Ma#velit presents:
Uomo Ragno #52.
Vacanze Romane. Part I I I
Di Yuri
N. A. Lucia.
Trastevere, Roma - Martedì ore 1.45 a.m.
L'Uomo Ragno si massaggiò il braccio ancora indolenzito, mentre
stava con le gambe penzoloni sul tetto di un vecchio abbaino nel cuore di Roma.
Rugantino, intanto, teneva d'occhio il covo di Quest
e si massaggiava il mento e una spalla.
"Mi hai
dato proprio una bella batosta, ragazzo."
"Ah, si?
Pensavo proprio la stessa cosa."
"Allora
siamo sulla stessa lunghezza d'onda, magari potremmo finire insieme un giorno o
l'altro."
"Eh?
Dici sul serio?"
"Non mi
dirai che un super eroi che viene da un paese moderno
come il tuo si scandalizzerebbe per una cosa del genere. Buffo, pensavo che gli
U.S.A. fossero molto aperti a questo tipo di cose."
"Non era
quello che intendevo."
"Ed io stavo solo giocando un po'."
"Non mi
hai detto molto su di te."
"Vorresti
il mio nome e cognome, il codice fiscale e l'indirizzo? Facciamo una cosa: io
te le di dopo che tu mi hai dato i tuoi."
"Ho
capito l'antifona."
"E questo mi fa molto piacere. Sei un tipo tenace,
vero?"
"Da cosa
lo deduci?"
"Hai
attraversato l'Atlantico e una buona fetta d'Europa per non perdere le tracce
della tua preda."
"Che termine pittoresco."
"Come il
tuo costume. Detto tra noi è un po' troppo vistoso per
questo posto."
"Che intendi?"
"I tetti
qui non sono alti come quelli della tua Grande Mela, e sei parecchio visibile
con quello."
"Lo so,
ma lo trovo così good fashioned,
che non ho resistito alla tentazione di
metterlo."
Rugantino
ridacchiò e gli fece un cenno con la mano come a dire di lasciar perdere.
"La
questione è seria: il nostro amico è ben protetto; nei giorni passati ho
assistito a qualche spostamento diurno ma di lui non ce ne era
traccia; il problema è che nessuno conosce la sua vera faccia."
"Quando
l'ho incontrato la prima volta aveva su indosso una
maschera."
"E'
normale: un uomo della sua importanza sicuramente tiene molto alla sua privacy;
invece le sue due guardie del corpo, quelle le ho
viste e come."
"Mr. Weird e Ms. Perfection."
"Nomi
d'effetto. Voi anglo
americani avete questo grottesco sense of humor nello scegliere i nomi di battaglia."
"Perché? Vuoi dirmi che Rugantino suona meglio?"
"A me
piace, ed è un vero classico."
"E che cosa vorrebbe dire?"
"E' una
popolare maschera romana."
"Ah!
Grazie per i chiarimenti, ma torniamo alle cose serie ora. Mi sono scontrato
con quei due, e le cose non sono andate propriamente bene."
"Le hai
prese?"
"Sonoramente."
"Sei un
osso duro, e se sono riusciti a metterti sotto, devono esserlo anche loro."
"Ha
anche un vero e proprio esercito alle sue dipendenze, uomini ben addestrati che
lo proteggono."
"Si, e attualmente sono in borghese. Ce ne sono sempre di diversi
che gironzolano intorno al palazzo, facendo finta di essere
turisti o passanti, pronti a qualsiasi evenienza."
"E tu come li distingui dagli altri?"
"Ho una
certa esperienza. Sai, con il tempo sviluppi una specie di sesto senso per
certe cose."
"Capisco
perfettamente."
L'Uomo Ragno,
facendo attenzione a mantenere il profilo basso, gli si pose di fianco, e
cominciò anche lui a fissare il bell'edificio illuminato
dai lampioni. Udì di nuovo il grido dei gabbiani e di nuovo la stessa
sensazione di qualche ora prima.
"E' da molto che sei nel giro?" Chiese a Rugantino.
"Da
abbastanza. Tu invece da una decina d'anni, se non vado errato."
"Oh si,
giorno più, giorno meno. Dovrò decidermi a dare una festa per il mio
anniversario, presto o tardi. Non avevo idea che in Italia ci fossero tanti super eroi."
"Qui non
usiamo questo termine così pittoresco."
"Ho
incontrato un gruppo: le Brigate Azzurre, li conosci?"
L'uomo girò
la testa verso il ragno e, quale fosse la sua
espressione sotto la maschera era difficile da dire. Sembrava un ombra senza viso o identità, staccatasi all'improvviso da
qualche muro e animata da una sinistra vita.
"Ne ho
sentito parlare: i tg gli hanno dedicato alcuni
servizi e un paio di special; dall'idea che mi sono fatto, giocano
nella squadra dei buoni, ma non sono visti di buon occhio dalla gente."
"Come
mai?"
"Fino un
po' di tempo fa, c'era questa forza speciale composta da
para umani: Gemini; il Governo cercò di imporli all'attenzione pubblica, e
all'inizio, nonostante ci fosse qualche giornalista determinato a dimostrare
che si trattava in realtà di una minaccia alla sicurezza della nazione, fu ben
accolta. Poi ci furono degli episodi molto brutti e mai del tutto chiariti,
legati al nome di Gemini, e il team subì un brutto colpo. In Internet circolano
strane voci, secondo cui si tratterebbe addirittura di zombie rianimati con una
speciale tecnologia e poi, in realtà erano quasi tutti stranieri, solo una
ragazza era italiana, così la gente ha smesso di identificarsi con loro e
adesso è meno propensa a fidarsi di qualcun’altro."
"Loro mi
hanno detto che lavorano per conto loro, e non per il Governo."
"Così ti
hanno detto, e forse così è: ma permettimi
di dirti che in un modo o nell'altro qualche contatto con le alte sfere devono
averlo, altrimenti a quest'ora avrebbero l'esercito
alle calcagna.
Senti, le
cose qui non si mettono bene, sono ore che non succede nulla, e non penso sia
il caso di fare qualcosa al momento."
"Cosa suggerisci?"
"Torna a
casa, o ovunque tu abbia trovato un posto dove
stare."
"Cosa? E perché dovrei farlo?"
"Rimarrò
io qui, almeno fino alle prime luci dell'alba. Ascolta, conosco meglio di te
questa città, e mi so muovere senza farmi notare, cosa
che non si può dire altrettanto di te. Adesso non c'è tanta gente in giro, e
potrai tornare indisturbato da dove sei venuto, con un po' di fortuna. Ma dopo, diventerà molto difficile per te fare un solo passo
senza essere immediatamente riconosciuto da qualcuno. Hai una buona
memoria?"
"Si,
perché?"
Rugantino gli
disse un numero telefonico.
"E' il
tuo telefono?"
"Diciamo
di si. Chiamami lì domani e ci metteremo d’accordo per
un appuntamento, così parleremo della cosa e stabiliremo un piano d'azione."
"Hey, calma amico! Chi ti dice che
lavoriamo insieme."
Per un
attimo, calò un silenzio che generò in Peter un po' di timore e quasi si
aspettò che l'altro tornasse ad attaccarlo.
"Questa
non è casa tua, Ragno. Roma è la mia città ed io sono il suo protettore... da
molto tempo. Non voglio intralciare il tuo lavoro e pretendo che tu non lo
faccia con il mio. Collaboreremo proprio per evitare che questo accada e,
unendo le nostre forze, sicuramente otterremo un
risultato migliore. Siamo intesi?"
L'Uomo Ragno,
rifletté su quelle parole e, con riluttanza:
"Ok, sei
stato molto chiaro."
"Lo
spero bene ragazzì."
"Cos'è
che hai detto?"
"Che è meglio tu vada, ora. A presto."
Si voltò,
senza neanche più guardarlo e l'Uomo Ragno, arrendendosi, se ne
andò via anche se un po' seccato.
Quando si rinfilò i suoi vestiti civili e scese
dal sotto tetto, il senso di ragno lo avvertì del sopraggiungere di qualcuno.
"Buona
sera."
Era una coppi di poliziotti che lo stava fissando con aria
piuttosto sospettosa. Uno di loro aveva i capelli a spazzola con delle assurde mesch bionde.
"Buona...
sera." Rispose in un italiano stentato.
"Lei è straniero?"
"Come?"
"Andiamo
bene, abbiamo beccato l'americano ubriaco stasera."
"Magari
è uno di quelli che ha fatto a bottigliate a Campo de' fiori."
"Chi
ti dice che è americano? Potrebbe essere inglese, oppure australiano."
"E che me ne importa a me? Dai, vediamo i documenti
e poi decidiamo che fare."
Peter Parker
non aveva capito nulla, ma il tono non gli era piaciuto affatto.
"Documenti,
prego."
"Scusatemi, non capisco la vostra lingua. Potreste parlare in
inglese?"
"Si! E chi lo ha capito questo."
"Aò, ha chiesto se sappiamo parlare
inglese."
"E
chi siamo, l'ambasciata inglese?"
I due agenti
ridacchiarono, e si chiese cosa si fossero detti di così divertente. Uno dei
due, in un inglese molto stentato, riuscì a fargli capire che volevano vedere i
suoi documenti e lui, subito, glieli mostrò.
Rugantino
stava ancora riflettendo sul suo incontro con l'Uomo Ragno, e continuava
ripensare al loro scontro e a come fosse ancora
acciaccato. Per fortuna era di tempra piuttosto dura, e sicuramente in pochi
giorni si sarebbe completamente rimesso.
"Avevi
proprio ragione, vecchio mio. 'sti mericani c'hanno invaso in tutti
li modi possibili ed ora... anche i loro eroi lo stanno facendo."
Le sue
parole, cariche d'amarezza si persero nel vento, il cui silenzio
era rotto solo dai richiami dei gabbiani.
Brooklyn - Casa della famiglia Patilio. - Mercoledì ore 2.30 a.m.
Marie stava
sforzandosi con tutta sé stessa per non piangere, ma ogni volta che si
allontanava dallo sguardo di Eugene
diveniva un impresa quasi disperata. Andò dall'altro ragazzo, che se ne stava
steso sul letto in camera di Vince, e gli mise una
borsa del ghiaccio sul livido che aveva in volto.
"Tieni tesoro, questo ti farà bene."
"La...
ringrazio signora... "
"Ti fa
ancora male?" Chiese preoccupata.
"Ora
molto di meno... grazie."
Chiese se
avesse voglia di mangiare o bere qualcosa, e lui le chiese solo dell'altra
acqua, ringraziandola di nuovo per la premura. Tornò da suo nipote, e Vince era lì, di fianco a letto.
Eugene aveva
l'aria abbattuta e costernata, e non riusciva a guardare il genitore negli
occhi.
"Ti
rendi conto? Mi hai fatto morire di paura quando è arrivata la chiamata dal
pronto soccorso."
"Papà,
io..."
"No
'gene! Per carità di Dio lasciami parlare! Sei stato fortunato, tu e il tuo
amico, che quando hanno visto due ragazzini sotto quelle maschere, abbiano deciso di rivolgersi ad uno dei vostri genitori.
Avrebbero potuto farvi passare dei brutti guai, nella migliore delle ipotesi.
Poteva andare persino peggio: potevate rimanere gravemente feriti o...;"
Vincent Patilio non
ebbe il coraggio di continuare, e fu scosso da un forte fremito che gli fece
arrossare ulteriormente il volto." se non fosse stata per quella ragazza in costume che è corsa
in vostro aiuto... non oso pensare a quello che sarebbe potuto succedere. Ma come vi è saltato in mente di fare una cosa tanto
irresponsabile?! Siete andati a stuzzicare dei pericolosi criminali anziché
chiamare la polizia!"
"Ma che cosa credevi che facessi in giro di notte con quel
costume, eh papà?!"
Eugene si
pentì amaramente di quello che aveva appena detto, e si portò una mano sulla
bocca quasi avesse voluto tentare di ricacciare dentro quelle parole. Vince guardò con gli occhi sgranati il figlio, incapace di
rispondere, poi, dopo aver abbassato lo sguardo:
"Ora è
meglio che tu riposi, ne riparleremo domani."
"Papà,
io..."
"Non
preoccuparti, ho capito benissimo cosa volevi dire. Adesso, per una volta, dai retta al tuo vecchio... non preoccuparti per il tuo
amico. Potrà rimanere con noi stanotte, e poi domani decideremo il da farsi
anche con lui."
Carezzò
delicatamente la guancia del figlio, sentendo sotto le sue dita il brutto
livido che era ancora gonfio e sentì il cuore straziarsi a quel contatto.
In cucina lo
aspettava Marie che, da dietro la porta, aveva
sentito tutto.
"Prendi
un bicchiere d'acqua fresca, Vince."
"Ci
vorrebbe ben altro per me adesso." Rispose lasciandosi cadere a sedere
pesantemente su di una sedia. Prese la testa tra le mani, e fissò il tavolo
senza dire nulla.
"Vince...
so che sei arrabbiato..."
"Arrabbiato?
Arrabbiato?! No, Marie! Sono furioso!" Disse tentando di soffocare le grida che volevano prorompere
fuori.
"Ma il ragazzo..."
"Non è
con lui che lo sono... ma con me."
Marie lo
guardò con disappunto.
"Si, è
proprio così. Cosa pretendevo? Sono io che gli ho dato
la mia benedizione quando mi ha chiesto di fare l'eroe, e mi sono persino messo
a lavorare con entusiasmo su quel costume per poterlo potenziare e renderlo più
efficiente.
Ma che cosa
diavolo mi ha detto la testa?! Ha ragione lui, che cosa pensavo che uscisse a
fare di notte? Non potevo certo pretendere che tutti i suoi nemici fossero
buffi e innocui come il Tricheco e la Coniglia Bianca.
Ha cominciato
a dare la caccia a quelli davvero tosti, ai
delinquenti di strada, avanzi di galera senza scrupoli che quasi me lo
ammazzavano di botte! Ed io gli ho detto, vai! Segui
la tua strada! Papà è fiero di te!"
"Ma Vince, tu gli hai solo dato fiducia, lo hai fatto perché
lui capisse quanto lo stimassi."
"Marie! Ti prego! Non diciamo assurdità! I padri normali,
per far capire quanto stimano i loro figli, li iscrivono ad un club sportivo, e
vanno a fare il tifo durante le partite o li consolano qundo
perdono.
Ecco cosa fa
un padre normale! Oppure gli concedono di andare in vacanza con un amico, e di
far dormire la fidanzata una notte in casa, o fingono di non sapere che hanno
provato ad assaggiare una birra o... di sicuro non danno una pacca sulla spalla
al proprio ragazzo quando questi gli dice che passerà il resto della sua vita
combinato come ad Halloween per combattere il
crimine!"
"Ma lui lo ha fatto per te! Perché pensa tu sia un eroe, e
vuole calcare le tue orme."
"Le mie
orme? Marie, la cose migliori
che ho fatto in vita mia sono state sposare Rose ed avere Eugene!
Sono un ex criminale fallito, ringraziando il cielo, che si era
costruito un costume così ridicolo da passare il resto della propria
vita a chiedersi come gli fosse saltato in mente! Cosa
dovrebbe ricalcare?"
"Sei
troppo duro con te stesso! E poi, sai che Eugene è un
ragazzo molto sensibile, e ha sempre cercato di fare del suo meglio, come il
suo eroe, l'Uomo Ragno."
"L'Uomo
Ragno, è una delle persone migliori che conosca ma hai
detto bene: lui è un eroe; sa il fatto suo, ha dei veri poteri e delle vere
abilità speciali che gli permettono di fare questo lavoro; non dubito delle
qualità morali ed intelletuali di mio figlio, ma
tutto quello che può fare come vigilante e saltellare da una parte all'altra!
Non capisci?
E' stato fortunato stanotte! Lui e quell'altro
sono stati fortunati! Dio! Se ne va in giro con un ragazzino più piccolo di
lui, e forse anche i suoi genitori sono spaventati a morte perché stasera non è
tornato a casa."
"Nessuno
è spaventato per me, signore."
Vincent e Marie si voltarono verso Phantom,
che stava sulla soglia della porta. Era senza maschera, e indossava solo un
pigiama di Eugene che gli
stava parecchio largo. Li guardava con aria afflitta, e portava addosso i segni del pestaggio subito.
"Non ho
una famiglia, i miei genitori non si preoccupano affatto per me. Ve lo posso
assicurare, non è il classico caso di adolescente che
pensa di non essere amato. I miei sono sempre stati impegnati con le loro
carriere, e credo mi abbiano considerato quasi da
subito uno sbaglio. Di recente ho manifestato i miei poteri: sono un mutante;
questo non ha migliorato le cose, anzi, li ha spinti a desiderare di avere il
meno a che fare con me. Loro sono spaventati e si vergognano di loro figlio, mi considerano una specie di mostro, al punto
che nella cosa dove viviamo, la mia stanza è stata spostata il più lontano
possibile dalla loro. Vede signor Vince, non è colpa di Eugene quello che è successo, ma è stata una mia libera
decisione: mi sono sempre detto che questi poteri dovevano pur servire a
qualcosa e ho deciso di provare a fare l'eroe; ammetto che non sono il meglio
che c'è sulla piazza, e forse questo vale anche per suo figlio ma posso dirle
una cosa? Non avevo mai capito fino in fondo cosa
volesse davvero dire la parola eroe finché non ho sentito una cosa che lui mi
ha detto quando mi ha spiegato perché lui era divenuto l'Uomo Rana: lo ha fatto
perché era la cosa giusta; parlo di aiutare il prossimo signore, senza
aspettarsi nulla in cambio, donando tutto sé stessi, senza alcuna riserva. So
che ora ha paura, e che vorrebbe che suo figlio smettesse, ma non lo farà, e lo
sa perché? Perché è giusto così e perché ha un carattere d'acciaio ed io, ho
deciso rimarrò al suo fianco perché non potrei sperare
di incontrare un partner migliore in mille anni! Lei può decidere, se rendergli
la vita più semplice o più difficile: se gli si oppone sicuramente per un po'
lui l'accontenterà, ma presto o tardi, tornerà a seguire la sua vocazione. Non
scegliamo noi se essere così o meno, ma scegliamo se
assecondare o no la nostra natura e la sua scelta, Eugene
l'ha fatta da tempo."
Non aggiunse
altro, si voltò e tornò in camera da letto per riposare. Marie,
corse ad aiutarlo vedendo che zoppicava e
affettuosamente si fece mettere un braccio intorno alle spalle.
Vince era rimasto colpito da quelle parole ed ora non sapeva
proprio che cosa fare con quei due.
Basilica si S. Lorenzo, Roma - Martedì ore
11.00 a.m.
"... e
così le due chiese vennero unite per gli absidi, dando
vita all'attuale basilica. Al suo interno la diversità tra le due piante è praticamente evidente. Lì, c'è la tomba del De Gasperi come ti dicevo prima."
Peter ascoltò
attentamente il racconto di Romeo e gli chiese.
"E non è stato possibile salvare gli affreschi sulle
pareti?"
"Da
quanto ne so io, non è mai stato fatto niente per salvare il ciclo delle storie
di S. Lorenzo Martire e dubito fortemente che ormai a qualcuno gliene importi."
"A te
sembra importare molto, invece."
"Sono
solo uno stupido sentimentale. E' meglio non affezionarsi troppo a questa
città."
"Perché dici così?"
"Le
persone danno per scontato che siccome questo è uno dei maggiori punti di
concentrazione di storia e bellezze artistiche, ci
sarà sempre qualcuno disposto a prendersene cura. A me sembra che invece, già
da adesso, le cose vengano lasciate così come sono,
senza troppe preoccupazioni. Addirittura, l'ex sindaco, fu responsabile della
distruzione di molti tesori rinvenuti nella cosiddetta Domus
Aurea neroniana, scoperta di recente. Vennero buttati in una discarica, perché nessuno sapeva cosa
farne, e a momenti, la cosa passava sotto silenzio."
"E'
terribile."
"Stanno
succedendo delle cose orribili, e in parte è normale che la gente non si curi
di questo tipo di cose."
"Ti
riferisci alla questione mutante?"
"Mi
riferisco al ritorno del terrorismo, e mi riferisco al fatto che ci troviamo
sull'orlo di una guerra civile, anche se nessuno sembra volerlo ammettere. Alla
gente basta solo dire che è colpa di questo o di quell'altro, dei mutanti, del Governo, delle
Istituzioni... io credo che la colpa sia di tutti, nessuno escluso, e a causa
di una catena di tragici errori, siamo arrivati ad un punto in cui il conflitto
sembra davvero inevitabile."
"Tu lo
credi?"
"Nazione
Mutante è un organizzazione a delinquere per quel che
mi riguarda, ma promettono protezione a tutti quanti i mutanti, e questi
ultimi, a chi si dovrebbero affidare? Fazione Umanità è in
possesso di ordigni progettati per la loro eliminazione, e c'è sempre
stato chi li proteggeva per questioni di interesse. Ormai sono al di fuori di ogni controllo, e fanno sempre più proseliti tra la
popolazione."
Peter fissò uno suggestivo scorcio del cimitero monumentale, e ripensò a
quelle bellissime tempere su lavagna, la cui tecnica era andata per sempre
perduta insieme al loro autore, e si chiese se anche tutta quella bellezza che
aveva visto sin ora sarebbe stata sommersa dalla furia di una guerra e
destinata all'oblio. Si disse che la presenza di Quest
lì forse non era casuale, magari quel bastardo, pensò Peter, contava di fare
affari con la vendita di armi a uno dei due gruppi.
Romeo e Peter
avevano parlato molto, e il primo gli aveva raccontato di vivere con i nonni
paterni, a cui era molto legato, mentre i genitori, separati da anni, li vedeva
molto di rado. Non sembrava triste per questo, poiché diceva di aver ricevuto
tutto l'amore che un bambino poteva desiderare, e che invece c'era tanta gente
che non poteva vantare la stessa fortuna. Si sentiva molto in
sintonia con quel ragazzo, pareva avessero molto in comune, compresa la
passione per la scienza. Romeo disse che gli sarebbe piaciuto fare il musicista
nella vita, e magari provare a lavorare come turnista negli U.S.A. Aveva fatto
sentire qualcosa a Peter, e pur pensando che non era il suo genere, c'era
qualcosa di bello e delicato in quelle canzoni, e il ragazzo suonava la
chitarra davvero bene.
Pranzarono a
casa dei nonni di Romeo, Ettore ed Elena, due simpatici vecchietti ancora pieni
di vitalità, che furono ben lieti di accogliere un amico di loro nipote.
Il suo ospite
faceva da interpreta tra loro, e i padroni di casa
vollero sapere molte cose sulla vita a New York e sulla sua professione, cose
che lui fu lieto di raccontargli.
Il sole
bruciava alto nel cielo, e stavano mangiando fuori in terrazzo per godersi il
fresco di una provvidenziale brezza.
Mangiò ottimi
spaghetti con il sugo al tonno, un saporito coniglio alla cacciatora e un
gustosissimo piatto mai assaggiato prima: puntarelle
con le alici; non poté dire di no ad una macedonia che concluse
l'abbondante pasto e, dopo aver promesso che sarebbe tornato a trovarli, prese
congedo da casa Doria insieme al suo nuovo amico.
Quando
scesero, di sotto, c'era una ragazza che stava aspettando Romeo. Questi si mostrò molto sorpreso e le disse:
" Patty, che ci fai qui?"
" Visto che non ti sei degnato neanche di chiamarmi, da quando
sei tornato, ho pensato di venire di persona per parlarti."
"Mi
sembrava di aver capito che non volessi vedermi..."
Dal tono,
Peter capì che quella doveva essere qualcosa di più di una conversazione
casuale, e si sentì fortemente imbarazzato perché stava assistendo a quello che
aveva tutta l'aria di essere un imminente litigio.
"Oh,
scusami, ho appena ricordato che devo prendere una cosa in albergo. Se non ti
dispiace vado e torno, ci possiamo vedere tra una mezz'ora al,
com'è che si chiama? Al Bar di piazza
Sanniti?"
"No, non
ce n'è bisogno Peter... lei è Patrizia, una mia amica.
Patrizia, questo è Peter, un mio amico conosciuto da poco, è americano, e
non capisce l'italiano. Ho promesso che l'avrei accompagnato per un giro
turistico, quindi, se non ti dispiace, ora noi
andiamo."
"Bene,
vai pure, non so se però ci rivedremo! Peter, è stato un vero piacere
conoscerti, mi dispiace non aver tempo per scambiare due chiacchiere, ma ho un
po' da fare. Sono sicuro che Romeo sarà una buona guida turista. Ciao."
La ragazza si
allontanò, con l'aria urtata, e i due si scambiarono un
occhiata. Romeo gli fece spallucce e disse: "Abbiamo una storia un
po' complicata. Diciamo che non è la mia ragazza, né lo è mai stata. Non ha mai
mostrato interesse verso di me in quel senso, eppure, qualche settimana fa, è
successa una cosa, e lei si è cominciata a comportare come se fosse gelosa.
Quando ho cercato di farglielo notare, e sopratutto di fargli notare quanto
fosse assurda la cosa, si è inferocita e mi ha mandato a quel paese,
raccomandandomi di sparire per sempre dalla sua vita."
Peter sorrise divertito. "Non dirmi che tu l'hai presa in parola? Non sono un gran
conoscitore del genere femminile, ma posso dirti che molto spesso capita di
rendersi conto di non provare quello che si pensava per una persona, magari c'è
un sentimento più profondo a legarti ad essa. Credo
stia succedendo questo alla tua amica, e il fatto di essere venuta qui perché si aspettava di sentirti nonostante quanto detto,
dimostra che forse ho ragione."
"Patrizia,
innamorata di me?"
"Può
darsi che sia solo gelosa come amica. Può succedere,
anche l'amicizia è uno strano sentimento. L'unica cosa che posso dirti è che
dovresti parlarle molto francamente e capire cosa provi anche tu nei suoi
confronti. Sbaglio, o sei un po' confuso?"
Disse
strizzandogli l'occhio.
"Io?
Ehm... non hai tutti i torti! Accidenti... mi sento così ridicolo... beh, per
ora non farmici pensare.
Ho una città
da mostrarti, ricordi?"
"Si, ah,
se non ti dispiace, devo fare una chiamata, c'è un telefono pubblico qui
vicino?"
"Certo,
vieni con me."
I due si incamminarono al più vicino apparecchio.
Aveva contattato Rugantino al numero che questo gli aveva dato, e
si erano accordati per incontrarsi quella sera a Villa Borghese, poiché come
gli era stato spiegato, a tarda ora era un posto quasi deserto, se si escludeva
qualche guardiano e qualche coppietta infrattata.
Il termine non lo conosceva, ma ne capì al volo il senso.
Stava
passeggiando con Romeo lungo via Nazionale, scendendo
verso piazza Venezia, era intento in una piacevole discussione quando il senso
di ragno urlò con tutta la forza che aveva. Fu rapidissimo: prese il ragazzo e
si buttò in terra con lui, facendogli scudo con il proprio corpo; l'esplosione
era stata violenta e molti passanti erano rimasti feriti. Dall'edificio
sull'altro lato della strada, la cui facciata era crollata per intero, si
alzarono alte lingue di fiamme e un denso fumo scuro.
Si sentì una
voce amplificata provenire dal cielo, e alzando lo sguardo, vide una delle
mostruose Guardie che volava in circolo sopra l'edificio semi distrutto.
"Fratelli
e sorelle umani: sappiamo che quanto fatto verrà
ampiamente criticato dai media nelle prossime ore; ma la nostra azione era
necessaria! In quel palazzo, si nascondeva un covo di mutanti, e proprio oggi
avevano deciso di perpetrare un barbaro attentato ai vostri danni. Non avevamo
il tempo di infiltrarci e catturarli, perché avevano delle armi molto
pericolose con le quali avrebbero potuto colpirvi: perciò il nostro intervento è dovuto essere duro e tempestivo. Questa non sarà purtroppo
l'unica, perché la lotta contro di essi è appena
iniziata. Il Governo, che ci osteggia e a parole condanna le loro
organizzazioni eversive, in realtà li protegge ed è loro alleato, questo perché
conta di utilizzarli come forza di polizia per istaurare un regime dittatoriale
di tipo fascista, e assumere così permanentemente il potere. Le Opposizioni,
sono colpevoli di aver stretto accordi sotterranei con esso,
e di partecipare quindi a questo scellerato piano. Sono dei nemici del Popolo,
e peggio, sono ciechi e folli, perché contano di servirsi di chi vuole
sterminare l'umanità senza distinzione alcuna..."
Il discorso
doveva essere pronunciato da qualcuno collegato al robot, e Peter avrebbe tanto voluto averlo lì per mettergli le mani
addosso.
"Stai
bene ragazzo?"
"Si...
si..."
"Ascoltami, devi andare via di qui."
"E... tu?"
"Io...
io resterò per vedere se qualcuno ha bisogno di aiuto,
e per fare qualche foto. Sono pur sempre un fotografo, ricordi?"
"Non
posso... non posso andarmene, lasciandoti solo."
"No
Romeo... tu non capisci è meglio..."
"No! Sei
tu che non capisci!" La sua voce era venata da una rabbia
disperata, e gli occhi si stavano riempiendo di pianto."
Guardati intorno! Guarda tutta questa gente! Guarda il loro terrore, l'odio
che trabocca dai loro sguardi. Non capisci? Non è rivolto a Fazione Umanità, ma
ai mutanti! Pensano sicuramente che sia tutta colpa loro."
"Sono
solo sconvolti per quanto sta accadendo."
"Mentre
Fazione Umanità ha la faccia tosta di montare il loro
odio per il genere mutante, dopo essersi resa responsabile di tutto questo! Non
permetterò che questo continui, sono stato zitto
troppo tempo! Ho subito senza mai dire nulla..."
"Ma di che cosa stai..."
Peter sgranò
gli occhi.
Fu come se in
un attimo, la realtà si fosse fermata, e il corpo di Romeo Doria
avesse perso di significato, divenendo un impercettibile
opinione avvolta da una sottile fiamma liquida color azzurro - argento.
Essa se ne era venuta fuori dalla sua bocca, come un
respiro ribelle che si alzava verso il cielo, e poi, si sparse lungo le sue
membra, venendone riassorbita. I vestiti vennero
lacerati, mentre la sua storia evolutiva veniva di colpo riscritta, assumendo
un nuovo significato, finché non divenne realtà fisica. Peter, si sentì
afferrare gentilmente ma con fermezza da due possenti mani artigliate che
tuttavia erano attente a non ferirlo. Lui si alzò in piedi, guardò con
disprezzo la Guardia e gli gridò contro il proprio sdegno, levando un altissimo
ululato. Balzò sul tetto di un auto, incurvandolo e da
lì sulla facciata del museo di Via Nazionale, usando le affilatissime e
resistenti unghie per intaccarla e arrampicarsi sino alla sommità.
Le persone
urlavano, e nel frattanto stavano arrivando i pompieri e le forze dell'ordine.
Le camionette
dei Nuclei Operativi Questioni Paraumane e Mutanti dei Carabinieri si posizionarono lungo la strada, e ne scesero dei militari in
tenuta da combattimento che corsero subito a prestare soccorso ai feriti.
Romeo tentò
di assalire il Guardiano, lanciandoglisi contro con
un poderoso balzo, ma, a pochi metri di distanza, questo lo colpì con una
manata e lo mandò a schiantarsi contro un palazzo antistante.
Peter emise un grido un di rabbia e, senza perdere tempo, avanzò
tra il fumo, cercando riparo proprio sotto una camionetta. Gli ci vollero pochi
secondi per cambiarsi e, grazie alla confusione generale, nessuno si accorse di
quello che stava succedendo.
L'Uomo Ragno
emerse dal nulla, per quello che tutti potevano aver visto, e si sbrigò a
dirigersi contro la mostruosa macchina.
"Avete
visto? Essi sono tra di noi, pronti a colpisci in ogn..."
Il discorso
fu interrotto dal proiettile umano rosso e blu che gli si avventò contro,
colpendolo con i pugni stretti a maglio proprio sul volto.
L'Uomo Ragno
rimbalzò via, mentre il Guardiano ondeggiò paurosamente per effetto del colpo.
"Maledetto!
Non so cosa stai dicendo, né me ne importa niente! Hai aperto il fuoco
uccidendo degli innocenti e mettendone in pericolo altri!
E tutto per fare propaganda?!"
Mentre cadeva
all'indietro, agganciò il braccio dell'automa con una tela, e tirandosi su,
compì una parabola ascendente che lo portò sulla schiena del mostro, alla quale
aderì sfruttando il suo potere di attrazione
molecolare.
Proprio in
quel mentre Romeo balzò fuori dalla facciata del
palazzo contro il quale era stato mandato a schiantarsi, e tornò nuovamente
all'attacco, riuscendo stavolta a raggiungere il bersaglio.
Artigliò i
sensori ottici, riuscendo a sfondarne le protezioni e l'Uomo Ragno, a pugni
uniti, colpì quello che aveva identificato come un pannello dietro la nuca del
colosso. Questi attivò una sequenza difensiva, cominciando a ruotare su sé
stesso, con il risultato di proiettare via Romeo che
nella sua forma lupesca colpì un blindo dei carabinieri, sputando fuori una
notevole quantità di sangue. Il Ragno invece resistette, e ancora più
infuriato, gli urlò:
"E no! Ci hanno già provato in tanti con il trucco del
frullatore! Ma con me non funziona!"
Continuava a
colpire senza sosta il metallo, sentendo le ossa delle mani scricchiolare
pericolosamente.
Era molto
resistente, ma in mente gli tornarono le parole che un giorno gli disse Ben Grimm durante un loro
incontro:
"Non
importa quanto sia resistente una cosa: se la colpisci
con tutte le tue forze su di un unico punto più e più volte, alla fine dovrà
per forza cedere."
Così fece,
emettendo una serie di ringhi selvaggi ad ogni colpo, finché le lagrime non gli
rigarono il volto, finché Peter Parker non fu di nuovo assorbito dal Ragno,
finché il metallo non si incurvò, macchiato dal sangue
che usciva dai guanti ridotti in brandelli, finché non fu divelto via con
rabbia selvaggia.
Poi, il
Ragno, lasciò tornare L'Uomo, e questi, infilò infondo
all'ammasso di cavi e circuiti, una sfera: una tela d'impatto.
Saltò via, e
quando l'oggetto esplose, la ragnatela schizzò in ogni dove, provocando seri
danni e numeroso scintille.
Agì con tutta
la velocità di cui era capace, preparando con tela normale e tele d'impatto una
rete, che impedì al robot in caduta, di schiantarsi al suolo provocando ulteriori danni. Romeo, riavutosi dal colpo, tossì, sputando
altro sangue e, ancora in preda ad un incontrollabile furia
animalesca, si scatenò contro il Guardiano che tentava di rialzarsi.
Colpì due volte la testa, dalla quale usciva del fumo, mentre l'Uomo Ragno, si
occupò della schiena. Agirono all'unisono, senza dargli tregua o modo di
potersi riorganizzare, decisi a distruggere quell'abominio
per sempre e, alla fine, riuscirono nell'intento.
Respiravano
affannosamente, e si scambiarono alcune occhiate, finché una voce non disse:
"Voi
due! Non muovetevi e non opponete resistenza: sarete condotti alla centrale per
accertamenti."
Romeo ringhiò
per il disappunto e disse: "Ci vogliono arrestare! Non posso crederci!
Vogliono arrestare noi due!"
"No! Non
ho tempo per queste cose... andiamocene via."
Recuperò il
pacco di tela sotto una delle camionette,
agganciandola con un filo, e insieme al compagno si allontanò a grandi balzi.
I carabinieri
stavano per aprire il fuoco ma un ufficiale intimò loro di non farlo.
"Fermi!
Non possiamo sparare per bloccarli: per quanto ho visto non sono stati loro a
provocare l'esplosione, ma hanno contribuito a fermare i veri responsabili.
Chiamate immediatamente l'unità di rimozione, voglio quel Guardiano al
laboratorio entro mezz'ora! Dobbiamo iniziare immediatamente a studiarlo,
potremmo ricavarne dati utili per risalire ai suoi padroni."
Alzò lo
sguardo, coprendosi con una mano dai raggi del sole, scrutando all'orizzonte cercando
di intravedere quei due.
Roosvelt Isalnd.
New York. - Giovedì ore 10.37. a.m.
L'idea di
costruire un covo segreto sfruttando un vecchio impianto fognario non più in
funzione era sostanzialmente buona, se non fosse stato per l'odore e l'umidità.
Questo
pensava mentre stava disattivando il pannello numerico su cui avrebbe dovuto
digitare i codici d'apertura.
"Coraggio
bambino... non puoi certo pensare di resistermi. Non è
ancora nato un dispositivo che io non sia in grado di
aprire... ecco, così... bravo!"
Il pesante
portello si mosse, scivolando nel pavimento e rivelando un corridoio che
portava al laboratorio segreto.
Indossò il
rilevatore di infrarossi e sorrise nel vedere le
decine di raggi invisibili rivelarsi al suo sguardo, commentò: "Oggi come
oggi, è la cosa più prevedibile da fare, per questo sono sicuro che hai pensato
a qualcosa d'altro, mia cara. Cos'è? Sensori di pressione a terra? Su tutte le
pareti? Probabile, visto che magari temevi un’intrusione
del Ragnetto.
“Sembra un
sistema perfetto, non come quello di quei quattro pezzenti squattrinati! Si
vede la differenza tra una vera professionista e quattro signori del crimine
improvvisati, senza contare che tu eri un vero e proprio genio. Ma non esiste
un apparato di sicurezza che sia perfetto, per quanto
intelligente ne sia il creatore: se tu o il tuo amante per qualche motivo non
aveste potuto digitare il codice d'accesso, sareste stati tagliati fuori dal
vostro rifugio e questo non è concepibile. Innanzitutto, ci deve essere un sistema
molto semplice per disattivare le fotocellule, ed io, credo di aver capito qual'è."
Tra i raggi e
la porta, vi erano uno spazio di pochi centimetri, e sapeva che in quel punto
non dovevano esserci sistemi d'allarme. Entrò con cautela, e cominciò a guardare
le pareti ai lati: il budello non era molto largo ma alto e di forma
ottagonale; come aveva immaginato era stato pensato per le loro esigenze.
Guardò in alto e vide lo sportelletto, anche se ci
mise un po' a trovarlo. Prese il braccio estendibile e con la tenaglia lo aprì,
trovandosi a fissare il comando per spegnere i raggi, una manopola color rosso.
La trappola
che serviva a sviare l'attenzione, era stata disattivata, ora doveva evitare
quella vera e già aveva una mezza idea di come fare.
Si tolse i rilevatori di infrarossi, ed accese una
potente lampada allo xeno con la quale illuminò accuratamente ogni cm del
passaggio, notando sulle pareti delle cavità.
Aveva
immaginato qualcosa del genere e si era premonito,
solo che l'operazione gli avrebbe richiesto parecchio tempo.
Mezz'ora
dopo, le speciali aste estendibili che si era fatto preparare, erano fissate
nei buchi, stando esattamente a metà dell'altezza del corridoio, e lui le usò
per arrivare dall'altra parte.
C'era una
seconda porta, anche questa con un pannello numerico e anche questa venne disattivata con una certa facilità, lasciando libero
alla vista l'ampia base - laboratorio.
"Wow! Mi
sono sempre chiesto una cosa: come diavolo fanno i
cattivi a portare senza che nessuno se ne accorga, tutte queste attrezzature
fantascientifiche in posti così improbabili!"
Tutti i
computer erano in stand by, e accendendo un terminal,
gli venne richiesta la password. Avrebbe potuto fare brutforce fino a trovarla, ma era certo di sapere quale
fosse: digitò il suo nome e di seguito grande genio,
sbloccando la postazione.
"La
vanità! Per colpa di questo peccato così dolce, quante torri son cadute nella pollere e quante
possenti e superbe città, divorate da fiamma! Ahimé,
uomo, così sciocco da cedere alle sue lusinghe e
ancora più sciocco da credervi!
Essa non si interessa mai a te senza un fine ben preciso: la tua
rovina."
Dopo aver
declamato con divertimento quei versi, cominciò subito il suo lavoro,
visualizzando la mappa della stanza e localizzando il suo tesoro.
Da qualche parte a Villa Doria Pamphili, Roma - Martedì
ore 4.00 p.m.
Romeo gli
aveva parlato di un angolo della villa che conoscevano in pochi e si trovava
lontano dai luoghi solitamente frequentati dai visitatori: una vecchia casa
destinata al personale, in restauro da decenni;
"Come ti
senti?" Chiese preoccupato l'Uomo Ragno. Si erano
affrettati ad allontanarsi dal luogo del disastro senza mai prendere sosta e il
ragazzo, che pure nella sua nuova forma sembrava piuttosto vigoroso, aveva
subito un paio di brutti colpi.
"Come se
fossi passato in un tritacarne... ma mi riprenderò,
parola."
Gli occhi,
gialli per via della luce che catturavano nell'ombra, si posarono su di lui e,
il Ragno cominciò a temere.
Peter Parker
era giunto in Italia e, dopo un po', compariva anche il soggetto della quasi
totalità delle sue foto, ovvero l'Uomo Ragno; probabilmente ora che erano un
po' più calmi, il ragazzo ci sarebbe arrivato e...
"Di la verità! Sei tu che hai fatto cenno a Peter di buttarsi
giù."
"Si!"
Rispose istintivamente, cogliendo quell'inaspettata
palla al balzo.
"Allora,
tutte quelle voci secondo le quali esisteva un legame tra voi due, una specie
di rapporto di collaborazione, erano vere."
"Si, ma
ti prego di non confermarle, altrimenti le vite del mio amico e della sua
famiglia sarebbero in serio e costante pericolo."
"Ora è
tutto chiaro: lui fa dei lavori da detective per te, usando i suoi contatti e
le sue conoscenze, dandoti informazioni utili per le tue missioni; perché lo
hai portato con te a Roma? Che cosa state
cercando?"
"Io...
non credo sia il caso di coinvolgerti."
"Ah,
certo, il ragazzino potrebbe essere in pericolo. Se non ci hai fatto caso, sono
in grado di difendermi da solo."
"Si, ci
ho fatto caso, ma continuo a pensare che sia meglio non coinvolgerti."
"Grazie
tante! E' tutta la vita che sognavo di incontrare il mio eroe preferito, e
quando mi capita e per di più mi salva la vita, mi fa il pistolotto sul come sia pericoloso che alla mia giovane età mi metta a fare il
giustiziere."
"Non
voglio mettere in discussione le tue capacità, né la tua intelligenza, ma sono
abituato a lavorare da solo e preferirei continuare così."
Peter non
voleva coinvolgere un amico al quale si era affezionato rapidamente come poche
volte nella sua vita in quella che reputava una missione pericolosissima:
specie visto che ora aveva a che fare anche con un
giustiziere notturno di cui non sapeva praticamente nulla; il ragazzo scosse la
criniera riccioluta che gli scendeva
sulla schiena, mostrando le zanne in quello che era un sorriso amaro.
"Capisco
cosa stai cercando di dirmi gentilmente, e non posso darti torto. Non so cosa
mi sia successo oggi, ho sempre evitato di trasformarmi in pubblico, ma ero talmente esasperato per quello che era accaduto da non
potermi trattenere. Io sono un ragazzo come tanti altri, se si eccettua questo," commentò mostrando le sue membra con un
eloquente gesto" e non ho mai pensato di mettermi a fare l'eroe,
non più di quanto ci abbia pensato ogni adolescente normale sulla faccia della
terra."
"Non è
un mestiere semplice il nostro: non sempre si è popolari, non abbiamo un assicurazione per gli infortuni, né giorni di riposo o
vacanze, e alla fine non ti danno neanche una pensione... sempre che alla
pensione ci si arrivi!"
"Sembrerebbe
un inferno: e allora perché tu lo fai?"
"E' un
lavoro sporco... ma qualcuno deve pur farlo."
Romeo rise
con un bizzarro tono, dovuto alla sua nuova gola, e l'Uomo Ragno per un po' si
unì a lui. Si appoggiarono con la schiena su di un vecchio muro il cui intonaco era in larga parte caduto.
Per un attimo
il lupo sussultò.
"Che c'è?"
"Nulla
Uomo Ragno... ho percepito... visto un bacherozzo...
una blatta.... e se c'è una cosa che mi terrorizza sono proprio quei piccoli
mostri maledetti dal Signore Iddio."
"Un lupo
grande e grosso come te che ha paura di un povero insettino che al più riesce a far ruotare le antenne!"
"Non
sono tanto grosso, quando mi trasformo le mie taglia e
altezza non aumentano così tanto."
"Sei un
mutante?"
"Credo
di si... ho manifestato questa capacità nel periodo
adolescenziale, e ti assicuro che la prima volta è stata piuttosto
tragica."
"Immagino."
"Ma
qualche giorno dopo mi divertivo come un folle a saltare nel cuore della notte
da un tetto all'altro."
"Immagino
pure questo."
"Poi
sono sopragiunti i primi problemi: la paura di essere scoperto, considerato un
mostro, e di mettere così in pericolo la mia famiglia."
"Già..."
"Nessuno
sa del mio segreto, non l'ho confessato neanche alle
persone più care. Delle volte temo che esso mi schiaccerà con il suo peso e
sarà la causa della loro infelicità."
Peter sospirò
sotto la maschera, poi allungò un braccio e dette una pacca amichevole al
ragazzo.
"So cosa
intendi dire: ma non devi mai lasciarti andare a questa disperazione che senti di fondo; devi cercare la forza di andare avanti dentro di
te e farvi appello. Devi aver fiducia nei tuoi mezzi, nelle tue possibilità, e
non temere il confronto con te stesso e le il confronto con te stesso e li che le cose andranno meglio."
"Ma
questo potere... le responsabilità che comporta..."
"Da un grande potere, derivano sempre grandi responsabilità.
Funziona così, non si può avere l'uno senza le altre, e quello che distingue un
uomo buono da uno che non lo è, è proprio la nostra capacità di far fronte ad esse.
Personalmente
non so se posso definirmi buono, ma di sicuro ho sempre tentato, cercando di
non mollare mai, neanche quando era talmente dura che mi sembrava non ci fosse speranza ed ero sul punto di crollare.
Una persona
molto saggia, mi disse una volta: non bisogna mai smettere di lottare fino a
cinque minuti dalla propria morte; ed io penso che neanche allora si debba
cedere."
"Hai
ragione! Allora, visto che questi poteri mi danno delle grandi responsabilità," affermò entusiasta Romeo." adesso che so che sei qui per un qualcosa di importante, ho
il dovere di aiutarti, dovere che viene ben prima della mia incolumità
personale..."
"Ehi,
no... aspetta un..."
"E anche
se tu mi dicessi di no, in base a quello che mi hai
detto, non dovrei scoraggiarmi, ma continuare ad insistere, magari provarti a
seguire, o parlare con Peter e cercare di convincere lui a..."
"Sospensione!"
Esclamò l'U.R. facendo il tipico cenno proprio del basket. Riprese un
attimo fiato, meditando mentre Romeo lo guardava speranzoso.
"Maledizione
a me, e quando mi metto in testa di fare questi bei discorsi. Purtroppo, devo
darti ragione: non posso impedirti di fare quello che è giusto o che comunque tu reputi essere giusto..."
"Yuppie!"
"... ma questo non vuole dire che sia favorevole alla tua
decisione. Ascoltami, sei molto giovane, e per tua ammissione praticamente non hai esperienza in questo genere di cose,
mentre io avrò a che fare con qualcuno che non si fa molti scrupoli ad
uccidere. Verrai con me, ma eseguirai ogni mio ordine e ti terrai
fuori dai guai quando io te lo chiederò, d’accordo?"
"Accidenti!
Vuoi dire che saremo soci?!"
"Non ho
detto..."
"Saremo
come Stursky ed Hutch, come
Bo e Luke..."
"... Gianni e Pinotto..."
"Holmes e Watson..."
"... Topolino e Pippo..."
"E'
fantastico, non sai cosa voglia dire questo per me! Finalmente sento che la mia
vita sta assumendo un senso. Come se avessi aspettato questo incontro
da tutta una vita."
"Ragazzo,
io mi terrei un po' più basso... non sono mai stato molto incline a credere
nel..." Si bloccò, ripensando alla presenza che
lo avvolgeva, che penetrava in lui, che lo curava richiamandolo alla vita, e si
ricordò, proprio allora, di aver visto alcune vaghe immagini, per pochi
istanti, quasi stesse attraversando una galleria le cui pareti erano composte da volti in continua trasformazione e, ne era sicuro ora,
aveva visto anche il suo viso. Così come nella Tela dello Stregone dei tre
Ragni, aveva visto la figura di un lupo mannaro che lottava contro la
distruzione: provò un fortissimo senso di disagio; quel lupo cadeva colpito a
morte e fino a quel momento, pensava essere il suo amico John
Jameson... ma guardando bene il ragazzo che aveva di
fronte, somigliava più a lui.
"... stavi per dire misticismo?"
"Si..."
Rispose l'Uomo Ragno che si sentiva parecchio scosso.
"Sai, io
invece non credo sia stato casuale il nostro incontro.
Da quando ero piccolo, il mio eroe preferito eri tu. Ho seguito sempre le tue
gesta e le tue imprese, e ho sempre pensato che eri
una grandissima persona, perché facevi tutte quelle cose nonostante il veleno
che ti sputavano addosso: mi hai insegnato che per fare del bene, non si deve
aspettare d'esseri ricoperti di lodi."
"Fare
del bene, è un ottimo proposito, ma vorrei chiederti di riflettere sul modo in
cui lo si fà. Tu avrai
sicuramente dei cari a cui vuoi un gran bene, e se dovesse
succederti qualcosa mentre sei impegnato a fare il giustiziere, cosa pensi che
gli succederebbe?"
"Sarebbero
affranti per il dolore, ma anche se questo mi strazia, non mi esonererà
dall'adempiere a quelle responsabilità di cui parlavi
tu prima. Altrimenti tutti potrebbero dirsi sollevati da esse,
perché il loro bene sta a cuore a qualcuno. Anche tu hai iniziato che eri molto
giovane, e non venirmi a raccontare che sei orfano, perché sicuramente qualcuno
che ci teneva in modo particolare a te, lo avrai pur avuto."
"Soob! Non posso aggiungere altro, allora."
"Eheheheh, decisamente no. Senti, in tutta questa fretta, mi sono scordato di
chiederti una cosa... spero che non penserai che sono matto... anche se credo
che un idea tu te la sia fatta sul mio conto: posso stringerti la mano?"
"Beh,
certo, perché no? Qua la mano... socio."
Romeo era al
settimo cielo, e quasi non poteva credere a quello che il Ragno aveva appena
detto.
"Accidenti!
Sei un grande! Ma ora dovrò trovarmi un nome da
battaglia, perché di certo non posso farmi chiamare con quello della mia
identità civile. Potresti darmene uno tu, come fece il
vecchio Tekki Kumo con
te."
"Eh?! Tekki cosa?!"
"Ahahahahahahahah! Dai, non dirmi che non lo sapevi?"
"Sapere
che cosa!?"
"Muteki ken Spiderman."
"No,
aspetta, continuo a non capire."
"Era un
serial giapponese di qualche hanno fa, che qui in Italia era molto conosciuto,
e raccontavano le avventure dello strabiliante Uomo Ragno."
"Un
serial? Su di me?!"
"Si,
narra la tua storia: quella del principe del pianeta Spider che da bambino è
costretto a lasciare il suo pianeta perché dei malvagi alieni ne hanno
provocato la distruzione, innescando nel nucleo una terribile esplosione; il
vecchio e saggio Tekki Kumo,
ti ha lasciato in eredità dei braccialetti che, quando saranno incrociati, ti
doneranno dei sorprendenti poteri. Così credi, allevato da una coppia di umani, e divieni un fotoreporter..."
"... un
fotoreporter? Io?! Ma se l'unico che a mala pena sopporto è Peter..."
"... poi
sulla Terra, arrivano gli stessi alieni che hanno distrutto il tuo mondo,
proprio come era stato previsto, e tu, com'è il tuo
destino, dovrai opporti a loro e impedirgli di conquistare il nostro pianeta.
Assumi perciò l'identità di Uomo Ragno, il giustiziere
spaziale, e li combatti grazie alle tue nuove facoltà, e con l'ausilio di una
speciale Ragno Macchina..."
"...
oddio... maledizione a me e quando decisi di costruirne una..."
"... e Leopardon."
"Cosa?!"
"Si
tratta di un'astronave, la stessa che ti portò qui, capace di trasformarsi in
un gigantesco robot."
"E cosa centrano i leopardi con i ragni?"
"Non lo
so, ma mi entusiasmavo come pochi quando vedevo quel programma."
"Dovrei
fargli causa! Hanno messo in testa a migliaia di giovani italiani che io potrei
essere un alieno!"
"Ahahahahahaahahah!"
"Io non
ci trovo nulla di divertente... piuttosto... suppongo che dovremo aspettare la
sera per poterci muovere."
"Supponi bene... Peter sarà preoccupato."
"No...
ha visto che venivi con me. Era tra la folla. Sa che
sei al sicuro... più o meno... visto che ora siamo
soci, parteciperai ad un ronde vouz con un vigilante
della tua città."
"Davvero?
Non sapevo ne avessimo uno."
"Neanche
io... neanche io..."
I due
tornarono a stringersi silenziosamente la mano e poi, decisero di schiacciare
un pisolino sino al calar delle tenebre.
Fine
dell'episodio.
Grazie allo
staff di Marvelit al gran completo per l’assistenza
offerta per quanto riguarda questa e le altre mie pubblicazioni, presenti e
passate e, speriamo, per quelle future.
Grazie a
Valerio Pastore che sostituirà per un po’ l’ottimo Web nel non certo facile
compito di supervisionarmi.
Grazie a
tutti i lettori che giustificano il mio lavoro.
Per varie ed
eventuali, scrivete pure a:
Spider_man2332@yahoo.it