ACME
Di FABIO VOLINO
Le vite dei supereroi sono perlopiù complicate, piene di angoscia e dolore,
dove le vittorie vengono rapidamente surclassate dalle sconfitte, nella vita o
nella consueta battaglia contro il supercriminale di turno. Le pieghe delle
vite dei supereroi sono particolari, diverse da quelle dell' uomo comune:
soprattutto le loro origini, il modo in cui acquisiscono i loro particolari
superpoteri ma soprattutto la scelta che li porta ad usare questi poteri al
servizio della società, per aiutare persone che perlopiù non conoscono. Il che
ci porta alla storia in questione: poco più di dieci anni fa, un ragno
radioattivo mordeva un adolescente, trasformandolo nell' eroe che oggi
conosciamo come Uomo Ragno. Dapprima usò le sue capacità per diventare ricco e
famoso, poi accadde l' irreparabile: lasciò fuggire un ladro che poteva
facilmente bloccare e quello stesso ladro poco tempo dopo uccise il suo amato
zio Ben. Sconvolto ma determinato, l' Uomo Ragno stanò il ladro in un magazzino
abbandonato della ditta ACME e lo catturò.
Ma forse tutto questo ha poca importanza. Perché la nostra domanda è un' altra:
che fine ha fatto quel magazzino?
Può essere una storia banale, un racconto di cui si potrebbe fare volentieri
a meno. Uno di quelli a cui molti non daranno nemmeno una letta. Oppure è una
storia che merita di essere raccontata, anche se non coinvolge supereroi o
supercriminali, ma un qualcosa di inanimato, che non si esprime con parole o
gesti. Un magazzino abbandonato. Che un tempo abbandonato non era. Un magazzino
abbandonato, luogo teatro di innumerevoli battaglie del bene contro il male.
Tutto ebbe inizio nel 1925, quando un giovane imprenditore di nome William
Doyle decise di espandere la sua attività commerciale nel mare. William era
padrone di una ditta di trasporti, la ACME appunto (un nome che sembra uscito
da un cartone animato della Warner Bros., solo che Will Coyote era ben di là da
venire. La storia non ci ha tramandato il motivo di questo nome, probabilmente
era un qualche acronimo), che girava in lungo ed in largo per gli Stati Uniti
coi suoi bei camion per trasportare ogni genere di beni, soprattutto generi
alimentari. Ma a William non bastava, voleva di più.
"Voglio l' Europa" disse un giorno. La sua segretaria lo osservò con
sguardo stupito. "Voglio l' Europa" ripeté "È un mercato in
forte espansione, dopo la Prima Guerra Mondiale alcuni paesi hanno
intensificato i rapporti con il nostro paese. Sono sicuro che c'è più di una
ditta che vuole far conoscere il suo nome aldilà dell'oceano".
William Doyle era un arrivista, è vero, ma era anche un uomo deciso, che quando
si poneva un obiettivo lo raggiungeva. Sempre. Sin da quando in tenera età
dovette patire la perdita dei genitori, si è sempre posto delle sfide, sempre
più difficili, e le ha superate tutte. Non capendo che, puntando sempre più in
alto, quell' unica volta che avesse fallito sarebbe potuta anche essere l'
ultima. Ma William, bontà sua, non aveva tempo di pensare a queste cose.
Così affittò una zona del porto ed in breve tempo fece costruire il magazzino
ACME nr. 1. Nel medesimo breve tempo, il magazzino si riempì di scatoloni.
C'era di tutto: alimenti, in particolar modo, ma anche i primi ritrovati
tecnologici di un' epoca che nei decenni successivi avrebbe visto davvero di
tutto in questo campo. William fece degli accordi con un paio di imprese
navali, le quali iniziarono a portare i vari beni nel vecchio mondo. Per tre
anni fu un continuo andare e venire, un meraviglioso successo. E già si pensava
di aggiungere un secondo magazzino, un ACME nr. 2. William Doyle aveva
detto:"Voglio l' Europa". L' Europa l' aveva voluto.
Poi arrivò qualcosa di imprevedibile, almeno per un uomo che vedeva solo
successi davanti ai suoi occhi. Arrivò il 1929. Certo, non è poi questa cosa
così sconvolgente, prima o poi doveva sopraggiungere. Ma questo anno portò con
sé anche il Lunedì Nero, il tracollo di Wall Street. I titoli crollavano, anche
gli azionisti crollavano (gettandosi dalle finestre) e l' economia americana
andò allo sfacelo come un perverso gioco di domino. Una cui tessera comprendeva
anche William Doyle e la ACME: molti suoi fornitori o contatti fallirono e gli
introiti della ditta calarono bruscamente. Ma William non era certo tipo da
arrendersi: aveva davanti a sé una nuova sfida, la raccolse pieno di ardore.
Diversamente dalle altre, tuttavia, questa era una sfida che non poteva essere
vinta tanto facilmente: per dieci anni la ACME passò brutti momenti e William
suo malgrado fu anche costretto a licenziare alcuni suoi dipendenti. Non lo
aveva mai fatto fino a quel momento: al massimo qualcuno aveva dato le
dimissioni, ma mai c'erano stati licenziamenti. Almeno fino al 1929. Lui vide
il tutto come il primo passo verso una brusca caduta, ma dopo alcuni anni si
dovette ricredere. L' Europa, turbata da altri avvenimenti e dall' avvento di
uomini dalla personalità contorta, dimenticò il nome ACME, la quale in un certo
senso ritornò alle origini, limitando i suoi trasporti alla Costa Est degli
Stati Uniti. Ed il magazzino 1 accumulò in quei tempi solo una cosa: polvere.
Presagio di un futuro, triste destino.
Nessun uomo dovrebbe amare la guerra. William Doyle ci arrivò molto vicino
quando, all' entrata degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale, l'
esercito assoldò la ACME per trasportare medicinali nei territori bellici. L'
Europa era nuovamente a disposizione di questo baldo imprenditore, anche se per
motivi meno edificanti. E, indovina indovina, il magazzino nr. 1 riprese la sua
attività. A coronamento di tutto ciò, William conobbe un' infermiera di nome Annie,
che divenne sua moglie e gli diede quattro figli.
Il conflitto terminò e la ACME provò a rifiorire: non fu facile ed un paio di
decenni dopo Doyle si ricoprì per questo di debiti con le banche. E ancora una
volta l' ACME nr. 1 venne chiuso e abbandonato. Lentamente, tuttavia, l'
azienda risalì la china ma per quanto buoni fossero i suoi introiti, gli oneri
si dimostrarono più pesanti. Fu l' ultima sfida che William Doyle raccolse: nel
1975, all' età di 76 anni, si suicidò sparandosi un colpo di pistola alla
tempia. L' azienda che lui aveva fondato stava per fallire, stava per morire, e
lui non voleva essere presente. Non voleva vedere tutti i suoi sogni, tutte le
sue speranze, crollare insieme alla ACME. Un paio di anni dopo Alan, il minore
dei suoi quattro figli, provò a rinverdire i fasti di suo padre rifondando la
ACME e riaprendo il mitico magazzino nr. 1, che nuovamente si riempì di
scatoloni e beni. Ma fu costretto ben presto a desistere per via dei troppi
debiti che suo padre aveva contratto. E così, nel 1979, venne dichiarato il
fallimento della ACME: nessuno l' avrebbe mai più rifondata. E per quanto
riguarda il magazzino nr. 1, forse perché ritenuto decadente e di scarso
valore, nessuno dei creditori se lo aggiudicò nelle vendite all' incanto: divenne
così ritrovo di barboni, drogati, un paio di volte anche di amanti con scarso
senso dell' igiene. Ma alla fine, come se su di esso gravasse una maledizione,
nessuno ci andò più. Rimase in tutto e per tutto deserto, senza nemmeno uno
scatolone ad abbellire il tutto, in quanto erano stati tutti rubati (anche se
per quale scopo, non è dato sapere). Il nome di William Doyle venne a volte
ricordato negli anni successivi in alcune lezioni di economia in due accezioni:
come colui che aveva realizzato il sogno americano o come l' ultimo residuato
bellico del crollo di Wall Street. Infine il magazzino divenne il luogo
preferito dove ambientare leggende urbane, con protagonisti spiriti, mostri e
quant'altro. Poi non accadde più nulla, ci fu solo il silenzio.
Ma una nuova era era alle porte, l' era delle Meraviglie: ce n'era già stata
una in passato, nel corso di quel conflitto mondiale che aveva per breve tempo
ritardato il destino finale di William Doyle e della ACME. Ma quella che seguì
fu senza precedenti ed ebbe inizio con un viaggio nello spazio non autorizzato
di quattro avventurieri, che vennero bombardati da raggi cosmici ottenendone in
cambio straordinari poteri. E poco dopo un giovane ragazzo di nome Peter Parker
venne morso da un ragno radioattivo: un evento che diede il via alla leggenda
dell' Uomo Ragno. Ma cosa ha a che vedere tutto questo con quel magazzino nr. 1
(a cui non era mai seguito un 2) appartenente ad una ditta fallita da
tantissimi anni?
Tutto ebbe inizio una sera, quando un ladro di nome Jacob Carradine si
introdusse nella dimora dei coniugi Parker, intimando loro di consegnare un
tesoro appartenuto ad un vecchio gangster. Ben Parker tuttavia si ribellò,
venendo ucciso, mentre il ladro fuggì. Quella stessa sera, Peter Parker tornava
a casa dopo uno spettacolo e, nel vedere una volante della polizia davanti a
casa sua, si preoccupò. A buon motivo.
"Mi scusi, agente, qualcosa non va?".
"Eh? Oh, tu sei Peter Parker?" gli domandò a sua volta il poliziotto.
"Sì. Che cosa è successo?".
"Temo di avere brutte notizie, figliolo" gli disse un poliziotto
"Hanno sparato a tuo zio. L' hanno ucciso".
"Zio Ben… morto?" esclamò uno sconvolto Peter Parker "No! No,
non può essere. Chi è stato, chi gli ha sparato?".
"Un ladro. Tuo zio l' ha sorpreso. Ma non preoccuparti, lo abbiamo
intrappolato nel vecchio magazzino ACME del porto. Lo prenderemo. Tua zia è dai
vicini, si stanno prendendo cura di lei. Ehi, aspetta…".
Ma ormai Peter Parker era corso via. "No! Devo andare, devo
prenderlo". Corse in camera sua ed indossò il costume dell' Uomo Ragno,
per la prima volta per un motivo diverso dal fare soldi in modo veloce.
"Conosco il vecchio magazzino ACME. E' abbandonato da anni. Un assassino
potrebbe tenere a bada un esercito in quel posto buio. Ma non terrà lontano… l'
Uomo Ragno! Il magazzino è dall' altra parte della città, ma sarò lì in un
attimo".
E così il giovane Peter Parker iniziò a volteggiare nella notte, la prima di
tante figure colorate che in futuro avrebbero abbellito i cieli newyorchesi.
Poche miglia percorse in pochi secondi, dimentico di tutto fuorché della sua
destinazione e del suo obiettivo. Quel vecchio magazzino, le cui leggende
urbane anche lui aveva sentito: una volta addirittura Flash Thompson, il bullo
del liceo Midtown, aveva provato ad attirarlo lì con un biglietto romantico
firmato da Sally Avril per tirargli un perfido scherzo. Ma Peter aveva
subodorato l' inganno e non c'era andato: il povero Flash era rimasto due ore a
gelare nella notte prima di andarsene.
E presso il molo, il destino era in attesa.
"C'è qualcuno dentro, capitano" disse un poliziotto "Ma ci farà
fuori come mosche se attacchiamo".
"Mi sa che non abbiamo scelta" concluse il capitano "O'Brien,
chiama la squadra d' assalto".
"Strano" pensò nello stesso momento O'Brien "Giurerei di aver
visto qualcosa passare davanti alla luna".
E dentro il magazzino, i primi passi di un amaro futuro attendevano Jacob
Carradine: un ladro, un padre indegno che aveva rovinato molte vite prima di
questo giorno. Non ne avrebbe più rovinate altre. Protetto dal buio, credeva di
essere al sicuro, ma si sbagliava.
"Devo solo tenerli a bada finchè non cala la luna" disse tra sé e sé
"Poi me la batterò nell' oscurità".
"Non scapperai mai più, assassino!" gridò in quell' istante una voce
alle sue spalle.
"Eh? Che diav…". Le parole morirono in bocca a Jacob Carradine nell'
attimo in cui vide quello strano essere scendere a gran velocità da un muro,
strisciando, come un vero e proprio ragno.
"Sorpreso di vedermi?" esclamò l' Uomo Ragno "E le sorprese sono
appena iniziate".
Il ladro provò a fuggire. "Devo scappare, nascondermi. Ho le
traveggole!".
Ma l' eroe si parò sulla sua strada. "Non c'è posto dove tu possa
sfuggirmi. Prima ti toglierò la pistola con la mia tela". E così dicendo
uno strano composto uscì da uno dei suoi polsi, andando a ricoprire l' arma del
ladro, che si ritrovò così nell' impossibilità di sparare. "Poi te le darò
di santa ragione!" concluse l' Uomo Ragno stendendo Carradine con un solo
pugno.
Poi una drammatica rivelazione sconvolse la sua vita, e non solo la sua.
"Avanti, alzati, così… Que… Questo viso è… No, non può essere! E' il ladro
che avevo incrociato, quello che non ho fermato quando avrei potuto!".
Nello spazio di una frazione di secondo, migliaia di pensieri si affollarono
nella mente del giovane eroe: non c'era nessuno nei dintorni, nessuno l' aveva
visto entrare, avrebbe potuto facilmente fuggire indisturbato. Avrebbe… No, non
si sarebbe mai abbassato al livello del ladro che stringeva tra le sue braccia:
altrimenti avrebbe rinnegato tutto quello che gli aveva insegnato zio Ben.
E così poco dopo… "Non vorrei farlo, ma dobbiamo prenderlo ora" disse
il capitano "Se scappasse col buio, sarebbe la fine".
"Capitano, guardi!" esclamò in quel momento O'Brien indicando
qualcosa in alto.
"E' lui" notò il capitano vedendo il ladro appeso ad un lampione.
"Su una… ragnatela" notò ulteriormente O'Brien.
E mentre un giovane eroe volteggiava via, imparando una lezione di vita che
tutti voi conoscete e che non staremo qui a ripetere, il magazzino ACME nr. 1
rimaneva nuovamente deserto, il suo breve momento di gloria già svanito.
Quando la notizia dell' esistenza di un nuovo superessere, di un Uomo Ragno,
iniziò a capitalizzare l' opinione pubblica, tuttavia, qualcuno ritornò a
soffermarsi su quel magazzino. A quel luogo che aveva segnato la sua prima
impresa eroica. Un impresario, Max Shiffman, quello stesso impresario che aveva
dato il via alla carriera televisiva dell' Uomo Ragno, pensò bene di
affittarlo, per potervi aprire nel più breve tempo possibile un nuovo studio
televisivo dove il giovane eroe potesse sbizzarrirsi, stupire il pubblico,
attirare su di sé l' audience e… mettere i soldi in saccoccia a Max. Ma il
povero impresario in breve tempo si ritrovò con altre gatte da pelare e, con l'
inizio della massiccia campagna giornalistica anti-Uomo Ragno da parte di J.
Jonah Jameson e del Daily Bugle, pensò bene di lasciar perdere. La gestione
dell' ormai decadente ed iper-tarlato magazzino ACME passò allora a Aloisyus
McCormack, un uomo che possedeva venti centri commerciali e voleva aprirne un
ventunesimo. Quando, come era capitato a William Doyle, le sue aziende vennero
travolte da ingenti debiti, abbandonò in fretta questo progetto (oggi, se vi
può interessare, i suoi centri commerciali si sono ridotti della metà). Eh già,
sembrava proprio che una sinistra maledizione gravasse su quel magazzino, che
non gli permetteva di "elevarsi" aldilà della sua misera condizione
di rifugio di insetti.
La proprietà tornò al comune, che emanò quasi subito un' ordinanza di
demolizione che tuttavia rimase sepolta per anni tra le pratiche burocratiche.
In tempi passati questa era una tortura, ma da quando esistono le battaglie tra
i superesseri la situazione si è se non proprio risolta quantomeno attenuata
dal momento che nella maggior parte dei casi l' opera di distruzione portata da
costoro va a colpire appunto gli edifici destinati all' abbattimento. Peccato
che i soldi risparmiati per queste faccende debbano essere utilizzati per
ricostruire gli edifici sani abbattuti dagli stessi superesseri (certo, non
solo per quello). Ma il magazzino ACME imperterrito resistette: resistette alla
prima venuta di Galactus, resistette alle battaglie tra i terrestri e gli
imperi alieni, resistette alle invasioni infernali, resistette a tutto. Beh, a
quasi tutto.
Un giorno due bambini stavano giocando nei pressi del magazzino quando un pezzo
di legno dell' edificio si staccò e colpì in testa uno dei ragazzi. Ne ebbe
come risultato una commozione cerebrale che lo costrinse a stare ricoverato in
ospedale per una settimana: la madre, moglie di un importante appaltatore, fece
fuoco e fiamme affinché quel "dannato magazzino" venisse abbattuto.
Non fu difficile accontentarla: dopotutto alla pratica di demolizione bastava
solo una firma che nessuno in tutti quegli anni aveva mai apposto. A volte sono
le piccole cose le più difficili da fare. La suddetta firma venne apposta ed il
magazzino ACME nr. 1 voluto da William Doyle si apprestò a vivere i suoi ultimi
istanti.
Il che ci porta ad oggi. Alcuni uomini sono attorno al magazzino e non
sembrano decisamente ansiosi di portare a termine questo compito. Non c'è
nessuno nelle vicinanze ad osservare il loro lavoro, nessuno ha desiderio di
assistere ad un evento apparentemente insignificante.
"Hai piazzato le cariche, Mark?" chiede il capo.
"Sì".
"Quante?".
"Due. Bastano e avanzano per questo posto: ancora qualche settimana e
veniva giù da solo".
"Beh, così avremo una facile paga con poco sforzo. Coraggio,
allontaniamoci".
Gli operai eseguono e, alcuni minuti dopo, l' artificiere preme un pulsante che
fa esplodere le cariche esplosive piazzate all' interno del magazzino, che
crolla al suolo in un nugolo di polvere che tuttavia si disperde rapidamente.
"Ok, gente" dice il capo "Raccogliete le macerie, caricatele sui
camion e portatele alla discarica. Poi potete andare a casa: ve lo siete
meritato".
Avevamo detto che non c'era nessuno nelle vicinanze ad ammirare il tutto. Ci
sbagliavamo. Una persona c'è, solo che non si trova in strada, ma attaccato ad
una parete! È l' Uomo Ragno, che è venuto qui per scattare alcune foto per il
Daily Bugle: Jameson sicuramente le userà per uno dei suoi soliti attacchi
forsennati nei suoi confronti, ma a lui questo non importa. Ha appena visto
crollare un simbolo del suo passato: un simbolo importante. Il luogo dove visse
la sua prima battaglia, dove catturò il suo primo criminale, quello che più lo
ha colpito al cuore da quando ha indossato questo costume. Sente di avere perso
una parte importante di sé. Però… Però anche se il magazzino ACME è crollato,
questo non ha affatto cancellato quello che ha rappresentato per lui. Il luogo
dove ha appreso la sua più importante lezione, quella che ancora oggi lo guida.
E sempre lo guiderà. Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Sì,
questo insegnamento non verrà mai ridotto in macerie o portato in una
discarica. I sogni, le responsabilità non vengono mai meno. Così lancia una
ragnatela dal suo polso e si allontana. Soddisfatto di sé.
Corre voce che qualcuno abbia già affittato il luogo dove si trovava il
magazzino ACME. Chissà, magari da ciò che ne uscirà vedremo la nascita di un
nuovo eroe.
Le vite dei supereroi sono perlopiù complicate, piene di angoscia e dolore,
dove le vittorie vengono rapidamente surclassate dalle sconfitte, nella vita o
nella consueta battaglia contro il supercriminale di turno. Le pieghe delle
vite dei supereroi sono particolari, diverse da quelle dell' uomo comune:
soprattutto le loro origini, il modo in cui acquisiscono i loro particolari superpoteri
ma soprattutto la scelta che li porta ad usare questi poteri al servizio della
società, per aiutare persone che perlopiù non conoscono. Poco più di dieci anni
fa, un ragno radioattivo mordeva un adolescente, trasformandolo nell' eroe che
oggi conosciamo come Uomo Ragno. Dapprima usò le sue capacità per diventare
ricco e famoso, poi accadde l' irreparabile: lasciò fuggire un ladro che poteva
facilmente bloccare e quello stesso ladro poco tempo dopo uccise il suo amato
zio Ben. Sconvolto ma determinato, l' Uomo Ragno stanò il ladro in un magazzino
abbandonato della ditta ACME e lo catturò.
Se oggi esiste l' Uomo Ragno, dunque, parte del merito va anche a William
Doyle. Un uomo che disse:"Voglio l' Europa". Ma questo suo intento
contribuì invece a dare vita ad una delle più affascinanti icone moderne di
questa società. E per questo non verrà mai dimenticato.
FINE
Note dell' Autore: