PROLOGO: Boston, USA, 1932

 

Gli Stati Uniti, una democrazia illuminata in un mondo che sempre più si avvicinava, ancora una volta, al baratro della dittatura e di una guerra sanguinosa come nessun'altra, erano anche un paese sprofondato nella crisi. La Grande Depressione era al culmine, e l’uomo che avrebbe guidato il paese fuori dalla crisi era ben di lì ad essere eletto.

Tempi molto difficili, insomma, dove i valori della società civile erano messi quotidianamente a dura prova, ed il valore di un uomo si misurava con la sua capacità di procurarsi il cibo per arrivare a sera.

E oggi, qualcuno in particolare aveva già risolto tale problema.

Il ragazzo -un esemplare biondo, con gli occhi di un intenso azzurro- era magro, ma non era la magrezza di una creatura denutrita, bensì l’asciuttezza di un fisico slanciato, dai muscoli tonificati da anni spesi a correre.

Perché questo giovane, prematuramente diventato uomo, dall’animo duro come il suo volto, aveva imparato il significato della parola ‘sopravvivenza’ fin dall’infanzia. La sua tempra era quella dell’acciaio, fredda e spietata. Il concetto di “onore” andava bene per i deboli, e fin quando lui avesse avuto la forza per procurarsi quello che gli serviva a spese dei deboli…be’, peccato per quei poveretti!

Come tante altre volte aveva fatto, il ragazzo se ne era stato appostato dietro un angolo, in un vicolo dove persino di giorno le ombre la facevano da padrone.

Aveva aspettato, ed aveva guardato, in attesa di un bersaglio adatto…ed eccolo!

Anzi, eccola: una donna che si muoveva con fare furtivo, passi svelti. Teneva per la mano un bambino che faticava a mantenere il ritmo di lei e stava zitto zitto, interpretando correttamente l’umore della madre. Il ragazzo sorrise: come se un moccioso potesse impietosirlo!

Aspettò ancora un po’…poi scattò: afferrò la donna per il braccio, e la tirò nel vicolo. Lei non ebbe neppure il tempo di capire cosa stesse succedendo. Il bambino cadde a terra, ed iniziò immediatamente a piangere a squarciagola.

Nel vicolo, si udì solo un gemito strozzato femminile. Pochi istanti dopo, il ragazzo corse via a gambe levate.

 

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Episodio 1 di 4 - L’Apprendista Stregone

Di Fabio (Mens Sana) Furlanetto e Valerio (Zampalesta) Pastore

 

Con la Depressione, molti cittadini avevano deciso di lasciare le loro dimore un po’ in tutte le città, preferendo la più semplice vita di campagna.

Garantirsi un rifugio, di questi tempi, era tutt’altro che difficile. Bastava avere qualcosa per forzare la serratura.

Il ragazzo entrò nella ‘sua’ dimora, un appartamento che, già squallido prima della crisi, ora era ridotto alla proverbiale topaia -pareti che trasudavano umidità, pavimento costellato di macchie che era meglio restassero indefinite, finestre che la polvere aveva reso opache, e un odore di rancido diffuso ormai dappertutto.

Al ragazzo non importava: rispetto a molti altri suoi coetanei nella stessa situazione, lui era fortunato.

Si sedette sul letto, che cigolò come un’anima in pena. Mise mano ai pantaloni, e dalla tasca estrasse un fascio di banconote, oltre ad un sacchetto gonfio di spiccioli. Iniziò a contare il bottino -niente male davvero, come primo ‘incasso’ della giornata. Chissà che razza di intrallazzi aveva, quella tipa…comunque, era stata imprudente, non si gira con tutti quei soldi addosso…

Il ragazzo si sdraiò sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto, dove pendeva un lampadario senza lampadine.

Das Gelegenheitsland! Hah!

Altro che ‘terra delle opportunità’: qui sembrava di stare a un passo dal baratro, proprio come in patria.

E lui non aveva attraversato mezzo mondo per fare qui le stesse cose che era costretto a fare in Europa!

Restava solo da chiedersi cosa potesse fare…o meglio, da dove cominciare.

Adesso lui era giovane, forte…ma aveva già capito che il mondo non era un tappeto rosso su cui camminare a piacimento. Erano in parecchi pronti a fargli lo sgambetto ad ogni momento, così come lui era pronto a farlo a loro. Era solo contro tutti, perciò doveva avere un’arma adatta a dargli un vantaggio.

E la sola cosa che potesse usare in tal senso era la sua testa.

Il ragazzo sorrise. Era ora di cercarsi un lavoro.

 

Più facile a dirsi che a farsi, ovviamente.

La maggiore offerta veniva dalla campagna, e lui non voleva certo infilarsi in un posto dove la migliore prospettiva era di occuparsi di bestie e di campi per tutto il giorno. No, quello di cui aveva bisogno era l’ambiente giusto, dove guadagnarsi da vivere sarebbe stato un semplice corollario al suo percorso di apprendimento…

In città, tuttavia, le librerie non sembravano orientate sui suoi interessi: con la Depressione, la letteratura di evasione era diventata il genere che andava per la maggiore. L’impegno mentale era alquanto…sacrificato, e questo il ragazzo lo trovava irritante non poco. Gli era bastato dare un’occhiata qui e là, per capire che avrebbe dovuto cercare minuziosamente un posto con i tomi che avrebbero potuto interessarlo…

Al massimo, avrebbe lasciato la città. Capirai che sacrificio! Almeno, i soldi di quegli ultimi due mesi di furti li aveva messi da parte. Non era povero in canna, avrebbe potuto permettersi almeno di arrivare in qualcuno degli Stati del* Was..?

“Salve, straniero!”

Dietro di lui! Il ragazzo si irrigidì, fermandosi a metà di un passo. Si voltò.

Erano in quattro. Una banda. Il capo aveva la stessa età del ragazzo tedesco…ma, se possibile, era ancora più indurito in volto, e più robusto. Gli altri tre, circa sedicenni, avevano quegli occhi accesi della luce predatoria degli animali da strada.

Se il ragazzo riteneva di essere un sopravvissuto, loro avrebbero avuto parecchio da insegnargli, in merito.

La banda avanzo di qualche passo. Lui rimase fermo dov’era: inutile voltarsi e scappare, avrebbe solo sprecato energie e attizzato la loro foga.

“Straniero, sappiamo che hai fatto un bel bottino, ieri: nientemeno che la Vedova Pearson. Hai fegato, straniero.”

Lui capiva a stento una parola su tre. Non si era mai curato di imparare almeno l’Inglese di base, era sempre stato troppo occupato a vantarsi di sé e a fare il solitario… La banda lo strinse in un semicerchio, con lui contro il muro di un negozio.

“Straniero, hai mai sentito parlare di ‘territorio’? Abbiamo tollerato la tua intrusione anche troppo; se insisti a lavorare da solo, devi farlo dove ti compete, oppure…” il capobanda si crocchiò le dita. Gli altri tirarono fuori dei coltelli.

Il Tedesco aspettò fino a quando non furono tutti abbastanza vicini.

Poi disse una sola parola, “Schwein.” Porco. Con calma, sorridendo, come se avesse appena detto ‘buongiorno’.

Ovviamente, l’Americano ed i suoi amici non capirono, ma il capobanda ebbe quella brevissima esitazione.

Fu sufficiente: il Tedesco fece scattare la gamba, colpendo proprio dove fa più male ad ogni maschio.

Il capobanda emise un curioso gemito. Pallidissimo, si accasciò al suolo, rannicchiato in posizione fetale. Lo ‘straniero’ non aspettò un istante: fece per scattare addosso al più vicino ragazzo con il coltello…

“Allora! Si può sapere cosa sta succedendo qui, dannati teppisti?” la voce congelò quel tragico quadretto. Il ragazzo tedesco pensò di avere udito la voce di Odino in persona! Si voltò istintivamente verso il proprietario di quel tuono.

Gli altri esitarono, poi scapparono via a gambe levate, abbandonando ignominiosamente il loro ex capo ancora agonizzante.

Chi aveva interrotto quella scena sembrava davvero uscito da un ritratto del Padre degli Dei. Caucasico, alto, robusto, con un paio di bei baffoni bianchi ed un pizzo dello stesso colore. Indossava un completo grigio con tanto di catenina d’oro sul panciotto. E stava squadrando il ragazzo tedesco con una strana intensità. “Sprechen Sie Deutsch?” chiese con calma.

Gli occhi del ragazzo sembrarono volere schizzare fuori dalle orbite! «Io…io sono Tedesco.»

L’uomo annuì lentamente, senza staccare gli occhi di dosso dal giovane con la voce esitante ma con il fuoco negli occhi. «E cosa ci fa un Tedesco della tua età, da solo, in questi quartieri?»

Gli occhi del ragazzo tornarono a farsi circospetti…poi, finalmente, lui si accorse di ciò che era esposto in vetrina. «Mi chiamo Lukas Zeller. Cerco lavoro, vecchio.»

A quel punto, l’uomo sorrise. «Ti devono piacere molto i libri, se ti va bene un povero rigattiere come il sottoscritto. Coraggio, Lukas,» l’uomo si voltò, e si diresse verso il suo negozio. «Vediamo se i libri ti piacciono davvero.»

Lukas decise che quello strano individuo non doveva essere del tutto a posto con la testa, ma se pagava e soprattutto dava accesso ai suoi volumi -e quelli in vetrina non sembravano essere affatto pezzi da ‘distrazione’!- allora quello era il suo capo!

 

L’interno, contrariamente a quanto aveva pensato, era bene illuminato e curato, un’oasi di lusso in un quartiere degradato. I punti luce, dal lampadario alle piccole lampade a parete, erano perfettamente distribuiti, in modo che i libri di ogni scaffale fossero ben visibili al primo colpo d’occhio. L’aria non sapeva neppure di polvere o di libri vecchi.

«Mi piace avere cura dei miei libri,» disse il vecchio, mentre Lukas ispezionava ogni centimetro con lo sguardo. «Mi piace sapere che menti giovani e capaci possano trarre frutto da questi veicoli di conoscenza. Per questo non vendo romanzi e simile spazzatura. Morirò forse di fame, ma morirò orgoglioso.»

Parole che, ovviamente, a Lukas non importavano più di tanto. La sua attenzione era tutta per i volumi esposti. Al diavolo la cura! Avrebbe volentieri buttato fuori il vecchio per poi chiudersi dentro a leggere fino a farsi scoppiare la testa!

 

Ovviamente, non andò così, anche se per certi aspetti andò anche meglio.

Il vecchio, che si era rifiutato di dare il proprio nome, così come Lukas rifiutava di dare alcuna informazione su di sé oltre al nome e al fatto che era fuggito di casa, aveva acconsentito alla richiesta del giovane di lasciarlo dormire su una branda, in mezzo ai libri.

La prima notte era stata un tormento: Lukas si era addormentato molto tardi, perdendosi nella scelta sul quale libro iniziare a leggere. Conseguentemente, la mattina dopo la sua concentrazione non era al massimo; la colazione era stata frugale -anche se per lui era comunque un’insperata manna- e il lavoro era giunto subito dopo.

Lavoro tedioso, semplice ma tedioso, indegno di Lukas, che dopo le prime tre ore sentiva di essere stato condannato ad un nuovo inferno personale. Curare quella eclettica collezione scientifica, che andava dalla geologia all’astronomia alla filosofia, era pura tentazione senza poter commettere peccato!

Le ore passarono così, ad un ritmo costante ed ipnotico, con la sola prospettiva che domani sarebbe stata una giornata identica, e uguale a quella successiva…

Poi lo sguardo di Lukas si posò sulla costina di un libro in particolare.

‘Weiblichen im Losen Zivilisationen’, recitava il titolo in Tedesco.

Lukas si prese una pausa. Le sue dita sfiorarono la costina, spessa, perfettamente tenuta, con le incisioni in rosso, dai riflessi metallici.

Religioni delle civiltà perdute…

Lukas sorrise. Le correnti religioni non avevano nulla da offrire, nessun segreto speciale, nessun tesoro nascosto. Anche chi si votava al cosiddetto male non voleva altro che una banale scusa per fare il bullo di lusso; Satana aveva già apportato abbastanza miseria, nel mondo…

‘Civiltà perdute.’ Quelle due parole attraevano Lukas come un magnete. Quali segreti potevano custodire quelle civiltà scomparse fra le ombre della storia..?

*crack!*

“Aua!” Lukas fu scosso alquanto bruscamente dalle sue fantasie da una bacchettata sul sedere!

Il libraio lo guardava con severità. «Al lavoro, ragazzo! Se vuoi leggere quel libro, prima finisci i tuoi compiti.»

Lukas trattenne ogni osservazione per sé -almeno, però, sembrava che la fatica di oggi avrebbe avuto un senso…

 

E lo ebbe eccome! Ogni incarico era stato svolto entro le cinque del pomeriggio. E il vecchio ne era stato tanto impressionato da concedere senza dubbio il grosso volume per la lettura.

«E visto che ti aspetta senza dubbio una lunga notte, caro giovanotto, puoi prenderti il resto della giornata. E ti lascerò accesa una lampada.»” E prima che Lukas potesse ringraziarlo, aggiunse con un chioccio nella voce, «Naturalmente, andrai a letto senza cena; non devi perdere tempo in cose frivole come il mangiare, quando studi. E ti consiglio di finire entro domattina, o salti anche la colazione. Chiaro?»

Lukas annuì, stringendosi  il volume al petto. Era davvero un tomo ponderoso. Lo aprì per sfogliarlo, ma si trovò di nuovo bacchettato, questa volta sul dorso della mano -come faceva quel maledetto oggetto ad apparire e sparire come per incanto nella mano di quell’uomo, era un mistero di per sé.

«Se proprio ci tieni a saperlo, sono 1500 pagine. E non sopporto che qualcuno ‘consulti’ un mio volume: la cultura si apprende pagina per pagina. Chiaro?»

 

Il resto del pomeriggio e della sera trascorsero in assoluta tranquillità. Il vecchio, la libreria, il resto del mondo…tutto era al di là di Lukas Zeller e delsuo’ libro.

Aldous Mason, l’autore, aveva davvero scoperto un tesoro: pagina dopo pagina, stampata in caratteri piccoli al limite della leggibilità, con illustrazioni di una precisione e di una nitidezza da fare invidia alle fotografie, il giovane tedesco apprese di popoli e di culture così incredibili da non sembrare neppure di questo mondo. Lukas non sapeva, ma intuiva, che quel libro era una rarità fra le rarità, qualcosa che avrebbe tentato molti individui del secolo a venire…

Lukas dimenticò il proprio corpo. Rimase seduto al bancone del vecchio, a leggere; la fame, la sete ed il sonno furono messi in un angolino quieto.

La mente del ragazzo lavorò freneticamente per tutta la notte, alla ricerca dei fili comuni, delle trame che accomunavano i popoli le cui voci erano ridotte a mute parole stampate. Cercò quegli elementi particolari che sarebbero risaltati estranei ai fili comuni; Lukas tesseva, pagina dopo pagina, un arazzo i cui colori ‘stonati’ gli avrebbero permesso di trovare qualcosa di speciale, di unico…

 

La notte, alla fine, divenne giorno. Le ombre dell’oscurità si erano ritirate definitivamente, quando Lukas chiuse il volume. Era così eccitato da non essere neppure stanco; gli venne solo un po’ di fame appena sentì il profumo del caffelatte.

Mentre si dirigeva verso il retrobottega, Lukas stava già pensando alla lettera che avrebbe scritto all’autore del volume.

Aveva trovato qualcosa di molto interessante, appena un accenno nel volume, ma sufficiente a mantenere più che viva la sua curiosità. E non si sarebbe fermato fino ad averla completamente appagata!

 

1937

 

“Il Circolo delle Ombre è un enigma fra gli enigmi. Lo si può trovare un po’ in numerose culture in tutti i tempi della storia umana registrata. Rari frammenti di vasi, racconti inseriti in fiabe mitologiche, documenti segreti riservati alle Corti Imperiali, rarissime incisioni, geroglifici oscuri…tutto fa pensare che il Circolo sia dietro ai più rilevanti cambiamenti nella civiltà umana, dalle epoche più remote fino almeno alla Guerra di Secessione e la fine sanguinosa degli Zar.

La corrispondenza epistolare, all’inizio, non era partita col piede migliore: Aldous era un uomo a dir poco riservato, poco incline a discutere del suo lavoro con degli estranei, soprattutto conamatori’, come lui stesso aveva scritto nella sua prima risposta a Lukas.

Naturalmente, un semplice ‘no’ non sarebbe bastato a Lukas, che aveva risposto con una lettera simile alla sua prima, nel contenuto, ma in toni un po’ meno supplici. E il rimpallo epistolare era andato avanti così, in un’escalation di insistenza contro il freddo muro di gomma del Professor Mason.

Dopo tre mesi, Lukas aveva deciso di cambiare approccio: anziché insistere per uno scambio di idee, aveva deciso di esporre le sue teorie sull’enigmatico Circolo delle Ombre menzionato in sporadiche, ma ricorrenti, occasioni nel testo.

Quella lettera era stata la chiave di ingresso: Lukas aveva ipotizzato nel Circolo qualcosa al di là del bene e del male, al di fuori di ogni schema umano, ma i cui effetti erano evidentemente manifesti nella dicotomia esistenziale. La causa che diventa effetto per mezzo di forze sconosciute.

Nelle lettere successive, Lukas andò anche oltre, deducendo che ci dovesse essere un corrispondente ‘negativo’ del Circolo delle Ombre, unCircolo delle Luci’, una forza che per sua necessità impedisse all’altra di prevalere.

Dopo, era stata tutta in discesa. Mason, pur senza abbandonare la sua prudenza, era stato felice di confrontare le sue teorie con quelle di un giovane che doveva ammettere di avere sottovalutato…

 

Ed eccoli qui, oggi, dopo cinque anni, al loro primo incontro in un caffè, in un’America finalmente sulla strada della ripresa grazie al New Deal di Roosevelt.

Con i suoi risparmi, Lukas aveva potuto permettersi un completo adatto all’occasione, così come il libraio gli aveva raccomandato: un etto di immagine vale molti chili di parole.

“Naturalmente, tutto questo lo hai già capito,” disse Aldous Mason, posando la tazzina di caffè sul tavolo. Mason era esattamente come Lukas se lo era immaginato: un individuo magro, dalla carnagione pallida, il volto slavato e pochissimi capelli rimasti sulla testa. Il suo sguardo era quello di un uomo colpito dalla verità. La sola menzione del Circolo delle Ombre sembrava accenderlo di una nuova vitalità.

Mason si aggiustò i pience-nez sul naso, aspettando che fosse Lukas a fare la sua mossa.

“Cosa è esattamente il Circolo delle Ombre? Lei è sempre stato molto attento alla sua interazione con la nostra civiltà, ma vago sul chi…”

Mason scosse la testa. “Vedi? Continui a ragionare in termini a noi familiari. Nonostante quello che ti ho detto, o che ho cercato di farti capire, per te si tratta di ridurre tutto all’ennesimo scontro fra Dei e Demoni.

‘Ridurre’? Lukas non era un accademico. Possedeva una memoria eccezionale ed una grande capacità di concentrazione, ma la sua fantasia non andava oltre il grande potere degli Dei e dei Demoni. Cosa poteva esserci di più grande di loro?

Mason riprese la tazzina e si concesse un altro sorso. “Il Circolo delle Ombre è alieno a tutto ciò. Non puoi dare una sostanza od una voce alle Ombre, le Ombre non sono un riflesso dei nostri vizi o delle nostre ambizioni. Le Ombre nonsono. Sono assenza, nonriflessi, il vuoto pieno di sé. Sono un concetto filosofico; noi possiamo interagire con quel concetto, non domarlo. Le ombre non hanno un potere. Sono l’opposto della luce. Senza la luce, non avrebbero un senso, e così la luce non avrebbe un senso senza le ombre. Stiamo parlando di concetti, capisci?”

Lukas fu molto franco, nel rispondere, “No. E nel dirlo, dovette faticare a contenere la sua rabbia e l’umiliazione per la propria ignoranza. Per cinque anni, aveva esposto teorie, convinto di avanzare verso l’illuminazione, solo per scoprire di essersi mosso a casaccio, come un esploratore neofita convinto che due cespugli facessero una foresta.

Ci sarebbe stato da sorprendersi, se Mason ora si fosse alzato e se ne fosse andato?

Mason, invece, rimase dov’era. E sospirò. “Non mi sorprende: per questo non ho mai voluto discuterne apertamente con i miei colleghi. Non so neppure perché mi sono fatto convincere a pubblicare quel volume. Non è colpa tua, Lukas…anzi, tu sei giunto da solo e senza lauree a conclusioni che a me hanno richiesto anni di lavoro. Il guaio è che tutte le documentazioni sono riduttive sul Circolo delle Ombre. E c’è da stupirsene? In tempi più antichi, con la fede quale solo appoggio della filosofia, non c’era modo di arrivare oltre la barriera del divino. Hai letto di Shaidios?”

Lukas annuì. “Un oscuro filosofo Miceneo.Scomparso nel tredicesimo secolo avanti Cristo. Tenne quello che oggi si può considerare il più esteso diario sul Circolo.

“I suoi discepoli continuarono il diario per conto suo, anche se non per molto, dopo che il loro maestro tentò di mettersi finalmente in contatto diretto con le Ombre. Senza mai più tornare indietro.”

“E cosa hai imparato da quel diario? Non ne ho inserito la traduzione integrale nel mio volume per nulla”.

“Che le Ombre lo hanno consumato, o lo hanno ritenuto indegno.” A questo punto, poteva o arrancare dietro ad una serie di scuse sempre più vacillanti, o essere sincero. E lui voleva il potere delle Ombre, e per arrivarci doveva inghiottire il suo orgoglio. Per ora.

“Shaidios arrivò alle Ombre pensando ad esse come Dei oscuri. E nel momento in cui si trovò immerso nella non-esistenza, sono sicuro che impazzì completamente. Tutto quello che faceva di lui un essere mortale si trovò a confronto con la negazione dell’esistenza. Non fu giudicato; si trovò dove non doveva essere.

“Se è così,” insistette Lukas, che da quando era arrivato al bar non aveva ordinato neppure un bicchier d’acqua, “Perché le Ombre avrebbero contribuito al declino di alcune civiltà, Micenei inclusi? Molti scritti parlano proprio di un potere acquisito da ‘agenti’ delle Ombre…”

“Il Circolo non è una forza bruta, un elemento, come potrebbe essere l’acqua o il vento o un terremoto. C’è sicuramente un’intelligenza che lo guida…ma è qualcosa che va al di là dei parametri umani. Gli Dei posseggono tratti a noi familiari, si comportano come gli uomini. Ma non le Ombre.”

“Vuol dire che debbono essere loro a scegliersi i propri agenti?”

Mason annuì, pensoso. “Così sembrerebbe. Una cosa è certa: quando gli agenti sono entrati in azione, la storia ha preso direzioni tragiche per chi è stato coinvolto. Ed ilCircolo delle Luci’, come lo hai chiamato, può essere stato davvero il fattore di equilibrio, ciò che nel corso degli anni ha impedito alle ombre di prevalere. Tuttavia, non ho mai raccolto il materiale sufficiente a comprendere se e quali motivazioni ci sono dietro a questi contatti fra le Ombre e le Luci. Chissà?” Mason ridacchiò. “Magari c’è un’antica guerra in corso fra due fazioni, e noi abbiamo avuto la sfortuna di trovarci nel mezzo.

“E non c’è mai stato neppure un accenno alle Luci? Qualcosa che forse anche lei trova troppo ardito da pubblicare?”

“Neanche un indizio. Se le Ombre non si preoccupano di essere conosciute, le Luci sembrano adorare la segretezza. Può anche essere perché le Luci un potere lo danno per davvero; ragionando per dicotomie, sarebbe la logica conseguenza…anche se non mi fiderei certo ciecamente di qualcuno che si nasconde nelle ombre della storia…se mi permetti il calembour.”

Lukas iniziò a riflettere. Verità e contraddizioni, legate in un intreccio che una mente mortale non sapeva distinguere… Affascinante! Districare quell’intreccio poteva significare avere la chiave per essere un agente delle Ombre…

Mason poggiò un oggetto sulla tavola: una scatola di legno, lunga e bassa. Lukas mostrò un’espressione interrogativa.

L’accademico fece spallucce. “Ho pensato che fossero adatti a te, vista la tua passione per l’oscurità.

Lukas aprì la scatola. Dentro, avvolto dal velluto, stava un paio di occhiali. Lukas li prese: le lenti erano nere e lucide, la montatura sottile e metallica.

“Lukas, mi permetti una domanda?” al cenno di assenso, Mason si chinò leggermente in avanti. “Perché le Ombre? Nessuno, di coloro che hanno provato ad intrattenere un rapporto epistolare con me su quel volume, ha mai mostrato un simile interesse.

Lukas si mise gli occhiali al volto. Osservando l’accademico attraverso un velo scuro, con la massima naturalezza, rispose, “Le Ombre…la stregoneria, l’occulto… Qualunque sia il mezzo, mi piace ciò che esalti la sofferenza umana. Credo che la sofferenza, quella spirituale, quella che va oltre il mero dolore fisico, sia il vero mezzo per forgiare il cuore di un uomo. Per renderlo indistruttibile.”

Mason si alzò in piedi, e prese il cappello che aveva appoggiato allo schienale della sedia. “Non mi sorprende. Le Ombre hanno questa caratteristica: attirare a sé coloro che sono predisposti all’oscurità…Hmf, persino ‘male’ è un termine così riduttivo. Buona fortuna, allora, Lukas Zeller: mi dispiace di non esserti stato di aiuto come vorresti…ma spero che tu possa promettermi almeno una cosa.” Fece una pausa, cercando di capire l’espressione dietro gli occhiali neri. “Se ce la dovessi fare, dimmi com’è, lì. Mi basterà.”

 

L’uso del termine ‘down’, per indicare la fine del rush in un tossicodipendente, era di lì a venire. Ciò non impedì a Lukas di sentirsi veramente da schifo, il giorno dopo quel colloquio. Un giorno piovoso che di certo non giovava al suo umore.

Ci aveva sperato davvero! Si era mentalmente preparato, la sua esaltazione era giunta al massimo livello, nell’aspettativa di ottenere gli ultimi, preziosi frammenti di informazione…ed ora doveva ricominciare daccapo -se proprio voleva metterla giù ottimisticamente! Di fatto, non sapeva chi potesse sapere qualcosa oltre a Mason. E lo stesso Mason aveva fatto capire che il suo ambiente accademico era chiuso a riccio di fronte alle ipotesi sulle Ombre.

Lukas lavorò febbrilmente, approfittando di quei compiti per trovare un nuovo titolo, un indizio, per quanto sottile, per ricominciare la ricerca. Aveva saltato la colazione ed il pranzo, non voleva perdere un solo secondo; nella sua memoria rivedeva i passaggi del volume relativi alle Ombre, e in questa libreria doveva trovarsi un collegamento a*

La campanella del negozio suonò. Lukas diede un’occhiata distratta alla porta. Qualunque cosa stesse facendo il vecchio libraio, riusciva sempre come a materializzarsi dietro al bancone per servire i clienti.

Ma questa volta il vecchio non apparve.

Lukas imprecò mentalmente, e si avvicinò all’ingresso.

Il nuovo arrivato era un uomo alto, quasi due metri, con indosso una mantellina di quelle che si vedevano nelle stampe Vittoriane. In una mano reggeva un cilindro nero. Nell’altra, la destra, stava un bastone di quercia venato d’oro e dal pomolo d’oro.

L’uomo stava appendendo il cilindro all’appendiabiti. Dopo, toccò alla mantellina; togliendosela, rivelò un completo in stile europeo, nero e sobrio, ma indubbiamente di gran lusso, fino alle scarpe così lucide che ti ci potevi specchiare dentro.

Lukas guardò bene in volto quell’uomo: non sembrava vecchio, non avrà avuto più di una trentina d’anni, probabilmente meno.Poteva anche sembrare un damerino, ma Lukas aveva imparato a riconoscere quegli occhi freddi, in contrasto col confidente sorriso del predatore sul suo territorio. Occhi acuti, brillanti di intelligenza.

“Lukas Zeller?” chiese l’uomo, in un Inglese perfetto, Oxfordiano.

Lukas annuì -almeno, in quegli anni, aveva potuto ferrarsi in Inglese, Spagnolo e Francese. I testi ed il tempo non gli erano mancati di certo.

Il sorriso dell’uomo si accentuò. E Lukas si sentì a disagio. “Mi permetta di esprimerle le mie sincere congratulazioni.

“…”

“La sua corrispondenza con il Professor Mason. Lei è una creatura costante ed acuta, e di certo incolpevole se non ha avuto qualcuno a guidarla adeguatamente nella sua ricerca. Mason è un raro uomo dalla mente aperta, ma, ahimè, limitato dal suo senso morale. E le Ombre non sanno neppure cosa sia, la moralità.

“Come fa a sapere..?”

“Posso avere una tazza di tè? So che lei sa preparane uno ottimo.”

Lukas decise di assecondare quest uomo: in fondo, poteva benissimo essere un amico del libraio, una potenziale nuova fonte di informazioni…

 

“Hmm, ci voleva proprio.” L’uomo depositò la tazza sul tavolo del salottino riservato alla lettura. “E ora, parliamo di affari. Herr Zeller, quello che le ha detto il Professor Mason è sostanzialmente vero, perciò non la insulterò ripetendo quanto detto ieri. Tuttavia, le Ombre possono dare il potere a chi sceglie di servirle.

“Lei ha letto il libro…”

L’uomo annuì. “Fino all’ultima riga… ho anche corretto l’autore su certi punti, in forma anonima. Mi fregio di essere uno studioso di occultismo applicato e maledizioni familiari. Ma ho anche il privilegio di possedere, diciamo, delmateriale integrativo’, raccolto durante i miei studi. So cose che non solo Mason non può sapere, ma che non potrebbe veramente pubblicare, pena la sconfessione da ogni circolo accademico. Nonché la morte di chiunque ne venisse a conoscenza”

Lukas stette zitto per un attimo. Nonostante la sua curiosità, la sua missione, sapeva quale posto pericoloso fosse il mondo.

“Se è tutto così segreto, come fa a…”

“Semplici, benché argute, deduzioni. Dove gli altri non vedono che fiumi di nebbia, io risalgo la corrente. Mason, accecato dall’inchiostro del suo stesso sapere, non ha compreso la chiave di volta. Il Circolo è il segreto: dove le Ombre in sé sono non-entità, assenza, il Circolo delle Ombre è il collegamento fra loro ed il nostro mondo. Arrivi al Circolo, e sarà sufficiente per essere un agente.

“Come Shaidios ?”

Tsk. Shaidios fece l’errore di volere bypassare il circolo, e le conseguenze le conosciamo entrambi. Io stesso sarei tentato di portare avanti questo esperimento metafisico, se non mi stessi preparando a ciò che seguirà la prossima guerra e il mio assassinio. E’ disposto a fidarsi di me, Herr Zeller ? O di chiunque ?”

Lukas per poco non saltò addosso all’uomo per strappargli di dosso delle informazioni. “Cosa devo fare, per raggiungere il Circolo? Chi è lei?”

L’uomo prese un pasticcino e lo masticò lentamente, assaporando ogni boccone. Le ombre giocavano strani scherzi sul suo volto, facendolo sembrare ogni tanto un uomo molto più vecchio di quello che poteva essere. La sua sola presenza rendeva chiaro quanto fosse naturale, per lui, giocare sui punti deboli delle menti.

Quando ebbe finito di mangiare, l’uomo disse:

“Se vuole raggiungere il Circolo, lei ha bisogno di me, Herr Zeller. E se lo metta bene in mente: sarà un viaggio verso le più abissali profondità della psiche umana. Un viaggio che farà di lei un uomo davvero diverso, adatto per il potere che riceverà dalla Chiave della Dannazione.

Lukas sentiva il cuore scoppiargli di malvagia gioia. Le speranze stavano diventando certezze sotto i suoi occhi. “Lei è un membro del Circolo?”

L’altro abbozzò un sorriso. “No, non lo sono. Sono solo un uomo bene informato… Oh, a proposito,” aggiunse distrattamente. Non mi sono presentato, vero? Mi deve perdonare, ma a volte gli affari fanno dimenticare le più elementari cortesie.

“Io sono Julius DeCeyt, molto piacere. Per entrambi.”

 

CONTINUA