(CAVALIERI MARVEL)
N° 55
SEGRETI E BUGIE
(PARTE QUARTA)
CIGNO NERO
Di Carlo Monni
1.
Al tremulo chiarore
della luna l’edificio sembra ancora più alto. Nina McCabe sente un brivido
lungo la schiena. Era stato facile accettare l’incarico da quel vecchio
gangster, proclamarsi all’altezza del compito, ma ora, nel momento di passare
all’azione Nina non può non chiedersi se è davvero all’altezza del compito che
si è assunta.
Risente ancora le parole che ha
detto solo poche ore prima:
-Chi devo
uccidere?-
L’anziano uomo di nome Eric
Slaughter aveva accennato un sorriso mentre rispondeva:
-Un… concorrente
del nostro comune committente. Ti fornirò luogo e ora dove trovarlo. Il…
committente ha insistito perché ti fornissi quelle che lui ritiene le armi
adatte: due sai e una katana.-
Ad un cenno di Slaughter due suoi
uomini porsero le armi a Nina che le soppesò con aria da intenditrice, poi
sistemò i sai nelle fondine che portava alle cosce e la katana dietro la
schiena.
-Io sono della
vecchia scuola e penso che un proiettile in fronte o nella nuca sarebbe stato
sufficiente – commentò Slaughter –Ma non sono io che pago.-
Nina ascoltò le ultime istruzioni
poi si avviò all’uscita. Slaughter la richiamò:
-Ragazza.-
-Sì?-
-Se fossi mia…
nipote non ti permetterei mai di uscire conciata così.-
Perché l’ha detto? Si chiede Nina mentre
il flusso di ricordi s’interrompe e lei si avvia verso la sua meta. Non pensa
alla sola domanda che avrebbe dovuto fare e non ha fatto: “Perché io?”
Il viaggio sembra interminabile,
pensa, Natasha Romanoff, arriveranno in tempo per salvare Ivan o i loro
avversari li precederanno? È stata tutta colpa sua se Ivan si è trovato nel bel mezzo di una faida tra due capi
della mafia russa. Se non fossero rimasti senza soldi, Ivan non avrebbe mai
accettato quell’incarico così pericoloso da Simyon Borisovitch Kurasov. Doveva
stare più attenta ai suoi investimenti, invece…
Sente il tocco gentile della mano
destra di Paladin sulla sua. Il suo primo impulso è di ritrarre la mano: lei è
la Vedova Nera, non ha bisogno dell’aiuto o della consolazione di nessuno, poi
ci ripensa e lascia che lui le stringa la mano. Se fosse una donna comune
probabilmente cederebbe all’impulso di farsi abbracciare, ma non è il momento.
-Siamo quasi
arrivati.- dice Kurasov improvvisamente.
-Cosa? – esclama
Natasha quasi incredula.
Stando al
localizzatore, la squadra di Ivan è ferma a qualche chilometro di distanza da
qui. Tra poco li raggiungeremo.-
-Finalmente.-
Presto rivedrà l’uomo che l’ha
cresciuta come una figlia. Può solo sperare che stia bene, ma se gli è stato
fatto del male, qualcuno pagherà ed imparerà a sue spese cosa vuol dire
incrociare la strada della Vedova Nera.
L’uomo non passa di certo
inosservato per le strade del mercato della capitale del Sultanato di Oman e
non solo perché è un occidentale, ma anche a causa della sua stazza non
indifferente: è alto più di un metro e 90 e pesa molto più di quel che sembra.
I capelli ed i folti baffi sono color castano scuro.
A
prima vista lo si può identificare come americano, cosa confermata dal suo
accento. Si muove con noncuranza come se non temesse nulla e nessuno, il che è
vero, almeno entro certi limiti.
Qualcosa
di appuntito preme contro la sua schiena mentre ode una voce femminile a lui
molto familiare, forse l’unica donna che gli fa davvero paura:
-Garrett... avrei
dovuto immaginare che avrebbe mandato te.-
John Garrett si concede un sogghigno
prima di rispondere:
-Sai com’è, baby…
tra me è te c’è un legame speciale che nulla può recidere.-
- Tranne la morte,
Garrett.- replica freddamente Elektra Natchios –La tua morte, naturalmente.-
-Non sono così
facile da uccidere, tu lo sai meglio di tutti baby, visto che la mia attuale
condizione è in buona parte colpa tua. Il gingillino con cui mi stuzzichi non
può farmi niente lo sai.-
-Quando vorrò
ucciderti, morirai Garrett, non importa se per allora sarai fatto interamente
di metallo.-
-Quando? Ok, baby,
ma ora che ne dici di smetterla con i convenevoli? C’è un aereo che aspetta
solo noi due e prima ce ne andiamo e meglio sarà… per te.-
Un attimo di silenzio poi Elektra
parla di nuovo:
-Fammi strada.-
2.
Guardo
l’uomo che ho di fronte e ci trovo un’indubbia somiglianza con mio padre ma
anche con me stesso: un fratello di cui ignoravo l’esistenza, uno la cui piega crudele
delle labbra ed una luce sinistra negli occhi lo rende il figlio che Fu Manchu
ha sempre voluto, quello che io mi sono rifiutato di essere.
Mi volto
verso mio padre e lui intuisce la mia domanda inespressa e risponde:
-Non sei mai stato
il mio solo progetto, Shang Chi. La precedente esperienza con la mia figlia
ribelle Fah Lo Suee mi ha spinto a prendere le mie precauzioni e generare un
altro figlio con una donna il cui nome e destino non devono importarti, un
figlio che ha avuto la tua stessa educazione ma che rispetta suo padre e gli
obbedisce.-
-Ma ti senti,
padre?- ribatto –Parli dei tuoi figli
come dei progetti e non degli esseri umani. Sua madre, come la mia, è stata
solo un mezzo per ottenere i tuoi scopi. Tu non sai cosa siano i sentimenti.-
-Non osare parlare
così a nostro padre.- ribatte Dong Yingzi. È la prima volta che odo la sua voce: il suo
tono è basso ma duro e fermo.
-Nostro padre è un mostro che usa i suoi
figli come pedine dei suoi giochi di
morte.- replico –Tu puoi ancora
sottrarti, vivere la tua vita.-
-Questa è la mia vita.-
Mio fratello dimostra di meritare il nome di
Ombra Mobile. Non vedo arrivare il suo calcio finché non è troppo tardi per
evitarlo.
-Ti fai chiamare Maestro del Kung Fu,
fratello…- mi dice -… ma non meriti quel
titolo, io ti sono superiore.-
Salta di nuovo, ma stavolta sono preparato e
fermo il suo impeto afferrandogli le caviglie e facendolo cadere a terra.
-Non voglio combatterti.- affermo.
Lui si rialza e mi guarda con i suoi
occhi freddi come quelli di un serpente, poi ribatte:
-Peggio per te, perché io lo farò… e ti
ucciderò.-
Mio padre sorride soddisfatto.
Una valle nascosta nel cuore
dell’Himalaya o forse un luogo oltre le percezioni umane, sospeso tra realtà e
fantasia. Non sono concetti nuovi per te: sei Danny Rand, erede di un’enorme
fortuna finanziaria, ma sei anche Iron Fist, l’Arma Vivente, detentore del
potere di Shou Lao, il Drago Immortale… anche se non sei l’unico a quanto pare…
e di cose strane ne hai viste tante nella tua ancor giovane vita per essere
stupito da quel che vedi.
Al tuo fianco c’è tua
sorella Miranda, stesso padre madri diverse, ed appare pensosa. Indossa un
costume simile al tuo solo di colore rosso dove il tuo è verde e verde dove il
tuo è giallo. La sua scollatura si ferma all’attaccatura dei seni e sul suo
petto non c’è alcun tatuaggio impresso a fuoco come per te ed Orson Randall, ma
un disegno stilizzato che rappresenta Shou Lao parte dalla scollatura per
giungere sino a poco sopra la fusciacca che porta alla vita. I lunghi capelli
biondi escono dalla maschera verde che le copre la metà superiore del volto.
Nel vedervi l’uno accanto all’altra si potrebbe pensare che siate gemelli e
nessuno direbbe che Miranda ha dieci anni più di te, capita quando passi la
quasi totalità della tua vita in una città mistica dove il tempo ha un modo
tutto suo di scorrere. La vedi perplessa e istintivamente le stringi una mano.
-Qualcosa non va?- chiedi.
-Non lo so.- risponde lei -È difficile
capirlo quando non ricordi nulla della tua vita. Provo una sensazione strana
verso questo posto… mi sembra più familiare di New York, ma ci sono cose che
non capisco: chi è l’uomo con la tunica verde? E cosa ha
a che fare con Orson?-
-Non conosco la risposta alla tua ultima domanda,
ma per quanto riguarda la prima… John Aman era un orfano che fu raccolto da un
ordine di monaci tibetani ed addestrato fino a raggiungere la perfezione fisica
e divenire il loro campione grazie anche particolari poteri di cui fu dotato…-
-Sembra la tua storia.-
-Vero e questo probabilmente significa
qualcosa. Comunque Aman tornò negli Stati Uniti e decise di usare i suoi poteri
per difendere i deboli e gli oppressi con il nome di Amazing Man. Era il 1939 e
ben presto si ritrovò a combattere contro i Nazisti. Scomparve subito dopo la
Seconda Guerra Mondiale anche se ogni tanto sia egli Stati Uniti che dai luoghi
più remoti del Mondo ogni tanto arrivavano delle voci mai confermate…
leggende.-
-Non sembra uno che ha più di cent’anni. Non gliene darei più di 40.-
-Yu-Ti e Lei Kung il Tonante hanno diversi
secoli di vita e non sembrano più vecchi di Aman o Orson.-
Yu-Ti mi odiava.- soggiunge improvvisamente
Miranda –Lei Kung, invece, mi ha addestrata anche se sapeva che gli era proibito.
Era amico di mio… di nostro padre, anche se pensava che fosse ostinato come un
mulo.-
-Tu… stai ricordando?-
-Qualcosa… dei flash… come immagini
frammentate… e sensazioni che non riesco a mettere a fuoco.-
Prima
che tu possa dire qualcosa Orson Randall e John Aman si avvicinano a voi due. È
Orson a parlare:
-Io e Aman abbiamo deciso che è ora che
sappiate di più sulle Sette Città del Paradiso.-
Uno
contro uno. Rick Mason, l’Agente, nei panni dell’ex estremista irlandese Sean
O’Donnell, sapeva che si sarebbe arrivati a questo. È l’ultima fase
dell’addestramento per entrare nell’Organizzazione chiamata Spettro Nero e se
vuole portare avanti la missione affidatagli da Nick Fury in persona, Mason
deve vincere anche quest’ultima sfida.
Il
suo avversario ha la stessa determinazione ed ancor meno scrupoli. È lui ad
attaccare per primo. Mason si lascia cadere a terra e usa il suo stesso slancio
per proiettarlo oltre la sua testa. Si rimettono entrambi in piedi e si
squadrano. Poi ecco un altro attacco: un calcio rotante. Mason si limita ad
evitarlo. Continua a rintuzzare gli attacchi dell’avversario aspettando il
momento in cui si crea un varco nella sua guardia ed allora colpisce
risolutamente.
Il
taglio della mano destra di Mason raggiunge il suo avversario alla carotide.
L’uomo annaspa in cerca d’aria ed un secondo colpo lo stende definitivamente.
Mentre
il suo avversario cade ai suoi piedi Mason si volge verso il palco dove ci sono
i capi: la donna chiamata Nekra ha l’aria compiaciuta: sorride scoprendo due
file di denti candidi coi canini appuntiti come quelli dei vampiri, un altro
segno tangibile, assieme alla pelle chiarissima, della sua mutazione. Più
difficile capire la reazione dell’uomo chiamato Spettro Nero: la maschera che
indossa ne cela completamente il volto. È lui a parlare per primo:
-Come ti chiami?-
-Sean O’Donnell.-
-O’Donnell… Americano o Irlandese?-
-Irlandese.- risponde Mason sperando che il
suo accento suoni bene quanto gli sembra.
-E sei ribelle come tutti gli Irlandesi?-
-Solo quando occorre… signore.-
La
risposta sembra soddisfare lo Spettro Nero.
-Perché non hai ucciso il tuo
avversario?-chiede improvvisamente Nekra.
-Non era necessario… ed io uccido solo quando
lo è.- replica l’Agente.
-Mi piacerebbe davvero vederti all’opera
quando accadrà.-
-Credo che se mi starà vicina non mancheranno
le occasioni… signora.-
-Non fare l’insolente.- lo rimbrotta lo
Spettro Nero.-
-Lascia stare, Carson.- interviene Nekra -Ho
sempre apprezzato gli uomini di carattere. Questo giovanotto sarà un ottimo
acquisto per la nostra organizzazione, non è vero Irlandese?-
-Se lo dice lei, Signora…-
Senza
aspettare risposta Mason si volta per andare negli spogliatoi. Sente su di sé
lo sguardo intenso di Nekra e quello non meno inquietante di Carson Knowles e
si sente come un agnello capitato in mezzo ai lupi. Se non sta attento non ci
penseranno due volte a sbranarlo.
3.
Quanto tempo è
passato Nina non lo sa. Qualcosa che sta tra l’attimo e l’eternità direbbe lei.
Non era sicura che ce l’avrebbe fatta, ma ora eccola lì. Elektra sarebbe fiera
del modo in cui è sgusciata tra le difese del palazzo. Tutto merito di
un’insegnante davvero eccellente, pensa la ragazza, anche se forse Elektra non
pensava che lei avrebbe sfruttato così presto i suoi insegnamenti. Le pare
quasi di sentirla: “Non sei ancora pronta, Nina”. Se non fosse pronta sarebbe
forse arrivata dov’è ora?
Improvvisamente
Nina si blocca. Non sa bene perché ma sa di non essere più sola. Si volta di
scatto per trovarsi di fronte ad un ninja che la sovrasta con la sua katana.
Per
una frazione di secondo la ragazza legge negli occhi del ninja lo stupore per
essere stato scoperto ed è quella frazione di secondo di esitazione che le
consente di scattar via un attimo prima che la katana del suo nemico colpisca.
Se fosse rimasta dov’era, ora avrebbe uno squarcio dal collo all’ombelico.
Due
sono le emozioni che la agitano adesso: paura e rabbia… e la prima è più forte.
Nina sta per cedere al panico quando vede il ninja tornare all’attacco, poi si
costringe a ricordare gli insegnamenti di Elektra. Scatta evitando un nuovo
fendente e sferra un calcio contro l’avversario… che lo evita facilmente.
Nina
gli lancia un sai ma il ninja lo afferra a mezz’aria, poi lancia un cavo che si
attorciglia al collo della ragazza e comincia a tirare. Nina cerca di
liberarsi, ma è inutile.
Il
suo avversario la tira a se metodicamente ed inesorabilmente. Nina sa che
quando sarà alla distanza giusta il ninja la trafiggerà con il sai che le ha
sottratto. Le ci vuole tutta la sua forza di volontà per resistere alla paura.
Improvvisamente cessa di resistere e si ritrova di colpo proiettata in avanti.
Il suo avversario è momentaneamente sbilanciato e Nina fa una rapida torsione e
sferra un altro calcio, stavolta alle parti basse del ninja. Solo un gemito
esce dalla gola dell’uomo mentre si piega. Nina lo colpisce con violenza alla
base del collo e lui cade, battuto.
-Ninja del cavolo.- borbotta Nina mentre
riprende la sua arma.
Può
solo sperare che l’eco di quello scontro non sia arrivata al suo bersaglio o
potrebbe non raggiungerlo mai. No, niente pensieri disfattisti: non fallirà, lo
deve a Elektra.
Elektra
si sveglia di colpo e per un attimo fatica a capire dove si trova finché non
ricorda di essere a bordo di un aereo che la sta riportando negli Stati Uniti.
John Garrett la
raggiunge.
-Che succede baby?- le chiede –Non credevo tu
fossi il tipo da incubi.-
-Sono molte le cose che non sai di me,
Garrett.- replica Elektra.
-Hai voglia di parlarne?-
-No.- è la secca risposta.
Come
potrebbe dire a Garrett del brivido che ha provato? I contorni del sogno
svaniscono ma non la sensazione che qualcuno che conosce, qualcuno a cui tiene,
sia in pericolo.
Clive
Reston riflette sulla situazione: hanno ottenuto la liberazione dei loro cari,
ma a che prezzo? Come potranno uscire vivi da questa situazione? Come in
risposta alla sua domanda inespressa, ecco apparire nel centro dalla sala un
ologramma di Fu Manchu che fa un sinistro sorriso e parla:
<<Clive Reston, Black Jack Tarr, Leiko
Wu, spero non pensiate che vi abbia dimenticato. Mentre mio figlio affronta la
sua sfida finale da solo, immagino che siate impazienti di sapere cosa ho in
serbo per voi. Uccidervi semplicemente mi sarebbe sembrato troppo… meschino. Vi
offrirò una chance di sopravvivere.>> da una serie di porte escono
guerrieri armati vestiti delle fogge più strane <<Sono i miei guerrieri
d’élite; il Si-Fan, i Fansicari dell’india, i Dacoit della Birmania. Degli
avversari degni di voi. Se vincerete contro di loro sarete liberi di
andarvene.>>
-Noi tre contro una cinquantina dei tuoi
migliori assassini?- ribatte Reston Lasciatelo dire, Fu, non sei molto
sportivo.-
<<Ah, Mr. Reston, lei diventa sempre
più simile a suo padre, anche lui aveva quell’assurda idea di gioco onorevole
tipica di voi britannici.>>
-Conoscevi mio padre?-
<<Mio caro Mr. Reston, io lo li ho conosciuti tutti: suo padre, quel suo tanto
vantato prozio detective, il grassone con la mania del cibo e delle orchidee,
l’Uomo di Bronzo e tanti altri. Tutti sono stati dei fastidi minori ma io sono
sopravvissuto a tutti loro, perché io sono Fu Manchu. E ora che inizi lo
spettacolo.>>
L’esercito
di Fu Manchu si muove contro i tre stretti spalla a spalla.
-Ho idea che sarà dura uscirne vivi Reston.-
dice Black Jack Tarr.
-Ah, Tarr, amico mio, hai un dono incredibile
per l’understatement.- commenta Reston.
-Cosa pensate di fare voi maschi?- chiede
Leiko.
-Vendere cara la pelle.- replica Tarr armando
il suo mitra
-Bel piano davvero.- è il commento di Reston
mentre abbozza un sorriso.
4.
L’ultimo
passo, pensa Nina. Oltre quella porta c’è il suo bersaglio, un uomo che non ha
mai incontrato prima d’ora ma che ha accettato di uccidere per denaro e per
avere l’occasione di aiutare Elektra. Di lui sa solo il suo nome e che è
giapponese. Chi è veramente e perché ha dei ninja come guardie del corpo? Un
boss della Yakuza[1] o
semplicemente un rivale in affari di qualcuno? Non le importa, non deve
importarle, solo quello che deve fare ora ha importanza.
La
porta si apre facilmente, curioso come certi gesti siano diventati naturali per
lei ormai, pensa la ragazza, e nell’ufficio che le si presenta davanti Nina vede
un uomo anziano seduto ad una scrivania: il bersaglio.
-Una ragazzina.-
borbotta l’uomo –Hanno mandato ad uccidermi una ragazzina ed una gaijin[2]
per giunta. MI considerano così poco? Chi ti manda ragazzina? Forse Harada? No,
lui sarebbe venuto personalmente. Makoto? Inazagi? Tsurabaya? O magari non lo
sai nemmeno?-
Nina esita, non sa cosa rispondere e
l’uomo ne approfitta per incalzarla:
-Sai almeno chi
sono io? Io sono Kizaki Shinji, oyabun[3]
di una delle più importanti famiglie della Yakuza ed i miei nemici sanno che
non sono privo di risorse.-
Improvvisamente Nina sente delle
presenze ai suoi lati: altri ninja, due stavolta. Niente panico si impone e
salta allargando le gambe. Evita i fendenti dei due e contemporaneamente li
colpisce. Ricade giù e mulina la sua spada. Il cozzo di acciaio contro acciaio
è l’unico rumore che si ode nella stanza per un po’.
Nina evita un fendente che l’avrebbe
sicuramente uccisa e la lama della katana del suo avversario finisce dritta nel
petto dell’altro ninja. A questo punto Nina si gira e senza quasi guardare
affonda la sua lama contro l’avversario rimasto. La sua katana ha bevuto il
primo sangue.
-Riconosco il tuo
stile.- esclama l’oyabun -Sei un’allieva della Mano… o forse di Elektra?-
-La seconda che hai
detto.- risponde Nina appoggiando la lama della sua katana contro l’addome
dell’uomo.
-Ha fatto davvero
un buon lavoro. Che aspetti a finirmi ora? Io non supplicherò.-
Già, cosa aspetta? Difendersi dai
ninja è stato quasi istintivo, una questione di autodifesa, ma questo sarà
omicidio a sangue freddo, qualcosa da cui non potrà più tornare indietro. È
davvero questo che vuole?
Si morde le labbra, poi pensa ad
Elektra, dovunque sia… ed affonda la lama nell’addome del giapponese fino
all’elsa.
Non sente il grido dell’uomo
morente, non sente nulla se non il battito del proprio cuore. Osserva la katana
sporca di sangue come fosse qualcosa di alieno, poi il tempo riprende a
scorrere.
Ha passato l’ultimo confine: ora è
un’assassina.
Le
infamie di mio padre non hanno mai fine: per perseguire i suoi folli piani di
conquista non ha esitato un solo secondo a mettere i suoi figli l’uno contro
l’altro. In passato ho dovuto contrastare i sogni altrettanto folli della mia
sorellastra Fah Lo Suee ed ora devo difendermi da un fratello che sino a pochi
minuti fa ignoravo di avere.
Combattere
Ombra Mobile è come combattere un mio riflesso distorto: è bravo quanto me,
forse anche di più- Di certo lui pensa di esserlo e crede anche di sapere cosa
lo rende più forte: la mancanza di compassione. Mio padre l’ha forgiato
nell’arma perfetta o così crede.
Mossa
dopo mossa siamo in fase di stallo.
-Sembra che nessuno
di noi due riesca a prevalere sull’altro, fratello.- dice Ombra Mobile –Siamo troppo simili.-
-Se è davvero ciò
che pensi…- ribatto –… cessiamo
questo stupido combattimento. Non dobbiamo essere nemici solo perché lo dice
nostro padre.-
-Tu sei debole,
Shang Chi ed è per questo che sei destinato a perdere.-
Potrei
provare a spiegargli che la compassione, il rispetto degli altri, il rifiuto
della violenza non sono sintomi di debolezza ma di forza, ma non capirebbe:
nostro padre l’ha indottrinato bene, il che vuol dire che mi costringerà a fare
quello che speravo di evitare.
Padre,
le tue colpe sono senza fine ormai.
C’è stato un tempo in cui l’uomo
chiamato Ivan Petrovitch aveva percorso questi stessi impervi sentieri cercando
di non farsi scoprire dai nativi, un tempo in cui la sua gente era il nemico e
nessuno al di fuori di quelle montagne aveva mai sentito la parola Talebano. Il
destino l’ha riportato qui e la domanda che gli viene più spontanea è: perché?
Forse per fargli espiare le sue colpe, vere o immaginarie che siano?
Sta riflettendo su questo quando ode
il rumore di motori che si arrestano dietro la collina. Qualcuno sta arrivando,
ma chi? Aguzza la vista finché a poco a poco vede arrivare delle figure in tuta
mimetica e tra loro due figure particolari: un uomo con una sorta di armatura
leggera color porpora e una donna inguainata in un’aderentissima tuta scura.
Possibile che sia lei?
Sente il suo nome pronunciato dalla
donna e portato dal vento:
-Ivan!-
Si alza di scatto dal suo
improvvisato sedile e corre verso i nuovi arrivati urlando:
-Tornate indietro!-
5.
Il volo è stato stancante anche per
una come lei, Elektra deve ammetterlo. Al loro arrivo al McCarran International
Airport dopo diverse ore di volo, lei e Garrett sono prelevati da un elicottero
che li trasporta fino al tetto di uno dei più famosi Hotel di Las Vegas. Qui vengono
accolti da un’efficiente segretaria, così si definisce lei stessa, anche se è
evidentemente molto di più.
-Abbiamo già
predisposto le vostre stanze.- dice con tono professionale –Vi sarà dato tutto
il tempo necessario per riposarvi e rifocillarvi, poi incontrerete il mio
principale.-
-Ho già conosciuto
il suo principale.- dice freddamente Elektra –Cosa vuole stavolta?-
-Abbia pazienza e
lo saprà, Miss Natchios. Ora, se volete seguirmi…-
Elektra e Garrett vengono condotti
alle loro stanze, nel piano immediatamente inferiore agli appartamenti privati
del proprietario dell’hotel. Le loro stanze sono contrapposte.
-Sai baby…-
comincia Garrett -… pensavo che in nome dei vecchi tempi potremmo…-
-Non pensarci nemmeno,
Garrett.- replica Elektra –O perderai qualche altro pezzo di te… magari uno a
cui tieni molto.-
Senza aspettare risposta entra nella
stanza. Lussuosa come se l’era aspettata. Sul letto matrimoniale c’è un
duplicato del suo costume. Questo le ricorda che sono tre giorni che non si
cambia e non si lava. Si spoglia velocemente e si butta sotto la doccia. Non sa
dire quanto ci rimane, ma quando pensa che sia abbastanza chiude l’acqua e
torna in camera. Si butta sul letto e si addormenta quasi subito.
Quando si sveglia la sua camera è
incendiata dai colori del tramonto. Ha dormito parecchio e ne aveva davvero
bisogno.
Quasi che qualcuno sapesse che era
il momento giusto, il telefono sul comodino squilla. All’altro capo del filo la
voce efficiente della “segretaria”:
<<Mister
Howard la aspetta a cena. Troverà il necessario per l’occasione nell’armadio. È
attesa tra un’ora.>>
Riattacca: efficiente ed essenziale.
Elektra apre l’armadio e vede un
abito da sera rosso di Donatella Versace, scandalosamente corto ed aderente.
Non ha alcun dubbio che sia della sua misura così come gli altri abiti
nell’armadio e la biancheria intima, che con quell’abito da sera è decisamente
superflua. Sogghigna e comincia a prepararsi.
Esattamente un’ora dopo entra in una
sala da pranzo molto lussuosa. L’uomo che l’ha invitata è seduto a capotavola,
alla sua destra siede un ragazzo dai capelli castani, alla sua sinistra la
“segretaria”.
-Buonasera Miss
Natchios, è un vero piacere rivederla. Di solito ceno solo con mio figlio o
Miss Wright ma stasera ho deciso di fare un’eccezione. Naturalmente lei conosce
già Miss Wright, lei ama definirsi segretaria ma io credo che assistente
personale sia più appropriato non trova?-
-Immagino di sì.-
risponde Elektra. Prova a guardare il suo anfitrione in volto ma si accorge di
non riuscire a mettere a fuoco i suoi lineamenti.
-Si chiama “campo
di disturbo”, una tecnologia che ho acquisito da un certo Agente Zero ma non
starò ad annoiarla coi particolari. Come lei sa, non amo che si conosca il mio
volto. Qualcuno la chiama una fobia e forse ha ragione. È anche per questo che
sono conosciuto come Harold Howard, il miliardario fantasma. Ma ho dimenticato
le buone maniere. Ha già incontrato mio figlio Jack, vero?-
-Un paio d’anni
fa.- conferma Elektra –Era stato rapito dall’Hydra.-
John Harold Howard la osserva senza
parlare ed Elektra si chiede se non sia colpa degli ormoni scatenati di un
quindicenne e la cosa la fa sorridere, poi si chiede anche cosa abbia in mente
il padre del ragazzo ed il sorriso scompare.
-Ah ecco Mr.
Garrett,- esclama Howard –Sono lieto che abbia finalmente deciso di concederci
la sua compagnia.-
Garrett indossa un smoking con
giacca bianca ed Elektra riflette sul fatto che sembra un gorilla in abito da
sera. Si siede proprio davanti a lei.
La cena comincia ad essere servita,
Ad un certo punto Jack Howard rompe il silenzio:
-El…Miss Natchios…
è vero che è ricercata per molti omicidi? Ha davvero ucciso tutta quella gente?
Anche quel dittatore arabo?-
-Jack.- lo
rimprovera miss Wright –Non sta bene fare certe domande.-
-Lasci stare, va
tutto bene.- ribatte Elektra –Innanzitutto, puoi chiamarmi Elektra, se vuoi,
Jack. È vero: sono ricercata per omicidio ma non ho ucciso quel dittatore
arabo.-
Tecnicamente vero, ma non tutta la
verità, pensa Elektra.
-Miss Natchios gode
della mia protezione; Jack.- interviene Howard –Io l’aiuterò ad uscire dai suoi
guai.-
Ma a che prezzo, si chiede Elektra,
a che prezzo?
Eric Slaughter sta riflettendo su
molte cose, quando davanti a lui appare Nina McCabe. Il fatto che stavolta sia
riuscita ad arrivare nell’ufficio senza far scattare nessun allarme lo
impressiona non poco. Sarà anche una ragazzina o poco più, ma ha talento.
-Il giapponese è
morto.- afferma la ragazza –In questo momento giace nel suo ufficio in un pozza
del suo sangue. Se non fosse stato sventrato avrebbe potuto annegarci dentro.
Ho immaginato che ne volesse la prova ed ho preso una foto con questo.- getta
un cellulare sulla scrivania. –Ora mi dia quel che aveva promesso.-
Slaughter esamina le foto scattate
da Nina, poi dice:
-Molto bene. Tieni.
Il tuo compenso a sei zeri è stato versato su un conto cifrato di Isla Suerte
indicato come Cigno Nero.-
-Cigno Nero?-
-Mi è sembrato un
nome adatto a te, dopotutto non sei più un brutto anatroccolo, ma un bel cigno.
Ora sei nell’élite degli assassini, potresti diventare una leggenda.-
-Non… non è quello
che volevo e lei mi aveva promesso informazioni per aiutare Elektra.-
-Troverai quel che cerchi
in una cassetta di sicurezza depositata nella stessa banca del tuo conto.
Questo è un biglietto aereo per Isla Suerte ed una prenotazione in uno dei
migliori hotel dell’isola, entrambi a nome B. Swan.-
-Fa sul serio con
questa storia del Cigno Nero eh? Ok… B. Swan. Fa molto “Twilight”, ma va bene.
Prenderò quell’aereo.-
Slaughter sembra voler aggiungere
qualcosa, poi ci ripensa. Nina prende i documenti e si avvia all’uscita.
-Cigno Nero.-
borbotta –Perché no?-
Appena è uscita Slaughter fa una
telefonata.
-Sì, è stata qui.
Sì, ha preso tutto ed andrà a Isla Suerte. Complimenti può vantarsi di aver
trasformato una liceale in una killer professionista.-
<<Lei sta
diventando troppo tenero, Mr. Slaughter…>> ribatte una voce maschile
<<… forse è perché è diventato troppo vecchio.>>
La comunicazione è interrotta
bruscamente ed Eric Slaughter rimane solo a riflettere.
Da un’altra parte un uomo sorride
soddisfatto. “Può vantarsi di aver trasformato una liceale in una killer
professionista” ha detto Slaughter ed ha ragione: questo era proprio il suo
scopo. Distruggere Elektra non era abbastanza, ma corrompere l’animo della sua
protetta, quella sì che è una vendetta deliziosa.
FINE
QUARTA PARTE
NOTE
DELL’AUTORE
Solo poche, essenziali note, stavolta,
quindi partiamo:
1) John
Aman, alias Amazing Man, è un personaggio creato da Bill Everett nel 1939 per
la Centaur Publications e che oggi è diventato di pubblico dominio. Quando nel
1973 Roy Thomas decise di creare Iron Fist s’ispirò proprio ad Amazing Man e
proprio per questo dedicò all’allora recentemente scomparso Everett la prima
storia di Iron Fist. Il cerchio si chiude. -_^
2) Contrariamente
a quanto qualcuno potrebbe pensare, il personaggio di Harold Howard, che
ritorna su queste pagine dopo una discreta assenza, non è stato inventato da me
bensì da Gary Friedrich su Captain America Vol. 1° #147. Howard era introdotto
come un miliardario che viveva come un recluso in un appartamento in cima ad un
hotel di Las Vegas e che veniva rapito da Kingpin, che si sostituiva
segretamente a lui approfittando del fatto che Howard evitava contatti diretti
col mondo. Il personaggio era chiaramente ispirato a Howard Hughes e non
apparve mai effettivamente nelle storie. Io l’ho ripreso creandogli un
background e delle motivazioni. Il mio Harold Howard è un uomo che per suoi
oscuri motivi ha deciso di tenere celato il suo volto al mondo giungendo a far
sparire perfino le sue vecchie fotografie da annuari scolastici e simili. Solo
poche persone possono vantarsi di averlo visto in faccia negli ultimi anni: suo
figlio Jack, l’assistente personale Miss Wright, il suo medico personale e… la
Vedova Nera, Natasha Romanoff. Howard proclama di essere l’uomo più ricco del
mondo. La sua società l’Howard Conglomerate, possiede interessi in praticamente
ogni attività economica del pianeta. Nel campo dei media possiede, tra gli
altri, un giornale di New York, il New York Express, la rete televisiva dove
lavora Trish Tilby ed il network di sole notizie WWN (World Wide News).
3) John
Harold Howard, oggi quasi quindicenne, è una mia creazione ed è il frutto della
breve relazione tra Howard ed una donna misteriosa che potrebbe essere morta o
anche no. -_^
4) Anche
Miss Wright, nessun nome proprio fornito sino ad oggi, il tramite tra Howard ed
il resto del mondo, è una mia creazione. Se questa fosse una storia disegnata
od un telefilm, di Miss Wright vedreste solo pochi particolari come: le gambe
inquadrate alle caviglie, la silhouette in ombra, gli occhi etc. Quanto basta,
insomma, per capire che è giovane e carina ma senza mai vederle il volto. Non
che lei lo tenga nascosto come Howard, assolutamente no, è solo un mio vezzo.
-_^
Nel
prossimo episodio: la fine dello scontro tra Shang Chi e Ombra Mobile; la
Vedova Nera ritrova Ivan ma non sarà una riunione felice, Elektra deve
scegliere cosa fare e tante altre cose ancora. Non mancate,
Carlo