(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 26

 

VIVA LA REVOLUCION

 

(PARTE PRIMA)

 

 

CAVALCA IL FANTASMA DI EL CONDOR

 

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Circa 180 anni fa, quando Delvadia era solo una delle tate piccole colonie spagnole nell’America Latina, un uomo si levò alla testa del movimento indipendentista e guidò il popolo nella cacciata dei dominatori spagnoli. Indossava una maschera, che gli copriva interamente il volto, ed aveva un nome di battaglia: El Condor. Chi fosse realmente, quale fosse il suo vero nome, non aveva importanza e fu, infine dimenticato, ma non le sue imprese ed oggi la sua statua troneggia in cima ad una collinetta che domina San Pablo, Capitale di Delvadia. Gli ideali di libertà per cui si è battuto sono stati da tempo dimenticati. Oggi a Delvadia è al potere una Giunta militare che ha fatto del suo nome il sinonimo di spietatezza senza pari. L’unico interesse dei governanti in questo momento è sopravvivere e la paranoia regna sovrana. Il massimo esponente della paranoia di Stato è il Presidente della Junta e del Paese, l’autoproclamato Generalissimo Eduardo Perez Alvarez. Lui non si fida di nessuno ed è deciso a fare di tutto per mantenere intatto il suo potere.

            Per sua sfortuna, in questo stesso momento, forze diverse si stanno muovendo, in modo autonomo e per motivi diversi, per distruggere il suo regime.

 

            Repubblica di San Concepcion. La Jeep si ferma in quello che è chiaramente un campo di addestramento paramilitare con tanto di pista d’atterraggio. Ne scende John Garrett, accompagnato dal suo “contatto” Antonio Machado. Si avvicinano ad un uomo in piedi ai bordi di un poligono di tiro.

-Señor Garrett!- esclama l’uomo.

-Proprio io, amigo.- replica Garrett –Come vanno gli uomini? Sono pronti?-

-Io creo que si… credo di si Señor Garrett.- risponde l’uomo, passando dallo spagnolo ad un inglese con pesante accento latinoamericano. -Possiamo partire per Delvadia quando vogliamo. Abbiamo già preso contatto con i nostri compagni oltre il confine e con l’aiuto che ci avete fornito possiamo trasformare la guerriglia in una vera e propria guerra di liberazione del mio paese dal regime militare che l’opprime. Grazie a lei ed ai suoi finanziatori presto Delvadia sarà libera.-

Garrett fa una tirata del suo sigaro, uno degli ultimi, veri, piaceri da uomo, rimasti, e rilascia uno sbuffo di fumo.

-Non c’è nulla che mi dia più piacere, che restituire un popolo oppresso alla vera democrazia.- risponde.

            Se l’altro coglie la non tanto velata ironia nelle sue parole, non lo da a vedere.

 

 

2.

 

 

            San Pablo, Capitale di Delvadia. Il Console Generale degli Stati Uniti Keith Bayard, un uomo un po’ sovrappeso, capelli ormai ingrigiti e con chiari segni di diradamento, barbetta caprina ed occhiali, un aspetto che ricorda un bibliotecario p un arcigno preside di una scuola superiore, si appresta a tornare a casa al termine della sua giornata di lavoro. Alcuni considererebbero l’incarico in quel piccolo paese subequatoriale una sorta di punizione, ma non Bayard. Lui ha passato la maggior parte della sua carriera diplomatica in America Latina ed in Delvadia in particolare. Ha visto passare una rivoluzione, due colpi di stato ed un tentativo insurrezionale. Ha morso il freno quando il suo Governo appoggiava la Junta in omaggio all’anticomunismo ed è stato soddisfatto quando la politica americana verso i regimi di estrema destra è cambiata. Negli ultimi tempi è preoccupato. È sicuro che qualcosa sta per succedere, anche se non è ben sicuro di cosa. Di certo c’è che la guerriglia si è data una mossa recentemente e che i militari non staranno a guardare. Mentre sta pensando a questo, è arrivato alla sua auto e vi è appena entrato che sente la fredda canna di una pistola alla nuca.

-Non si allarmi Señor Bayard. Non vogliamo farle del male.- dice una voce alle sue spalle, in pessimo inglese.

-Un rapimento?- commenta Bayard –Ci sono già passato una volta.[1] Non va più di moda rapire i diplomatici, sapete? Non siamo più negli anni settanta.-

-Non è un rapimento Señor Bayard. Ci segua senza fare storie e capirà.-

-Non ho molta scelta, vero? Ok, facciamo a modo vostro.-

            L’auto parte verso destinazione ignota.

 

            New York. Sono calate le tenebre ed il finanziere Marc Spector ha, ancora una volta, lasciato il posto a Moon Knight ed alla sua instancabile ronda contro le forze del male. Ok, sembra la frase ad effetto di un serial televisivo e, per fortuna, pensa Moon Knight, nessuno ha ancora pensato di farlo. Noiosa ronda, dovrebbero dire, finora ha incontrato solo robetta. No, è ingiusto ad esprimersi così, pensa, forse, di essere buono solo per i pezzi grossi? Il rapinatore da strada, il topo d’appartamento, lo spacciatore all’angolo non sono degni della sua attenzione? E di quella di chi, allora? Quando si è preso l’impegno che viene con la maschera non ha stabilito una scala di valori, giusto? È stato Marc Spector troppo a lungo, forse è ora che tiri fuori il taxi di Jake Lockley e vada a farsi un giro tra la gente vera.

-Un soldo per i tuoi pensieri Marc.- gli dice il pilota del Mooncopter e suo vecchio amico di passate battaglie Jean Paul Duchamp, che lui chiama, amichevolmente, Frenchie.

-Sprecheresti i tuoi soldi Frenchie.- risponde Moon Knight –Non valgono tanto. Ascolta, tu pensi che io mi dia delle arie?-

-In che senso mon ami?-

-Che comincio a considerare certi crimini non abbastanza all’altezza del mio intervento.-

-Bien, è un rischio che si corre quando si viaggia come te Marc. Ti abitui a batterti con gente come l’Hydra o l’impero Segreto e dimentichi che i criminali non sono solo quelli che vogliono conquistare il mondo.-

-Non hai torto, Frenchie, dar la caccia all’assassino di quel gioielliere, Arnold Meyer mi aiuterà a mettere le cose nella giusta prospettiva.-

-Ci sono novità?-

-Purtroppo no. Pensavo di far visita ad uno dei miei abituali informatori, portami al garage di Lockley.-

-Oui, immédiatement Marc.-

           

            San Pablo. In quest’edificio, apparentemente anonimo, collegato da un tunnel al palazzo presidenziale, si stanno prendendo decisioni di una certa importanza

-Allora, siamo pronti?- chiede con impazienza il Generalissimo Perez Alvarez

-.Si mi Jefe.-[2] risponde un uomo con i gradi di Maggiore dell’Esercito. –Il.. ehm … soggetto è pronto per la fase finale.-

-Me lo auguro per voi.- replica Perez –Non avrete una seconda occasione.-

            La minaccia implicita nella frase è fin troppo chiara per gli astanti, che rabbrividiscono, poi.Il Presidente entra nella sala, dove alcuni scienziati sono affaccendati attorno ad un contenitore all’interno del quale c’è un liquido ribollente.

-Siete certi che funzionerà?-

            Un uomo in camice bianco si avvicina al presidente e risponde, con un pesante accento tedesco:

-Jowohl, è stato testato più volte. Derifa da brefetto di Brand Corporation, ma è stato molto migliorato da allora.-

-Me lo auguro per lei, dottore. Ho letto di quel progetto e fu un vero fallimento, in un certo senso. Procediamo, dunque.

            Un uomo completamente nudo entra nella vasca, immergendosi completamente.

-Quando ne emergerà, il colonnello Guzman sarà un uomo completamente nuovo.- commenta lo scienziato.

-E sarà la mia arma personale contro tutti i miei nemici.- aggiunge il Presidente.

 

 

3.

 

 

            Il viaggio è stato breve. Hanno abbandonato la sua auto poco lontano da casa sua e proseguito con un’altra, poi l’hanno bendato, Bayard ha l’impressione che abbaino girato in tondo più di una volta, giusto per confondergli le idee, poi, finalmente, l’hanno fatto scendere e portato in un edificio qui gli hanno tolto la benda.

-Señor Bayard, benvenuto.-

            L’uomo dinanzi a lui è un peon, più o meno della sua stessa età, lo riconosce subito:

-Chino, sei proprio tu, vecchio amico?-

-Sorpreso Señor Bayard? Eppure dovrebbe saperlo che sono stato sempre un combattente per la libertà.- risponde l’altro.

-Vuoi dire che stai con i ribelli? Bene, bene.-

-Non mi considera troppo vecchio Señor Bayard?-

-Uno non è mai abbastanza vecchio, se il suo cuore gli dice di combattere per la causa giusta.-

-Lei è dei nostri Señor Bayard, l’ho sempre saputo e noi abbiamo bisogno di aiuto, del suo aiuto.-

-Aiuto? Vi sentite, dunque pronti a combattere contro l’esercito? Ma come?-

-Presto avremo le armi ed abbiamo anche un simbolo di libertà da contrapporre alla dittatura.-

-Di cosa parli, Chino?-

-Parla di me.- risponde una voce sicura. Bayard si volta verso il punto da cui è venuta e lo vede: il poncho verde che lo ricopre, facendo fuoriuscire le pistole appese ad un cinturone, il piccolo sombrero e la maschera che gli ricopre il volto, con un disegno familiare. Sa chi è. La prima volta che vide uno con quella maschera quel costume, era un nemico, ma oggi…

-Sono proprio chi pensa che sia, Señor Bayard.- continua l’uomo –Non sono l’originale, certo, e nemmeno il suo emulo degli anni trenta o quel criminale di qualche anno fa, no. Chi io sia veramente non ha grande importanza, importa ciò che ho scelto di rappresentare. Per troppi anni Delvadia è stata rappresentata da Tarantula, un criminale assassino; oggi i cittadini onesti e democratici di Delvadia hanno un nuovo simbolo, perché… El Condor è tornato!-

 

            Altrove. San Concepcion. John Garrett si concede qualche ora di riposo. L’indomani, se le sue informazioni sono corrette, sarà una giornata campale. Non capita tutti i giorni di partecipare ad una vera rivoluzione sudamericana. Beh, non è del tutto esatto, c’è stato quel lavoretto in Nicaragua, coi Contras, i Somozisti, ma, all’epoca le cose erano un po’ diverse, a pensarci bene. Una cosa è sempre uguale, però, gli piaceva picchiare duro, allora, e gli piace ancora. Non sta tanto ad interrogarsi sul perché il suo datore di lavoro ci tenga tanto a far cadere la Junta di quello sputo di paese, non sono affari suoi. Lui farà solo quello per cui è stato pagato ed altri faranno il lavoro che devono fare. Molto semplice, in fondo.

 

            Molto lontano da lì, a Las Vegas, Nevada, l’uomo in questione sta esaminando le ultime carte della sua giornata lavorativa. L’affare Delvadia è solo uno dei tanti che Harold Howard sta portando avanti in questo momento e, forse, nemmeno il più importante, tuttavia, è uno dei banchi di prova della sua strategia per il suo gruppo editoriale. Una sfida piena di incognite, lo riconosce, ma, pur sempre una sfida ed è proprio quello che lui cerca. Ha fondato un impero economico che affonda le sue radici in ogni settore, ma non è la ricchezza che cerca. I soldi sono un mezzo, non il fine. Il potere, quello conta sul serio. Non quello della pompa e delle cerimonie, no, un potere più concreto o più occulto e molto più divertente. Il potere di far cadere un governo e far scoppiare una guerra, con i suoi giornalisti in prima linea a documentare tutto. Qualcosa può andare storto? Certo, ma anche se accadesse, lui avrebbe avuto, comunque, il suo guadagno. È questa la semplicità del suo piano: qualunque cosa accada, lui non può perdere.

            Chiama la sua efficiente segretaria:

-Miss Wright, per oggi ho finito. Non mi chiami, se non per le emergenze.-

<<Va bene Mr. Howard, le auguro buona serata.>>

 

 

4.

 

 

            Keith Bayard si schiarisce la voce, sorpreso.

-Un nuovo El Condor!- esclama –Beh è abbastanza logico.-

-Allora Señor Bayard, è dalla nostra parte?- insiste Chino.

            Questo non piacerà al Dipartimento di Stato, un diplomatico non dovrebbe mai farsi coinvolgere nelle beghe interne del paese in cui si trova, ma… al diavolo, era stato fatto infinite volte per motivi molto meno nobili di questo.

-Che cosa vorreste che facessi?-

-Lei è il Console Generale del suo paese, ci serve un Passaporto Diplomatico per un uomo che ci deve portare …diciamo delle cose che ci servono.-

            Bayard sogghigna.Non gli ci vuole molta immaginazione per capire a che carico alludono. Se farà quel che gli chiedono, rischierà il posto, non c’è dubbio, ma, come ha detto prima: “Al diavolo la prudenza”

-Per quando vi serve?- chiede.

-Se lo avremo stanotte, il carico arriverà domattina ed allora, sarà l’ora del cambiamento per questo tormentato paese.-

-Riaccompagnatemi al Consolato.- replica Bayard –Ma vi avverto, se mi avete ingannato, la pagherete molto cara.-

-Dico la verità Señor Bayard, anche se comprendo il suo scetticismo. Non si pentirà di essersi messo dalla nostra parte, quella del Popolo.-

            Speriamo bene, pensa Bayard, ho conosciuto troppa gente che si riempiva la bocca con parole come: “Bene del Popolo” e poi pensava solo al bene del proprio portafoglio, ma attento Señor El Condor, perché se non sei sincero, troverò un sistema per fartela pagare.

 

            Jake Lockley parcheggia il suo taxi non lontano dal Josie’s Bar ‘n’ Grill e, poi vi entra, dirigendosi al banco.

-Salve Josie, dammi un bicchiere di quello buono, non la sciacquatura di piatti che riservi agli altri clienti.-

-Ma guarda chi si rivede, Jake Lockley!- commenta Josie, un donnone robusto dai capelli biondo rossiccio, tinti. –Era un pezzo che non capitavi da queste parti… e per tua norma e regola, il mio Whisky è di ottima qualità.-

-Certo, certo, lo dirò al tuo distillatore clandestino su negli Appalachi, quando lo vedo.-

            Lockley beve il Whisky tutto d’un fiato e getta una moneta sul banco.

-Come vanno gli affari, Josie?-chiede.

-Un mortorio. Questo quartiere sta diventando troppo tranquillo. Nemmeno Devil capita tanto spesso. Meglio così, in fondo, spendo meno in vetrine.-

-Ascolta Josie… se uno volesse piazzare una bella pietra, diciamo un rubino, con chi farebbe meglio a parlare?-

-Sempre a caccia di notizie Lockley? Mi sto chiedendo se, per caso, non sei uno sbirro in incognito.-

-Ho, forse, la faccia dello sbirro?- commenta Lockley.

            Josie fa una grassa risata e replica:

-Direi piuttosto che hai la faccia di chi venderebbe sua sorella per dieci dollari! Beh, non so che dirti, ma, se qualcuno sa qualcosa, quello è Pike.-

-Dove lo trovo?-

-Al solito posto, là in fondo, ai tavoli da biliardo.-

-Grazie Josie, sei sempre un’amica.-

            Allunga sul bancone una banconota.

-E questi?-

-Sono i dieci dollari che ho guadagnato vendendo mia sorella, tienili tu.-

            Speriamo bene, pensa Lockley, alias Marc Spector, alias Moon Knight, ho proprio bisogno di una pista seria.

 

            Costa Verde, America Centrale. Quando Paladin, Rick Mason, Victoria Maria Consuela ed il loro prigioniero, Bolivar South sono, finalmente, giunti ad una fattoria ai margini della Jungla, i loro problemi non sono finiti subito. Hanno potuto rifocillarsi ed il contadino che li ha accolti non ha fatto domande sul prigioniero, il resto è stato un po’ più complicato, ma non di impossibile soluzione. È bastato raggiungere un telefono funzionante, fare una chiamata ed aspettare.

L’elicottero sembra un giocattolo, ma ha una capacità superiore a molti velivoli in dotazione ad una forza armata ed è completamente radiocomandato. Molti giudicherebbero impossibile che sia stato in grado di superare gli spazi aerei di molti paesi senza essere intercettato ed arrivare sin li, ma è accaduto. Uno dei vantaggi di essere il figlio del Riparatore, pensa Rick Mason, sarebbe stupido non usarli. Il prigioniero viene caricato sull’elicottero, il suo viaggio si concluderà negli Stati Uniti, dove lo aspetta un duro processo per complicità in Crimini contro l’Umanità o cose simili. Paladin. Non vede l’ora essere tornato negli U.S.A. ed aver consegnato il suo pacco, dopodiché chiederà a Natasha se ha voglia di una vacanza da qualche parte, sulla neve magari. Pensare a Natasha, gli ricorda che non si sentono da parecchio, chissà cos’avrà mai combinato nel frattempo, lei non è certo tipo da starsene con le mani in mano.[3]

            L’avventuriero si mette al posto di guida.

.-Pronti, signori, di decolla.-

            Passano pochi istanti ed il viaggio verso casa comincia, ma gli imprevisti, forse, non sono ancora finiti.

 

 

5.

 

 

            Jake Lockley si ferma al tavolo da biliardo, dove un ciccione si sta dando da fare colpendo una pallina dopo l’altra.

-Salve Pike, posso fare un tiro?-

-Accomodati amico.- risponde Pike –Ci conosciamo, vero?-

-Mi chiamo Lockley abbiamo fatto un paio di partite, tempo fa.-

-Mmm, si, mi ricordo, il tassista. Non sei male.-

            Jake prende l’asta, la bilancia sulle mani, poi si china.

-La sette in buca d’angolo.- proclama.

            I suoi occhi si socchiudono, mentre le dita rilasciano l’asta e colpisce. La palla rimbalza lungo le sponde, poi, termina la sua corsa nella buca prevista.

-Ti andrebbe di guadagnarti un centone Pike?- chiede Lockley.

-Non ci sputerei sopra. Devo rompere le gambe a qualcuno?-

-Niente di tanto bello.- replica Lockley –Un mio amico sta cercando una gemma preziosa, un rubino rubato ad un altro amico suo ed i cento sono tuoi, se hai l’informazione.-

-Un rubino rubato dove?-

-La settimana scorsa, nel quartiere dei diamanti ad Arnold Meyer.-

-Ehi, ne ho sentito parlare, l’hanno fatto secco quel, tipo.-

-Ti spaventi Pike?-

-No di certo, ma se ti trovo l’informazione, varrà più di un centone, capito?-

-Non fare troppo l’esoso Pike. Se l’informazione sarà buona, ne parleremo.-

            E se, magari, mi consegnerai direttamente l’assassino, pensa Jake/Marc, allora potresti avere davvero una bella gratifica. Ah i vecchi tempi in cui gli eroi spaventavano a morte i loro informatori. Forse è perché non le orecchie da pipistrello?

 

            El Condor si rivolge ai suoi seguaci:

-Amigos abbiamo aspettato anche troppo, l’alba che sta per arrivare vedrà la nostra riscossa. Il potere degli oppressori sarà spezzato. La battaglia per la libertà comincia oggi. Non si torna indietro. Quando avremo finito o saremo liberi o saremo morti. Siete con me?-

            Un solo grido si leva alto dalle gole di tutti:

-SI! Que viva El Condor!-

            Sotto la sua maschera, El Condor sorride soddisfatto.

 

            John Garrett ammira l’elicottero. Non si fida molto di questi uccellini, ma deve riconoscere che sono efficienti.

-Coraggio gente.- dice ridendo –Le truppe aviotrasportate dell’Esercito di Liberazione di Delvadia stanno per fare il loro esordio sulla scena. Allacciate le cinture di sicurezza e spegnete le sigarette, si decolla… destinazione San Pablo.-

           

            San Pablo. L’uomo è uscito dalla vasca, apparentemente nulla è cambiato in lui, ma egli sente una nuova forza scorrergli nelle vene. Ha indossato il costume che gli è stato dato, gli calza a pennello ed ha affrontato, disarmato, ben dieci miliziani. Non hanno potuto nulla contro la sua agilità, velocità e forza e gli aculei avvelenati ai suoi piedi. Li ha sconfitti in cinque minuti.

-Sehr Gut!-esclama lo scienziato –Non c’è dubbio, il bagno genetico gli ha dato i poteri di un ragno.-

-Si, perfetto.- commenta, soddisfatto il Presidente –Colonnello Domingo Guzman, da oggi in poi tu sei il nostro nuovo simbolo contro i ribelli. Tu sei la nuova TARANTULA!-

         E l’uomo dietro la maschera di Tarantula sorride sinistramente.

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

         Eccoci, quindi alla fine di questo primo episodio di un nuovo ciclo di questa serie. Questo era un racconto di preparazione del terreno, per un ciclo conclusivo delle tematiche latino americane che ci hanno accompagnato per un certo numero di racconti precedenti. Ed ora, un pò di note per la vostra gioia

1)    Innanzitutto, un ringraziamento dovuto a Fabio Volino per avermi concesso di usare personaggi, concetti ed idee per una storia di Prowler che lui ha deciso di non scrivere. Avevo deciso di non scrivere una storia sulla rivoluzione a Delvadia perché, Fabio voleva scriverne una su Prowler, ma quando ha deciso di chiudere anticipatamente quella serie ho deciso di mescolare le idee che avevo con le sue e spero che quello che ne verrà fuori, sarà di vostro gradimento, lo scopriremo insieme nel prossimo episodio, credo.

2)    Delvadia è comparsa per la prima volta in Daredevil Vol 1° #75 (Devil, Corno, #74), ma solo dopo molto tempo fu rivelato che era la patria di entrambi i supercriminali chiamati Tarantula, morti entrambi successivamente.

3)    El Condor, simbolo dell’indipendenza delvadiana, fu creato da Gerry Conway & Gene Colan nel citato Daredevil #75. All’epoca era un aspirante dittatore che si era appropriato del nome e look dell’antico combattente per la libertà, oggi, dietro quella maschera c’è davvero un liberatore, a quanto sembra

4)    Di Tarantula parleremo nel prossimo episodio, ma dovreste pur sapere qualcosa di lui, o meglio dei due uomini che hanno ricoperto questo ruolo… o no?

5)    Certamente vi starete chiedendo: e la Vedova Nera? Ed i piani di Fu Manchu? E Clive Reston moribondo? Quando ne sapremo di più? Se avrete pazienza saprete ben presto tutto quello che c’è da sapere, prometto. Ai fans della Vedova Nera, consiglio, intanto, di non perdere Devil #27. è un consiglio del tutto disinteressato. -_^

         Nel prossimo episodio. A Delvadia scoppia la guerra civile, Tarantula fa il suo esordio e nuovi giocatori entrano nel quadro. Che ne direste di Silver Sable ed il suo Branco Selvaggio e, magari, Prowler? E credete che Paladin ed i suoi amici restino a guardare? C’è un solo modo per saperlo e voi sapete bene qual è.

 

 

Carlo



[1] In Daredevil Vol 1° #76 (Devil, Corno, #75)

[2] Mi Jefe, ovvero: “Mio capo”, i dialoghi successivi debbono intendersi in spagnolo, se non diversamente specificato o comprensibile dal contesto. (Carlo il multilingue)

[3] In effetti, alla Vedova Nera sono capitate un po’ di cosette, ma Paladin non può saperlo, perché non ha letto gli ultimi episodi di questa serie -_^