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Uomo Ragno  #50.

 

 

Vacanze Romane. Part I

 

 

Di Yuri N. A. Lucia.

 

 

 

 

Campagna nei pressi di Trequanda, provincia di Siena - Toscana - Italia. Lunedì, ore 5.00 a.m.

 

 

Il sole cominciava a rosseggiare pigramente al di là dell'orizzonte, e ormai in cielo, brillavano solo le stele mattutine, tra cui una luminosissima Venere. Peter dovette distogliere a forza lo sguardo da quello spettacolo decisamente affascinante e tornò a fissare davanti a sé: la campagna della Val D'Orcia era stupenda con il suo susseguirsi di collinette e avvallamenti, campi di grano, girasole, erbosi, o semplicemente arati, e tutto cominciava a bruciare timidamente alle prime luci di quella calda alba, divenendo una teoria di gialli, ocra, bruni, verdi, a scacchi e onde; la sua attenzione era per una collinetta dalla bassa erba dorata, alla cui base erano ammassate ordinatamente diverse enormi balle di fieno, e su cui si inerpicava un sentiero che pareva a malapena disegnato, e portava ad un vecchio casale, che dall'aspetto sembrava essere ottocentesco o giù di lì.

Sapeva che dietro quello spettacolo delizioso e quella quiete paradisiaca, rotta solo dal cinguettare di qualche uccellino e dal ronzare di solitari insetti, si nascondeva il suo bersaglio: una delle basi italiane di Quest.

Non aveva motivo di pensare che P.H.A.D.E. gli avesse dato informazioni sbagliate e il movimento sospetto di veicoli che aveva visto durante la notte lo confermava.

Voleva  spiare i sui suoi uomini per avere informazioni sul loro padrone, e saperne qualcosa di più, visto che era stanco di brancolare nel buio. Si trovò a pensare, nonostante il momento, che sarebbe stato bello, qualora lui, M.J. e May fossero andati in Scozia, fare una capatina da quelle parti e dividere con loro quell'idilio.

La sua pazienza venne premiata, e vide una macchina venire fuori dall'edificio, una Lada Niva color bianco; si mosse con la rapidità eccezionale di una ragno dalle proporzioni umane, e con l'abilità che il predatore vivente in lui aveva sviluppato in migliaia e migliaia di generazioni di cacciatori a otto zampe. Non poteva lanciarsi da una parte all'altra con le tela e, per non essere visto, spiccare lunghi balzi, ma si muoveva a quattro zampe, scivolando con il ventre a pochi millimetri dal terreno, silenzioso, determinato, pronto a tutto. Doveva seguire l'auto, e non perderla di vista. Per sua fortuna non era un veicolo troppo veloce per lui, e riuscì a non perderlo di vista per un bel po'. Entrarono in un paesino, di nome Calcagallo, passando attraverso le antiche mura medievali per una porta dall'arco a tutto sesto, sormontato da uno stemma mediceo: un leone che reggeva una palla;

il paesino era arroccato su di un alto collo, e le torri di guardia erano ancora in buono stato.

Peter sorrise, pensando che avrebbe potuto cambiarsi e seguirli nei suoi panni civili e...

L'esplosione che ci fu all'improvviso fu molto potente: un lampo accecante seguito da un alta fiammata, e, dopo neanche un secondo, i frammenti dell'antico muro che venivano scagliati a grande distanza;

senza pensarci su un attimo, corse in direzione della cittadina, per portare il suo aiuto.

 

La scena che gli si parò innanzi, all'inizio, gli risultò terrificante e incomprensibile allo stesso tempo:

per le strade erano riversate centinaia di persone, alcune indossavano delle uniformi bianche e verdi ed erano armate; sparavano contro un gruppo che aveva fatto quadrato e cercava di resistere. Notò che si tenevano dietro quella che sembrava una barriera di energia, e che a generarla era una donna sulla quarantina, le cui mani, creptanti di energia statica, proiettavano un vello trasparente.

Ad un certo punto, uno di quelli sotto attacco urlò delle parole in italiano, che non riuscì a capire, in parte anche per colpa del fragore che si era levato:

"Nazion Mutante! Nazion Mutante! Non arrendiamoci fratelli e sorelle! Non arrendiamoci a questi sporchi assassini di mutanti! Colpiamoli tutti insieme, con tutta la nostra forza!"

Il disperato appello, seppur incomprensibile per lui, sembrava sinceramente accorato, e in qualche modo ne intuì il senso, ma quelli erano troppo terrorizzati e ormai, il muro energetico, colpito da un specie di arma a raggi, stava cedendo. Decise di aver visto sin troppo, e passò all'azione anche se questo avrebbe mandato al diavolo il suo piano.

Saltò su un tetto spiovente, tutto coperto da vecchie tegole, sfondandone alcune, e, dopo un paio di balzi, aggirò quelli che portavano l'attacco agli altri che, dall'unica parola di cui aveva capito il significato, aveva identificato come mutanti. Lanciò un paio di tele di impatto che esplosero sulle teste dei tre che reggevano la grossa arma a raggi, intrappolandoli in un bozzolo duro come l'acciaio. Prima che capissero cosa stesse succedendo, si gettò tra di loro, e cominciò a colpirli con velocità e grande abilità.

"Assassini! Ma come vi salta in mente di fare qualcosa di cose assurdo come aprire il fuoco..."

Si abbassò di scattò, evitando una pugnalata alle spalle, e con il gomito compresse il diaframma del soldato facendogli uscire tutta l'aria dai polmoni e provocandone lo svenimento.

"... su delle persone inermi! Non ci posso credere! Credevo che queste cose avvenissero solo dalle mie parti, ma vedo che l'idiozia..."

Saltò e colpì in spaccata altri due che provarono a prenderlo ai fianchi. Riatterò sulla mano, si sollevò sul braccio e si lanciò contro quelli che erano assiepati nei pressi del muro di energia, e riprese il suo assalto.

"... non ha frontiere!"

In breve c'era una gran numero di persone a terra, mentre gli abitanti del paese che erano rimasti nelle case, osservavano la scena terrorizzati da dietro le imposte.

Si guardò intorno, e s'avvide che qualcuno era rimasto in piedi, ma prima che potessero fuggire, i mutanti passarono all'attacco, e cominciarono a colpirli con tutto quello che avevano: bastoni, sassi, pugni, raggi...;

"No!"

Urlò l'Uomo Ragno, e si affrettò a sottrarre gli uomini in uniforme dal linciaggio, ma quando si frappose tra loro e la folla urlante si accorse che se la stavano prendendo anche con gli svenuti.

"Fermi! Fermi! Per l'amor di Dio, ma che cosa vi siete messi in testa di..."

Nonostante l'avesse avvertito, per via del poco spazio, non riuscì a evitare un raggio verde che lo colpì in pieno petto, scaraventandolo indietro, verso il muro. Si portò con sé un paio di quelli che voleva ora proteggere, e involontariamente gli ammortizzarono l'impatto. Sentì il crack delle loro ossa, e con il sangue raggelato si voltò verso di loro. Fu preso di mira da una fitta sassaiola, e si trovò costretto a saltare sopra un tetto per evitare di essere lapidato.

Alcuni sassi l'avevano preso, e le ferite dolevano parecchio.

I mutanti presero le armi che erano cadute e il cannone che era rimasto fuori dal bozzolo contenitivo.

"Ci volevano ammazzare tutti! Abbattere come cani arrabbiati! E nessuno di questi miseri Minus Habens ha mosso un dito! DuX ha ragione! Sono solo dei vigliacchi inferiori e nostri nemici! Nessuna pietà per loro, come loro non ne hanno avuta per voi e i vostri figli."

Quando capì cosa stavano per fare, si lasciò cadere in basso, agganciò il muro con un paio di tele, e si spinse dentro, sfondando le imposte. Rotolò spostando un grande letto di ottone e ferro battuto. Senza dire una parola si alzò, prese la donna e il bambino urlanti che fino a poco prima osservavano atterriti la scena, se li caricò sulle spalle, e corse via, uscendo dalla camera da letto.

"Via! Via!"

Urlò usando una delle poche parole di italiano che conosceva. Ma gli anziani che erano in corridoio sembravano troppo terrorizzati per capirlo e lui aveva giàchui aveva giàcupate con i due che scalciavano e gli battevano con i pugni sulla schiena. Allora li lasciò cadere in terra, si voltò e sganciò una sfera con una tela d'impatto che eresse, appena in tempo, una barriera tra loro e la camera.

Il raggio concussion sventrò la parte superiore della facciata della palazzina, tirandola giù come se fosse stata fatta di sabbia.

Si levarono ululati di gioia selvaggia, e quello che poco prima era stato un antico e tranquillo borgo medievale era divenuto una specie di inferno a cielo aperto. Stavolta gli occupanti della casa, seguirono l’Uomo Ragno che fece loro strada sfondando il pesante portoncino blindato con un calcio.

"Via, per di qua!"

Urlava sperando che lo capissero.

"C'è un uscita sul retro?"

Nessuna risposta, solo sguardi carichi di lacrime, e lamenti inintellegibili.

"Ok, non c'è problema gente, ci penso io!"

Scese di corsa le strette scalette di pietra, la cui superfice era ormai incurvata e i bordi consumati, fino all'atrio.

Davanti a lui il portone, in legno rinforzato da fasce di metallo e borchie di ferro. Dietro, alle spalle, un muro dall'aria molto solida.

"Vediamo quanto sei duro."

Lo colpì con le mani unite a formare un maglio, facendolo vibrare con forza, e provocando un primo buco nella pietra. Aveva le nocche dolenti e si erano procurato delle escoriazioni, ma senza perdersi d'animo, colpì con calci e altri pugni per allargare il foro, fino a permettere l'uscita della famiglia su una stradina che passava dietro la palazzina a due piani. Non perse tempo, e prima che potesse ripetersi una cosa del genere, si fiondò contro il portone, trasformandosi in un missile umano, con le braccia incrociate davanti a sé. In un mare di schegge si ritrovò in strada, rotolando verso quelli che ora tenevano la pericolosa arma, e, colti di sorpresa, la colpì da terra con un violento calcio che la fece volare via un centinaio di metri.

"Spiacente per il vostro giocattolo, ma era un po' troppo pericoloso per i mie gusti!"

Non sembravano capirlo, ne preoccuparsi minimamente di cosa stesse dicendo, ormai erano tutti preda di una sorta di follia collettiva, mentre dalle finestre la gente lanciava di tutto, dalle sedie, a pesanti tavolini, qualcuno si era persino munito di carabina e sparava inveendo contro i mutanti.

Una ragazzina di quindici anni circa, crollò a terra, mentre intorno a lei si allargava una pozza di sangue.

Peter urlò e scansò a forza il muro di folla che lo separava da lei: ormai non c'era più niente da fare, aveva una larga ferita in testa e non respirava più; sentì la terra tremare, e il senso di ragno lo richiamò al mondo circostante. Stavano avanzando, dall'altro lato della strada, quelle che sembravano tre Sentinelle, anche se di taglia ridotta rispetto a quelle che ricordava lui.

Era esasperato, e arrabbiato per il modo senza senso in cui una ragazzina era dovuta morire.

I mutanti erano di nuovo terrorizzati, solo quello che li aveva incitati prima, continuava imperterrito ad attaccare, e si scagliò da solo contro i terribili automi.

Urlò di fermarsi, ma quello non dette a vedere neanche che lo aveva sentito: venne vaporizzato da un raggio scarlatto; l'aria era divenuta improvvisamente rovente, e tutti i presenti tossirono violentemente.

Anche se con il cuore che gli doleva, lasciò il corpo della giovane morta, e si diresse verso un vicolo laterale, in cui lesto si infilò, arrivando alla strada su cui aveva aperto prima una via di fuga per la famigliola, e corse per portarsi dietro le tre sentinelle. Quando sbucò di nuovo su quella che aveva capito essere una delle vie principali del paesino, le macchine erano avanzate ulteriormente verso i mutanti, che invano si accalcavano in prossimità della breccia per guadagnare una via di fuga: spingevano, si spintonavano, si calpestavano; prima che quella centrale potesse aprire di nuovo il fuoco, la agganciò con un doppio filo di ragnatela e, con ogni oncia di forza che possedeva la strattonò violentemente indietro, e, colta di sorpresa, quella cadde come un albero abbattuto, sollevando un gran polverone e con un assordante clangore metallico.

Gli abitanti, che poco prima avevano accolto la venuta delle Sentinelle con grida di giubilo, ora erano tornati in preda al panico, e stavolta fuggivano dalle proprie abitazioni. Altra gente per le strada, altre urla, altre grida, altro panico.

"Oh no!"

Saltò, con tutta la potenza di cui era capace, sollevandosi di una ventina di metri, appena in tempo per evitare il raggio che invece colpì il pavimento della strada, al cui posto c'era un cratere fumante. Nuove Sentinelle erano giunte lì, erano sei, e seppe che probabilmente per lui era finita.

[Soggetto riconosciuto: Uomo Ragno; paraumano americano.]

La voce riverberata dell'automa era giunta a lui in inglese, ma non se ne sentì affatto rassicurato.

Avvertì chiaramente che stava per essere colpito da più direzioni, e in una frazione di secondo, abbracciò mentalmente la sua famiglia, rammaricandosi di non averli visti per un'ultima volta, e si chiese se zio Ben e zia May sarebbero stati ad attenderlo al suo arrivo all'altro mondo.

 

Lo schianto della Sentinella davanti a lui fu fortissimo, e si sentì anche se era avvenuto a circa un paio di kilometri di distanza, mentre quella dietro, si era trovata con la testa improvvisamente fusa.

Sospeso in aria, le braccia conserte, la massiccia figura, un uomo coperto da un aderente tuta color nero, stivaletti di pelo marrone scuro alle gambe e bracciali di cuio borchiato sulle braccia, un elmetto che copriva completamente la testa, lasciando scoperta solo una bocca ghignante, quelli che sembravano due grandi occhiali da motociclista che nascondevano gli occhi, e ai lati, due corna ornamentali che si incurvavano fino in alto, terminando in un pomello.

Il suo compagno, quello che aveva decapitato la Sentinella, sembrava essere un robot, o un uomo in armatura, le cui forme erano una serie di morbide linee curve e proporzionate, una scocca arrotondata e leggermente sporgente sul petto, divisa in due da una piccola linea orizzontale, la parte superiore abbombata, quella inferiore concava al centro, gli schinieri allungati a protezione del ginocchio, i piedi arrotondati, grandi guanti - bracciale che sembravano percorsi da alcune venature, l'elmetto con l'ampia falda posteriore a protezione della nuca, la maschera che copriva il volto, attraversata da quella che sembrava essere una croce appena visibile, in cui splendeva un unico gruppo ottico rosso.

Il grande guerriero con le corna, tuonò con una voce che non ammetteva repliche:

"Miserabili ammassi di metallo! Udite bene queste parole, poiché a pronunciarle è il Signore delle perdute genti di Dan, forti guerrieri e prodi navigatori, Shardana l'iracondo. Oggi come non mai, questo titolo datomi dai mortali, si rivelerà verò, se non vi affetterete a lasciare questi lochi e tornare alle lande maledette che v'hanno partorito!"

Per tutta risposta, uno dei miserabili ammassi, disse:

[Soggetto non - umano sconosciuto: passare immediatamente alla sua terminazione.   ]

Partì un raggio che investì in pieno Shardana, eppure, pur trattandosi dello stesso che aveva disintegrato il mutante, l'Uomo Ragno aveva immaginato quello che sarebbe stato il risultato.

"Invero, speravo in questa reazione! "

Shardana era ancora lì in aria, la stessa posizione, il ghigno ancora più feroce di prima.

Si gettò in picchiata all'improvviso contro di loro, ne afferrò una, sollevandola come se non avesse peso, e la lanciò verso l'alto, finche non scomparve alla vista.

Che l'avesse messa in orbita? Si chiese l'Uomo Ragno, e, soffermandocisi a pensare, si rese conto che aveva capito tutto quello che il gigante volante aveva detto!

Quello in armatura che forse era un robot, puntò un braccio contro un'altra Sentinella, e il bracciale si aprì come un fiore, dividendosi in dodici petali concavi nella parte interna. Avvenne molto rapidamente: diverse piccole particelle luminose comparvero in prossimità dall'arto, attirate verso la superfice dorata e ne fuoriuscì un raggio smeraldo che sciolse il torace della Sentinella, scavandogli un buco come se fosse stato un coltello scaldato che passava attraverso del burro.

Frattanto, l'Uomo Ragno decise di non rimanersene con le mani in mano e prese ad attaccare anche lui uno dei robot: saltò sul tetto di una casa e da lì prima coprì i sensori ottici del colosso con la sua tela, poi, spiccò un salto in avanti e lo colpi con un doppio calcio dopo essersi girato in avanti e ruotando su se stesso; questo rovinò addosso al compagno, innescando un mezzo effetto domino e finendo tutti e due sulla strada. Di nuovo un lancio di pietre, ma stavolta erano gli abitanti umani della città gli artefici.

"Ma che diavolo fate! Non capite? Questi affari sono pericolosi anche per..."

Istintivamente si scanzò di lato, e l'onda di energia investì i presenti.

"NOOOO!!!"

[Errore: bersaglio Uomo Ragno mancato. Analisi: bersagli umani a rischio poiché sulla linea di fuoco. Opzioni: interrompere il processo di terminazione, continuare il processo di terminazione; giudizio finale: obbiettivo primario eliminazione delle forme di vita non umane per il bene di quelle umane; perdite umane accettabili per il compimento della missione.]

L'Uomo Ragno inorridì nell'udire quelle parole. Certo, una macchina era solo una macchina e non aveva emozioni, né il senso morale per distinguere il bene dal male: ma gli umani che l'avevano programmata, si, e quello che volevano era che uccidessero tutti i mutanti, senza pietà, anche a costo di mandarci di mezzo gli esseri umani che pretendevano di difendere.

Shardana si avventò inferocito contro il robot, colpendolo con un pugno così forte da staccargli la testa che andò a frantumarsi contro una chiesetta medievale che, dopo settecento anni di esistenza, si accartocciò su sé stessa, come una scatola di cartone bagnato.

"Cristo! Stai attento! O corri il rischio di mandarci di mezzo degli innocenti!"

"Sei coraggioso assai, giovane amico, e ancora di più per rivolgerti con quel tono ad un dio! Tuttavia, le tue parole sono veritiere e Shardana, che non è qui per arrecare altra sofferenza ai mortali, modererà le sue azioni."

Ancora urla, ancora grida, i mutanti erano tornati all'assalto, approfittando dell'aiuto apportatogli dal terzetto per vendicarsi sugli umani. Lingue di fiamme divoravano la cittadella, con un sinistro creptio, e ovunque si alzava il puzzo disgustoso di carne bruciata. Mutanti e non, avvinghiati l'uno all'altro, in una folle danza mortale.

"Questo è il nostro futuro?"

Si chiese per un istante terrorizzato l'Uomo Ragno, mentre tornava con la mente a quello che  Lo Stregone dei Ragni gli aveva mostrato al centro della Grande Tela di Colui il Quale Tesse e Tesse tra le Ombre Eterne.

Avrebbe voluto alzarsi la maschera e vomitare, ed invece fece quello che faceva sempre: agì rapidamente e con decisione. Separava in malo modo le persone, cercando però di non fargli male, e le bloccava con la tela. Ma era un impresa disperata, specie con le Sentinelle che avevano aumentato la potenza del loro attacco contro i due inaspettati alleati.

Si sentì un fischio alto nel cielo, e comparve un aereo, che rapidamente e in verticale, abbassò la sua quota: aveva la forma di un grande boomerang, quasi fosse un unica ala, di un colore azzurro metallizzato, con una fascia tricolore che ricopriva l'estremità destra. Il ventre si aprì in un diaframma circolare, e ne venne fuori una creatura animalesca che reggeva sotto le sue braccia un uomo e una donna.

L'essere balzò da un centinaio di metri d'altezza, senza nessun problema. Il suono del suo schianto fu sordo e breve.

La sua apparizione era terrificante: il corpo era in parte antropomorfo, anche se gigantesco, era alto almeno cinque metri, avea le gambe con l'articolazione invertita, coperta da pelliccia lunga e nera, terminanti in due zoccoli, mentre le mani erano adorne di lunghi artigli e le braccia ricoperte da un folto pelo rossiccio che arrivava sino al petto dai muscoli d'acciaio. La testa era quella di un enorme leone, con la criniera che cadeva in tanti riccioli scomposti sulla schiena, quasi fosse un mantello, la bocca carica di fauci, la fronte adorna di corna caprine, e gli occhi, dalle pupille di serpente, brillavano di una sinistra rabbia ferina. Dietro di lui si sollevò una coda squamosa, e con orrore si accorse che terminava in una testa sibilante di serpente, anch'esso munito di corna e con due lunghissimi denti a sciabola.

RAAAWWWLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL!!!!!!

Urlò l'essere, dopo aver posato i due umani, e si avventò con gioia selvaggia su due delle sentinelle, insensibile ai loro colpi, e martoriandole con una serie di pugni e fendenti con gli artigli che aprivano il metallo come se fosse carta.

I due erano vestiti con un uniforme azzurra, e avevano uno scudetto tricolore con lo stemma italiano, lui al centro del petto, lei all'altezza del cuore, lo stesso che campeggiava al centro delle loro cinture.

Lui aveva il volto coperto da una maschera simile a quella di Cap, ma che lasciava scoperto il capo, ornato da una nera chioma che cadeva in riccioli ribelli sulla fronte e le tempie. La donna aveva un identica uniforme ma portava sopra una giacca lunga color  bianco.

L'uomo, il cui fisico era scultoreo, agì con grandissima coordinazione e abilità, e cominciò a sedare la sommossa in corso.

"Ora basta! Ascoltatemi tutti, mutanti e umani! Combattere tra di voi è inutile, e i Guardiani hanno dimostrato di essere un pericolo per entrambi. Lasciate immediatamente la strada, portatevi tutti fuori dalla città e lasciateci liberi di agire."

Il tono della voce era autorevole e deciso, quasi in contrasto con la sua giovane figura. Ottenne incredibilmente l'effetto desiderato e quelli, anche se disordinatamente, si affrettarono a sgombrare il campo.

"Contessa Cagliostro: erigi un campo di forza protettivo intorno a noi."

La ragazza, alzò le braccia al cielo, e l'aria intorno a loro sembrò tremolare: si formò una cupola in cui le ultime sentinelle erano intrappolate insieme a loro.

"E tu, Uomo Ragno, che ne dici di darci una mano?"

"Parli la mia lingua?"

"Sorpreso? Coraggio! Non perdiamo tempo, le spiegazioni a dopo!"

Si trovava perfettamente d’accordo con quello che gli era stato detto, e così sferrarono l'ultimo attacco alle Sentinelle.

Il capo di quel gruppo, estrasse dal suo stesso corpo, che per un istante sembrò divenire immateriale, una spada e uno scudo, e la sua testa, venne ornata magicamente e con uno sfolgorio di luce argentea, da un elmo di fattura antica.

Fu rapido e preciso, e insieme lui e l'Uomo Ragno, fecero letteralmente a pezzi una delle Sentinelle.

I due balzarono da un capo all'altro della stradina, sfruttando ogni cm disponibile, passando tra le gambe dei robot, per sferrare attacchi da più punti.

Intanto Shardana, il robot/armatura e la bestia, smembravano a gran velocità le Sentinelle.

 

Si sedette su alcuni scalini, appoggiando le mani alle ginocchia. Si guardò intorno: palazzi abbattuti, macerie fumanti in ogni dove, copri straziati a terra; sembrava di trovarsi in zona di guerra.

"Non ci posso credere... non è possibile..."

"E invece lo è..."

A rispondergli con il tono carico rabbiosa amarezza era stato l'uomo con cui aveva combattuto fianco a fianco.

"Ma cosa è successo? Perché è successo!"

"Perché siamo sull'orlo della guerra."

"Cosa?! Ma non è possibile! E da quando l'Italia è sull'orlo della guerra?!"

"Da diversi mesi, ormai. A iniziare sono stati quelli di Fazione Umanità. Hanno soffiato per anni il veleno del sospetto e della paura nel cuore della popolazione umana nei confronti degli umani-mutanti. La loro tesi è che non si tratta di creature naturali, ma sono il frutto degli esperimenti nucleari condotti nel passato, e che le loro intenzioni non sono niente affatto amichevoli nei confronti dei non mutanti."

"Ma è assurdo!"

"Non completamente. Non fraintendermi: intendo dire la storia degli esperimenti nucleari. Specialmente qui in Italia, anche se molti non lo sanno, negli anni '50 e '60 si condussero esperimenti con i nuovi elementi radiottivi che i reattori nucleari mettevano a disposizione in gran quantità. Si usavano per irraggiare i vegetali e vederne gli effetti, e  scoprirono che le piante figlie di quelle sottoposte al bombardamento, possedevano un numero doppio di cromosomi rispetto la precedente generazione."

"Oh signore! Una volta ho letto qualcosa al riguardo! Esperimenti del genere, se ne facevano un po' in tutto il mondo."

"Non in tutto: solo nei paesi che erano sotto l'egemonia dell'U.R.S.S. o degli U.S.A."

"Le piante alterate geneticamente, come ad esempio il grano..."

"Erano più grandi e resistenti delle precedenti, e così ben presto le loro sementi vennero usate per coltivare i campi.”

Eticamente discutibile, ma se oggi abbiamo un agricoltura in grado di sfamarci tutti, lo dobbiamo anche a quegli esperimenti, che però, produssero anche un aumento vertiginoso della popolazione mutante."
"Ma questo non giustifica quello che quegli uomini in uniforme hanno fatto..."

"No. Ma la paura rende gli uomini ciechi e folli. Fazione Umanità è quasi una setta religiosa ormai, e conta sull'appoggio economico e finanziario di molti potenti, e persino di quello segreto di molte nazioni. Quelli contro cui abbiamo combattuto, sono i Guardiani, e non le Sentinelle come potresti erroneamente pensare. Sono di fabbricazione italiana, anche se ufficialmente il Governo nega che la commissione sia partita da loro, ed in un certo senso è vero. Da 20 anni a questa parte, temendo una rivolta dei mutanti, o un loro tentativo di colpo di stato, i Servizi Segreti hanno commissionato ad alcune industri belliche, lo sviluppo di una arma preventiva e, prendendo spunto dalle Sentinelle americane, hanno costruito gli altrettanto letali ed efficienti Guardiani. Negli ultimi tempi, è sorto un movimento, Nazion Mutante, che è guidato da un misterioso e potente mutante conosciuto solo come DuX. DuX è uno che ci sa fare con i bei discorsi e partecipando in prima linea a diverse azioni di sabotaggio contro quelle industrie, si è guadagnato la fiducia di molti mutanti.

All'inizio, le sue azioni erano persino condivisibili, visto che è stato lui a far scoprire questo scandalo.

Ma molti cittadini italiani, erano dell'opinione che fosse giusto mettersi nelle condizioni di proteggersi dai mutanti, e ci sono state dimostrazioni e atti di violenza nei confronti delle comunità mutanti che ne hanno esasperato gli animi.

DuX, da protettore, si è trasformato in un condottiero e ha cominciato ad organizzare truppe paramilitari, aumentando la tensione generale. Ora Fazione Umanità, si è rivelata essere per quello che è: un ente ormai ingestibile anche per i Servizi Segreti che probabilmente la hanno creata, e sta sferrando offensive così dette preventive contro i non umani...;

il Governo non sà cosa fare, ha dichiarato fuori legge tanto l'F.U. che N.M., e nonostante ci siano stati degli arresti e alcuni covi siano stati smantellati, sembra che lo scontro tra questi due sia inevitabile e quando questo accadrà, probabilmente scoppierà la guerra civile. In questi giorni si sta discutendo su di una legge sulla registrazione dei cittadini dotati di poteri mutanti e non, sul modello di quella del Senatore Kelly. A sostenerla, c'è uno schieramento trasversale che va da sinistra a destra, e comprende contemporaneamente forze di Governo e di Opposizione, e lo stesso vale per chi vi si oppone. Questo è andato ad aggravare ulteriormente una situazione già di per sé molto grave."

"Da noi negli U.S.A. non avevo sentito parlare di una cosa del genere."

"L'attenzione dei media è stata monopolizzata da tutta una serie di eventi: l'Attacco di Atlantide di qualche tempo fa, l'attentato alle Torri Gemelle, la guerra in Afghanistan e Iraq e l'invasione dei marziani; cielo! Ci pensi? Siamo stati invasi dai marziani! Le tensioni provocate dalla questione mutante non fanno più scalpore, e la stampa internazionale si è limitata a bollare quanto succede qui, come le solite cose che succedono anche in altre parti."
"Stanno sottovalutando gli avvenimenti! Cristo! Questa non è la solita cosa."

Scattò in piedi facendo un largo gesto con il braccio, a mostrare il desolante spettacolo intorno a loro.

"No. Ma quando se ne renderanno conto, sarà troppo tardi e, comunque, al momento non si può fare niente."

"E quella gente?"

"Stanno arrivando uomini dell'esercito, i N.O.Q.P.M. dei Carabinieri, la protezione civile e la croce rossa. Porteranno soccorso a tutti, e faranno i necessari accertamenti. Ci si faranno un po' di processi, e molti dibattiti tv ai talk show e poi, tutto riprenderà come prima. No, non preoccuparti, i miei uomini controllano che non riprendano a scannarsi."

L'Uomo Ragno sospirò, passandosi una mano sul capo.

"Tu lo sai chi sono io?"

"Certo."

"E come fai a sapere che sono l'originale."

"Hai partecipato, una settimana fa, ad un azione in Portogallo, contro un organizzazione internazionale dedita al traffico d'armi hi-tech."

"Le notizie corrono veloci. Voi lavorate per il Governo?"

"No. Anzi, la nostra posizione nei suoi confronti è ancora da chiarire, o quanto meno loro pensano così. Noi lavoriamo per questa grande nazione, e per la sua gente. Serviamo il Tricolore."

Disse quelle parole con una grande dignità e fierezza, e da esse trapelavano un grande amore e calore.

"A proposito: io sono Enea, e quelli che hai visto per primi sono Shardana e Crociato. La bella dama è la Contessa di Cagliostro, e il nostro rude amico è Chimera: noi siamo le Brigate Azzurre."

L'Uomo Ragno strinse volentieri quella mano che gli veniva porta in modo sinceramente amichevole.

 

 

 

Villa Falconieri, Roma. Lunedì - ore 12.00 p.m.

 

 

Arrotolò con cura gli spaghetti intorno alla forchetta d'argento, e sollevò dal piatto in fine porcellana ungherese decorato con motivi floreali, il boccone grondante di odoroso e fumante sugo.

Mangiò, masticando lentamente, e deglutendo con gran soddisfazione e gusto, il volto raggiante come quello di un bimbo.

Posò lo sguardo su Perfection, che stava attentissima a non macchiarsi la bella vestaglia regalatagli da lui.

Era di seta e raso, color turchese e indaco pastello, disegnata su misura per le quelle belle forme, pensata per coprirle senza però nasconderle.

Le stava di incanto e si ritrovò ipnotizato nell'ammirarla.

Lei gli sorrise e lui ricambiò con dolcezza.

"Ti piacciono?"

"Sono buonissimi!"

"Negli U.S.A. non si mangia così bene, vero?"

"No! Devo proprio ammetterlo."

"Ogni volta che vengo qui, sono felice già solo per il fatto di mettermi seduto a tavola, e gustare questi deliziosi manicaretti, con questo impareggiabile panorama che si vede dalla finestra. Ma oggi... oggi è ancora più bello perché tu sei qui con me."

Il volto di lei si coprì di un vistoso rossore, e abbassò lo sguardo e questo lo divertì e lo intenerì ancora di più.

"Siete... sei troppo buono con me."

"No. Non lo sono affatto. Non come vorrei."

Tornarono a mangiare.

Avrebbe voluto avere la mente completamente sgombra da ogni pensiero, ma purtroppo non ci riusciva. Il P.H.A.D.E. continuava a stargli addosso, e per quanto non lo desse a vedere ai suoi uomini e affermasse il contrario, l'attacco in Portogallo era stato un duro colpo alla Quest Inc. E lui, ne aveva ancora bisogno, perché non era pronto ad agire allo scoperto. L'Uomo Ragno era un osso duro, e sapeva che non lo avrebbe mollato facilmente. Paradossalmente provava una genuina simpatia per quel tipo: era brillante, audace, moralmente integro, ed estremamente generoso; ammirava tutte quelle qualità, e gli dispiaceva pensare a quello che il destino gli serbava.

La giornata si prospettava densa di avvenimenti: c'era stato quell'episodio di guerriglia in provincia di Siena e ormai Fazione Umanità e Nazion Mutante stavano per dichiararsi apertamente guerra; il ché era un bene per i suoi affari, anche se, i suoi uomini che dovevano ivi incontrare proprio alcuni rappresentati di Nazion Mutante, erano stati coinvolti nello scontro, perdendo la vita.

Erano dei buoni impiegati e gli dispiaceva molto averli persi così, anche se era un rischio calcolato nel loro mestiere.

C'era un altro aspetto molto positivo in tutta quella faccenda: sapeva per certo, dall'ultima trasmissione effettuata da uno dei suoi, che l'Uomo Ragno si trovava lì.

"Molto astuto!" Si compiacque nella sua mente." Invece di venirmi a cercare subito, volevi prendere qualche altra informazione sul mio conto. Allora il P.H.A.D.E. non ha sbagliato nel metterti sulle mie tracce."

Sorrise, e bevve un sorso del suo Est Est Est.

 

 

 

Clinica Privata José Noriega: Lower Manhattan. Lunedì ore 1.00 p.m.

 

 

 

"Allora, sputa il rospo Ethan, e per favore, risparmiami fesserie o mezzi termini."

Etham Lizier scrutò il volto emaciato e corrucciato di Norman Osborn, uno dei maggiori sostenitori finanziari dell'ospedale, e sua personale conoscenza ai tempi del liceo.

Non gli era mai piaciuto, con quei suoi modi arroganti e dittatoriali, sempre così pieno di sé al punto da non degnare nemmeno di uno sguardo quelli intorno, incurante delle altrui sofferenze, arrabbiato di potere. Un vero arrivista privo di scrupoli mascherato da gentiluomo ed ora se ne stava lì, disteso sul letto, e lui aveva il dovere di dirgli quello che lo aspettava.

"Mi dispiace Norman, ma le cose vanno male... molto male."

Negli ultimi mesi, era divenuto il depositario di tutti i segreti di Norman e del suo ex alter ego, Goblin, al fine di poter condurre ricerche più approfondite su quello che era lo stato di salute del milionario.

"Ma... le precedenti analisi mediche..."

"So cosa dicevano, però ora le cose sono cambiate, per non dire peggiorate drasticamente.

C'è una tossina nel tuo corpo, prodotta da alcune sequenze del tuo D.N.A. che si replicano in modo erroneo. Si tratta di una micro mutazione giunta al suo culmine ultimamente e provocata a monte da Dio solo sa cosa. Hai provato davvero tutto: composti chimici, rituali magici e persino simbionti alieni; probabilmente questo danno verificatosi attualmente, è stato impedito dal fattore rigenerante che possedevi ma adesso, senza di esso..."

"NO! Ci deve essere qualcosa che puoi fare! Mio Dio, non è giusto che stia succedendo adesso, non dopo tutto quello che ho passato e tutto quello che ho fatto per riscattarmi."

Ethan aveva molto da obbiettare, ma i giudizi morali preferiva tenerseli per sé, specie in quel frangente: davanti a lui c'era pur sempre un malato bisognoso del suo aiuto.

"Il danno si sta estendendo rapidamente, e i problemi motori e ai centri del linguaggio da te accusati ne sono i primi inequivocabili sintomi: problemi di coordinazione, spasmi muscolari dolorosi, difficoltà nel parlare. Per curarti, si dovrebbe ricorrere ad una serie di interventi radicali a livello genetico..."

"Ma allora si può fare! La mia compagnia ha la tecnologia per farlo..."

"E si tratta di tutta tecnologia a livello sperimentale, e nel corso degli anni, avendo a che fare con molti pazienti sottoposti a processi di potenziamento mediante manipolazioni dei geni, posso assicurarti che ricorrere a simili mezzi per la cura, non sempre garantisce il risultato anzi, in molti casi aggrava ulteriormente la situazione."

"Perché parli così!?! Maledizione!!! Dammi almeno un po' di speranza."

Norman aveva alzato la voce iniziando ad urlare senza nemmeno che se ne accorgesse. Dentro aveva sentito una scintilla di quell'antica rabbia che aveva più e più volte gonfiato il suo petto quando era folle ed incontrollabile.

"Mi hai chiesto di essere onesto, e lo sono stato. Non posso darti false illusioni, posso solo assicurarti che farò del mio meglio per curarti, ma questo richiederà del tempo e potrebbe essere molto doloroso."

Ethan sentì la manica del suo camice venire afferrato e poi, la voce tremante di Osborn:

"Ethan... per carità... ho paura... aiutami."

Per la prima volta in vita sua, Ethan Lizier non provò antipatia o odio per quell'uomo, ma solo pietà.

 

 

 

Forrest Hill -Casa Parker Watson. Lunedì, ore 3.00 p.m.

 

 

M.J. era a dir poco raggiante, e doveva trattenersi per non piangere dalla felicità. Gayle la guardava sorridendo e le chiese:

"Cosa è successo oggi? La mia bella sorellina sembra un vero e proprio fuoco d'artificio."

"Niente... sai, è il lavoro e la mia vita privata: ultimamente vanno così bene che quasi mi sembra tutto un sogno.

Ho ricevuto l'altro giorno notizie da Peter, che si trovava in Scozia per, uhm, lavoro e mentre eravamo al telefono mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto passare le prossime vacanze lì io, lui e la nostra piccolina."

"Mi sembra una bella idea!"

"Sarebbe ancora meglio se venissi anche tu e i bambini e magari anche la nostra dinamica cuginetta."

Disse indicando con la testa Kristy, intenta a studiare il complesso gioco di carte illustrate che Kevin e Tommy tentavano di insegnarle. May prese una carta dal mazzo e, depositandola in terra, disse con estremo compiacimento:

"Elfo dalla dovvia lava attacca!"

Tommy rise:

"Hey, brava, anche se il nome non è proprio quello, è una carta d'attacco e pure molto forte. Kristy, com'è che la nostra piccola cuginetta sta cominciando a capire come si gioca e tu sei ancora in alto mare?"

Kevin si voltò, per non far vedere che se la stava ridendo sotto i baffi e May gli chiese:

"Keevin? Hai il mal di plancia per caso?"

"No... no... ihihih... e poi si chiama mal di pancia tesoro... è solo che sono allegro..."

"Allegro perchè sta prendendo in giro la tua cuginetta Kristy!"

Sentenziò con aria seccata la ragazza.

"Kevin! Cattivo! Non prendere in givo Kisty!"

"Brava! Diglielo che non si fa così! Avete visto, sapientoni, la più bella cuginetta del mondo, ha buon gusto e preferisce stare dalla mia che dalla vostra."

"Awn!" Rispose ridendo Tommy che fece un gesto della mano per minimizzare la cosa." Ma noi stavamo solo scherzando un po', anche se ammetterai che per insegnarti a giocare ci stiamo mettendo davvero un sacco di tempo!"

"E allora? Ognuno ha i suoi tempi di apprendimento... vediamo un po'...: sovvertitore mentale delle schiere ocra!"

Ci fu un altro breve scoppio di risa dei due fratelli.

"Insomma! Ma che ho combinato stavolta?!"

"Sovvertitore," le spiegò diligentemente Kevin, assumendo una posa finto autorevole" non può essere lanciata se non hai giù almeno due carte combattenti psico, o almeno una combattente Esp di livello superiore e, comunque, insieme a loro, devi avere almeno un soldato delle schiere ocra."

Mary Jane guardava la sorella divertita.

"L'avresti mai detto? Sembriamo davvero una vera famiglia felice, con i figli riuniti in salotto a giocare e tutto il resto."

"Forse M.J., siamo davvero una famiglia felice."

"Forse... credo proprio di si."

Presero un sorso di thé che Mary aveva preparato per lei e la sorella, e poi disse:

"Onestamente, sono anche un po' preoccupata per la mole di lavoro che mi aspetta. Già c'era la tourné di Moulen Rouge, ed ora questa proposta di prendere parte a Chicago... non vorrei oberarmi troppo di impegni, e non riuscire più a stare insieme alla mia famiglia."

"Tu? Naaa. Sei una vera tigre M.J., riusciresti anche a partecipare ad un programma di addestramento da astronauta alla N.A.S.A. nel frattempo. E poi, questo è il momento che aspettavi da tempo per la tua carriera: non sarebbe giusto verso te stessa mollare ora; sono convinta che né Peter, né May vorrebbero questo."

"Lo penso anche io, ma..."

"Niente ma.! Non voglio sentire storie, sorellina cara. Lo sai cosa facciamo adesso? Prendiamo la nostra allegra famigliola, e ce ne andiamo un po' in giro a passeggiare: magari potremmo fare un po' di shopping, vedere un film e mangiare una pizza fuori. Credo sia il modo migliore per godersi un giorno di libertà dalle prove, tu che ne dici?"

Mary Jane assentì energicamente e chiamò i ragazzi, invitandoli a prepararsi per uscire.

 

 

 

 

Una locale abbandonato nell' East Village. Lunedì: ore 11.00 a.m.

 

 

Avanzò con passo incerto, tra le ombre e le luci che filtravano dalle assi di legno con cui erano state inchiodate le finestre. Ovunque c'era polvere e sporcizia e si chiese cosa ci fosse venuto a fare in un posto del genere.

"Sono qui..."

Si girò di scatto e per poco non lasciò cadere la pesante custodia che faticosamente portava sotto braccio.

"Oh Gesù! Mi hai fatto prendere un..."

"Lo stato del tuo cuore mi è indifferente," tagliò corto la figura che stava dietro il bancone." voglio vedere la merce."

L'altro, infastidito ma troppo intimorito per rispondere, si limitò a posare l'oggetto sul piano in legno di pioppo e aprì dopo aver composto la combinazione.

"Eccola... che te ne pare?"

Lui la prese con delicatezza, studiandone i particolari con attenzione, poi, la ripose.

"Mille, come stabilito."

"Mille?! Ma trovarla mi è costato più di quanto..."

"Mille, in contanti, né un dollaro in meno, né un dollaro in più. Questo è quanto mi hai chiesto, se le ricerche sono state più dispendiose di quanto hai preventivato, non è affar mio. Puoi riprendertelo e andartene se vuoi, oppure onorare la parola e continuare a fare affari con me."

Carli Howman strinse i denti, e fu sul punto di dire qualcos, e fu sul punto di dire qualcos0  il volto coperto dall'inquietante passamontagna, e si ritrovò a mormorare in tono di scusa:

"Certo... mille è quanto concordato... sta bene. Ma... per i prossimi articoli, dovrò alzare il prezzo..."

"Millecinquecento, più un premio speciale di cinquecento se me le porti prima di ventiquattro ore."

"Ma... ma..."

"Sei finito dentro molte volte, e sei stato anche un soffione della polizia e di parecchi tizzi in calzamaglia. Tanti del tuo giro lo sospettano, e difficilmente accetterebbero i tuoi servigi. Inoltre c'è già qualcuno che pensa di accopparti, e se farai un buon lavoro con me, farò in modo di non farti ritrovare in qualche vicoletto buio con un coltello piantato tra la terza e la quarta. L'accordo ti soddisfa?"

"Si... si..."

"Ora togliti dai piedi, e va a procurarti il resto. Mi sento generoso: a fine lavoro, se l'ultima consegna avverrà entro questo Sabato a mezzanotte, avrai altri tremila. Se ci tieni al denaro... e alla pelle, fai bene il tuo lavoro."

Il lacché se ne andò via, senza obbiettare nulla, ormai completamente succube.

Ne osservò la patetica uscita di scena e, rimasto solo, tornò ad osservare il primo pezzo della sua scalata al potere.

"Niente male, Desmond... vedremo se ne saprò fare un uso migliore del tuo..."

 

 

 

Greenwich village - Strange Palace Night bar. Ore 9.00. p.m.

 

 

 

"Allora è così che hai iniziato la tua carriera come eroe?"

Chiese con ammirazione Phantom rider.

"Più o meno, anche se, guardando in prospettiva dietro di me non c'è questa gran scia di successi. Ci sono stati giorni in cui pensavo proprio di non esserci tagliato, e all'inizio, la molla che mi ha spinto ad iniziare è stato il sapere che mio padre avesse tentato di sfondare nel mondo dei supercriminali. Mi feriva l'idea di sapere che la gente, almeno quella che se ne ricordava, associasse il nome e il costume di Uomo Rana alla parola delinquente: è un po' come se l'avessero fatto con il nome e la faccia di mio padre; ne ho passati molti di momenti difficili ma alla fine, dopo aver brontolato parecchio, il mio vecchio si è deciso a darmi la sua benedizione, anche se ogni tanto qualche borbottio lo sento uscendo di casa per la ronda notturna."

"Deve essere una persona molto in gamba tuo padre, sei veramente fortunato Eugene."

"Si, decisamente, e non solo in quel senso, e già stiamo parlando di una grandissima fortuna, intendiamoci, ma anche come Uomo Rana secondo lo sono stato parecchio."

"Già! Mi hai detto di aver conosciuto di persona l'Uomo Ragno!"

"Vero."

"Cielo! Non ci posso credere! Voglio dire, quando ero ragazzino ero talmente fanatico dell'Uomo Ragno che arrivai a comprarmi persino le mutande con la sua immagine sopra."

"Cosa che, conoscendolo, non credo gli farebbe molto piacere."

"Quello che voglio dire è... che è stata una vera fonte di ispirazione. Molti lo ritengono un criminale, o comunque un personaggio moralmente ambiguo, e questo dimostra quanto il potere dei media possa essere distorcente. Ha salvato tante di quelle vite, e credo che dopo la storia dello Scorpione nessuno lo potrà più mettere in dubbio, neanche quel vecchio trombone di J.J.J. e tutto il suo dannato staff del Bugle. Mi piacerebbe davvero conoscerlo, credimi."

"In questi giorni non si sono sentite notizie su di lui, anche se gira un tipo con indosso il suo vecchio costume nero. Girano voci che sia lui, ma anche se sembrano avere gli stessi poteri e lo stesso modo di fare, c'è qualcosa che non mi convince."

"Pensi che ci sia un altro Uomo Ragno in circolazione?"

"Magari è una specie di assistente, un allievo, o un parente! Chi può dirlo. Di voci strane sul ragnetto ne sono sempre girate, ad esempio si diceva, che quando gli avevano messo quella taglia sulla testa per quella brutta storia dell'omicidio di non mi ricordo chi, il tessiragnatele avesse abbandonato il suo costume, perché gli era praticamente impossibile volteggiare per la città, e si fosse creato una seconda identità segreta."

"Ma no! Dai, è incredibile."

"Io non direi. Comparvero un certo numero di avventurieri mascherati in quel periodo ed io, personalmente, ho sempre puntato sul Calabrone rosso o su Prodigy. Comunque, quando si farà vedere in giro, vedrò se riesco a combinare un appuntamento, così te lo faccio conoscere."

"Wow! Eugene, sei proprio il massimo!"

I due alzarono i bicchieri pieni di bevenda analcolica e bevvero insieme dopo aver brindato alla salute dell'Uomo Ragno.

 

Lo Strange Palace, era un bar notturno aperto da poco, e da qualche tempo, per via degli orari, era divenuto un punto di riferimento per tutti gli aspiranti eroi della città, che all'inizio ci capitavano per bere qualcosa, o magari mangiare un sandwich, o vedere gli ultimi minuti dei play off o cose del genere, ed ora era divenuto un vero e proprio centro di aggregamento per questa variegata fetta di umanità. C'erano anche alcuni studenti universitari piuttosto bohemien che consideravano la prospettiva di poter parlare con siffatti esempi di contorta psicologia giovanile e non un attrattiva irresistibile, così si erano spontaneamente formate delle comitive miste e spesso, molti di quelli che entravano con grottesche maschere, mantelli kitch, o improbabili esoscheletri, erano solo degli Imbucati, ovvero persone che volevano solo attirate l'attenzione e magari rimorchiare un po' tra le ragazze più appetibili presenti nel locale.

Si mormorava, da un sacco di tempo, che esistesse un posto simile, senza nome, dove si riunivano più o meno nello stesso modo i super criminali, solo che non erano permesse presenze esterne, e ogni tanto ci si vedeva dentro qualche peso massimo della catergoria. Da loro, di pesi massimi, neanche l'ombra, anche se una volta il barista disse ad Eugene che Devil era venuto a prendercisi una birra.

"Devil lavora prevalentemente ad Hell's Kitche, Clive, e poi non beve alcolici."

Gli rispose il ragazzo.

"E tu che ne sai?"

"Lo sanno tutti che lavora in quella zona."

"No, dicevo degli alcolici."

"Gli eroi non bevono in servizio."

"Magari era l'altro Devil."

"Quale altro Devil?"

"Quello con il costume corazzato! Non te lo sarai già scordato."

"Ah, si! Certo. Magari era lo stesso vecchio Devil che aveva fatto finta di essere un altro Devil."

"E perché diamine avrebbe dovuto fare una cosa così contorta?"

"E che ne so? Non lo bazzico molto, anzi, non lo bazzico per niente. Magari era una tattica per confondere i suoi nemici, chi lo può dire? Di fatto quando il Devil corazzato e scomparso, quello classico e ricomparso dopo pochi giorni. Quanto meno la cosa dà da pensare, e comunque rimane il fatto: tu le spari belle grosse, amico mio."

Clive Burton Kemp era un bravo ragazzo, che aveva aperto il locale con molti sacrifici, investendo i soldi risparmiati in anni di duro lavoro, e costruendolo pian piano con il sudore della fronte e tanto amore. Certo, quando aveva iniziato, non avrebbe mai potuto prevedere che cosa sarebbe successo: si figurava un bar tipo quello di Cin Cin, con vecchi allenatori di baseball in pensione che davano consigli un po' suonati a tutti, e dove la gente si poteva sentire a casa, tra momenti di toccante umanità e gag esilaranti a base di sottile e raffinato umorismo newyorkese, alternato a qualche battuta un po' più triviale; le cose non erano effettivamente molto diverse, solo che i suoi clienti non facevano il postino, il meccanico, il ragioniere, o meglio, facevano probabilmente anche quello, ma la notte, e alcuni anche il giorno, se ne andavano in giro come se se ne venissero dalla parata del Comus a New Orleans.

Clive,  era un uono molto accomodante e di grande spirito, perciò, invece di lamentarsi o mandare via i nuovi avventori, cosa contraria alla sua etica professionale, adattò il posto alle loro esigenze: sulle doghe in legno con cui aveva ricoperto le pareti, aveva appeso dei poster dell'Uomo Ragno, dei Fantastici Quattro, dei Vendicatori, degli X men e ne aveva trovato uno persino dei Difensori, una vera rarità; il tiro a segno per le freccette erano stata una vera genialata: c'era sopra un bel faccione di Destino, e c'era sempre una lunga coda che di gente che aspettava il suo turno per fargliela vedere al buon dottore.

I panini e le bibite avevano nomi tipo: Superenergizzantegamma, Stimolatelapatia, Piroprosciuttoconsalsabeta, Fluidozero, Sciogliadamantio... e via dicendo; per il resto era tutto come se lo era sempre immaginato, con luci soffuse, tavolini in legno scuro, un grande bancone in noce, un alto soffitto a cassettoni, e quattro tavoli da bigliardo da cui veniva sempre un allegro vociare. Per quanto fossero bizzarri i suoi clienti, doveva ammettere che erano brave persone. Rispettavano sempre le Regole Auree: 1) Nessuna disputa all'interno del locale o nelle sue immediate vicinanze. 2) Nessuna dimostrazione di poteri o capacità al suo interno che potesse minare la salute fisica o mentale degli altri avventori, o danneggiare in toto o in parte il locale stesso. 3) Nessun insulto a sfondo razziale contro i mutanti o altre etnie, e nessuna imprecazione contro le divinità, per quanto scherzosa fosse (con tizzi come Thor e Ercole in giro, voleva tutelarsi...) 4) Era vietata l'ubriachezza molesta e perciò non si servivano più di tre alcolici a sera, e solo fino alle 11.30. 5) Era vietato infastidire altri avventori, o fare schiamazzi fuori il locale.; più qualche altra regolina che nessuno aveva mai infranto. Erano in gran parte giovani idealisti e con grandi sogni, e una gran voglia di chiacchierare, di raccontarsi, e raccontare imprese più o meno vere. E lui, una delle figure più importanti nella storia del genere umano, il barman, era lì per ascoltarli e persino consigliarli. Ormai, almeno quanto il suo locale, era un punto di riferimento per loro e questo lo riempiva di un segreto orgoglio. Magari la stragrande maggioranza di loro un domani avrebbe appeso il costume al chiodo e nessuno avrebbe mai saputo chi erano, ma lui li avrebbe sempre ricordati come persone forse un po' ingenue, forse un po' pazze, ma con un gran coraggio e senso del sacrificio e poi, chissà, magari li in mezzo c'erano i nuovi Uomo Ragno, Devil, Moon Kinight, i nuovi X men... chi lo poteva dire?

"Doroty!"

"Si Clive, ti sento forte e chiaro."

"Per piacere, porta questi Sandiwich al nostro strabigliante Uomo Rana e al suo nuovo amico, io devo preparare dieci tropical per la Super Squadra Dieci."

"Adesso si fanno chiamare così? Che c'è? I Super Diavoli Dieci risultava un po' troppo minaccioso."

"Doroty! Quante volte ti ho detto di evitare i commenti caustici sui nostri clienti! Se vogliono farsi chiamare così, saranno affari loro."

"A sicuramente, come sicuramente saranno affari loro quando affronteranno qualcuno di tosto e avranno da esibire come super abilità, quella di ragazzi pon pon della squadra di atletica femminile del loro college! Per me dovremmo chiamare le loro famiglie, e raccomandargli caldamente di costringerli ad un periodo di analisi intensiva presso..."

"Doroty!"

Si, si, ho capito, oh grande e potente Mago di Oz! Dammi i Sandwitch per il sorprendente rospo umano e il suo amico bianchetto."

Clive sospirò, mandando un'occhiata la soffitto, e dette il vassoio a Doroty. Se non fosse stata una vera stakanovista del lavoro, e così carina, e sopratutto una delle poche persone disposte a lavorare in mezzo a quella folla di matti, l'avrebbe licenziata su due piedi. Doveva anche considerare il fatto che sua madre non gli avrebbe mai perdonato di aver cacciato la nipote preferita. Grugnì per la frustrazione.

 

Dortoty camminò tra i tavolini, facendo lo slalom tra mantelli, staffe del potere cosmico ( o almeno così le chiamavano i proprietari), skateboards a reazione e altre amenità, attenta a non far cadere niente di quello che portava sul vassoio.

Aveva 19 anni, alta 1.75, piuttosto magra, un bell'ovale per viso, gli occhi leggermente allungati, neri come la notte, capelli anch'essi neri ma rasati, eccezion fatta per due lunghe ciocche sul davanti, un nasino delizioso su cui campeggiava un  cerchietto alla narice destra, orecchie piccole e quasi senza lobo, su cui stavano alcuni piercing.

Era vestita con un paio di jeans neri tagliati alle ginocchia, una t-shirt con sopra un immagine dei Quiet Riot, anfinbi e, naturalmente, il grembiulino del locale, con su scritto Strange Palace Staff.

"Allora Uomo salterino, ecco le ordinazioni tue e del tuo misterioso amico, l'uomo neve: un X sandwich con doppia salsa Gamma e doppio X factor, un Vendicatori Uniti, altri due succhi di frutta Cosmici e patatine fritte alla Torcia Umana."

Eugene Patillo, alias l'Uomo Rana, le sorrise e le disse:

"Felice di vederti di ottimo umore, Doroty! Colgo l'occasione di presentarti il mio nuovo amico: Phantom Rider; anche se è nuovo del giro, ti assicuro che ci sa fare, io l'ho visto in azione."

Doroty li guardò entrambi senza nascondere i suoi dubbi, alzò il sopraciglio destro, e si limitò a rispondere:

"Si, si, qui è pieno di professionisti che ci sanno fare."

Se ne andò, e l'Uomo Rana, seguì la sua camminata fino al bancone. Girandosi, notò che anche Phantom Rider l'aveva fatto.

"E' un amore, vero?"

"Un po' troppo sarcastica, per i miei gusti, ma devo ammettere che è uno schianto. Comunque, continua a raccontarmi: mi dicevi che hai anche lavorato in un super gruppo."

"Ah, così ci piaceva pensare a me e i miei compagni al tempo. Tutto era iniziato perché ci eravamo messi in testa di fare da spalla all'U.R., ma lui è un tipo piuttosto solitario, o comunque lo era al tempo. Però visto che la cosa ci aveva fatto incontrare e che ci trovavamo molto bene tra di noi, colti dall'entusiasmo del momento, fondammo gli Sbandati, ovvero io, Ragno d'Acciaio e Toad."

"Toad? Apsetta... ora ricordo! L'ho letto su Internet! Ma non era un membro di quel gruppo terroristico di mutanti guidato da Magneto?"
"Non ti sorprendere: non è certo il primo eroe ad avere un passato oscuro; posso assicurarti che fece di tutto per riscattarsi e fu un buon mentore per me, almeno quanto lo fu mio padre. Mi insegnò parecchi trucchetti del mestiere, e lavorò molto sulle mie capacità come lottatore, sottoponendomi ad un duro allenamento. Gli Sbandati andarono avanti per un po' ed insieme ci siamo divertiti. Avevamo addirittura un quartier generale segreto, e lanciammo una campagna acquisti per ampliare i ranghi."

"E come andò?"

"Reclutammo, dopo un'attenta selezione l'Incompreso Uomo Castoro e lo scintillante Ricaricatore umano."

"Wow, eravate in cinque!"

"Numero che non ci portò fortuna, perché dopo qualche tempo, anche a causa dei nostri impegni personali, ci sciogliemmo. Ogni tanto ho sentito Ragno d'Acciaio, Castoro e Ricaricatore hanno costituito un duo e si fanno vedere da 'ste parti, ma di Toad purtroppo non ho più avuto notizie e questo mi dispiace molto. Ora però tocca a te raccontarmi la tua storia. Com'è che il nome Phantom Rider non mi suona nuovo?"

"C'era un eroe nel vecchio west che si chiamava così, e che possedeva la capacità di... rendersi invisibile come me. Era un tipo in gamba, lavorava ogni tanto con gente come Kid due pistole e Rowhide kid, anche se era principalmente un solitario. Ho letto alcuni racconti scritti da un giornalista di quei tempi sul suo conto e quando ho acquistato i miei poteri, ho deciso di adottare il suo nome, in segno di rispetto per il lavoro svolto più di un secolo fa a favore del bene e della giustizia."

"Ottima idea! Senti, non vorrei sembrarti sfacciato, visto che ci conosciamo da poco, ma... che ne diresti di lavorare in società con me?"

"Davvero?! Wow! Sai, ero un po' in imbarazzo e non riuscivo a chiedertelo io... voglio dire, faccio questo mestiere da poco e non sapevo come avrebbe reagito uno con così tanta esperienza come te. Accetto molto più che volentieri, socio."

I due si strinsero la mano con grande entusiasmo, mentre Dotty a distanza, li guardava e squoteva tristemente la testa

 

 

 

Roma, Stazione Termini, Lunedì ore 10.00 a.m.

 

 

Gli sembrava un sogno tutto quello accaduto poco più di cinque ore prima in Toscana: diversi giornali che aveva adocchiato in edicola, riportavano la notizia riguardante una tragica sommossa di mutanti nell'antica cittadina d'arte di Calcagallo, e di come Fazione Umanità avesse irresponsabilmente fatto uso di Guardiani illegalmente detenuti;

c'era un gran caldo e, guardando in lontananza vedeva le immagini tremolare a causa dell'escursione termica.

Un forte puzzo di orina e sporco gli arrivò alle nari, e non riuscì a trattenere un grugnito di fastidio.

C'erano tante persone che affollavano l'interno della stazione, italiani e stranieri, che correvano a vedere gli orari dei treni, a comprare i biglietti, o si sedevano in terra ad aspettare. Avendo visto il grado di pulizia della pavimentazione si chiese come facessero a sedercisi. Notò che c'era anche una folta schiera di questuanti, zingare che giravano con bambini piccoli avvolti in luride coperte e intenti a suggere il latte materno, che si muoveva seguendo uno schema in continua variazione, seguendo qualcuno per chiedergli la carità.

"Mi scusi, permette due parole educate? Sono rimasto senza soldi, e devo fare il biglietto per tornare a casa... mi potrebbe offrire un piccolo aiuto?"

Il ragazzo che gli aveva parlato era magro da far paura, aveva la bocca piena di denti guasti e spezzati, gli occhi infossati e sottolineati da pesanti occhiaie, i capelli rasati a zero, e indossava un paio di pantaloni a costine verdi chiaro e una camicia a fiori sporchi e lisi, aveva biasciacato le parole pronunciate, ma lui aveva solo capito le parole Scusi, aiuto e soldi. Gli rispose:

"Mi dispiace, non ti capisco, sono americano. Parli inglese?"

"Ma vattela a piglià in culo! Te e la tua America fascista e imperialista!"

Pur non essendo un conoscitore della lingua italica, eccetuate poche parole imparate per lo più guardando i Soprano, capì perfettamente il senso della frase appena pronunciata: certe cose non conoscevano confini geografici o culturali; il ragazzo, con andatura barcollante, se ne andò verso alcune persone assiepate su un muretto della stazione. Avevano per lo più gli occhi azzurro chiaro, i capelli biondicci, erano vestiti alla meno peggio ed erano visibilmente sporchi. C'erano diverse lattine di birra e cartoni di quello che identificò come vino, sparsi in terra e sopratutto nelle loro mani.

I volti erano rubizzi, e vociavano allegramente, in mezzo a loro c'era una ragazza, forse sulla trentina, che cominciò a ridere sguaitamente, mostrando una bocca quasi completamente sdentata.

Stavano ridendo per lui, per quello che il ragazzo gli aveva raccontato. Era una scena grottesca, una fetta di umanità che sembrava scivolata in uno stato tale di perdizione da non poter essere più redenta: forse perché ne sembravano così felici; si voltò, guardando la strada e le macchine che, se pur con il rosso, continuavano a passare tranquillamente sulla strada pavimentata con il tipico san pietrino romano. C'erano numerosi negozzi di alimentari, bar e ristorantini, notò anche delle lavanderie che svolgevano servizio di Internet café. Nonostate tutto, rimase affascinato dai vecchi edifici risalenti ai primi del '900 e pensò che la storia sul fascino irresistibile della Città Eterna era vera.

Ad un certo punto, si ritrovò di fianco un ragazzo, piuttosto giovane, forse neanche diciottenne, capelli lunghi oltre le spalle, mossi, color nero, occhi castani, non molto alto, di corporatura media. Indossava dei jeans neri e una maglietta egualmente nera, scarpe da ginnastica bianche e blu, e portava uno zainetto in spalla.

Attraversò approfittando di un momentaneo varco e Peter ne approfittò per attraversare anche lui. Si decise a parlargli e, parlando lentamente chiese:

"Ehm, mi scusi, capisce la mia lingua? Sono un turista, e avrei bisogno di alcune informazioni."

Il ragazzo si voltò, fissandolo con i suoi occhi castani incorniciati da due folte sopraciglia, e, parlando in inglese dall'accento scolastico rispose:

"Si, mi dica pure, prego."

"Cercavo l'Hotel Santa Maria Chiara a San Lorenzo. Sa dirmi dove si trova San Lorenzo?"

"Si, ed anzi, io ci sto andando, se vuole, posso accompagnarla fino al quartiere e da lì le spiego come raggiungere l'Hotel."

Era stato molto gentile nel parlargli e Peter si sentì sollevato da tanta cortesia e gentilezza.

 

Fino a poco prima era stato sull'aereo delle Brigate Azzurre, che gli avevano offerto un passaggio per Roma quando gli aveva palesato la sua intenzione di raggiungere la capitale. Anche loro erano stati estremamente gentili, e gli avevano dato appuntamento a Tre ponti, un altro paesino non molto distante, in modo che avesse il tempo di prendere le sue cose. Si presentò con un anonimo zaino e nessuno gli fece domande sul perché stesse andando a Roma, sembravano rispettare molto la sua privacy, e per un po' fu tentato di parlargliene, ma alla fine preferì evitare. Parlò con Enea e Shardana, sopratutto di quanto accaduto a Calcagallo, le cui immagini continuavano a ripetersi ossessivamente nella sua testa.

"L'Italia, non è nuova alla presenza di esseri dalle capacità eccezionali. Voi americani tendete a dimenticare che qui, secoli e secoli fa, creature mitologiche e semi dei, camminavano insieme ai comuni esseri umani, senza dimenticare i numerosi eroi della nostra tradizione." Gli spiegava pazientemente Enea." Essi erano reali, come lo sono Thor, Ercole, Sersi, Starfox, e molti altri ancora. In realtà essi non sono mai veramente scomparsi dalle nostre terre, ma sono stati chiamati con nomi diversi: Santi, Maschere erano solo alcuni di esse; non abbiamo eroi in costumi di elastan o polimeri vistosi come i vostri, quello è un fattore legato anche alla vostra cultura, essenzialmente più giovane della nostra, ma adesso stiamo importando, come puoi vedere, anche quello da voi. I problemi sono giunti quando la popolazione mutante italiana, e cominciata a crescere vertiginosamente negli ultimi quaranta anni. Il tasso di nascite nel nostro paese è molto basso, mentre in proporzione, i mutanti sono molto prolifici, il ché significa che attualmente, ogni duecento italiani, c'è un italiano mutante, e i dati mostrano che il rapporto è destinato a crescere in loro favore."

"E per voi è un problema?"

"Si e no. Si, perché la popolazione non mutante ha paura di essere rimpiazzata, non capendo che stiamo comunque parlando di esseri umani e italiani quanto loro. Qualcuno commenta che sia il naturale corso dell'evoluzione e, in questo senso, non è un problema, perché contro l'evoluzione non si può fare niente. Rimane un problema perché alcuni mutanti, una piccola percentuale, quando manifesta i propri poteri lo fa in modo incontrollato, arrivando a mettere in pericolo sé stessi e quelli che li circondano, alimentando ulteriormente le fobie anti mutanti. Un altro problema è che alcuni mutanti, una percentuale sempre più in crescita, vede l'Uomo normale come una minaccia alla propria esistenza, e vorrebbe anticipare i tempi eliminandolo completamente ora. Come ti dicevo, negli ultimi anni, Fazione Umanità e Nazion Mutante, hanno riscosso sempre più consensi e acquistato crescente potere grazie a questo clima di paura."

"Ma possibile che il vostro Governo non riesca a fare qualcosa?"

"E che cosa dovrebbe fare? Gli esponenti più importanti dei due movimenti vivono in clandestinità, oppure protetti da anonimato, salvaguardato probabilmente da importanti amicizie. Come ti dicevo in questa vicenda vi sono implicati i due servizi segreti italiani, quello militare e quello civile. Ogni tanto catturano qualche pesce piccolo, e gli altri... gli altri sono solo dei simpatizzanti. Non possono far arrestare qualcuno solo perché ha detto di condividere le tesi dell'uno o dell'altro gruppo. Hanno approvato delle leggi così dette anti - razziste, qualche anno addietro, per cui insulti tipo sporco mutante, o degenerato mutante, possono essere sanzionati con pesanti multe. Il risultato è stato che alcuni mutanti decisamente poco per bene, se ne sono serviti per denunciare persone che tutto sommato non gli avevano fatto niente, e i non mutanti hanno cominciato ad insorgere per questo e perché limita, secondo loro, la propria libertà di espressione."

"Tu che ne pensi dei mutanti?

"Che sono umani come qualsiasi altra persona, ma posseggono dei poteri e questo implica, che gli piaccia o meno delle responsabilità, tra cui quella di imparare a controllarli. Credo dovrebbero esistere delle strutture preposte ad aiutarli, ma la loro creazione è fonte di numerosi contrasti tra Maggioranza e Opposizione, e spesso, al loro stesso interno."

"So che ci sono degli enti privati che se ne occupano."

"Si, c'è Warren Worringhton III°, ma le strutture che ha approntato non sono infallibili e non possono essere ovunque. La questione è molto delicata e non credo sia di facile risoluzione."

Shardana, prese la parola:

"Invero, facile o meno che sia, una soluzione deve essere trovata e l'insensato spargimento di sangue fraterno fermato, prima che i lutti si moltiplichino a tal punto da offuscare il brandello di ragione ancora in possesso dei mortali. Ho visto molto, durante la mia vita, e sopratutto tanto odio e rabbia, cosa che mi ha sempre atterrito oltre ogni dire. Ma nei cuori, c'era sempre della speranza: oggi non ne vedo più, e temo che alla fine l'Uomo, mutante o non che sia, si darà con le proprie mani quella morte i cui gesti farebbero pensare che agogni più d'ogni altra cosa."

Shardana era davvero una figura imponente e l'Uomo Ragno non poteva fare a meno di guardarlo con un misto di curiosità e, rispettosa ammirazione.

 

Si erano separati, quando si era lanciato su di un tetto, protetto da un incantesimo occultante di Lady Cagliostro, dopo aver salutato calorosamente tutti i membri delle Brigate Azzurre, con l'augurio di rivedersi un giorno in occasioni decisamente migliori.

 

Il ragazzo lo condusse fino a quelle che gli spiegò essere le mura di San Lorenzo, un quartiere che aveva alle sue spalle una storia vecchia e interessante.

Peter, che sentiva il bisogno di distrarsi dalle scene di morte e rabbia che lo ossessionavano, gli chiese di raccontargliela.

 

 

Fine dell'episodio.

 

 

Per sueggerimenti, commenti, minacce anonime e non, vaticini, oracoli, trick e track, castagnole, frullati alla banana, consigli su come arredare il vostro sgabuzzino, e proposte di collaborazione, rivolgetevi pure a Magneto.

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Un grazie a tutti i miei lettori ( ma quanti diavolo siete? Comincio a sospettare che mi leggano in tre...), a tutte quelle persone che volendo o no collaborano con me ( Il Monni, Gambitto, Kayakko che non sento da un po' ma rimane sempre fonte di sublime ispirazione, Il Pastori con cui ogni tanto mi ci soffio un po' tipo gatti ma che ha delle idee niente male...) e un grazie speciale al mio Supervisore, Frank Webley

Vorrei, ufficialmente, fare le mie scuse a quest'ultimo. Il numero 48 di U.R. non presentava le modifiche che mi aveva chiesto di apportare e vorrei chiarire pubblicamente, che non si è trattato di un mio tentativo di scavalcare la sua autorità, ma di un errore di buona fede, in quanto ho inviato al buon pablo una versione del racconto non modificata.

Volevo anche cogliere l'occasione di spiegare, sempre davanti a tutti, quanto importante sia per me il lavoro di Fank e quanto sia difficile per quest'ultimo lavorare con una piaga come me: chiedetelo a Miguel-Mikey;

apprezzo davvero la sollecitudine e la passione con cui lavori al mio materiale, e spero rimarrai ancora a lungo il mio prezioso Supervisore.

Un saluto.

 

 

Yuri N. A. Lucia.