1.
New York City. Ore 18
G.M.T. Ore 13, ora della Costa Orientale degli Stati Uniti D’America. In pieno
Greenwich Village, c’è una casa in Bleecker Street n° 177/A, che è il Sancta
Sanctorum del Mago Supremo di questo piano dell’esistenza, il Dottor Strange.
In questo momento, oltre al padrone di casa, tramutato in pietra dal potere del
Gargoyle Grigio, ed alla sua compagna Clea, imprigionata in una mistica gabbia,[1]
vi sono ben tre ospiti indesiderati: l’enigmatica donna che si fa chiamare
Darklady e la cui identità è, almeno per il momento, ignota;[2]
l’altrettanto enigmatica ed ambiziosa Grace Cross ed il Demone, già signore del
Limbo, N’Astirh. Darklady intima ai suoi due alleati di avvicinarsi quindi…
posa le mani sulle loro teste ed Improvvisamente il suo corpo si illumina: una luce
abbagliante e carica di malvagità allo stesso tempo.
-Demoni, demoni di tutte le
dimensioni!- urla -Venite, venite a me!-
Ed i
discepoli seguono il loro messia. [3]
L’inferno è cominciato
Dapprima,
sembrano solo avvisaglie di tempesta. Il cielo si fa scuro, come se una
gigantesca nuvola stessa oscurando il sole, poi si solleva il vento e coloro
che sono in strada si affrettano a cercare riparo da una pioggia che non viene.
Alcuni guardano in direzione dell’Empire State Building e lo vedono. Sembra uno
squarcio nel cielo, una ferita nel tessuto della realtà e quelli che ne stanno
uscendo hanno solo una, vaga, parvenza umanoide, ma la parola che viene
immediata alla mente degli astanti è una sola: demoni ed il loro istinto non li
tradisce.
Nell’attico della Vedova Nera, Ivan Ivanovitch
Petrovitch è uno dei primi abitanti della Grande Mela a testimoniare l’attacco
dei demoni, quando un paio di essi, passando attraverso i muri, entrano in
casa. Un altro uomo si sarebbe fatto, quasi certamente, prendere dal panico, ma
non questo vecchio cosacco. Ne ha viste troppe nella sua vita per farsi
spaventare tanto facilmente. È svelto a reagire e, dopo aver evitato l’assalto
di un demone, afferra una delle sue pistole e la scarica sui demoni che, colpiti,
si tramutano in polvere.
-Lode alla cara vecchia tecnologia
sovietica.- commenta Ivan –Chissà cos’erano quelle creature?-
E
se tornassero? Si chiede, meglio essere preparati in questo caso. Per fortuna,
lui non è mai impreparato per le emergenze. Certo, si chiede, non crede che ce
ne siano state molte così. Il Cielo si sta oscurando sempre di più. Il pensiero
di Ivan corre alle due persone al mondo che gli stanno più care: suo figlio
Yuri e la sua pupilla, Natalia Alianovna Romanova, la Vedova Nera. Sono entrambi
lontani da lui adesso. Yuri è nella Madrepatria la Russia, chissà dove
esattamente, e Natasha, beh lei è in giro per una non meglio specificata
missione per lo S.H.I.E.L.D. Ivan si ritrova a sperare che stiano entrambi bene
ed a rimpiangere di non essere al loro fianco. Certo sono adulti da tempo,
ormai, ma questo non importa al suo vecchio cuore. Sciocchezze, stai diventando
sentimentale con l’età, si dice. Se la sapranno cavare, come hanno sempre
fatto, tu pensa alla tua di vita. Ivan sogghigna: che tornino pure quei
“demoni”, troveranno pane per i loro denti.
2.
New York City. Ore 19:45 G.M.T. Ore 14:45, ora
della Costa Orientale degli Stati Uniti D’America. Un’ora e tre quarti dopo
l’inizio dell’Inferno. Il nome dell’uomo è Carson Knowles. Un tempo ha
perfino concorso alla carca di Sindaco di questa città e poteva anche vincere,
ma l’avventuriero Mascherato noto come Moon Knight rovinò i suoi piani, non una
sola, ma ben due volte. Stavolta, però, non potrà fermarlo, no, stavolta ha
pensato a tutto e sarà Moon Knight a mordere la polvere. Certo, quello che sta
accadendo è una dannata seccatura, ma lui non si è mai sentito così bene come
ora. La sua mente è chiara come non mai e la sua volontà forte.
Nina
McCabe è uscita da scuola. Che noia, pensa, durante l’ultima ora ha resistito a
fatica all’impulso di gettare i libri in faccia ai professori. Perché deve
perdere tempo su quelle noiose materie? Non ama sentirsi in gabbia, lei è una
donna libera, proprio come Elektra, si, proprio come lei. Elektra non ha paura
di nulla, è selvaggia e libera come il vento, se ne infischia delle regole,
delle convenzioni, delle ipocrisie e dei falsi moralismi. L’ammirazione di Nina
per la ninja greca non ha confini, vuol essere come lei e spera che Elektra faccia
di lei la sua allieva. Si, è proprio questo che vuole.
La
ragazza prosegue la sua marcia, coprendo rapidamente i pochi isolati che
separano il suo Liceo dall’appartamento che divide con Elektra Niatchos, ignara
di avere due paia d’occhi ostili puntati su di lei, quando li noterà, potrebbe
essere troppo tardi per lei
Vestita
solo di una vestaglia di seta rossa, Elektra Niatchos scruta l’orizzonte. Nubi
nere si sono formate all’orizzonte e quel che vede dalla finestra panoramica o
che è percepito dal suo istinto, è poco tranquillizzante. Demoni, un’invasione
di demoni. È preoccupata per Nina, ha telefonato a scuola e le hanno detto che
se n’era andata subito dopo l’intervallo del pranzo, spera che si sbrighi ad
arrivare. È una ragazza fiera ed indipendente, ma non è ancora capace di
cavarsela da sola. Elektra le è affezionata e non ha intenzione di vederla
soffrire ancora o lasciare che qualcuno le faccia del male, forse dovrebbe
andare a cercarla. L’azione è figlia del pensiero ed in pochi attimi, la vestaglia
è sul letto ed Elektra ha già indossato il suo attillato costume rosso; un
istante per fissare la bandana ai capelli, un altro per controllare le armi, ed
eccola pronta per uscire.
Ci sono fiamme dappertutto, ma
questa donna sembra non accorgersene. Le sue frecce abbattono un demone dopo
l’altro con fredda noncuranza. Sullo sfondo di una città che sta impazzendo,
lei sembra un angelo vendicatore ed è esattamente così che si sente. Lei è
Stained Glass Scarlet e non avrà pietà per gli empi ed i malvagi
3.
New York City. Ore 20 G.M.T. Ore 15, ora della
Costa Orientale degli Stati Uniti D’America. Due ore dopo l’inizio
dell’Inferno. Il suo
nome è Steven Grant e sul suo biglietto da visita c‘è scritto “mercante
d’Arte”. Quello che non c’è scritto, però è che il nome ed il volto di
quest’uomo dell’apparente età di 45 anni dalle basette ed i baffi parzialmente
grigi, sono solo una delle tante identità utilizzate dall’avventuriero noto
come Moon Knight. C’era un tempo in cui queste identità erano diventate vive
nella sua mente e lui cambiava personalità a seconda di quale maschera
indossasse. Quei tempi sono passati, grazie al cielo, ora lui è nel pieno
controllo di se.
L’uomo
di nome Yakov Stein alza gli occhi dal suo lavoro, quando “Grant” è introdotto
nel suo ufficio e, con voce gentile chiede:
-Cosa posso fare per lei Mr….-
-Grant, Steven Grant. Mi manda un comune amico.- così
dicendo, getta sul tavolo una piccola mezzaluna d’argento. Stein accenna un
sorriso
-Capisco.- risponde –Mi aveva, in
un certo qual modo, preannunciato il suo arrivo.[4]
Lei è qui per avere informazioni sul lavoro del povero Arnold Meyer, giusto?-
-Si. Cosa ne sa lei?-
-Quasi niente. Quel che sono
riuscito a sapere è che Arnold aveva messo le mani su un pezzo molto raro e che
doveva riceverlo proprio il giorno in cui è morto. Si dice che c’era qualcuno
molto interessato a quel gioiello.-
-Abbastanza interessato da
ucciderlo, per averlo, forse? Lei sa di che gioiello si tratta?
-No, Arnold non l’aveva detto a
nessuno, ma, secondo alcune voci, era un rubino, secondo altre, una gigantesca
perla nera.-
Non è molto, pensa
Steven Grant, alias Moon Knight, ma potrebbe bastarmi. L’eco di una forte
esplosione li raggiunge improvvisamente. Stein corre alla finestra e prorompe
in un’esclamazione sconfortata:
-la Sinagoga! È saltata in aria la
Sinagoga!-
Non
può essere un caso, pensa Grant, non è stato un incidente, poi, nota gli uomini
con le taniche di benzina vicini all’edificio in fiamme e sa di dover agire.
Nina
guarda davanti a se e, quando sente la presenza alle sue spalle è, orma, troppo
tardi
-Ciao ragazzina!-
La
giovane si volta di scatto. Gli uomini davanti a lei le sono familiari, ma non
è sicura di riconoscere i loro volti, distorti da una smorfia maligna, come mai
ne ha viste.
-Ti ricordi di noi Baby? Possibile
che ci hai già dimenticato? Ti rinfrescherò la memoria. Io sono Andrew e lui è
Dimitri..-
Mio
Dio! Ora li riconosce. Subito dopo la morte di suo padre, era scappata
dall’Ospedale ed aveva incontrato questi due. Le avevano offerto vitto ed
alloggio. Perché no? Si era detta? Cos’ho da perdere? Il punto era che quei due
volevano avviarla alla prostituzione e, senza l’intervento di Elektra, lei ora
sarebbe stata sicuramente sulle strade o chissà dove.[5]
L’uomo
chiamato Andrew prosegue:
-Pensa che sorpresa, quando la
settimana scorsa ho scoperto che frequenti la palestra dove bazzico ogni tanto.
Avevo dei progetti su te, bambina, progetti a cui la tua amichetta in rosso mi
ha costretto a rinunciare. Ma lei non è qui adesso e tu sei sempre un bel
bocconcino.-
-Cosa volete farmi?-
I
due uomini sorridono
-Indovina?-
-No!-
-Oh si, cara, oh si!-
L’afferrano
e tentano di portarla in un’auto. Intorno a loro, nessuno ci bada. I demoni
stanno scorazzando per New York, ormai ed i newyorkesi sono impegnati o a
sfuggir loro o a lasciar libero sfogo alle loro pulsioni più represse. Nina si
difende, sferra un calcio all’inguine dell’uomo chiamato Dimitri, che si piega
in due
-Stupida vacca!- esclama Andrew,
colpendola con un forte manrovescio –hai davvero bisogno di una lezione.-
Alle
sue spalle una voce cupa
-Umani!-
Andrew
si volta, fermi, in piedi, ci sono due demoni di qualche oscuro Inferno, con
zanne spaventose ed artigli affilati.
-Abbiamo fame!-
Andrew
spara contro di loro, senza ottenere alcun risultato. I demoni saltano addosso
a lui ed al suo compagno.
A
questo punto Nina urla d’orrore.
Jungla dell’america centrale, appena poco più a nord di Panama. Ore 2030
G.M.T. Ore 1430, ora locale. Due ore e mezzo dopo l’inizio dell’Inferno. Paladin sospira. Dopotutto,
possono ritenersi fortunati ad essere sopravvissuti tutti e quattro. Quando
l’aereo, che li portava, in fuga da Delvadia, ha cominciato a perdere quota,
lui sapeva che la loro sola speranza era un atterraggio d’emergenza, ma non
avrebbe scommesso un penny sulla sua riuscita. Invece, eccoli qui: lui, Rick
Mason, Victoria Maria Consuela, rivoluzionaria. Sudamericana ed il loro
prigioniero, l’ex Colonnello Bolivar South dei servizi segreti militari, un
uomo che si è reso responsabile della morte di un certo numero di fuoriusciti
delvadiani negli U.S.A. Lui e Mason sono stati pagati per riportarlo negli
Stati Uniti perché sia processato, ma ora Paladin sente il forte impulso di
lasciarlo in pasto ai coccodrilli e risolvere, una volta per tutte, la
questione. Idea interessante, ma, almeno per ora, impraticabile.
-qualche idea di dove siamo?- chiede a Mason.
Rick Mason
esamina una specie di bussola, un altro strumento costruito dal padre, preme
alcuni tasti rapidamente. Ed infine:
-Apparentemente siamo in Costa Verde, una delle tante
repubblichette del Centro America.-
-Ne ho sentito parlare.- replica Paladin –Non è la patria di
quella tizia che sta con i Vendicatori, Artiglio d’Argento? Dovremmo poterci
trovare un posto da cui prendere un aereo per tornare a casa.-
-Su questo non c’è dubbio, ammesso che siamo capaci di
attraversare vivi la Jungla.- commenta Rick
-Se sono capace di sopravvivere a New York, dovrei farcela
anche qui e poi… che scelta abbiamo?-
-Nessun’altra.- approva Victoria
-Ehi e io?- interviene South –Non vorrete farmi percorrere
la jungla con le mani legate?-
-Se non stai zitto te la faccio fare strisciando.- lo
apostrofa Paladin. –Ora non perdiamo tempo. Da che parte, Mason?-
-Di là!- indica Mason –Andiamo!-
4.
New York City. Ore 20:35 G.M.T. Ore 15:35, ora
della Costa Orientale degli Stati Uniti D’America. Due ore e trentacinque
minuti dopo l’inizio dell’Inferno. Ci sono
voluti solo pochi minuti per Steven Grant per infilarsi il costume di Moon
Knight e correre verso la Sinagoga. Minuti che possono aver segnato la fine del
Rabbino o di chiunque altro fosse in quel momento nel luogo di culto. Il posto
lo mette a disagio, ma quasi non riesce a capire perché. Forse è a causa del
fatto che è l’emissario di Konshu ed Egiziani ed Ebrei erano nemici? No, c’è
qualcos’altro, ne è sicuro. Ah, certo, il padre di Marc Spector era un Rabbino
e loro due avevano litigato quando Marc lasciò quelli che suo padre chiamava i
sentieri della rettitudine per vivere una vita di violenza, come agente
operativo della C.I.A. e poi, come mercenario in Asia ed Africa. Certo, pensa,
è proprio così, è Spector a sentirsi a disagio, non Moon Knight. Calma adesso,
si dice, non ricominciare con la storia della quadrupla personalità: Jake
Lockley,
Steven Grant, Moon Knight, sono tutti la stessa persona e tutti sono identità
fittizie di Marc Spector. Hai lottato duramente per superare quella fase, per
essere di nuovo integro, non puoi permettere che accada di nuovo. Accantona
quei pensieri adesso, perché si trova di fronte ad uno spettacolo che
bloccherebbe un uomo meno avvezzo di lui alle stranezze. Ci sono uomini che
osservano soddisfatti il loro operato: i soliti razzisti che odiano gli Ebrei,
forse simpatizzanti dei Figli del Serpente, per quanto non sia necessario, ma
quelli che appaiono proprio sopra di loro sembrano…sono… Demoni? Un uomo che è
morto e risorto almeno tre volte ed ha, perfino, parlato con gli dei, non
dovrebbe trovarlo così strano ed infatti è così. Il Crociato Lunare scatta
assalendo sia uomini, che demoni. I quattro esseri umani non sono un problema
per lui, uno dopo l’altro cadono sotto i suoi pugni, calci ed i suoi dardi a
mezzaluna. I demoni sembrano più duri, ma esitano davanti a lui, come fossero
intimoriti da qualcosa, permettendogli un contrattacco. Solo dopo che l’ultimo
è scomparso in una nuvola di polvere, Moon Knight riflette sul fatto che forse
è il simbolo dell’Ahnk disegnato sul suo petto ad aver intimorito i demoni.
Ora, però, ha altro a cui pensare. C’è un uomo a terra, vicino alla porta della
Sinagoga. Il Rabbino, o almeno così sembra. Il Cavaliere d’argento lo esamina
e, per fortuna , scopre che sta abbastanza bene. Solo un po’ d’intossicazione
da fumo, forse. Ci potrà pensare un dottore. Improvvisamente, si porta le mani
alla testa, come se un dolore improvviso lo avesse assalito. Sotto la maschera
i suoi occhi si spalancano e dalla sua bocca esce solo un nome:
-Scarlet!-
In
piedi sopra un tetto del Bronx sta una donna dai lunghi capelli rossi, vestita
di una tonaca anch’essa rossa, con uno spacco da cui escono le gambe. In mano
ha una balestra, intorno a lei danzano le fiamme di vari incendi. I suoi occhi
azzurri brillano di un fuoco interiore, le sue labbra rosse pronunciano una
sola frase:
-Brucia New York, brucia!-
Elektra quasi non crede a quel che vede, ma non può
permettersi di perdere tempo. Due demoni stanno minacciando Nina e, a
giudicare, da quello che stanno facendo ai due uomini a terra, il pericolo per
la sua protetta è davvero tremendo. Con grazia salta giù, in una mano ha il
sai, nell’altra una katana. Il primo dei demoni la vede ed abbandona il suo
pasto per assalirla, ma lei evita l’assalto e, con un colpo preciso, affonda il
sai nel petto della creatura. Questa grida di dolore ed arretra, ma, subito
dopo, rinnova l’assalto, imitato dal suo compagno. Elektra salta, li evita,
facendoli scontrare tra loro. Ricade con leggiadria a terra e colpisce ancora.
Un colpo di katana e uno dei demoni è decapitato. Da un angolo, Nina lo osserva
tentare di riprendersi la testa, mentre Elektra lo colpisce ancora. Il secondo
cerca di affondare i suoi artigli, ma Elektra lo evita e lo trafigge col sai.
Una, due, tre volte, poi lo colpisce con un calcio e lo spedisce contro la
vicina parete. Con uno sbuffo di fumo, i due demoni scompaiono. Elektra si
volge verso l’amica e le porge la mano.
-Stai bene Nina? – le
chiede, aiutandola ad alzarsi.
-Io… si, ora si!- risponde
la ragazza abbracciandola e stringendosi a lei. Indica i due cadaveri
semidivorati a terra –Quei due volevano… e quegli esseri li hanno… oh cielo.-
-Non guardarli, è tutto
finito ormai. Torniamo a casa, adesso.-
Finito? Elektra vuol rassicurare la ragazza, ma non ne è
affatto sicura, proprio per niente.
5.
Hong Kong,
Cina, Ore 22 G.M.T. Ore 6 del mattino del giorno dopo, ora locale. Quattro ore
dopo l’inizio dell’Inferno. Il mio nome è Shang Chi, nella mia
lingua, il cinese mandarino, significa: “Lo Spirito che Avanza”, ci sono
momenti in cui non posso non chiedermi fino a dove il mio spirito sia avanzato
e se non abbia, ormai terminato il suo percorso. Normalmente la sfiducia in me
stesso non è tra i miei stati d’animo, ma da quando mi sono svegliato, pochi
attimi fa, il mio animo è stato oppresso da un cupo presentimento, qualcosa di
indefinibile a cui non so dare un nome Ho deciso di non lasciare la Cina dopo
che, durante la faccenda della Bestia del Caos,[6]
il mio alleato, Shen Kuei, detto il Gatto, è misteriosamente scomparso a Macao.
Non so se sia sparito volontariamente o se qualcuno l’abbia rapito, non ho
trovato alcun indizio, Ho deciso di provare a cercarlo a Hong Kong e Clive
Reston mi ha dato le chiavi della casa che usa di solito, quando è qui, di
proprietà del MI6 ovviamente. Leiko è rimasta con lui, hanno una missione:
catturare Carlton Velcro, un noto trafficante d’armi e droga, che in passato,
abbiamo affrontato insieme più volte. Leiko, vorrei che fosse con me, abbiamo
passato un periodo difficile, ma sono certo che possiamo superarlo, se entrambi
lo vogliamo ed io, di certo, lo voglio.
Le
mie riflessioni sono interrotte da una vista insolita: esserti volanti, simili
alle entità demoniache dei racconti della mia infanzia. Uomini cosiddetti
razionali argomenterebbero che simili esseri non possono esistere, ma io non
perdo tempo a farmi simili domande. Questi esseri sono chiaramente ostili e c’è
un solo modo per affrontarli: ricorrere alle arti che mi hanno fatto meritare
l’appellativo di Maestro del Kung Fu. In pochi minuti, ho sbaragliato i miei
avversari, che lasciandosi dietro un residuo di puzza di zolfo, si sono ridotti
in polvere sotto i miei colpi. La cosa non mi lascia affatto tranquillo. Non
credo di sbagliare, dicendo che siamo appena all’inizio. Ormai dovrebbe essere
l’alba, ma, fuori, il cielo è ancora scuro e questo è davvero un cattivo segno,
un bruttissimo segno.
New York City. Ore 23 G.M.T. Ore 18, ora della
Costa Orientale degli Stati Uniti D’America. Cinque ore dopo l’inizio
dell’Inferno. Il chiarore degli incendi illumina sinistramente la
città, dovunque si sentono notizie di incendi e saccheggi. Da un buco nel cielo
stesso, sciamano orde di creature demoniache, Il caos regna sovrano,ma non
tutto ha ceduto. In quest’ufficio ai piani alti dell’edificio situato nel
centro di Manhattan, all’indirizzo Police Plaza Uno, il Commissario di Polizia
Arthur Stacy guarda la città. È appena tornato per vederla cadere preda di un
attacco di forze sconosciute? Arthur si sente impotente come non mai, ma
rifiuta di cedere allo sconforto. Dalla radio accesa sulla sua scrivania, sente
i continui aggiornamenti da parte dei centralini e delle auto di pattuglia. In
mezzo al caos c’è chi continua ad essere un’oasi di sanità. Ogni tanto arriva
la segnalazione di un auto che non risponde ed Arthur, mentalmente, prega che
non siano troppi i funerali a cui dovrà presenziare quando questa storia sarà
finita. Sempre che sopravviva anche lui, ovvio.
Da
un’altra parte di questa stessa città, un uomo osserva lo stesso spettacolo
dalla terrazza di un attico e sorride. Con calma, si infila una maschera che
gli copre interamante il volto e rientra. Indossa un costume completamente
nero, ad eccezione di un elmo e di un giubbotto paramilitare color blu scuro.
Al suo rientro nell’appartamento gli fanno ala due file di armati vestiti di
un’uniforme azzurra ed elmetti gialli.
-Molto bene, signori.- dice ad un
gruppo di uomini e donne di fronte a lui –Sono lieto che abbiate accettato il
mio invito. Io sono lo Spettro Nero ed ho un offerta che non potrete
rifiutare.-
-Che offerta?- dice uno degli
uomini
-Il potere, signori, il potere
sulla città di New York, nulla di più, nulla di meno.-
Long Island, New York. Ore 00:35
G.M.T. Ore 19:35, ora della Costa Orientale degli Stati Uniti D’America. Sei
ore e trentacinque minuti dopo l’inizio dell’Inferno. Nel giardino della sua villa l’uomo di nome
Marc Spector, ancora nel costume di Moon Knight, contempla la sua maschera, che
stringe nella mano e riflette. Ha davvero percepito quel che crede di aver
percepito? Oppure, nella confusione, i suoi sensi gli hanno giocato un brutto
scherzo? Non sa dirlo e vorrebbe avere una risposta. La credeva morta, ma sa
che non è così. Che accadrà quando si rivedranno? E, soprattutto, che
importanza ha adesso?
-Padron Spector… dovrebbe
rientrare – gli dice il fedele maggiordomo –Non è sicuro qui. Se posso
permettermi di dirlo, credo che Miss Marlene sarebbe più contenta, se lei
stesse in casa stanotte.-
Marc
sorride amaramente:
-Grazie Samuels.- risponde –Non
voglio certo far preoccupare Miss Marlene.-
-Ho sentito Marc.- interviene una
voce femminile –Non serve fare i sarcastici. Vuoi andare a farti ammazzare là
fuori? Non ti trattengo di certo.-
Lui
non le risponde, entra in casa e si dirige nello studio, fermandosi di fronte
alla statua di Konshu, il dio egizio della Luna e della Vendetta.
-C’è qualcosa la fuori, Marlene.-
dice infine – Qualcosa che sta divorando questa città e l’intero mondo. È la
fuori e mi sta chiamando come una sirena e l’idea di rispondere al suo richiamo
mi attrae e spaventa al tempo stesso.-
Marlene
si stringe a lui, come se volesse proteggerlo, ma proteggerlo da cosa? Non lo
sa e per questo ha ancor più paura.
Fuori,
nella città, una donna vestita di rosso ed un uomo vestito di nero attendono ed
intanto la città brucia.
FINE PRIMA PARTE
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