MARVELIT

 

PRESENT:

 

Uomo Ragno

#64

 

 

Sin after sin – 5

 

Necessary extinction.

 

 

Giovedì ore 10.00 a.m. -Ufficio Squadra Speciale anti-mangiapeccati, Police Plaza n. 1

 

 

“Allora, si inizia o no?” Chiese impaziente Brady O’Neil. Rucker lo squadrò con un sorrisetto da furbo dipinto sul viso. “Come mai tutta questa fretta?” Chiese malizioso.

“Come mai? Sono giorni che non dormo come Dio comanda, gli affari interni mi hanno messo sotto pressione per quel fascicolo sulla mafia russa che è sparito perché qualcuno,gli lanciò un’occhiataccia risentita,si è distratto…

“Le opere di bene non sono mai semplici da fare.” Ribatté tranquillo Rucker.

Asa Pabst fece la sua comparsa. Volto ben rasato, capelli tagliati da poco, il completo che profumava di pulito. Rucker provò un po’ di invidia per il poliziotto. Per quanto provasse, l’ordine era un bene di cui era sempre stato povero.

“Signori, buongiorno a tutti.” Salutò cordiale, strappando a Brady poco più di un grugnito e una allegra risposta da Rucker: “Andiamo bella gente, Suschitziky, Affleby e Roper ci aspettano di là.”

“C’è anche lui?” Chiese Pabst abbassando la voce improvvisamente, quasi stesse pronunciando parole sacrileghe.

“Si. Perkins lo sa, stai tranquillo e infatti non ha voluto partecipare al nostro piccolo meeting.”

“Ci credo! Non vuole giocarsi la carriera!” Fece O’Neil dopo aver ingollato del caffé versato in un bicchiere di carta da un termos.

Si incamminarono lungo il corridoio, Pabst emozionato per quel nuovo concilio di guerra che si stava per tenere, O’Neil e Rucker apparentemente indifferenti.

Quando entrarono nella stanza trovarono i tre uomini della scientifica e l’Uomo Ragno. “Ciao, ragazzi.” Salutò amichevole quest’ultimo.

“’giorno ragno. Questa allegria prelude a buone notizie, nevvero?” Chiese Rucker.

“Ho parlato con Jones.”

“E?”

“Abbiamo la sua collaborazione.”

“Scommetto che gli hai dato una bella scrollata.” Affermò divertito O’Neil.

“Niente di che.” Minimizzò l’Uomo Ragno che se ne stava accovacciato su di uno schedario impolverato.

Quella stanza era una piccola anomalia. Un tempo era stato l’ufficio di un detective morto durante l’adempimento del dovere. Da quel momento non era più stato occupato da nessuno ed era rimasto lì. La motivazione ufficiale era che si trattava di un luogo troppo piccolo, poco soleggiato. Quella vera era che il detective era morto, forse ucciso a causa di un collega corrotto, un collega che occupava lo stesso ufficio e che qualche tempo dopo si era ritirato dalla polizia per via delle voci che avevano cominciato a girare su quella morte sospetta.

L’arredo originario era rimasto quasi per intero, i quadretti con le nature morte, una sbiadita bandiera attaccata al muro dietro la scrivania, una foto del presidente Ford, persino un vecchio calendario di Playboy rimasto custodito in un cassetto.

I muri erano stati rimbiancati un paio di volte ma poi alla fine I tentativi di ridare vita a quel luogo erano stati abbandonati.

Ora era una stanza dove si andava per dimostrare di non essere superstiziosi, o dove cospirare come stavano facendo in quel momento il gruppo di persone ivi riunito.

Cospirare forse era il termine giusto, visto che non potevano di fatto fidarsi di nessuno.

“Nell’ambiente non ha parlato nessuno della tua visita, questo vuol dire che Jones aveva davvero paura di lasciarsi scappare qualcosa. È stato muto come una tomba. Complimenti ragazzo.” Rincarò la dose di complimenti O’Neil.

“Grazie, grazie. Ho sempre saputo di essere un tipo persuasivo, quando voglio. Piuttosto, siamo qui per decidere la prossima mossa, ora che abbiamo quel delinquente dalla nostra.”

“Dobbiamo anche chiarire che cosa fare con l’altra squadra, quella mandata dall’F.B.I.” Ricordò ai suoi compagni Rucker.

“Già, I federali. Sono subito corsi per potersi mettere in mostra. Questa volta c’è un agente di collegamento che non conosco e non capisco perché questa scelta.” Si lamentò Braddy.

“Perché volevano qualcuno che non fosse nostro conoscente. Non vogliono intrattenere rapporti cordiali con noi ma far la figura degli eroi, anche a costo di far fare a noi quella dei fessi. Non gliene frega niente che sia morto un agente. A loro interessa la pubblicità.” Le ultime parole furono pronunciate con triste consapevolezza da Rucker. L’Uomo Ragno gli batté affettuosamente una mano sulla spalla, strappandogli un sorriso.

“Allora, di chi stiamo parlando?” Chiese il tessiragnatele.

 

Ailbhe Rourcke aveva trentasette anni, era alta un metro e settantacinque, aveva un fisico asciutto ed atletico, lineamenti delicati e piuttosto equilibrati che le conferivano una sorta di discreta bellezza sottolineata dai corti capelli neri e dagli occhi blu scuro incorniciati dalle sopraciglia scure.

Stava transitando insieme ai suoi uomini lungo la corte interna dove spesso si andava a fumare in barba ai regolamenti.

“Viene dritta, dritta dagli uffici di Perkins e probabilmente se ne sta andando in archivio.” Asserì indicandola con il pollice Rucker.

Era vestita con un completo giacca e pantalone neri, camicetta bianca, cravatta, scarpe basse e un orologio digitale al polso destro. Un abbigliamento composto, ordinato e quasi anonimo, esattamente come ci si sarebbe aspettati da un agente federale.

“Ha un curriculum di tutto rispetto: si è laureata in psicologia ad Harvard, conseguendo una specializzazione in criminologia qui all’E.S.U. e un master in tecniche investigative alla Sorbona di Parigi. Si è addestrata con l’E.D.I. in Israele per quasi due anni e poi ha seguito le vicende investigative della squadra anti-mostro a Firenze per un anno.” Asa Pabst aveva esposto quanto sapeva riguardo l’agente Rourcke con grande ammirazione.

“Insomma, una che sa il fatto suo. Perché non dovremmo averla dalla nostra parte?” Chiese Suschitziky.

L’Uomo Ragno guardava giù, verso la corte, seguendo attentamente quel passo così composto e ritmico. Fissava, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

 

 

 

Casa di Matt Murdock, Hell’s Kitchen – Giovedì ore 12.30

 

 

“Avresti potuto portare qualcosa, visto che ti sei praticamente autoinvitato.” Lo rimproverò con un sorriso sulle labbra mentre guardava Peter gustarsi un piatto di tonno e fagioli.

“Dovresti provarli Matt! Sono davvero la fine del mondo!” Esclamò entusiasta il giovane ricercatore.

“Mary Jane è una donna di gran classe. Ha stile in tutto quello che fa e sono sicuro che non avrebbe problemi a trovare un uomo del suo calibro. Ammettilo: quando ti ha punto quel ragno ti ha dato qualche potere di cui non mi hai ancora parlato;”

“Spiritoso, ma se continui a rimanere lì a guardare, pardon, ad ascoltare mentre mangio non ne rimarrà per te.”

Peter portò alla bocca una forchettata abbondante.

“Tralasciando il cattivo gusto che hai dimostrato con quella svista sul cieco che guarda…

“… ed io sottolineo che ti sei appena fatto una auto rete clamorosa con questa storia della svista…

“… ed io te lo concedo, direi che quei fagioli con il tonno che stai degustando con tanto piacere fanno parte delle mie personali scorte alimentari. L’altra volta il latte, e la prossima?”

“Che ne pensi di farmi trovare torta di formaggio e gamberetti?”

“Si, il ragno deve sicuramente averti dato uno stomaco senza fondo quando ti ha punto.”

“Tornando ad argomenti seri, hai letto?”

Peter indicò con un cenno del capo il giornale che stava su un comodino poco distante.

“L’Herald Tribune. Devo ancora scorrere le pagine con le dita. Noto che non hai preso il Bugle.”

“Non lo leggo quasi mai. Sai, ne ho fatto indigestione.”

“Puoi farmi un riassunto?”

“Due notizie che mi hanno colpito. In Inghilterra, nei pressi di York, un operazione paraumana finita piuttosto male.”

“Quanto male?” Matt si sistemò su di una sedia, accomodandosi pigramente. Era stanco, quei giorni erano estremamente frenetici, troppo, anche per uno come lui.

“Male. Molto male, Matt. Troppo.”

“Succede. Triste ma è la realtà. Il nostro mestiere non è mai sicuro e quando ci mette lo zampino un esterno i rischi aumentano esponenzialmente.”

“Dici?”

“Spesso i supervisori di questi gruppi filo o paragovernativi non hanno nessun potere, né nessuna facoltà particolare. Non capiscono quelli che dovrebbero dirigere o coordinare. Questo significa complicare la vita terribilmente a qualcuno. Ricordi quel tizio con i capelli a spazzola che tormentava i Vendicatori?”

“Non ricordo come si chiamasse.”

“Sfugge anche a me. Aveva un nome davvero idiota.”

“Già.”

“Comunque è avvenuto in Inghilterra quello di cui tu parli. In quale modo potrebbe riguardarci?”

“L’effetto farfalla.”

“Teoria carina.”

“Teoria vera. Non viviamo in un mondo a compartimenti stagni . Tutto è interconnesso in qualche modo e questa storia mi ha inquietato per due motivi.”

“Andiamo con il primo.”

“Conosco il gruppo in questione.”

“Davvero? Si tratta di quel Crown di cui mi hai parlato?”

“Si. Non sembravano novellini. Era un team ben addestrato e avevano un capo piuttosto in gamba. Se possono commettere errori loro, significa che anche ai veterani come noi potrebbe capitare.”

“Siamo veterani?”

“Direi da un po’.”

“Vale a dire che stiamo invecchiando?” Matt fece roteare compiaciuto il suo bastone. Peter gli sorrise.

“Si. Vale a dire che stiamo diventando vecchi. Abbiamo iniziato in un mondo che ci guardava con stupore e sospetto. Ci chiamavano Meraviglie, quando non usavano il termine minaccia. Detto per inciso, termine usato tre quarti delle volte dal Bugle.

Abbiamo fatto del nostro meglio in questa crociata di cui ci siamo fatti carico ed il risultato? Non ti sei accorto che il termine Meraviglie è divenuto una sorta di trademark a cui nessuno crede più? Mi chiedo quanto stupore sia rimasto e quanto sospetto ormai nutrano nei nostri confronti.”

“Che discorsi cupi! Non sono da te.”

“Il potere del tonno con i fagioli! Svegliano il pessimismo cosmico che vive in me.”

“L’altra cosa che ti ha colpito?”

“Il Ragno Nero mi ha detto quello che il Demone gli ha praticamente vomitato in faccia durante il loro primo incontro. Il Demone è uno di noi.”

Matt sollevò il sopraciglio piuttosto interdetto. “Un eroe?”

“Qualcuno a cui il destino ha concesso un grande potere.”

“Ma che non si è assunto nessuna responsabilità.”

“Più o meno l’idea è quella.  Potevamo essere io e te. Tu lo sai. Abbiamo entrambi fatto qualcosa di terribilmente stupido e ci siamo ripresi per un soffio.”

“Abbiamo fatto la cosa più giusta: prendere coscienza dei nostri sbagli, dei nostri limiti e ci siamo impegnati a non ripeterli più.”

“Il Demone non ha compiuto un errore. Il Demone è convinto di agire giustamente. Dal suo punto ti vista ha ragione, Matt. Viviamo in tempi pericolosi, dove sembra che tutto quello che facciamo sia continuamente vanificato.”

“E dunque? Ci troviamo di fronte a qualcuno che con le sue azioni, ovvero diffondere caos e violenza, vuole dimostrare che noi siamo nel torto con il nostro modo di agire?”

“No. È molto peggio. Siamo sull’orlo di una guerra Matt. Quanto tempo credi che passerà prima che cominci a fare proseliti? Io credo non molto. Ci sono sicuramente tanti ragazzi la fuori che sono al bivio: giovani che come noi si sono trovati a vivere quel momento in cui scegliere che cosa essere; che esempio hanno Matt? Il Crown, un gruppo addestrato e sostenuto dai Governi europei fallisce clamorosamente, mentre il Demone le da di brutto ai criminali.”

“Stai dicendo che arriveremo ad una sorta di guerra civile tra le vecchie leve e quelle nuove? Scenario alquanto tragico.”

“Ma credi che sia così improbabile?”

Matt non rispose.

“Sta facendo questo. Incalzò Peter.” Vuole dimostrare non tanto a sé stesso ma agli altri che abbiamo fallito, che il nostro modo di fare non porterà da nessuna parte. Questo mi porta alla seconda notizia.”

L’altro alzò il sopraciglio divertito. Conosceva Peter da qualche anno e sapeva cosa preludeva il tono che sentiva nella sua voce. Peter era una persona molto posata, razionale, difficilmente si sbilanciava quando dava un giudizio su di una persona o una situazione. Poteva fare battute, scherzare ma non era mai frettoloso nel parlare. Quando invece, all’improvviso, nel mezzo di un ragionamento o di un discorso arrivava quella quasi impercettibile accellerazione, sapeva che stava per arrivare una specie di rivelazione, qualcosa su cui aveva meditato a lungo e che si era trasformata in una sorta di illuminazione.

“Spara.” Si limitò a rispondere, invitandolo a continuare.

“Sabato scorso, sede della Serenity. Ne hai mai sentito parlare?”

La Serenity, una società filantropica di facciata dietro la quale si muovono diversi interessi. Anche Kingpin per un periodo se ne è servito per riciclare parte dei suoi soldi. A differenza di molte altre iniziative che esaurita la loro utilità sono scomparse nel nulla, questa è riuscita a sopravvivere e ad affrancarsi dal suo ruolo originario. Sembra che adesso tra i suoi finanziatori ci siano alcune sigle anti-mutanti e la Serenity fornirebbe mezzi e copertura alla Human Family, un movimento che oltre i mutanti, prende di mira anche tutti quelli che possiedono capacità meta e para umane. Dalle voci che circolano, si direbbe che sia addirittura un centro di reclutamento della Human Family, oltre che il suo quartier generale qui a New York. Sai, volevo dedicarmici un po’, quando le acque si fossero quietate a Hell’s Kitchen.”

“Anche io volevo dedicarmici, però per un motivo o per un altro non l’ho fatto.”

“Hai avuto il tuo bel daffare.” Lo giustificò benigno Matt.

“Anche tu hai avuto motivazioni più che valide. Il punto rimane che però non l’abbiamo fatto, né io, né te. Così è accaduto che qualcuno lo ha fatto per noi.”

Matt era sorpreso. Si rese conto in quel momento che il suo interesse era stato assorbito da altre questioni a tal punto che non era nemmeno sicuro di poter dire che cosa fosse accaduto esattamente al di fuori di Hell’s Kitchen.

“Che vuoi dire?”

“Un gruppo di vigilantes non identificati ha fatto irruzione alla sede della Human Family. I quotidiani hanno definito la vicenda piuttosto dubbia, dai contorni incerti. L’unica cosa sulla quale concordano, è che fossero dei vigilantes in costume, almeno tre e che forse uno di loro possedeva dei poteri. Se Jameson non fosse prostrato per la storia dello Scorpione, il Bugle avrebbe già iniziato una bella campagna d’odio contro la nostra comunità. Per fortuna invece, almeno per il momento, ha deciso di mantenere una posizione moderata rispetto a questa storia.

Il punto rimane: quei tre erano ragazzini che hanno tentato di fare qualcosa che avremmo dovuto fare io o te.”

“Tu sai di chi si tratta?”

“Ho le mie fonti. Esiste un posto che si chiama Strange Palace, lo sapevi? Ci si ritrovano aspiranti eroi. Hai capito bene. Aspiranti eroi. Sono ragazzi e ragazze giovanissimi, con età che vanno dai quindici ai venti anni. Alcuni sono mutanti, altri para-umani, altri possiedono una attrezzatura tecnologica avanzata o pseudotale.”

“Davvero?” Ora Matt Murdock era veramente sorpreso.

“Davvero.”

“Ho capito dove vuoi arrivare. Domani sera faremo un salto lì e faremo tornare il buon senso a quei ragazzi. Se saremo noi a farlo, probabilmente ci daranno retta.”

“Hai indovinato, fino ad un certo punto almeno. Andremo lì e parleremo con quei ragazzi.”

“Quale sarebbe la parte che non ho indovinato?” Chiese Matt prendendo una sorsata da una tazza di caffé che aveva resistito per una giornata intera sul piano della sua cucina.

“Non gli diremo di smettere di fare gli eroi.”

“Ah. Che cosa gli diremo esattamente?” Fece prendendo subito una seconda sorsata.

“Gli diremo che devono continuare.”

Il fiotto di caffè che Matt sputò dopo un violento colpo di tosse finì sulla parete vicino a Peter.

 

“Cerca di farmi capire bene, Peter. Sei preoccupato che quei ragazzi si facciano ammazzare ma vuoi dirgli di continuare?”

“Matt, lo sappiamo entrambi, anche se gli dicessimo di lasciar perdere, continuerebbero. Quanto meno molti di loro lo faranno. Cosa dobbiamo fare? Dirgli di tornarsene a casa? Non possiamo, non ne abbiamo il diritto. Io e te abbiamo operato per anni da vigilantes, spesso ai limiti della legalità.”

“Però abbiamo fatto di tutto per non superare quel limite.”

“E dunque abbiamo il dovere morale di insegnare a quei ragazzi come fare. Dobbiamo aiutarli, incoraggiarli se necessario e al tempo stesso dobbiamo dargli un messaggio forte: non sono soli e il demone non ha ragione; noi non abbiamo fallito, la nostra generazione non ha perso la battaglia. La battaglia si è fatta più dura ed ora necessita l’apporto che può dare una nuova generazione di eroi. Eroi, Matt. Da quanto tempo non sentiamo più questa parola in tv, o non la leggiamo più sul giornale o su internet. Siamo diventati metaumani, mutanti, vigilantes ma eroi? Quando questo termine è divenuto desueto? Quando abbiamo smesso di preoccuparci di come ci percepiva il mondo intorno a noi?”

“Sembra che tu stia parlando di marketing…

“No. Sto parlando di cosa è successo e di cosa, se continua così, succederà. Abbiamo decine, forse centinaia di aspiranti eroi ed ora, adesso abbiamo l’occasione di loro di fornirgli un modello da seguire ed è meglio che quel modello siamo noi, Matt, perché l’alternativa è che il loro modello sia il Demone.”

Matt pulì con una pezzetta umida alcune delle gocce di caffé che erano volate sul pianale della cucina. Sospirò un paio di volte e poi si voltò, incontrando con il suo senso radar, il volto sorridente e fiducioso di Peter Parker e, ancora una volta, ricordò perché gli era difficile dire di no a quel ragazzo.

“Va bene.”

“Va bene?” Chiese Peter non tanto per avere una conferma. Lo sapeva, ne era certo prima ancora di parargli delle proprie intenzioni. Era quella puntina di vanità di cui ogni tanto si deliziava, salvo pentirsene qualche istante dopo, rimproverandosi per tale debolezza.

“Sono dentro e Dio ci assista, perché ne avremo bisogno.”

“Ne sei convinto?”

“Come hai fatto capire bene, dobbiamo addestrarli perché questo gli darà probabilmente qualche speranza in più di sopravvivere sulle strade. Non abbiamo il diritto di scegliere per loro. Noi abbiamo scelto per noi stessi a suo tempo e se loro vogliono farsi carico di questa lotta, di questa responsabilità, devono essere aiutati. Inoltre, come dicevi sempre tu prima, l’alternativa è lasciargli il Demone come esempio da seguire e allora, tra qualche anno, non avremmo più uno psicopatico da arrestare ma una Guerra Civile.”

“Guerra Civile?” Peter era rimasto colpito da quel termine. Avrebbe potuto usarne altri ma quello sembrava sinistramente adatto a quanto sarebbe potuto quasi sicuramente accadere.

“Già.” Matt versò quanto rimaneva del caffè fatto la mattina a Peter e insieme si preparano a pianificare qualcosa di molto importante: una speranza per il futuro.

 

 

Manhattan, Casa di Messiah Jones – Giovedì, ore 15.30

 

 

Messiah Jones  ingollò un po’ di bourbon per calmare i suoi nervi scossi. Negli ultimi giorni una serie di rapidi ed inattesi accadimenti lo aveva duramente provato, al punto che, lanciata un’occhiata allo specchio davanti a sé, stentò a riconoscersi. Il volto dai bei lineamenti era segnato e gli occhi sottolineati da due borse talmente gonfie che temeva sarebbero esplose da un momento all’altro. Offrì un bicchiere all’Uomo Ragno dopo averlo riempito ma l’altro rifiutò con un gesto inaspettatamente cortese.

“Preferirei parlare d’affari.” Asserì l’aracnide che se ne stava sulla sua parete, accanto ad una madonna trecentesca, opera di un anonimo pittore catalano. Uno dei suoi investimenti nel mondo dell’arte, dispendiosi ma necessari per placare la voce della sua coscienza e dargli l’illusione che il suo non fosse un mondo composto esclusivamente da violenza, crimine e corruzione. Gli permetteva di sperare che in qualche modo, una parte di lui fosse ancora sana e capace di una vita normale. Il suo accordo con l’arrampicamuri gli ricordava che era solo mera illusione e la sua immagine riflessa nelle grandi lenti della maschera lo fece rabbrividire.

“Da quello che mi avevano raccontato su di te, non credevo che fossi tipo da andare così subito al sodo.” Osservò Jones dopo essersi accomodato sulla sua poltrona preferita.

“Non ho molta voglia di scherzare, ultimamente. So che di solito sono un simpaticone e che le mie battute sono irresistibili ma dovrai fare a meno della mia verve oggi. Sto cercando un pluriomicida, un assassino di poliziotti.” Era stato semplice e diretto. Jones sapeva che faceva sul serio e non era bene irritarlo andando oltre con il suo temporeggiare. Avevano un patto e gli conveniva rispettarlo altrimenti avrebbe definitivamente chiuso in città.

“Stamane sono stato contattato da un tizio di nome Albert Walker.”

“Chi è?”

“Albert si occupa di mediare. Non compra per sé ma per conto terzi. Solitamente i suoi clienti sono specialisti in rapine a porta valori o a banche. Loro non si vogliono esporre, specialmente quando sono dei pluripregiudicati ricercati in tutto il paese, oppure semplicemente in libertà vigilata e quindi particolarmente attenti a ché le loro faccende rimangano strettamente private.”

“Allora in quale modo dovrebbe interessarmi?”

“Perché, come ti dicevo, Albert ha un giro di clientela ben preciso ed oggi, invece, ha fatto un tipo di ordine ben diverso.”

“Quanto diverso?”

“Parecchio. Abbastanza da farmi pensare che chi lo ha contattato non è un rapinatore. Vuole armi leggere, pistole automatiche, coltelli e ha anche voluto un paio di fucili di precisione. Mimetiche, qualche giubbotto in kevlar.”

“Sicuro che sia davvero così insolito.”

“Mi avete messo alle strette perché sono uno dei punti di riferimento principali per chi, nella City, vuole acquistare delle armi. Io sono un fornitore. Lo faccio da diverso tempo, prima alle dipendenze di altri e poi per conto mio. Sono un esperto nel mio settore e conosco bene la gente con cui lavoro. I criminali sono abitudinari. Hanno bisogno di sicurezza nel loro lavoro e un cambio radicale di attrezzatura significherebbe la fine della routine alla quale tengono tanto. Inoltre Albert sembrava nervoso. Troppo nervoso.”

“Come se avesse qualcosa da nascondere?”

“Albert ha sempre qualcosa da nascondere. Per fare l’intermediario ti serve il pelo sullo stomaco, persino di più di quanto ne abbia chi compra direttamente. Albert è un avido bastardo. Non mi meraviglierebbe se, per i soldi, avesse accettato un cliente scomodo.”

“Albert conosce bene i suoi clienti?”

“Fino ad un certo punto. È ancora vivo perché non fa troppe domande. Però, oltre ad essere avido è anche furbo. Forse ha intuito qualcosa sul suo nuovo cliente.”

“Pensi sia credibile che l’uomo che stiamo cercando si serva di un intermediario?”

“Ha ucciso un fornitore, da quello che mi hai detto. Se mi si fosse avvicinato, avrei fatto in modo di liberarmene velocemente.”

“Scommetto che mi dirai che sei una persona dannatamente previdente.”

“Dannatamente attento. Credo che sia il termine più giusto.”

L’Uomo Ragno lo osservò da dietro la maschera per qualche secondo, senza dire nulla. Provò una fitta di disgusto che tentò invano di tenere per sé. Non ci riuscì e, con durezza, gli disse:

“Sei un venditore di armi. I tuoi così detti articoli, uccidono ogni giorno degli innocenti. Direi che merda, è il termine più adatto.”

Jones non sapeva che cosa rispondere. Era la semplice e cruda verità, lo sapeva bene ma, per la prima volta dopo tanto tempo, gli pesava sull’anima con tutta la sua vasta, spietata mole.

Era un assassino, al pari dei suoi clienti anche se non aveva mai premuto direttamente il grilletto.

“Che ne sarà di me alla fine di questa storia?” Chiese infine, trovando il coraggio di parlare.

“Se collaborerai, se non tenterai di fregarci, alla fine ti faranno uno sconto sulla pena. Un forte sconto. Anche se uno come te, in prigione, dovrebbe marcirci. Se provi a fare il furbo, ti do la mia personale assicurazione, non ci sarà un solo posto sulla faccia della Terra dove avrai pace. Ti braccherò, ovunque tenterai di nasconderti.”

“Molto bene.” Fu l’unica risposta che Messiah Jones riuscì a dare. “Molto bene.” Ripeté scimmiottandolo il Ragno.

 

 

 

 

 

 

 

Strange Palace, Greenwich Village – Giovedì, ore 19.40

 

 

Peter lanciò un’occhiata al display monocromatico del suo vecchio cellulare, un piccolo Nokia comprato sotto costo qualche tempo fa, a cui aveva applicato una scocca rossa con ragnatele nere regalatagli da M.J. “ È divertente, non credi?Le aveva detto sua moglie, mentre lui assentiva mentendo, incapace di trovare un esso tra quel dono e l’ilarità che avrebbe dovuto suscitargli.Hai avuto una Ragno-Mobile, ed ora hai il Ragno-Cellulare.” Quell’ultima battuta, ricordò, l’aveva messo di pessimo umore tutto il giorno, come ogni volta che qualcuno citava quel trabiccolo a quattro ruote. Gli sembrava incredibile aver potuto solo anche lontanamente pensare di farne il suo mezzo di trasporto. Lesse i numeri del suo collega Emil Sisko e di Ilya. Lesse un messaggio del primo: “Big P., ho preparato quei fascicoli che mi avevi chiesto. Non preoccuparti di ringraziarmi, lo farai offrendomi il pranzo per le prossime due settimane. Passa in ufficio da me, domani e sarai servito. Ciao.”; Ilya invece non gli aveva mandato nessun sms ma aveva solo provato a chiamarlo e si chiese che cosa volesse. Ultimamente tra loro due, dopo il flirt abortito, era nata una buona intesa e le era sinceramente grato per averlo messo in guardia riguardo Malakov. Però non poteva fare a meno di sentire un certo disagio in quel contatto al di fuori dell’ambiente di lavoro.

L’aveva baciata, gli era piaciuto e nonostante fosse stato innamorato follemente di sua moglie, negare che aveva provato piacere e trasporto, sarebbe stato ipocrita.

Rimise il cellulare nella cintura e osservò dall’alto il locale chiamato Strange Palace e il via vai di ragazzi che lo affollavano. Molti di loro erano poco più grandi di lui quando aveva iniziato come Uomo Ragno e sentì una fitta di rimorso. Forse erano state le sue azioni ad ispirarli o ispirarne una buona parte. Ricacciò quell’idea con forza: avevano scelto da sé il proprio cammino e doveva accettarlo e, se fosse stato necessario, rispettarlo; il Demone minacciava di vincere la partita se avesse ceduto alla voglia di limitarsi a fare una ramanzina a quei ragazzi rimandandoli a casa. Sapeva bene che il giorno dopo avrebbero ricominciato ma, questa volta, lui non avrebbe più avuto nessuna influenza su di loro. Trasse un respiro e decise che era il momento di entrare in azione.

 

I ragazzi e le ragazze riempirono il locale con il loro vociare, scambiandosi commenti increduli. Qualcuno, sentiva, diceva che non poteva trattarsi di lui. Un altro, invece, asseriva di essere in grado di riconoscerlo tra mille imitatori.

Eugene Patillo, in compagna di un giovane dal costume argentato, lo guardava basito dal fondo del locale, seduto su di uno sgabello con ancora in mano la bibita che poco prima stava sorseggiando.

L’Uomo Ragno avanzò con passo sicuro, tutti gli occhi puntati su di lui, compresi quelli del proprietario che sembrava il più sbigottito di tutti.

“Ciao, Uomo Rana.” Lo salutò seriamente, come avrebbe fatto con un adulto.

“Ciao a te, Uomo Ragno.” Rispose esitante Eugene.

Da dietro il bancone lo osservava, non meno stupita degli altri, una ragazza molto giovane, probabilmente appena maggiorenne.

“Scusami, le si rivolse il ragnetto, potrei avere qualcosa da bere? Una coca andrebbe bene. A temperatura ambiente.” Si sedette su di uno sgabello e attese che la ragazza si scuotesse dalla sua meraviglia e provvedesse a soddisfare la sua ordinazione.

“Che ci fai qui?” Chiese improvvisamente Eugene che aveva vinto un’ardua battaglia per riprendere il controllo di sé.

“Sai benissimo che, presto o tardi, sarei venuto a far visita a questo posto.”

“Vuoi mandarci a casa?” Il ragazzo con il costume argentato era intervenuto, il tono di voce preoccupato, un’indecifrabile espressione nascosta dalla maschera. L’Uomo Ragno tentò di capire se si trattasse di un emulo di Moon Knight. “Tu chi sei?”

Phantom Rider.”

Phantom Rider?”

“Si, come l’omonimo eroe del vecchio west.” Asserì lui con orgoglio.

“Veramente, avevo sentito dire che c’è già in giro un altro Phantom Rider.” Ribatté tranquillamente l’arrampica muri.

“Cosa?” Più che una domanda era un’esclamazione.

“Senti, Uomo Ragno, riprese la parola l’Uomo Rana, alias Eugene, che cosa vuoi?”

“Non quello che pensate.”

“No? E allora, per favore, parla.”

L’Uomo Ragno si mise improvvisamente, con un elegante balzo, in piedi sullo sgabello su cui, poco prima, si era seduto. I presenti si zittirono improvvisamente mentre lui li scrutava con i suoi grandi occhi a specchio. Provò un certo compiacimento nel constatare che la sua maschera suscitava ancora un certo timore in chi si trovava ad osservarla. Se ne pentì quasi subito, sentendosi un po’ come il bulletto della situazione.

Il locale era decorato con poster presi da riviste specializzate in super eroi, locandine dei vecchi cine-giornali in cui si parlava di Cap e degli Invasori, modellini ed action figures che rappresentavano molti suoi colleghi e ne riconobbe anche quattro sue. C’erano carta pesta, pannelli di legno colorati, sagome di compensato, luci soffuse che ricreavano, rozzamente, scorci del Baxter Building, del Sancta Sanctorum del Dr. Strange e della magione dei Vendicatori. Non c’era nulla da obbiettare riguardo la fantasia del proprietario che aveva tirato su un bel locale.

“Non credo di dovermi presentare. Mi conoscete tutti ma io, non conosco tutti quanti voi.Il suo tono era colloquiale, composto, privo di sarcasmo. Questo posto per voi, è un rifugio, una seconda casa, il quartier generale dove pianificare quello che sarà il vostro glorioso futuro.Un po’ come il Coffee Bean per me ai miei tempi, pensò tra sé e sé. Però io ho trovato questo posto. Quanto pensate ci metterebbe gente come Bullseye, Sabretooth o l’Avvoltoio a scovarlo? Niente, perché la sua esistenza è praticamente di pubblico dominio ormai. Grosso errore. Un rifugio di cui tutti conoscono l’esistenza non è più tale, a meno che non vi chiamiate Reed Richards o non abbiate un Tony Stark a sponsorizzarvi la sicurezza. Se i criminali di questa città dovessero cominciare a pensare che voi siate una minaccia, potenziale o meno che sia, vi farebbero saltare in aria senza fare troppa fatica. Tanta gente, in un solo posto, che si sta rapidamente facendo tanti nemici, non è certo una mossa vincente.Con la coda dell’occhio intravide l’espressione terrorizzata del proprietario. Probabilmente non aveva mai pensato in quei termini al suo locale. La giovane cameriera con i capelli rasati e le due lunghe ciocche che le arrivavano fino alle spalle aveva posato la coca che lui aveva ordinato sul bancone e lo stava ascoltando con aria estremamente seria. Eugene e Phantom Rider si erano disposti ai suoi lati e lo seguivano attentamente. Molti di voi sono qui solo per fare scena. Non serve nascondercelo. A queste persone chiedo se vale realmente la pena rischiare la pelle per farsi grandi con gli amici. Electro, Shocker o Rhino se ne fregano se voi scherzate o meno. Se decidessero di fare a pezzi questo posto, vi staccherebbero, senza pensarci su due volte, la testa dal collo solo perché eravate qui. Molti dei presenti deglutirono pesantemente, scambiandosi occhiate preoccupate. Altri, invece, hanno fatto una scelta, una scelta ben precisa. Non sarà facile, lasciatevelo dire. Quello che vi ho detto fino ad ora, non ha lo scopo di scoraggiarvi ma semplicemente di spiegarvi cosa accadrà: vivrete costantemente con una taglia che pende su di voi; presto o tardi incontrerete un certo numero di psicopatici che si fisserà con voi e che considererà l’uccidervi la ragione ultima della propria vita. Gente di cui voi non saprete nulla magari ma che vi incolperà di ogni disgrazia occorsagli durante la propria esistenza, dall’aver finito il caffè la mattina, alla morte dei propri genitori. Mentre lotterete con questi pazzoidi e con i comuni balordi che, anche se non ossessionati, vorranno comunque farvi la festa, vi troverete spesso a dover combattere con un nemico ben più temibile: i media; forse, per un certo periodo di tempo, qualcuno di voi diventerà famoso e benvoluto dal pubblico ma, credetemi, basterà un passo falso, una mossa sbagliata, o un singolo editore che pensa, per qualche oscuro motivo, che voi siate la minaccia numero uno e presto o tardi vi ritroverete tutti contro. I vostri sostenitori del giorno prima diventeranno i vostri peggiori detrattori, nella fretta di prendere le distanze da voi. Sarete additati come pubbliche minacce, persino peggiori della feccia a cui date la caccia. Fidatevi di me: non è una eventualità così improbabile.

Questa vita, non è semplice. Vi sottrarrà tempo e risorse a quella che avete vissuto fino ad ora, cambiando il vostro rapporto con gli altri, con voi stessi e il vostro futuro.

Se avevate dei sogni come divenire un grande chirurgo, un famoso avvocato o un importante scienziato, mettete sin da ora in conto che potreste non realizzarli mai.

Siete innamorati? Preparatevi, perché la persona che amate potrebbe allontanarsi da voi per via delle vostre improvvise assenze, i silenzi, i segreti che custodirete.

Volete rivelargli chi siete? Lo avete già fatto? Potete vivere con il peso dell’aver coinvolto quella persona nella vostra missione? Vi siete mai posti la domanda: e se i miei nemici scoprissero la mia identità? Che accadrebbe a chi mi sta vicino?

Siete ancora intenzionati ad insistere su questo cammino? Va bene, allora siete senza dubbio dei duri ma, mi chiedo, vi basterà per sopravvivere? Io scommetto di no.”

“Tu hai iniziato che non eri certo più grande di noi! Eppure sei sopravvissuto!” Il commento era venuto dal fondo del locale e c’erano stati una serie di mugolii e grugniti d’approvazione.

“Quando ho iniziato io, sapete quanti erano i super criminali che giravano a piede libero per questa città? Pochi. All’inizio potevi contarli sulle dita di una mano. Il primo super criminale che ho incontrato era l’Avvoltoio, un vecchietto in mutande verdi con un paio d’ali costruite nel garage di casa. Forse, ve ne sarete accorti, c’è stata una crescita esponenziale di questi signori, una crescita superiore a quella dei cosiddetti eroi e sono divenuti sempre più violenti e spregiudicati.

Inoltre, l’effetto sorpresa che io, Devil, Moon Knight e gente come noi esercitava sulla criminalità di questa città è andato decisamente scemando. Il Maggia, la Mafia e tutte le nuove organizzazioni dedite al malaffare a New York e in generale in questa nazione, ora sono preparate. Esistono organizzazioni che, finanziate on il denaro sporco, si dedicano a ricerche per produrre agenti in grado di fronteggiare me ed i miei colleghi e, modello dopo modello, potete credermi, è sempre più difficile salvare la pelle. Oggi, il lavoro che faccio, è ben più complicato di quando ho iniziato io. Voi, che siete la nuova generazione, non avrete vita facile. No, per nulla. Meno di quanto ne ho avuta io.”

Stavolta i commenti d’approvazione erano rivolti a quello che aveva detto l’Uomo Ragno che, con studiata lentezza, fece vagare lo sguardo da una parte all’altra della sala. S’accorse che la cameriera era scomparsa.

“Allora, che cosa proponi.” Era stato un ragazzo che si faceva chiamare Typhone a parlare. Era un diciannovenne dall’aria trasognata e dal costume piuttosto elegante, realizzato in diversi materiali: latex, vinile, kevlar persino; faceva parte di una squadra chiamata “Forces of Nature”, e i suoi compagni di squadra erano tutti presenti: Cyclone, Monsoon, Hurricane; il colore dominante dei loro costumi era il bianco e, ognuno, aveva delle finiture, polsini, colletto, delle bande orizzontali sulla casacca di diversi colori, per distinguersi l’uno dall’altro. Il colore distintivo di Typhone era il blu. Il suo volto era semi nascosto da una maschera blu, con finiture metalliche e lenti bianche che ne nascondevano gli occhi, i capelli neri, lunghi fino alle spalle, tagliati in una foggia estremamente moderna e trendy. Peter provò una certa invidia per la gioventù di quel ragazzo. Aveva l’aria seria ma forse non sapeva quanto il suo futuro avrebbe potuto essere duro con lui. Avrebbe pagato il prezzo delle sue scelte, comunque. Pregò che il prezzo non fosse troppo alto.

“Il Network.”

“Network?” La domanda serpeggiò tra i presenti e persino l’Uomo Rana e Phantom Rider si scambiarono un’occhiata carica di interrogativi.

“Quando iniziai io, i super eroi erano un ricordo. Il mondo se ne era quasi dimenticato e gli sguardi che si incontravano lungo la via erano carichi di meraviglia e, qualche volte, aspettative. Abbiamo dovuto imparare tutto, o quasi, da soli. Quanto appreso, è stato frutto di sacrifici personali ed esperienze, molte volte quasi letali. La nostra proposta è semplice: mettere a vostra disposizione questo bagaglio di esperienze.”

“Stai proponendo di costituire una scuola per super eroi?” A parlare stavolta era stata My Michelle. Era una aspirante vigilante urbana, dai lunghi capelli biondo cenere e dallo sguardo nascosto da un paio di grandi occhiali da sole.

“No. Sarebbe troppo complesso e troppo pericoloso, almeno per il momento. Vogliamo iniziare con degli incontri, che si svolgeranno in località da scegliere di volta in volta, in modo da non renderli facilmente individuabili da eventuali malintenzionati.

Scopo degli incontri sarà dibattere su diversi argomenti, sottoporre i presenti a sessioni d’allenamento.”

“Come dei campi paramilitari in Nebraska?” La domanda provocatoria era partita da Tomorrow Lad.

“No. Non siamo un’organizzazione paramilitare. Gli eroi di questa città, vogliono essere degni di questo titolo e non aspirano a sostituirsi alla polizia, all’esercito e alla giustizia. Diamo una mano, mettiamo a disposizione della comunità i nostri talenti, in modo responsabile, con umiltà e senza arrogarci prerogative e poteri che non sono i nostri. Siamo una libera associazione che vuole dare una mano a chi sta muovendo i primi passi in questo ambito. Chi vorrà, potrà associarsi e, per un periodo, potrà avvalersi di un tutor, una figura che lo seguirà per qualche settimana. Durante questo periodo il tutor darà dritte, consigli, impartirà un addestramento di tipo superiore.”

“E se ci fossero degli infiltrati tra di noi? Voglio dire, qualcuno di noi non potrebbe essere un potenziale criminale? O magari qualcuno pagato dal Kingpin per scoprire particolari su questo Network e sabotarlo dall’interno.”

“Ottima osservazione.Convenne l’Uomo Ragno con la nuova venuta, una ragazza in costume blu scuro, con finiture nere. Era Blue Bird che rivolse un cenno di saluto ai suoi compagni, l’Uomo Rana e Phantom Rider. Per questo gli incontri saranno niente altro che dei semplici corsi di orientamento. Al Network vero e proprio si accederà dopo qualche tempo, quando avrete dato prova di essere veramente interessati a combattere dalla parte giusta.”

“E come ve lo dovremmo dimostrare?” Insistette Blue Bird.

“Se vorrete far parte del Network, dovrete attenervi ad un severo codice di comportamento e, poiché siete degli aspiranti eroi, non dovreste avere problemi a farlo. Le norme di tale codice saranno discusse durante il primo incontro e poi, pubblicate su degli opuscoli che distribuirete a quanti mancheranno al primo incontro e che vorranno conoscerci. Inoltre, non sottovalutare noi della vecchia guardia. Se qualche delinquente volesse imbucare una spia tra di voi, sarebbe difficile nascondercelo. Siamo dei veterani ed un motivo c’è.

Il punto ora, è decidere se volete farne parte oppure no. Il Network non è un imposizione ma la possibilità, una volta divenuti parte integrante di esso, di poter accedere ad un database completo di informazioni che riguardano i criminali ed i crimini di questa città e di tutto il territorio statunitense e non solo con cui io e altri miei amici abbiamo avuto a che fare. Il Network è un modo veloce di scambiare esperienze, elaborare strategie comuni ed eventualmente fornire aiuto e copertura a compagni e colleghi che ne avranno bisogno.

Non dovete firmare un contratto. Non dovete rivelare la vostra vera identità. Continuerete ad agire in perfetta autonomia ma, condizione indispensabile, nei limiti di un’etica e di una morale condivisa da tutti quanti. Per i dettagli, risponderemo al primo incontro.”

“E che cosa hai da offrire a questo incontro? Perché dovremmo venire?”

Peter sorrise sotto quella maschera. La ragazza aveva del carattere e questo gli piaceva.

“Qualcuno di voi ha un fazzoletto bianco?” La richiesta giunse inaspettata e sembrò cogliere impreparati i ragazzi dello Strange Palace. Fu Phantom Rider a farsi avanti. “Io ho questo qui.” Passò il fazzoletto di stoffa al tessiragnatele che, dopo aver ringraziato, se lo legò intorno ad un braccio.

“Da uno a dieci quanto pensate veramente di essere bravi in quello che vi proponete di fare?” Nessuno gli rispose.

“Direi che è il momento di verificare se avete o no bisogno d’aiuto per la vostra missione. Prendete il fazzoletto.”

“Come?” Chiese Tyron the Iron, uno studente universitario che, alla carriera di campione di football aveva preferito quella di eroe.

“Semplice. Voi cercate di prendere il fazzoletto bianco. Io cerco di non farvelo prendere. Chi riesce nell’intento, è un eroe fatto e finito. Non ha sicuramente bisogno dei consigli di un matusa e anzi, avrà diritto a ricevere tutte le informazioni che vorrà, senza nessuna condizione. Ci state? Avanti, siete una quarantina di persone qui dentro. Possibile che nessuno di voi pensi di potercela fare? Non ci credo.” La provocazione era riuscita e, qualche istante dopo si scatenò il pandemonio, con grande scorno di Clive Burton Kemp che non trovò altra soluzione se non quella di nascondersi sotto il bancone di legno di noce scura.

 

Typhone e Tomorrow Lad andarono a scontrarsi l’uno contro l’altro. The Mechanixxx inciampò, e solo per un istante Blue Bird non ne fu travolta. Riuscì ad evitarlo con un rapido balzo, come se stesse saltando la cavallina. L’Uomo Rana rotolò di lato, evitando la squadra dei Deca Dieci che era divenuta di nuovo la squadra dei Diavoli Dieci. Erano solo in quattro, visto che gli altri si erano ritirati dopo una dura batosta subita. Ad Eugene sembrò di distinguere il suo ex compagno di squadra, lo Scintiallante Ricaricatore che tentava, inutilmente, di stare dietro alle acrobazie dell’Uomo Ragno.

“Coraggio! Tutto qui?” Chiese in tono canzonatorio. “Lo sta facendo di proposito.” Fu il commento di Phantom Rider al suo orecchio. “Sei qui?” Chiese Eugene. “Sono qui.” Confermò lui, che si era reso invisibile piegando la luce lungo le forme del suo corpo. “Ci provoca per renderci il compito più difficle.” “Allora dobbiamo coordinarci e ignorare quello che dice” convenne Phantom Rider.

Ormai quasi tutti i presenti erano finiti in terra, stanchi ed ammaccati.

L’Uomo Ragnò evitò Rapper Joe con un falling step misurato, che gli permise di spostarsi leggermente e di evitarne la carica. Gli diede un lieve buffetto sul collo, mandandolo a finire sopra un tavolino.

Nel locale ormai si era scatenato un pandemonio ma, tentativo dopo tentativo, quasi tutti finirono in terra, addosso al muro, qualcuno persino nella toilette. Quasi tutti.

Eugene aveva aggiunto degli stabilizzatori ed un propulsore a gas supplementare, per migliorare le prestazioni dei suoi stivali. Inoltre aveva creato una piccola centralina elettronica che, grazie a delle patch pre-impostate, gli premetteva di applicare una serie di parametri diversi, velocità, potenza, durata dell’impulso, a secondo dell’ambiente dove si trovava.

Si spinse rapidamente verso l’Uomo Ragno passandoli vicino. Come previsto il ragnetto lo aveva evitato senza difficoltà ma il suo piano non era quello di tentare di toccarlo, prendendogli il fazzoletto, ma di lanciargli contro un paio delle sue rane meccaniche.

Le rane erano dei teaser mobili, dotate di speciali ventose che gli permettevano di aderire con una forza notevole al bersaglio.

Il senso di ragno permise al tessiragnatele di colpirle, rapidamente, mandandole dall’altra parte della sala. Phantom Rider tentò proprio in quel momento di prendere il fazzoletto.

“Bel tentativo, Phantom.” Si gelò il sangue nelle vene di Derek, che si bloccò mentre stava allungando il braccio. Nonostante fosse invisibile, l’Uomo Ragno, in qualche modo, l’aveva individuato. Era la fine. Phantom ricomparve ed Eugene mandò un verso strozzato per esprimere la sua incredulità e delusione.

“Basta così.”

L’Uomo Ragno, l’Uomo Rana e Phantom Rider si voltarono verso Blue Bird.

 

“Hai reso l’idea, la vigilante dai colori scuri parlava in modo disinvolto, nel suo solito tono sicuro e leggermente distaccato, hai dimostrato che la nostra preparazione non è all’altezza del compito.”

“Tu non hai nemmeno tentato.” Osservò l’arrampicamuri divertito.

“Non è un gioco. Tutto questo, i costumi, i poteri, le abilità, le ore di addestramento. Forse per gli altri lo è ma non per me. Quando dici che qui ci sono molti che vogliono solo farsi notare, dici la verità. Ci sono anche molti che non hanno capito cosa stanno facendo veramente. Io ho la presunzione di dirti che nel mio caso non è così: so cosa faccia e so cosa voglio; perciò verrò alla prima riunione del Network.”

“Molto bene. Chi altri di voi vuole venire.”

“Io. Parlo a nome della mia squadra.” Disse Typhone.

“Voglio esserci anche io.” Lo dissero My Michelle, Tyron the Iron, Tomorrow Lad, Jacob’s Ladder, Stop ‘n go, Ms Understood, Codek, Check point, Rust-man e G for Glory.

“E voi due?” Chiese l’Uomo Ragno ad Eugene e Derek. I due si guardarono stupiti.

“Vuoi anche noi?” Chiesero all’unisono.

“Siete stati dannatamente bravi. Avete mancato l’obbiettivo solo per un pelo.” Fece un gesto eloquente con il pollice e l’indice e, immeditamente, i due ragazzi sentirono il calore dell’orgoglio e della sicurezza gonfiargli il petto. Blue Bird non riuscì a trattenere un mezzo sorriso. Forse stava nascendo davvero qualcosa di importante.

 

 

Fine.

 

 

Come sempre, grazie a tutti quanti quaelli che rendono possibili questi racconti e che mi danno una ragione per continuare a scrivere. Siete davvero impagabili!

 

Per idee, suggerimenti, minacce (fantasma e non): spider_man2332@yahoo.com

 

Contatto msn spider_man2332@hotmail.com