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N° 85
DELITTO E CASTIGO
1.
Il mio nome è Matt
Murdock ma quando indosso il mio costume rosso, completo di maschera che
nasconde la mia identità, mi faccio chiamare Devil.
I media mi chiamano
anche l’Uomo senza Paura, un nomignolo che probabilmente qualcuno penserebbe
che mi merito se mi vedesse gettarmi nel vuoto dall’alto di una palazzina di
Brooklyn senza nemmeno guardare.
Non che guardare mi
servirebbe a qualcosa: sono cieco da quando molti, troppi, anni fa una sostanza
radioattiva bruciò i miei nervi ottici. Il destino mi ha compensato aumentando
l’efficienza dei miei rimanenti quattro sensi a livelli superumani e donandomi
una sorta di senso radar che mi permette di percepire i contorni di persone ed
oggetti intorno a me. Il che non vuol dire che mentre volteggio in aria
sostenuto da un sottile ma robusto cavo appeso di volta in volta a cornicioni,
pali della luce ed aste di bandiera, non preferirei avere ancora la vista.
Lasciò perdere
considerazioni personali e rimpianti e mi concentro sul mio attuale bersaglio.
Pochi minuti fa[1] Lynn
Michaels, un’ex poliziotta che ad un certo punto della sua vita ha deciso di
vestirsi come il Punitore ed applicare il suo particolare criterio di
giustizia, ha ucciso senza pietà un gruppetto di malavitosi dell’Est Europa.
Qualcuno dirà che se lo meritavano, che erano la feccia della società, ma per
me un omicidio è un omicidio chiunque sia la vittima.
La Punitrice, come
ormai la chiamano i media, non si è allontanata abbastanza in fretta da
sfuggire ai miei supersensi. Colgo il suo profumo all’interno di un furgoncino
che si sta dirigendo verso Manhattan.
Aggancio il mio cavo al
semaforo davanti a lei, eseguo un perfetto volteggio e mentre sgancio il cavo,
ricado sul tettuccio del furgoncino con le ginocchia flesse e toccandolo con le
punte dei piedi.
Non m’illudo che la mia
avversaria non sappia che sono qui. Ha quasi sicuramente udito il rumore del
mio atterraggio. e sento il ronzio di una
telecamera. È ovvio che la paranoia di Castle[2] l’ha
contagiata.
Prova a liberarsi di me
sbandando e sperando di farmi cadere ma anche se non sono l’Uomo Ragno, so come
restare aggrappato ad una superficie come quella.
Improvvisamente sento
una sorta di ronzio. Una scarica elettrica a bassa intensità percorre il
tettuccio. C’ero preparato ma non posso fare altro che saltare.
Riesco ad atterrare
sull’asfalto senza danni ma poi il suono di un clacson quasi mi assorda. Sono
proprio sulla traiettoria di un’auto. Percepisco il panico dell’autista che si
rende conto che non riuscirà a frenare in tempo. Quanto a me, agisco d’istinto:
rotolo su me stesso e m’incuneo nello spazio tra le ruote mentre l’auto mi
passa sopra. Ci rimetto qualche lembo di costume e di pelle ma sono vivo. Non
perdo tempo a compiacermi: scatto in piedi e lancio il mio cavo agganciando un
vicino cornicione e togliendomi dalla strada.
Ogni residua traccia
della Punitrice e del suo furgone si è ormai persa tra mille odori e rumori.
Non importa: il mio istinto mi dice che siamo destinati a rincontrarci presto o
tardi.
Mi chiamo Candace Nelson e sono una giornalista del
Daily Bugle, uno dei più diffusi tabloid di New York, ma è meglio non farlo
sapere in questo posto. Ufficialmente è un party di uomini d’affari cinesi e ne
ha tutta l’aria: champagne ed ogni altro genere di bevanda scorrono a fiumi
serviti da discrete cameriere in abito tradizionale cinese. Uomini in abiti occidentali
chiacchierano tra loro con al fianco ragazze appariscenti loro sì occidentali,
escort fornite da un’agenzia specializzata. È anche la mia copertura e sta
funzionando: ho fatto conoscenza con un tizio molto gentile ed evidentemente
interessato alle mie grazie che mi ha detto cose molto interessanti.
Robert Hao, il mio
accompagnatore, si fa finalmente vivo. Anni fa era il capo di una banda, le
Tigri Dorate, ed andava in giro con un costume e una maschera che ricordava
vagamente il muso di una tigre. Si faceva chiamare Chaka. Dice di aver chiuso
con quella vita ma è evidente che ha ancora contatti all’interno del crimine
organizzato cinese.
-Ti sei divertita in mia assenza?- mi chiede.
-Abbastanza.- rispondo, poi, con finta noncuranza, aggiungo -Com’è andato
il tuo colloquio col 489?-
L’espressione
sorpresa sul suo volto è decisamente eloquente.
-Come… fai a sapere…?-
Sorrido divertita
mentre rispondo:
-Un signore molto simpatico e gentile mi ha spiegato un po’ di cose
sulla gerarchia delle Triadi, tra cui la questione della numerologia. Il 489 è
il Signore Dragone, quello che gli Italiani chiamano Capo dei Capi.[3]
Che affari avevi da trattare con uno come lui?-
La sua espressione
diviene dura mentre risponde:
-Meglio per te se non lo sai. Piuttosto… chi è il tizio che ti ha detto
tutte queste cose?-
-È andato via adesso, affari urgenti ha detto. Si chiama Martin Li.-
Robert scoppia a
ridere.
Martin Li, eh? Scommetto che ti ha detto di essere un semplice
imprenditore e filantropo impegnato nel risanamento di Chinatown.-
-È proprio quello che ha detto.-
-È la facciata che gli piace mantenere. In realtà è un 415, il Ventaglio
di Carta Bianca, gestisce le finanze della Triade e ricicla i guadagni illegali
in denaro perfettamente legale.- Non
posso dire di essere sorpresa ma un po’ delusa questo sì: in fondo avevo
sperato che fosse davvero chi diceva di essere. Sempre meglio non farsi
illusioni e magari è meglio anche non dire a Robert che Martin Li ha chiesto il
mio numero di cellulare ed io gliel’ho dato.
La donna dai capelli rossi vestita di una vestaglia leggera è Russa. Si chiama Natalia Alianovna Romanova, ma negli Stati Uniti usa una versione anglicizzata del suo nome: Natasha Romanoff. In certi circoli è anche nota come Vedova Nera, superspia prima russa e poi internazionale ora visibilmente incinta.
Al momento è nel soggiorno del suo attico di Park Avenue e sta occupandosi di curare le ferite superficiali del futuro padre dei suoi figli: Matt Murdock alias Devil seduto a petto nudo su una poltroncina.
-Davvero, Matt…- gli dice ridendo mentre prima disinfetta e poi applica dei cerotti sulle sue abrasioni -… non capisco come mai tu abbia sempre a che fare con donne pericolose: Elektra, Lady Bullseye ed ora la Punitrice. Cosa gli fai ?-
Matt volta istintivamente la testa verso di lei e sorridendo replica:
-Non lo so, ‘Tasha. Perché non me lo spieghi tu? Sei o non sei la donna pericolosa per eccellenza?-
-Stupido.- lo apostrofa lei chinandosi a baciarlo.
-Bah, quante smancerie! Disgustoso!- commenta con una smorfia Ivan Petrovitch, padre adottivo, mentore ed occasionale autista della Vedova.
-Non fare tanto il “duro” con me, Ivan.- lo rimprovera, bonariamente, Natasha -Ti ho visto chiaramente commuoverti all’ennesima replica di “Casablanca”.-
-Quello è un capolavoro.- ribatte il Russo.
Natasha si rivolge di nuovo a Matt:
-Probabilmente Ivan è solo
seccato perché non hai ancora chiesto cosa abbiamo scoperto sugli ultimi
sviluppi della Organizatsiya.-[4]
-E cosa avete scoperto?- chiede lui.
-Lascerò che sia Ivan a risponderti: è lui che ha fatto la maggior
parte del lavoro.-
Ivan fa un’altra smorfia
e prende a parlare:
-Natasha esagera: ci abbiamo lavorato assieme. Per fartela breve,
Murdock, dopo la caduta di Ivan il Terribile e del suo scagnozzo di New York
Gerasimov grazie alla nostra Zarina…-
-Non attribuirmi meriti che non ho, Ivan…- lo interrompe la Vedova Nera
-… Gerasimov lo ha ucciso il Punitore.-[5]
-Importa poco, ciò che conta è che l’Organizatsiya ha subito un duro colpo a Brighton Beach e si sono
fatti avanti nuovi gruppi a contendergli il territorio: Ceceni ed Ucraini. Come
forse saprai, non corre buon sangue tra Ceceni, Ucraini e Russi di questi
tempi.-
-L’eufemismo dell’anno.- commenta Matt -Scusa,
Ivan, vai pure avanti.-
-Non c’è rimasto molto da dire: i Ceceni vogliono espandersi oltre
Brooklyn e questo ha attirato l’attenzione dell’Ufficio del tuo amico Nelson.-
-Questo potrebbe spiegare l’attentato a Foggy di stamani.-[6]
borbotta Murdock.-
-Ci penseremo domani.- sentenzia con tono autoritario Natasha -Ora hai
bisogno di riposare e per dirla tutta, anch’io. Ho la schiena a pezzi. I
gemelli sono pesanti sai? Voi uomini vi prendete tutto il divertimento del fare
figli ma la parte dura tocca sempre e solo a noi donne.-
Lo prende per mano e
lo porta verso la loro camera da letto. Ivan aspetta che si siano chiusi la
porta alle spalle ed accende la TV sintonizzandola su un canale di classici
cinematografici.
-Se non sbaglio sta per cominciare “Il grande caldo”.-[7]
borbotta sedendosi in una comoda poltrona.
2.
Candace Nelson
entra in Redazione, passa davanti alla mia scrivania e mi saluta allegramente:
-Ciao Ben, bella
giornata oggi, vero?
Invece di sedersi alla sua
postazione davanti a me, prosegue sino al tavolo di Angela Yin. È chiaro che ha
qualcosa in mente. Incuriosito, mi alzo e la seguo.
Si ferma davanti alla nostra fotografa
cinoamericana e le consegna un microregistratore.
-Ti dispiace darci
un’occhiata?- le chiede -C’è gente che parla in Cinese ed ho idea che dicano
cose molto interessanti.-
-Vedrò cosa posso
fare.- risponde Angela senza troppo entusiasmo.
Non sono certo uno psicologo ma
direi proprio che è ancora sconvolta dalla scoperta che il suo fidanzato è
ancora un supercriminale psicopatico.[8]
-Vedrò quel che
posso fare.- dice infine.
Candace esita un istante poi le
chiede:
-Conosci un certo
Martin Li? Con la “I” non la doppia “e”.-
-Secondo te, solo
perché sono di origine cinese, dovrei conoscere tutti i Cinesi di New York?-
ribatte Angela.
-Scusa, io…-
-Ok, ok… si dà il
caso che sappia davvero chi sia: è un imprenditore arrivato da Hong Kong
qualche anno fa che si è fatto notare anche come filantropo. Ha finanziato
diverse iniziative a favore dei poveri.-
-Nessun legame con
la criminalità organizzata, le Triadi?-
-Non direi proprio.
Perché ti interessa tanto?-
-Nulla
d’importante. Ne ho sentito parlare. Tu traduci quelle conversazioni e ti dirò
tutto, te lo assicuro. Firmeremo insieme l’articolo.-
Fa per allontanarsi ma la fermo.
-Si può sapere cosa
stai combinando?- le chiedo -Dove hai preso quelle registrazioni? Le hai fatte
tu e dove?-
Lei scrolla le spalle e risponde:
-Ben Urich, sei
davvero noioso, sai ? fidati, so quel che faccio.-
La cosa non mi rassicura affatto.
Quando entro in ufficio posso sentire gli sguardi di tutti puntarsi su
di me e non è difficile immaginare cosa stanno pensando: i pettegolezzi si sono
diffusi e tutti sanno che Matt Murdock sta per diventare padre. Mi si fanno
tutti intorno e mi danno pacche sulle spalle e mi stringono la mano. Comincio a
sentirmi imbarazzato
-Bene, basta così.- interviene Becky Blake -Lasciatelo respirare e
tornate tutti al lavoro, questo è ancora un ufficio e non un circolo
ricreativo.-
Becky è una delle donne
più straordinarie che conosco: quando era ancora all’università, uno
psicopatico la stuprò e la ferì così gravemente da privarla dell’uso delle
gambe ma lei non si è persa d’animo ed ora è uno dei migliori avvocati della
Nazione e la socia amministratrice del nostro studio legale.
Il ronzio della sua
sedia a rotelle fa il paio con il tap tap del mio bastone sul pavimento mentre
entriamo nel mio ufficio privato.
-Ti piace vivere pericolosamente, Matt?- mi chiede mentre mi siedo.
-Che intendi dire?- chiedo un po’ preoccupato.
Ci mancherebbe solo che
anche lei avesse scoperto la mia identità segreta. So che posso fidarmi ma…
-Ti sei messo con una superspia internazionale e supereroina a tempo
perso e presto avrai dei figli da lei. Immagino che ti renda conto che questo
aumenta i rischi per te e per lo Studio.-
-Vivo questo tipo di rischio da molto prima di conoscere Natasha, per la
precisione da quando è comparso Devil. Ho ormai perso il conto delle volte che
mi hanno rapito o tentato di uccidermi solo perché lo conosco. La donna che
amavo è stata uccisa da un supercriminale.[9] Conosco
i rischi e so benissimo che non posso evitarli del tutto ma se vuoi aumentare
la sicurezza, sono d’accordo. Il che mi ricorda… dov’è finita Dakota North?-
-Come sai che non è in studio ?-
Sorrido preparandomi a
dire una mezza bugia:
-Sono cieco ma gli altri miei sensi funzionano benissimo: non ho sentito
il suo profumo e ne ho dedotto che oggi non è venuta.-
-Suo padre si è svegliato ed ha chiesto di vederla.-
-Capisco. So che non sono in buoni rapporti quei due, ma, come si dice:
il sangue non è acqua.-
Il sangue non è acqua. Queste parole risuonano anche nella mente della donna dai capelli rossi che veste un giubbotto marrone sotto cui c’è una camicetta di seta rossa e pantaloni attillati scuri. Ai piedi porta degli stivaletti.
Per descriverla molti userebbero il termine “fisico da modella” e ci azzeccherebbero perché Dakota North è stata davvero una famosa modella, contesa da varie case di moda ed apparsa sulle copertine delle più note riviste patinate. Perché abbia improvvisamente lasciato quella carriera per intraprendere quella di investigatrice privata nessuno lo sa con certezza. Alcuni, però, ipotizzano che abbia a che fare con l’uomo dai capelli e barba bianchi che giace nel letto di una stanza privata in un noto ospedale cittadino. Solo lei potrebbe dirlo ma si è sempre rifiutata di parlarne con chiunque.
-Non dirmi che hai paura?- le si rivolge l’uomo al suo fianco.
Per lui, alto, biondo, attraente, fisico palestrato ma senza eccessi, userebbero la dizione “Sembra un attore” ed anche nel suo caso avrebbero ragione perché Robert Diamond è davvero un attore che si è guadagnato la fama come star di film d’azione ed è anche un vero esperto di arti marziali oltre ad altre cose che non tutti sanno.[10]
Io non ho paura di nulla e di nessuno.- replica Dakota.
-Davvero? Ribatte Bob -E allora perché esiti? Lo odi così tanto?-
-Io… non...-
Con un gesto deciso Dakota gira la maniglia ed apre la porta entrando nella stanza.
L’uomo anziano gira la testa verso di lei e il volto stanco gli si illumina mentre a fatica mormora:
-Dakota?-
-Ciao, papà.-
3.
Appollaiato su un cornicione, mi
sento una specie di gargoyle. Tanto per rendere le cose più divertenti, diciamo
così, ha anche cominciato a piovere. Mi rivolgo a Natasha tramite l’auricolare
nella mia maschera:
-Ripetimi un po’ perché mi hai spedito qui.-
La sento chiaramente
sospirare prima di rispondere. Posso immaginarla seduta nel salotto del suo
attico davanti ad un monitor. Quanto le pesa davvero non poter essere qui, in
azione, con me?
<<Se i miei informatori non si sono sbagliati, nel palazzo di
fronte a te ci sarà un meeting dei capi della Triade del Drago Nero con quelli
della mafia cecena e ucraina per stabilire una tregua.>>
-E quanto sono affidabili queste tue fonti?-
<<Molto, fidati. Sto esaminando le immagini in tempo reale delle
telecamere di sorveglianza della zona e vedo che i Ceceni sono appena
arrivati.>>
-Sì, sento le loro auto che si fermano.-
<<Il posto che devi sorvegliare è proprio davanti a te :
venticinquesimo piano, quarta finestra a sinistra.>>
-L’ho individuata.-
Salto nel vuoto mentre
il mio cavo si aggancia dall’altra parte e rapidamente mi trovo in piedi
accanto alla finestra in questione. Da qui potrò sentire senza problemi quel
che si dicono… e capirlo, sempre che parlino in Inglese.
Battiti cardiaci e
odori mi dicono che nella stanza ci sono sette persone e che una di loro è una
donna, interessante. Non era prevista e c’è qualcosa in lei che non riesco a
definire.
Nessuno è armato, anche
se nel cassetto di una scrivania ci sono almeno due pistole. Nel corridoio,
d’altra parte, sento una decina di uomini armati… sento anche qualcos’altro,
qualcosa che non dovrebbe esserci.
-Devo intervenire.- sussurro.
<<Che succede, Matt?>> mi chiede la Vedova Nera.
-Guai… grossi.- rispondo.
Diario di
Guerra. Annotazione numero 245. Trattenni il
fiato come mi capita sempre appena prima di entrare in azione. L’adrenalina
scorreva nelle mie vene ma mi imposi di non farmi sopraffare dall’euforia.
Avevo pianificato a lungo quest’azione e nulla doveva andare storto.
Mi avvicinai al Palazzo
mentre la pioggia leggera scivolava sul mio impermeabile e puntai senza
esitazione verso l’ingresso.
Gli uomini di guardia mi
squadrarono perplessi chiedendosi, forse, cosa potessi volere a quest’ora ma
non mi considerarono un pericolo. Grosso errore.
Estrassi il mio tesserino
fasullo e lo sventolai davanti ai loro nasi.
-Detective Michaels.- mi presentai -Ci è stata segnalata la presenza di
una bomba in questo palazzo.-
-Una bomba?- esclamò una delle guardie -Non è possibile!-
-Fidati, lo è.-
Una
pistola calibro .22 può anche essere un’arma piccola ma a distanza ravvicinata
i suoi proiettili possono produrre danni devastanti. Il primo proiettile
raggiunse il tizio davanti a me al ventre. Per buona misura gliene sparai un
secondo. Il terzo lo riservai per la fronte del suo collega.
La via dell’atrio era sgombra.
Adesso dovevo muovermi in fretta. Il tempo era essenziale.
Nell’ufficio regna una comprensibile diffidenza. Le tre organizzazioni criminali che rappresentano gli uomini presenti nell’ufficio sono rivali da sempre dopotutto.
-Sedetevi, prego.- li invita Lionel Wu, 489[11] della sezione newyorkese della Triade del Drago Nero -Vorrei che questo meeting iniziasse sotto i migliori auspici. È interesse comune sistemare le nostre dispute in maniera pacifica, io credo.
-A me interessa solo che voi cinesi non mettiate piede nel mio territorio.- replica Aslan Arbaiev, leader di uno dei più forti clan dell’emergente mafia cecena a New York.
-New York è grande.- commenta seraficamente Wu -Possiamo conviverci tutti. È importante, però, evitare fatti eclatanti che attirano la collera delle autorità, fatti come l’attentato al Procuratore degli Stati Uniti Nelson di ieri mattina.-[12]
-Non è stata opera mia.- si difende Dmytro Kovalenko, Pakhan[13] della mafia di Brighton Beach -Brooklyn non è terreno di caccia di quell’uomo. Non ho nulla contro di lui… ancora.-
-L’obiettivo non era Nelson…- interviene Arbaiev -… ma quella puttana della sua vice, Kathy Malper. Peccato che nessuno dei due ci sia rimasto secco.-
-La sua scelta di vocaboli è discutibile come le sue azioni, Mr. Arbaiev…- replica, quieto, Wu -… ma non sono qui per giudicarla dopotutto. Il mio interesse è solo che certe azioni disdicevoli cessino.-
-Vorresti dirmi come devo condurre i miei affari?-
Prima che Wu possa replicare, la finestra s’infrange e nella stanza piomba una figura in costume rosso che quasi tutti i presenti riconoscono immediatamente esclamando:
-Devil!-
4.
Diario di Guerra. Annotazione
numero 246. La presenza di Devil rischiava di mandare a monte l’intera
operazione. Nonostante sia un vigilante mascherato, ha il cuore troppo tenero
con i criminali, non ha il coraggio di fare quel che deve essere fatto,
coraggio che ho imparato da Frank Castle.
Le porte dell’ascensore si
aprirono e gli uomini di guardia mi videro. Gridarono qualcosa in Cinese che
non capii e nemmeno m’importava in fondo.
Aprii l’impermeabile
lasciando in piena vista il teschio bianco dipinto sul mio petto. Gli sgherri
capirono immediatamente chi ero ma per loro era già troppo tardi: nelle mie
mani erano ben salde due pistole Sig Sauer P226 che vomitarono un inferno di
fuoco su di loro prima che potessero reagire. In pochi minuti avevo percorso il
corridoio. L’uso del silenziatore aveva impedito che nella stanza dove si stava
svolgendo la riunione sentissero cosa stava accadendo fuori ma il mio tempo era
comunque limitato.
Gli uomini davanti alla
porta puntarono le loro pistole su di me. Un attimo prima che cominciassero a
sparare si udì un rumore di vetri infranti, poi una voce d’uomo gridò:
-Devil!-
Ci fu del trambusto ed io
ne approfittai per sistemare definitivamente le guardie alla porta, poi udii
una voce gridare:
-C’è una bomba!-
A quel punto capii che non
avevo più tempo. Spalancai la porta con un calcio ed entrai.
Quando entro nella stanza c’è una comprensibile
agitazione, dopotutto non sono un semplice intruso: sono il nemico
La rapidità è
essenziale. Il mio bastone scatta compiendo un arco e abbattendo tre degli
uomini presenti. Nel frattempo io salto. Stendo altri due tizi con due calci
accoppiati e un terzo col taglio della mano sinistra mentre con la destra
afferro il bastone.
Il mio salto si
conclude davanti alla scrivania e all’uomo anziano dietro di essa.
-C’è una bomba!- affermo.
Tutti si agitano…
tutti, tranne la donna in piedi accanto al capo della Triade, una donna il cui
battito cardiaco ed il ritmo del respiro rimangono stabili, una donna che a
parte un leggero profumo di marca non ha alcun odore, una donna che conosco
bene e che speravo non incontrare mai più.
Posso indovinare il
sorriso sulle sue labbra mentre con calma assoluta mi chiede:
-Sorpreso di trovarmi qui?-
Prima che possa
risponderle, la porta della stanza viene spalancata con violenza ed entra
un’altra donna. Lunghi capelli che fluttuano, porta sicuramente un impermeabile
e sotto una sorta di tuta con fibre di kevlar quasi tutte concentrate nella
zona del petto e dell’addome. C’è un simbolo, forse? Come quello di… non è possibile:
lei non…
Il taglio di una mano
mi colpisce alla base del cranio. Stupido: mi sono dimenticato dell’altra donna
alle mie spalle, una troppo pericolosa per distrarsi in sua presenza. Se non
avessi percepito la sua mossa appena in tempo, ora avrei probabilmente il collo
spezzato ma anche così, avendo accompagnato il colpo, la cosa non è piacevole.
Nella stanza scoppia il
caos. Le pallottole volano sopra la mia testa Sento l’odore di cordite misto a
quello del sangue ed anche l’implacabile martellare di un timer. Il tempo sta
scadendo.
-La bomba!- urlo sperando di farmi sentire -Sta per esplodere!-
Qualcuno mi tende la
mano. È la donna con l’impermeabile, riconosco il suo profumo.
-Se hai ragione…- mi dice -… dobbiamo andarcene subito.-
-Gli altri …- provo a dire.
-Non puoi più aiutarli adesso.- replica -Nessuno può.-
Mi aiuta a sollevarmi
in piedi e mi trascina fuori dalla stanza. Sono troppo debole per oppormi. Nel
corridoio solo odore di morte.
-Chi sei?- le chiedo con voce debole.
-La Punitrice non ti va bene?- ribatte lei.
-Tu non…-
L’esplosione e la
successiva onda d’urto spazzano via ogni parola.
Natasha Romanoff, la famigerata Vedova Nera, fa una smorfia disgustata e dice:
-Onestamente, Matt, sto cominciando a stufarmi di curare le tue ferite, specie se sono colpa della stessa donna.-
Matt Murdock è sdraiato sul letto matrimoniale della camera padronale dell’attico di Natasha, il suo costume da Devil è posato su una sedia. Le sue sono perlopiù ammaccature che grazie alle pomate spalmate dalle sapienti mani della sue compagna guariranno probabilmente dopo una buona nottata di riposo. Anche il dolore al collo è quasi sparito.
-Non era lei.- afferma.
-Cosa?-
-Non era la Punitrice, ti dico…- ribadisce Matt -… non la stessa con cui mi sono scontrato ieri notte almeno.-
-Ci sarebbero in giro due Punitrici? Magari di più? Non mi ero mai resa conto che Castle avesse un tale fascino. Beh… almeno questa ti ha salvato la vita. Quando ho perso il contatto radio mi sono davvero preoccupata, lo ammetto. Per fortuna avevo mandato Ivan in zona con l’auto e lui ti ha trovato prima della Polizia così non hai dovuto dare troppe spiegazioni. Lei era già sparita, però.-
-La Punitrice mi preoccupa molto meno dell’altra donna che era nella stanza .- ribatte Matt -Vorrei tanto sapere perché è tornata.-
-Avrai tempo per scoprirlo domani.- replica Natasha sfilandosi la vestaglia ed infilandosi sotto le lenzuola -Ora pensiamo a riposarci… e magari a qualcos’altro.-
Si stringe a lui e Matt decide che i problemi possono davvero aspettare domani.
5.
Quando entro nel suo ufficio, il mio vecchio amico
Franklin Nelson, detto Foggy, si alza dalla scrivania e mi viene incontro.
-Matt!- esclama -È un piacere rivederti.-
Ci abbracciamo, ci
scambiamo i soliti convenevoli poi ci sediamo, lui dietro la sua scrivania ed
io su una poltroncina davanti ad essa, e passiamo alle cose davvero serie.
Oltre ad essere il mio
più caro e vecchio amico ed uno di coloro che conoscono la mia identità
segreta, Foggy è anche il Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto
Giudiziario Federale Sud dello Stato di New York. La lotta al Crimine
Organizzato è tra i compiti del suo Ufficio.
Gli riferisco quel che
so degli avvenimenti della notte scorsa ed infine mi dice:
-Quello che mi hai raccontato, Matt, mi chiarisce alcuni punti oscuri.
Quando la Scientifica è arrivata non c’era rimasto abbastanza da poter
identificare molti dei cadaveri. Da quel che hai detto, tra i morti ci
dovrebbero essere i capi della Triade di Chinatown e delle mafie cecena e
ucraina. Ne avevamo il sospetto ma non la certezza. Ne parlerò con il mio
collega del Distretto Est e con il Procuratore Distrettuale di Brooklyn. Quanto
alla bomba, chi credi che l’abbia messa?-
-All’inizio pensavo l’avesse fatto la Punitrice, chiunque sia…- rispondo
-… ma ripensandoci, non si sarebbe esposta al rischio di restare coinvolta lei
stessa nell’esplosione. Come ti ho detto, c’era un’altra persona nella stanza e
lei potrebbe averlo fatto, me lo sento.-
-Il che potrebbe voler dire che c’è un altro giocatore in campo.-
conclude Foggy.
Uno molto agguerrito,
purtroppo.
In un ufficio di Chinatown un uomo di chiara
etnia cinese è in piedi davanti ad un’ampia finestra ed osserva il palazzo di
fronte sfregiato da un largo squarcio. Senza voltarsi si rivolge all’uomo in
costume alle sue spalle:
Il Signore Dragone è morto e con lui il suo vice. Ora il comando della
Triade del Drago Nero a New York è passato a me ed io voglio che tu trovi i
responsabili della loro morte e mi porti le loro teste. Lo farai per me,
Chaka?-
-Lo farò, Signore Dragone.- è la secca risposta.
Martin Li sorride
soddisfatto.
Come
capita spesso, sono rimasto solo in redazione. Robbie[14]
se n’è appena andato dopo aver approvato il mio pezzo sulla recente guerra tra
bande e le sue vittime eccellenti.
-Ottimo lavoro,
Ben.- mi ha detto -Come al solito, del resto.-
-Tu mi lusinghi,
Robbie.- gli ho risposto ridendo
Ora riguardo l’articolo un’ultima
volta poi lo invio per la stampa. Domani i bravi cittadini di New York avranno
il loro approfondimento sui fatti del giorno.
Posso andare adesso ed è un orario
quasi decente. Doris sarà contenta, niente divorzio anche stavolta.
Improvvisamente sento qualcosa alle
mie spalle. Anni di esperienza mi hanno reso molto sensibile a certe cose e
sono certo di non essere più solo: c’è qualcuno alle mie spalle.
-Matt?- sussurrò.
-Non sono Matt
Murdock.- mi sussurra a sua volta una voce di donna con un evidente accento
giapponese mentre una lama mi viene appoggiata alla carotide -Ha capito chi sono,
Mr. Urich?-
Un nome mi sale alle labbra, quello
di una donna che ha recentemente portato lo scompiglio a Hell’s Kitchen assieme
ad altri, tra cui l’assassino psicopatico che venera al punto di averne preso
il nome:[15]
-Lady Bullseye!-
Mi chiamo Ben Urich e presto potrei
essere un giornalista morto.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
A dire il vero, non c’è molto da
dire su quest’episodio, tutto quello che era necessario sapere, è spiegato
all’interno della storia.
Parliamo, quindi, del prossimo dove
la guerra di bande si farà più feroce ed agguerrita.
La Triade cinese, la mafia cecena,
quella ucraina, quella russa, il Maggia e… la Yakuza? Non vi bastano? E allora
ci aggiungo anche la Punitrice ed un paio di guest star. In più: qual è il
ruolo di Lady Bullseye, cosa vuole realmente?
Infine, vi consiglio di seguire
Capitan America, L’Uomo Ragno e Occhio di Falco per altri risvolti della guerra
tra bande criminali a New York.
Carlo
[1] Ovvero nell’ultimo episodio.
[3] In Italiano nel testo.
[4] La Mafia Russa.
[5] Su Marvel Knights #47.
[6] Sempre nell’ultimo episodio.
[7] Classico film noir di Fritz Lang interpretato da Glenn Ford.
[8] Come rivelato su L’Uomo Ragno #94.
[9] Si riferisce a Karen Page.
[10] Per esempio che è uno dei Figli della Tigre.
[11] Signore Dragone nella numerologia dell’I-Ching usata dalle triadi cinesi per designare capi ed affiliati.
[12] Sempre nell’ultimo episodio.
[13] Equivalente di Padrino nella mafia italiana
[14] Joseph Robertson, il direttore del Daily Bugle.
[15] Vedi Daredevil di Fabrizio Tabiani.