N° 98
MASSACRO ALL’IRLANDESE
1.
Piove sempre ai
funerali, almeno nelle opere di fiction, suppongo che sia per conferire
maggiore drammaticità alla scena o per sottolineare quanto sia triste il
momento. Al funerale di Bernard Harris piove come da copione.
Non
conoscevo Bernard Harris e tutto quel che so di lui è che era un politico di
lungo corso che è stato consigliere comunale per molto tempo e che la sua
carriera politica ebbe una battuta d’arresto quando fu coinvolto in uno
scandalo relativo ad un tentativo di truccare le elezioni a Sindaco di qualche
anno fa da cui, però, uscì candido come un agnellino o quasi.[1]
Conosco
la sua figlia minore, però: Deborah, ex moglie dell’attuale Procuratore
Federale Franklin Nelson, ex ragazza ribelle e poi protagonista della vita
mondana newyorkese. Negli ultimi tempi Debbie è stata in Europa[2] ed
ora eccola qui, vestita rigorosamente di nero con le lacrime che le scorrono
sulle guance… e non è sola.
-Chi è il tipo al suo fianco? chiedo,
sussurrando, alla mia collega Candace Nelson, incidentalmente la sorella di
Foggy ed ex cognata di Debbie Harris.
Candace
sembra scuotersi da chissà quali pensieri e risponde:
-Quello? È Sterling Stuyvesant, un miliardario
del New Jersey. Cosa faccia esattamente per vivere non lo so, ma i suoi party
sono i più famosi di tutta l’area metropolitana ed i biglietti d’invito sono
tra i più attesi.-
Naturalmente
il fatto che Stuyvesant sia al fianco di Debbie può essere dovuto a puro e
semplice interesse di un uomo per una bella donna, ma il mio istinto mi dice
diversamente e che la cosa ha a che fare con la conferenza stampa che lei ha
convocato per dopo il funerale.
Mi
chiamo Ben Urich, sono un giornalista e potrei avere una storia interessante da
raccontarvi.
L’uomo seduto nella poltrona in penombra ha
il volto orribilmente sfigurato ma la cosa non sembra affatto turbare il suo
visitatore che rimane in piedi davanti a lui.
-Paddy O’Hanlon…- dice l’uomo in poltrona in Gaelico Irlandese -… da
quanto tempo.-
-Troppo Finn, decisamente troppo.- replica il suo interlocutore nella
stessa lingua.
Finn Cooley tossisce
poi riprende a parlare:
-I giorni di Belfast e Derry sono alle nostre spalle ormai. I vecchi
compagni hanno abbandonato la causa repubblicana. Peggio ancora: l’hanno
tradita ed hanno fatto di noi dei reietti e dei fuggiaschi.-
-Non mi dici nulla di nuovo, Finn.- replica O’Hanlon -Ma non mi hai
fatto venire qui per recriminare sui vecchi tempi, non è vero? Hai bisogno di
un assassino.-
-Del migliore che conosco. Accetti?-
-Con molto piacere.- risponde Paddy O’Hanlon detto il Celta
I giornalisti si affollano davanti alla casa di
Debbie e le loro voci si sovrappongono creando una cacofonia che disturba le
mie orecchie ipersensibili.
Mi chiamo Matt Murdock, sono un avvocato di successo
e sono anche cieco. L’incidente che mi ha privato della vista mi ha anche
dotato di supersensi tra cui uno straordinario senso radar che mi permette di
percepire i contorni di tutto ciò che mi circonda. In questo momento mi dice
che in piedi davanti ai giornalisti ci sono tre persone. Il mio superolfatto
percepisce ai lati l’odore di due distinti dopobarba ed al centro l’aroma di un
costoso profumo femminile. Il ritmo dei battiti cardiaci raccolto dal mio
superudito mi permette di dedurre che uno dei due uomini è più anziano dei suoi
compagni e che la donna è nervosa e non posso non chiedermi perché: qual è
l’annuncio che vuole fare?
-Perché siamo qui?- mi chiede Natasha.
-Curiosità.- le rispondo -Conosco Debbie da una vita e mi chiedo che
intenzioni abbia.-
Natasha Romanoff non
è solo una bella donna di origine russa con un gusto per il lusso, è anche la
superspia e Vendicatrice nota come Vedova Nera, al momento costretta ad un
ritiro forzato a causa dell’imminente maternità. Nel caso ve lo chiedeste, sono
io il padre dei due gemelli che aspetta.
Finalmente Debbie Harris comincia a parlare:
-La morte di mio padre mi ha spinto a riflettere su cosa è diventata
la mia vita ed ho deciso che è ora che smetta di pensare solo a me stessa e
dedichi le mie energie a migliorare la comunità a cui appartengo, per questo
motivo ho deciso di… candidarmi a Sindaco di New York.-
Mentre un forte
brusio si leva dalla folla, devo ammettere di essere stato colto completamente
di sorpresa.
2.
Becky Blake spinge la sua sedia a rotelle
verso l’ingresso del consultorio legale gratuito intitolato a Karen Page che
Matt Murdock ha voluto creare a Hell’s Kitchen in onore della sua compagna
uccisa da Bullseye.[3]
Almeno una volta alla settimana ogni avvocato del suo studio deve passare una
giornata lavorativa al consultorio ascoltando i problemi di chi non ha i mezzi
economici per pagarsi un legale. Oggi è toccato a Becky che è accompagnata da
una giovane praticante di nome Meredith Campbell.
La ragazza le sta
aprendo la porta e nessuna di loro fa caso al SUV nero che avanza luogo la
strada. Non ci fanno caso, cioè, finché non sentono i primi spari e la via sino
ad allora tranquilla si trasforma in un’anticamera dell’inferno.
Becky sente la voce di
Meredith gridare:
-Giù!-
Si sente spingere a
terra. Annaspa fino all’impatto col suolo mentre i proiettili le passano sopra
la testa. Quando alza lo sguardo è già tutto finito: la vettura degli sparatori
è sparita ed a terra ci sono morti e feriti.
Trascinando le gambe,
inutilizzabili da quando uno stupratore le ha spezzato la schiena anni fa,[4]
Becky allunga la mano a recuperare gli occhiali che le sono caduti.
-Sembra che sia passata.- commenta -Tutto sommato ci è andata bene,
Meredith.-
Solo allora l’avvocatessa si accorge che la
ragazza è sdraiata a terra sulla schiena con una pozza di sangue che si allarga
sotto di lei.
Un grido le sale in gola:
-Meredith!-
Quando entro nella Missione, Becky è seduta a
bere una tazza di the caldo Dal suo battito cardiaco capisco che è ancora scossa.
Non è la prima volta che si trova coinvolta in atti di violenza, a cominciare
da quello che l’ha paralizzata, ma non ci ha fatto l’abitudine grazie a Dio.
Attorno a lei sento la presenza di persone familiari e ne sono felice ma
intanto devo recitare la mia parte.
-Becky sei qui?- chiedo.
-Da questa parte Matt.- mi risponde.
-Come stai?-
-Sono solo un po’ ammaccata e spaventata, ma Meredith… è stata
colpita. L’hanno portata al Columbia. Non sanno se… se…-
La sua frase rimane
sospesa. Un’altra voce che conosco bene interviene:
-Miss Campbell è stata colpita da un paio di proiettili di rimbalzo.
Non era lei il vero bersaglio.-
“Bucko” Leary è un
giovane ma tenace detective di origine irlandese del Distretto di Polizia di
Midtown Nord.
-E chi era?- chiedo
-Napper French.- risponde Thomas “Pop” Fenton, vecchio amico di mio
padre e gestore della Palestra Fogwell -Te lo ricordi Matt?-
-Il torturatore? E chi può dimenticarlo?- replico -È…-
-Quel vecchio fottuto bastardo… scusa il linguaggio Maggie… se l’è cavata
senza un graffio in compenso gli hanno fatto secco uno dei nipoti.-
-Il tuo linguaggio mi preoccupa meno della reazione di Napper.
Quell’uomo era pericoloso da giovane e dubito che sia migliorato con l’età.-
ribatte Suor Maggie, una delle colonne della comunità della Missione, residente
di Hell’s Kitchen da quando è nata ed incidentalmente anche mia madre, ma
questa è un’altra storia. Ciò che conta adesso è che ha ragione.
Finn Cooley vuole
trasformare il quartiere in una zona di guerra ma non ci riuscirà perché io lo
fermerò.
Mi
trovo in prima classe, non mi capita più da quando ero bambina ed andavo in
vacanza coi miei genitori. Da quando sono diventata adulta mi sono fatta un
vanto di sopravvivere solo con i miei guadagni e quindi addio a certi lussi.
Viaggiamo su un jet privato
noleggiato appositamente per l’occasione. A bordo, oltre a me, c’è la creme de
la creme delle migliori agenzie di escort di New York, donne che non
sfigurerebbero sulla copertina di una rivista di moda o su una passerella e
forse ci sono anche state, reclutate come parte del divertimento offerto ai
suoi ospiti da un boss del crimine che sta scalando i gradini della gerarchia
del Maggia.
Mentre dal finestrino osservo il
Golfo del Messico sotto di noi e penso a cosa succederebbe se il tizio in
questione scoprisse chi sono veramente.
Mi chiamo Candace Nelson, sono
una giornalista e spero vivamente di non finire questo viaggio nella pancia di
qualche squalo.
3.
C’era un tempo in cui poteva essere pericoloso
camminare dopo il tramonto per le strade di Hell’s Kitchen, oggi non è più così
o almeno è questo quello che dicono ed in gran parte era vero fino a pochi
giorni fa.
Un uomo assuefatto alla violenza ed al terrore è
arrivato in questo quartiere deciso a seminare entrambi e sta a me
impedirglielo. Conosco il suo nome e molte altre cose di lui ma non ho la più
pallida idea di dove si nasconda.
-Purtroppo i miei contatti alla C.I.A. e allo S.H.I.E.LD. non hanno
saputo dirmi niente sui movimenti di Finn Cooley. Quell’uomo è più evanescente
di un fantasma.- mi dice Natasha mentre siamo seduti sul divano del salotto del
suo lussuoso attico di Park Avenue -Ho provato anche con qualche amico che mi è
rimasto nel S.V.R.[5]
visti i rapporti tra KGB ed I.R.A. ai vecchi tempi ma è stato un altro buco
nell’acqua. Un fantasma te l’ho detto.-
Percepisco la sua frustrazione e le stringo le
mani. Posso immaginarla sorridere mentre aggiunge:
-Non mi sono arresa però. Ho saputo che Peter, il nipote di Cooley è
arrivato in città la settimana scorsa. Lui è molto meno bravo dello zio a
coprire le sue tracce.-
-E quindi sai dove sta adesso?-
-Ma certo. Sono brava nel mio lavoro, lo sai-
Mi dice un indirizzo di Hell’s Kitchen ed io non
perdo tempo. Sono già in costume e mi basta calarmi la maschera sul viso per
essere pronto ad entrare in azione.
-Mi piacerebbe poter venire con te.- mi dice Natasha accarezzandosi il
pancione -Purtroppo devo lasciare a te tutto il divertimento.-
Le sorrido poi apro
la grande porta finestra e balzo oltre la terrazza. Il vento mi accarezza il
volto mentre appeso al mio cavo raggiungo finalmente Hell’s Kitchen e mi
apposto davanti alla casa dove abita Peter Cooley.
Potrei entrarci facilmente ma non mi servirebbe a
meno che suo zio non abiti anche lui lì. Mi concentro ed allontano dalle mie
percezioni tutti i rumori tranne quelli provenienti dalla casa. Distinguo
cinque diversi battiti cardiaci. Un uomo piuttosto giovane e due donne nella
stessa stanza da cui vengono gemiti e risatine, Molto chiaro: il giovane Cooley
si sta divertendo. Al piano terra due uomini massicci, armati. Parlano Gaelico
e capisco solo una parola qua e una là. Niente fa pensare che Finn Cooley sia
qui o ci sia mai stato.
Un’auto si ferma
davanti alla casa attirando la mia attenzione. Ne scendono quattro uomini.
Impugnano qualcosa di metallico, armi?
La situazione si sta
facendo scottante.
Il New York Presbyterian Hospital è uno dei più
famosi istituti di cura della città gestito congiuntamente dalle università di
Columbia e Cornell. È qui che sono ricoverate le ultime vittime della guerra
tra bande che sta insanguinando la città, quelle che non sono nell’obitorio
cittadino almeno.
Mentre
scendo dal taxi noto un'avvenente donna dai lunghi capelli biondi con gli occhi
coperti da grandi occhiali scuri che impugna un bastone per ciechi ed è
scortata da due massicci figuri chiaramente armati verso una vicina limousine.
Ci metto meno di un secondo a riconoscerla: Cheryl Mondat, ex modella ed
attuale compagna di Richard Fisk, il figlio del famigerato Kingpin, che è
ricoverato qui da quando è rimasto ferito in un attentato orchestrato da un
aspirante boss che si faceva chiamare Hood.[6] Da
quel che ne so, il giovanotto sta migliorando ma non abbastanza da tornare a
casa, pare.
Accantono
questi pensieri e torno a concentrarmi sul motivo che mi ha portato qui.
Appena
entro al Pronto Soccorso la prima persona che vedo è Becky Blake seduta con lo
sguardo cupo sulla sua sedia a rotelle. Anche lei mi nota.
-Ben Urich!- esclama -Che ci fai qui? Cerchi
materiale sensazionalistico per il tuo articolo di domani?-
Scuoto
la testa e replico:
-Dovresti conoscermi abbastanza da sapere che
non sono uno sciacallo, Becky.-
-Hai ragione, Ben, scusami, ho i nervi a fior
di pelle.-
-Ti capisco. Vuoi raccontarmi cos’è successo?-
-Non è
c’è davvero molto da dire: volevano uccidere un vecchio boss della mafia
irlandese e non si sono preoccupati di chi poteva trovarsi sulla linea di tiro.
Io me la sono cavata con qualche ammaccatura, non così la mia assistente
Meredith Campbell.-
-Come sta adesso?-
-L’hanno operata un paio di volte e pare che
vivrà ma non sono sicuri che potrà ancora camminare. Se non le avessi chiesto
di accompagnarmi…-
-Non devi sentirti in colpa Becky, i veri
colpevoli sono i bastardi che hanno sparato e temo che non sia finita qui.-
-Che intendi dire?-
-L’uomo che volevano uccidere, Napper French,
sembra un innocuo vecchietto ma si racconta che una volta abbia fatto rapire un
rivale e l’abbia rimandato alla famiglia un pezzo alla volta tranne la testa e
c’è chi dice che l’abbia fatta bollire e dal cranio svuotato abbia ricavato una
tazza. Se si mette all’opera per vendicare il nipote scorrerà molto sangue.-
-Anche Matt lo ha detto.-
E
Matt è anche uno dei pochi che, nei panni di Devil, può impedire la carneficina.
Mi lancio nel vuoto e mi lascio cadere poi quando
sono vicino al suolo faccio scattare il cavo del mio bastone. Il cavo si
avvolge attorno ad un lampione consentendomi di arrestare la mia caduta, poi
con una capriola roteo intorno al lampione e piombo addosso a due gangster
facendoli rotolare a terra.
-Devil!- esclama un terzo.
-Vincerai il primo premio per l’esclamazione più scontata dell’anno.-
replico.
Anticipo di quanto
basta la sua intenzione di spararmi e lancio il mio bastone contro la sua fronte
mandandolo al tappeto. Contemporaneamente spicco un salto, afferro al volo il
bastone e mi rigiro su me stesso sferrando un calcio al mento del quarto
sgherro. Il tutto mi prende solo pochi secondi.
Sento che alle mie spalle uno dei due uomini che
ho steso per primi mi sta puntando contro la sua pistola e mi preparo a
stenderlo di nuovo quando echeggia uno sparo. Sento il rantolo dell’uomo che
stramazza al suolo. È già morto prima di toccare terra. Un secondo colpo ed
anche il suo compagno fa la stessa fine. Stessa sorte tocca ai due a terra.
Mi basta poco per capire da dove sono provenuti
gli spari; il tetto della palazzina dove abita Peter Cooley.
Lancio il cavo che si attacca al cornicione più
vicino e comincio a salire. Non permetterò al cecchino di fuggire.
4.
Deborah Harris esce in terrazza e lascia che
il vento le scompigli i capelli. Il suo unico indumento è la giacca di un
pigiama da uomo. Si trova in uno degli appartamenti privati ai piani alti
dell’Hotel Plaza nella Quinta Avenue di New York. Alle sue spalle arriva un
uomo di circa trent’anni dai capelli castani che indossa i pantaloni dello
stesso pigiama e che incidentalmente è anche il proprietario dell’appartamento.
-Sei pensierosa?- le chiede poggiando le mani sulle sue spalle.
-Mi stavo chiedendo se non ho fatto il passo più lungo della gamba,
Stuy.- risponde Debbie -La gente ricorderà che sono stata in carcere e perché e
ricorderà anche che ho piantato mio marito per gettarmi tra le braccia di un
maniaco omicida.-[7]
-Un maniaco omicida che tutti adoravano finché Devil non ha mostrato
chi era veramente.- replica Sterling Stuyvesant -Avevamo messo in conto che i
tuoi avversari avrebbero usato quelle vecchie storie contro di te e siamo
pronti a controbattere i loro attacchi.-
-Lo siamo davvero? E se avessero ragione? Se non fossi adatta a fare il
Sindaco?-
-Sciocchezze! Sei esattamente il Sindaco di cui questa città ha
bisogno: una donna giovane che conosce i problemi di questa città ed è
determinata a risolverli. Usa la grinta che avevi quando marciavi per la pace
ben sapendo che potevano revocarti la libertà sulla parola ma ti esponevi
perché eri convinta che fosse giusto.-
-Mi ricordi Matt Murdock quando parli così.-
-Suppongo che sia un complimento.-
Debbie sorride e
replica:
-Lo è: Matt è uno degli uomini più onesti che conosco. Ha avuto i suoi
momenti negativi ma non si è mai arreso.-
-E allora segui il suo esempio.- ribatte Stuyvesant -Dimostra a tutti
che sei una combattente.-
-Lo farò.- dice lei convinta.
Chissà che direbbe Matt
se sapesse che lo uso come esempio? Pensa. E chissà cosa sta facendo adesso?
Raggiungere il tetto non è un problema: il
cecchino mi spara un paio di colpi ma li evito facilmente poi lo sento fuggire
e riconosco il suo battito. Raramente dimentico chi ha cercato di uccidere me
ed i miei amici ma non pensavo che avrei incontrato ancora Paddy O’Hanlon, il
Celta. In fondo non sono sorpreso: è abbastanza ovvio che un pazzoide
terrorista irlandese ne arruoli un altro. Lo credevo in prigione[8] ma non è
certo il primo dei miei avversari ad evadere.
Lo sento scendere per le scale all’interno della
palazzina ma se pensa di sfuggirmi ha fatto male i suoi conti. Mi tuffo contro
una finestra, la sfondo e gli piombo addosso. Rotoliamo per le scale.
-Devil, maledetto impiccione!- grida tentando di sferrarmi un pugno.
-Non dirmi che sei sorpreso di vedermi.- ribatto -Vieni a combinare
danni a Hell’s Kitchen, devi aspettarti un mio intervento.-
Piombiamo su un
pianerottolo e finiamo per separarci. Il Celta si rialza e sento il rumore
dello scatto di un coltello a serramanico mentre lui si avventa su di me
dicendo:
-Per la verità speravo di incontrarti e chiudere il nostro vecchio
conto.-[9]
Gli blocco il braccio
e lo costringo a piegarlo.
-Non sei molto bravo nel combattimento corpo a corpo. - gli dico
-Lavori meglio con vittime indifese non è vero?-
Prima che possa
rispondermi sento un sibilo ed istintivamente mi butto in avanti. Un attimo
dopo un’esplosione scuote la casa.
C’è
un aggettivo che mi viene in mente per la villa dove mi trovo stasera ed è:
sfarzosa. Chi la occupa non ha badato a spese per renderla, diciamo così,
confortevole e mostrare a tutti che è ricco e potente, un’ostentazione che
potrebbe nascondere un’insicurezza di fondo, ma non voglio darmi le arie da
psicologa, sono solo una giornalista travestita da escort, che non sembra una
bella cosa, vero?
Qui, a pochi passi, dal litorale
di Miami Beach, nel clima caldo umido della Florida, quasi tutti i presenti
sono in costume da bagno, le ragazze indossano dei ridottissimi bikini o sono
addirittura in topless. Il padrone di casa non fa eccezione mentre sorseggia un
Cuba Libre con due ragazze al fianco. Si chiama Gavin Thorpe ed aspira ad avere
l’approvazione delle famiglie criminali alla sua scalata al posto di boss della
costa atlantica. Meridionale che era di un tizio chiamato Slug oggi rinchiuso
nella superprigione per supercriminali molto pericolosi nota come Raft.
Tra i presenti riconosco
l’attuale big boss, in più di un senso, del crimine di New York: James “Jimmy
Six” Fortunato, una piccola ma imponente montagna di carne. Non molto tempo fa
uscivo con il suo socio Richard Fisk poi lui ha preferito una ex top model
cieca alla sottoscritta. Ripensandoci, forse è stato meglio così.
Jimmy Six sta chiacchierando con
Testa di Martello che anche in quest’occasione non ha rinunciato al suo gessato
blu in stile Al Capone. Sdraiata poco lontano c’è Allegra Bazin, capo
dell’omonima famiglia che ha rilevato gli interessi della Famiglia Manfredi a
Brooklyn. Accanto a lei una ragazza sui vent’anni dai corti capelli neri
latinoamericana. Si chiama Esmeralda Lobo dell’omonimo cartel messicano che di recente ha messo radici nel Bronx. È anche
una mutante licantropa, un tratto distintivo di quasi tutta la sua famiglia.
Jimmy Six mi fissa con
attenzione. Che mi abbia riconosciuto? Non sono famosa come mio fratello Foggy
ma non posso escludere che abbia visto il mio viso da qualche
parte. Se rivela la mia vera identità agli altri e non credono alla mia storia
di copertura…
-Vuole un altro
drink, señorita?-
La voce di una cameriera, una
bella ragazza latinoamericana che dimostra forse 25 anni, mi distrae dai miei
pensieri paranoici.
-Si, grazie.- rispondo -Mi ci vuole davvero qualcosa
di forte adesso.
La ragazza mi porge un Margarita
e ricomincia il suo giro. Jimmy Six ha ripreso a parlare con Testa di Martello,
spero non di me.
5.
Diario di Lynn
Michaels. Annotazione n. 730. Il Bellevue Hospital ha, da tempo immemorabile, un’ala destinata ai
criminali non sani di mente, è la cosa più vicina ad un manicomio criminale che
abbia la Città di New York. Mi hanno portato qui dopo la mia assoluzione perché
incapace di intendere e volere.[10] Una
commissione psichiatrica deve valutarmi per stabilire se sono pericolosa per la
Società. Pericolosa io? In realtà sono una benedizione per la Società perché io
ho il coraggio di fare ciò che i timorati cittadini hanno paura di fare e le
autorità imbelli si rifiutano. Io ripulisco le strade dalla feccia e lo faccio
nella maniera più definitiva possibile: non m’interessa la redenzione, solo la
punizione.
Me ne stavo
sdraiata sopra il letto a fissare il soffitto quando la porta della mia stanza
si aprì e la guardia fece entrare una donna dall’aspetto altero che dimostrava
poco più di trent’anni, lunghi capelli biondi, occhiali con montatura di
tartaruga dietro le cui lenti si vedevano occhi azzurri e freddi come il
ghiaccio. Indossava un tailleur blu scuro con giacca sbottonata sotto cui c’era
una camicetta bianca slacciata quanto bastava per far intravedere l’incavo del
seno; la gonna era lunga appena sopra il ginocchio, al braccio destro portava
una borsa di Gucci, le scarpe erano di gran marca, il mio vecchio stipendio
mensile da Agente di Polizia non sarebbe bastato per pagarne una. Ero certa di
non averla mai incontrata prima ma aveva comunque qualcosa di inquietantemente
familiare.
Subito dopo che
la guardia ebbe richiuso la porta alle sue spalle lasciandoci sole, lei prese
una sedia e si sedette davanti a me accavallando le lunghe gambe senza curarsi
di abbassare la gonna.
-Buonasera Agente Michaels.- mi salutò rivolgendomi un sorriso che
nelle sue intenzioni presumibilmente doveva essere cordiale.
-Non sono più un’agente.- risposi senza alzarmi dal letto -Per il
Dipartimento Polizia di New York sono solo un imbarazzo ormai.-
-Questione di punti di vista. Ma non mi sono presentata: mi chiamo
Kristin Svenson e sono una psichiatra.-
-Un’altra? Mandata dal Tribunale per valutarmi immagino. Beh, le
risparmio un po’ di fatica: non importa ciò che ha detto la giuria, io non sono
pazza, non lo sono mai stata. -
-Chi è pazzo non pensa mai di esserlo.- replicò la dottoressa
-Lasci che le dica una cosa.- ribattei -Ho sempre saputo quel che
facevo e quando uscirò di qui riprenderò a farlo.-
-Discorsi del genere impediranno sicuramente il suo rilascio a breve
termine. Potrebbe passare il resto della sua vita in un ospedale psichiatrico.-
-Correrò il rischio. Non sono mai stata un’ipocrita.-
-E se le dicessi che c’è un’alternativa?-
-Che intende dire?- chiesi facendomi più attenta e mettendomi a sedere
sul letto.
-Che posso presentare al giudice una relazione in cui certificherei
che lei ha superato la fase più acuta della sua sindrome da stress post
traumatico e con un’adeguata terapia farmacologica e psichiatrica sarà
completamente guarita per cui raccomanderei il suo rilascio in libertà
vigilata.-
-E perché farebbe questo per me? Cosa vuole in cambio?-
La donna che
aveva detto di chiamarsi Kristin Svenson mi rivolse un altro sorrise:
-Solo che lei torni a fare ciò che sa fare meglio: uccidere i
criminali.-
Sorrisi a mia
volta e replicai:
-Possiamo parlarne.-
Il Sergente “Bucko” Leary osserva quel che
rimane della casa dove abitava Peter Cooley e scuote la testa.
-Cos’ha causato questo macello?- chiede a voce alta a nessuno in
particolare.
-A mio parere uno o più missili stinger con testata di tre chili di
esplosivo ad alto potenziale ed a frammentazione.-
A parlare è stata una
giovane donna bionda che porta i capelli a coda di cavallo ed indossa un giubbotto
di pelle marrone, jeans e stivaletti.
-Sta parlando di armi da guerra, Agente Lathrop.- replica Leary -Roba
che non trovi dal ricettatore all’angolo.-
-Ma non così difficile da trovare al mercato nero, specie se si hanno
le risorse ed i contatti giusti.- ribatte l’Agente Speciale dell’A.T.F. [11] Penelope Lathrop.
-Temo che Penny abbia ragione.- interviene un uomo sui cinquant’anni ben vestito che Leary riconosce da un precedente incontro.[12]
-Corey!- esclama -Alla fine ti hanno dato il caso.-
Il Detective John Corey della Task Force Congiunta Antiterrorismo tra Polizia di New York, F.B.I. ed altre agenzie federali replica:
-Ordine dei piani alti, io ne avrei fatto volentieri a meno.-
Un afroamericano massiccio che indossa un tre pezzi grigio si fa avanti e dice:
-Sono il Vice Procuratore degli Stati Uniti William Hollister, il Detective Corey è qui su mia richiesta. Ci è giunta voce che dietro a tutti questi fatti ci sarebbe un noto terrorista irlandese di nome Finn Cooley il che rende la faccenda un caso federale.-
Leary emette un fischio e commenta:
-Ne ho sentito parlare e se
davvero c’è di mezzo lui, non mi stupisco più dei casini degli ultimi tempi.-
indica la casa ed aggiunge -Questa è
indubbiamente la risposta di Napper French a chi gli ha ammazzato il nipote ma
non è certo finita qui. Cooley reagirà e ci sarà sicuramente un’escalation.-
-Che si è sa delle vittime?- chiede Hollister.
-Sono almeno quattro ma non sappiamo ancora quanta altra gente ci fosse
nella casa al momento dell’esplosione.- risponde Leary.
In quel momento si
avvicina un capitano dei Vigili del Fuoco.
-Abbiamo trovato il cadavere di una ragazza.- annuncia -E questi.-
Fa vedere un paio di
buste trasparenti: una contiene pezzo di legno annerito e l’altra un brandello
di stoffa rossa con ricamata parte di una D gialla.
-Un pezzo del costume di Devil e quello potrebbe essere un pezzo del suo bastone.- commenta Corey -Lui era lì. Pensate
che…?-
-Ci andrei piano con le ipotesi.- replica Leary -Devil è già stato dato
per morto altre volte ma è sempre ricomparso alla fine. Aspettiamo a fargli
l’orazione funebre.-
Quando riprendo i sensi sono sdraiato sul letto
di Natasha. Lei è seduta sul bordo dietro a Ivan Petrovitch, che a quanto pare
mi sta medicando.
-Tranquillo, Murdock.- mi dice il vecchio Russo -Hai solo qualche
scottatura superficiale e qualche ecchimosi, nulla di veramente serio. Sei un
bastardo fortunato.-
-Ma davvero?- ribatto Visto che sono qui, suppongo che sia vero. Che
fine ha fatto il mio costume? Non mi serve vederci per capire che non ce l’ho
addosso.-
-Era ridotto a brandelli e quel che è rimasto ed abbiamo dovuto
buttarlo via, ma stai tranquillo, non credo che Ivan si faccia turbare dalle
tue nudità.- risponde Natasha
Il cosacco fa una
risatina divertita. Natasha prosegue:
-Ti dispiace dirmi che è successo?-
-Qualcuno ha sparato un missile contro la casa di Peter Cooley: il
piano superiore è crollato e pure il pavimento del pianterreno. Ricordo di
essere precipitato, il calore e l’impatto con l’acqua poi tutto diventa
confuso. Come ho fatto ad arrivare qui?-
-Stavo tenendo d’occhio la casa di Cooley quando c’è stata
l’esplosione.- spiega Ivan -Per un po’ ci sono state solo fiamme e fumo poi sei
emerso tu. Sembravi davvero spuntato dall’Inferno. Hai fatto qualche passo in
avanti e poi sei crollato a terra svenuto. Ti ho caricato in auto e sono venuto
qui.-
-Hai mandato il tuo padrino a farmi da baby sitter?- esclamo sorpreso.
-Volevo essere sicura che i miei
figli non nascessero orfani di padre, ti sembra così strano?- ribatte Natasha
ed immagino che stia sorridendo.
-Ok, lasciamo perdere.-
Mi rivolgo a Ivan:
-Hai visto qualcun altro lasciare la casa? Peter Cooley o il Celta?-
-Assolutamente nessuno ma con tutto quel fumo non posso essere
sicuro.-
-Il Celta?- interviene Natasha -C’era anche lui?-
-Già. L’erba cattiva non muore mai ed ho la sensazione che ci
incontreremo ancora.-
-Beh sarà un problema per domani. Ora devi riposare, quindi, Ivan,
sparisci. A Matt ci penso io adesso.-
-Come da desideri, piccola zarina.-
Ivan esce dalla
stanza e Natasha si china su di me sussurrando:
-Ora ci penso io a farti rilassare, Mr. Murdock.-
E per un bel po’ il
resto del mondo aspetterà.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Non
c’è molto da dire in verità, quindi non perdiamo tempo:
1) Sterling Stuyvesant è
un personaggio creato da Stan Lee & Dick Ayers su Tales to Astonish #56
datato giugno 1964. Ricchissimo amico di Janet Van Dyne, alias Wasp, le chiede
addirittura di sposarlo ma lei rifiuta perché innamorata di Henry Pym.
2) Il Celta alias Paddy
O’Hanlon è stato creato da Denny O’Neil & David Mazzucchelli su Daredevil
Vol. 1° #205 datato aprile 1984.
3) Meredith Campbell è un
personaggio creato da Tom De Falco &
Scott McDaniel su Green Goblin #7 datato aprile 1996.
4) John Corey è ispirato
all’omonimo personaggio dei romanzi di Nelson DeMille.
5) Penny Lathrop è
sostanzialmente una mia creazione.
Nel prossimo episodio:
la strategia del terrore di Finn Cooley raggiunge l’apice ma Devil ed i suoi
alleati non resteranno a guardare. In più: Candace Nelson al bivio ed una
difficile decisione per suo fratello Foggy.
Vi aspetto.
Carlo
[1] Come narrato in Daredevil Vol. 1° #10/11(prima edizione italiana Devil, Corno, #10).
[2] In seguito ad eventi narrati nel’episodio #50.
[3] Su Daredevil Vol. 2° #5 (In Italia su Devil & Hulk #66).
[4] Come raccontato su Daredevil Vol. 1°#173 (In Italia su Fantastici Quattro, Star Comics, #9).
[5] Služba Vnešnej Razvedki ovvero il Servizio di intelligence internazionale della Federazione Russa.
[6] Su Occhio di Falco #25, credevate che ce ne fossimo dimenticati? -_^
[7] Micah Synn in Daredevil Vol 1° #204/206 e 209/214 inediti in Italia
[8]Dopo gli eventi del nostro Capitan America #18.
[9] Vedi Daredevil Vol 1° #204 inedito in Italia e 217 (In Italia su Devil & i Cavalieri Marvel #18.
[10] Nell’ultimo episodio.
[11] Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms, and Explosives, l’agenzia federale del Dipartimento della Giustizia che si occupa del controllo del commercio della armi, tabacchi e liquori ed investiga su eventi causati da esplosivi.
[12] Nell’episodio #95.