PROLOGO: Battleground, Arizona
Fino a poche ore fa, solo il
silenzio aleggiava sulle rovine della città nota come Phoenix…o almeno, nota
come tale prima del disastro.
Il piede di un dio si era posato
sull’Arizona, e di Phoenix non erano rimaste che pietre e cadaveri. Gli ultimi
di essi erano stati rimossi definitivamente il giorno prima. Ora restava solo
la ricostruzione.
Ora Battleground era un vespaio
di attività. Battaglioni di operai stavano lavorando su un numero tale di
cantieri che, vista dall’alto, l’area urbana era un unico reticolato separato
dalle strade per i veicoli di servizio. Le scintille dei saldatori si alternavano
come i lampi neuronali di un immenso organismo. La voce della città era un
concerto ritmato di metallo pesante e di macchine. L’etere era saturo degli
ordini che capisquadra ed operai si trasmettevano a ritmo continuo.
Il progresso al suo meglio.
MARVELIT presenta
Episodio 22 – Ombra
del passato
Appena fuori da quel
vespaio, si trovava una mini-tendopoli di un candore immacolato. Ogni tenda recava
il simbolo dello Stato dell’Arizona, e una targa con la dicitura dell’ufficio a
cui era la tenda era dedicata.
Nella tenda dell’ufficio stampa,
era in corso la cerimonia di presentazione delle forze dell’ordine che
avrebbero protetto i lavori da indebite interferenze.
“…ed è quindi con piacere ed
orgoglio che vi presento gli eroi che hanno attivamente contribuito al
salvataggio di numerosi innocenti nelle prime ore di crisi, e che
affiancheranno i numerosi volontari nel mantenimento dell’ordine pubblico fino
alla rinascita di Phoenix. Signori, i Rangers.” Terminata la presentazione, la
Governatrice dell’Arizona, Janet Napolitano, fra i flash dei giornalisti gli
applausi dei rappresentanti dei cinquecento poliziotti di Battleground, lasciò
il palco, dove in piedi stavano gli eroi in questione:
Ø
Puma, il guerriero felino.
Ø
Texas Twister, il padrone dei venti.
Ø
Shooting Star, la bionda compagna di
Twister e figlia di un magnate del petrolio.
Ø
Aquila Americana, il potente capotribù
navajo.
Ø
Red Wolf, il guerriero-sciamano cheyenne,
affiancato dal suo fedele compagno lupo, Lobo.
Ø
Corvo Nero, l’enigmatico sciamano e
mentore di Red Wolf.
Ø
Firebird, una donna investita dal fato di
un potere cosmico.
Ø
Phantom Rider, lo spettrale giustiziere.
Ø
Johnny ‘Coyote’ Cash, nativo, ex
ladruncolo di serie B ed eroe per caso fortuito.
L’applauso dei presenti, incluso
quello del nuovo capo della Polizia, Jack Ironhoof, era sincero: mai come in
queste buie settimane era servito tutto l’aiuto possibile, ed anche se mezzo
mondo aveva fatto la sua parte per assistere i sopravvissuti, erano stati i
Rangers a velocizzare le operazioni mettendo la loro stamina al servizio degli
altri ventiquattr’ore al giorno, e a dare un importante contributo durante la
crisi di Inferno2, senza contare l’apporto durante la Guerra dei
Mondi…
In rappresentanza del gruppo,
Firebird, Bonita Juarez, andò al microfono. Tirò un breve respiro, mentre gli
applausi scemavano. “Grazie davvero, Signora Governatrice, amici…
“Daremo tutti noi stessi per assicurarci
che non solo New Phoenix, ma anche chiunque abbia bisogno di noi, riceva tutto
l’aiuto possibile. Non saremo un gruppo di bandiera, non cureremo interessi
speciali…ma sia chiaro che il Signore ci ha dato una possibilità importante di
cambiare le cose, nel rapporto fra le genti di questo Stato. E chiedo a voi
tutti di non sprecarla.
“Per quanto numerosi possano
essere coloro che volessero reclamare le case che furono dei loro parenti, ci
sono persone che nella vecchia Phoenix erano state bistrattate per la loro etnia,
per la loro cultura. Persone che ora stanno lavorando ai cantieri. Persone che
avranno diritto ad un futuro. Non negateglielo, in nome della misericordia che
tutti ci unisce. Grazie.” Nuovo scroscio di applausi, mentre tornava nei ranghi.
La riunione proseguì nella tenda
adibita a zona ristoro, con un buffet principesco. I rappresentanti dei media
si aggiravano come anime inquiete, ponendo domande alle autorità in tight
nerissimi e lucidi come i carapaci degli scarafaggi. E in effetti sembrava di
essere in un formicaio, con informazioni e chiacchiere scambiate in un tono che
non superava mai la soglia del brusio.
I Rangers, costretti per oggi a
mescolarsi a questa folla, erano incapaci di muovere un passo senza trovarsi
almeno un cronista ai talloni. Neppure Puma, che di solito intimidiva ad
un’occhiataccia, era esente.
“La Fireheart Enterprises
ha rilasciato un annuncio che lei lavorerà come loro dipendente. In cosa consisterà
il suo incarico?”
“Per adesso, proteggere gli
investimenti dell’azienda in questa città.”
“Con che autorità? Potrà prendere
decisione a nome del Presidente Fireheart?”
“Sono stato delegato per alcune
decisioni sulla sicurezza. Le altre decisioni le prenderà Miss Jenna Taylor,
l’assistente particolare di Mr. Fireheart. Ed ora, se vuole scusarmi…” uscì dal
tendone, per andare incontro ad una nativa di una bellezza dai capelli corvini,
che i suoi abiti formali non sembravano sminuire affatto.
“Lo sai che odio i giornalisti,
Jenna,” disse il guerriero, snudando una zanna.
La donna gli porse un pad
elettronico. Puma prese quello e la penna speciale; appose una serie di firme
sui documenti che furono fatti scorrere sullo schermo. “Considerando che da
quando lei ha iniziato a lavorare con i Rangers, sono io a dirigere l’azienda,
non l’ho considerato un sacrificio.”
Lui sbuffò col naso. “Lo sai che
non mi fiderei di nessun altro…ma del resto, l’azienda era stato un modo come
un altro, all’epoca, per sfuggire ai miei doveri di protettore della mia
tribù.” Posò la penna nell’alloggio del pad. “Così come la mia attività di
mercenario è stata un diversivo.
“La verità è che sono un
guerriero; non so combattere da dietro una scrivania, non importa quanto potere
diano i soldi. Ho bisogno di pensarci ancora su, Jenna, ma non posso escludere
di lasciarti l’azienda. Sei migliore di me, in questo lavoro, e sai cosa è
importante.” Passò delicatamente il dorso di un dito artigliato sotto la gola
di lei. I suoi acuti sensi confermarono che non c’erano intrusi a spiarli.
Jenna mise l’apparecchio nella
borsa. “Qualunque decisione vorrà prendere, Thomas, la rispetterò e la eseguirò
al meglio.” Niente da fare! Il sorriso della Regina di Ghiaccio continuava ad
essere solo una maschera.
“Papà!” nella gioia di rivedere
il genitore, Victoria Star non si accorse di avere pestato il piede del suo
cronista, se non quando lo sentì imprecare pesantemente. “Le chiedo scusa,”
fece lei, imbarazzata.
Il reporter femminile di un noto
tabloid disse, “Dispiace a me di essermi lasciata andare così. Incidenti del
mestiere, immagino.” Naturalmente, pensava a cose ben meno educate, ma la
bionda supereroina era pur sempre la figlia di uno dei magnati del petrolio,
Remington Star. L’uomo era venuto apposta per assistere alla promozione della
super-eroina ad agente speciale della legge, una bella occasione mondana!
Remington abbracciò la figlia.
“Sono felice di rivederti, Victoria…e sono incredibilmente fiero di te.” Poi
voltò lo sguardo verso Texas Twister, tenutosi discretamente in disparte. “Ringrazio
anche lei per avere protetto la mia bambina fino ad ora…ma sarei anche molto
più felice se potessi chiamarla figlio
durante questa vita, Drew.”
Drew Daniels tossì, imbarazzato. Victoria
arrossì fino alla punta dei capelli. “Papà!” Con la coda dell’occhio vide la
giornalista prendere appunti. Sapeva che entro 24 ore sarebbe diventata
l’argomento di piccanti chiacchiere nei saloni di bellezza di mezza America!
Remington diede una pacca alla
spalla di Twister. “Vorrei tanto trattenermi di più, ragazzi, ma gli affari
chiamano, come sempre. Devo difendere il territorio!” fece la sua
caratteristica risata bonaria, mentre si voltava verso un altro ospite. Questi
si voltò dal tavolo del buffet in quel momento.
Quando la giornalista vide chi era, per poco non se la fece sotto
dalla goduria!
Alexander Thran, padre e padrone della Talon Corporation, fondatore
dello Zilnawa.
“Signor Thran…” balbettò la
giornalista -diamine, aveva preso di sorpresa tutti! Infatti, appena lei pronunciò
il suo nome, i giornalisti voltarono lo sguardo come ferro calamitato da un
magnete. Thran era famoso per la sua elusività quasi quanto Harold Howard!
Thran, un piattino di antipasti
in mano, disse alla stampa, con voce quieta, amichevole, “Sono qui per offrire
un parco auto a cellule di idrogeno e batterie solari per il traffico residente
di New Phoenix, nonché un’altra serie di accorgimenti per migliorare la qualità
della vita dei futuri cittadini. Spero che la Governatrice vorrà considerare
benevolmente le proposte della mia azienda.” Detto ciò, tornò a rivolgersi al
tavolo. Le domande dei giornalisti rimbalzarono su di lui come su un muro di gomma,
e il servizio di sicurezza era una barriera non meno impenetrabile.
Nessuno dubitava che l’avrebbe
spuntata: la sua azienda aveva messo in campo, ad un prezzo ignobilmente basso,
una buona fetta delle tecnologie per la ricostruzione…
“Per una volta tanto, viva le
luci della ribalta,” disse Coyote Cash, addentando un panino. “Giuro, se mi
chiedono un’altra volta se Hulk è davvero cattivo come dicono…” il resto delle
parole si perse nella masticazione.
“Thran…” Sotto la piatta maschera
bianca, Phantom Rider socchiuse gli occhi. “Non era impegnato a proporre al
Senato un piano per la protezione dei lupi?”
Al suo fianco, Red Wolf annuì.
“Una tecnologia intelligente a sorveglianza dei pascoli del bestiame, per
prevenire attacchi di animali selvatici a danno degli allevatori. Prima, però,
dovrà passare una legge che permetta allo Stato di porre barriere fisiche ad
ogni singolo possedimento terriero secondo le mappe catastali. E questo al più
degli allevatori non va giù.” Fortunatamente, lui non aveva dovuto subire le
attenzioni dei cronisti -fortunatamente, grazie alla presenza di Lobo, che
rendeva non poco nervosi i comuni mortali.
Coyote sospirò, fissando Thran
come un fan il suo idolo. “Dio, cosa darei per lavorare per la Talon! Dicono
che la fantascienza sia il loro standard…”
“Io preferisco la vita all’aria
aperta ad uno sterile laboratorio,” disse Red Wolf. “Per quanto buone le idee
di Thran, sono motivate dai soldi, e c’è ben poco di nobile in ciò.”
Le domande erano state poche e
banali, tutte liquidate con il minimo spreco possibile di parole.
Jason Strongbow si aggirava per
il salone, tenendo d’occhio la folla al minimo segno di qualcosa di sospetto…
“Ehi.”
Si voltò, incuriosito. Per un
attimo, non riconobbe l’individuo che gli aveva rivolto la parola…ma solo
perché era in divisa da poliziotto, adesso.
“Mi ricordo di te: eri uno degli
operai della Foley Real Estate and
Construction.”
“Già.” L’uomo diede una pacca al
braccio del Navajo. “Un colosso come te non si dimentica facilmente[i].” Gli
fece l’occhiolino. “Stai tranquillo: con noi la tua identità è in una botte di
ferro. A voi super dobbiamo solo la nostra buccia, in fondo.”
Aquila sorrise. “Quanti siete?”
“Trenta sbirri in tutto. Gli
altri…” la sua espressione si fece cupa. Era sufficiente.
L’eroe scosse la testa. “Siete
rimasti così in pochi…perché volete rischiare la vita, adesso?”
“Per ripagarvi. Anche se ammetto
che non ci dispiacerebbe vedervi prendere a calci un culo qualche bianco snob, siete
i soli che si impegnano davvero per il popolo. Finché sarete in giro, faremo la
nostra parte, per noi e per voi.”
Jason
Strongbow provò un moto di orgoglio come raramente gli era capitato.
All’esterno della tendopoli, c’erano
i due Rangers che non avevano voluto unirsi alla festa.
Firebird e Corvo Nero sedevano su
una panchina nella piazza della tendopoli. La donna teneva le gambe strette a
sé, come a volersi proteggere. Il suo sguardo vagava verso l’immenso cantiere.
“La vita tornerà a fiorire,”
disse Bonita. “I bambini torneranno a giocare nei parchi, le piccole storie di
ogni giorno, importanti o squallide che siano, occuperanno le vite degli
adulti. I drammi e le gioie…” sospirò. “Sarà davvero meglio, questa volta?”
Corvo Nero guardava verso il
cielo. “Ne’ meglio, ne’ peggio. Ne’ uguale.”
Lei annuì. “A volte debbo
costringermi a ricordare che il Signore agisce per vie strane e misteriose. Non
può avere voluto la distruzione di una città viva e fiorente, se non perché
qualcosa di meglio la sostituisse.”
“E se fosse stato semplicemente
inevitabile? Se New Phoenix non sarà migliore?”
Bonita guardò verso lo sciamano.
“Sarà perché l’Uomo avrà esercitato il suo diritto al libero arbitrio.”
“Non avevi deciso di impegnarti
perché fosse un posto migliore comunque?”
“Come faceva William a
sopportarti?” William Talltrees, il nome civile di Red Wolf.
Corvo Nero sorrise. “Ti ho
osservata a lungo, Bonita Juarez. In te, le radici del sogno indiano sono forti
più di quanto tu stessa sospetti.”
“Sono solo una persona
tollerante. Cristo dice di preferire il perdono alla vendetta.”
Corvo Nero annuì. “Applica questa
disciplina senza etichette, allora. Ci sono valori che accomunano tutti gli
uomini del mondo; non hai bisogno di dire da chi vengano, perché sappiamo da
dove vengono.” Si toccò prima la tempia, poi il petto all’altezza del cuore.
Firebird sospirò. Si lasciò
andare le gambe e si alzò in piedi per stiracchiarsi. “Mmm. Vuoi convincermi
forse che non serve credere in Dio?”
“Non credo sia necessario
ricondurre tutto quello che succede alla sua volontà. Nel nostro modo di intendere
il mondo, le cose succedono in rapporto di causa ed effetto, non di capricciosa
volontà. E ci adeguiamo di conseguenza. Così,” il suo braccio avvolse l’orizzonte
dei cantieri, “questo posto risorgerà non perché una qualche entità suprema lo
ha voluto, ma perché noi lo stiamo ricostruendo.”
Firebird sorrise. “Guarda che non
sono un’integralista, sciamano: sono solo una donna di fede. Per me Dio è la
causa ultima di tutto. Quando parlo della sua ‘volontà’, intendo*”
Sia lei
che Corvo Nero si irrigidirono, lo sguardo diretto verso un punto in
particolare di Battleground. “Lo hai sentito anche tu?” chiese la donna.
All’interno del salone-buffet,
Puma si irrigidì: involontariamente, la pelliccia del suo collo si drizzò, e
lui snudò le zanne in un ringhio involontario. Le persone più vicine a lui
tacquero e fecero un paio di passi indietro.
Il guerriero non si accorse quasi
di Texas Twister chinarsi su una improvvisamente prona Shooting Star.
“Victoria!” esclamò il Texano.
La donna si era fatta pallida, la
fronte imperlata di sudore. “Sto…bene. È stato solo un attimo, Drew…”
“Che cosa è..?”
“Qualcosa
di terribile. Fuori di qui, a Battleground,” lo interruppe lei. La coppia vide
che già Puma e Red Wolf stavano dirigendosi verso l’uscita a larghi passi, quasi
travolgendo chi si trovasse sulla loro strada.
Il veicolo speciale dei Rangers,
una nera hoversled, si fermò pochi minuti dopo nella strada, fra due ali di camion,
autobotti e gru.
“Diamine, avete fatto presto!”
disse il capomastro, sollevandosi il bordo dell’elmetto. “Stavamo giusto per
chiamarvi, ragazzi.”
I Rangers scesero dal veicolo.
L’uomo indicò un enorme scavo. “Stavamo preparando le fondamenta, quando
abbiamo trovato quella roba lì…”
‘Quella roba lì’ era un totem: un
palo alto circa sei metri, interamente in legno, dalla testa alata. Nonostante
fosse stato sepolto sotto terra per chissà quanto tempo, lo stato del legno era
perfetto, senza una crepa, senza una macchia.
Le incisioni sul totem
erano…inquietanti, come se avessero voluto rappresentare uno spirito rabbioso.
“Tenete lontani gli uomini da
quell’oggetto,” disse Corvo Nero al capomastro. “Sospendete i lavori: bisogna
scoprire se ce ne sono altri.” All’occhiata allucinata dell’uomo, rispose con
tono funebre. “Non è colpa vostra, ma non avete idea di quello che avete appena
ritrovato.”
Phantom Rider scese per primo
nella buca, avvicinandosi poi al totem. Lui, o meglio l’archeologo Hamilton Slade,
un’idea ce l’aveva!
Firebird volò accanto a lui. “Sai
cosa..?”
Rider annuì. “Sono stato
informato da uno sciamano dopo una grave violazione ad un altro totem come
questo, qualche tempo fa[ii]. Creature
antiche, non Dei, ma frutto dell’evoluzione. Dominarono il mondo durante il
regno dei dinosauri, la prima vera civiltà autoctona terrestre.
“Alcune di queste creature
sopravvissero al Dinosaur-Killer, arrivarono fino all’alba dell’Uomo. Poi dei
potenti sciamani, gli Adoratori del Sole, li intrappolarono in totem come
questi. I totem sono quasi indistruttibili, ma se il sangue di un uomo dallo
spirito corrotto dovesse bagnarli, anche solo una goccia, gli spiriti chiusi in
essi sarebbero liberi.”
Firebird osservò gli occhi in
cima al palo. Sembravano ricambiare il suo sguardo…e lei fu sicura di sentire
come un bisbigliare provenire dal totem. Una voce carica di disprezzo, che si
prendeva gioco di lei in una lingua estinta da milioni di anni…
Piccola fede.
Scomparirà.
Come sono scomparsi in tanti.
Noi vivremo per sempre. Il tuo Dio scomparirà con la tua civiltà.
Bagnaci col tuo sangue.
Vieni a noi.
Man mano che passavano i secondi,
le parole si facevano più chiare…
Firebird strinse i denti, chiuse
gli occhi, scosse la testa. “Solo Dio è eterno…” disse, e le voci scomparvero.
Lei non si accorse di essere fisicamente provata da quel contatto, fino a
quando quasi cascò fra le braccia di Rider.
“Tutto bene?” chiese lui.
Lei si riprese in fretta. “Sì.
Hamilton, la presenza in quell’oggetto è davvero potente. Dobbiamo distruggerlo…”
“Non possiamo farlo,” disse la
voce di Puma. Il guerriero emerse da dietro il totem. “Gli Adoratori del Sole
volevano essere sicuri che queste creature restassero intrappolate… Firebird,
quante voci hai sentito, nel momento del contatto?”
Lei ci pensò su un attimo, non
comprendendo subito la domanda, poi, “Due. Credo fossero due.”
“La Torcia Umana ne distrusse uno,” disse Phantom Rider. “Purtroppo, lo
sciamano che così gli disse di agire aveva dimenticato che in questo modo, lo
spirito della creatura si limitò a finire nel totem più vicino. Questo.”
Ogni altra considerazione fu
interrotta dalle sirene della polizia.
Il veicolo parcheggiò accanto
all’hoversled. Jack Ironhoof scese un attimo dopo. “Tutto sotto controllo,
signori?” Dietro di lui si aprì la portiera posteriore, e ne emerse la figura
di Sal Whitestone, segretario personale della Governatrice.
Aquila Americana annuì, per poi
prodigarsi in spiegazioni sulla situazione. “Fin quando nessuno toccherà quel
totem, sì,” concluse. “Basterà toglierlo da dov’è ed isolarlo accuratamente. Il
solo metterlo in una mostra rappresenterebbe un pericolo enorme.”
“Mi fido della tua parola, capo.
Possiamo usare le gru?”
Ci volle circa un’ora di lavoro
certosino per scoprire definitivamente il reperto, che fu poi deposto in una
intelaiatura di tubi approntata sul posto.
Whitestone si terse la fronte
sudata con un fazzoletto. “Um, qualcuno sa se ci sono altri di questi, in città?”
“No,” disse Rider. “I totem
furono sparpagliati accuratamente in tutto il mondo, ben distanti l’uno
dall’altro. Inoltre, se ce ne fossero altri nell’area, Corvo Nero li avrebbe
percepiti.”
Whitestone guardò con interesse
il totem, mentre gli ultimi tubi venivano saldati intorno ad esso. “Un vero
peccato non poterlo esaminare…sarebbe una magnifica attrazione per il futuro
museo.”
“Vedremo cosa ne dirà lo SHIELD,”
disse Ironhoof. “Qui ci vogliono dei veri specialisti, non Indiana Jones.” Il
nuovo Capo della Polizia si diresse alla macchina, seguito da Whitestone.
“Speriamo
bene,” disse Twister, scuotendo la testa, mentre l’auto si allontanava.
L’auto si fermò di fronte alla
tenda della Centrale di Polizia.
“Ha esaminato i rapporti che le
ho inviato, Sal?” chiese Jack, spegnendo il motore.
“Um, quelli riguardo a ‘sospetti’
movimenti di denaro e documenti? Sì.”
Jack scosse la testa.
“Un’operazione raffinata; non si sono lasciati dietro quasi niente a livello di
tracce…”
Whitestone annuì. “Ma ‘quasi’ non
basta, giusto?” L’uomo aprì la porta.
Quando furono fuori, il
segretario si aggiustò gli occhiali. Si guardò rapidamente intorno con gli
occhi, senza muovere la testa. “Sto seguendo una mia pista per conto della
Governatrice, Capo.” Usava un tono di voce basso, prudente. “Sto parlando di
tangenti iniziate a circolare non appena la catastrofe ha colpito: forse solo
quattro gatti, ma io temo un cartello criminale che si è spartito Battleground
ben prima che gli appalti iniziassero a volare.
Il guaio è che non sono riuscito ad arrivare a dei nomi.”
Jack si diresse verso la tenda.
Whitestone gli si affiancò.
“Preferisco evitare di dare voce
a sospetti, a questo punto delle indagini,” disse il mezzo indiano. “Non voglio
sparare nel mucchio. È sicuramente gente organizzata, e muovendomi ora
prenderei solo dei pesci piccoli.”
Whitestone sorrise. “Ottima
tattica, Capo. Quando avrà finito il turno, si presenti nel mio ufficio: potrà esaminare
con calma il mio rapporto, per quello che vale…”
“Ci conti,” Jack, purtroppo, per
quanto morisse dalla voglia di dare subito un’occhiata a quel rapporto, aveva
anche da organizzare l’incubo burocratico che era la sicurezza in questa
non-città. Se le cose filavano lisce adesso, era solo perché non era arrivato
il giorno di paga. Era ancora presto per fare girare alcool e droghe, ma appena
quel mercato avesse preso piede, ci sarebbe stato da dannarsi. Meglio organizzarsi
ora che aveva il tempo per permetterselo…
Accanto a lui, Whitestone aveva
una faccia di pietra. Per quanto avrebbe voluto passare inosservato, sapeva che
questo giorno sarebbe venuto.
Fortunatamente, faceva ancora in
tempo a rimediare…