(CAVALIERI
MARVEL)
(PARTE PRIMA)
L’OMBRA DEL CAOS
Di Carlo Monni
Simon Stroud torna a casa. La cosa
di per se non sarebbe degna di interesse, se non fosse per il fatto che Simon
Stroud non passa molto tempo in questo piccolo appartamento nei sobborghi di
New York, visto che la maggior parte del suo tempo è sempre in viaggio da
qualche parte. Il suo biglietto da visita lo qualifica come Consulente in
Sicurezza, ma questa è solo una parte della verità. Nella sua non lunga vita è
stato un agente operativo della C.I.A. e ciò lo ha portato abbastanza spesso in
luoghi pericolosi a fare cose che è meglio non sapere. In seguito ha
collaborato con l’F.B.I. e le Polizie Locali nella caccia a due personaggi
particolari come John Jameson, l’Uomo Lupo,[1]
e Morbius il Vampiro Vivente.[2]
Oggi Stroud continua ad occuparsi di sicurezza ed ogni tanto accetta incarichi
ben pagati dai suoi vecchi datori di lavoro dentro e fuori gli Stati Uniti. Ecco
perché vederlo tornare a casa come un comune pendolare è abbastanza insolito.
Quando
apre la porta è stanco e desideroso solo di una buona doccia e di un materasso
morbido o si accorgerebbe prima di non essere solo.
-Bentornato a casa Stroud, ti
stavo aspettando.-
Stroud
si volge verso la direzione da cui proviene la voce e si trova a fissare la
canna di una pistola.
Ed
è proprio qui che potrebbe cominciare la nostra storia.
Spostiamoci,
però, a diverse ore prima, in un attico del centro di Manhattan, dove la donna
chiamata Elektra Natchios si concede una rilassante doccia prima di iniziare
una nuova giornata.
Le ferite
che ha riportato nel suo scontro con Tekagi ed i Serpentieri[3]
stanno ormai guarendo e quando si guarda allo specchio riesce finalmente a
vedere un volto non più segnato da tagli e tumefazioni. Il polso sinistro ha
quasi ripreso la sua normale funzionalità e così pure la mano. Per sua fortuna
la ferita alla mano destra non ha leso i legamenti ed anche quelle alla coscia destra,
alle braccia e sotto il seno sinistro non erano molto profonde. C’è voluto
tempo ed una severa riabilitazione, ma ora si sente pronta. Pronta per cosa?
Per un'altra missione pericolosa? Solo una settimana fa faceva fatica a tenere
in mano una forchetta ed ora vorrebbe usare armi mortali? Forse dovrebbe
pensare seriamente a ritirarsi. Ha accumulato abbastanza denaro da poter vivere
agiatamente per il resto dei suoi giorni e poi… poi c’è Nina McCabe. Quando ha
preso con se quella ragazza si è assunta una grossa responsabilità. Non può
continuare ad esporla alla sua vita, al suo mondo fatto di inganni e morte, non
sarebbe giusto… oppure si? Nina stessa le ha detto più volte che vorrebbe
diventare sua allieva, imparare quello che lei sa, essere come lei.
La
tentazione è forte, Elektra lo sa. Un guerriero è nulla se non può trasmettere
la sua arte ad un erede. Nina è giovane, entusiasta, facilmente plasmabile e
dopo aver assistito all’uccisione dei suoi genitori[4]
ha anche il giusto grado di rabbia inespressa e di oscurità nell’anima, le
qualità dell’allieva perfetta. Eppure ha il diritto di farle questo? Di
distruggere quel po’ di innocenza che le è rimasta e farle coltivare il suo
lato oscuro? Ha il diritto di farlo?
Elektra
ricorda cosa le ha detto suo fratello Orestez durante il loro ultimo incontro:[5]
che lei è una figlia dell’oscurità, che ha abbracciato il buio all’interno
della sua stessa anima e se ne è fatta consumare. Se è così, non c’è discussione:
non può sfuggire al suo destino, deve essere quello che è.
Con ancora
indosso solo l’accappatoio Elektra siede al computer ed esamina la posta,
mentre una parte di lei spera, anzi brama che ci sia un nuovo incarico ad
attenderla… e non viene delusa.
Luke Cage
si guarda allo specchio e per l’ennesima volta pensa che forse dovrebbe rasarsi
la corta barbetta che porta ormai da un po’, poi sorride alla sua immagine
riflessa e scuote la testa, quindi esce dalla stanza da bagno sentendosi fresco
e riposato come una rosa.
Mentre
lascia l’appartamento messogli a disposizione dalla Rand-Meachum Corporation
dopo che il suo è stato fatto saltare in aria,[6]
i suoi pensieri corrono ancora una volta agli eventi delle ultime settimane.
Qualcuno che fingeva di essere il suo vecchio nemico Gideon Mace l’ha
trascinato in una ragnatela di inganni e delitti in cui una donna che conosceva
poco, ma a cui aveva cominciato a tenere, ha perso la vita ed altri suoi amici
sono rimasti feriti. A quanto pareva, mentre il falso Mace si dava da fare a
cercare di farlo fuori, il vero Mace era impegnato altrove a dirottare
nientemeno che un treno.[7]
Questo lascia ancora senza una vera risposta una domanda o due: se non era
Gideon Mace a volerlo morto, allora chi è? E ci riproverà? All’ultima domanda
Luke ha già sicuro una risposta: prima o poi i suoi nemici riprovano sempre ad
ucciderlo e questo, chiunque sia, non farà eccezione. Nel frattempo lui è ben
deciso a vivere la sua vita come se nulla fosse. Ora ha un paio di amici da
andare a trovare in ospedale e nulla gli impedirà di essere puntuale a
quest’appuntamento.
Sarebbe
così sicuro di se, se sapesse che due paia d’occhi interessati stanno seguendo
ogni sua mossa? Conoscendolo, probabilmente si.
2.
Il
suo nome è Reston, Clive Reston, è un agente del leggendario MI6, il Servizio
di Spionaggio Estero Britannico e tra non molto potrebbe essere un agente
morto.
Dicono
che mentre sei vicino alla morte la tua vita ti passi davanti come in un film
compresso in pochi secondi. Se è così, allora i fatti più importanti della vita
di Clive Reston sono legati alle due donne, Leiko Wu e Melissa Greville, i cui
volti rivede con gli occhi della mente proprio mentre i suoi veri occhi fissano
il nero vuoto della canna di una pistola.
-Vorrei poter dire che è stato un
bell’incontro, Mr. Reston…- gli sta dicendo una voce sarcastica -… ma in verità
non lo è stato.-
Un
attimo dopo la pistola fa fuoco.
Il
luogo è un lussuosissimo e rinomato Hotel di Las Vegas. Non esiste una sola
persona in questa capitale americana del vizio e del gioco d’azzardo che non
sappia che gli ultimi piani di questo edificio costituiscono l’impenetrabile
residenza e sede d’affari di uno dei più eccentrici miliardari del globo
terracqueo. Per i pochi che non lo sapessero, il suo nome è Harold Howard ed è
giudicato a buon diritto l’uomo più ricco del mondo. Lo scopo primario di tutta
la sua vita da adulto è stato l’accumulo di ricchezza e potere, un obiettivo raggiunto,
ma a prezzo di una serie di ossessioni, di cui quella di utilizzare come
residenza un hotel, peraltro di sua proprietà, è di gran lunga la meno
interessante. Nel corso degli anni Howard ha sviluppato una vera e propria
ossessione per la privacy. Da decenni non circolano sue foto e praticamente
tutte quelle esistenti sono state distrutte. Nessuno ormai conosce il suo
volto, a parte un gruppo ristrettissimo di persone tra cui spiccano: suo
figlio, la sua segretaria personale ed il suo medico. Circola voce che siano
state approntaste per lui parecchie identità fittizie che gli consentono di
viaggiare e mescolarsi alla gente senza che nessuno sappia chi è realmente… le
voci sono vere.
Una
delle ossessioni maggiori di Howard è quella per il controllo. Tempo fa ha
deciso che avrebbe portato avanti il sogno del suo mentore, Gregory Gideon, e
sarebbe diventato non solo l’uomo più ricco del modo, ma il dominatore
dell’economia mondiale. Un sogno ambizioso, direte voi. Non quando si hanno
risorse virtualmente illimitate, una volontà di ferro e la pazienza necessaria.
Non commettete, però, l’errore di considerarlo una sorta di supercriminale,
perché Harold Howard è molto di più di questo: i suoi scopi sono contorti e se
non ha il minimo scrupolo a finanziare qualche impresa criminale od a violare qualche
legge se lo ritiene necessario, non esita nemmeno a perseguire un personale
concetto di giustizia… specie se può ricavarne un ragionevole profitto.
Qualunque
sia lo scopo che sta perseguendo oggi, lui è il solo a conoscerlo con certezza.
-Ogni pedina è al suo posto
signore.- gli sta dicendo Miss Wright, l’efficientissima segretaria personale.
-Qualcuno potrebbe trovare…
inappropriato riferirsi a degli esseri umani col termine “pedine”, lo sa Miss
Wright?- replica Howard.
-Lo so signore.- risponde Miss
Wright con un sorriso.
-Bene. Quando i nostri ospiti
saranno qui si assicuri che abbiano tutto quanto è necessario e poi li faccia
venire da me.-
-Come sempre, signore.-
Dopo che
la segretaria è uscita Howard si alza e come fa spesso guarda dall’ampia
vetrata antiproiettile il panorama sottostante.
Funzionerà
anche stavolta, pensa, e sorride.
Stroud
fissa la canna della pistola e replica all’uomo seduto in una delle poltrone
del suo salottino:
-John Garrett! Da quale inferno
sei sbucato? Aspetta! Non è necessario che tu mi risponda: qualunque cosa passi
per la tua mente malata, preferisco non saperla. A proposito, ti aspetti
davvero che mi lasci impressionare da quel tuo arnese?-
L’uomo
massiccio di nome John Garrett, sogghigna sotto i folti baffi ed abbassa la sua
arma.
-Era solo per fare un po’ di
scena- dice –Naturalmente non ce l’ho con te. Anzi, sono venuto a farti una
proposta di lavoro.-
-Lavoro? Che tipo di lavoro?
Credevo che ormai fossi fuori dal giro. Fury non ti aveva messo in freezer?-
Garrett
sorride ancora e Stroud si trova a pensare che veder sorridere un serpente a
sonagli lo farebbe sentire meno inquieto.
-Storia vecchia ormai. Ho bisogno
del tuo aiuto, Stroud. Tu sei sempre uno dei migliori in circolazione.-
-Fare l’adulatore non ti servirà a
molto. Ripeto: che tipo di lavoro proponi?-
-Quello che sai fare meglio: ammazzare i
cattivi e salvare
-Molto spiritoso. Hai già provato con James Bond? Mi dicono che lo faccia molto spesso.-
-Era indisponibile… ed anche i
suoi figli… almeno per adesso. Ora vuoi smettere di sparare sciocchezze e
starmi a sentire?-
-Ok. Sentiamo quel che hai da
dire.-
E
Garrett parla.
3.
Un attimo
prima Clive Reston stava osservando la bocca di una pistola pronta a far fuoco
e si chiedeva due cose: come poteva essere stato così stupido da farsi
sorprendere da un tipo come quello e se aveva una sola chance di evitare il
colpo. Ora, mentre vede il suo aggressore cadere in avanti e sente il colpo
della sua arma andare a vuoto, mentre la lama affilata di un pugnale emerge dalla
sua schiena, non può fare a meno di esclamare:
-Ben fatto mia cara. Questo è uno sviluppo che mio padre
avrebbe senz’altro apprezzato.-
La donna
orientale stira le labbra in quella che sembra, se mai è possibile, una via di
mezzo tra un sorriso ed una smorfia di disgusto e recupera il pugnale dalla
schiena della sua vittima dicendo:
-Non perdiamo tempo, Clive. Siamo stati scoperti e ci
conviene filare.-
-Non hai tutti i torti, cara Leiko. Peccato per la missione
però. Del resto non saremmo certo utili a Sir Denis se ci facessimo uccidere
per niente.-
Così
dicendo Reston si tuffa oltre una terrazza. Leiko Wu scuote la testa e poi lo
segue.
Torniamo
ora indietro a più di 24 ore prima e spostiamoci in un’elegante villa vittoriana
nel Sussex in Inghilterra dove troviamo l’anziano padrone di casa che riceve
nel suo studio alcuni ospiti.
Sir Denis
Nayland Smith è un uomo molto anziano, abbiamo detto: i presenti non sanno
esattamente quanti anni abbia, anche se sono sicuri che siano più di cento,
forse anche 130. Alcuni pensano che a mantenerlo in vita sia l’odio
irriducibile per il suo arcinemico, il diabolico supercriminale orientale Fu
Manchu; altri sospettano che molti decenni fa abbia bevuto una piccola dose
dell’elisir di lunga vita del suo avversario. Non abbastanza da mantenerlo
eternamente giovane, certo, ma abbastanza per ritardarne l’invecchiamento. Smith
non si è mai curato di queste voci, era troppo occupato a combattere il suo
nemico e comunque poco importa adesso: ormai l’età non gli lascia scampo. Per
muoversi ha bisogno di una superaccessoriata sedia a rotelle, ha bisogno di
un’infermiera permanente e di supporti vitali di cui far uso sempre più spesso.
Sa che presto morirà, ma non intende concedere a Fu Manchu il lusso di vederlo
andarsene senza combattere.
Davanti a
lui in quella fredda giornata inglese sta il suo piccolo esercito composto da
veterani di innumerevoli scontri con Fu Manchu e la sua organizzazione: Clive
Reston, agente scelto del MI6, sarcastico e tormentato; Leiko Wu, letale e
spietata, anche lei agente del MI6; Black Jack Tarr, anziano agente in
pensione, ma non per questo meno determinato; Melissa Greville, assistente
personale di Sir Denis, la cui famiglia ha conosciuto sulla sua pelle la
spietatezza del Dottore del Diavolo e per ultimo Shang Chi, il figlio di Fu
Manchu, ma al tempo stesso il suo più mortale nemico.
Quando
Smith parla lo fa con fatica, a voce bassa e prendendosi diverse pause, durante
le quali usa un respiratore attaccato ad una bombola piena di ossigeno. La sua
voce rimane, però, sempre ferma e sicura:
-Vi ho fatti chiamare...- dice -… perché ho delle nuove
informazioni sui rapimenti dei vostri amici e parenti.-
-Era ora.- esclama Clive Reston –Stavo impazzendo a non far
niente.-
-Capisco la tua impazienza, Clive…- replica Sir Denis -… ma
purtroppo non potevamo colpire alla cieca, era propria quello che Fu Manchu
avrebbe voluto. Adesso, però, abbiamo un indizio. A quanto sembra, un carico di
grande importanza per Fu Manchu deve arrivare in Cina passando attraverso
un’organizzazione che conosciamo molto bene.
-Mi faccia indovinare: gli Spedizionieri Orientali, giusto?-
-Ovviamente, Clive. Noi sappiamo bene che quell’organizzazione
è solo un paravento per le operazioni di Fu Manchu, ma a lui non importa
affatto che lo sappiamo. Naturalmente sapeva benissimo che la notizia di un
carico diretto nella Provincia cinese di Honan, o Henan, come la chiamano oggi,
avrebbe attratto la nostra attenzione, visto che è proprio nel cuore dell’Honan
che si trova la fortezza di Fu Manchu. Sono convinto che qualunque sia quel
carico, sia collegato ai rapimenti e voglio che voi andiate lì e ne scopriate
di più.-
-Con tutto il rispetto, Sir…- interviene Clive -.. io direi
che si tratta di una trappola..-
-Ma certo che lo è.- se Sir Denis fosse in piena forma,
sicuramente avrebbe risposto con voce stentorea e battendo un pugno sul
massiccio tavolo di quercia, gesto che accenna appena, strappando un sorrisetto
a Reston –Tuttavia non possiamo non seguire questa pista. Bisogna sempre giocare
con le carte che ci dà Fu Manchu e sperare di essere più bravi di lui a giocare
il suo gioco. Confido, comunque, che sarete abbastanza in gamba da non farvi
uccidere o catturate tutti quanti.-
-Da quello che ha detto devo dedurne che si aspetta che
accada almeno ad uno di noi?- chiede Leiko.
Il volto di
Sir Denis è severo, quando risponde:
-Quando si tratta di Fu Manchu non escludo mai il peggio,
Miss Wu.-
Non è molto
consolante, per noi, pensa Clive Reston. Si guarda intorno: Black Jack Tarr non
mostra altro che fiera determinazione e quanto a Shang Chi… è una maschera di
impassibilità, ma anche se temesse di essere ucciso, Clive ne è certo, il
Cinese non si tirerebbe indietro e neanche lui, se è per quello. In fondo
nessuno vive per sempre, giusto… O era: si vive solo due volte? Dovrà chiederlo
a suo padre la prossima volta che lo vede… se ci sarà una prossima volta.
Molto
lontano da lì una donna alquanto speciale medita su quanto le è accaduto negli
ultimi tempi. A quanto pare, non c’è riposo per
I suoi
pensieri sono spazzati via quando vede il Rettore della chiesa circondato da
tre uomini non proprio amichevoli. Non l’hanno notata o se ne infischiano, in
ogni caso potrebbero aver commesso un errore imperdonabile, anche se ancora non
lo sanno. Parlano russo, ma questo non è certo un problema. Vogliono qualcosa
dal prete, ma prima che Natasha possa capire cosa, uno dei tre lo colpisce e lo
sbatte a terra, poi solleva una specie di bastone e lo cala verso le gambe del
prete. Natasha non è abbastanza svelta da impedire il primo colpo, ma prima che
il secondo possa essere inferto, un calcio è già arrivato a colpire la schiena
dell’aggressore, che cade a terra. Gli aggressori si volgono verso di lei e
quel che vedono è una donna ancora giovane dai lunghi capelli rossi e gli occhi
verdi, vestita con un elegante abito di quelli che un tempo avrebbero definito
“Da passeggio”.
-E tu chi saresti?- dice quello dei tre che sembra il capo
branco –Un’impicciona che non capisce qual è il suo bene?-
Ha parlato
in Russo ed è in quella lingua che la Vedova Nera gli risponde:
-Sono quella che ti farà pentire di aver attaccato un uomo
indifeso.-
L’Uomo ride
e replica:
-Tu e quale esercito, donna?-
-Non ho bisogno di un esercito contro tre idioti come voi
che giocano a fare i gangsters… e nemmeno di armi.-
Le
successive azioni si svolgono troppo rapidamente perché in seguito i tre
riescano a ricordarsi di cosa è esattamente successo, fatto sta che in pochi
attimi si trovano stesi a terra e non troppo in buono stato.
Immediatamente
Natasha si rivolge al prete:
-Stai tranquillo. Da quel che vedo le hanno rotto il ginocchio
destro, ma presto arriverà un’ambulanza.-
-La ringrazio… lei è stata incredibile… ma io la conosco?
Non credo che sia una parrocchiana abituale, però il suo volto non mi è nuovo.-
Natasha
sorride. Non è improbabile che il Rettore l’abbia vista in TV dopotutto nel suo
costume non è compresa una maschera.
-Che volevano da lei quegli uomini, pope?- gli chiede –Cosa
ha a che fare uno come lei con la Mafia Russa?-
In quel
momento ecco entrare i paramedici, chiamati sicuramente, come i poliziotti da
qualche cittadino zelante. Ne esistono ancora, pare.
Le domande dovranno aspettare.
4.
Il viaggio
da Las Vegas è andato benissimo, pensa Luke Cage, dopotutto non gli capita spesso
di viaggiare non solo in prima classe, ma addirittura in un jet privato tutto
per lui, non dai tempi del suo sodalizio con Danny Rand perlomeno. In questo
momento Luke è decisamente curioso: ha sentito molto parlare dell’uomo che l’ha
convocato e la curiosità è stata la molla principale che l’ha spinto a
viaggiare sin nel Nevada… non che il compenso offertogli non fosse comunque un
buon incentivo.
Quando
entra nel salone ci sono già quattro uomini ed una donna. Riconosce
immediatamente Paladin ed Elektra, impossibile non riconoscere quella che è
stata la top killer di Kingpin prima di essere uccisa dall’altro aspirante al
titolo.[9] È
evidente che ora sta bene. Luke ha già visto almeno un paio di suoi conoscenti
creduti morti ripresentarsi vivi e vegeti[10] e
non si stupisce molto nel vedere che anche lei lo è. L’uomo biondo in giubbotto
di pelle, jeans e maglione rosso a girocollo appoggiato ad un angolo a braccia
conserte ha un’aria familiare, ma non ricorda di averlo mai incontrato prima o
dove possa aver visto la sua faccia; l’uomo dai capelli castani seduto in
disparte è un perfetto sconosciuto, ma gli comunica immediatamente la
sensazione che non sia uno da sottovalutare. Quanto al gigante baffuto
spaparanzato su un divano, se lo avesse già incontrato se lo ricorderebbe, un
tipo del genere non passa certo inosservato.
Paladin gli
si fa incontro sfoderando un sorriso apparentemente cordiale:
-Luke Cage!- esclama –Quindi sei anche tu della partita,
molto bene. Mi fa piacere rivederti. Devo però dirti che ti preferivo con la
pettinatura afro e la catena. Anche la camicia gialla non era male.-
Luke emette
un grugnito e poi risponde:
-La gente cambia, Paladin… tu, invece, sei rimasto il solito
buffone, vedo.-
Paladin fa una
risatina e replica:
-Faccio quello che posso, Cage. Ma basta parlare di noi.
Conosci gli altri presenti? Sicuramente hai già sentito parlare di Elektra Natchios
e forse anche di Simon Stroud…-
Stroud… si:
ora ricorda di aver letto qualcosa.
-Il cacciatore di mostri, giusto?- dice Luke, mentre stringe
la mano di Stroud –Devo aver letto un paio di articoli su di te anni fa.
Qualcosa su Morbius ed anche su un licantropo dal pelo bianco.-
-Complimenti.- replica Simon Stroud stringendo quella mano
d’acciaio –Hai un’ottima memoria, Cage.-
-Sei un ex poliziotto o qualcosa del genere, giusto?-
-Qualcosa del genere, infatti.- Stroud non ha la minima
voglia di parlare dei suoi trascorsi di agente della C.I.A. non in questo momento
almeno.
Paladin
continua le presentazioni:
-Non credo che tu conosca Rick Mason… ma potresti aver
incontrato suo padre qualche volta… Negli ambienti delle spie Rick è noto
semplicemente come l’Agente ed i suoi talenti farebbero morire d’invidia James
Bond... per quanto riguarda questa specie di armadio vivente… il suo nome è
John Garrett ed era un agente S.H.I.E.L.D. finché… perché Fury ti ha sbattuto fuori
John? Instabilità mentale, giusto?-
Garrett
risponde in una maniera irriferibile per orecchie troppo delicate, poi tende la
mano a Luke.
-Dicono che tu sia una specie di uomo d’acciaio, beh nemmeno
io scherzo.-
La stretta
di Garrett è forte, troppo forte per essere quella di un uomo normale, pensa
Cage, che dopo un attimo di sorpresa rafforza la sua stretta senza dar segno di
disagio. I due uomini continuano a stringere fissandosi senza dire una parola,
poi Luke dice:
-Senti: che ne dici di piantarla qui? Se volevi dimostrare
qualcosa, perché non facciamo finta che me l’hai dimostrata e passiamo oltre?-
Garrett
ride e lascia la presa.
-Sei un tipo in gamba, Cage. Ed hai una stretta niente male
direi.-
Alle loro
spalle Elektra commenta:
-Queste esibizioni di orgoglio maschile non le ho mai
capite.-
-Non è la sola Miss Natchios.- interviene una voce
femminile. Da una porta apertasi improvvisamente esce una giovane donna che
aggiustandosi gli occhiali dice ancora:
-Sono Miss Wright, l’assistente personale di Mr. Howard, vi
prego di seguirmi. Sarete ricevuti subito.-
Con un
evidente sguardo di ammirazione rivolto alla ragazza Paladin la segue e si
rivolge sottovoce a Rick Mason e Luke accanto a lui:
-Un bel bocconcino, vero? Assistente personale ha detto… mi
chiedo quanto personale.-
Gli altri
non si prendono nemmeno la briga di rispondergli.
Il
vantaggio di essere ricco è che puoi prenderti una vacanza, quando ti va ed il
vantaggio di lavorare nel campo dell’alta finanza è che anche quando gli affari
non ti vanno benissimo e la tua azienda ha dei debiti ti rimangono comunque
abbastanza soldi da permettertela quella vacanza. Per Marc Spector, alias
Steven Grant, alias Jake Lockley, alias Moon Knight era proprio il momento di
prendersi un po’ di riposo. La sua ultima avventura africana aveva comunque
lasciato degli strascichi: le ferite che il suo vecchio amico e compagno d’armi
Jean Paul Duchamp, detto “Frenchie” aveva subito per mano del licantropo Jack
Russell[11].si
erano aggravate dopo aver sopportato un viaggio in Burunda e ritorno. Per
fortuna non è in pericolo di vita, ma ciò non ha impedito che a Marc rimanessero
dei sensi di colpa. Anche lui e Marlene erano rimasti feriti nello scontro col
licantropo, ma per fortuna in modo lieve. Si stavano appena rimettendo quando
sono stati attaccati dal suo arcinemico Raoul Bushman.[12] Per
fortuna adesso tutto è finito e Bushman è in carcere, anche se Marc non è molto
ottimista sul fatto che ci rimanga a lungo.
Lui e Marlene avevano proprio bisogno
di riposarsi in questa piccola isola dei Caraibi e lasciarsi, almeno per un
po’, i guai alle spalle. Purtroppo i guai hanno la particolarità di seguire
sempre certe persone…persone come Marc Spector.
È una
specie di sesto senso quello che fa passare un brivido lungo la schiena di
Spector od un residuo dei poteri paranormali che un tempo aveva? Marc non lo
sa, ma ha la fastidiosa sensazione di essere osservato, anche se non c’è
nessuno in vista.
Su un
terrazzino non troppo lontano, una figura abbassa un binocolo e rientra in una
stanza. Ha visto abbastanza. Il tempo della vendetta arriverà presto.
Arrivare in
Svizzera era stata, naturalmente, la parte più semplice. Seguendo le
indicazioni del loro contatto locale, avevano raggiunto uno chalet non lontano
Gstaad e Clive si era offerto volontario per introdurvisi e ritrovarsi, quindi a
spiare un meeting di mercanti d’armi internazionali, uno di quelli a cui si
sarebbe aspettato di veder comparire da un momento all’altro il suo vecchio
amico Carlton Velcro, se lui stesso non lo avesse ucciso un po’ di tempo prima.[13] Il
destino lo aveva tradito sul più bello, facendogli mettere il piede su una
mattonella sconnessa, proprio il classico tipo di stupido incidente che capita
nei film d’avventura. Soffocando un’imprecazione Clive si erra gettato dal
terrazzo solo per ritrovarsi bloccato da un colpo vibrato alla sua gola col
taglio di una mano. Un millimetro più in basso e si sarebbe ritrovato con la
carotide schiacciata, ma il suo aggressore era stato troppo precipitoso ed il
colpo non gli aveva provocato danni permanenti, Reston, tuttavia era caduto in
ginocchio semiparalizzato dallo shock e dal dolore, senza nemmeno riuscire a
gridare. Con meticolosità l’uomo lo aveva perquisito ed aveva trovato la sua
patente di guida.
-Clive Reston, cittadino britannico. Conosco il tuo nome:
sei un agente del MI6.-
Tanti
saluti alla segretezza: ma quanti erano quelli che sapevano cosa faceva per
vivere? Sempre uno di troppo, purtroppo.
L’uomo gli
aveva puntato la pistola in mezzo agli occhi ed era stato allora che aveva
detto:
-Vorrei poter dire che è stato un
bell’incontro, Mr. Reston… ma in verità non lo è stato.-
Ed
era stato allora che era intervenuta Leiko Wu, per sua fortuna, o altrimenti
adesso non starebbero correndo per salvarsi la vita.
-Qualche idea brillante per
cavarci dagli impicci?- chiede Clive.
-Sta zitto e continua a correre!-
urla Leiko.
-Agli ordini Madame.-
Corrono
a zig zag per evitare le pallottole che provengono da un gruppo di inseguitori
alle loro spalle e si buttano lungo uno scosceso pendio innevato.
-A mio padre capitò qualcosa di
simile un paio di volte.- commenta Clive –Ma lui aveva gli sci e...-
-Ti ho detto: sta zitto!-
Leiko
si volta e spara un paio di colpi contro gli inseguitori, poi continua a
correre. Nel frattempo Clive l’ha imitata ed ha già freddato altri due scagnozzi,
quando lei lo raggiunge.
Continuano
a correre finché non raggiungono la strada sottostante e lì trovano ad
attenderli quella che sembra una Jaguar XK8, ma non tutto è sempre quel che sembra
nel mondo di Clive Reston e Leiko Wu.
Le
portiere si aprono ancor prima che loro le siano arrivati vicino ed una voce
imperiosa ordina:
-Salite!-
I
due agenti non si fanno ripetere l’invito esaltano a bordo. L’auto riparte a
tutta velocità, una velocità ben superiore a quella di qualunque comune auto
sportiva e non.
-Hai sempre un grande talento nel
metterti nei guai Reston.- commenta Black Jack Tarr seduto al posto di guida.
-Anch’io sono felice di vederti,
Tarr, vecchio mio.- commenta Clive –E sono soprattutto contento di vedere che
ti hanno recapitato questo gioiello appena in tempo.
-Sei riuscito a scoprire qualcosa
di utile prima di farti quasi ammazzare?-
-Qualcosina si. Quanto sarà utile
non lo so, però, non ora che i nostri avversari hanno scoperto il nostro gioco.
-Quanto a quello… scommetto che Fu Manchu ne era al corrente
fin da prima che partissimo per Londra. A proposito… sapevi che sua figlia è
evasa dalla prigione di massima sicurezza in cui era detenuta dopo il suo
rendez vouz a casa di Sir Denis?-[14]
-Mi sorprende che ci abbia messo tanto tempo, a dire il
vero. Ci penseremo in seguito, ora abbiamo un viaggetto da fare.-
5.
In questi
giorni di paure e paranoie per possibili attentati introdursi di nascosto in un
edificio pubblico dovrebbe, in teoria, essere quasi impossibile… sempre ammesso
che tu non sia la Vedova Nera, beninteso.
Introdursi nella
sede della Procura Distrettuale di Manhattan non è stato difficile per Natalia
Alianovna Romanova, come non lo è trovare proprio l’ufficio che cerca e l’uomo
che cerca.
-Posso parlarle, Sergente?-
Brady
O’Neil, Sergente Detective della Squadra Investigativa del Procuratore
Distrettuale salta sulla sua sedia e si gira di scatto:
-Chi diavolo?- esclama.
-Si calmi Sergente, non ho cattive intenzioni.- dice Natasha
con voce tranquilla –Dovrebbe riconoscermi: sono la Vedova Nera e se serve ho
la mia tessera di Vendicatore per provarlo.-
-Certo che ti riconosco, non sono nato ieri. Ma perché voi
supereroi non usate le porte e non prendete appuntamento come le persone
normali?-
-Forse perché non siamo tanto normali. Mi scusi sergente,
Devil ha detto che lei è uno in gamba ed io bisogno di informazioni sulle gang della
Mafia Russa.-
-Che c’è? Adesso non ti bastano più i supercriminali o gli
intrighi spionistici a cui sei abituata, vuoi provare ad abbassarti al livello della
strada?-
A parlare è
stato un nuovo arrivato. La Vedova Nera si sofferma a studiarlo. A prima vista
non ha proprio un bell’aspetto: indossa un vestito stazzonato in cui sembra che
abbia dormito dentro negli ultimi giorni, una camicia spiegazzata con qualche
macchiolina di unto qua e là. Le farebbe venire in mente il Tenente Colombo, ma
più che a Peter Falk assomiglia a Jerry Lewis, con in più un’espressione triste.
-Beh, ti sei mangiata la lingua?-
-Stavo solo riflettendo, Tenente Rucker.- replica Natasha.-
-Vedo che mi conosci.-
-Tenente Terenzio Oliver Rucker, capo di una delle squadre
dell’Organized Crime Control Bureau del Dipartimento di Polizia di New York. Si
è diplomato all’Accademia di Polizia un bel po’ d’anni fa. Irriverente,
insofferente, indisciplinato. I suoi compagni di corso hanno fatto tutti più
carriera di lei. Pare che abbia fallito almeno due volte gli esami per essere
promosso capitano e si dice che l’avrebbero mandata in pensione anticipata se
il suo vecchio amico Arthur Stacy non fosse diventato Commissario…-
-Se ne dicono tante ed il vecchio Arthur è troppo signore
per degnarsi di rispondere a certe scemenze… ed io troppo pigro.- Rucker fa un
sorriso sornione -Adesso che abbiamo capito che, da brava spia, sai di me tutto
quello che c’è da sapere, ti dispiacerebbe dirci a che dobbiamo l’onore della
tua visita?-
E Natasha
racconta dell’aggressione al prete ortodosso che ha sventato poco prima.
-Ho sentito di quella faccenda.- commenta Rucker –Torno a
chiederti: perché ti interessa tanto? È perché sei Russa anche tu?-
-Anche per quello, ma non solo. È da un po’ che mi chiedo se
a forza di occuparmi di intrighi internazionali, aspiranti conquistatori del
mondo e qualche occasionale invasione aliena non abbia perso di vista altre
cose altrettanto importanti. Tempo fa ho sventato un traffico di ragazze
inviate qui dalla mia madrepatria per prostituirsi [15] ed
ho giurato che non avrei permesso a quei vermi di spadroneggiare dove vivo, se avessi
potuto impedirlo.-
-Benvenuta nel club. Noi ci proviamo da… beh da sempre
credo… ed i risultati non sono sempre così incoraggianti. Non penserai di saper
far meglio della Polizia o del F.B.I.? Quei tizi non sono come le spie od i criminali
colorati con cui hai a che fare di solito… per molti versi sono peggio. Proprio
ora c’è in corso una guerra per il potere . I Russi stanno facendo fuori un
sacco di gente ed i cinesi non sono da meno.[16]
Meglio che i buffoni in costume come te ne stiano fuori prima di complicare
ancor di più le cose.-
Lei ferisce il mio orgoglio, Tenente… credevo che le
piacessero i ragni.-
Rucker fa
una smorfia ed agita una mano come a scacciare qualcosa di invisibile.
-Beh, non nego che talvolta voi signori dai costumi colorati
sapete essere utili. Ora, però, farai meglio ad andartene, ragazza: io e O’Neil
abbiamo da fare. Se non lo sai, c’è in giro un pazzoide che sta seminando morti
a ripetizione ed io voglio inchiodarlo il prima possibile[17]. Non
ho tempo da perdere: mi è appena venuto in mente che forse ho lasciato aperta
la finestra del mio ufficio in Centrale e di certo non vorrei che durante la
mia assenza qualche intruso ne approfittasse per penetrarvi e consultare gli
schedari sulla Mafia Russa.-
La Vedova Nera
si lascia scappare un sorriso divertito salutando un Rucker sogghignante.
-Non credi di aver esagerato Terenzio?- gli chiede O’Neil.
-Uhm… se quella ragazza darà un po’ di fastidio ai Russi,
mentre noi ci occupiamo dei cinesi e del Mangiapeccati non mi lamenterò di
certo e poi… come dirlo?... ha delle cose che l'Uomo Ragno non ha.-
-Ah questo è certo!- esclama, ridendo, O’Neil.
-Su andiamo a questa benedetta riunione. Che ne dici se poi,
dopo aver staccato, ci troviamo al solito bar per farci un goccetto con gli
altri ragazzi?-
-Ehi sono Irlandese, ricordi? Ci svezzano a Whiskey,
noialtri.-
Rucker fa
l’occhietto al collega ed entrambi si avviano verso la sala riunioni per
l’incontro col Procuratore Distrettuale.
Uno dei
vantaggi del lavorare per il tuo governo consiste nelle spese pagate e nessuna
difficoltà nel trovare un mezzo di trasporto per qualunque sia la tua
destinazione, nel caso in specie un piccolo jet privato. Sono i piccoli piaceri
della vita che a Clive Reston piace assaporare quando può.
Quanto ai
suoi compagni di viaggio: Leiko Wu la pensa essenzialmente come lui; Shang Chi
si cura decisamente poco di queste cose e Black Jack Tarr… beh Tarr ha a cuore
solo la missione e la missione li sta portando a…
-Boca Caliente? Perché mai dovremmo finire a Boca Caliente?-
sbotta Tarr.
-Non fare l’ignorante Tarr.- replica serafico Reston –Sai
bene quanto me cos’è... o meglio cos’era Boca Caliente: una piccola isola dei
Caraibi, appena sotto Cuba. La chiamavano l’Isola dell’A.I.M. perché quel
gruppetto di supergeni che amano andare in giro con un casco da apicultore in
testa ne aveva fatto il proprio stato personale dopo aver praticamente
sterminato buona parte della la popolazione indigena. Era diventata il più
grande mercato di armi superscientifiche del mondo, tra le altre cose.-
-Fai bene a parlarne al passato, perché Boca Caliente non esiste
più: è stata distrutta un po’ di tempo fa in uno scontro tra i Vendicatori e
l’A.I.M. a causa dei poteri instabili di un affare chiamato Cubo Cosmico.
-Non del tutto esatto.- replica Clive: è rimasta una piccola
isola artificiale sotto cui esisterebbe un passaggio che permetterebbe di
accedere alle energie del cubo cosmico[18] ed è
a quello che Fu Manchu sta cercando di arrivare. Non credo che ci sia bisogno
di dirvi cosa potrebbe accadere se ci riuscisse.-
A
rispondere è solo un preoccupato silenzio.
L’ampio
salone è percorso dal sommesso mormorio delle voci dei presenti, ma Harold
Howard sembra non badarci. Seduto nella sua ampia poltrona dirigenziale in
pelle nera volge le spalle agli uomini e donne presenti e guarda il panorama di
Las Vegas senza parlare per lungo tempo, poi…
-Immagino che alcuni di voi si chiederanno perché vi ho fatti
venire qui.- dice.
-A dir la verità, amico, io me lo chiedo.- replica Luke Cage
–Conosco la tua fama, Howard e non mi piace quello che dicono di te e dei tuoi
metodi.-
-Non le chiedo la sua approvazione, Mr. Cage, ma solo i suoi
servizi e le assicuro che saranno ben retribuiti e che non sarà implicato in
nulla che possa urtare la sua suscettibilità morale, anzi...-
-Ok, diciamo che sono curioso. Ti ascolterò, ma se non mi piacerà
quello che hai da dirmi, me ne andrò da qui, non importa quanto sei disposto a
pagare.-
.-Mi pare onesto... e lei che mi dice Miss Natchios?-
-Pochi si sono preoccupati dei miei scrupoli morali finora.-
risponde Elektra –Ma lei sa che accetto solo i lavori che mi interessano ed al
prezzo che stabilisco io.-
-.Mr. Stroud…-
-Non capisco cosa possa volere da uno come me, ma la starò a
sentire… per ora.-
-Molto bene. Allora statemi a sentire, signori, perché la
posta in gioco è davvero molto importante e credetemi, non sto scherzando.-
E quando ha
finito di parlare nessuno di loro ha molta voglia di ridere.
FINE
PRIMA PARTE
Rieccoci
nuovamente tra voi dopo tanto tempo per riannodare le file delle vite dei
nostri personaggi.
Come al
solito, un po’ di note per aiutarvi a capire meglio il nostro scenario.
1)
In
teoria dovreste conoscere tutti i nostri personaggi, ma forse vi occorre un po’
d’aiuto per ricordarvi chi è Simon Stroud. Creato da Tony Isabella & Gorge
Tuska nell’ormai lontano 1974, Stroud era un ex agente della C.I.A. che in
qualità di membro di una non meglio identificata Squadra Speciale (una task
force federale forse?) collaborò prima con
2)
Il
Tenente Terenzio Oliver Rucker dell’Organized Crime Control Bureau del
Dipartimento di Polizia di New York è una creazione dell’amico Yuri Lucia, uno
dei validi autori che si occupano di narrarci le avventure dell’Uomo Ragno
(l’altro è Vale AlbaDiggi -_^) e colgo l’occasione di ringraziarlo per avermi
concesso di far fare al buon tenente una comparsata in questa storia, dandomi
anche l’occasione di citare cosa sta accadendo in altre serie Marvelit.
Nel prossimo episodio: continua la
missione di Shang Chi, Clive Reston e tutta la banda del MI6 contro fu Manchu;
nuove nubi si addensano su Moon Knight; Cage e soci apprendono in che guai si
sono cacciati ed in più… il ritorno di Iron Fist.
Io ci sarò,
non mancate nemmeno voi, mi raccomando.
Carlo
[1] In Creatures on the Loose #30/37 (Uomo Ragno, Corno #168/185).
[2] In Fear #27/31 (Uomo Ragno, Corno, #156/167).
[3] Nell’episodio #41.
[4] In Elektra Vol 1° #1 (Devil & Hulk #43).
[5] Sempre nel #41.
[6] Nell’episodio #36.
[7] Come illustrato in recenti numeri di Webspinners.
[8] Un riferimento alla lunga saga "Infinity", probabilmente. -_^
[9] No: non vi dirò a cosa mi sto riferendo, se siete dei veri credenti dovete per forza sapere a cosa alludo. -_^
[10] Iron Fist, per esempio.
[11] Come narrato in Midnight Sons #10. Jack Russell è, Per I pochi che non lo sapessero il leggendario “Licantropo di Notte” o “Licantropus”, come fu battezzata la sua serie in Italia.
[12] Negli ultimi episodi di questa serie, dove se no? -_^
[13] Nel episodio #38 per voi che tenete il conto. -_^
[14] Nell’episodio #25.
[15] Nella recente miniserie “Imported from Russia”
[16] Come dettagliato nei recenti episodi di Devil, Uomo Ragno e Ragno Nero.
[17] Maggiori dettagli nei più recenti episodi dell’Uomo Ragno.
[18] Non credeteci sulla parola, andate a controllare su Captain America Vol 1° #440/441 e Avengers Vol 1° #387/388 (su Iron Man & I Vendicatori #8/9).