N° 90

 

FIAMME DI GUERRA

 

1.

 

 

            La Fisk Tower è caduta... beh non è esattamente vero in realtà; un missile lanciato da un elicottero ha colpito in pieno la sala riunioni immediatamente sotto l'attico dove abita Richard Fisk assieme alla sua compagna Cheryl Mondat.[1] L'esplosione ha provocato anche il crollo dei piani superiori che sono collassati di sotto aggravando la distruzione provocata dal missile. C’è voluto parecchio ai Vigili del Fuoco ed ai paramedici per arrivare sino in cima alla torre.

            La buona notizia è che i due livelli dell'attico erano vuoti: Miss Mondat era fuori per non meglio specificati affari.

            La cattiva notizia è che la sala riunioni era piena e non c'è quasi nessun superstite.

            La pessima notizia è che le vittime sono quasi tutti i capi criminali della città e tra loro potrebbe esserci Richard Fisk, il figlio dell'uomo che tutti conoscono come Kingpin. Se Richard dovesse morire, è facile prevedere che il sangue scorrerà a fiumi per le vie di New York. Wilson Fisk non è il tipo dal lasciare impunito un atto del genere e quando le bande si saranno riorganizzate anche loro vorranno la loro parte di vendetta.

            Mi chiamo Ben Urich e sono un giornalista del Daily Bugle. Qualunque cosa accada, ve la racconterò

 

            Quando indosso il mio costume rosso non sono più l'avvocato cieco Matt Murdock ma Devil, l'Uomo senza Paura, il protettore di Hell's Kitchen e non solo. Sono venuto sino alla Fisk Tower in cerca di risposte ed ho trovato solo altre domande. La guerra di bande che da tempo insanguina la città ha raggiunto un livello superiore e fermarla costerà molta, troppa fatica.

            Spinto dal cavo del mio bastone, atterro sulla terrazza dell'attico di Natasha Romanoff, la mia attuale compagna e futura madre dei miei figli. I miei supersensi mi avvisano che non c'è nessun occhio indiscreto a vedermi e così entro tranquillamente nel salotto.

-Non hai bisogno di dirmi niente, Matt.- mi dice lei -Ho visto tutto alla TV, i media locali non parlano d'altro. Brutto affare, veramente brutto.-

            Prima di essere costretta ad un forzato e temporaneo ritiro a causa dell'incipiente gravidanza, Natasha era attiva nel mondo dei supereroi e dello spionaggio internazionale col nome in codice di Vedova Nera ed è decisamente un'esperta di questo tipo di guai.

-Un atto di terrorismo oppure...?- chiede.

-La Polizia e i Federali ritengono di no.- rispondo togliendomi la maschera -Pensano che sia un'azione di qualche boss del crimine. Ho appena avuto una specie di incontro al vertice con l'Uomo Ragno, Luke Cage, la nuova Tigre Bianca ed il tuo ex, Occhio di Falco. Lui pensa che il responsabile sia un certo Hood.-[2]

-Non c'è bisogno che tu puntualizzi che Clint ed io siamo stati insieme anni fa. Mi verrebbe da pensare che tu sia geloso.- replica lei con una punta di sarcasmo.

-Ti sembro il tipo?- ribatto con un sorrisetto.

-A parte gli scherzi, chi è davvero questo Hood? Non sono riuscita a sapere molto su di lui.-

-C'è davvero qualcosa che la regina delle spie non è riuscita a sapere? Sono sorpreso. Stando a quanto mi ha detto Occhio di Falco, si chiama Parker Robbins. Fino a poco tempo fa era un criminale di piccolo calibro, poi, chissà come, è riuscito a mettere le mani su una specie di mantello magico.-

-Se non fossi stata nei Vendicatori farei fatica a credere ad una storia simile, ma ho visto cose ancora più strane. E così è diventato ambizioso e vuole diventare il nuovo Kingpin, giusto? Beh, non ci riuscirà: noi lo fermeremo.-

-Noi?-

-Non crederai che solo perché non riesco più ad entrare nel mio costume io sia priva di risorse, vero?-

-Non mi sono mai sognato di pensarlo.-

           

            Il miglior modo per definirlo è: massiccio, non grasso perché ci sono decisamente muscoli nella sua massa. Veste di nero e porta i capelli annodati in un codino dietro la nuca. Il suo nome è James, o Giacomo se preferite, Fortunato ma i più lo conoscono col nomignolo di Jimmy Six. Il destino l’ha portato in una posizione che non voleva: Capo dei Capi di New York e se talvolta l’esercizio di quel potere ha lati sgradevoli, altre volte lo esercita con piacere.

            Jimmy Six non è uno di quei capi che si limita a dare ordini da dietro una scrivania, è uno che non disdegna di sporcarsi le mani personalmente come sta per scoprire l’uomo messo brutalmente in ginocchio davanti a lui.

-Louie, Louie, mi hai davvero deluso.- gli dice: io ti ho fatto una semplice domanda e tu non hai risposto. Te la ripeto: chi ha sparato un missile contro la Fisk Tower e chi gliel’ha ordinato?-

-Io… io… non lo so .-

-Risposta sbagliata, Louie, riproviamo.-

            Jimmy afferra la mano sinistra del suo prigioniero e la stritola senza sforzo apparente.

            L’uomo di nome Louie emette un urlo acuto mentre Jimmy continua a parlare:

-Non lamentarti troppo Louie, è solo la mano sinistra. Hai ancora sana la mano più utile dopotutto… per ora. Vedi, Louie, in fondo non m’importa molto se hanno fatto saltare in aria il mio ufficio, i mobili si possono ricomprare, gli edifici ristrutturare ma quello che mi fa imbestialire è che un mio caro amico è tra la vita e la morte a causa di quel missile e questo non mi piace, non mi piace proprio. Il figlio di puttana che ha fatto questo deve pagare e pagare salato. Risparmiamo tempo, Louie: io so che è stato Hood e so anche che tu fai parte della sua banda, quindi ora mi dirai semplicemente dove trovarlo.-

-Io… davvero non lo so.-

            Jimmy Six fa una smorfia disgustata ed allunga la mano destra. Uno dei suoi scagnozzi gli porge una mazza da baseball mentre altri due rimettono in piedi Louie.

Con una mossa repentina Jimmy abbatte la mazza con forza sul ginocchio destro dell’uomo. Il crack delle ossa che si spezzano è coperto a malapena dal suo urlo.

-Passiamo all’altro ginocchio Louie.-

            Un altro colpo di mazza e di nuovo si ode il rumore delle ossa che si frantumano seguito da un urlo.

            Di nuovo Jimmy Six parla:

-Allora, Louie, ti è tornata la memoria?

 

 

2.

 

 

            Franklin Nelson, Foggy per gli amici, è il mio migliore amico da anni. Abbiamo aperto insieme il nostro piccolo studio legale, una larga stanza con lo spazio per le nostre due scrivanie e per quella della nostra segretaria Karen Page. Eravamo giovani ed idealisti, convinti di poter realizzare i nostri sogni. La realtà ci ha offerto un brusco risveglio.

            Karen è morta, uccisa da un uomo che mi odiava, uno dei tanti, troppi, nemici che mi sono fatto nel corso degli anni e non passa giorno che non pensi a lei, anche se mi sono rifatto una vita con Natasha e da lei avrò i figli che io e Karen non abbiamo fatto in tempo ad avere.

            Allontano i pensieri tristi e torno a concentrarmi sul presente. Foggy ed io non siamo più soci: lui ha accettato un posto come Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York, un posto che lo ha messo in prima linea nella lotta al crimine organizzato. L’essere suo amico mi consente un accesso più facile al suo ufficio, non sempre con mezzi ortodossi.

            Dimenticavo una cosa: Foggy sa della mia identità di Devil e dei miei supersensi e non si stupisce nel vedermi entrare nel suo ufficio dalla finestra.

-Matt!- esclama.

-Non dire il mio nome troppo forte.- gli dico -Già abbastanza gente sa il mio segreto, non ho bisogno di aggiungerne altri.-

-Avevi proprio bisogno di fare quest’entrata ad effetto?- ribatte lui -La mia assistente ti avrebbe fatto passare se fossi venuto come Matt Murdock.-

-Sarebbe stato meno divertente. Immagino tu abbia capito perché sono qui.-

-L’attentato alla Fisk Tower, certo. Sapevo che te ne saresti interessato visto il tuo legame con quel posto.-

-Qualunque cosa abbia a che fare con Kingpin e la sua famiglia mi interessa inevitabilmente. Mi confermi che il terrorismo non c’entra?-

-Ci scommetto quello che vuoi. È un altro pezzo della guerra per il potere criminale che è in atto da un po’. Chiunque ci sia dietro stavolta ha puntato molto in alto.-

-Occhio di Falco pensa che il responsabile sia Hood.-

-Me lo hanno detto ma qui viene il bello: il suo dossier digitale è stato cancellato e quello cartaceo è scomparso. Non abbiamo nulla su di lui, niente foto o impronte digitali, niente di niente.-

-Possibile che abbia già tanto potere? Me lo hanno descritto come un pesce piccolo.-

-E invece si è rivelato un vero squalo e vuole papparsi tutto. Ha osato colpire Richard Fisk.-

-Lui come l’ha presa?-

            “Lui” è ovviamente Wilson Fisk, Kingpin. Attualmente inserito nel Programma Protezione Testimoni.

-Non lo so ma lo conosciamo entrambi. Credi davvero che resterà tranquillo?-

            Scuoto il capo. Credo che Hood debba temere più la vendetta di Kingpin che la legge.

 

            La figura occupa praticamente l’intero sullo schermo. La giovane donna giapponese lo definirebbe imponente ed anche la sua voce lo è:

<<Mi hanno parlato molto bene di te. Dicono che sei all’altezza di Elektra ed io so quanto vale, ha lavorato per me.>>

-Io sono meglio di lei. Non permetto alle mie emozioni di frenarmi.-

<<Davvero? Conoscevo anche l’uomo che consideri il tuo maestro e lui non è riuscito a controllarle. È stato questo a rovinarlo.>>

            Le labbra della donna hanno solo un leggero tremito che però non sfugge allo sguardo attento dell’uomo che la guarda da lontano e che solleva appena il labbro superiore in una sorta di sorriso per poi dire:

<<Voglio Hood morto, il resto non m’interessa.>>

-Ti porterò la sua testa.- afferma con sicurezza la donna.

            Wilson Fisk, un tempo noto come Kingpin replica:

<<Fallo davvero e raddoppierò la tua ricompensa.>>

            La comunicazione cessa e la donna si avvicina ad un armadio da cui estrae una calzamaglia nera. La sua vendetta contro Devil aspetterà, pensa Lady Bullseye,adesso ha un altro compito da adempiere e il lavoro viene prima del piacere.

 

            Il Columbia Presbyterian Hospital è uno dei più prestigiosi istituti di cura cittadini ed è affiliato alla Columbia University, la mia Alma Mater.[3]

            È qui che è ricoverato, in terapia intensiva Richard Fisk. La sua stanza è presidiata da uomini armati che proteggono anche la sua compagna Cheryl Mondat. Ironico che sia cieca come me e che anni fa io l’abbia salvata da uno psicopatico mandato da Kingpin a rapirla[4] mentre ora lei è la donna di suo figlio. La vita è strana

            Oltre agli uomini di Richard, l’ospedale è pieno di agenti federali e poliziotti. Dovrebbe essere impossibile entrare ma se ci sono riuscito io, cosa lo impedirà ad un sicario determinato?

            Improvvisamente i miei sensi superacuti colgono qualcosa di strano: nel corridoio c’è un’infermiera che sta spingendo un carrello di medicinali. Nulla di fuori posto in un luogo come questo però i suoi segni vitali mi sono familiari e sono fuori scala e il suo odore ha qualcosa di selvatico.

            Improvvisamente capisco chi è e balzo giù dal condotto d’aerazione in cui mi ero nascosto e le piombo addosso.

-Devil!- esclama vedendomi.

            Sento il suo corpo mutare mentre l’odore di selvatico aumenta d’intensità. Anche la sua voce cambia:

-Non avresti dovuto metterti di nuovo sulla mia strada.-

            È la licantropa che ho affrontato ieri a Chinatown[5] e mi sta balzando addosso decisa a sbranarmi.

 

 

3.

 

 

            Vedere una Rolls Royce per le vie di Manhattan sta diventando difficile. I ricchi e potenti di oggi preferiscono altre auto come ostentazione del loro status ma questo importa poco alla donna che la possiede: adora quell’auto e il suo design vecchio stile. Pochi, del resto, sospetterebbero che sebbene esteriormente sembri una Phantom II Limousine del 1930, l’auto è stata pesantemente modificata dal suo autista e che questi è un ingegnere di grandi capacità.

            La Rolls si ferma davanti ad una palazzina nei pressi della baia e l’autista, un uomo robusto dai capelli e folti baffi bianchi vestito con la tradizionale uniforme azzurra con tanto di berretto con visiera, scende ed apre la portiera alla passeggera: una donna che veste un elegante abito scuro tagliato su misura per il suo evidente stato di gravidanza. Il viso ed i capelli rossi sono parzialmente nascosti dall’ampio cappello.

-Aspettami qui Ivan.- dice all’autista.

-Come desidera, madame.- risponde l’anziano russo con una punta di sarcasmo.

            La donna lo ignora e raggiunge l’entrata della palazzina. L'uomo all'ingresso, sotto la cui giacca c'è una fondina con una pistola, evidentissima a chi ha l'occhio esperto, la scruta con aria poco amichevole.

-Sono attesa.- dice lei senza scomporsi.

            L'uomo la fa passare senza dire una parola e la scorta all'interno per poi lasciarla con una ragazza che l'accompagna in un ufficio dove c'è un uomo anziano dai radi capelli bianchi che indossa un completo scuro ed ha un cipiglio severo.

-È un piacere rivederla Miss Romanoff.- le dice.

            Natasha Romanoff abbozza un sorriso sedendosi a fatica su una sedia.

-Bando ai convenevoli, Slaughter, ha le informazioni che le ho chiesto?-

            Eric Slaughter, vecchio boss irlandese in pensione, o così almeno afferma, scuote il capo e risponde:

-Non posso dirle niente su Hood: nessuno sa dove si nasconda ed è un'informazione che vorrebbero in molti, mi creda, compresi i capi che non si sono presentati all'incontro alla Fisk Tower.-

-I loro nomi, Slaughter.-

-Ho sempre detestato gli informatori ma Hood non è uno di noi, è un corpo estraneo, un cancro che va rimosso al più presto, solo per questo le do le informazioni che mi chiede.-

-Non m'interessa la sua etica, ma solo le informazioni.-

            Slaughter passa a Natasha un foglietto.

-So che ci sono altri metodi oggi...- le dice -... ma non mi fido di quelle diavolerie moderne. Le possibilità di intercettazione sono più alte di quel che si pensi.-

-So che ci sono dei boss in Europa che la pensano come lei.-

-Gente saggia.-

            Pochi minuti dopo Natasha è di nuovo nella Rolls Royce.

-Dove andiamo adesso, Zarina?- le chiede Ivan Petrovitch.

-A casa, Ivan...- risponde lei -... ma intanto devo fare un paio di telefonate.-

 

            La licantropa punta dritta alla mia gola ma io ho anticipato il suo attacco e riesco ad evitarlo.

-Spiacente, ma essere sbranato non rientra tra i miei piani di oggi.- le dico mentre faccio una capriola all'indietro

-Perché continui ad impicciarti di affari che non ti riguardano?- ribatte lei spiccando un altro balzo verso di me.

-Questi sono affari che mi riguardano.- replico evitandola ancora una volta saltando sopra la sua testa. Tu ed i tuoi amici siete decisamente prevedibili. Il trucchetto dell'omicidio in ospedale l'avete già provato con Joseph Manfredi[6] e non ha funzionato.-

-Sta zitto!-

            Mentre stiamo combattendo gli uomini di guardia non sono stati con le mani in mano. Sento il rumore delle loro pistole che vengono armate. Sparano verso la mia avversaria senza troppo riguardo alla possibilità di colpire anche me.

            Salto oltre la linea del fuoco mentre lei viene ripetutamente colpita e crolla a terra. Per un lungo attimo c'è un silenzio irreale, poi sento il battito della licantropa accelerare di nuovo mentre si alza.

-Non lo sapevate che per uccidere un licantropo occorrono proiettili d'argento?- dice ridendo.

            Per parafrasare Jack Swigert,[7] abbiamo un problema-

 

            Diario di Guerra. Annotazione n. 708. Allegra Bazin si sentiva al sicuro nel suo attico di Manhattan ma si sbagliava perché io avevo la sua testa nel centro del mio mirino e sarebbe bastata una leggera pressione del mio dito sul grilletto per porre fine alla sua vita.

                Era stata fortunata visto che non era andata alla Fisk Tower, ma proprio come Frank Castle, io non concedo seconde occasioni.

                Stavo per sparare quando udii una voce di donna alle mie spalle:

-Non lo sai che non è sportivo sparare a qualcuno a tradimento?-

                Mi girai di scatto e mi trovai di fronte ad una donna con un attillato costume nero con un colletto di pelliccia, capelli platinati e una mascherina nera sul volto.

-La Gatta Nera!- esclamai -Che ci fai qui adesso?-

-Diciamo che voglio impedire un omicidio, Agente Michaels, o preferisci che ti chiami. Punitrice?-

                Esitai. La Gatta Nera era stata una ladra ma aveva pagato il suo debito con la legge ed ora lavorava come investigatrice privata ed occasionale supereroina. Quelle come lei non erano il mio obiettivo. Spararle avrebbe significato violare le mie regole.

                L'esitazione mi fu fatale perché lei mi sferrò un calcio alle mani disarmandomi e facendo cadere il fucile oltre il bordo del tetto dove eravamo.

-Meglio evitare le tentazioni, non credi Lynn? Posso chiamarti Lynn, non è vero?-

                Mi alzai di scatto e provai a sferrarle un calcio rotante ma sorprendentemente persi l'equilibrio e stavo per scivolare a mia volta oltre il bordo quando la Gatta mi afferrò al volo per un polso.

-Non mi piacerebbe vederti spiaccicare al suolo, biondina.- mi disse -E non c'è motivo di essere nemiche. In fondo approvo la tua missione.-

-E perché mi hai impedito di uccidere Allegra Bazin, allora?- ribattei.

-Diciamo che non mi piace veder ammazzare donne giovani e belle anche quando sono a capo di una famiglia mafiosa, ti basta?-

                Stavo per rispondere quando una pallottola mi passò a pochi millimetri dal naso.

                Mi voltai nella direzione dello sparo e vidi una squadra di uomini in equipaggiamento da commando. Dubitavo che fossero al servizio di Allegra anche perché si diceva in giro che preferiva reclutare donne per la sua organizzazione.

                Avevamo attratto attenzioni indesiderate, ma da parte di chi?

-Che me dici di lasciar perdere le nostre diatribe e suonarle a questi tizi?- mi chiese la Gatta Nera.

-Nessun problema.- risposi estraendo una delle mie pistole.

 

 

4.

 

 

            Ho affrontato i nemici più vari nella mia carriera ma i licantropi sono una novità anche per me. Il mio amico Uomo Ragno mi ha detto di averne combattuto qualcuno, ora mi farebbe comodo il suo aiuto.

            Tutto quello che posso fare per adesso, è evitare gli artigli e le zanne della mia avversaria.

            Le sferro un calcio al mento e lei barcolla. A dispetto delle sue pretese di invulnerabilità posso farle del male, buono a sapersi.

-Ti ucciderò volentieri, Diablo.- mi dice.

            Il suo accento… il modo di parlare…

-Sei messicana.- dico -Per caso hai qualcosa a che fare con i Fratelli Lobo?-

-Che ne sai tu de Los Hermanos de la Luna?- mi chiede mentre cerca di sventrarmi.

            La sua reazioni, le variazioni del battito cardiaco e del respiro mi dicono più che abbastanza.

-So che sei una di loro.- affermo -O non te la prenderesti tanto.-

            Lei ringhia, non mi sorprenderei se ululasse perfino. I miei supersensi mi permettono di prevedere le sue mosse ed anticiparle. Potremmo andare avanti per un bel pezzo se non cogliessi un certo rumore in lontananza. Anche lei lo sente, lo capisco dalle sue reazioni.

-Polizia.- dico -Magari Codice Blu è attrezzato con proiettili d’argento, che ne pensi?-

            Lei non risponde, prende la rincorsa e si getta contro una a finestra.

            La seguo ma è scomparsa. Sento il suo odore sopra di me. Ha seguito la via dei tetti. Lo faccio anch’io ma presto il suo odore si perde tra mille altri. È stata brava.

 

            Diario di Guerra. Annotazione n. 708 (continua). Che fosse gente di Hood o di qualcun altro al momento non m’interessava, ero troppo impegnata a restare viva. Quando capirono chi ero, e non era difficile con quel bel teschio bianco stilizzato disegnato sulla mia tutina nera, si concentrarono su di me.

                Dimenticare la Gatta Nera fu un errore fatale da parte loro. La vidi saltare verso di loro e pensai che fosse pazza, non era nemmeno armata.

                Improvvisamente accadde qualcosa di impensabile: le armi di quei tizi si incepparono tutte assieme. Avevo sentito dire che la Gatta aveva il potere di portare sfortuna a chi le attraversava la strada ma non ci avevo dato troppo credito. Ora, però, lo vedevo in azione. Dovevo ammettere che lei era in gamba: riuscì a sistemare con qualche mossa di arti marziali un paio di avversari mentre io ne falciavo un bel po’ a colpi di pistola.-

-Suggerisco di filarcela.- disse la Gatta -Sbaglio o non sei più in buoni rapporti coi Migliori di New York, agente Michaels?-

-Non sono più una poliziotta, non chiamarmi agente.- ribattei.

                Lei fece un sorrisetto ironico e replicò:

-Come desideri, Punitrice.-

                Balzò giù dal tetto ed io la seguii per la scala antincendio.

 

            La licantropa entra dalla finestra. È stanca ed ha bisogno di riposo ma non è destino che possa averlo, non ancora almeno.

            Un uomo è in piedi nella grande stanza. I suoi capelli sono neri e così pure i suoi occhi, il suo sguardo è duro e freddo come l'acciaio, il sorriso sulle sue labbra ha una piega crudele. Indossa abiti di elegante fattura che sembrano usciti da poco da una sartoria.

-La caccia è andata bene, hermanita?[8]- chiede.

            Al vederlo la licantropa riprende forma umana e senza curarsi di essere nuda corre ad abbracciarlo.

-Carlos!- esclama felice -Sei davvero tu? Dove sei stato?-

-È una lunga storia.- risponde lui -E non ho voglia di raccontarla adesso.-[9]

-Non ho avuto più tue notizie da tanto, nessuno di noi le aveva. Avevo paura che tu fossi morto come... come...-

-Come Eduardo? Al contrario, Esmeralda: si può dire che sono rinato.-

            Mentre parlano la ragazza si riveste ed aggiunge:

-Aspetta che lo sappia Miguel.-

-Nostro cugino ha fatto scelte sbagliate e ne ha già pagato il prezzo.-[10] ribatte Carlos Lobo -Los Hermanos de la Luna devono marciare uniti. Sono tornato a riprendere il posto che mi spetta. Sarai al mio fianco Esmeralda?-

-E me lo chiedi?- risponde Esmeralda Lobo con un sorriso maligno -Io sarò sempre al fianco di mio fratello.-

            Carlos Lobo, noto anche come Espectro sorride compiaciuto.

 

 

5.

 

 

                Quando apro la porta del mio appartamento, non sono affatto sorpresa di trovarmi di fronte Ben Urich.

-Io e te dobbiamo parlare, Candace.- mi dice.

                Sospiro e lo faccio passare.

-Me lo dicono in tanti ultimamente.- replico -Sapevo che sarebbe toccato anche a te.-

                Lo faccio sedere e gli racconto tutto di Martin Li. Alla fine mi dice:

-Hai fatto una grossa sciocchezze. Se quel Li è davvero quel che pensiamo che sia, se… anzi: quando… scoprirà chi sei veramente, la giornalista Candace Nelson e non la escort Anna Rand, potresti essere in guai molto grossi. Dobbiamo trovare una soluzione.-

                Purché ce ne sia davvero una.

 

                L’ingresso di Natasha in un locale pubblico provoca sempre delle reazioni. Suppongo che dipenda dal suo naturale sex appeal. Io stesso, pur privo della vista, l’ho percepito chiaramente sin dal nostro primo incontro tanti anni fa.

            Un solerte cameriere ci guida al tavolo dove ci aspettano Foggy Nelson e la sua attuale compagna Liz Osborn.

            Foggy si alza in piedi ed aiuta galantemente Natasha a sedersi.

-Grazie, Foggy.- dice Natasha.

-L’onore è tutto mio, Mrs. Romanoff.- replica Foggy sorridendo.

            Per fortuna l’ostilità che provavano l’una per l’altro[11] si è ormai dissolta come neve al sole. Sono le persone che più contano per me e non avrei sopportato di saperle ostili.

-Questa uscita a quattro è stata una buona idea, Foggy.- gli dico.

-Ho pensato che ci meritassimo tutti una serata rilassante.- spiega lui.

-Non potrei essere più d’accordo, Foggy.- interviene Natasha sorridendo -Ho vissuto giornate frenetiche ultimamente. Un po’ di relax è più che benvenuto.-

-La penso allo stesso modo.- replica Liz -Ecco perché stasera ho lasciato Normie[12] alla babysitter ed ora eccomi qui.-

-La babysitter, ecco qualcosa di cui dovrò preoccuparmi anch’io tra qualche mese.-

-Sono i tuoi primi figli, giusto? Se la famosa Vedova Nera fosse già madre, credo che si saprebbe in quest’era in cui le notizie viaggiano veloci.-

            Il cuore di Natasha fa un balzo poco prima che lei risponda;

-Troppo giusto. Ma parliamo d’altro.- si rivolge a Foggy -Ho sentito che Hood è stato preso.-

            Lui annuisce.

-E con lui uno dei suoi bracci destri, Miguel Lobo, che ora è piantonato nell’ala di detenzione per superumani dello Stark Memorial.-

-Lobo? È per caso imparentato coi famosi fratelli Lobo?- chiedo decisamente interessato.

-Un loro cugino, pare, ed è un licantropo proprio come loro. Stiamo chiedendo maggiori informazioni all’Immigrazione per sapere quando e come è entrato negli Stati Uniti e se era solo.-

            Quindi non sbagliavo nel pensare che la licantropa che ho affrontato potesse essere una dei Lobo … ed è ancora là fuori, libera.

            Natasha mi stringe la mano e poi dice:

-Lasciamo stare il lavoro ed ordiniamo. Non so voi, ma io sono molto affamata.-

-Anch’io.- le fa eco Foggy.-

-Non avevo dubbi.- replica Liz.

            Ridiamo tutti e per il resto della serata pensiamo solo a divertirci.

 

            Molto lontano da New York, un uomo che chiamare grasso sarebbe come definire l’Everest una montagna, guarda alla TV le ultime notizie.

            Hood è sfuggito alla sua vendetta, per ora, ma ora che sa che suo figlio vivrà, la cosa non è più così urgente.

            Le sbarre di una prigione non sono un ostacolo per chi conosce le strade giuste e Wilson Fisk le conosce tutte.

 

 

FINE?

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            In realtà, nulla da dire che non sia già nella storia, passiamo, quindi, direttamente al prossimo episodio dove esploreremo le conseguenze della caduta di Hood e del ritorno sulle scene criminali di Carlos Lobo.

            Un ringraziamento a Carmelo  Mobilia per aver concepito l’affresco di guerre criminali in cui questa storia è inserita.

 

 

Carlo



[1]È accaduto in Occhio di Falco #24.

[2]Come potete vedere su Occhio di Falco #25.

[3] Ovvero l’università che ha frequentato.

[4] Nella leggendaria graphic novel Daredevil: Love and War (In Italia sullo Speciale Devil; Amore e Guerra).

[5] Ovvero nello scorso episodio.

[6] Su Occhio di Falco #24.

[7] Astronauta dell’Apollo 13 famoso per la frase: “Houston abbiamo avuto un problema qui.”. spesso mal riportata come “Houston abbiamo un problema”.

[8] Sorellina in Spagnolo.

[9] Ma voi ne saprete di più leggendo La Tomba di Dracula #75.

[10] Ancora su Occhio di Falco #25.

[11] Nata su Daredevil Vol. 1° #83 (in Italia su Devil, Corno, #82).

[12] Norman Osborn II, il figlio di Liz e del defunto Harry Osborn.