MARVELIT presenta
I DIFENSORI
Episodio 65 – I Predatori dell’Anima Perduta
Di Valerio Pastore (victorsalisgrave@yahoo.it)
Da qualche parte nel Nuovo
Messico
Poteva andargli peggio.
Poteva andargli peggio…
Certe volte, doveva proprio ripeterselo. Soprattutto quando
scopriva che certi calcoli erano stati sballati da un parametro errato infilato
lì per pura distrazione… Sì, sì, sarebbe stato facile riprendere le formule e
reimpostarle. In fondo, era lui lo
scienziato, il grande fisico. Ma era anche un pezzo che non lavorava a quel
livello di complessità usando solo carta e penna.
Robert Bruce Banner osservò sconsolato le pile di fogli destinate a diventare carta
straccia, che tappezzavano il pavimento della sua caverna-bunker. Sospirò: il
lato positivo era che adesso aveva il tempo
di dedicarsi ai suoi hobby. E i suoi custodi non avrebbero mancato di fargli
avere rifornimenti abbondanti –di quella e di matite. Cominciava a sospettare
di stare sviluppando un certo gusto per quei bastoncini di cedro e grafite…
All’improvviso, una luce
esplose dal nulla! Una luce abbagliante, prismatica, eppure allo stesso tempo
fredda.
<Ho bisogno di te, Hulk,> disse una voce direttamente
nella mente di Bruce. L’uomo andò immediatamente nel panico: chiunque fosse il
responsabile di quel fenomeno, stava superando tutte le barriere faticosamente
erette. E se a questo punto il mostro fosse stato liberato*
Poi
la luce lo avvolse, e i suoi pensieri furono soffocati dal grido di gioia di una
delle sue personalità…
Da qualche parte
nell’Oceano Atlantico
Super eroe, presidente di
compagnia, e anche se ex-sovrano di Atlantide ancora erano molti i doveri che
lo legavano alla sua patria…
L’uomo di nome Namor McKenzie, altrimenti conosciuto come
Sub-Mariner, era ben conscio delle
sue responsabilità, ed erano passati i giorni in cui un capriccio personale
poteva venire ad esse anteposto. Questo però non voleva dire che, una volta
ogni tanto, non potesse delegare le sue responsabilità ai suoi sottoposti più
fidati, per potersi lasciare andare al freddo e rassicurante abbraccio
dell’oceano.
A quelle profondità, il buio
per un semplice umano era totale, ma per Namor ed ogni homo mermanus era come un piacevole crepuscolo. I pesci
luminescenti erano come tante minuscole stelle. Le caldere irradiavano ondate
di gradevole calore. E, soprattutto, c’era il silenzio. Silenzio per riflettere,
silenzio per ascoltare il proprio corpo e aiutarlo a rilassarsi là dove era
necessario…
<Ho bisogno di te,
Sub-Mariner.> La voce giunse nella sua mente secca come una frustata! Contemporaneamente,
davanti a lui apparve una luce. Mille colori si alternavano in quella sfera che
trasformava l’oscurità in giorno. Namor dovette socchiudere gli occhi. “Chi
sei, invasore del mare?”
<Tutto
vi sarà spiegato, ma non qui e non ora. Adesso seguimi.> Poi, tutto il mondo
fu pieno di quella luce così fredda…
Da qualche parte
nell’orbita terrestre
Contemplava il globo verde e
azzurro, venato dall’eterno gioco di nuvole candide. Era sempre uno spettacolo
bellissimo… Ma per la figura argentea in piedi su una tavola dello stesso
colore, capace di vedere oltre lo spettro a cui gli occhi umani erano limitati,
era anche uno spettacolo triste. Perché Norrin
Radd, ormai conosciuto universalmente come Silver Surfer, poteva vedere le cicatrici lasciate
dall’inquinamento e dall’effetto-serra, come un medico poteva vedere strati di
tessuto marcescente sotto la pelle solo apparentemente sana e bella.
In momenti come questi,
Surfer si chiedeva se davvero era valsa la pena ribellarsi a Galactus per la specie dominante di
questo mondo, una specie che, per quanto bene in sé potesse avere, confinava
tale bontà a pochi eletti, mentre la maggioranza di loro si dirigeva verso
l’autodistruzione con una morbosa impazienza…
Tuttavia, quell’atto di
ribellione, anni fa, aveva contribuito a salvare altri mondi prosperi e dal futuro
più roseo di quello della Terra.
E poi, in fondo, a quel mondo
era ancora affezionato: per questo, periodicamente, tornava a visitarlo. Per
pregare a suo modo che i suoi abitanti trovassero il buon senso di salvarlo
insieme a sé stess*
Improvvisamente, una luce
attirò la sua attenzione. Veniva dalla superficie, un globo prismatico che
sfrecciava velocissimo verso di lui. Norrin analizzò rapidamente quel fenomeno:
se fosse stata un’arma, l’avrebbe facilmente neutralizzata…
Ma
qualunque cosa fosse, sfuggì ad ogni tentativo di sondarla. E prima che
l’ex-araldo di Galactus potesse reagire, ne fu inglobato. <Ho bisogno di te,
Silver Surfer!>
Greenwich Village,
Manhattan
A vedere questo elaborato
costrutto, interamente composto di brillanti energie arcane, il pensiero
sarebbe immediatamente corso ad una singolare forma di ‘shangai’: una mescola
apparentemente caotica di glifi rossi e glifi blu. Una struttura, in realtà,
retta da un delicatissimo equilibrio, nella quale i giocatori dovevano
continuare ad aggiungere a turno i loro pezzi senza causarne il collasso.
Un’esplosione di luce, breve
ma intensa, segnalò la fine del costrutto, e della partita. Poi un glifo per
ogni colore apparve al centro del tavolo quadrato, perché una nuova partita
ricominciasse.
“Stai desiderando di
distruggere il tavolo, vero amico mio?” chiese l’uomo seduto ad un lato del tavolo.
“Ammetto che la tentazione è
forte, maestro,” rispose la singolare figura dal lato opposto: sprofondato in
una poltrona adatta alla sua stazza, stava infatti un minotauro. Il suo corpo era coperto di una rada pelliccia verde, e
null’altro. Era alto abbastanza da sovrastare generosamente l’uomo magro dai
capelli brizzolati. “Non capisco dove stia sbagliando.”
“Ti manca ancora la
necessaria flessibilità, Rintrah”
disse Stephen Strange, versandosi una
tazza di tè dal servizio posato su un tavolino alla sua destra. “Ero un
discepolo di grado decisamente inferiore al tuo, quando riuscii a sventare un
piano del Barone Mordo per uccidere
l’Antico, anche se, come poi scoprii…”
“…era un test dello stesso
Antico per metterti alla prova,” concluse per lui la creatura.
“L’ho raccontata troppe
volte, vero?”
Rintrah, rispettosamente, non
disse nulla mentre prendeva un biscotto dal suo tavolino…e si irrigidì prima di
portarselo alla bocca. Sbuffò nervosamente. “Lo percepisce anche lei, maestro?”
L’uomo stava per rispondere,
quando una pulsante sfera di luce prismatica apparve nel mezzo della stanza. I
due maghi scattarono in piedi, già pensando ad una serie di incantesimi adatti
a quell’inaspettato sviluppo. La cosa più preoccupante era che quel fenomeno
era apparso a dispetto di tutte le barriere di protezione…
<Dottor Strange,> disse
una voce nella mente dell’uomo <Ho bisogno di voi. Ho bisogno dei Difensori.>
“Identificati,” comandò il
mago, cercando di non fare trasparire la sua perplessità, che rispecchiava
quella di Rintrah: questa entità non sembrava essere di natura maligna, eppure
in qualche modo gli era familiare…
In risposta, la sfera pulsò
velocemente un paio di volte. <Vi spiegherò tutto, ve lo prometto. Ma ora
non ho quasi più forze per restare su questo piano. Strange, per favore.> Il suo tono supplice non lasciava
adito a dubbi. Strange mosse una mano verso la cappa della levitazione che fluttuava in un angolo della stanza.
Con appena un fruscio, l’oggetto si avvolse intorno all’uomo. “Rintrah,” disse
Strange. “Tu resterai qui, per adempiere ai tuoi obblighi di mago supremo. Se
il nostro ‘ospite’ vuole me, non intendo deluderlo. Se sta mentendo, scoprirà
presto di avere commesso un grave errore.”
La
luce scese su di lui, e Rintrah dovette coprirsi gli occhi quando il bagliore
divenne insopportabile. E poi rimase solo. Buona
fortuna, maestro.
Cape Cliff,
Salisgraveshire, Scozia Nord-Occidentale
Riapparvero ai piedi di un
castello scavato nella viva e nera roccia di una scogliera battuta dal maltempo,
le rocce levigate come lame da secoli di lavoro della natura più tempestosa di
quella regione.
“Strange!” esclamò un Hulk
verde, vestito di un’uniforme cachi militare. “Chissà perché, dovevo aspettarmi
che ci fossero le tue stregonerie dietro a questo casino. E Hulk odia le stregonerie!”
“Un pessimo momento per le
battute di spirito, bruto,” disse Namor, fissando il gigante di giada. A
differenza di quando era stato ‘prelevato’, ora indossava il suo vecchio
costume blu e oro.
“Non sono più responsabile di
voi di questa…singolare rimpatriata,” disse l’ex-mago supremo. Strange fissò il
cupo castello. “Se vogliamo parlare con qualcuno per sapere qualcosa, lo
troveremo lì..”
“Già che ci siamo, un buon
detersivo non ti farebbe male,” commentò Hulk, fissando Strange con aria
curiosa. “Hai usato la cappa per coprirci una mucca, di recente?”
“Credo che i nostri piani
dovranno essere rimandati,” disse Silver Surfer, guardando verso il cielo
tempestoso.
Hulk si scrocchiò le dita.
“Guai? Ottimo: avevo voglia di sfogarmi un po’!”
Pochi istanti dopo, nel cielo
apparvero draghi. Uno stormo di una
dozzina di piccoli draghi serpentiformi, e a cavallo di ognuno di essi stava un
umanoide vestito da una pesante armatura scarlatta, che rendeva impossibile
determinarne tanto la specie quanto il sesso.
Strange, in testa al formidabile
quartetto, tese un braccio a trattenere l’impeto dei suoi vecchi amici.
“Attendete.”
Lo stormo prese a volare in
cerchio sul gruppo. Uno dei cavalieri disse, con un tono indiscutibilmente
minaccioso quanto inumano, “Intrusi, noi siamo i Grifoni del Triumvirato! Avete sconfinato nel territorio del Darkmere, e siete pertanto passibili di
pena di morte da eseguirsi in loco, a meno della vostra resa incondizionata!”
Hulk e Namor si scambiarono
un raro ghigno di perfetta intesa. “E noi come rispondiamo a cotanta
gentilezza, vostra maestà?” chiese il ‘Professore’.
Un secondo dopo, i due
formidabili guerrieri scattarono verso l’alto, veloci e letali come missili!
I cavalieri rossi, per quanto
avessero le loro armi già puntate, furono colti di sorpresa tanto dalla velocità
quanto dal tipo di reazione! Due draghi furono abbattuti con un colpo solo. “Ce
la fai a tenerli buoni mentre preparo loro una sorpresa?” chiese Namor, già
dirigendosi verso il mare a tutta velocità.
“Sicuro. Lascia ai veri
uomini il lavoro pesante.” Hulk usò il corpo inerte del drago appena colpito a
mo’ di supporto per spiccare un nuovo salto verso il resto dei cavalieri rossi…
Questa volta, però, i soldati
non si fecero sorprendere: dalle loro lance furono lanciati getti di energia
scarlatta!
Hulk ne fu colpito in pieno:
tuttavia, quelle stesse energie che avrebbero potuto facilmente incenerire un
essere umano su di lui ebbero solo l’effetto di fargli rizzare i capelli in
testa e bruciargli l’uniforme. Hulk cadde verso il basso. “Questo è seccante…”
borbottò, arrestando la propria caduta afferrandosi al bordo della scogliera.
Subito si portò sulla terraferma, e si preparò ad accogliere l’ondata nemica.
“Voglio proprio vedere cosa vorrebbe fare quel figlio di Capitan Findus!”
Ebbe la sua risposta un
attimo dopo: il mare ribollì, poi fu come se fosse esplosa una colossale mina!
Dal getto di schiuma bianca, emerse un mostruoso tornado marino! Il getto di acqua, grande abbastanza da avvolgere
un grattacielo, investì in un istante i Grifoni, spazzandoli via come altrettante
mosche. Quelli che non precipitarono in mare furono scaraventati a terra, dove,
insieme alle loro cavalcature, rimbalzarono più volte prima di fermarsi.
I cavalieri ed i draghi
fecero per rimettersi in piedi…ma ne furono impediti dall’apparire intorno ai
loro corpi di spessi anelli di energia scarlatta! E per quanto si sforzassero,
la presa degli anelli rimase salda.
“Le bande scarlatte di Cyttorak hanno trattenuto entità più potenti di
voi, signori,” disse il Dottor Strange avvicinandosi ad uno dei soldati. “Ora
che la forza bruta ha fatto la sua parte, vorrei chiarire la nostra posizione.”
Gli occhi dietro l’elmo
dell’uomo brillarono di una luce soprannaturale. Se gli sguardi avessero potuto
uccidere… “La vostra sola posizione è di fuorilegge. Il vostro destino è di
finire prigionieri del Triumvirato!”
Strange bisbigliò un
incantesimo, e i soldati e le loro cavalcature caddero istantaneamente in un
sonno profondo.
“La cosa è più seria di
quanto appaia,” disse il mago. “Ci troviamo nella dimensione-ombra.”
“Vale a dire?” chiese Hulk.
“In termini scientifici,
potresti definirla ‘stato di interfase’: immagina un collante che tiene insieme
le ramificazioni del multiverso. Ogni volta che qualcuno viaggia da una
cronolinea all’altra, o da una dimensione all’altra, finché si muove in questo
multiverso, lo fa attraversando il Darkmere (come lo chiamano i nativi di
quest’area). Normalmente è necessaria la presenza di un varco per accedervi, e
questi Grifoni devono esserne i guardiani…”
“In sostanza, Strange?”
chiese Namor.
“I miei poteri saranno sempre
più indeboliti mano a mano che ci allontaneremo dal varco.”
<Temo che sarà un
sacrificio necessario,> disse la familiare voce mentale. <Speravo fossi
più potente, Strange. Ma è anche per questo che ho voluto radunarvi, per essere
sicuro che almeno uno di voi potesse liberarmi.>
Tutti si erano voltati ad
osservare la figura astrale apparsa
fra loro ed il castello: la figura di un umanoide nudo, alto, dalla pelle
dorata e i lunghi capelli argentei percorsi da scintille.
“Cos’è, anche i nostri vecchi
nemici avevano voglia di una rimpatriata?” fece Hulk.
“Qual è la ragione della tua
chiamata, Nebulon?” chiese Strange,
imperturbabile.
<È molto semplice: voglio
tornare alla pace. Ma ora che siete qui, lasciate che vi spieghi tutto come vi
avevo promesso.> Indicò il castello. <Quella è la dimora di un altro
potente mago, il Conte Victor Salisgrave.
Per ragioni solo a lui conosciute, ha voluto resuscitarmi dal sonno eterno per
inserirmi in un gruppo di esseri malvagi chiamati Supernaturals.
<Dopo alcune peripezie,
giungemmo qui per fermare il negromante Thulsa
Doom, che in questa dimensione aveva trovato un luogo sicuro dove aprire l’Oculum Infernalis. E qui, i Grifoni mi
hanno ucciso.[i]
<Ma il mio tormento era
solo destinato a durare: il Triumvirato prese possesso dei miei resti, per
clonarli ed usarne il potere al fine di consolidare la loro presa su questo
mondo, per poi espandere il loro dominio oltre il Darkmere. Siete i soli che io
conosca che possono fermare quei mostri, i soli che agiranno senza secondi
fini, senza ordire altri complotti.>
“Detto da un vero maestro
dell’arte,> disse Namor. “Hai dedicato la tua esistenza a conquistare
Strange gli posò una mano
sulla spalla. “È da qualche tempo che ho percepito un disturbo nelle forze
mistiche del nostro mondo. Non riuscivo a localizzarne la sorgente, e ora
capisco perché: almeno su questo Nebulon non sta mentendo.”
“Il suo potere consiste nella
manipolazione delle energie ambientali,” disse Hulk, annuendo. “Se da questa
dimensione, in qualche modo, possono interfacciare tale potere con ogni mondo
vivo ‘confinante’…”
“Possono diventare più
pericolosi di quanto possiamo immaginare. Se Nebulon facesse parte di un simile
piano, non si sarebbe preso il disturbo di rapirci per poi lasciarci liberi di
agire. Sì, voglio credergli.”
“Credi a quella storia del
Conte e…” Namor fu interrotto da un assenso.
“Conosco Victor di
Salisgrave, e si tratta di un individuo…complesso come Nebulon lo ha descritto.”
<Non ho più ragione di
perseguire un piano inutile per una razza che mi ha abbandonato al mio destino,>
continuò Nebulon. <La sola ragione per cui avevo accettato di lavorare per
il Conte era stata la sua promessa di ridare la vita anche a mia moglie se
avessi adempiuto alla mia parte del patto. Ma a questo punto non ha più senso
cullarsi nell’illusione: non voglio più lottare per la causa vuota della mia
gente, che per prima mi ha processato per avere cercato di aiutarla[ii], ne’
per gli oscuri piani del Conte. Voglio solo tornare al fianco di mia moglie
nella pace eterna. Vi prego, Difensori: siete la mia ultima speranza. A prova
della mia buona volontà, ho fornito a Namor una variante del suo costume,
capace di mantenere intatta la sua forza anche in caso di prolungata assenza
dall’acqua. Ho stabilizzato la personalità migliore di Hulk perché la sua forza
potesse essere usata nel modo migliore.>
“Per essere uno spirito prigioniero,
sai fare davvero tanti bei trucchi,” disse il gigante verde.
Il corpo astrale mostrò un
sorriso amaro. <Ironicamente, proprio le vaste energie che il Triumvirato
sta accumulando mi permettono di usarne un surplus per aiutarvi. Ma se voglio
essere libero, tutti i miei corpi artificiali devono essere distrutti.>
“Dove sono tenuti?” chiese
Surfer.
<Nella Capitale del Mondo. Fisicamente, occupa
lo stesso spazio di New York, ma non fatevi ingannare dalle apparenze. Il
regime del Triumvirato ha una presa molto salda sulla popolazione, e i pochi
dissidenti vivono in assoluta clandestinità, non si esporranno per niente o
nessuno. La gente preferirà rischiare la vita attaccandovi piuttosto che
inimicarsi il Triumvirato.>
La tavola di Surfer si
abbassò per permettergli di salire su di essa. “Guidami laggiù.”
“Non credo che sia una buona
idea, separarci,” disse Strange.
“Sono il solo che possa
raggiungere immediatamente
“Io la chiamo una buona
idea,” disse Hulk.
Surfer annuì. Ad un suo
cenno, una bolla di energia avvolse i suoi compagni.
“Io resterò qui,” disse
Strange. “Questa è la versione-ombra del castello del Conte, e potrei trovarci
qualcosa di utile. Avrò comunque bisogno di tempo per adattarmi alle forze
mistiche di questo piano, se voglio allontanarmi dal varco.”
Nebulon tornò ad essere una
sfera di luce prismatica, e schizzò via, seguita da Silver Surfer ed il suo
singolare carico.
Strange si diresse verso
l’ingresso del castello. Un occhio umano non poteva farci caso, ma lo sguardo
di Strange, anche senza l’ausilio dell’Occhio
di Agamotto che luccicava alla sua gola, poteva vedere oltre i limiti
mortali.
E l’ex-mago supremo poteva
vedere l’aura mistica che il castello irradiava come un faro. In effetti, era
sorpreso che fossero così pochi i Grifoni di guardia per un luogo così
significativo…
Per non sprecare energie,
Strange preferì usare la cappa e levitare fino agli spalti. Vi atterrò senza
problemi: non c’erano sigilli o barriere a difendere quel luogo.
Il mago attraversò un
passaggio, e scese lungo una chiocciola di scale di ferro. Dentro era buio, e
l’aria sapeva di abbandono da lungo tempo.
Giunto in fondo alla scala,
Strange decise di fare un po’ di luce. Il suo amuleto divenne subito un
piccolo, ma molto luminoso, faro…
Un istante dopo, qualcosa lo
colpì alla spalla! Per un momento, non percepì neppure il dolore; capì solo di
stare cadendo all’indietro per il contraccolpo. Solo quando sbatté contro il
muro di pietra, realizzò il dolore e gli sfuggì un gemito.
Decine di piccoli fuochi
apparvero in rapida sequenza nel buio. Ansimando, Strange puntò il fascio di
luce in avanti…
Trovandosi
a fissare una schiera di cavalieri scarlatti, armati con spade dalle lame
frastagliate e di robusti archi con le frecce già incoccate e puntate su di
lui, il mago capì di avere commesso un errore da dilettante. Sperò solo di
potere vivere per raccontarlo…
A differenza dei classici
‘docks’ di New York, la maggiore struttura portuale della Capitale del Mondo
era un’imponente struttura interamente militarizzata. Ogni singolo uomo e donna
indossavano un’uniforme militare. Guardie armate stazionavano presso ogni
magazzino ed approdo. Camionette con torre mitragliatrice vigilavano sul
traffico. Ogni nave da carico era affiancata da almeno un incrociatore.
Motovedette pesanti controllavano gli accessi al porto. La stessa struttura
portuale era al centro di un vasto traffico di mezzi.
“Scommetto che è dal D-Day
che non si vede un simile movimento di roba. Avranno bisogno di parecchi Mocio
e secchi per recuperare quello che gli lasceremo. Coraggio, Surfer: sgancia i
delegati messicani!”
“Ricordate solo che dovete
impegnarli, non fare una strage.” Un gesto, e la bolla scomparve.
Hulk precipitò, con un
fischio simile a quello di una V2. Namor si diresse verso le navi. Surfer si
allontanò in tutta fretta.
Gli uomini e le donne intenti
a caricare le merci sulle navi cargo sollevarono le teste al minaccioso fischio
proveniente dal cielo. Poi udirono un altro suono: una voce tonante che esplose
in una frase: “RICORDATEVI DI ALAMOOOO!!!”
Poi Hulk impattò! L’onda
d’urto che ne scaturì ebbe lo stesso effetto di un terremoto del massimo grado
della scala Richter! Il suolo si sollevò come se fosse stato liquido, pezzi di
pavimentazione volarono ovunque. Nelle immediate vicinanze dell’epicentro,
niente rimase in piedi! Uomini e donne caddero come pupazzi, i veicoli si
rovesciarono come cani ansiosi di mostrare la pancia. I magazzini più vicini si
afflosciarono come castelli di carte malriusciti. In particolare un paio di
quelli, che ospitavano munizioni ed esplosivi, esplosero in colossali vampate!
Per alcuni momenti, i soli
suoni che si udirono furono quelli delle sirene e del fuoco, mentre l’incendio
ingolfava i magazzini confinanti con quelli esplosi. Il personale fissava
ammutolito il centro di quella devastazione giunta totalmente inaspettata. Una
fitta nube di polvere copriva l’epicentro. Poi, da quella nube emerse Hulk.
“Questo è quello che chiamo un ‘ragionevole inizio’. Ora, vediamo se voi
piccoli uomini sapete fare di meglio?”
La reazione non si fece
attendere: come un sol uomo, i soldati spararono con tutto quello che avevano.
Una pioggia di proiettili investì il gigante verde, ma non ebbe su di lui più
effetto di una pioggerella di primavera.
“I fucili sono troppo
complicati,” disse lui, afferrando una jeep ribaltata. Con pochi movimenti, la
accartocciò fino a farne una grossa palla. “A me piace tirare le cose!” E scagliò il proiettile improvvisato. I soldati
sulla sua traiettoria si gettarono a terra appena in tempo, pensando di averla
scampata per un pelo… Quando alcuni di loro capirono che era un altro il
bersaglio di quel mostro: per la precisione, la torre che ospitava la plancia
di comando di uno degli incrociatori! Il proiettile sfondò il cristallo, e a
giudicare dai suoni, si fece parecchi rimbalzi là dentro, prima di fermarsi.
“Strike uno!” Hulk si
avvicinò ad uno dei furgoncini blindati. “Vediamo cosa riesco a fare con una
palla migliore…” Udì il tuono allo stesso tempo in cui un proiettile di grosso
calibro lo colpì in pieno. Colto di sorpresa, Hulk finì contro l’ingresso di un
magazzino. Sfondò la porta e sprofondò fra sacchi di farina.
L’equipaggio della nave che
aveva appena sparato non intendeva sottovalutare un simile avversario. Nuovi
colpi furono esplosi a rapida distanza dai tre cannoni. Il magazzino fu
semplicemente ridotto ad una nuvola di detriti, fiamme e fumo. Niente di vivo,
neppure un Grifone, poteva avere…
…resistito?
Una
specie di missile esplose dalla colonna di fumo, trascinandosi dietro una coda
di fiamme, come una infernale cometa. “Ora
mi avete fatto davvero arrabbiare!” Hulk volò contro l’incrociatore, e con
un rumore di tuono lo passò da parte a parte! La nave sobbalzò sotto la potenza
di quell’impatto. Linee del carburante esplosero, geyser di fiamme eruttarono
dal ponte e sotto la chiglia. La nave si spezzò in due.
Poteva
essere putrida per tutti quegli scarichi, ma era pur sempre acqua, ed essa
diede a Namor tutta la forza di cui aveva bisogno. Il principe vendicativo vi
cadde come un missile; un istante dopo, lasciandosi dietro una scia ribollente,
si diresse verso una nave cargo. La colpì in pieno all’altezza del timone,
sfasciandolo irrimediabilmente.
Senza
fermare la sua corsa, Namor si diresse verso la pancia di una motovedetta. Si
immerse abbastanza per prender una buona rincorsa, e di nuovo colpì, questa
volta sfondando lo scafo ed emergendo attraverso la poppa, dove era installato
il cannoncino! I marinai cercarono invano di sparare a quel siluro umano,
mentre si dirigeva verso un incrociatore, poi dovettero abbandonare la nave.
Namor
lanciò un’occhiata all’operato di Hulk. Quello che vide confermò i suoi timori:
il corpo era quello del ‘Professore’, ma la personalità era quella di ‘Fixit’, per come stava procedendo nella
sua opera di distruzione, per come parlava…
Ma
non c’era tempo per preoccuparsene, ora. Namor si tuffò nuovamente in mare.
Andò ad afferrare la catena della nave. Ne spezzò la catena e, impugnandola fra
le braccia, risalì verso la superficie.
Appena
emerso, i membri dell’equipaggio spararono con tutto quello che avevano, dalle
pistole alle mitragliatrici, ma ogni colpo si infranse contro l’ancora. Namor
volò verso la plancia di comando, sollevando l’ancora sopra la propria testa.
Giunto sulla perpendicolare del ponte, urlò “Imperius Rex!” e scese brandendo l’oggetto come una spada, ad una
tale velocità e con tale forza da scavare un solco nel metallo come fosse stato
burro!
Cloud Towers Island
Di nome e di fatto, il cuore
del potere del Triumvirato era situato in un’isola volante. Fluttuava al di
sopra di uno strato di cumulonembi, invisibile all’occhio umano salvo che per
una frazione della sua base, che si presentava come un minaccioso, frastagliato
ammasso di granito grigio. La testimonianza concreta della presenza del nuovo
ordine, il guardiano onnipresente ed inavvicinabile.
Sullo schermo, l’attacco di
Hulk stava riducendo sempre più a pezzi l’impianto portuale.
“Secondo
l’Akashi, si tratta di Hulk e Namor
della Cronolinea-
Improvvisamente, tutti i
militari presenti nell’area del porto si fermarono. I loro volti divennero maschere
prive di espressione, i loro occhi vuoti.
Hulk,
nell’atto di lanciare un altro relitto di autovettura, si fermò altrettanto
velocemente. “Uh? E ora che diavolo vi è preso, nanetti?” La curiosità prese il
sopravvento sulla rabbia. E in quel momento, il Triumvirato colpì! Un attacco di mistiche energie
investì l’invasore; Hulk andò a terra con un ultimo grugnito.
Dall’alto,
Namor vide quanto era successo. E la sua distrazione gli fu fatale, perché
anche lui fu colpito in pieno dalla stessa energia. Precipito sul ponte della
nave, sfondandolo…
“Incredibile,” disse Rachel Custode del Pozzo del Nulla, la
voce carica di sincera ammirazione. “Quel colpo avrebbe dovuto uccidere il
gigante immediatamente. Volevi solo giocare con lui, Kalhed?”
“No, sorella mia.” Il mago si
preparò a colpire di nuovo. “Non immaginavo che un mortale fosse così
resistente, tutto qui. Il prossimo attacco sarà… Cosa?!” Prima di potere finire la frase, il loro palazzo era stato
scosso da un impatto terrificante!
“Che diavolo è successo?” chiese il terzo triumviro,
l’anziano Jona, Custode della Gabbia del
Perdono. Dimentico di Hulk, spostò la visione sullo schermo del palazzo,
rivelando una specie di cratere fumante proprio nel suo punto più solido, la
base di granito.
“Silver Surfer!” esclamò la
donna. “L’Akashi ha detto che era potente, ma al punto di vincere le nostre
difese così facilmente…”
L’anziano mago ebbe come una
terribile intuizione. Ad un suo nuovo cenno, la visione mostrò loro dove fosse
diretto l’intruso. “No!”
Il pavimento, come ogni
parete di quella gigantesca stanza, era stato concepito per resistere anche ad
un’esplosione nucleare ravvicinata. Una divisione di Grifoni sorvegliava la
colossale vasca che giaceva al centro della stanza. Una vasca dalle pareti
trasparenti, piena di un liquido nutriente. Un liquido in cui galleggiava una
versione enorme di Nebulon!
Dal corpo nudo e asessuato si
dipanavano decine e decine di cavi, ognuno inserito in una specie di spina. Nel
petto del clone, all’altezza del cuore, pulsava una sfera di luce prismatica.
Ad ogni pulsazione, la luce multicolore si riversava dal cuore lungo il sistema
circolatorio, per poi venire assorbita dai cavi.
Un terremoto scosse
all’improvviso la quiete della routine delle guardie! I Grifoni faticarono a restare
in piedi, e prima che potessero riprendersi, fra un coro di sirene di allarmi e
di ordini gridati, il pavimento super rinforzato esplose, e dalla colonna di macerie, emerse Silver Surfer, i pugni
saturi di energia cosmica! “Questo scempio finisce ora!” disse il cavaliere cosmico.
I Grifoni lanciarono
all’unisono una tempesta di frecce, mentre i dispositivi automatici fecero
fuoco con una ragnatela di raggi laser. Surfer schivò ogni colpo con facilità,
muovendosi con l’agilità e la velocità che lo caratterizzavano.
Per conto suo, Norrin Radd
recuperò in fretta l’iniziativa. Puntò le mani e con un colpo distrusse i
sistemi automatizzati, mentre con l’altro sbaragliava i Grifoni.
Quando ebbe finalmente campo
libero, il Difensore usò il potere cosmico per erigere una barriera
impenetrabile lungo ogni parete della stanza. Poi, contemplando il grande corpo
prigioniero, disse, “È dunque questo l’abominio che ti toglie la pace?”
Stavolta, a rispondergli fu
proprio quel corpo, con una voce debole, agonizzante. “Distruggilo, ti prego.”
Per quanto Surfer fosse restio
a spegnere una vita, si preparò a colpire…
“Sarebbe un grave errore.”
Si voltò di scatto. La prima
parola che gli venne alla mente fu ‘impossibile’, perché solo un avversario
molto potente avrebbe potuto superare la barriera senza che lui se ne accorgesse…
“Infatti, io sono potente
quanto immagini,” disse Jona, fasciato da un abito elaborato dai colori verde,
nero, oro e bianco, con un colletto rigido alto fino alla sua testa chiomata
d’argento. “Permettimi di presentarmi.” E dopo che lo ebbe fatto, disse, “Non
proverò neppure ad insultare la tua intelligenza, Surfer, dicendoti che si
tratta di un improbabile equivoco. Noi siamo i signori di questa nazione, e
siamo pronti ad estendere con la forza delle armi o del ricatto il nostro
dominio al resto del mondo.”
Surfer puntò un pugno carico
di energia su Jona. “Quindi, quale ragione avrei per non impedirvi di farlo?”
“Il fatto che noi siamo la
sola cosa che stia fra il Darkmere e la fine del Multiverso come lo conosci.
Dimmi, Silver Surfer, hai mai sentito nominare i Superni? E non parlo delle
sfere per evocarli.”
“No.” Surfer non abbassò la
mano. I suoi raffinati sensi non percepirono alcuna minaccia, per il momento…
“Conosci le Gemme dell’Infinito.” Non era una
domanda.
“Cosa c’entrano?”
“Conosci la loro origine.”
“Rispondimi!” Surfer le
conosceva fin troppo bene, sapeva cosa era stato capace di farci il folle titano,
Thanos, quando le aveva possedute[iii]…
“Subito dopo la nascita del
Multiverso, nacque la prima forma di esistenza senziente. Questa entità, tuttavia,
avvertendo la propria insopportabile solitudine, decise di esplorare il reame
vergine e ancora privo di vita che lo circondava. Scelse una cronolinea a caso,
questa, e separò la propria essenza in altrettante ‘gemme’, oggetti solo
apparentemente inanimati, capaci di interfacciarsi con qualsivoglia altro
essere vivente.
“Questa…notevole entità era
molto potente, ed onnisciente. Aveva percepito la presenza delle sue
controparti nel resto del multiverso. Trovando in esse niente altro che
immagini speculari di sé stesso, prima di separarsi nelle gemme, ha deciso di
usare il proprio potere per creare qualcosa di unico, di irripetibile, che
fosse esistito solo per il Darkmere: i Superni, i suoi figli, ognuno dei quali,
come le Gemme, era dotato di un frammento dell’infinito potere del loro padre.
“Il problema è che il potere
fa gola, Silver Surfer: il potere assoluto non solo corrompe in modo assoluto,
ma crea un desiderio assoluto. Sulla
Terra-16923, il mistico Galadeno,
millenni fa, possedette per breve tempo la gemma della realtà. Non conoscendone
la vera natura, se ne fece influenzare fino ad impazzire. Fu un processo lento,
durante il quale egli la usò per scrivere un trattato di magia nera, il Tomo di
Galadeno, appunto. E lui stesso lo usò, in realtà guidato dal suo inconscio,
sempre più immerso e dominato dal Superno della Realtà, per giungere alla
conoscenza definitiva. Quello che lui chiamava Oculum Infernalis, lo strumento per giungere a quella conoscenza,
era la mente del Superno. E quando vi entrò in contatto, la sua mente e la sua
anima cessarono di esistere per quel tremendo input: immagina un occhio
costretto a guardare il nucleo di una quasar.
“Galadeno morì subito dopo,
ma il danno era fatto: aveva scritto la formula dell’onniscienza, aveva imparato
ad usare un processo magico per giungere all’essenza dei Superni. Il Tomo
mistico è diventato oggetto di brama e di ricerca, sempre ben nascosto agli
aspiranti dèi, fino a quando il negromante Thulsa
Doom non lo ha portato qui per riaprire l’Oculum[iv].
Credendolo erroneamente un ammennicolo inutile, lo abbandonò qui. Noi lo
abbiamo preso e lo teniamo in custodia, ma non basta.
“Un’altra serie di artefatti
è stata forgiata nel tempo, per giungere all’essenza dei Superni: le Dieci
Sfere. Individualmente, esse conferiscono un vasto potere a chi le detiene.
Insieme, possono creare una temporanea interfaccia con i Superni. Immagina,
Surfer, un potere abbastanza vasto da cancellare un universo, che venga
liberato in modo incontrollato. Un solo microsecondo di esposizione
annienterebbe la tua cronolinea. Un minuto, decine.
“Le sfere, però, hanno un
limite preciso: furono concepite come arma definitiva da un popolo assediato e
sfinito da una lunga guerra con ben sei regni diversi. Il sovrano di quel
popolo, che commissionò la creazione delle sfere, in un singolare atto di
democrazia, decise che solo la volontà collettiva del suo popolo poteva
attivare le sfere contemporaneamente e causare un annientamento senza ritorno.
Due individui separati, ad esempio, non possono attaccarsi a vicenda, le sfere
non funzionerebbero.”
“Voi volete conquistare il
mondo per…impedire che un popolo possa decidere di usare le Sfere dei Superni?”
Jona sollevò un sopracciglio.
“Oh, certo che no: assoggettare con la forza un popolo, indipendentemente dalle
intenzioni, ne accentuerebbe l’unione nel desiderio di vendetta, e sarebbe solo
questione di tempo prima che il peggio avvenga.
No, noi intendiamo creare uno
stato di guerra mondiale permanente. Useremo ogni mezzo a nostra disposizione
per fare sì che tale guerra costringa a esodi di massa, a ridisegnare la
geografia etnica frammentandola come mai era stato fatto prima. Nessun popolo
potrà invocare il potere delle sfere perché non ci sarà nessun popolo integro a
desiderare di usarle, e i sopravvissuti al conflitto avranno ben altro di cui
occuparsi che pensare alle sfere.
“Si tratta di una misura un
po’…estrema, me ne rendo conto, ma le Sfere dei Superni, a differenza delle
Gemme dell’Infinito, hanno una singolare qualità: sono uniche, assolutamente
uniche, non hanno controparti nelle altre cronolinee. Devono restare qui nel
Darkmere, dove possiamo tenerle sotto controllo, mentre allo stesso tempo ci
prepariamo a cancellare ogni memoria delle culture e delle tradizioni che hanno
preceduto quelle odierne. La storia, ora e per sempre, deve diventare un
guazzabuglio di racconti, di fiabe, le generazioni future non dovranno neppure
lontanamente sospettare dell’esistenza delle Sfere, ne’ dovranno essere capaci
di generare altri maghi, ne’ dovranno esservi mutanti. Noi dovremo essere i
soli custodi della verità e del potere per tenerla nascosta. Siamo pronti ad
attendere fino alla fine del sistema solare, se necessario.”
Surfer era a dir poco
agghiacciato: solo Thanos o Mefisto, fra tutti coloro che aveva incontrato, potevano
parlare con tanta calma di una simile mostruosità!
“Abbiamo vagliato le altre
opzioni: come le Gemme, le Sfere dei Superni possono essere riunite per quanto
sparpagliate. E se ora il loro limite è la volontà popolare, un mistico, fra
cento o mille anni, potrà trovare il modo di aggirare tale limite.” Jona scosse
la testa. “No, abbiamo una possibilità irripetibile, quella di essere gli
eterni custodi di questo mondo.”
“Un mondo devastato dalla morte e dal dolore, generazione dopo generazione?! Che razza di follia è questo vostro piano??”
“Un piccolo prezzo perché
almeno la vita continui ad esistere, qui e nelle altre cronolinee. Noi esistiamo
da molto tempo, Surfer, e continueremo ad esistere per molto altro tempo.
Abbiamo visto sorgere e cadere innumerevoli regni ed imperi, abbiamo visto i
sogni e le speranze più nobili degli individui e le ‘immortali’ cause dei
popoli diventare cumuli di nulla dimenticato nelle pieghe del tempo. Il valore
che dai alla vita, Surfer, è dettato da una morale che fra mille anni sarà
dimenticata. Essere immortali ha un
vantaggio, Norrin Radd: aiuta a pensare con più lucidità, liberi dal fardello
delle emozioni.”
“MENTI!” L’argenteo eroe non
esitò neppure un istante: dal suo pugno scaturì un colpo di una potenza
sufficiente ad atomizzare quell’essere che di umano aveva solo il guscio! Il
suo cuore era nero come quello di un demone, la giustizia poteva essere solo
radicale, definitiva…
“Soddisfacente,” disse Jona,
protetto da uno scudo fatto di scintille. “Era da tanto tempo che non affrontavo
un avversario degno del mio potere. Adesso, scusami…” ad un suo cenno, delle
bande di energia avvolsero il cavaliere d’argento.
Surfer osservò le bande, e si
preparò a distruggerle. “Non penserai certo di fermarmi con queste*YAERGH!*”
Gridando il suo dolore, si piegò in due. Cadde in ginocchio, continuando a
tenere lo sguardo puntato sul vecchio.
Jona disse, “Non sprecare le
tue energie, Silver Surfer: ti si ritorceranno contro ogni volta che tenterai
di liberarti. Fra poco tu ed i tuoi amici sarete espulsi dal Darkmere, e una
volta chiuso quel noioso varco presso il castello dei Salisgrave, non potrete
più accedervi. Il Dottor Strange, purtroppo, non verrà con voi: la sua morte si
è resa necessaria perché nessuno potesse ancora interferire con i nostri*erk!*”
I suoi occhi si rovesciarono improvvisamente. Jona emise un secondo rantolo, e
cadde a terra, inerte.
Le
bande scomparvero dal corpo di Surfer, che subito dopo si alzò in piedi.
“Grazie per avermi fatto capire che tu
eri vulnerabile ad un mio attacco, se colto di sorpresa. E il potere cosmico
può servire anche per provocare piccoli ma significativi danni al cervello.” Si
voltò verso il recipiente che conteneva il clone deforme di Nebulon. “L’ultima
volta che ci incontrammo, eri un nemico: ti auguro di trovare la pace che
cercavi, uomo celestiale.” Senza esitare, Silver Surfer colpì il contenitore,
disintegrandolo in un ultimo bagliore di energie.
Mentre l’incredibile Hulk e
Namor iniziavano la loro opera di distruzione, mentre Silver Surfer si
avvicinava al suo obiettivo, Strange si trovava a contemplare la morte per mano
di una folta schiera di Grifoni armati fino ai denti, decisi a non fare
prigionieri. Se una sola delle loro armi incantate aveva potuto superare le sue
barriere e ferirlo, non poteva sperare di farcela contro un attacco massiccio!
In più le punte dovevano essere state misticamente avvelenate, faceva troppa
fatica a concentrarsi anche per un semplice incantesimo di teletrasporto.
Le frecce incoccate
partirono!
Contemporaneamente, una forza
sconosciuta attrasse Strange verso una delle armature. Fu letteralmente
risucchiato, e non c’era nulla che potesse fare per impedirlo…
“Cosa..?” Gli ci volle
qualche istante per realizzare che aveva appena attraversato un’altra dimensione.
Si trovava in una specie di giungla, in piena notte. Un vento tiepido faceva
frusciare gli alberi. L’aria era piena dei suoni della vita selvaggia.
Inclusa una voce alle sue
spalle, che disse, “Ora sei in salvo, Stephen Strange.”
Il mago si alzò in piedi,
scoprendosi a fissare prima un paio di occhi gialli. Poi, dalle ombre emerse un
uomo-leopardo. La creatura era vestita da una bella armatura blu leggera,
intarsiata di gioielli, che lo copriva solo dalle spalle al bacino. Le braccia
e le gambe, coperte da un pelo dorato delicatamente macchiato di nero,
mostravano delle fasce metalliche a loro volta intarsiate d’oro. Due else
incrociate spuntavano dalle spalle.
Strange aveva buona memoria,
e riconobbe la creatura, anche se era più selvaggia dall’ultima volta che
l’aveva vista. “Tu sei Tagak.”
L’altro annuì. La sua voce
era profonda, quasi ipnotica. “Ironico, vero, che un aspirante Difensore abbia
salvato un Difensore fondatore?” Stese un braccio come ad abbracciare la
giungla. “Questa è la mia casa. Ti ho attirato qui usando il riflesso sulle
armature dei Grifoni. Ancora una volta, il Conte mi ha sorpreso.”
“Il Conte? Parli di Victor…”
“Sì. Durante la missione nel
Darkmere, che vide la morte di Nebulon, l’attacco dei Grifoni quasi mi uccise,
e il Conte mi rispedì nella mia dimensione perché potessi riprendermi. Anche se
a quel punto ero svincolato da ogni impegno con i Supernaturals, mi chiese un
ultimo favore: di vigilare sulla sua fortezza-ombra, e di salvarti quando fosse
giunto il momento. Qui scoprirai che la tua magia funziona senza problemi.”
Strange provò tale
affermazione tessendo semplici incantesimi per dissolvere la freccia e curarsi.
Per il Vishanti, che sensazione splendida!
“Ti sono davvero grato, amico mio, ma il tempo stringe: devo tornare al
castello dei Salisgrave per capire perché il Triumvirato lo custodisca con
tanta attenzione, ma prima devo preparare una magia efficace. Tu puoi farmi un
ultimo favore?
Tagak
annuì. “Sono a tua disposizione.”
Attraverso il lucido riflesso
sull’armatura di uno dei Grifoni, Strange emerse all’improvviso, silenzioso
come un fantasma. I suoi nemici ebbero appena il tempo di vederlo. Poi, una
serie di cerchi composti da rune infuocate azzurre avvolse l’intera squadra!
I Grifoni caddero a terra un
attimo dopo, come se fossero stati colti da un sonno profondo. Strange scese a
terra, e subito evocò il potere dell’Occhio di Agamotto. L’amuleto che portava
al collo si aprì, e da esso partì un disco di luce che andò a posarsi sulla
fronte del mago.
Strange scrutò il castello,
trovando, come immaginava, altri Grifoni che lo pattugliavano. I casi erano
due, o nessuno si era accorto della sconfitta di questa pattuglia, o gli ordini
erano di non abbandonare comunque la posizione… Cosa rende questo posto tanto importante? È solo per via del varco
permanente? Ma, per quanto si concentrasse, non rilevava la presenza di
altri mistici, ne’ di artefatti speciali. La logica suggeriva che volessero
usare questo luogo come varco verso il suo mondo…
“O, forse, lo considerano
solo un luogo sacro da preservare da coloro che considerano indegni.”
Strange
si voltò. “Tu?”
“Quel vecchio inetto,” disse
Rachel, osservando la conclusione dello scontro. Poi, mentre Surfer rivolgeva
la sua potenza contro il corpo di Nebulon, con un cenno lei fece scomparire
l’anziano Triumviro. “Inutile perdere tempo con quella fonte di potere.”
Nonostante la sconfitta appena subita, sembrava comunque soddisfatta. “Da
quell’attacco al porto potremo comunque porre le basi per estendere la nostra
politica di aggressione in modo legittimo, senza troppe sottigliezze, non è
vero fratello..?” parlando, si era voltata verso Kalhed, per poi inorridire di
fronte allo spettacolo che si trovò di fronte.
“Sorella…” il giovane mago era
intrappolato nella morsa di Tagak, una scimitarra dalla lama d’oro intarsiata
puntata alla gola.
“I vostri piani per Nebulon
ed i Difensori finiscono qui, signori.”
“Animale!” L’ira deformò
letteralmente il volto della donna, che divenne una maschera di strega dalla
pelle nera, gli occhi inumani e rossi, la bocca irta di denti aguzzi. “Lascia
andare mio fratello!”
“Lo farò, se voi lascerete
andare i Difensori senza fare loro alcun male.”
La strega sibilò come un
felino.
La lama assaggiò un goccio di
sangue dalla gola di Kalhed. “Questa è un’arma mistica, strega: è stata
forgiata perché la morte da essa data sia senza ritorno. Vuoi verificare se sia
vero?” In risposta, una luce dorata si sprigionò dall’arma. La posizione di
Tagak era tale che un solo movimento avrebbe reciso la giugulare di Kalhed.
Rachel sfiorò
Tagak annuì. Con un solo,
veloce movimento, rinfoderò la scimitarra dietro la schiena e scomparve dentro
il riflesso di un gioiello di Kalhed.
“Maledetto…” mormorò il mago,
cadendo in ginocchio. Tremava d’ira. “Quando lo troverò, la sua pelle decorerà
la mia stanza, lo giuro!”
Il
volto di Rachel tornò normale. “Sei stato talmente sciocco da farti sorprendere
come un dilettante, figurarsi! Nostro padre starà ridendo di noi, ora. Ma, come
ho detto, da oggi il male subito verrà utile per nuocere ad altri...”
La figura era imponente,
tanto che sembrava riempire il salone. La figura familiare di un individuo dai
capelli grigio-cenere, gli occhi di un azzurro profondo come il mare dalle
pupille a fessura, vestito da un ampio saio nero frusto e decorato da una
cintura di cuoio.
Strange avrebbe dovuto
aspettarsi di trovare qui il Re del
Dolore. “Perché il Triumvirato dovrebbe considerare sacro questo luogo?”
“Come altrimenti dovrebbero
comportarsi dei fedeli figli verso il luogo dove il loro padre ha visto la
nascita?”
Strange sbarrò gli occhi.
“Figli..?”
L’entità
continuò a parlare con quella voce calma, echeggiante, venata sempre da una
profonda tristezza. “Ogni essere superiore ha i propri figli. Jona, Rachel e
Kalhed sono stati i miei discepoli più strenui, e ho consentito loro di
trascendere la propria mortalità, a patto che alimentassero il mio potere con
il dolore degli altri. Ho dato loro libero accesso al Darkmere, e da allora non
mi hanno mai deluso.” Fissò Strange, avvicinandosi a lui con appena un
frusciare del suo saio. “Non intendo discutere ulteriormente del loro operato
in questa dimensione, Strange, e dato che non ne conoscevi le ragioni, e in
virtù della vostra posizione nel vostro mondo, perdonerò te ed i tuoi amici di
questa piccola invasione. Questa volta.” Ad un suo cenno
i Difensori si trovarono
tutti presso la caverna-bunker di Hulk, nel New Mexico. Il giorno volgeva al
tramonto.
Al posto del gigante verde
c’era il grigio Mr. Fixit. “Dio, che mal di testa!”
fece Hulk, massaggiandosi le tempie. Quando aprì gli occhi, si guardò intorno.
“Cosa ci siamo persi?”
“Più domande che risposte,
temo,” disse Strange. E spiegò quanto aveva appreso sul Triumvirato. Alla fine
del racconto, Surfer annuì. “Sì, questo spiega il perché della loro politica,
anche se non fa che renderne più terribile la natura: sono come servi di
Mefisto, vogliono solo mantenere un inferno sulla terra per il loro dio.”
“Dovremmo fare qualcosa,”
disse Namor, “ma non ne sappiamo abbastanza. Quanto è potente questo Re del Dolore?”
Strange scosse la testa.
“Potrebbe facilmente tenere testa a Dormammu e Darklady. E nel Darkmere, il suo
potere è supremo. Se vorremo fermarlo, dovrò studiare attentamente una tattica
adeguata.”
“E nel frattempo ci separiamo
così, proprio dopo esserci appena riuniti? Va bene che cambiamo formazione più
frequentemente di quanto l’Italia cambi governo, ma per un pokerino ci state?”
indicò il bunker. “Non fatevi ingannare dalle apparenze: un po’ di comodità
erano nei patti per i miei arresti domiciliari. Ho anche un minibar.”
Ci fu uno scambiarsi di
occhiate, poi Namor disse, “Spero che tu non stia mentendo, bruto. A proposito,
hai anche una doccia, là dentro?”
Il gigante grigio strizzò
l’occhio. “Jacuzzi con idromassaggio.”
Il quartetto si diresse verso
la caverna. La pesante porta blindata si chiuse dietro di loro con un tonfo. Un
attimo dopo, fu aperta, e una manona grigia appese la cappa di levitazione ad
uno spunzone di roccia. “Spiacente, Strange, niente lavatrice, niente puzza! E
lavati, qualche volta!”
NOTA
DELL’AUTORE: Ed ecco qui il mio primo episodio dei Difensori a seguito della
gestione a marca Furlanetto! Era da tempo che volevo ripescare il vero &
originale quartetto presentato dalla Corno secoli addietro, e magari ci saranno
altri appuntamenti, in futuro. Un appunto su due comprimari: Nebulon e Tagak,
entrambi riapparsi per la prima volta dopo le vicende narrate su Supernaturals.
Li rivedremo presto, sempre da coprotagonisti, nella nuova miniserie dedicata a
John Lomax destinata a riprendere le vicende narrate da Pablo in ‘Darkmere’.
Salut!