutti i
costi, e ci sarebbe riuscito.
Preso
l'ultimo uscito alle spalle, correndo sulle punte per non far rumore, chinando
a terra, puntando la mano e colpendo con un calcio dietro la gamba che si piegò
in avanti, poi, balzando in piedi, usò i corti bastoni da combattimento
caleidoscopici, per assestargli un colpo sulle spalle. Con una testata lo mandò
addosso a quello che gli stava davanti e che aveva infilato la mano nella
giacca per estrarre la pistola. I due caddero a terra.
Doveva
essere rapido, spietato, preciso, altrimenti sarebbe stato solo morto. Estrasse
uno shuriken a tre punte che conficcò con un lancio perfetto sul dorso della
mano di Carlito Cace, il suo bersaglio, recidendogli diversi tendini. Quello
emise un urlo per il dolore e la sorpresa, portandosi la mano ferita al patta,
dalla quale era caduta la Smith & Wesson automatica.
Ordinò
concitato a Tico e Manuelito di farlo fuori. I due avevano estratto dei
coltelli e gli si avventarono contro. Erano stati più rapidi di quanto avesse
immaginato ed una delle due lame gli aprì un brutto taglio sul fianco destro,
mentre l'altra gli mancò la gola di pochissimo.
Si
sentì soffocare, quando il piede di uno dei due si abbatté con forza sul ventre
ed i suoi addominali non riuscirono ad assorbire completamente il colpo. Perse
uno dei due bastoni ed usò l’altro per deviare un'altra coltellata. Prese il
polso di Tico, torcendolo in modo da disarmarlo, ma il pugno di Manuelito lo
prese al volto facendolo cadere all'indietro.
Sapeva
che quella poteva essere la fine, se non reagiva subito. Senza perdersi
d'animo, rotolò in terra, rialzandosi quasi subito e caricò immediatamente,
eseguì un salto di un metro e mezzo e prese con il suo doppio calcio il naso
dei malavitosi, che si ruppe mandandoli a raggiungere i due compagni a terra.
Quello su cui era finito il primo che aveva preso, si era riuscito a riprendere
ma si era già portato alle sue spalle. Gli sferrò un pugno ai reni che lo fece
boccheggiare, poi eseguì rapido uno strozzamento da manuale, lasciandolo
scivolare svenuto.
Carlito
provò ad approfittare di quel momento per spaccargli la testa ma lui si era
abbassato in tempo, per evitare il micidiale diretto, e gli infilò il gomito
nello stomaco, alzando di scatto l'avambraccio e devastandogli la bocca con il
dorso del pugno. Intanto, con l'altra mano, aveva preso il braccio, e facendo
leva sulla sua spalla lo fece volare schiena a terra.
"OK...
basta figlio di troia... ho capito l'antifona... chi ti manda?"
"L'inferno!
Per punire i tuoi peccati."
Cercò
di non ansimare, anche se era affaticato e gli dolevano le ferite rimediate. Il
sangue che colava dal taglio su una guancia gli si infilò in bocca,
mischiandosi a quello che aveva sputato poco prima. Aveva un sapore viscoso e
dolciastro e nonostante la fatica, si sentiva euforico per la sua prestazione.
"Ho
delle domande da farti sullo Scorpione. So che hai avuto a che fare con quel
farabutto figlio di puttana. Risponderai a tutte le mie domande,
oppure..."
Gli
sferrò a bruciapelo un ceffone che gli fece saltare un dente.
"Razza
di..."
"Buono
con le parole... ho dovrò mollartene un'altro per insegnarti
l'educazione."
"Ma
chi diavolo sei?"
"Hai
detto bene... io sono il Diavolo."
Di nuovo appartamento di Peter,
di nuovo le 16.00 p.m.
"Senta,
non credo di aver capito bene..."
La
ragazza estrasse dalla sua borsetta un tesserino che mostrò a Peter. Sembrava
autentico ad un primo sguardo.
"Continua pure a darmi del tu, ti prego. Pochi sanno
dal P.H.A.D.E., ora sei tra quelle persone. Sarò breve: la nostra funzione è
quella di sorvegliare le attività Paraumane negli Stati Uniti d'America.
All'inizio, il nostro scopo era quello di studiare e catalogare in segreto, su
ordine del capo dei Servizi Segreti, allorché il Governo era preoccupato
sull'improvvisa comparsa di esseri dotati di così detti super poteri. Con il
tempo i nostri compiti sono aumentati e, diciamo, la nostra struttura, pur
mantenendo le sue funzioni primarie, si occupa più attivamente della
questione."
Si
sentiva come se gli avessero detonato un ordigno incendiario nello stomaco e non
riusciva a capire cosa stesse succedendo. Cercando di mostrarsi impassibile:
"Signorina
Dafne... Dafne, non so per conto di chi lavori ma posso assicurarti che sbagli
di grosso su di me, stai prendendo un granchio..."
"Se
mai... un ragno. Scusami, non ho resistito a dirla. Comunque, vista l'autorità
di cui sono investita, potrei chiedere il tuo fermo presso le autorità locali,
per accertamenti su indagini governative ed importi un esame del sangue."
Sentì
mancargli il fiato.
"Ovviamente
abbiamo già un'ampia documentazione sul tuo conto e sulle imprese del tuo alter
ego. A proposito, mi piacerebbe vedere il costume. Magari dopo? Come non
detto."
Lui
cercò di riordinare le idee, pensando a qualcosa di intelligente da dire o
domandare. "E... scusami, ammesso e non concesso che tu abbia ragione e
che io sia effettivamente l'Uomo Ragno... il che non equivale ad ammetterlo,
bada bene, come sareste venuti a conoscenza di questa cosa e da quanto
tempo?"
"Da
circa... se non ricordo male, un paio di anni dopo la tua comparsa sulle scene.
“Ti
abbiamo scoperto semplicemente investigando. Innanzitutto permettimi di
muoverti una critica: l'esserti scelto una professione che legava spesso il tuo
nome a quello della tua identità segreta è stato tutt'altro che saggio. Da questo
punto di vista voi super eroi mi meravigliate, sembra che vi interessi solo a
parole mantenere la vostra privacy. I super criminali si che ci tengono
davvero! Ad esempio non abbiamo scoperto che fosse veramente Goblin prima della
sua presunta morte.
“Per
tornare a te, avevamo questo Uomo Ragno. Ad un primo esame di foto e riprese, i
nostri esperti stabilirono che doveva avere all'incirca quindici anni. C'è un
ragazzino della stessa età, uno studente del liceo, che riesce sempre a fargli
foto ravvicinate quando fotografi professionisti riescono solo ad averne pochi
scatti sfocati. Senza contare che dopo attente analisi giungemmo alla
conclusione che era una macchina regolata sull'automatico, a farle.
“In un
anno, o poco meno, il tessiragnatele, mette su una struttura fisica da vero
campione di atletica, a proposito, il costume ti sta veramente bene lo sai?
Parallelamente un timido ed occhialuto ragazzino, si trova improvvisamente
guarito dai problemi alla vista e, durante un match con un coetaneo decisamente
molto più piazzato, lo stende con un solo colpo."
Peter
provò un'ondata di sentimenti contrastanti venire a galla. Si riferiva quando
lui e Flash si affrontarono sul ring. L'immagine dell'amico gli era ancora
fortemente impressa dentro.
"Mi
dispiace se questo episodio ti ha risvegliato brutti ricordi, mi rendo conto
che dovevi essergli molto legato. Comunque, asll’epoca prendemmo un po' di
scatti di te in boxer e li confrontammo con i dati sulla struttura fisica del
Ragno. Puoi immaginare con quali risultati?
“Inoltre
stabilimmo che dovevi avere un metabolismo molto efficiente, che oltre a
eliminare rapidamente le tossine dal tuo corpo, riusciva a riparare danni anche
gravi, a giudicare da tutte le batoste che avevi preso durante le tue
battaglie. Se ti ricordi ti fu diagnosticata una brutta ulcera... dalla quale
guaristi in pochissimo tempo... senza mai curarti!"
Lui
non riuscì a fare a meno di spalancare la bocca. Come poteva non aver mai
pensato a questa cosa, se l'era completamente dimenticata e nessuno dei suoi
amici, che sapeva del suo problema, zia May compresa, gli aveva mai posto
domande sul suo stato di salute o sul come mai fosse sparito così rapidamente
quel problema.
"Il
giorno in cui tua zia stette male a causa di una trasfusione del tuo sangue?
Si, sappiamo anche di quella volta. Sapevamo, da alcune tracce trovate sui
luoghi dove avevi combattuto, che c'entravano le radiazioni con la tua
trasformazione. Tra l'altro deve essersi trattato di qualcosa accaduto durante
quell'esperimento a cui hai assistito un po' di tempo prima vero? Analizzammo
dei campioni della signora e bingo! Altra conferma."
"Aspetta
questo..."
"Non
prova niente? Allora potrai giustificarmi il perché di tutti quegli strani
acquisti che fai ogni mese, andando in negozi e da fornitori diversi, sempre
con baffi finti e qualche volta persino con parrucche. Elastan, fibra di
carbonio, micro componenti in ceramica, senza contare tutti i prodotti chimici!
Sai che la formula della tua tela è tutt'ora un mistero?"
Peter
si coprì il volto con le mani, sospirò.
"Cosa
volete da me?"
"Solo
che tu faccia il tuo dovere."
"Come?"
"Hai
capito bene. Vedi Peter, P.H.A.D.E. è nato anche per valutare quale fosse
l'impatto dei paraumani sulla società, e il nostro responso... è positivo. Voi
siete nati dalla tecnologia in un certo senso e... la vostra esistenza ha
contribuito a farla progredire molto rapidamente. Nonostante questo, non sono
bastati i ritrovati della scienza, a fronteggiare quanti tra di voi si sono
dati al crimine.
“Alla
fine l'arma migliore... si sono rivelati i paraumani stessi. Non solo, avete
fronteggiato decine di centinaia di minacce, dalla semplice delinquenza, alle
invasioni aliene, a esseri cosmici impazziti che volevano disintegrare il
pianeta. Quante volte siamo stati sull'orlo dell'apocalisse lo sa solo Dio. Ci
avete sempre salvato, a dispetto della paura e della differenza, e ti confesso,
che ammiro te in modo particolare.
“Ci
siamo ulteriormente evoluti, e vogliamo essere ancora più attivi nella
risoluzione di certi problemi, avvalendoci della vostra collaborazione quando
necessario e offrendovi il nostro aiuto. Di recente, hai fatto in modo che
molte persone dimenticassero la tua identità, tuttavia, non conoscendoci, non
lo hai potuto fare anche con noi.
“Quello
che ti chiedo è di darci una possibilità di aiutarti apertamente. Forse non lo
sai, ma in tutti questi anni più di una volta siamo intervenuti discretamente,
per evitare che la tua identità divenisse di pubblico dominio; non sempre siamo
riusciti a farlo in modo eccellente, ad esempio nel caso di Goblin non abbiamo
potuto impedirgli di scoprire chi eri... ma nessuno è perfetto, e comunque
finora il tuo nome non è mai stato sbattuto in prima pagina...
“Ti
chiediamo anche di contraccambiare. Tu sei sulle tracce dei Jong; come sai,
hanno rapporti con l'organizzazione internazionale Quest Inc. Noi pensiamo che
la tecnologia che questi ultimi contrabbandano, potrebbe rendervi la vita più
difficile. Questo significherebbe che anche noi ce la passeremmo male. Vogliamo
colpire la Quest.
“Sappiamo
che ci sarà un'incontro, fissato in Europa tra qualche giorno, in cui si terrà
un asta a cui saranno presenti pezzi grossi. Stiamo organizzando un piccolo
commando di specialisti e voglio, anzi, vogliamo che tu lo guidi."
"Eh?!?!"
"Hai
capito bene Uomo Ragno. Questa non è una storia come quella del team
governativo, non si tratterà di una militanza continua. Saltuariamente ci
rivolgeremo a te per un certo tipo di missioni, vedrai che sarai ampiamente
ricompensato. Ti richiamerò domani, tu intanto pensaci."
Si
alzò dirigendosi verso l'uscita.
"Dimenticavo.
Tieni questo. Ciao Peter e, non preoccuparti, il tuo segreto con noi è al
sicuro."
Gli
porse un foglio piegato che lui, andata via, lesse ancora frastornato. Alcuni
anni addietro, fece un autografo, come Uomo Ragno, ad una bambina che glielo
chiese. Sul foglio c'era la comparazione calligrafica tra quello e quelli che
aveva fatto per il libro Web, più varie altre firme su assegni, documenti... si
appoggiò al muro e scivolò a terra. Allungò la mano per prendere il cellulare
lasciato sul comodino vicino. Selezionò il numero sulla rubrica.
"Terenzio...
sono Peter... ho un problemino."
Fine prima parte
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Oltre
alle avventure regolari del Ragnetto, tenete d'occhio nella stessa sezione le
storie di Ragno Nero, e Ragno Rosso. C'è anche Spiderette di Frank Webley. Non
dimenticativi di dare un'occhiata ai What if...? C'è Kaine a Gotham e presto il
Ragnetto sarà coinvolto in indagine su un caso d'omicidio a... Metropolis. E il
figlio dell'Uomo Ragno cosa farà nel 21esimo secolo? A presto!