MarvelIT presenta:

 

 

testi e disegni di

Frank Webley

 

 

Capitolo uno: 

Aracnofobia

 

Seduta su di un freddo gargoyle di pietra che decora il 36esimo piano del grattacielo su cui ti trovi, pensi al tuo ultimo anno, a come in questo periodo la tua vita e il tuo animo siano cambiati così radicalmente. Avresti mai pensato un anno fa nella tua ricca casa nel Greenwich Village di poterti ridurre così? Tu, Margareth Joyce, figlia di uno dei più importanti e ricchi industriali degli Stati Uniti… ridotta a barbona e a rubare per sopravvivere? Sicuramente hai pensato a parecchie cose nella tua stanza, da sola, senza mai parlare con nessuno…ma mai a questo! Ti alzi con una sicurezza insolita per chi si trova in bilico nel vuoto e con altrettanta sicurezza e grazia salti giù. Mentre cadi nel vuoto senti l’aria gelida che attanaglia il tuo corpo che precipita e senti il freddo nel tuo cuore a cui ormai sei rassegnata. In te non c’è più paura, né di precipitare, né di ciò che ti riserberà la vita. Pensi che tanto peggio di così c’è solo la morte. In te non c’è più paura, solo odio, rancore, dolore e ricordi…

 

 

“Papà? Si può?” ricorderai quelle tue parole e quel tono da finta ingenua con cui le pronunciasti per tutta la vita. Come ti ricorderai sempre che non ci fu una risposta a quelle parole. Dalla porta chiusa non si sentì un’acca. Decidesti di entrare lo stesso. Forse una piccola parte di te sperava che non ti avesse risposto perché colto da un malore. Vedevi già tuo padre rantolante per terra, ai piedi della sua bella scrivania implorarti di aiutarlo e ti vedevi voltarti con crudeltà e uscire da dove eri entrata. Invece il vecchio era lì più bello e arzillo che mai. Il cordless attaccato alla guancia, il suo Avana tra le dita della mano destra, seduto sulla sua bella poltrona di pelle a chiacchierare con Troy, o con John, o con un altro dei suoi collaboratori leccaculo. Appena ti vide entrare balzò in piedi dalla poltrona e, senza smettere di parlare, ti accompagnò alla porta e te la sbatté in faccia. “Stronzo!” fu la prima cosa che ti venne in mente. Dopo pochi minuti la porta si aprì e tuo padre, con la solita classe che lo contraddistingue ti disse: “Si può sapere cosa hai da dirmi di così impellente ogni volta che sono al telefono per lavoro?”

Rispondesti con arroganza: “Tu dimmi invece quando non sei al telefono per lavoro. Così, per sapere…”, “ Fai la spiritosa ragazzina? Devi solo ringraziare Dio che tuo padre si sia sempre fatto un culo così per permetterti di vivere come si deve!”, “Padre?! PADRE?! Quale padre? Io vedo solo in individuo che se ne frega di cosa facciano sua figlia e sua moglie e che pensa solo a come sono andati i suoi titoli! Questo lo chiami pa…”, non facesti in tempo a finire che una sberla ti zittì all’istante. Ricominciasti dopo pochi istanti: “Bene, con questo hai proprio dimostrato che quello che dicevo è la verità”. Queste parole stranamente zittirono tuo padre e tu, più furibonda che mai, uscisti di casa sbattendo la porta.

 

 

Mentre continui a rimuginare su quella discussione il tuo corpo continua a precipitare. Irrigidisci all’istante i muscoli e afferri l’asta di una bandiera, volteggiando su di essa per rallentare la velocità con cui cadevi e dopo una decina di volteggi perfetti per esecuzione e per velocità, lasci l’asta. La forza centrifuga e lo slancio delle tue braccia ti catapultano su di un palazzo vicino. Le dita delle mani aderiscono perfettamente alla liscia superficie su cui ti trovi e decidi di scalare il muro usando solo le mani: non hai voglia di lasciar cadere l’unico paio di scarpe che ti è rimasto. Un tempo, quando i soldi e i vestiti non erano un grosso problema ti saresti sfilata all’istante le scarpe. Un

tempo… un tempo che non tornerà più…

 

 

Eri uscita di fretta per la furia quella sera, ma non da sprovveduta. Tuo padre nella confusione aveva lasciato il portafoglio sulla scrivania (“quando un ricco imprenditore si deve sedere sulla sua bella poltrona reclinabile per trattare d’affari si sente scomodo se sente il suo portafoglio troppo gonfio nella tasca del pantalone!” pensavi con cattiveria) e tu, per il gusto di farlo infuriare un’altra volta, gli sfilasti 500 dollari. (in realtà volevi prendergli la sua bella American Express fiammante, ma in fondo avevi ancora un cuore!) Glieli rubasti per il gusto di farlo infuriare e perché prevedevi che per rilassarti una bella “gita” da Victoria’s Secrets per vedere le ultime novità in fatto di moda sarebbe stato l’ideale! Non hai fatto in tempo a girare l’angolo che una macchina si avvicina velocemente al marciapiede. Prim’ancora che si fermi del tutto un uomo sulla quarantina, ben vestito e con pistola in pugno ti intima di salire. Non hai mai avuto così paura, volevi gridare ma dalla tua bocca tremante non uscì neanche il minimo suono. Cercasti di sfuggire alla sua presa ma il calcio della pistola raggiunse prima la tua testa. Poi il buio…

 

 

È ormai da tre ore che salti e scali palazzi senza una meta precisa. Inizi ad avere sonno. Sono le tre ormai e devi cercare un posto dove dormire. Sei a poca distanza da una chiesa, la Chiesa dello Spirito Santo. Si dice che in quella chiesa vivano due spiriti, uno della luce e l’altro dell’oscurità e si dice anche che questi spiriti usino come nutrimento i barboni che entrano nella loro dimora. Decidi che è il posto più sicuro (dicerie a parte) in cui sei incappata nell’ultima ora. Scardini con facilità la porta secondaria. In sacrestia trovi dei paramenti e delle tonache, saranno ottime come coperte! Aspetti appesa al soffitto che il padre custode finisca di raccogliere le elemosine dalle cassette e che si ritiri nella sua stanzetta, poi con grazia scendi su una panchina, ti avvolgi tra le “coperte” cominci a sognare. A fare lo stesso sogno che fai almeno da un anno, lo stesso inquietante incubo…

 

 

Lo scantinato da cui ti trovavi da ormai una settimana (sapevi quanto tempo era passato solo grazie ad un calendario di Pamela Lee che era appeso al muro) era sempre più freddo ogni giorno che passava. Eri vestita solo della tua biancheria intima, i tuoi carcerieri furono molto scrupolosi nel vedere se avevi cellulari o cose del genere e ti spogliarono di ogni tuo avere. Ti imbavagliarono circa al quinto “BASTARDI!” che gli gridasti (“la tua voce acuta può essere un’arma pericolosa!” diceva spesso il tuo ex) Ormai i tuoi vestiti erano soltanto la tua biancheria e le corde che stringevano le tue braccia e le tue caviglie e che ormai avevano lacerato la tua pelle. L’occhio sinistro era semichiuso e livido in ricordo di come avevano cercato di usarti, di spogliarti anche di quel poco che ti vestiva. Una tua ginocchiata fece in modo che il tuo assalitore cambiasse idea (e che si ritrovasse con tre pomi d’Adamo!) ma lo rese molto più cattivo nei tuoi confronti e molto meno sensibile al tuo fascino da 17enne! 
Eri lì da ormai una settimana e da quel poco che avevi capito, ti avevano rapito per poter scucire al tuo vecchio una bella sommetta. In questa settimana il tuo pensiero più ricorrente è stato: “Quando si decidono a sganciare? Non ce la faccio più!”. Eri distrutta ormai, ridotta ad una caricatura di un essere umano. Il tuo corpo era martoriato dalle escoriazioni delle corde, dai lividi, dai graffi e dalle morsicature dei ragni e degli insetti che si trovavano laggiù. Se il tuo corpo non se la passava bene, la tua psiche se la passava pure peggio! Legata, sdraiata per terra da una settimana in un freddo scantinato… questo sarebbe già stato sufficientemente traumatizzante. Se aggiungi pure che ti trovavi in mano a dei loschi figuri che probabilmente non avrebbero esitato ad ucciderti in caso di mancato pagamento del riscatto… beh ragazza, avevi superato di gran lunga la dose quotidiana di traumi! 
Tutte queste cose però non erano così spaventose per te in quella settimana. Sembra strano anche a te ma in quei momenti non ci pensavi neanche! L’unica cosa a cui pensavi e che ti terrorizzava ormai tutte le ore di tutti quei giorni in quello scantinato erano… i ragni! Eri già aracnofobica prima di quell’esperienza e il vedere quei piccoli mostriciattoli zampettare sul tuo corpo tutto il giorno tutti i giorni, camminare sul tuo viso terrorizzato, morderti con violenza lasciandoti agonizzante… quei piccoli bastardi salivano su di te a decine e per ore si divertivano quasi a torturarti. I ragni erano il tuo unico pensiero. Quando eri sveglia e quando eri addormentata, ti ridussero ad un corpo quasi inanime, quasi allo stato catatonico. Se c’era una cosa che odiavi, che rispecchiava tutti i tuoi nemici e tutto il tuo odio, quella cosa erano i ragni! Ragni, ragni, ragni, ragni, ragni….

 

 

Quando ti svegli non sono neanche le cinque di mattina. Sei più stanca di quando eri entrata e per non suscitare nessun sospetto prima di uscire rimetti nell’armadio le tonache e rimetti a posto con un pugno ben assestato i cardini della porta.  Non hai abbastanza soldi per mangiare e decidi di usare gli unici spiccioli che ti sono rimasti per andare in lavanderia a lavarti i “vestiti buoni”. Da un anno hai infatti due tenute: una “da lavoro” (quella che indossi nelle tue “missioni notturne” formata da dei jeans tagliati a metà gamba e una maglietta nera a maniche corte) e una un po’ più frivola, che tieni ben chiusa nello zaino e che adesso sta girando dentro la lavatrice. Finito il lavaggio decidi di andare in uno dei tanti vicoli della Grande Mela per poterti cambiare. Non hai neanche finito di spogliarti che il solito “TZIIING” alla parte inferiore della tua nuca ti mette in allarme. Pochi istanti dopo una voce molto sgradevole ti dice qualcosa di molto sgradevole: “Bel sederino pupa!”

Dall’ombra escono cinque ragazzetti che potrebbero avere una ventina d’anni e che si vestono come quei rapper falliti, con quei pantaloni che hanno il cavallo alle ginocchia, con quelle felpe ingombranti e caldissime pure in agosto, con quei medaglioni giganteschi di ferro dorato e sicuramente con un coltellino a scatto nelle tasche dei pantaloni.

“ Non ti va di divertirti con noi bellezza? Mi piace il tuo look! Ti fa molto Femme fatale!” Dice uno con la felpa di Ja-Rule sogghignando con gli altri.

“Grazie brutto muso ma preferisco farmi suora!” Rispondi sicura ancora in mutandine e reggiseno.

“ Sai che non dovresti rispondere così piccola? Una ragazza come te si potrebbe fare male con gente come noi…” disse tirando fuori l’immancabile coltellino.

“ Sicuro pezzenti! E quel giorno Eminem si sposerà con Christina Aguilera!” dici toccandoli sul vivo.

“Non fai più ridere bella! Ora sei finita!”

Si distribuiscono larghi in modo da poterti impedire di fuggire (illusi). Sono tutti e tre armati, chi con coltellino, chi con una catena e sono decisi a fartela pagare. Un anno fa cara Maggie Joyce saresti morta nella stessa situazione. Seminuda, disarmata e senza via d’uscita. Un anno fa, prima che il  destino si prendesse gioco di te e che ti desse questi strani poteri, i poteri di ciò che più odi in assoluto… i poteri di un ragno umano…

 

 

Eri ormai ridotta ad uno zombie quel giorno. Non sentivi neanche più quegli schifosi zampettarti addosso. Eri sicura che i soccorsi (se mai fossero arrivati) sarebbero arrivati troppo tardi per salvarti e che ti avrebbero trovata morta sepolta dai ragni. Invece quel giorno finalmente la porta si aprì. Non si aprì però come più volte avevi visto nei tuoi sogni. Il corpo di uno dei tuoi carcerieri la sfondò come se spinto da una gigantesca forza. A quella visione momentaneamente tutte le tue paure erano scomparse: qualcuno ti era venuto a salvare! Quando poi vedesti il “volto”  del tuo salvatore la follia ritorno in te e quando ti chiese “ Tutto bene piccola?” l’unica cosa che riuscisti a fare fu un urlo di terrore. I suoi enormi occhi bianchi ti  scrutavano  con curiosità. Le sue braccia agili e muscolose ti issarono sul suo dorso rossoblu. Con movenze grottesche uscì dallo scantinato e, tenendoti ferma sulla schiena con la sua poltiglia appiccicosa ti portò, volando da un grattacielo all’altro, a casa dove tenendoti ancora in braccio disse a tua madre: “ è ancora sotto shock, ma si  riprenderà.” E volò via di nuovo. Tua  madre con ancora le lacrime agli occhi gridò: “ Dio ti benedica…Uomo Ragno!”

Ci vollero parecchie sedute da parecchi psicologi per riprenderti almeno parzialmente da quella settimana. Una notte però, dopo il solito incubo ti svegliasti gridando di terrore e, senza neanche rendertene conto, facesti un enorme salto dal letto, sbattendo la testa contro il soffitto! Confusa dalla scoperta e dolorante per la botta provasti di nuovo a saltare. Questa volta però mentre ti sollevavi una specie di prurito alla base della nuca ti fece istintivamente, prima ancora di pensarlo, muovere le mani e i piedi verso il soffitto: il tutto in una frazione di secondo! Con tuo enorme terrore scopristi di non cadere: le tue mani e i tuoi piedi rimanevano attaccati al soffitto! Camminavi a carponi come quando eri bambina con la piccola differenza che stavolta eri a testa in giù!

“Oh mio Dio! Che cosa sono diventata?” dicesti. Un istante dopo di nuovo quel prurito alla testa e, in quel momento, tuo padre e tua madre entrarono.

“Maggie senti ci abbiamo pensato eh… SANTO DIO!”

“Mamma ti prego aiutami! Cosa sono diventata?”Dicesti avvicinandoti a tua madre.

“STAMMI LONTANA! TU NON SEI MIA FIGLIA! SEI UN MOSTRO!”

“No, mamma no! Papà ti prego… aiutami!”

“ Ti aiuterò mostro, certo che ti aiuterò…” prese di corsa il suo cellulare e dopo un po’ che digitava numeri incominciò a parlare

“Mi passi Codice Blu è un emergenza! Un mostro a preso le sembianze di mia figlia dovete…”

Con un calcio volante che prima di tutti stupì te, togliesti il cellulare dalle mani di tuo padre che, spaventato, abbracciò tua madre come non lo vedevi fare da anni.

“Stai lontano, ti prego non farci del male!” piagnucolò.

“Papà, mamma sono io. Sono Maggie. Vi prego io… io…”vedendo che più ti avvicinavi e più loro si allontanavano ti voltasti e saltasti fuori dalla finestra. Il prurito alla testa che poi in seguito avresti chiamato TZIIING ti aiutò ad evitare i vetri mentre cadevi. Istintivamente sapevi già come usare quei poteri. La notte successiva, entrasti di nuovo in camera, strappasti i sigilli della polizia, prendesti un paio di vestiti, un po’ di soldi e lasciasti sulla scrivania di tuo padre un foglietto con su scritto:

Un  ragno  si  è portato  via vostra  figlia  e  voi  non  avete  alzato  un  dito  per salvarla. Lei  vi  ha porto la mano  e  voi  le  avete  porto un  pugno. Quel  ragno  verrà  a prendervi  prima o poi !

Da quel giorno non tornasti mai più a casa e non avresti mai più sentito parlare (se non nei giornali) di Alexander e Catherine Joyce.

 

 

Inizia ad attaccare il più robusto. Non fa in tempo ad accorgersene che già sei balzata in alto e ti tieni in perfetto equilibrio con la mano sinistra sul suo cranio rasato. Sfruttando il tuo potere di adesione e la tua agilità catapulti la situazione: facendo un salto ti ritrovi in piedi con un braccio in alto e con attaccato per la testa quell’idiota! Lo lanci verso gli altri tre che cadono come birilli gridando “NON È UMANA!”

Ne rimane uno in piedi, il più giovane (forse tuo coetaneo) e più spaventato. Balbetta qualcosa di incomprensibile. Il suo coltello gli è già caduto da un bel po’ ma è ancora convinto di avercelo. Decidi di divertirti con lui che, pur essendo spaventato a morte, continua involontariamente a guardare il tuo esile corpo in reggiseno e mutandine. Ti avvicini maliziosa verso di lui, ti slacci il reggiseno e glielo tiri in faccia, accecandolo. Ne afferri i lembi e catapulti a terra il giovane dalla testa. “Spero che intendeste questo quando parlavate di Femme fatale!” Dici ironica rivestendoti. 

Prima che si risveglino gli frughi nelle tasche (ti è andata male stavolta:20 bigliettoni in cinque!) esci dal vicolo passando per i tetti e dopo poco sei di nuovo per strada vestita come piace a te: La fascia verde che ti cinge la fronte  sotto i tuoi capelli biondi, gli occhiali da sole arancio  che coprono i tuoi bei occhi verdi appoggiati sul tuo nasino pieno di lentiggini. Il tuo top azzurro con le bretelline che faticano a star  su  ti lascia la pancia scoperta mostrando a tutti il piercing all’ombelico che ti sei fatta di nascosto a tuo padre. I jeans a vita bassissima e “a zampa d’elefante” tenuti su da una cintura nera ti danno un look grunge e i tuoi anfibi neri ormai usurati ma sempre lucidi completano l’opera. È in momenti come questi che nonostante tutto ti senti bene a camminare tra le persone sempre di fretta di New York. 
Passi davanti alla vetrina di un negozio di articoli musicali che attira la tua attenzione: è uscito il nuovo cd dei Radiohead! E tu hai i soldi per comprarlo… ma non abbastanza per comprare un lettore portatile per ascoltarlo! Avresti bisogno per tirarti su di sentire un po’ di musica. Che rabbia! 

 

 

Noti però la persona che potrà essere la tua salvezza: sta uscendo dal negozio a fianco un uomo sulla sessantina , vestito di tutto punto, con il portafoglio probabilmente gonfio e soprattutto…solo ed indifeso! Lo segui per un po’, attraversa la strada e si precipita dentro un magazzino abbandonato. Entri poco dopo e… vuoto! È completamente vuoto! Non sai cosa pensare quando senti il tuo TZIING che ti dice di guardare in alto e… non puoi credere ai tuoi occhi: quel vecchio è appeso a testa in giù sul soffitto e, con faccia corrucciata ti dice:

“Hai ancora intenzione di seguirmi per molto tesorino?”

Non fa in tempo a scendere che inizi ad attaccarlo con una velocità che non useresti mai con dei semplici teppisti come quelli di prima. Nonostante la velocità dei tuoi attacchi questo vecchietto riesce a muoverti con la tua stessa velocità ed evita i tuoi colpi come se avesse anche lui un suo TZIIING interno!

“Wow, wow calma ragazzina non risolverai nien…”

“AAARGH! STAI FERMO!” Ti sta rendendo impotente e non riesci a sopportare che qualcuno lo faccia!

Dopo cinque minuti di continui attacchi a vuoto il vecchietto ti salta alle spalle e fulmineamente ti blocca i polsi. Si avvicina al tuo orecchio e ti sussurra: “Allora bella, vuoi smetterle di attaccarmi e iniziare a parlare da buoni ragni?”

“Come fai ad avere i miei stessi poteri? Sei…?”

“L’Uomo Ragno? Spiacente piccola! Spidey ha meno della metà degli anni e dell’esperienza che ho io! E tu piccola, come te la cavi con il tuo Senso di Ragno?  Riesci già ad usarlo?”

“Senso di Ragno? Ma di che parli? Io… non capisco!”

“Normale che tu non capisca! Si vede già da come combatti che non sai usare nemmeno un decimo del potenziale che ti è stato dato! Ma non ti preoccupare: a tutto c’è rimedio!”

“Ma perché? Come combatto? Chi mi ha dato questi poteri? Perché…”

“Alt, alt ferma piccola! Hai tante domande e io una sola risposta. In teoria adesso dovrei chiamare la polizia e avvertirli della tua tentata rapina. Ma si vede lontano un miglio che tu hai bisogno d’aiuto e io posso dartelo”.

Ti porge una mano, da un anno non ti eri fidata più di nessuno, da quando i tuoi genitori ti chiamarono mostro eri vissuta da sola senza l’aiuto di nessuno. Ora dopo un anno qualcuno ti porge una mano, qualcuno così simile a te ti offre il suo aiuto, qualcuno di cui ti fidi istintivamente.

“Come ti chiami piccola?”

“Maggie signore.”

“Ciao Maggie. Mi chiamo Ezekiel e da oggi avremo molto su cui lavorare!”

 

 

Prossimamente: iniziano le lezioni di Ezekiel a Maggie per farla diventare a tutti gli effetti…Spiderette. In più notizie sul passato di Maggie e Zeke

 

Note dell’autore:

Ed eccoci alla fine del primo episodio di Spiderette. Molte annotazioni aggiuntive importanti da fare su questo primo numero partendo proprio dalla protagonista. Per la sua immagine mi sono ispirato molto alla Spider-Girl di DeFalco (anche lo stile di narrazione che userò nel primo arco di storie deve molto a quello intimistico che DeFalco usa con le storie di Mayday Parker). Caratterialmente però Spiderette sarà invece molto diversa da tutte le altre donne ragno, molto più spregiudicata anche nel combattere (guardate ad esempio come stende il teppista!). Maggie è una ragazza molto insicura e la sua strada per arrivare ad essere una supereroina con tutti i crismi sarà in salita. Ad aiutarla ci sarà Ezekiel Sims (che nel Marvel Universe originale è stato introdotto nelle storie di Spider-Man da J.Michael Straczynski) che le farà da mentore, da padre e le darà una motivazione per usare i suoi poteri in modo responsabile. Parlando invece della storia in termini “tecnici” un problema che ho riscontrato nello scrivere storie  di personaggi iper-cinetici come Spider-Man e compagnia e la difficoltà di rendere alcune situazioni “d’azione” senza un apporto grafico. Per questo ho pensato di aggiungere delle immagini per rendere più godibile la storia. Per immedesimarsi nella storia e nei gusti musicali di Maggie consiglio vivamente inoltre di leggerla con un apporto musicale adeguato. Ogni numero avrà la sua colonna sonora che ne dite? ;) per questo primo numero è un intero album: The Bends dei Radiohead e per la precisione le prime 5 canzoni per l’ambientazione nel presente, le altre per i flashback (che pazzo che sono!) Ogni critica, lode e suggerimento sulla storia, sui disegni o sulla colonna sonora sono ben’accetti!  La mia  e-mail è: paranoidandroid85@hotmail.com

Ah dimenticavo,la chiesa in cui si rifugia Maggie è chiaramente il QG di Cloak & Dagger!