PROLOGO: Basta poco per
cambiarti la vita. Una vincita al lotto, la coronazione di
una carriera, un amore inseguito per anni…oppure un incidente, una voce dal
passato che speravi di avere dimenticato, la scoperta della fede...
Un rapimento alieno.
Questi uomini e queste donne,
i 76 membri del vascello Neonautilus,
fino a poche ore fa si trovavano sul loro mondo natale, la Terra. La loro
maggiore preoccupazione era catturare il Re dei Mostri, l’invincibile Godzilla.
Naturalmente, non potevano
aspettarsi che qualcun altro potesse essere
interessato alla loro ‘preda’.
Men che mai si aspettavano di venire portati su un mondo lontano, molto lontano, a partecipare, che piacesse loro o no, ai problemi
di una specie aliena!
MARVELIT presenta
Episodio 2
- Il Re dei Mostri Gladiatori
“Signori, dovete scusarmi per
le…maniere adottate dai miei affiliati. Loro considerano come solo valido
compagno di un Gladiatore colui o colei che riesca a domarlo.
Voi siete riusciti in tale intento con Godzilla, e questo fa di voi i suoi
compagni nei giochi. Godrete di grande rispetto, con
una creatura così potente.”
“’Domato’ mi sembra alquanto
improprio,” disse un uomo un po’ sovrappeso
dai capelli corti grigi ed hawaiana, quest’ultima ancora più vistosa in
quell’ambiente quasi monocromatico. Jerome
Lawson fissò il loro interlocutore, un giovane dai capelli corti e biondi
-se bastava giudicare i riccioli che spuntavano vicino agli occhi- con una
maschera-elmo a forma di testa di drago, vestito di un giubbotto verde e lunghi
stivali verdi su calzoni bianchi.
“Signor…Dran…” Jerome esitò
sul nome. Come gli altri, era troppo impegnato a riflettere sulla loro
situazione per pensare a una cosa come i nomi dei loro
anfitrioni.
“Dorn. Ral Dorn. Senza il ‘signore’,” gli disse
garbatamente il giovane.
“Ral Dorn. Come volevamo dire, Godzilla non è affatto domato. E non so quale
sia il livello di intelligenza degli animali che
vivono qui…” di nuovo i suoi occhi volarono per un momento alla grande
finestra. Il panorama era davvero eccezionale, una vista perfetta sulla skyline di una città dalle architetture
eleganti e svettanti, che sembrava stendersi fino all’orizzonte.
E il cielo era pieno di draghi. Stavano a quel posto come i veicoli
stavano alle città terrestri. Animali di ogni
colore e dimensione, i parti viventi di tutte le fantasie sulla specie, dai traghetti
ai maestosi dragoni ai wyvern. E tutti erano montati
da cavalieri, umani e non, inguainati in scintillanti armature.
Come etologo, Lawson era in cuor suo al settimo cielo.
L’uomo si schiarì la gola, per
poi tornare immediatamente al discorso. “Non so quale sia il livello di intelligenza della fauna locale, ma io e i miei
associati,” indicò con un cenno del braccio l’equipaggio del Nautilus. Nella grande sala, erano tutti impegnati chi a giocare a carte,
chi a bere, chi a chiacchierare e chi semplicemente ad osservare il colloquio
al tavolo. “Io e i miei associati, dicevo, sappiamo che Godzilla è intelligente. Si può dire che gli manca
solo la classica parola.
“La sola ragione per cui siamo riusciti a catturarlo è che sta per deporre le uova[i]. Ha
bisogno di molto cibo, di una tana protetta e certo non di mettersi a combattere,
se non per difendere la prole.”
Ral Dorn sembrò tutt’altro che
scoraggiato. “Ormai sappiamo di questo suo…stato interessante. Sarà vostra cura
assicurarvi che i pulcini nascano in perfetta salute, ed accudirli mentre
sceglierete chi fra di voi dovrà finire col
simbiotizzare la propria mente alla loro; noi vi aiuteremo con le nostre
tecnologie. Ma Godzilla non può essere escluso dalla
presente crisi. Non ci sono vie di mezzo. Dovete convincerlo a fidarsi di noi
per la cura delle uova.”
A questo punto prese la parola
Rodrigo Nemo Ismaele Pollard, un lupo
dei mari se mai se ne era visto uno. Anche se non era un supereroe, il Portoricano ancora era in
grado di torreggiare su Ral Dorn o sui suoi compagni alieni.
“Forse non ci siamo spiegati,
ragazzo,” il Capitano del Nautilus si sporse
leggermente in avanti, tenendo gli avambracci incrociati sul tavolo. “Godzilla non è un animaletto domestico. Ed è
sicuramente il più grosso e fottuto
bastardo che abbiate mai visto qui. Non lo si può controllare, se non dopo averlo ridotto ai minimi
termini, letteralmente. Non è fatto per essere lasciato in giro, chiaro?”
Ral e l’alieno insettoide-manta
dalla pelle gialla che lo accompagnava si scambiarono un’occhiata. L’umano era
perplesso, e forse lo era anche la creatura dagli occhi compositi.
In quel momento, si udì una
nuova voce…che veniva dal pavimento. “Il vostro atteggiamento è davvero
incomprensibile. Siete candidati fra i più rispettabili dispensatori di
giustizia, eppure continuate a pensare nei vostri assurdi termini.”
“Che io sia..!”
questo lo mormorò un uomo segaligno, con pochi capelli in un ciuffo carota, e
il volto affilato. Gladstone Hawkins.
“Cos’è? Un Triblo?” Questo lo chiese una versione
giovanile del più celebre Tony Stark: Hugh
Howards.
Il nuovo arrivato sembrava
effettivamente essere uscito da un episodio di Star Trek: era una folta palla di pelo scura, senza alcun arto od
organo visibile, che procedeva rotolando. E parlava un Inglese perfetto e privo
di accento.
“Qui su Rammatpolen,” continuò la creatura dopo
essersi fermata ad un passo dal tavolo, “Il legame fra un dragoniere ed il suo
drago è sacro, la realizzazione della volontà di Antesys.”
Generale inarcamento di
sopracciglia.
A quel punto, nell’aria
apparvero dal nulla degli schermi, almeno una dozzina, che mostravano
immagini di draghi in vari mondi, nei più incredibili paesaggi.
Solo uno degli schermi
mostrava uno sfondo assolutamente bianco, un nulla totale in cui stava sospeso
un oggetto dai colori cangianti, cristallino…o era metallico?
“L’Uovo Universale. L’inizio e la fine di tutto.
Quando l’Uovo si apre, nasce l’Omniverso. L’Omniverso
è Antesys.
“Il dragone fu la prima forma
di vita complessa intelligente, prima dei mammiferi, prima dei rettili. Una
specie a parte. L’incarnazione di Antesys.
“Antesys non esiste per
imporre una morale o un suo pensiero. Antesys è tutto. Ordine e caos, vita e
morte, bene e male, amore ed odio, creazione e distruzione…Antesys esiste perché
tutto esiste.
“Ma
tutto esiste in un quadro preciso, in uno stato d’ordine. Un corpo si ammala,
ma le sue cellule tendono alla guarigione. Così Antesys possiede i suoi ‘anticorpi’,
per così dire: i draghi.
“I draghi vigilano
sull’equilibrio di innumerevoli mondi, in innumerevoli
dimensioni, spesso alleandosi con le locali forme di vita dominanti, che sia
sulla Terra, o nel Microverso, o nell’Intraverso, o in realtà che solo una
persona può raggiungere.
“A volte, però, neppure loro
possono vincere da soli se un intero mondo può coalizzarsi
contro di loro. La vostra Terra è solo uno di tali
casi.
“Noi Hudak decidemmo di contribuire facendo del nostro mondo un’arena in
cui forgiare i Dragonieri, una casta altamente
selezionata fra gli abitanti dei mondi dove i draghi vigilano. Dragonieri e
draghi formano un team affiatato, vigili sentinelle della pace.
“Chiamiamo i candidati più
promettenti, ed essi si addestrano qui, vincendo gara dopo gara. La sopravvivenza il fine, l’elezione il premio.”
Lawson e Nemo guardarono di nuovo verso l’esterno. “E…quanti
non sopravvivono?” chiese lo scienziato.
In risposta, la forma pelosa tremò. Sei zampe, simili a
quelle di un ragno, uscirono dal suo corpo. Lo sollevarono. E
lo sollevarono…
“Ma è disgustoso,” commentò la donna che sul
Nautilus stava dietro ai sonar.
Il ‘tenero
triblo’ ora sembrava la caricatura di un ragno, sospeso su sei lunghe zampe spesse
come bastoni, dalla punta aguzza. Ed era alto
abbastanza da guardare un uomo in faccia. “Ci siamo votati a che non un drago muoia, su Rammatpolen. L’arena seleziona il più adatto a
sopravvivere a quello che li aspetta sul loro mondo. Gli sconfitti tornano a
fare quello che facevano prima di essere chiamati…ma attraverso di loro, la
conoscenza di Antesys sopravvive e viene tramandata.”
Hugh estrasse e si accese una
sigaretta al mentolo -grazie a Dio, questi Hudacosi non erano dei
proibizionisti! Soffiato un filo di fumo, l’ex-agente SHIELD disse, “D’accordo.
Diamo per scontato che aderiamo al vostro blabla e facciamo partecipare ‘zilla
ai vostri campionati intermondiali. Che ce ne viene?”
All’occhiata interrogativa di Ral Dorn, soffiò del fumo proprio nella sua
direzione. “Giovanotto, quale sarebbe l’idea? Dove ci mandereste a dispensare
giustizia? Sulla Terra? Diamine, ci sono certi robottoni che da soli bastano e
avanzano, senza contare un esercito di super che potrebbero
tenere testa a dei cattivi coi fiocchi.”
“E poi, Godzilla non è un
drago,” riprese Lawson. “Se ho capito bene, non ha le
qualifiche di base per partecipare ai vostri tornei.”
Imperturbato, l’Hudak disse,
“I suoi genitori lo erano.”
Lawson deglutì. “Prego..?”
“Draghetti
marini, alcuni degli ultimi sopravvissuti allo sterminio dei draghi avvenuto
nella vostra storia. Le loro uova
furono contaminate dalle radiazioni dei vostri esperimenti nucleari. Godzilla è
l’unico sopravvissuto e, a suo modo, un successo.
“La sua struttura genetica non
è perfettamente stabile, e un’analisi non abbastanza accurata può indurre ad
errori di valutazione. Godzilla, nel suo stato attuale, è simile ad una
crisalide, in attesa che i suoi geni assumano la
conformazione definitiva. È un processo molto lento, ma è in atto.
“Quanto alla sua località di
destinazione, essa sarà selezionata alla fine del torneo. Avete ragione, la
Terra è alla fine ben difesa dai suoi super-esseri; non solo, in un’occasione
la volontà collettiva dei suoi abitanti umani riuscì a vincere la minaccia di
un’invasione da parte degli Z’nox[ii].”
“Ve lo chiedo un’ultima volta,” disse Ral Dorn, squadrando i Terresti alla tavola uno ad
uno. “Siete disposti ad essere i Dragonieri di Godzilla per i tornei di selezione?”
“A
nome dell’equipaggio sotto il mio comando,” rispose Nemo. “No. E posso
aggiungere che, per quanto mi riguarda, potete fare di quel lucertolone quello
che volete, fin quando resterà molto lontano dalla Terra.”
Si alzò in piedi e si diresse verso l’uscita. “A proposito,”
disse quasi distrattamente, tipo Tenente Colombo, proprio un attimo prima di
varcare la soglia. “Gradirei che ci faceste tornare sulla Terra quanto prima.”
Lawson scattò in piedi,
seguito a ruota da Hawkins. “Capitano!” dissero all’unisono, prima di lanciarsi
al suo inseguimento.
“Ral Dorn,”
disse l’Hudak, ignorando ormai i Terrestri. “Vuoi essere il dragoniere di
Godzilla?”
Il
giovane annuì. “Sarà mio dovere e mio onore.”
“Capitano!”
Nemo si fermò. “So cosa volete
chiedermi, signori, e vi dico subito di no.”
Hawkins lo fissò come se
avesse sentito parlare un matto. “Capitano, dobbiamo
restare qui almeno come custodi di Godzilla. E
soprattutto per conoscere meglio questo posto! Insomma, non lo vede? Quali
esseri umani hanno mai avuto una simile opportunità? Certo, supereroi a parte.”
Lawson era, se possibile,
ancora più invasato. “Qui Godzilla godrebbe di una
libertà insperata. Possiamo osservarlo interagire in modo costruttivo con altre
forme di vita, e non solo: le mie pubblicazioni sulla mutazione indotta dalle
radiazioni potrebbero diventare testi di riferimento! Dobbiamo fare la nostra
parte per proteggerlo, o almeno vigilare sul suo benessere!”
Nemo li redarguì con l’’occhio
che uccide’. “Io ho una sola responsabilità, signori, ed è il Nautilus ed il
suo equipaggio. Non mi stancherò di ripeterlo fino a quando non saremo via di
qui.”
“Io non me ne
andrò, Capitano. Anzi, apprezzerei molto se i miei effetti personali venissero trasbordati a terra.”
Hawkins annuì. “Lo stesso vale
per me. Buon giorno, signore.”
Nemo
li osservò allontanarsi. Scosse la testa, incredulo…ma non importava. Se necessario, li avrebbe legati come salami e sbattuti nei
cessi!
La porta si aprì.
Ral Dorn, ora adornato con un
ampio mantello del colore del fuoco, con i bordi decorati come lingue di
fiamma, si diresse con passo sicuro, attraverso l’hangar dove era custodito il
Nautilus, verso la gigantesca gabbia di cristallo che ospitava un ecosistema in
miniatura -una efficace replica di una laguna tropicale.,
riscaldata da un ‘soffitto’ di potenti lampade solari.
Ral non poteva vederlo, ma
sapeva che sotto lo strato di sabbia e roccia giaceva il suo futuro compagno di
battaglia.
Il giovane sfiorò appena il
cristallo con una mano guantata. <Godzilla, mi puoi sentire?>
Il cristallo, un composto
blindato a prova di cannonate, spesso un metro, fu percorso da una vibrazione:
era il ringhio di avvertimento del mostro, un verso
basso che si propagò lungo le ossa del giovane.
<Non hai nulla da temere da
me, potente fratello,> Ral continuò ad accarezzare
gentilmente le emozioni della creatura. Emozioni complesse,
ricche di sfumature, come si era aspettato. Godzilla non rispondeva con
la parola, ma con l’empatia. Un discorso muto, per i sordi
alla voce del cuore. <Ti prometto che difenderò la tua nidiata, e non
sarò solo. Ma ho bisogno di te, un intero mondo ha
bisogno di te.> Di nuovo fu quasi sommerso dalle emozioni dell’altro.
<No, non voglio metterti in pericolo, ma…> questa volta, Ral Dorn dovette
interrompersi e stringere i denti, così potente fu
l’ondata che travolse i suoi pensieri. Una goccia di sangue colò dal naso, e lui
cadde in ginocchio, ansante, appoggiandosi con una mano al cristallo.
I Terrestri avevano ragione:
Godzilla era cresciuto libero e selvaggio per troppo tempo. La sua volontà non
sarebbe stata piegata o sviata, non gli importava nulla di Antesys
o dei dragonieri.
Ral
si rimise in piedi. Non importava, avrebbe tentato il possibile per convincere
questa maestosa creatura ad accettare il ruolo per cui
era nata!
“Come è
possibile? Un drago più potente di tutti quelli mai visti fino ad ora su
Rammatpolen?” Ad esprimere questo scatto di incredulità
fu una donna. Una donna dalla pelle verde come l’erba. Il suo corpo era chiuso
in una specie di armatura fatta di luce solida, che
fluttuava a pochi millimetri dal suo corpo, lasciandone non poco scoperto. La
sua testa, salvo il volto, era avvolta da un elmo di diamante scolpito in linee
morbide.
Un ologramma dalla vaga forma
umanoide disse, “È così, mia signora. La voce si è
sparsa in fretta, e le immagini non lasciano adito a dubbi. Questo Godzilla, è
destinato a vincere ogni competizione.” La forma
umanoide fu sostituita dalla riproduzione in scala del re dei mostri, una
specie di supertirannosauro alto trenta metri, dalle scaglie verdi, con braccia
lunghe ed articolate, una cresta di robuste placche ossee che andavano dal cranio fino alla coda spinata come una mazza
chiodata.
La donna serrò le sue labbra,
di una tonalità verde appena più leggera del volto. “Allora dobbiamo impedire
che Godzilla partecipi ai tornei. Hai detto che ci sono anche delle uova?”
“Sì, mia signora.”
“Che
non una si schiuda. La prole deve essere sterminata insieme al genitore.”
La voce dell’altro, quasi un
fruscio completamente asessuato, esitò. “Mia signora…non posso. Le misure di
sicurezza sono drasticamente aumentate per ogni drago da quando Skagerackrakor avvelenò un intero recinto di essi. Ci vorrebbe un esercito
per…”
Con
la massima calma, lei disse, “E allora manderò un esercito.”
Il pugno coperto da un ricco
strato dorato sfrecciò veloce.
E colpì lo stomaco senza
fallo, strappando un grugnito
al robusto uomo che, sul Nautilus, fungeva da ingegnere
capo. Moriz Serchenko, un Russo
cresciuto sulle rive del Mar Baltico, vacillò, ma non cadde. Un sorriso,
invece, spuntò sulla sua folta barba nera venata di grigio. “Tutto qui, fanfarone?”
L’attaccante era, se il volto
era indicativo, un ragazzo all’incirca dell’età di Ral. Indossava una splendida
armatura d’oro, e il volto incorniciato da capelli color platino era decisamente sorpreso. Sorpreso ed ammirato. “Un Terreste
capace di resistere al pugno di un Cavaliere
d’Oro di Venaria. Mi piaci, vecchio…ma ciò non toglie che non vi vogliamo
qui. Non meritate neppure di lucidarci gli stivali!” Il suo
commento fu approvato dalle risatine di un gruppo di suoi coetanei pure
in armatura d’oro.
“E meno male che i Dragonieri
dovrebbero essere dispensatori di giustizia,” disse la
sonarista. “Credo che i nostri Templari
fossero gente meno schizzinosa di voi.”
Il Cavaliere le si avvicinò, torreggiando su di lei. La sua mano saettò
in avanti, e le afferrò il polso in una stretta tremenda. Lei digrignò i denti,
grugnendo appena.
“Le donne devono tacere, non
interferire nelle cose da uomini…”
“Jolos, attento!” gridò un
Cavaliere. Lui si voltò…appena in tempo per trovarsi un piede piantato sulla
guancia! Jolos cadde a terra, lasciando cadere l’elmo che reggeva nel braccio.
“Allora risolviamo questa cosa
da uomini, giusto?” disse il Giapponese che rispondeva al nome di Takeshi Mori, addetto
agli armamenti. Tutti lo sfottevano più o meno periodicamente
per la sua vaga somiglianza con Jackie Chan…in compenso, sapeva combattere davvero come
l’attore coreano.
Jolos si alzò in piedi. Si
passò una mano sulle labbra, pulendole dal sangue. “Hai osato ferirmi…e nessuno
ci era riuscito, se non in una cruenta battaglia. Avrò
volentieri la tua testa per questo, infe*” aveva già portato la mano alla sua
spada...quando la voce di un Hudak lo gelò sul posto. “Fermo, dragoniere!”
Questo alieno aveva il pelo(?)
grigio, e non blu come quello di prima. Si frappose fra i terrestri ed i dragonieri
avanzando fluidamente sulle sue zampe. “Dragoniere, loro sono perdonati, anche
se solo per ora, a causa della loro ignoranza. Tu ed i tuoi compagni conoscete
la regola delle regole, tuttavia. Esponila.”
Dalla sua faccia, Jolos
avrebbe volentieri mangiato fiele, ma invece, rivolto ai Terrestri, disse,
“Ogni abitante di Rammatpolen, residente od ospite che sia, deve rispettare i
diritti dell’altro.”
“E tu
hai mancato. Subirai dei punti di penalità nel prossimo scontro. Un’altra
violazione ti costerà l’espulsione. Ora ritirati nei
tuoi alloggi, Cavaliere d’Oro.”
Jolos ed i suoi compagni lo
fecero. Lo sguardo che rivolsero ai Terrestri era sufficiente a capire che in
qualche modo non sarebbe finita lì.
“Credo che vi siano dovute ulteriori spiegazioni,” disse l’Hudak, bene
interpretando la perplessità dei suoi ospiti. “Dovete capire che il concetto di
‘pace’ e di ‘giustizia’ come voi lo immaginate è relativo, e non applicabile
alle miriadi di civiltà che occupano il vostro solo universo.
“Per esempio, i Cavalieri di
Venaria sono per voi dei sadici assassini, guerrieri forgiati per una guerra
condotta da un tiranno crudele.
“Eppure,
anche nelle loro atrocità, i Cavalieri contribuiscono a mantenere una società
pacificata e stabile al suo interno, e soprattutto operano una selezione naturale
che, sulla lunga distanza, va a potenziamento della loro specie e di quella dei
draghi locali. Nel quadro evolutivo del loro mondo, sono apportatori di
costruttività.”
“Un punto di vista alquanto
opinabile, se me lo chiedi,” quasi ringhiò Moriz.
“Preferirei vent’anni di guerra per sbarazzarmi di simili nazisti, piuttosto
che subire la loro ‘giustizia’.”
“Cionondimeno, voi
rispetterete i loro diritti. Ora che sapete della regola, vi ci adatterete.” La creatura ritrasse le zampe e rotolò via.
“Come se volessimo restare in
questo posto del cavolo.”
“Io voglio rimanerci,” disse Takeshi.
“Eh?”
“Non fare quella faccia,
Sherchenko-san. Questo posto è qualcosa che supera le mie più grandi fantasie:
in Giappone, le possibilità di fare dell’avventura sono pressoché nulle, per
questo mi ero unito al Team Godzilla. Qui…” sospirò, felice, “qui posso avere
quello che cercavo.”
Moriz lo fissò come se avesse
perso non solo il Venerdì, ma tutta la settimana. “Tu sei pazzo, muso giallo. E
ora scusami, devo verificare in che condizioni è il Nautilus.”
Takeshi guardò il Russo uscire
dalla porta. Non era stupito dal suo atteggiamento, quelle teste dure
continentali raramente vedevano al di là del proprio
naso. Poi si rivolse alla sonarista. “E tu, Milena,
cosa intendi fare?”
Milena Grossmonde andò alla
parete-finestra. “Vuoi proprio saperlo? Non lo so. Tutto questo è, be’,
fantastico, e credo che ancora non basti, come parola.
“In famiglia gli avventurieri
non mancano di sicuro, e credo proprio di avere preso qualcosa da mio padre e
da mio nonno…ma ho ancora degli amici e dei parenti che non voglio lasciarmi
dietro. Ho accettato di fare parte della squadra perché avevo bisogno di un
lavoro ben pagato… Venire dalla ex DDR non aiuta di
certo, economicamente.” Milena si strinse nelle braccia. “Voglio pensarci su,
almeno per questa notte. Del resto, credo che saremo
in parecchi, a farlo. Nessuno di noi ha famiglia, in fondo.”
Takeshi annuì. Andare dietro a
Godzilla rappresentava un rischio pazzesco, tornare vivi
non era obbligatorio. L’equipaggio era stato selezionato imponendo come parametro l’assenza di vincoli coniugali o filiali.
Il Giapponese considerò che forse
era per quello che il Capitano non aveva subito
ordinato una riunione dell’equipaggio: sapeva che non era il momento giusto per
imporre una decisione…sicuramente, domani mattina, dopo una notte di riposo e
di adattamento, si sarebbe giunti ad una soluzione ragionata…
Forse.