MARVELIT presenta:
#10 – LA FORZA DEL PASSATO
di Mickey
1.
Benjamin Reilly è chiuso nella sua camera, con il cordless in mano. Lo
rimira come se stesse per esplodere da un momento all’altro, poi si decide a
comporre freneticamente un numero. Dai,
rispondi, incita mentalmente l’interlocutore a rispondere.
- Sì? – risponde una voce femminile.
- Janine? Sono io, Ben… - si annuncia l’eroe, con il groppo in gola.
- Ben? Come… come hai avuto questo numero? – chiede Elisabeth, con il tono di
chi è stato colto in flagrante sulla scena del delitto.
- Lavoro in polizia, ricordi?
- Io… sì, avrei dovuto immaginarlo.
- Dove sei?
- Io? A… nell’Oregon.
- Che ci fai lì?
- Vivo qui da qualche tempo…
- Capisco. Janine, io… ho scoperto qualcosa su nostro figlio – arriva al nocciolo
della questione.
- Ah… davvero?
- Sì, ma… mi sembri più preoccupata che sorpresa! Puoi
parlare?
- Sì, sì, dimmi tutto…
- E’ una cosa che mi ha sconvolto… sembra che sia in custodia presso un centro
ricerche di… ehi, aspetta! Hai detto nell’Oregon!?
- Sì…
- Portland è nell’Oregon! Nostro figlio è lì, in una filiale della TriCorp…
sembra sia molto malato e che lo stiano studiando! Non
è terribile?
- Sì, infatti…
- Janine, dimmi la verità! Sento che nascondi qualcosa…
- Ben, io… speravo scoprissi tutto. Dopo… dopo la
prima volta che mi hanno contattato, non mi hanno più
permesso di vederlo!
- Chi? Cosa?
- La TriCorp… era ancora la Garid, allora… i servizi sociali non sono riusciti
a far adottare a nessuno il bambino perché è molto malato… così la Garid ne ha
chiesto la custodia per studiarlo e curarlo! Mi hanno contattato
per farmi degli esami e chiedere notizie di te… volevano capire perché il
bambino ha tante malattie genetiche… io non ho potuto dire che tu eri… quello
che sei, e poi eri morto, per quel che ne sapevo! Dopo quella volta, non ho più
avuto notizie di nostro figlio, ma… sono rimasta qui! Quando
ho saputo che eri vivo e che ti eri trasferito a S. Francisco… ho sentito che
dovevo metterti la pulce nell’orecchio!
- Ma… perché non mi hai spiegato tutto subito?!
- Io… non potevo, non volevano…
- Ok, Janine… io ti raggiungerò prima possibile… e risolveremo la situazione!
- Come, Ben?! Non possiamo… da quando ho rinunciato a lui, non abbiamo nessun
diritto su di lui!
- E’ mio figlio, è malato per colpa mia e forse in me c’è la risposta che serve
ai suoi carcerieri per salvarlo!
- Non ti fermerò, Ben… ma non illuderti di poterlo liberare.
- E’ ora che essere un supereroe abbia un tornaconto nella mia vita privata. A
presto, Janine – interrompe la comunicazione ed esce frettolosamente dalla
stanza, dove trova la sua ragazza. Non avrebbe molto voglia
di parlarle, adesso, ma…
- Ben, che succede? Sei entrato come un fulmine, ti sei chiuso in camera…
- Helen, ho scoperto dove si trova mio figlio. E ne ho
parlato con Janine.
- Oh… mi fa piacere… che intenzioni hai adesso?
- Devo andare a prenderlo. Prendo il primo volo per l’Oregon.
- Cosa? Ma Ben, non puoi strapparlo alla sua famiglia
così, non è…
- Non è in una famiglia. E’ in un centro ricerche. Lo stanno
studiando, è malato.
- Oddio…
- Già… devo fare qualcosa, non posso stare con le mani in mano.
- Sì, va bene – lo abbraccia, dimostrandogli di fidarsi di lui, di aver
superato il trauma del recente stupro, che ha minato molto i loro contatti
fisici negli ultimi tempi.
- Grazie – la bacia, prima di riprendere il telefono e chiamare l’aeroporto.
2.
Casa Hardy è molto movimentata ultimamente. Non solo per il recente
trasferimento di Abel Fitzpatrick, il primo clone
dell’Uomo Ragno, ma soprattutto perché ciò è coinciso con il rilancio di “Cat’s eye”, l’agenzia
investigativa di Felicia. La donna e il suo nuovo coinquilino stanno mettendo a
posto gli ultimi dettagli, dopo l’assunzione di Madame Web nell’attività.
- Mi chiedevo… che fine hanno fatto Paul e Loop? – le
chiede il ragno, tra una cosa e l’altra.
- Chi, i miei vecchi soci? E come li conosci tu?
- Eh, lunga storia, te la racconterò un’altra volta[1]. Allora?
- Capita di… avere delle incomprensioni. Diciamo che il signor Proust – dice, con tono sarcastico – ad un certo punto non è
riuscito a mantenere il nostro rapporto sul piano professionale.
- Ah, immagino… rischio in cui potrei imbattermi io – la stuzzica Kaine.
- Abel… non ne abbiamo già parlato? – gli domanda. Si
è impegnata giorno e notte per concentrarsi e chiamare Kaine con il suo nuovo
nome (non che quello vecchio abbia più ragion d’essere…).
- Non mettere limiti alla provvidenza… - allude, ricevendo in cambio solo
un’occhiata bonariamente accusatoria.
Nel giro di mezz’ora, il campanello della porta dell’ufficio suona, facendo
sussultare i due. L’attico ha appositamente due entrate per distinguere gli
ospiti dai clienti.
- A meno che non sia Cassandra che ha dimenticato le
chiavi… dovrebbe essere il nostro primo cliente! – immagina trepidante Kaine,
molto più di Felicia che fa questo lavoro da anni. La donna, sorridente e
conturbante, si allontana per andare ad aprire, mentre Kaine si siede e si
ricompone su una sedia dell’ufficio, in attesa del
ritorno di Felicia e del cliente, che già sente avvicinarsi grazie al vocio.
Il suo senso di ragno scatta di colpo, non in maniera intensa o violenta, ma
scatta, per avvertirlo di stare all’erta da un potenziale pericolo.
L’uomo-ragno capisce di che si tratta quando il cliente entra dalla porta.
- Oh, lui è il mio collaboratore, il signor Fitzpatrick – gli viene presentato, ma Kaine non sembra avere intenzione di
ricambiare il gesto della mano di…
Jacob Raven! Non voglio
crederci, lo guarda
sconcertato. Si tratta dell’uomo che ha segnato gran parte della sua vita, che
lo ha seguito per tutti gli Stati Uniti allo scopo di mandarlo sulla forca. Devo fare finta di
niente, non può riconoscermi, si convince, dal momento che ha un aspetto
sano e un look completamente diverso da quello che l’ispettore ricorda. Così, raccolta
tutta la sua forza di volontà, sfoggiando tutto il suo autocontrollo, Kaine
ricambia il gesto e con non-chalance dice:
- Piacere, signor…? – finge ovviamente di non conoscerlo.
- Raven, Jacob Raven.
- Si sieda… allora, in che modo possiamo aiutarla? –
interviene la Gatta.
- Sto cercando un uomo… un criminale. E’ evaso di prigione un paio di anni fa e da allora se ne sono perse le tracce.
- Non sarebbe compito delle autorità?
- Voi siete la mia ultima spiaggia, dopo essermi rivolto a tutti coloro a cui
potevo. Le autorità non vogliono o non possono aiutarmi.
- Perché se ne sta occupando personalmente? E perché
rivolgersi a noi?
- Io vi affido un incarico, ma non vorrei troppe domande. Lo affido a voi
perché dichiarate di essere specializzati in casi meta-umani… e questo decisamente lo è.
- Va bene, come desidera – lascia perdere la Hardy - Ci può lasciare del
materiale?
- Certo – poggia sulla scrivania una cartellina.
Mentre Felicia la apre e sfoglia sorpresa il suo contenuto, Kaine finge di
tossire per farle capire di non far trasparire nulla.
- Va… va bene… cosa… dovremmo fare nell’eventualità che troviamo quest’uomo?
- Portatemelo, possibilmente vivo. A qualunque cifra.
- La ricontatteremo entro ventiquattr’ore, signor
Raven, in modo che io possa parlarne con i miei soci e mettere
a punto i dettagli – gli stringe la mano e lo congeda.
Un minuto dopo, scampato il pericolo, Felicia Hardy mostra tutta la sua
sorpresa.
- Abel! Io… quell’uomo cercava te?!
- Oh, sei una volpe… - si gratta la testa Kaine - ma non seguisti il processo
contro Peter?!
- Sì, infatti il nome mi suonava familiare, ma non ho
collegato subito… che facciamo adesso? Forse dovremmo
chiedere consiglio a Cassandra…
- Questa è una decisione che coinvolge me e non voglio immischiarla in questa
storia, dovrei rivelarle tutto... Io… se il mio sesto senso non mi avesse
avvertito, mi sarebbe venuto un collasso nel vedere quel tizio… è stato
traumatico rimanere impassibile per tanto tempo…
- Io… capisco. Però… ci sono due però: non voglio bruciarmi il primo
nuovo caso… e poi, mi è venuta un’idea per prendere due piccioni con una fava!
- Come, sentiamo…? – si mostra scettico il ragno.
- E’ l’occasione buona per dichiarare Kaine… morto!
Gli occhi di Abel Fitzpatrick si illuminano insieme al
suo sorriso. E’ l’occasione per chiudere
con il passato, realizza.
3.
Edward Brock è confuso. Ha riavuto la libertà e il suo lavoro di
giornalista. In un momento di debolezza, però, si è riunito al suo simbionte,
tornando ad essere Venom e mostrandosi imprudentemente agli occhi dell’Uomo
Ragno[2]. Ha
dovuto manipolare la mente di due agenti per sviare le indagini dell’FBSA al riguardo. Dove lo porterà tutto questo? Il suo
amico alieno sta recuperando la sua identità, dopo essere stato traumatizzato
da Parker stesso… e ciò che sta tornando a galla è proprio odio, rancore per
l’aracnide, che ancora una volta l’ha ingannato, usato e scaricato[3]. Sentimenti che, in un certo senso, Eddie stesso prova e che
aumentano l’empatia con il suo partner extraterrestre.
Adesso, nel tentativo di riprendersi ciò che l’Uomo Ragno
gli ha indirettamente tolto nel corso degli anni, è fuori alla porta di casa
Weying. Ossia, dove abita la sua ex-moglie.
- Eddie! Che ci fai qui? – gli chiede
sconvolta Anne, una volta aperta la porta.
- Sono passato a salutarti… posso entrare? – chiede con remore Eddie.
- Io… non so…
- Avrai sentito che sono stato scagionato e tutto il
resto, no?
- Sì, certo…
- So che non c’è sempre da fidarsi del sistema giudiziario, ma perché non
dargli un’occasione?
- Va bene, accomodati…
La coppia si siede ad un tavolo, dove la donna serve del caffè.
- Come va il lavoro? – rompe il ghiaccio Brock.
- Non c’è male, e a te? – domanda Anne, più per cortesia che per altro.
- Sono molto contento di aver ripreso a fare ciò che più amo.
- Anch’io lo sono per te. Ho letto un paio dei tuoi articoli…
sono… buoni.
- Grazie.
- Però… ho sentito anche che l’alieno… è scomparso –
finisce la frase con timore.
- Sì, anch’io. Sono venuti a controllarmi, ma… tutto a posto – continua a
mentire spudoratamente.
- Già, è normale... stai attento, però.
- Certo. Ma parliamo di te… come va? Ti vedi con
qualcuno?
- Sì, c’è un mio collega che frequento… ma per ora niente di serio. Tu?
- Niente, irrimediabilmente single.
- Peccato, eppure sei un bel ragazzo…
- Con una reputazione da super-criminale sul groppone, lo dimentichi?
- Devi dare tempo al tempo…
- Io… speravo di poter avere un’altra possibilità.
- In che senso?
- Con te.
- Oh. Be’, io… non so se sarebbe una bella idea.
- Dovevo aspettarmelo – si alza nervoso Eddie.
- No, aspetta, non…
- Grazie di tutto, Anna – si congeda frettolosamente l’uomo, sbattendo
violentemente la porta.
Una volta fuori, il suo simbionte – attento al suo senso di ragno – lo ricopre
con il costume nero dell’Uomo Ragno. Sì,
meglio schiarirsi le idee. Dubito incontrerò
ancora quella mezzasega di Kaine, la città è grande, non posso essere così
sfortunato, pensa, lanciandosi da una finestra nella tromba delle scale e
sparando una tela verso l’edificio opposto. Se dovesse capitare, poi, lo concerei per le feste. C’è qualcosa di
Parker in lui che mi innervosisce. Però… quasi quasi faccio una visita al buon vecchio Peter…
Da questa decisione dipende il futuro di Venom[4].
4.
“Gli altri
sponsor si sono lamentati per l’esito del match contro Strongarm. Ti è stato
vietato l’uso di neurotossine nei combattimenti. Prossimo scontro: Sudario,
Alphabet City. H 18 p.m.”.
- Umpf – sbuffa Charlotte Witter, lanciando il suo cellulare sul letto. Come si permettono di mettermi la museruola?, si chiede, ripensando al messaggio appena ricevuto da
parte del suo misterioso sponsor. Dimostrerò
loro che posso vincere il Gioco anche solo con la
forza bruta, si ripromette, davanti all’armadio, vagliando freneticamente
tutto il suo guardaroba da Donna Ragno: una serie di costumi diversi, tutti di
sua creazione. Un modo come un altro per sfogare il suo
talento di stilista represso dalle sue disavventure. E poi questo… Sudario… chi sarà mai? Non ho le palle per grattarmi,
scherza tra sé, fiondandosi appesa ad una tela dal suo attico.
Ma dove cazzo sta? Certo che potevano
essere più precisi, si dice Charlotte, volteggiando per il malfamato
quartiere in cerca del suo avversario. Se il Re delle Ombre, imprigionato nella
sua mente, non tenesse impegnate le sue facoltà
mentali –più del solito?-, a quest’ora la Donna Ragno
si sarebbe accorta che il vigilante la sta studiando da palazzi di distanza, dietro un muro di cinta. Come un suo più
noto collega, nonostante sia cieco, vede molto più della gente comune.
Ecco, si è avvicinata abbastanza, si
rende conto e ne approfitta per evocare la Forza
Oscura, e avvolgere Charlotte in una fitta e densa oscurità.
- Ma che diavolo---?! – impreca l’aracnide, colta alla sprovvista.
- Salve, Donna Ragno – la saluta il Sudario - Ho sentito parlare di te…
- Lo prendo come un complimento… ma… chi sei, e dove
cavolo sei?! – si guarda intorno, ormai intimorita. Stavolta non sarà una passeggiata, capisce improvvisamente.
- Dovresti conoscere la risposta alla prima domanda… riguardo alla seconda, mi
dispiace, ma è l’unico vantaggio che ho su di te – le replica,
colpendola violentemente ad un fianco.
- Ehi! – cerca di rispondere a tono, ma colpisce a vuoto. L’oscurità è così
fitta che inizia a perdere l’equilibrio. I suoi occhi non vogliono saperne di
abituarsi al buio intenso…
- Non ho niente contro di te, anche se ho sentito che i tuoi esordi non sono
stati molto… ortodossi – continua a parlare, la sua voce sembra provenire da
ogni direzione e la disorienta. A peggiorare la situazione, il vigilante
modella le ombre a sua immagine e somiglianza, creando di
fatto una serie di vuoti simulacri di sé. E, come se
non bastasse, inizia ad accusare vari dolori in varie parti del corpo. Non ci voleva questo adesso, che significa?!, si chiede
preoccupata. Le fa male anche dove il suo avversario non l’ha neanche sfiorata.
- Adesso stai esagerando – Charlotte gira freneticamente la testa e usa tutta
la sua forza per colpire i vari Sudario, invano. Dov’è il senso di ragno quando serve?!
- Mi dispiace, ma il mio unico obiettivo è arrivare ai vertici del Gioco… e
incastrare chi lo organizza – confessa il Sudario.
- Tu… sei un infiltrato?!
- Ho già sparlato a sproposito…
- Appunto, ormai il danno è fatto, tanto io non so nemmeno chi sia il mio sponsor… e soprattutto perché sono curiosa! –
cerca di distrarlo e capire come agire.
- Questo è ancora più sospetto… ma stai cedendo e questo mi facilita il
compito. Addio, donna – sentenzia, iniziando a colpirla
ripetutamente: l’ha confusa abbastanza negli ultimi minuti da poter evitare una
difesa da parte di lei. Le gira la testa, le
percosse del Sudario stanno infierendo sui dolori che già aveva… non ce la
farà.
- No, no… - lamenta la Donna Ragno, prima di crollare esanime al suolo.
Quando si risveglia, si ritrova su un tetto di un vecchio edificio del
quartiere. E’ piena di fitte, non capisce se è solo colpa del Sudario o no. Sbatte un pugno per terra, creando un piccolo buco. Maledizione! Ero così
convinta di vincere… si rialza
a fatica. Mentre zoppica con fatica fino al
cornicione, si chiede come farà a tornare a casa e come farà a disdire gli
appuntamenti dei prossimi tre giorni: non può certo lavorare in queste
condizioni. Improvvisamente, poi, un dubbio la assale
con prepotenza: anche lei avrebbe dovuto partecipare al Gioco nell’ottica del maledetto Sudario? Da mesi si sta
atteggiando ad eroina e la cosa più naturale che un’eroina
farebbe nella sua posizione… sarebbe denunciare i loschi organizzatori. In
fondo ha già fatto qualcosa di simile, mandando materiale estorto ai suoi
clienti per contribuire alla buona riuscita del processo ai boss del Maggia…
Perché non agire alla stessa maniera? Potrebbe anche vendicarsi volentieri del
suo sponsor e di tutti i suoi colleghi, visto che
ormai ha perso… prima, però, sarebbe meglio farsi visitare da un dottore… Devo chiamare Lennon, pensa ad un suo
fidato cliente che può aiutarla.
5.
Proprio mentre Ben Reilly sta per fare le valigie, in modo da poter partire in serata per Portland, il campanello suona, ed Helen va ad
aprire. Poco dopo, dalla porta la ragazza lo avvisa di uscire
dalla stanza, perché c’è una visita per lui. Proprio adesso che dovevo chiamare il mio capo
per avvisarlo della partenza… si lamenta nella sua testa, uscendo dalla
camera e accogliendo…
- Jessica! – rimane a bocca aperta nel vedere la sua ex-ragazza seduta sul suo
divano.
- Ciao, Ben… chi non muore si rivede,
eh? – si alza la ragazza, andando ad abbracciarlo e baciarlo.
- Già… come mai a San Francisco?
- Lavoro per l’Herald. Tu?
- Io… mi sono arruolato nella polizia.
- Mi fa piacere. Non dev’essere stato facile
riprendere una vita normale, dopo tanti mesi di prigionia.
- Prigionia? Eh, sì – fa mente locale, ricordando la bufala propinata ai media per giustificare il suo ritorno in vita.
- Ben, c’è un motivo molto serio per cui ti ho cercato. Possiamo parlarne in
privato?
- Io… veramente avrei fretta, ma… del resto non ci vediamo da mesi, farò
un’eccezione…
- Grazie, ma non ti prenderò troppo tempo. Vado al sodo… tu e tuo cugino siete in pericolo – dichiara, a bassa voce, con
circospezione.
- Io e…? Perché? – inizia ad allarmarsi.
Essere messo in associazione con Peter è già un cattivo segno…
- Ken Ellis… saprai che è venuto a lavorare all’Herald…
- In effetti sì…
- Ha in mano qualcosa di grosso. Sa che eri l’Uomo Ragno… be’,
in realtà non mi ha detto tutto, ma vuole indagare su di te… ed è convinto che
tu e Peter abbiate un legame molto più profondo di
quello che si immagini con l’Uomo Ragno e il Ragno Rosso, non so se mi spiego…
- Io… cosa pensa? – si informa meglio il Ragno Rosso.
- Te l’ho detto, non mi ha spiegato tutto, e quel poco che mi ha detto mi ha
confusa… voglio dire, io ero rimasta che tu fossi chi-sai-tu,
purtroppo…
- Io… be’, anch’io lo pensavo allora.
- In che senso?
- E’ una storia troppo assurda perché tu possa sentirla. Comunque
non voglio che Ellis metta alla gogna me o mio cugino, qualunque cosa abbia in
mente. Io… e Peter ti dobbiamo moltissimo per averci in guardia. L’unica cosa
che possiamo fare, però… sarebbe querelarlo a danno fatto.
- Lo so, ma magari… tu sei un supereroe, qualcosa potrai fare… nel frattempo,
io cercherò di rallentare al massimo i suoi lavori.
- Grazie, ma… perché fai questo per me?
- Già una volta ho ponderato le conseguenze di un atto
simile… e ho desistito. Non ho cambiato idea, anche se i nostri rapporti non
sono affatto idilliaci.
- Grazie ancora… - la abbraccia calorosamente. E adesso che faccio? Mi occupo di Ellis… o vado
da mio figlio? In ogni caso… ho fatto bene a riesumare il costume di Dusk…
Continua…
Note
Vorrei
precisare che la trama riguardante il figlio di Ben
Reilly, pur ispirata a Spider-girl, è stata concepita prima della
recente miniserie sull’Uomo Ghiaccio e sul suo fantomatico figlio segreto,
anche se i presupposti sembrano simili (i risultati, sicuramente, saranno molto
diversi). Riguardo il ritorno di Jacob Raven… anche se
è un po’ artificioso che si tratti del
primo caso della nuova “Cat’s eye”,
non potevo perdere l’occasione di riutilizzarlo, soprattutto per ciò di cui parla
la Gatta Nera.