(CAVALIERI MARVEL)
N° 87
VERITÀ E CONSEGUENZE
Di Carlo Monni
1.
Jessan
Hoan, Principessa Regnante di Madripoor, nota anche come Tyger Tiger, Signora
del Crimine di quella stessa Città Stato, si alza dal letto e dopo essersi
infilata una leggera vestaglia, si dirige verso l’ampia terrazza.
Alle
sue spalle un uomo di chiare ascendenze euroasiatiche con il cranio rasato a
parte una cresta in stile moicano si rigira nel letto come se stesse facendo
chissà quali tormentati sogni.
Il
suo nome è Akihiro, altrimenti noto come Daken, il nome di un assassino
professionista, un nome che in Giapponese, la lingua di sua madre, significa:
bastardo e che lui sembra portare come una sfida.
Jessan
gli rivolge una breve occhiata e sorride. Assomiglia a suo padre[1] in
più di un senso, pensa, ed è chiaro che ha dei demoni interiori che lo
tormentano. Chissà se una volta completata la sua attuale missione potrebbe
convincerlo a rimanere? Ne dubita: quelli come lui non riescono a star fermi a
lungo nello stesso posto, anche se magari ogni tanto ci provano. Proprio come
Logan.
Lo
sente svegliarsi ed alzarsi dal letto per raggiungerla sulla terrazza. Con una
punta di malizia Tyger si augura che abbia pensato a mettersi qualcosa addosso
o tutti quelli che si divertono a spiare il Palazzo Principesco avranno uno
spettacolo a cui probabilmente non sono preparati.
-E così questa è Madripoor di giorno.- commenta
lui. Niente saluti o altri fronzoli sentimentali. È così che è fatto.
-La città alta.- precisa lei -La parte
onorevole e pulita.-
-La sua facciata perbene e perbenista.- replica
Akihiro con franco cinismo -I ladri e gli assassini di Downtown almeno non
fingono di essere quello che non sono, non come i banchieri o i cosiddetti
uomini e donne d’affari.-
-E i politici.-
-E i politici, certo. Non offenderti.-
-Non mi sono offesa. Sono stata tutte queste
cose: ho cominciato come dirigente della banca della mia famiglia a Singapore,
poi mi sono stancata di quella vita ed ho trovato più divertente ed emozionante
fare la Signora del Crimine qui ed infine mi sono ritrovata Principessa.-
-Ma il tuo regno non è tutto rose e fiori,
giusto?-
Jessan
piega le labbra in un’espressione corrucciata. Resta un attimo silenziosa, poi
replica:
-Fin da quando ero solo Tyger Tiger ho avuto
una spina nel fianco, un rivale temibile: il Generale Nguyen Ncoc Coy, un
espatriato vietnamita che ha tessuto una rete di loschi traffici da qui a tutto
il Sudest Asiatico.-
-L’uomo che ha mandato dei sicari ad
ucciderti ieri sera.-[2]
precisa Daken.
-Un’agguato che violava la tregua del Princess
Bar.- commenta Jessan -Solo lui avrebbe avuto una tale audacia ma c’è un
problema: il Generale Coy è morto. È stato ucciso da Bullseye poco prima che fossi
proclamata Principessa.[3] Io
stessa ho visto il suo cadavere eviscerato prima di autorizzarne la sepoltura.-
-Volevi essere sicura che fosse davvero
morto, lo capisco.-
-Eppure qualche mese dopo è tornato ed ha
ripreso i suoi vecchi traffici come se nulla fosse accaduto.-
-Il che ci porta a tre inevitabili
conclusioni: o quello morto non era il vero Coy, o qualcuno si spaccia per lui oppure,
e questa è l’ipotesi che mi preoccupa di più, è stato resuscitato.-
-Ma chi avrebbe un potere simile?-
Il
volto di Akihiro è cupo mentre risponde:
-Io conosco qualcuno che ce l’ha, ma mi
chiedo perché avrebbero dovuto farlo.-
-Sia come sia, chiunque sia veramente ora è
là.- Jessan indica quella che sembra la perfetta replica di un antico maniero
scozzese che si erge lontano verso la baia -Con un buon cannocchiale potrebbe
vederci senza problemi.
I
sensi acuiti di Daken percepiscono qualcosa :un flebile lampo di luce in cima
ad una torre forse. Fatto sta che con una spinta sposta senza tanti complimenti
Jessan Hoan dalla linea di tiro di un proiettile che passa sopra la sua testa
conficcandosi nello stipite della porta finestra alle sue spalle.
-Come… com’è possibile?- esclama Jessan
sorpresa -Che razza di arma e tiratore può aver sparato da una distanza così
grande?-
-Uno molto in gamba.- replica Daken -Ma non
quanto me.-
Ed
estrae i suoi artigli dai polsi.
Lorna
Halliwell esce da uno dei bagni delle signore del Palazzo Presidenziale del
Dabar dove è in corso un ricevimento. Deve ammettere di sentirsi un po’
annoiata. Dopo un inizio scoppiettante il suo viaggio in Africa sulle orme
della sua leggendaria nonna, conosciuta da queste parti come la Ragazza della
Jungla si sta rivelando un po’ noioso, anche se deve ammettere che l’incontro
con quell’Etiope, Moses Magnum, di sicuro non il nome con cui è nato, è stato
abbastanza eccitante ed anche il Presidente del Mbangawi, quello che chiamano
Dottor Crocodile, è un tipo interessante con quella faccia sfigurata e
l’occhio, il braccio e la gamba cibernetici.
Ma
cos’è quel frastuono? C’è un gigante nero in smoking che sta picchiandosi con
alcuni ospiti e sbatacchiando un po’ di guardie di sicurezza come fossero
bambolotti. Che si è persa mentre seguiva il richiamo della natura? Lo chiede
alla sua amica Jane Mahoney.
-Non lo so.- risponde lei perplessa -Ad un
certo punto il gigante ha sferrato un pugno al tizio accanto a lui ed in breve
la situazione è degenerata.-
-Io lo conosco.- afferma con sicurezza
Patrick McKenna, uno degli accompagnatori delle ragazze -Non lo avevo
riconosciuto senza la sua solita bardatura ma…-
Non
finisce la frase perché dei rumori arrivano dal salone accanto. Lorna si
precipita a vedere seguita dal suo amico Jack Porter si trova di fronte uno
spettacolo che in un posto del genere dovrebbe essere insolito: due donne di
colore che si stanno combattendo in una complicata danza di arti marziali.
Non
conosce la ragazza in abito da sera, ma sa chi è l’altra: la Principessa Zanda,
governante del vicino Stato di Narobia. Non immaginava che fosse capace di
battersi in quel modo.
Improvvisamente
il Dottor Crocodile interviene bloccando le braccia della ragazza in abito da
sera. La giovane si divincola ed a questo punto Moses Magnum l’afferra per le
caviglie.
Lorna
non sa cosa sia, ma sente che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in quel
che sta vedendo. Senza pensarci troppo spicca un salto e colpisce Magnum con un
calcio alla schiena.
Contrariamente
a quanto si potrebbe pensare vedendo film di spionaggio, gli agenti operativi
dei servizi segreti non incontrano tanto spesso i loro direttori, anzi: perlopiù
hanno a che fare con i rispettivi direttori di sezione o con funzionari di
ancor più basso livello.
Naturalmente,
quando si fa parte di una squadra d’èlite del MI6[4] come
Clive Reston le probabilità di essere convocati nell’ufficio del Direttore
aumentano esponenzialmente. Incontrare qualcuno ancora più in alto nella
gerarchia è, però, decisamente inusuale.
-Benvenuto, Reston.- lo saluta il Direttore
poi, con un cenno del capo, gli indica un uomo seduto davanti alla scrivania
-Conosce già Sir Lance?-
Clive
sogghigna e replica.
-Ci siamo incontrati una volta o due quando
lui era solo il Capitano di Marina in congedo Lance Hunter e lavorava per la
concorrenza.-[5]
Il
Commodoro Sir Lancelot Frederick Herbert Christopher Hunter KG[6] OBE[7] è un uomo dai capelli
biondo cenere ed occhi di ghiaccio che veste un sobrio gessato scuro ed ha l’aria
di quello che nella vita ha visto troppe cose. Dopo una vita come agente
operativo si è ritrovato, quasi senza sapere come, ad essere nominato
Presidente Del Joint Intelligence Committee, l’organo del Governo di Sua Maestà
che supervisiona i servizi di intelligence della Nazione, un compito che ha
accettato con riluttanza ma che svolge con efficienza.
Si
alza in piedi e stringe la mano di Clive dicendo:
-Mi fa piacere rivederla Reston, anche se le
circostanze non sono tra le più piacevoli.-
-Se lei è qui, suppongo che la situazione sia
davvero seria.- replica Clive
-Molto più che seria. Siamo di fronte ad un
nemico molto abile e molto determinato. Forse il peggior pericolo per la Nazione
e la pace mondiale che abbiano mai affrontato.-
Tanto
per cambiare, pensa, cinicamente, Clive.
2.
L’ultima cosa che
Callisto si aspettava era di finire a letto con O’Donnell nel suo appartamento
privato sopra il Princess Bar. Avrebbe pensato che uno come lui avrebbe
preferito donne più… glamour… come Delilah o Black Lotus, non una così… poco
femminile come lei, diciamo.
In
effetti il destino era stato crudele con lei: in circostanze di cui preferisce
non parlare il suo viso è rimasto sfigurato ed ha anche perso l’occhio destro.
Da allora, non è che gli uomini abbiano fatto la fila alla sua porta, per così
dire e per quanto finga indifferenza al riguardo, non può ingannare nessuno. Il
Morlock[8] Masque
ha parzialmente rimediato a questo ma non abbastanza.
Nessuno
sa dire quanto le sue disgrazie abbiano segnato il suo ormai spigoloso
carattere per usare un gentile eufemismo e sarebbe inutile chiederlo a lei.
Improvvisamente
si alza dal letto con i sensi all’erta.
-Cosa c’è?- le chiede O’Donnell steso al suo
fianco.
-Ho sentito qualcosa.- risponde lei.
Prende
una pistola e si avvicina alla finestra spalancandola di colpo e prendendo di
sorpresa due uomini armati che si stanno arrampicando usando scalette di corda.
Uno
dei due estrae un coltello, ma prima che possa lanciarlo Callisto l’ha già
centrato alla fronte. Il secondo si puntella coi piedi alla parete e prova a
spararle con una mitraglietta Uzi ma non ha miglior fortuna: una raffica di
colpi in rapida successione lo centra al petto.
A
sparare è stato O’Donnell che impugna una Beretta 92G-SD.
-Non mi piace avere intrusi in casa.-
afferma.
Attenzione!- urla Callisto.
Da
un tetto vicino altri tiratori li hanno presi di mira ma loro si sono gettati a
terra. Callisto si sporge rapidamente dalla finestra e spara due colpi uno
dietro l’altro abbattendo due cecchini. Un terzo fa per scappare ma è O’Donnell
a centrarlo alla schiena, poi si rivolge alla sua compagna:
-Complimenti: due tiri eccellenti.-
-Un’ottima mira è una delle mie doti
migliori.- risponde la mutante. Anche tu non te la sei cavata male. Dove hai
imparato a sparare così, nell’Esercito?-
Lui
abbozza un sorriso e risponde in modo vago:
-Qualcosa del genere. A quanto pare abbiamo
dei nemici molto determinati.-
-Si pentiranno di averci pestato i piedi, te
lo assicuro.- replica Callisto.
Quando
riapre gli occhi il giovane uomo dai capelli biondi è decisamente confuso.
-Cosa mi è successo?- chiede.
-Speravamo potessi dircelo tu, Danny.-
A
parlare è stata una ragazza dai lunghi capelli biondi ed un’evidente
somiglianza con lui seduta sul bordo del letto. Al suo fianco, in piedi, un
uomo dalla testa rasata che indossa una tunica verde.
Daniel
Thomas Rand si guarda intorno e pian piano riconosce i contorni familiari della
sua camera da letto nella villa di famiglia nell’Upper East Side a Manhattan.
Sua
sorella Miranda riprende a parlare:
-Ti abbiamo trovato svenuto sulla soglia di
casa stamani all’alba e ti abbiamo portato dentro prima che qualcuno ti vedesse
e si chiedesse cosa ci facesse Iron Fist davanti alla porta di Danny Rand.-
-Come ci sei arrivato?- gli chiede l’uomo di
nome John Aman -Da solo o ti ci ha portato qualcuno?-
L’espressione
sul volto di Danny è decisamente perplessa
-Io… non lo so.- conclude amaramente
-L’ultima cosa che ricordo è che mi trovavo a Central Park è mi battevo col
Serpente d’Acciaio.[9] Ho liberato il potere del
Pugno d’Acciaio e non ricordo altro.-
-E il Serpente d’Acciaio?- chiede Miranda.
-Credo di averlo sconfitto o non sarei qui,
vivo, presumo ma non so che fine abbia fatto.-
-Lo cercheremo noi.- afferma Miranda -Tu
pensa solo a riposare e riprenderti. Con un po’ di fortuna quel farabutto sarà
scomparso per sempre.-
Non
ci conterei troppo, pensa Danny.
Il
raid sta avendo anche troppo successo, pensa la donna che si fa chiamare Shock.
Lo scopo della squadra da lei guidata è apparentemente semplice: invadere una
fabbrica poco fuori Berlino, in Germania, dove erano trattenuti i cosiddetti
Super Soldati Britannici. Il loro committente era stato molto vago su chi li
avesse rapiti e perché o perfino su come avesse fatto.
Da
quel che ha scoperto documentandosi su di loro, Ariel Tremmore si è fatta
l’idea che non siano tipi da poter sconfiggere facilmente. Chi li ha presi deve
avere risorse notevoli.
Seguita
dalle sue alleate Skein, Thundra e Siena Blaze, Shock si trova di fronte ad una
porta metallica e si rivolge a Thundra:
-Vuoi pensarci
tu?-
-Con piacere.- risponde la gigantessa dal
costume rosso.
Afferra
la porta e la strappa dai cardini come se fosse di cartone. All’interno un
gruppo di persone che indossano uniformi gialle con caschi simili a quelli
degli apicoltori.
Ora
le cose cominciano a chiarirsi, pensa Shock.
3.
Elektra
Natchios viene svegliata dai raggi del sole che penetrano attraverso le tende.
In un attimo è pienamente lucida. Dedica appena un fuggevole sguardo al
massiccio McKinley Stewart sdraiato al suo fianco ancora addormentato e si alza
in piedi.
Si
avvicina alla grande vetrata e contempla il panorama di New York ma ha poco
tempo per farlo: la porta finestra si spalanca e una donna dai lunghi capelli
neri che indossa una calzamaglia scura le punta contro una pistola.
-Bang! Sei morta!- esclama in Italiano.
-Cosa volevi dimostrare?- ribatte Elektra, imperturbabile,
in Inglese.
-Che se lo avessi voluto, avrei potuto
ucciderti facilmente. Giusto in caso ti venisse in mente di onorare il contratto
sulla mia testa.- replica la donna che si fa chiamare Suspiria.
-Non è mia intenzione. Ho accettato
l’incarico solo per stanare i nostri comuni nemici.-
-E la cosa mi sta bene. Quando diamo inizio
al piano?-
Prima
che Elektra possa rispondere, una voce profonda arriva dal letto:
-Ehi, che succede?-
-Solo la visita di un’amica, Mac, nulla di
grave.- risponde la ninja greca.
Mac
si rende improvvisamente conto che c’è qualcun altro nella stanza e si affretta
a coprirsi col lenzuolo.
Suspiria
gli dà una veloce occhiata poi si rivolge ad Elektra:
-Il tuo stallone? Niente male! Me lo
presteresti per un’oretta o due?-
Elektra
sospira. Non sa se la killer italiana stia scherzando oppure no ma decide di
ignorare il suo commento.
-Mi chiedevi del piano? È già iniziato.- le
dice.
-Qualcosa mi dice che ci sono guai in vista.-
commenta Mac.
-Non per noi, bello.- replica Suspiria -Non
per noi.-
Il
Generale Nguyen Ncoc Coy sfodera un sorriso di circostanza nell’accogliere il
visitatore che sta entrando nel salone del suo castello.
-Benvenuto nella mia umile dimora, Mr.
Raxton. Si accomodi pure.
Quello
che si siede in un’ampia poltrona davanti al generale decisamente non è un uomo
comune: la sua pelle è ricoperta da una lega flessibile di rilucente metallo
dorato e fa uno strano effetto vederlo con indosso un completo scuro con
un’impeccabile camicia bianca e cravatta coi colori di una prestigiosa
università, una tenuta da uomo d’affari più che da supercriminale. Perché
questo è stato Mark Raxton, meglio noto in certi ambienti come Molten, dopo
l’incidente che l’ha trasformato, ma quei giorni sono passati per sempre, anche
se non è detto che il suo interlocutore debba saperlo.
-Non la chiamerei proprio umile come dimora.-
dice infine Raxton.
-Ebbene, lo confesso, mi piace vivere nel
lusso.- ammette Coy -Del resto, se uno ha i soldi per permetterselo, è giusto
che lo faccia, non trova.-
Soldi
guadagnati disonestamente, pensa Mark, che, invece, replica:
-Indubbiamente.-
-Ma veniamo alle cose serie, ammetto di
essere rimasto sorpreso ed incuriosito dalla sua richiesta di un appuntamento.
Se ho capito bene, avrebbe un affare da propormi.-
-Infatti, Generale. Vede, io sono un chimico,
un ottimo chimico se mi permette di dirlo. Come avrà intuito, la mia specialità
sono le leghe metalliche, ma ho anche lavorato per anni come dirigente e
tecnico nell’azienda farmaceutica del suocero di mia sorella.[10]
Potrei, senza alcuna difficoltà, produrre delle nuove droghe sintetiche con cui
invadere il mercato e realizzare profitti stratosferici.-
-Idea interessante.- conviene il Generale
-Solo una cosa mi lascia perplesso: ho sentito parlare di lei, Mr. Raxton. Un
tempo era un supercriminale e si faceva chiamare Molten, poi, come ha detto
lei, ha abbandonato quella vita ed è entrato nella Oscorp. Perché questo
cambiamento?-
Raxton
accenna un sorriso.
-Forse ha anche saputo che io, mia sorella e
Osborn stesso siamo stati estromessi dalla società.[11]
Vede, anch’io ho gusti costosi e senza lo stipendio e i benefit di Vice
Presidente Esecutivo della Oscorp è piuttosto difficile mantenerli. Devo
trovare una fonte di reddito alternativa e sono troppo vecchio per tornare a
rapinare banche.-
-Capisco. E perché ha pensato a me?-
-Presto detto: non ho i fondi sufficienti per
mettere su un laboratorio come si deve ma lei li ha ed ha anche
l’organizzazione per una distribuzione capillare del prodotto in tutto
l’Oriente e magari anche negli Stati Uniti. Un accordo sarebbe conveniente per
entrambi.-
-In effetti, m’interessa.-
Sapevo
che ci saresti cascato, avido furfante, pensa Raxton con soddisfazione.
Miranda
Rand si sente a disagio entrando nella sede della Rand-Meachum Corporation.
Indossa un tailleur con pantaloni che la fa sentire imprigionata. È tutta
un’illusione ovviamente, quest’abito è più comodo della calzamaglia attillata
che è solita indossare, forse troppo comodo.
Ad
attenderla c’è l’avvocato di famiglia e consulente legale della società: il
corpulento e gioviale Jeryn Hogarth.
-Benvenuta al tuo primo giorno di lavoro come
Vice Presidente, Miranda.-
-Non dovrei essere qui.- borbotta la giovane
-Non so nulla di come si dirige una società.-
-Sciocchezze. Questa società è tua come di
Danny. È l’eredità che vostro padre vi ha lasciato ed imparerai a gestirla come
ha fatto lui. A proposito, come sta?-
-Bene, tutto sommato. Si sta riprendendo più
lentamente del solito. Ha usato troppo il Potere del Pugno d’Acciaio, credo.-
-Riposare per un po’ gli farà solo bene e
anche a Joy. Nel frattempo io ti aiuterò ad impratichirti a gestire la
società.-
-Ma che bel quadretto!-
Sia
Miranda che Jeryn si voltano in direzione della voce e sulla soglia
dell’ufficio vedono una donna attraente dai capelli neri, vestita con un
tailleur dello stesso colore. Jeryn impallidisce e balbetta:
-J… Jeri? Che… che ci fai qui? Ti… ti credevo
a…-
-A Boston?- ribatte la donna -C’ero, infatti,
ma Rosalind mi ha chiamata qui per assisterla in un processo importante ed io
ho pensato di far visita al mio caro vecchio padre. Al tuo studio mi hanno
detto che eri qui.-
-Hai una figlia, Jeryn ?- esclama, sorpresa,
Miranda -Nessuno me l’aveva detto.-
La
donna sorride ed aggiunge:
-Non avevi parlato di me alla tua ultima
conquista, papà? Che strano.-
-Non è la mia ultima conquista è Miranda
Rand.-
-Ah, una degli azionisti di maggioranza della
Rand-Meachum, certo. Mi perdoni l’insolenza di prima, Miss Rand, io sono Jeri
può definirmi la figlia degenere del suo avvocato... e non solo perché sono
avvocato anch’io.-
-Jeri, ti prego…- mormora Jeryn visibilmente
imbarazzato.
Non
occorre essere particolarmente acuti per capire che tra padre e figlia i
rapporti non sono esattamente idilliaci, pensa Miranda, ma dopotutto non sono
affari suoi.
4.
Melissa
Greville si sveglia e non trova Clive Reston al suo fianco. Dopo un attimo di
disorientamento si rende conto che l’uomo in questione è in piedi davanti alla
finestra della camera da letto del suo appartamento di Kensington nella Grande
Londra.
Melissa
lavora per l’MI6 da anni ormai. È una tradizione di famiglia: sua madre e sua
nonna hanno lavorato lì prima di lei ed hanno perfino conosciuto la più famosa
e leggendaria superspia al Servizio Segreto di sua Maestà. Ma quello era il
passato. Il suo presente ed il suo futuro, spera, sono rappresentati dall’uomo
dai capelli rossicci davanti a lei e che si affretta a raggiungere.
-Qualcosa non va?- gli chiede.
-Ci stanno tenendo d’occhio.- risponde Clive
-Hunter aveva ragione: il nostro nemico è abile e determinato. Ha già scoperto
che hanno affidato la missione a me.-
-E adesso che facciamo?-
Clive
sogghigna mentre risponde:
-Per prima cosa una bella doccia seguita da
una bella colazione… e ti consiglierei di metterti addosso qualcosa o alla mia
vecchia governante scozzese verrà un colpo. Ci tengo alla sua salute.-
-Ma quella gente là fuori…- ribatte Melissa.
-C’è già chi si sta occupando di loro. Quando
usciremo di qui saranno già sistemati, credimi: Black Jack Tarr ha poca
pazienza con gli spioni.-
Gli
uomini e le donne di guardia al palazzo presidenziale del Dabar sono decisamente
sorpresi nel veder venire verso di loro un uomo e una donna entrambi bianchi ed
entrambi in quella che sembra una tenuta da dominatori sadomaso con tanto di
maschera e frusta. È assolutamente improbabile che siano degli invitati al
ricevimento della Presidente Kirabo.
Puntano
le armi contro di loro e gli intimano di fermarsi.
-Hanno detto qualcosa?- chiede la donna che
si fa chiamare Whiplash al suo compagno.
-Direi di sì.- risponde, tranquillo, l’uomo
noto come Blacklash -Qualcosa del tipo: fermi o spariamo.-
-Ah, allora avevo sentito bene. Pare proprio
che non siamo graditi alla loro festa.-
-E allora facciamone una per conto nostro.-
Blacklash
fa schioccare la sua frusta troppo velocemente perché le guardie riescano a
reagire. La prima frustata spezza in due il fucile di una guardia, la seconda
quasi la decapita. Nel frattempo Whiplash, muovendosi con l’agilità di una
consumata ginnasta, ha evitato i proiettili sparati dalle altre guardie ed
usando la sua frusta allo stesso modo del compagno ne ha disarmate due per poi
colpirle altrettanto spietatamente. Alla fine, all’ingresso del palazzo
presidenziale le guardie giacciono morte in un lago di sangue.
-Ho la sensazione che a Paladin non piacerà
molto la carneficina che abbiamo fatto.- commenta Whiplash.
-Peggio per lui.- replica Blacklash -Sapeva
benissimo che tipi siamo quando ci ha arruolato, non può lamentarsi. Ora
sbrighiamoci: voglio essere già dentro il palazzo prima che arrivino altre
guardie.-
Senza
degnare di uno sguardo le loro vittime i due superano l’atrio e si inoltrano
nel palazzo.
Il mio nome è Shang Chi. Nella mia lingua natia
significa: “Lo Spirito che avanza”. Ultimamente non sono più sicuro che il mio
spirito stia davvero avanzando. I giochi di morte e d’inganni portati avanti da
Sir Denis Nayland Smith e da mio padre mi hanno forse corrotto
irrimediabilmente.
Seduto nella posizione del loto sul
pavimento di una casa di Hong Kong, cerco una risposta a domande che forse non
ne hanno una quando una voce di donna interrompe la mia concentrazione.
-Shang Chi…-
Apro gli occhi e vedo davanti a me Leiko Wu,
la donna che amo ma che è anche un’agente del MI6. Non lascio nemmeno che parli
e rispondo:
-No.-
-Non essere così drastico, tesoro.- ribatte lei -Forse cambierai idea quando
ti avrò detto chi è coinvolto.-
La fisso negli occhi. Sa fin troppo
bene che solo una cosa, o meglio una persona potrebbe smuovermi dalla mia
decisione.
-Mia sorella.- replico.
-Tutta la tua famiglia.- risponde Leiko.
5.
L’alba
è appena sorta su Tokyo e la donna di evidente origine cinese è in piedi ad
osservarla davanti ad una finestra di una villa della periferia della capitale
giapponese rammaricandosi che il tipo di vita che si è scelta non le consenta
quasi mai un vero momento di quiete.
Non
può biasimare che se stessa per questo, pensa colei che si fa chiamare Artiglio
di Giada, sapeva quel che faceva quando ha deciso di accettare l’eredità di suo
zio, il temuto Artiglio Giallo.
-Sei mattiniera Suwan.- le dice l’uomo con
cui ha passato la notte, anche lui Cinese, arrivato alle sue spalle silenzioso
come l’animale da cui deriva il soprannome con cui è più noto: il Gatto.
-Lo sono da sempre, Shen Kuei… proprio come
te, vedo.- replica lei.
-Nel mio lavoro è indispensabile abituarsi a
dormire poco e svegliarsi in fretta. Vale anche per te, immagino.-
-Naturalmente. Ho passato la maggior parte
della mia vita vivendo così. Se non altro ogni tanto mi capita di avere al mio
fianco uomini di valore come te.-
-Il Guojia Anquan Bu[12] mi ha ordinato di collaborare con te e non avevo
scelta che obbedire dopo aver fallito la mia ultima missione.-[13]
Suwan storce le belle
labbra e replica:
-Quindi è questo che sono per te: un dovere? Bene, me ne farò una
ragione. Del resto quelli come noi non possono permettersi di cedere ai
sentimenti, giusto?-
-L’ho fatto una volta ed ho dovuto pentirmene.- ribatte, cupo, il Gatto.
-So cosa vuoi dire.- per un attimo l’Artiglio
di Giada sembra inseguire un ricordo lontano, poi riprende a parlare in tono
secco -Visto che il momento degli affari personali è passato, pensiamo a quello
che dobbiamo fare oggi. Non sarà una cosa semplice.-
Non
lo è mai pensa Shen Kuei.
Jenna
Carlisle, agente in congedo dello S.H.I.E.L.D., rientra nella propria
abitazione. Ha appena varcato la soglia che si blocca. c’è qualcosa che non va,
pensa ma non ha il tempo di fare nulla: una lama le preme contro la schiena ed
un’altra si appoggia alla sua carotide.
-Buonasera Agente Carlisle.- le dice una voce
di donna alle sue spalle.
-Chi… chi sei?- chiede Jenna, sconcertata.
-La donna incaricata di ucciderti.- è la
risposta.
Jane
Mahoney sospira: la sua amica Lorna ha un talento naturale per cacciarsi nei
guai ma anche lei del resto.
Alcune
guardie si fanno avanti e Jane non esita un solo secondo: sferra una gomitata a
quella più vicina ed un calcio alla caviglia di una seconda. Si sbarazza delle
scarpe e compie una rapida capriola. Un’altra guardia sta per colpirla alla
nuca quando un giovanotto dai capelli neri e gli occhi grigi l’afferra ad una
spalla e gli sferra un pugno al mento.
Lorna
Halliwell viene afferrata alle spalle da Joshua N’Dingi, il Dottor Crocodile.
-Non so chi sei, ragazza…- le dice -… ma ti
stai impicciando in cose che non ti riguardano.-
La
ragazza prova a liberarsi ma i suoi sforzi sono inutili contro il braccio
bionico del Presidente del Mbangawi.
Improvvisamente
il pavimento esplode letteralmente sotto i loro piedi e dalla voragine che si è
creata emerge una figura dal costume multicolore seguita da altre.
-No, non può essere!- esclama una sorpresa
Akua Kirabo, Presidente del Dabar.
Purtroppo
per lei, i Campioni sono liberi.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Non
c’è molto da dire su quest’episodio che vede il ritorno in scena di un po’ di
vecchie conoscenze tra eroi e criminali.
Vale,
però, la pena di soffermarsi su due personaggi in particolare:
1)
Lance
Hunter è un personaggio creato da Gary Friedrich & Herb Trimpe su Captain Britain Weekly.#16 datato 6
febbraio 1977. Ufficiale della Royal Navy in cui ha raggiunto il grado di
Commodoro (corrispondente al nostro Contrammiraglio), è stato agente del
Servizio di Sicurezza interna, noto anche come MI5, e direttore dello
S.T.R.I.K.E., una sorta di branca britannica dello S.H.I.E.L.D., ed ora è
Presidente del Joint Intelligence Committee, organo del Gabinetto del Regno
Unito che si occupa della supervisione dei vari servizi di intelligence
britannici. Va chiarito che questo Lance Hunter è più anziano dell’omonimo
personaggio della serie televisiva “Agents of S.H.I.E.L.D.” con cui non va
confuso e la cui storia personale è decisamente diversa.
2)
Debutta
qui Jeri Hogarth, anche lei presa da una serie TV e precisamente “Jessica
Jones”. Lei, invece è praticamente identica alla sua controparte televisiva con
due sole differenze: è la figlia di Jeryn Hogarth e lavora nello studio legale
di Rosalind “Razor” Sharpe, la madre naturale di Foggy Nelson.
Nel
prossimo episodio… un sacco di cose. Volete un consiglio del tutto
disinteressato? Non mancate.
Carlo
[1] Ovvero Wolverine.
[2] Ovvero nell’ultimo
episodio.
[3] Nell’episodio #3 di
questa stessa serie.
[4] Noto anche come Secret
Intelligence Service, l’agenzia di spionaggio all’estero del Regno Unito.
[5] Ovvero il Security
Service, noto anche come MI5, l’agenzia di controspionaggio e sicurezza interna
del Regno Unito.
[6] Knight of the Garter,
Cavaliere della Giarrettiera, la più alta onorificenza inglese.
[7] Officer of
(the Order of) the British Empire.
[8] La comunità di reietti
mutanti di cui Callisto era la leader.
[9] Nello scorso episodio.
[10] Che è Norman Osborn, nel
caso ve lo foste dimenticati.
[11] In seguito ad eventi
narrati in Uomo Ragno MIT #76.
[12] Ministero per la
Sicurezza dello Stato. In pratica il servizio segreto cinese.
[13] Su Lethal Honey #19.