PROLOGO
Il
mio nome è Ben Urich e sono un giornalista. Il mio lavoro è dare notizie e
occasionalmente raccontare storie. Quelle che ho raccontato più spesso
riguardano un uomo, uno dei più straordinari che abbia mai conosciuto. È nato
in un quartiere malfamato di New York, è cresciuto nella povertà, senza una
madre, ha perso la vista a 15 anni, suo padre è stato ucciso perché non ha
voluto piegarsi a dei gangsters.
Nonostante
tutte queste avversità lui non ha ceduto ed ha applicato una massima insegnatagli
dal padre: non arrendersi mai. È diventato uno dei migliori avvocati degli
Stati Uniti ma non gli bastava: la sua ansia di giustizia lo ha spinto più
oltre.
C’è
una cosa che pochi sanno di Matt Murdock e che non ho mai rivelato a nessuno:
il materiale radioattivo che lo ha accecato gli ha anche donato dei sensi
supersviluppati ed un senso radar che gli dà un’idea delle cose e persone che
lo circondano forse più precisa della vista. Grazie a queste facoltà
straordinarie è divenuto il combattente mascherato del crimine noto come Devil.
Per
anni ha portato avanti la sua missione da solo, poi il destino ha messo sulla
sua strada una donna altrettanto straordinaria.
Il
suo vero nome, almeno per quanto ne sa lei stessa, è Natalia Alianovna
Romanova, ma negli Stati Uniti è nota come Natasha Romanoff ed ancor più col
nome di battaglia datole dai servizi segreti della sua nazione di nascita:
Vedova Nera.
Nella
Russia da cui proviene l’hanno addestrata per essere una perfetta superspia ma
alla fine lei si è ribellata al destino che le volevano imporre. Anche lei
persegue una personale idea di giustizia e forse cerca anche la redenzione dai
peccati del passato.
Matt
Murdock e Natasha Romanoff, un avvocato e un’avventuriera, Devil e la Vedova
Nera, un supereroe ed una spia, un Americano di origine irlandese e una Russa.
Sembrano davvero appartenere a mondi diversi e distanti. Eppure il destino li
ha voluti amici, amanti, compagni d’arme.
Quanto
a me… a me ha lasciato il compito di raccontare la loro storia.
N° 75
ANGELI E DEMONI
Di Carlo Monni
PARTE PRIMA
L’AVVOCATO
1.
Vengo qui meno spesso
di quanto vorrei o forse dovrei. Posti come questo mi ricordano fin troppo la
mia fragilità ed i miei fallimenti.
Non posso leggere i
nomi sulle lapidi ma anche senza passare sulla superficie di marmo le mie dita
supersensibili, so a memoria quel che c’è scritto.
Papà, è stato il tuo
omicidio a spingermi sulla giusta strada. Potevi fare quello che era più
facile, ma non volevi deludere tuo figlio e hai rifiutato di perdere l’incontro
decisivo. Sapevi cosa sarebbe successo dopo ma non hai esitato. È una lezione
che non ho dimenticato.
Karen, ti ho amata più
di ogni altra nella mia vita e tu hai pagato il prezzo più alto per esserne
stata parte. Razionalmente so di non essere responsabile per ciò che ti è
accaduto, come non lo sono per ciò che è accaduto a Heather Glenn o a Glorianna
O’Breen. Sì: razionalmente lo so, ma ci sono momenti in cui non posso non
chiedermi se tu e le altre non sareste ancora vive se Matt Murdock non fosse
entrato nella vostra vita.
Sento una mano che
stringe la mia. Una stretta che dice: non sei solo, io sono con te. La donna a
cui appartiene quella mano si chiama Natasha Romanoff. Non ho bisogno della
vista per sapere che è bella e sexy, lo percepisco molto bene. Anche lei ha
avuto i suoi dolori, persone che amava che sono morte o l’hanno tradita. Per
molto tempo ha nascosto le sue emozioni dietro una corazza psicologica, una
difesa che ha abbassato con me lasciando che i suoi sentimenti esondassero come
un fiume in piena.
Lei è la mia ancora di
salvezza ed io la sua. Una responsabilità pesante. E se non fossi all’altezza
del compito?
-Andiamo a casa.- le dico.
Si stringe a me mentre
usciamo dal cimitero. Sento il suo dolce profumo, il rumore dei suoi tacchi nel
terreno soffice che accompagna quello del mio bastone. Sono felice di averla
vicino.
Avverto gli odori della
Rolls Royce che ci aspetta fuori dal cancello e quello pungente del dopobarba
di Ivan Petrovitch che ci aspetta appoggiato al cofano rigirando tra le mani il
berretto da autista.
Improvvisamente alzo la
testa: il vento porta un odore familiare, la lieve traccia di un profumo
femminile che scompare prima che riesca ad identificarlo con certezza.
-Cosa c’è Matt?- mi chiede Natasha.
-Non lo so.- rispondo -Per un attimo mi era sembrato… ma devo essermi
sbagliato.-
O almeno lo spero.
Lem Kowalsky ascolta a capo chino la voce del giudice che
pronuncia la sua condanna per rapimento. Nessuno può sapere cosa gli passa per
la testa mentre sente le parole:
-… per
un periodo non inferiore a 15 anni e non superiore a 25.-
Non solleva lo sguardo nemmeno per
guardare Belinda Scott, la giornalista televisiva oggetto delle sue ossessioni
e che ha rapito e tenuto segregata finché Devil non l’ha liberata.[1]
Non sa cosa passi per la mente di
Linda mentre lascia l’aula ma non sarebbe sorpreso nell’apprendere che ha
tratto un sospiro di sollievo sapendo che lui sarà rinchiuso per almeno 15
anni. Forse dovrebbe essere grato al suo avvocato per essere riuscito a
convincere la giuria che lui non era completamente in sé quando ha rapito
Linda, evitandogli così di finire in carcere per un tempo più lungo. Sì, forse
dovrebbe ma non riesce a pensare a questo mentre lo caricano sul furgone che lo
riporta a Ryker’s Island in attesa del trasferimento al penitenziario statale
di Attica dove sconterà il resto della condanna, pensa solo al fatto che non
avrà mai Linda.
Nella mia vita ho fatto molte
cose stupide, ma questa potrebbe concorrere al primo premio: far visita ad un
ex supercriminale esperto di kung fu che potrebbe anche avermi aggredito alle
spalle mentre tenevo d’occhio la sua abitazione[2] non ha proprio l’aria di
essere una buona idea. D’altra parte, non sono io quella saggia in famiglia.
L’uomo che viene ad aprirmi è un
attraente cinoamericano dai muscoli tonici e guizzanti che si notano benissimo
sotto la maglietta aderente che indossa. Non che la vostra cronista d’assalto
perda tempo a soffermarsi su simili particolari, s’intende.
-Buongiorno,
Mr. Hao, io sono…-
-Candace
Nelson, giornalista del Daily Bugle.- ribatte Robert Hao -Mi ricordo benissimo
di lei, Miss Nelson e mi ricordo anche di averle detto che non gradivo la sua
compagnia.-
-Per
la precisione mi ha detto di togliermi dai piedi.-
-Un
consiglio che lei non ha ascoltato, visto che più di una volta ha provato a
seguirmi … senza molto successo.-
-Sono
una dilettante in confronto a lei, Mr. Hao. Mi invita ad entrare o dobbiamo
conversare sul pianerottolo?-
Hao ridacchia e si sposta per
farmi passare squadrandomi bene. Chissà se diversamente dal mio morigerato
fratello maggiore apprezza il mio stile nel vestirmi o c’è altro?
-Lei
è un tipino intraprendente, Miss Nelson.- commenta -Entri pure liberamente e di
sua volontà.-
Può non essere incoraggiante che
abbia usato le stesse parole con cui il Conte Dracula accoglie Jonathan Harker
nel romanzo di Bram Stoker. Hao è un lettore di classici o ha visto un film un
po’ più fedele all’originale?
Mi guardo intorno: è un
appartamento piccolo e arredato in modo spartano ma pulito e ben tenuto.
Nell’aria il rimasuglio dell’odore di un profumo di marca. Ha delle visite
femminili forse?
-Era
qui che abitavo prima del mio arresto.- mi dice anticipando una mia domanda
-Quando
era il supercriminale Chaka Khan e il leader di una delle più agguerrite gang
di Chinatown, le Tigri Dorate?-[3]
-Storia
vecchia. Ormai ho pagato il mio debito con la società. L’appartamento è ancora
mio e ci sono ritornato dopo il funerale di mio fratello.-[4]
-Credevo
si fosse stabilito in California dopo aver scontato la sua pena.- commento.
-Ho
degli affari in sospeso da sistemare.-
-Affari
di Robert Hao o di Chaka Khan?- gli chiedo senza riflettere sulle possibili
conseguenze.
Lui scoppia in una risata e
replica:
-Non
sbagliavo a definirla intraprendente, forse lo è anche troppo. Si rende conto
di aver fatto una domanda molto indiscreta?-
-A
cui non ha risposto.-
-Seriamente,
Miss Nelson, se fossi tornato ad essere Chaka Khan, crede che lo ammetterei
tranquillamente con lei?-
Sorrido anch’io e ribatto:
-Sinceramente
no, Mr. Hao, ma dovevo provarci non crede?-
-Mi
chiami pure Robert. Lei mi piace, Miss Nelson. Ho sempre apprezzato le donne di
fegato.-
-Di
fegato o senza cervello? Non rispondere e chiamami pure Candace ma non
azzardarti a chiamarmi Candy, lo detesto.-
-Lo
terrò a mente. Ora passiamo ad altro: di cosa volevi parlare con me? Non solo
del mio passato, giusto?-
-Sto
indagando sulla morte di tuo fratello. C’è qualcosa che non mi convince.-
-Hai
deciso di camminare su un terreno minato… ma ne possiamo parlare a cena. Spero
ti piaccia il cibo cinese.-
Un invito a cena? Accettare può
non essere una mossa saggia. Ovviamente dico di sì.
2.
Franklin
E. Nelson Jr., Foggy per gli amici, entra nel suo ufficio di Procuratore degli
Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York sostenendosi con due
stampelle.
La
sua vice Kathy Malper gli si fa subito incontro.
-Foggy!- gli dice -Non saresti
dovuto venire.-
-Gliel’ho detto anch’io ma non ha
voluto ascoltarmi.- replica l’accompagnatrice di Foggy, Liz Osborn.
-Dovevi darle retta,
Franklin.-dice una donna seduta davanti alla scrivania -Si vede che non sei
ancora in forma.-
-Io… non ho chiesto il tuo
parere… Rosalind.- ribatte Foggy mentre raggiunge l’ampia poltrona.
-Una madre non ha forse il
diritto di preoccuparsi per la salute del proprio figlio?- ribatte a sua volta
Rosalind Sharpe.
Non
una madre che ha abbandonato quel figlio quando era ancora in fasce e che
quando è tornata dopo essere stata rapita[5] non
si è nemmeno fatta sentire con lui, si astiene dal replicare Foggy.
-Ho accettato volentieri il
vostro invito a raccontare ancora una volta la mia esperienza.- continua
Rosalind -Spero che non vi dispiaccia se non sono venuta sola vero. Immagino
conosciate tutti i miei accompagnatori, non è vero? Il mio socio Timothy Byrnes
e Mr. Norman Osborn.-
-Sì… ho avuto modo di conoscere
sia l’avvocato Byrnes che Mr. Osborn.- risponde con scarso entusiasmo Foggy.
La
sua compagna, Liz, abbassa lo sguardo davanti al sorriso di Norman Osborn. Loro
due hanno fatto un patto: se lui avesse usato le sue risorse per far liberare
Rosalind Sharpe, lei avrebbe accettato di fare qualunque cosa lui le avesse
chiesto e Liz conosce suo suocero abbastanza da sapere che non passerà molto
tempo prima che pretenda di riscuotere il suo debito.
Intanto
il giovane avvocato Timothy Byrnes si rivolge a Foggy:
-Miss Natchios mi ha chiesto di
porgerle, quando l’avessi incontrato, i suoi auguri di una completa
guarigione.-
Si
riferisce ad Elektra Natchios, di recente prosciolta proprio grazie a Byrnes,
dall’accusa di aver commesso numerosi assassini su commissione, accuse vere
peraltro.
-Gentile da parte sua, visto che
anni fa ha tentato di uccidermi.-[6]
ribatte Foggy, poi si rivolge a sua madre -Abbiamo delle domande da farti sul
tuo rapimento, il tuo avvocato può rimanere se lo desideri, ma Mr. Osborn e
anche tu, Liz, dovete uscire.-
-Tim non è il mio avvocato, ma un
collega ed un amico. Non ho bisogno di avvocati per una testimonianza, giusto?
E se ne avessi bisogno, io stessa sono un avvocato, un ottimo avvocato, l’hai
dimenticato, Franklin? Tim, ti dispiace aspettarmi fuori mentre io soddisfo le
curiosità di mio figlio?-
Foggy
sospira e mentre gli altri escono dice:
-Cominciamo, allora.-
C’è sempre da fare in uno studio
legale e credo che impazzirei se dovessi occuparmi anche della parte
burocratico-amministrativa del lavoro, per fortuna a questo provvede in maniera
efficiente la mia socia Becky Blake. Becky è decisamente una donna da ammirare:
quando era all’università un maniaco la violentò e le spezzò la schiena
privandola dell’uso delle gambe ma lei non si fece fermare. Con volontà e
determinazione riuscì a laurearsi a pieni voti e si è fatta strada ingoiando
anche molti rospi ed umiliazioni come capita fin troppo spesso a chi ha un
handicap fisico e lei non ha nemmeno abilità superumane ad aiutarla.
-E con questo è tutto.- termina il suo resoconto -Direi
che non ce la siamo cavata affatto male finora.-
-Il merito è di tutti quanti voi.- preciso -Io sono stato
un po’... assente negli ultimi tempi.-
-Non scherzare, Matt.- ribatte Becky -Il tuo ruolo come
pubblico accusatore nel processo contro Elektra Natchios è stata una bella
pubblicità per lo studio.-
-Anche se l’ho perso?-
-Non avresti perso se qualcuno non avesse ucciso i
testimoni, ne sono convinta.- interviene Bernadette Rosenthal.
-Ti ringrazio, Bernie, ma io non ne sono così certo… ad
ogni modo ormai è andata.-
Anche se
sono cieco mi volgo verso il capo investigatore dello studio, Willie Lincoln,
certe abitudini sono dure a morire. Willie è nero ed anche lui è cieco. Era un
ottimo detective ma lo incastrarono con una falsa accusa di corruzione e lo
costrinsero a dimettersi. Si arruolò nell’Esercito e si ritrovò in zona di
guerra. Si gettò su una granata per salvare i suoi compagni e addio occhi.
Neanche lui si è arreso ed ora lavora per me.
-Notizie di Dakota?- gli chiedo.
-Ha chiesto un periodo di ferie per stare vicina a suo
padre dopo… l’incidente.-
Quell’esitazione…
è ovvio che Willie non crede che uno come Sam North sia stato semplicemente
investito da un pirata della strada. Neanch’io del resto. Se non fossi stato
impegnato con il rapimento di Kathy Malper e il viaggio a Madripoor per
liberare Jill Stacy[7] mi sarebbe piaciuto fare qualcosa al
riguardo.
-Matt…-
-Cosa c’è, Willie?-
-Ho la sensazione che Dakota si sia impegnata in
un’indagine personale e la cosa non mi piace.-
-È una donna in gamba e sa quel che fa.- ribatte Becky -O
credete che solo perché è una donna non possa cavarsela da sola?-
Mi scappa
una risatina.
-Credo di essere l’ultimo a poter parlare di donne
fragili. Se ti fosse sfuggito, Becky, Natasha Romanoff è più dura dell’acciaio
e su questo non ci sono dubbi.-
Il che
non toglie che un po’ d’aiuto da parte mia potrebbe far comodo a Dakota North
Lo squillo del telefono distrae l’uomo di evidenti origini
cinesi dai suoi pensieri. Un’occhiata al display del cellulare gli permette di
riconoscere il numero e non può non chiedersi perché lui l’abbia chiamato: sa
che deve farlo solo se ci sono serie novità.
Dopo i
convenevoli di rito, l’uomo chiede al suo interlocutore:
-Che c’è di nuovo?-
<<Quella giornalista, Candace Nelson, fa troppe
domande. Temo che possa arrivare a scoprire la verità.>> risponde
l’altro.
-Non ci voleva. È una notoria ficcanaso e se quello che
stiamo facendo arriva ai media prima che siamo pronti…-
<<Posso pensare io a lei.>>
-Non vorrai…?-
Il suono
di una risatina arriva dall’altra parte.
<<Tranquillo. Non farò nulla di drastico o di
contrario alla legge... non troppo almeno. La terrò impegnata per un po’ e la
spedirò su qualche falsa pista.>>
-Robert… io mi sto fidando di te, spero che…-
<<Tranquillo, fratello: non intendo
deluderti.>>
La
conversazione si chiude e quasi subito dopo si sente il rumore della porta
d’ingresso dell’appartamento che si apre e pochi attimi dopo una donna bionda
entra nella stanza.
-Problemi?- chiede.
-Nulla di irreparabile, credo.- risponde l’uomo e riferisce
la conversazione appena avvenuta.
-Conosco bene Candace Nelson.- commenta la donna .-Quando
annusa una pista non si ferma nemmeno dinanzi al pericolo. Mai capito se è
coraggiosa o solo avventata. Credi che possiamo fidarci di tuo fratello, Bill?-
-Io credo di sì, ma dovremo accelerare i tempi. Non ci
resta altra scelta.-
E l’espressione sul volto di William Hao, Procuratore Distrettuale di Manhattan ritenuto morto, fa ben capire a Kathy Malper quanto sia preoccupato.
3.
Lemuel Kowalsky non dice una parola quando lo prelevano
dalla sua cella e lo portano dentro un furgone per il trasporto detenuti e non
dà più di un’occhiata fuggevole all’unico altro detenuto presente: un tipo
robusto e massiccio con due folti baffi neri che non lo degna nemmeno di uno
sguardo.
Resta silenzioso per tutto il viaggio e quasi non si
accorge che il furgone si ferma improvvisamente sul ciglio della strada. Alza
gli occhi solo quando il portello si apre.
-Cosa?-
è la sua sola reazione.
Il tipo massiccio seduto davanti a
lui si muove di scatto colpendo al pomo d’Adamo la guardia che gli sta accanto.
Nello stesso momento i due uomini vestiti con tute nere che hanno aperto il
portello fanno fuoco sulle altre guardie uccidendole.
Il secco rumore di due spari
soffocati da un silenziatore fa sobbalzare Lem.
-Stai
calmo.- gli intima uno dei due uomini mentre l’altro prigioniero si rivolge
loro con un secco:
-Ce ne
avete messo di tempo.-
-Non
lamentarti, Agente Cashman.- ribatte uno dei due aprendo le catene che gli
imprigionano polsi e caviglie -Ora sei libero, dopotutto.-
-Bullet,
chiamami Bullet.-
-Come
ti pare.- si rivolge a Lem -Datti una mossa anche tu.-
-Cosa?-
ripete lui sconcertato mentre mani robuste lo afferrano dopo averlo liberato
dalle catene.
-Cosa
volete da me?- urla mentre lo spingono in un SUV nero.
-Si
rilassi Mr. Kowalsky.- gli dice uno dei suoi liberatori -Nessuno qui vuole
farle del male. Non è contento di essere libero?-
Il SUV parte senza indugio e quando
arriva a destinazione Lem capisce solo di essere in qualche villa isolata
Viene separato dal tizio che si fa
chiamare Bullet e portato in una stanza dove, su un letto trova un costume
verde, nero e bianco che riconosce come uno di quelli usati dal supercriminale
Jester.
-Le piace?-
La voce appartiene ad un uomo appena
entrato, un uomo che veste un elegante tre pezzi nero ed il cui volto è celato
da un cappuccio ugualmente nero.
-Lei
chi è? Cosa vuole?-
-Il mio
nome non ha importanza. Non abbia paura: non ho certo pianificato la sua
evasione assieme a quella di Bullet per farle del male. Al contrario, sono qui
per farle una proposta che dovrebbe piacerle.-
-Di… di
cosa parla?-
-Di
qualcosa che lei sicuramente vuole, Mr. Kowalsky: la vendetta.-
La notte cala sulla città. Non che faccia differenza. Il
passaggio dal giorno alle tenebre notturne per me è solo una sottile variazione
di temperatura e di poco altro. Vivo nelle tenebre da decenni, sono mie amiche.
Come quasi
ogni notte degli ultimi anni l’avvocato cieco e compassato di nome Matt Murdock
lascia il posto all’avventuriero mascherato noto come Devil. Lascio agli
psicanalisti chiedersi se Devil non sia il mio modo di sfuggire alle
responsabilità della vita di tutti i giorni e alla rigida educazione impostami
da mio padre, io mi godo il vento sul volto e mi lascio trasportare dal cavo
del mio bastone.
Il
divertimento cessa quando il mio udito supersensibile coglie l’eco di voci non
molto lontane.
Quando arrivo sul posto c’è folla
intorno ad un furgone parcheggiato vicino ad un lampione. Porte aperte, odore
di sangue e di morte recente, Tre corpi in sacchi per cadaveri e gente intorno.
Polizia scientifica ma non solo. Dai battiti e altri segni vitali riesco ad
identificare tra i presenti alcuni poliziotti e agenti federali che conosco.
Dev’essere roba grossa per attirarli tutti insieme.
-Ma
guarda… Arriva Devil.- commenta il mio vecchio amico “Bucko” Leary -Passavi da
queste parti?-
-Praticamente
sì.- rispondo -Che è successo?-
-In
teoria non dovrei parlartene ma in fondo perché no? Ormai dovresti averlo
capito da te.-
Sarebbe vero se io ci vedessi ma
così non è. Vediamo che mi dicono i miei sensi ed un po’ di sana deduzione.
Furgone blindato, sbarre ai finestrini: un trasporto valori? Improbabile dopo
l’orario di chiusura delle banche, quindi cosa resta? Un trasporto prigionieri,
direi.
Leary mi trae dall’impaccio.
-Un’evasione.-
dice –Portavano due prigionieri trasferiti da Ryker’s. Uno era destinato alla
prigione federale di Manhattan. A quanto sembra l’autista del furgone ha
accostato, ha sparato al collega accanto a lui e poi ha aperto il portello
posteriore e ha ucciso le altre guardie.-
-Dubito
sia stato lui da solo.- dice un altro detective -Qui ci sono le tracce di
almeno tre armi del tipo 9mm.-
-Un’evasione
pianificata, quindi.- rifletto ad alta voce -… qualcuno voleva liberi quei due
prigionieri ad ogni costo, compreso l’omicidio. Chi sono?-
-Questa
ti piacerà, Cornetto.- replica Leary –Li hai presi tu: Buck Cashman, meglio
noto come Bullet, e Lem Kowalsky, condannato per stalking.-
Kowalsky… mi ricordo di lui, ma è un
pesce piccolo, perché qualcuno doveva disturbarsi a farlo evadere? Forse ha
solo approfittato del momento favorevole. Sono più preoccupato per Bullet:
l’ultima volta che ci siamo scontrati lavorava per il Consorzio Ombra ed io ho
rotto un po’ di uova nel loro paniere ultimamente. Sarà un caso che sia evaso
adesso? Ne dubito. Temo di essere nel loro mirino, ordinaria amministrazione
per me in fondo.
-Li
ritroveremo .- interviene un uomo dall’accento texano che stimo su 45 anni
circa. Buon dopobarba, stretta virile. Lo conosco ma non ricordo il suo nome.
-Sam
Gerard, Vice U.S. Marshal.- si presenta .-Il mio compito è catturare i
fuggitivi e non mollo mai l’osso. In genere non mi piacciono i tizi in costume ma
non dimentico che mi hai salvato la vita tempo fa.-[8]
-Spero
di poter dare una mano.- dico.
Faccio scattare il cavo del mio
bastone e spicco un balzo allontanandomi. Devo trovare Bullet ad ogni costo: ho
un brutto presentimento.
Quando entro nella sala riunioni,
il suono della voce del mio editore mi spacca quasi le orecchie:
-Urich, a quest’ora arrivi?-
-Che piacere vederti qui ai piani bassi, Jonah.- lo saluto mentre mi
sistemo a sedere.
J. Jonah Jameson
mastica furiosamente un sigaro spento, l’unica cosa che può farci da quando sua
moglie gli ha proibito di fumare e le leggi più recenti gli proibirebbero
comunque di farlo in un luogo chiuso. È nervoso e non lo biasimo, viste le
ultime notizie.
Alla riunione di
oggi, oltre ai soliti volti vedo anche quello di Peter Parker. È insolito che
partecipi ad una riunione redazionale ma capisco perché sia qui.
Jonah si rivolge
a me:
-Ho letto il tuo ultimo pezzo sulla liberazione della figlia del
Commissario Stacy.[9] Non è malaccio ma mancano quasi
tutte le informazioni sui rapitori. Solo un sacco di “si dice” e “sembra”. Io
voglio i fatti.-
-Non ci sono molti fatti. Non è stato possibile intervistare Jill
Stacy, suo padre impedisce a chiunque, a parte qualche medico, di parlare con
lei.-
-E la Aguirre? Lei è dei nostri.-
Jonah si
riferisce a Isobel Aguirre, una giornalista di Now scomparsa circa un anno fa
durante un’inchiesta e creduta morta finche Devil, la Vedova Nera e l’Uomo
Ragno, mentre cercavano di rintracciare Jill Stacy, non l’hanno casualmente scoperta
in un bordello di Madripoor costretta a fare la prostituta.[10]
-È ancora troppo scossa dalla sua esperienza e francamente non
credo che vorrei costringerla a riviverla per il bene di un articolo.-
-Mff. Datti comunque da fare. Voglio inchiodare quei bastardi che
hanno fatto… quello che hanno fatto... a una mia giornalista. Brant…-
-Cosa?- replica Betty.
È una mia impressione o era
distratta. Ultimamente mi sembra un po’ fuori forma ma magari sono solo le
preoccupazioni. Non credo che mi riguardi.
-Voglio che ti occupi tu della Stacy. Sei una donna, magari con te
parlerà.-
-Veramente…-
-Potrei provare io a parlare con Jill.- si offre Peter -Siamo
vecchi amici e forse con me si aprirà.-
-E io potrei seguire la pista dell’organizzazione che ha portato
sia lei che Isobel in Oriente. Dicono siano Russi.- incalzo io.
-Uhm…- borbotta Jonah -Tu che ne pensi Robbie?-
-Che è una buona idea.- risponde Joseph Robertson -Betty, ti va di
affiancare Ben? Candace Nelson è impegnata in un'altra inchiesta e…-
-Io… preferirei affiancare Peter.- risponde in fretta Betty -Credo
che la presenza di una donna potrebbe essere d’aiuto.-
-Come vuoi.-
-Allora è deciso.- taglia corto Jonah -Ma non tornate senza
qualcosa di concreto.-
-Farò quel che posso, J.J.J.- replico.
-Non voglio scuse, Urich, voglio risultati, non abusare della mia
pazienza.-
-Non posso abusare della tua pazienza Jonah… è notorio che non ne
hai neanche un grammo.-
-Ti sopporto perché sei in gamba, Ben ma ai miei tempi nessun
editore avrebbe tollerato una simile impertinenza da parte di un suo
giornalista.-
Mentre Jonah si
allontana Kat Farrell si china su di me e mi sussurra:
-Quali erano i suoi tempi, il paleolitico?-
-Il Proibizionismo, credo.- replico in tono scherzoso, poi mi
rifaccio serio -Su una cosa il buon Jonah ha ragione: siamo dei giornalisti e
dobbiamo scovare le notizie.-
Mi alzo ed
afferro la giacca.
-Dove vai?-
-A fare quattro chiacchiere con qualcuno che forse può
fornirmele.-
In altre parole, vado in cerca di guai.
FINE
PRIMA PARTE
PARTE SECONDA
LA SPIA
1.
La donna che entra nel colorito locale di Brighton Beach a Brooklyn è del tipo che non può non attirare l’attenzione: lunghi capelli rossi che le ricadono sulle spalle, occhi verdi e penetranti che scrutano l’ambiente, un corpo da modella malamente celato da un soprabito da cui escono due belle gambe inguainate in una calzamaglia scura.
Senza esitare si dirige ad un tavolino dove siede un uomo sui 40 anni, capelli scuri e corti e un tatuaggio che spunta dalla manica della camicia e si allunga sul polso destro.
-Natalia Alianovna.- la saluta -Gli anni sono stati generosi con te. A che debbo l’onore della tua visita?-
La Vedova Nera si siede davanti a lui senza aspettare di essere invitata e risponde:
-Informazioni Vladimir Sergeievitch, informazioni sul traffico di donne da e per gli Stati Uniti.-
-Chiedi troppo. Sai che il Codice dei Ladri me lo proibisce: un vor v zakone[11] non può collaborare con il potere statale del suo o di altri paesi.-
-Io non rappresento nessun potere statale ma solo me stessa, quindi mi darai le informazioni che cerco e confido che me le darai con le buone.-
-Altrimenti?-
Natasha Romanoff sorride mentre replica:
-Altrimenti dovrò strappartele con le cattive… e tu sai che so essere molto cattiva se lo voglio.-
Alle sue spalle si ode il click di una pistola che viene armata. La Vedova non si scompone.
-Dì ai tuoi uomini di mettere via le pistole, Vladimir Sergeievitch, mi innervosiscono e se divento nervosa potrei far loro del male, molto male.-
-Ma chi si crede di essere questa
shlyukha?- esclama uno degli uomini armati -Merita
una lezione.-
La Vedova Nera fa
cadere all’indietro la sua sedia. Prima che tocchi terra lei ha già fatto una
capriola. Il suo piede destro raggiunge il mento di uno dei tre uomini alle sue
spalle, il tacco del piede sinistro si scontra con la tibia destra del secondo
uomo e la spezza. Mentre il suo avversario cade urlando, Natasha si mette in
ginocchio e spara un morso di vedova contro il terzo stordendolo.
-Ti avevo detto che so essere molto cattiva, Volodya.- dice usando il
diminutivo del nome del suo interlocutore -Adesso vogliamo parlare
tranquillamente?-
Sono fermo sul ciglio di un cornicione e come
faccio spesso mi chiedo se avrei il coraggio di trovarmi in un posto simile se
potessi vedere quel che mi circonda.
Scaccio il pensiero e
mi siedo cominciando a concentrarmi. Cercare di trovare un singolo uomo
nell’isola di Manhattan usando i miei supersensi è un’impresa quasi impossibile
ma devo provarci. Sono convinto che Bullet non ha lasciato New York, che chi
l’ha liberato vuole usarlo contro di me. Se è così, forse posso ancora
trovarlo.
Mi concentro e lascio
i miei sensi espandersi, trovare ciò che cerco. Per un attimo sento qualcosa:
un odore, un sussurro, un’impressione di familiarità, la stessa che ho provato
stamattina al cimitero, ma passa e me ne dimentico quando il mio superudito
coglie una debole eco lontana: l’eco di un grido, la voce di una donna.
Non esito e mi tuffo
nel vuoto.
Belinda Scott rientra a casa dopo una
giornata di duro lavoro e comincia a spogliarsi per fare una doccia veloce e
poi penserà ai piani per il resto della serata.
Alle sue spalle un
refolo di vento fa oscillare le tende della finestra, poi sente una voce
maschile:
-Ciao Linda.-
Un grido le esce dalle
labbra:
-No!-
L’incubo non può
ricominciare ancora.
2.
Per la Vedova Nera la cosa ha il sapore di un
dejà vu: investigare su un traffico di donne. Le è già capitato ma in
quell’occasione si trattava di giovani Russe contrabbandate negli Stati Uniti
come una qualunque merce.[12]
Stavolta sta facendo il cammino inverso: giovani americane portate all’estero
contro la loro volontà, proprio come Jill Stacy e Isobel Aguirre.
Natasha non si illude;
non fermerà mai del tutto questo genere di traffici ma almeno può dargli un bel
colpo. Le informazioni che ha avuto l’hanno portata fin qui: uno squallido
ufficio in una palazzina di Brighton Beach. Ufficialmente è la sede di
un’agenzia di import-export ma c’è solo uno stanzino con un tavolo, una sedia
ed un computer. Una pista fasulla? Ma forse in quel computer c’è davvero
qualcosa, val la pena tentare.
Lo accende e… ci vuole
una password. Tra i molti talenti della Vedova Nera l’hackeraggio non è tra i
migliori, ma non si farà fermare così facilmente.
Si irrigidisce di
colpo. Non è sola, ne è certa, ma è bene che l’intruso la creda così impegnata
col computer da non averlo sentito. Lo lascia avvicinare e poi quando lui fa
per afferrarle il collo, sposta il proprio peso e lo fa volare sopra la sua
testa.
L’uomo si rialza
immediatamente. È evidentemente un professionista, uno che conosce le arti del
combattimento e magari anche quelle dell’omicidio.
Ha il tempo di dargli
un’occhiata: alto ben messo, maglione e pantaloni scuri, capelli biondi
tagliati corti, un ex militare, spetnaz magari. L’uomo non parla ma spara: due
colpi che mancano per poco Natasha e altri quattro che raggiungono il computer
e ne fanno a pezzi lo schermo e il vano dell’hard disk. Era quello il suo
scopo: prelevare il computer e non potendolo fare, distruggerlo e purtroppo ci
è riuscito.
Natasha gli spara un
morso di vedova che gli fa cadere la pistola. Il suo avversario non si perde
d’animo e le sferra un calcio che lei evita per un soffio.
-Sei in gamba.- gli dice -Riconosco il tipo di addestramento; forze
speciali, giusto?-
Lui non replica e
tenta di colpirla col taglio della mano destra ma la Vedova para il colpo col
polso e ode un rumore secco.
-Temo di averti spezzato l’ulna.- dice –Che ne pensi di arrenderti
adesso?-
Per tutta risposta l’uomo
estrae qualcosa dalla cintura e lo getta a terra- Un lampo di luce acceca
Natasha e quando riprende a vedere l’uomo è scomparso.
Un’imprecazione in
Russo sfugge dalle labbra della Vedova Nera. Adesso i suoi nemici sanno che lei
è sulle loro tracce e lei ha appena perso un possibile indizio… o forse no,
forse non tutto è davvero perduto.
Attiva un comunicatore
nel suo orecchino destro e dice:
-Ivan… ho bisogno di te: c’è qualcosa di grosso da portar via.-
L’urlo della donna è come una sirena per me e mi guida infallibilmente
sulla via giusta. Conosco quella voce e non voglio arrivare tardi anche
stavolta.
Purtroppo quando arrivo l’appartamento è già vuoto ma chi ha rapito
Linda Scott non è lontano. Colgo il profumo di Linda e mi giro nella giusta direzione.
Il mio senso radar mi rimanda la forma di uno strano veicolo:una specie
di semisfera con a bordo un uomo in piedi di cui percepisco il battito
accelerato e una donna svenuta a giudicare dal ritmo del battito e del respiro.
Linda e il suo rapitore. Non me li farò sfuggire.
Circa dieci minuti prima, nell’appartamento
di Linda Scott. La giovane e bella giornalista vede l’uomo davanti a lei,
entrato chissà come dalla finestra, avanzare. Indossa uno dei costumi di Jester
ma lei non può confondere la sua voce con quella di nessun altro.
-Lem?- che fai qui?- esclama sorpresa -E quel costume…?-
-Sono qui per te, Linda.- risponde lui –Mi hanno detto che potevo
averti e mi hanno dato questo per protezione.-
Mi hanno dato? Di chi
parla? È forse un altro dei suoi deliri? Ma se è così, dove ha trovato il
costume da Jester?
Linda indietreggia e
grida:
-Sta lontano! Non toccarmi!-
-Mi dispiace Linda, non volevo usare le maniere forti.-
Le getta addosso una
biglia che si apre liberando una dose di gas soporifero. Linda cade a terra ma
lui la afferra al volo. Indugia un attimo a guardarla, poi la prende in braccio
e scavalca la finestra.
3.
Per la maggioranza della gente che ha sentito
parlare di lui Philip Grant è solo un giovane di modeste origini con un talento
naturale per l’informatica che si è scoperto essere figlio naturale del famoso
Tony Stark, ma per un ristretto gruppo di persone ben informate è soprattutto
un hacker famoso col nome di Corvo. In entrambe le sue incarnazioni Philip non
è abituato a ricevere molte visite a domicilio in piena notte, ma non si può
dire di no a una come la Vedova Nera.
-Ho bisogno del tuo aiuto.- gli ha detto apparendo quasi dal nulla
nella camera da letto. Non si è disturbata a spiegare come avesse fatto ad
entrare o come facesse a sapere che lui si trovava nell’appartamento di Ling
McPherson.
-Il mio aiuto?- risponde lui mentre cerca a tentoni i suoi abiti sulla
vicina sedia -E in cosa posso essere utile io alla famosa Vedova Nera?-
-Per recuperare i dati di una scheda madre danneggiata. Pensi di
saperlo fare?-
-Se penso di saperlo fare?- replica lui con voce piccata mentre si
infila mutande e pantaloni -Non hai idea di quel che so fare con un computer,
bella. Sono semplicemente il migliore.-
Natasha sorride.
-Decisamente mi ricordi tuo padre.- commenta.
-Lasciamo perdere: dov’è questa scheda madre apparentemente defunta?-
La Vedova sembra
giocherellare con uno dei suoi orecchini poi dice:
-Sta arrivando.-
Dopo pochi minuti Ivan
Petrovitch entra nell’appartamento portando in braccio l’unità centrale di un
computer.
-Ancora fabbricano questi cassoni?- è il commento sprezzante del Corvo
-È davvero malridotto. Che gli è successo?-
-Gli hanno sparato.- è la risposta di Ling McPherson, capo della
sicurezza della Stark-Fujikawa.
-Esatto, Miss McPherson.- conferma Natasha.
-Chiamami Ling. Com’è successo?-
-In parole povere: un tizio lo voleva distruggere a tutti i costi e
ammazzare anche me come bonus.-
Nel frattempo Philip,
con l’aiuto di Ivan, ha cominciato l’esame della scheda madre.
-Posso cavarci ancora qualcosa ma ho bisogno di attrezzatura specifica
Roba che ho a casa mia o alla Stark-Fujikawa.-
-Possiamo andarci anche subito.- replica Natasha e fa l’occhiolino a
Philip e Ling -Vi va di fare un giretto su un’autentica Rolls Royce Silver
Ghost?-
Raggiungo quel bizzarro velivolo e vi balzo sopra. L’uomo che lo guida
indossa un costume. Da quel che posso capire è il costume di Jester ma lui non
è Jonathan Powers, chi è?
-Devil!- esclama
-Perché devi sempre venirmi tra io piedi?-
Mi conosce? Ma certo: è Lem Kowalsky
ma dove ha trovato l’attrezzatura di Jester? Chi gliel’ha data? Non certo quel
narcisista del mio vecchio amico Jonathan.
Mi getta addosso qualcosa: popcorn
esplodenti, ma non è tanto abile nell’usarli, li evito facilmente.
-Non so cosa ti sei
messo in testa, Lem, ma è meglio che ti rassegni: non sei alla mia altezza.- lo
provoco.
-Non è vero.-
reagisce -Con questo costume posso batterti.-
-Ci vuole più di un
costume per fare un supercriminale e tu non ce l’hai.-
Mi lancia addosso tutti i gadget che
ha ma li evito senza troppo sforzo e saltando riesco ad avvicinarmi a lui e gli
sferro un diretto al mento. Un colpo e poi un altro ancora.
Lem barcolla, indietreggia ed estrae una biglia dalla sua cintura.
-Io… io…- borbotta.
Sta stringendo la biglia con troppa
forza.
-Attento!- urlo.
Troppo tardi: la biglia gli esplode
in mano, urla, perde l’equilibrio e cade fuori dalla semisfera.
-No!- grido.
Cerco di afferrarlo ma mi sfugge. Lo
sento cadere verso morte certa. Il suo ultimo urlo, il battito che si spegne.
Non avrei potuto salvarlo ma questo non mi fa sentire meglio.
Mi chino su Linda. Il respiro è
regolare, sta bene. Archivierà questa come una delle tante esperienze dure
della sua vita e sopravvivrà.
Una domanda, però, mi tormenta: che
senso ha tutto questo? Perché dare a Lem il costume di Jester? Cosa voleva
veramente chi l’ha liberato?
In un posto segreto cinque uomini e due donne si incontrano per
prendere decisioni che influenzeranno molte persone. Si fanno chiamare
Consiglio Ombra.
-La Vedova Nera si sta interessando al nostro accordo con i trafficanti
di donne russe.- comunica il leader sedendosi in una comoda poltrona.-
-La Romanova, intendi?- replica un altro uomo dal vago accento russo
-Non può scoprire niente che porti a noi. Ci siamo serviti di
quell’organizzazione perché si occupasse di Jill Stacy e basta. Anche se
Natasha la sgominasse, magari aiutata dal suo amico Devil, la cosa non ci
danneggerà.-
-Tuttavia...- aggiunge una donna dall’accento tedesco -… sarebbe bene
accertarsi che nessuno dei nostri uomini che ha trattato con i Russi possa
venir identificato.-
-Mi sembra giusto.- conviene il Leader -Farò in modo che la faccenda
sia sistemata in fretta e in modo efficiente.-
-Intanto io suggerirei di pensare seriamente a Devil e la Vedova Nera:
ultimamente hanno interferito un po’ troppo spesso con i nostri piani per New
York .- interviene un altro membro del Consiglio.
-Alla bella Natasha posso pensare io.- replica ancora il Russo –Ho già
delle idee al riguardo e mi sono già mosso.-
-Bene.- conclude il Leader -Per Devil, invece, ho provveduto io
contattando un… operativo… che gli darà seri grattacapi. E ora passiamo agli
altri temi all’ordine del giorno…-
FINE PARTE SECONDA
PARTE TERZA
I GIORNALISTI
1.
Quando mi sveglio faccio un po’
di fatica a capire dove mi trovo ed è solo dopo qualche istante che capisco di
essere nell’appartamento di Robert Hao, nel suo letto per la precisione, e di
essere nuda.
Ok, mi dico mentre i ricordi
della notte precedente tornano vividi alla mia mente, è chiaro che finisco
sempre per farmi incantare dai cattivi ragazzi: prima Richard Fisk, poi Tim
Byrnes e adesso Robert Hao. Vorrei poter dire che è non è colpa mia, ma lo è.
Sto bene attenta a non
svegliarlo e mi alzo dal letto. Vado al bagno e faccio una doccia veloce per
poi tornare in camera per vestirmi ed è qui che la mia curiosità giornalistica,
o semplicemente femminile, prende il sopravvento: posso approfittare del fatto
che Robert dorme ancora per dare un’occhiata in giro e cercare di scoprire se
c’è qualcosa che possa aiutarmi a capire se è coinvolto in qualche modo in
quello che è accaduto a suo fratello.
Una veloce controllatina in giro
non dà risultati. Vedo il suo tablet sul comodino e non resisto alla tentazione
di darci un’occhiata. Scorro la rubrica e mi imbatto in un numero che conosco.
Come fa lui ad averlo?
-Trovato
qualcosa che ti interessa?- dice una voce alle mie spalle.
Candace Nelson potresti esserti
messa nei guai un’altra volta.
Natasha entra
nel mio studio e dal suo battito capisco che ha qualcosa di serio da dirmi.
-Dobbiamo parlare
Matt.- esordisce.
-Non ne sono
sorpreso.- replico -Stanotte non sei rientrata a casa e nemmeno Ivan. Ho
immaginato che avessi seguito una pista su quell’organizzazione che traffica in
donne.-
-Ho passato le ultime
ore osservando un hacker di valore cercare di recuperare più dati possibili da
un computer danneggiato e ce l’ha fatta. Non ha potuto recuperare molto ma
quanto basta per mettermi sulla pista di un reticolo di società fittizie che
dopo un cammino contorto portano al proprietario di un night club. Ho pensato
di andarci a parlare.-
-Solo parlare?-
-Mi conosci, Matt,
sono un tipo molto discreto quando voglio.-
-Conosco il tuo
concetto di discrezione. Mi auguro tu non voglia farti giustizia da te.-
Il suo battito fa un salto e poi
rallenta. Inspira ed espira rapidamente. È chiaro che non vuole mentirmi ma sa
anche che ci sono cose che non approverei mai. Alla fine dice:
-Voglio tendere una
trappola ma ho bisogno del tuo aiuto. Mi aiuterai Matt?-
Sa benissimo che non posso dirle di
no.
L’uomo che sono
venuto ad incontrare mi aspetta in un bar di Hell’s Kitchen e nel vedermi mi
saluta cordialmente:
-Mr. Urich, che
piacere vederla. Si sieda e ordini quello che vuole, offro io.-
Mi siedo ma non ordino nulla, non
sono qui per divertimento. L’’uomo che ho davanti vuol farsi passare per un
innocuo anziano signore in pensione, ma io so bene chi è: Eric Slaughter,
membro di spicco della Mafia Irlandese che un tempo dominava da queste parti.
Non m’incanta.
-Dovrebbe provare
questa birra.- mi dice, poi mi chiede -Cosa può mai fare questo povero vecchio
per la libera stampa?-
-Lasciamo stare la
farsa del povero vecchio.- ribatto -Lei ha ancora molti contatti in certi
ambienti e forse sa o può sapere cose molto interessanti sul rapimento della
figlia del Commissario Stacy.-
-Quel rapimento è
avvenuto a Londra e da lì, Jill Stacy è stata portata in Florida, perché dovrei
saperne qualcosa io che sono di New York?-
-Perché lei sa
sempre molte cose.- ribatto.
Slaughter sorride e sembra valutare
le mie parole, poi dice:
-Fossi in lei,
Urich, non cercherei risposte qui ma a Brighton Beach.-
-La Mafia Russa?-
chiedo.
Lui
tace, poi aggiunge:
-Sempre se fossi in
lei, non ci andrei solo, però. A quella gente non piace chi fa troppe domande,
specie quelle scomode.-
Ed
io sono famoso per fare domande scomode.
2.
Brighton Beach a Brooklyn è nota anche come Little Odessa perché è qui
che è possibile trovare la maggior parte degli immigrati provenienti dalle
nazioni che costituivano l’Impero Russo prima e l’Unione Sovietica poi. Non è
sorprendente che sia anche il centro operativo della Mafia Russa e della
cosiddetta Mafia di Odessa che è composta da Ucraini. Se i loro compatrioti in
Europa si combattono, qui negli Stati Uniti non impossibile vedere Russi e
Ucraini collaborare in qualche impresa criminale.
Non ho chiesto a Natasha come faccia a sapere che il locale dove mi ha
portato sia il paravento di un’attività di prostituzione e forse è meglio per
me non saperlo. Natasha sta impersonando una maitresse d’alto bordo ed io e
Ivan siamo rispettivamente la sua guardia del corpo e il suo autista. Ho
scurito i capelli e messo un paio di occhiali a specchio al posto di quelli che
porto di solito, lo stesso tipo di mascheramento che ho usato a Madripoor.[13]
Le varianti sono un maglione dolcevita scuro e una giacca dello stesso colore.
Natasha ha messo una parrucca nera un vestito da sera e una stola di
pelliccia, il suo vecchio armamentario da spia.
-Siamo chiusi.-
intima un omone grosso come un armadio bloccandoci la strada davanti al portone
d’ingresso.
-Non per me.-
replica, ferma, Natasha -Mi manda Symion Borisovitch Kurasov.
A quel nome l’uomo esita. Fa una
rapida chiamata all’interno parlando in una lingua che presumo sia Russo, poi
dice.
-Potete entrare
Natasha dice qualcosa a Ivan nella
loro lingua natia poi mi fa cenno di seguirla.
Gli odori del luogo colpiscono le mie narici ipersensibili, tipici di un
locale di questo genere: un impasto di sudore e profumi a buon mercato,
squallore ben dissimulato. Un uomo si fa avanti, emana diffidenza e falsa
cordialità.
-E così, bella
signora, ti manda Symion Borisovitch, posso sapere perché?-chiede in Inglese
-Mi chiamo Oksana Mykulaiyevna Petrenko e sono ucraina come te
Andriy Dmytrovych.- risponde lei con quello che presumo sia un perfetto accento di
Kiev.
Lei
e l’uomo che ha chiamato Andriy Dmytrovych si scambiano
veloci battute nella loro lingua, poi Natasha dice:
-Parliamo in Inglese: il mio accompagnatore
non parla Russo né tantomeno Ucraino e voglio che capisca quel che ci diciamo.
Come ti ho detto, vengo da Chicago dove gestisco un buon giro di ragazze, roba
d’alta classe. Ho bisogno di rifornimento e mi hanno detto che per la merce
migliore bisogna rivolgersi a te.-
-Te lo ha detto Kurasov?-
-Ha importanza? Se non ti fidi chiama
Symion e chiedigli chi sono. Hai il suo numero privato di Mosca non è vero?-
L’uomo
esita. Da come oscilla il suo battito capisco che è indeciso. Da quello che ho
capito, Symion Borisovitch Kurasov è il boss della Mafia di Mosca ed è una
potenza in tutto il territorio russo e oltre. Non mi piace che Natasha abbia
legami così stretti con un boss criminale ma a quanto pare lui ha un debole per
lei e la coprirà se necessario.
Alla
fine il suo interlocutore preferisce non approfondire.
-Possiamo parlarne.- dice infine -Dimmi
cosa ti serve esattamente ed io posso fartelo avere: praticamente qualunque
tipo di ragazza tu voglia.-
-Le hai qui a disposizione?- chiede
Natasha.
-Se non ho la ragazza giusta sottomano,
posso fartela avere in una settimana.-
-Le fai arrivare dalla madrepatria?-
Prima
che lui possa rispondere, entrano in sala l’armadio che era al portone assieme
ad un altro tizio che tenendo per le braccia un altro uomo
Si
rivolge al capo nella sua lingua e non è nulla di buono perché sento il battito
di Natasha sobbalzare.
La
capisco perché anch’io ho riconosciuto il prigioniero. Battito e dopobarba non
mentono: è Ben Urich.
Non ci posso credere: quello davanti a me, in una
perfetta imitazione di un gangster irlandese è Matt Murdock e la donna con lui
la riconosco nonostante i capelli neri e vaporosi e il tubino nero in perfetto
stile Audrey Hepburn che indossa: è la Vedova Nera. Non devo far capire che li
ho riconosciuti. Se sono qui in incognito devono avere una ragione seria,
magari la stessa che ho io. Spero di sopravvivere per verificarlo.
Il padrone del locale
mi si avvicina e il suo sguardo non dice nulla di buono.
-I miei uomini mi dicono che stavi facendo il ficcanaso qui in giro. A
me non piacciono i ficcanaso.-
-C’è un errore.- cerco di difendermi -Degli amici mi hanno detto che in
questo posto c’è da divertirsi e sono venuto a vedere.-
-Fuori dagli orari d’apertura? Non provare a farmi passare per cretino,
amico.-
Mi fruga e mi prende
il portafogli. Non ci mette molto a trovare il mio tesserino.
-Ben Urich… Daily Bugle.- borbotta –Sei un zhurnalista,
un
reporter. Avevo ragione: sei un ficcanaso professionista e sai cosa faccio a
chi ficca troppo il naso nei miei affari?-
Posso
immaginarmelo: i mafiosi dei paesi dell’Est Europa non sono famosi per la loro
sottigliezza. Potrebbero trovarmi sparso per tutta la città e impiegare mesi
per rimettermi insieme. Come faccio a trovarmi sempre in situazioni simili?
Il
tipo, a proposito il suo nome è Andriy Dmytrovych Golovko, urla degli ordini ai suoi uomini che mi trascinano verso
il retro del locale… o meglio: ci proverebbero se Matt non si parasse davanti a
loro.
-Togliti dai piedi.- gli intima uno dei due uomini.
Non si accorge nemmeno
di essere stato colpito. Si piega in due mugolando.
Il secondo, quello con la stazza di un armadio a tre ante, mi lascia
andare e gli sferra un pugno che Matt evita facilmente.
La Vedova Nera agisce
a sua volta rapidamente e sferra un calcio all’inguine dell’uomo più vicino a
lei. Il barista estrae da sotto il bancone una doppietta ma la Vedova gli
lancia addosso la borsetta che lo colpisce al volto abbattendolo.
C’è molta confusione
adesso. Matt e Natasha si muovono all’unisono con un misto di grazia ed
abilità. Se non fosse che rischio anch’io la vita, mi divertirei nel vedere la
coreografia che imbastiscono.
Alla fine i soli
rimasti in piedi sono loro due… e il sottoscritto, ovviamente.
-Mi dispiace di avervi rovinato la copertura.- dico a Matt.
-Non potevamo, certo, lasciare che ti uccidessero, Urich.- replica la
Vedova.
-Che ci facevi qui, Ben?- mi chiede Matt.
-Mi era stato detto che avrei potuto trovare informazioni su chi aveva
fatto espatriare Jill Stacy.- rispondo.
-La stessa cosa che volevamo anche noi.- conferma la Vedova e si
avvicina al padrone del locale che si sta faticosamente rialzando. Lo sbatte
contro il bancone e si toglie la parrucca rivelando una cascata di capelli
rossi.
-Riprendiamo il discorso, Andriy Dmytrovych.- gli dice puntandogli alla fronte uno dei suoi bracciali
-Stavolta giochiamo a carte scoperte: io sono la Vedova Nera.-
-La Vedova Nera?- nella voce dell’uomo c’è un evidente timore
reverenziale.
-Già e di certo saprai cosa ho fatto a Ivan il Terribile in Russia[14] e al
suo scagnozzo Gerasimov qui a New York.[15] Ora
pensa a quel che farò a te se non mi dirai quello che voglio sapere. Se conosci
la mia fama, sai che non scherzo, quindi dammi retta: parla subito o dopo che
avrò finito con te potresti anche rimpiangere che ti abbia lasciato vivo.-
Vedo Matt irrigidirsi.
Immagino si chieda se quello della sua compagna sia un bluff o se davvero
intende andare sino in fondo.
Per nostra fortuna non
deve scoprirlo.
L’Agente Speciale dell’F.B.I. Dennis Wells
si siede al bancone del bar e ordina un whisky. Con noncuranza depone un
giornale sullo sgabello accanto a lui e sorseggia il suo drink. Dopo qualche
minuto una donna asiatica dai capelli corti gli passa accanto e con altrettanta
noncuranza prende il giornale e si allontana.
Seduta ad un tavolo
vicino, una donna attraente dai capelli rossi e gli occhi verdi e che veste
pantaloni attillati, una camicetta scollata e un giubbotto di pelle ha seguito
la manovra. Corruga le labbra e si alza per seguire la donna.
Dakota North è a
caccia.
3.
L’uomo lancia il telecomando contro il
televisore in preda ad evidente irritazione
-Hanno osato impersonarmi!- esclama -Me, l’unico,il solo, l’inimitabile
Jester. Se quell’impostore da due soldi non fosse già morto, lo ucciderei io
stesso.-
Jonathan Powers misura
a grandi passi la stanza in cui si trova ed è chiaro che è agitato.
-Qualcuno deve pagare per quest’offesa e so anche come.- dice infine
con un sogghigno sulle labbra.
Robert Hao mi afferra il polso e lo stringe
con forza.
-È così che agisci, dunque?- esclama con rabbia -Prima fai la carina e
poi aspetti che dorma per frugare tra la mia roba. C’è una parola per quelle
come te e non è giornalista.-
Ok, me lo merito,
forse, ma mentre mi strappa di mano il suo telefono io non riesco a fare a meno
di chiedergli:
-Perche nella rubrica del tuo telefono ci sono i numeri di mio
fratello, della sua vice e soprattutto quello di Richard Fisk?-
Mi lascia andare e
mentre mi massaggio il polso compone un numero.
-Sono io.- dice a chiunque ci sia dall’altra parte -Potremmo avere un
problema… serio.-
E visto che il
problema sono io, non so se mi piacerà la soluzione.
Natasha è decisamente agitata. Mi avvicino
a lei per calmarla. Si lascia stringere senza obiettare.
-Abbiamo fatto dei progressi le dico -Ora ne sappiamo decisamente di
più.-
-Ma non basta.- ribatte lei -Golovko era solo un intermediario e non
siamo più vicini di prima al vero responsabile.-
-Ma adesso sappiamo chi è dove sta e se ti conosco bene, non ti
arrenderai solo perché non è negli Stati Uniti.-
Sento i suoi muscoli
sciogliersi e nella sua voce c’è un tono battagliero mentre risponde:
-Hai ragione: lui si sente al sicuro perché la Giustizia americana non
può toccarlo ma non è al sicuro da me.-
-Quando sento quel tono di voce e vedo quel luccichio nei tuoi occhi,
zarina, so che sono in arrivo dei guai… magari per noi.- commenta, sarcastico,
Ivan.
-Un po’ di ottimismo vecchio mio.- ribatte Natasha e sono certo che sta
sorridendo -Non dirmi che a te e a Matt dispiacerebbe un bel viaggetto a Cuba.-
FINE
TERZA PARTE
QUARTA PARTE
L’INVESTIGATRICE PRIVATA
1.
Dakota North ha
seguito la donna che ha preso il giornale dell’agente Wells sino ad un
condominio di Manhattan. I due hanno usato un vecchio sistema per scambiare
materiale. Evidentemente non volevano lasciare tracce digitali del loro
traffico.
Ora deve solo
scoprire chi è la donna ed entrare in quel palazzo, due cose non facili ma
nemmeno impossibili.
La giovane donna
sta ancora riflettendo su cosa fare quando una voce la apostrofa da dietro le
sue spalle
-Dakota North? Ho un messaggio per te.-
Il primo pugno la
coglie del tutto di sorpresa e lei si ritrova col braccio destro
inutilizzabile. Il secondo pugno la sbatte a terra. Nella nebbia rossa che le
cala sugli occhi vede un uomo massiccio e vestito di nero il cui volto è
coperto da una specie di fazzoletto. Ha un’aria familiare, ma non riesce ad
inquadrarlo.
-Non dovevi mettere il naso in affari che
non ti riguardano… proprio come tuo padre.- le dice il suo assalitore.,
Suo
padre? Quest’uomo ha a che fare con chi ha tentato di ucciderlo, quindi. Deve…
Un
calcio la coglie in un fianco e le fa saltare una costola. Dakota cerca di
afferrare la caviglia del suo assalitore ma non ci riesce e riceve un altro
calcio nello sterno. Sente il sapore acre del sangue in bocca. Non è così che
pensava che sarebbe finita.
Improvvisamente
il pestaggio si ferma e Dakota ode un urlo:
-Bastardo!-
Una
figura vestita di giallo e verde saetta nell’aria e sferra un calcio al mento
dell’aggressore sbattendolo lontano.
-Ti conosco.- dice l’uomo rimettendosi in
piedi -Sei l’amichetto della North, Bob Diamond, credi davvero che i tuoi
trucchetti del kung fu funzionino come nei tuoi stupidi film d’azione?-
-Amico…- replica Bob Diamond -Tu non sai
nemmeno la metà di quel che c’è da sapere di me.
Gli
sferra un secondo colpo e poi un altro ancora evitandone facilmente i pugni.
-Ok… sei più bravo di me, te lo concedo.-
ammette l’assalitore -Alla lunga potresti farcela ma per allora la tua ragazza
sarà morta.-
Bob
si gira verso Dakota e la sente rantolare. Il suo avversario approfitta della
sua distrazione per sferrargli un pugno che avrebbe staccato la testa di
chiunque altro, ma il Figlio della Tigre è troppo allenato e reagisce
istintivamente cadendo a terra.
L’assalitore
si dà alla fuga. È lento e pesante. Bob potrebbe raggiungerlo facilmente ma
deve pensare a Dakota. La raggiunge e si china su di lei. È viva ma conciata
male, forse una costola ha perforato il polmone. Deve essere portata in
ospedale subito.
Bob
chiama il 911 e mentre attende l’ambulanza si china sulla giovane donna che
ultimamente conta molto per lui.
-Non mollare, baby.- le sussurra -Andrà
tutto bene, te lo prometto.-
Da che la conosco è la seconda volta che mi
ritrovo a visitare Dakota North in una stanza d’ospedale ma stavolta la cosa è
molto più seria.
Bob Diamond ci sta
aspettando al pronto soccorso.
-Murdock… Natasha, vi ringrazio di essere venuti.-
-Dakota è un’amica.- rispondo -Sono io che ti ringrazio di avermi
avvisato.- faccio una pausa e chiedo -C’è altra gente qui. Li conosco?-
-Ti presento Abe Brown, Lin Sun e Lotus Shinkuko, i miei soci nella
palestra Maestro Kee e cari amici.-
Quelli che chiamano
Figli della Tigre, ho sentito parlare di loro.
-Che è successo?- chiede Natasha.
Bob ci narra
dell’aggressione e delle circostanze. Al sentire la descrizione dell’aggressore
di Dakota non posso fare a meno di esclamare:
-Bullet! Era sicuramente lui.-
-Ed era una trappola.- commenta Natasha -Sapevano che Dakota stava
pedinando quell’agente corrotto e l’hanno portata dove volevano loro.-
E questo potrebbe
spiegare perché hanno fatto evadere Lem Kowalsky assieme a Bullet e gli hanno
dato il costume di Jester: doveva servire a tenermi impegnato mentre Bullet
faceva il suo sporco di lavoro.
-La vogliono morta.- interviene Abe Brown -E questo vuol dire che ci
riproveranno.-
Giusta osservazione.
-E noi gli tenderemo una trappola a nostra volta.- ribatte Natasha –Gli
getteremo un’esca a cui Bullet non saprà resistere.-
Alle nostre spalle si
apre una porta ed un medico esce. Stiamo per sapere come sta Dakota e prego che
siano buone notizie.
Robert Hao mi spinge in una stanza e mi
toglie la benda che teatralmente mi aveva
messo sugli occhi. Quel che vedo mi sconcerta. Nella stanza ci sono: la Vice
Procuratrice federale Kathy Malper, il Procuratore Distrettuale ad interim di
Manhattan Grace Powell e soprattutto mio fratello Foggy e Bill Hao.
-Lei dovrebbe essere morto!- esclamo.
-Evidentemente non lo sono, Miss Nelson.- risponde lui -Ha diritto ad
una spiegazione.-
-Candace…- mi si rivolge Foggy -… quel che saprai qui deve restare
riservato.-
-Non ti fidi di me?- ribatto.
-Al contrario: è perché mi fido di te che ho convinto gli altri a farti
venire qui. Quello che apprenderai oggi non deve uscire da questa stanza.-
-Sono una giornalista. Dare le notizie è il mio lavoro. Mi chiedi
tanto.-
-Lo so, ma nessuno di noi ha scelta. Se rifiuti non potrò che farti
trattenere in custodia preventiva come teste indispensabile finché non sarà
tutto finito.-
-Questo è… è incostituzionale.-
-Non finché non lo dichiarerà la Corte Suprema. Allora?-
Non posso che
cedere.
-Va bene.- rispondo –Faremo a modo vostro, ma quando sarà tutto finito
voglio l’esclusiva.-
-Per me va bene, Miss Nelson .- risponde Bill Hao -Ed ora si prepari ad
ascoltare una storia che la interesserà.-
E bastano poche
parole a convincermi che ha ragione.
2.
È stato ad osservarli a lungo: ha visto
arrivare la Vedova Nera e il suo amico, l’avvocato cieco e un po’ di
poliziotti, facilmente riconoscibili anche in borghese. Non ha visto Devil ma
sa che deve esserci o che arriverà presto: è inevitabile.
Ha
visto Murdock andar via assieme alla sua amichetta Russa col suo autista che
l’ha aiutata a salire nella Rolls Royce. Bell’ostentazione di ricchezza, ma in
fondo che importa a lui?
Non
può aspettare più a lungo, deve fare quello per cui l’hanno pagato e deve farlo
adesso col calare del sole.
Con
un’agilità sorprendente per un uomo così massiccio si issa sulla scala
antincendio sul retro dell’ospedale e sale per qualche piano per poi introdursi
in una stanza vuota. Fin qui è stato tutto facile, pensa e dopo aver aperto la
porta che dà sul corridoio si guarda intorno e si dirige agli ascensori.
Arrivato
al piano giusto si muove in un corridoio deserto verso la stanza che sta
cercando. Non può sbagliare: è quella con davanti, di guardia, due poliziotti
in uniforme.
Si
ferma davanti a loro e dice:
-Sono il Detective Bosch della Squadra
Crimini Maggiori. Devo parlare con la vittima.-
-Uhm… devo chiedere conferma al mio
tenente.- dice uno degli agenti.
-Tempo perso.- replica il nuovo venuto e
sferra un diretto al mento del primo poliziotto stendendolo e poi afferra al
collo il secondo che dopo poco si accascia svenuto.
Non
serve ucciderli, pensa l’aggressore, non lo meritano: sono solo bravi ragazzi
che fanno il loro dovere.
Apre
la porta della stanza e guarda dentro: la donna dai capelli rossi sembra
addormentata. Dalle braccia escono i cavi delle flebo e si ode il sottile
ronzio che proviene dalle apparecchiature che monitorano i segni vitali.
Peccato
Dakota North, pensa l’uomo. In fondo mi dispiace ucciderti, ma non posso farci
niente: non è nulla di personale, solo lavoro.
Allunga
la grossa mano per spezzare come un fuscello il collo della ragazza ed in quel
momento gli occhi verdi della donna si aprono, un sorriso appare sul suo volto
mentre con una voce con un vago accento russo dice:
-Sorpresa.-
E
l’uomo chiamato Bullet capisce di essere caduto in una trappola.
Posso immaginarmi l’espressione sul viso di
Bullet quando si è reso conto di essere stato giocato. Probabilmente si
aspettava una sorta di trappola ma non che Natasha avrebbe preso il posto di
Dakota. Abbiamo diffuso un falso bollettino sulle sue condizioni facendole
apparire più gravi di quanto non fossero e abbiamo aspettato.
Conosco Bullet: non ama lasciare a metà i
lavori che gli affidano e contavo sul fatto che ci sarebbe venuto. Ero meno
convinto che la Polizia ci avrebbe lasciato mano libera ma il Commissario Stacy
ci deve un grosso favore e non ha fatto obiezioni.
Entro dalla finestra
mentre la Vedova Nera si libera dalle false flebo e salta giù dal letto.
-Devil!- esclama Bullet mentre sento il suo battito saltare -Sapevo che
ci saresti stato anche tu ma…- guarda Natasha -La North è quella che è partita
con la Rolls assieme all’avvocato. Mi avete fregato.-
-Hai centrato esattamente il punto.- gli dico.
Non c’è bisogno che
sappia che io sono tornato subito indietro nei panni di Devil.
-Ti arrendi pacificamente?- gli chiedo.
-Io spero di no.- interviene Bob Diamond che ha appena aperto la porta
della stanza -Non mi piacciono gli uomini grandi e grossi che se la prendono
con le donne. Ho voglia di dargli una bella lezione.-
-Anch’io… e per lo stesso motivo.- rincara la dose Natasha.
Sento il cuore di
Bullet pompare furiosamente e il suo respiro è come un mantice. Ha avuto un
infarto di recente[16] e di
certo sa che non può spingersi oltre certi limiti, ma è furioso e la rabbia è
sempre una cattiva consigliera.
Mi carica come un toro
infuriato. Me lo aspettavo e riesco ad attutire il colpo. Ma finiamo ugualmente
fuori dalla finestra sul ballatoio della scala antincendio.
-Ti farò a pezzi, fosse l’ultima cosa che faccio.- urla.
Evito di misura un
pugno che avrebbe potuto staccarmi la testa e sento che Natasha gli spara un
paio di morsi di vedova ma apparentemente senza esito.
D’istinto lo proietto
sopra la mia testa e lui finisce oltre la ringhiera. Riesco ad afferrargli il
polso ma lui è troppo pesante, non lo tratterrò a lungo e si schianterà al
suolo.
-Non ne vale la pena, Devil.-sentenzia la Vedova -Lascialo al suo
destino.-
-Ne vale sempre la pena.-ribatto -Nessuno muore in mia presenza se
posso impedirlo.-
Natasha sospira mentre
Bob Diamond esce sul ballatoio e si unisce a me aiutandomi a tirare su Bullet.
Il nostro avversario
resta in ginocchio ansimando. Non fa più un gesto ostile e si lascia portar via
dalla Polizia senza opporre resistenza.
-Sei un sentimentale, Matt.- mi sussurra Natasha senza farsi sentire da
Diamond.
-E tu giochi troppo a fare la cinica.- ribatto.
-Io rimpiango solo di non avergli rotto qualche osso.- commenta Bob.
E questo, immagino,
chiude la questione.
Non mi capita spesso di essere riaccompagnata
a casa da una scorta di agenti federali. Ripensandoci, l’ultima volta che mi è
successo ero in stato di arresto per aver tentato di rendere pubblici dei
documenti segreti del Pentagono.[17]
Ora sono ad un
bivio: come giornalista è mio compito diffondere le notizie ma se stavolta lo
faccio, persone innocenti potrebbero morire e un’operazione complessa per
smantellare un’organizzazione che cerca di sovvertire il Governo potrebbe
fallire.
Si sono fidati di
me, come posso tradirli?
-Candace.-
Sobbalzo istintivamente
al suono di quella voce maschile e quando vedo chi è l’intruso non so se
rilassarmi o preoccuparmi.
-Tim!- esclamo -Che ci fai qui? Come sei entrato?-
-Ho le chiavi.- risponde Timothy Byrnes, avvocato d’assalto -Me le hai
date tu, ricordi?-
Ma certo: l’ho
fatto in un impeto di generosità, diciamo. Ci sono altri miei ex a cui le ho
date? Magari una di queste sere mi ritrovo in salotto Richard Fisk… e magari ci
spero.
-Perché sei qui?- gli chiedo bruscamente.
-Ero preoccupato per te.-risponde e sembra sincero -Non ti sentivo da
un po’ e al giornale non hanno tue notizie da ieri sera, così sono venuto qui
per vedere se ti era capitato qualcosa.-
-Beh… grazie per la preoccupazione, ma come vedi, sto bene.-
-E perché sei stata assente così a lungo?-insiste Tim -Stai seguendo
qualche pista forse? Qualche scoop in vista?-
Vuol saperlo per
sincera curiosità o è coinvolto nella cospirazione e sospetta qualcosa? O sono
troppo paranoica?
-Perché ti interessa saperlo?- replico -Non sei mio marito e nemmeno mio
padre.-
-Ma ci tengo a te, davvero.- ribatte.
Dice sul serio?
Forse sono davvero troppo paranoica, ma a volte la paranoia può salvarti la
vita.
3.
L’Agente Speciale
dell’F.B.I. Dennis Wells viene svegliato bruscamente da una squadra di suoi
colleghi dall’aria decisamente ostile e portato in manette sino alla sede
newyorkese del Bureau per essere condotto in una sala dove ci sono un bel po’
di pezzi grossi tra cui una donna dai capelli biondi con in testa un berretto
da baseball.
-Sono il Vice Procuratore Distrettuale Katherine Malper.- si presenta
-Forse ha sentito parlare di me, Agente Wells. A Chinatown sono nota come
Dragon Lady e non è un soprannome che mi hanno dato perché sono un tipo tenero
coi criminali che perseguo. Lei è nei guai, Wells: corruzione, associazione a
delinquere, complicità nel tentato omicidio di un funzionario federale e questi
sono i reati federali. Poi ci sono i reati statali, come la complicità nel
tentato omicidio di Dakota North per cui la Procura Distrettuale della Contea
di New York aspetta solo un nostro segnale per farla a pezzi.-
-Non avete niente contro di me.- ribatte l’Agente.
-Non ne sia così sicuro.- replica con un sogghigno Kathy -In un’altra
di queste stanze uno dei suoi complici sta già vuotando il sacco e sta
probabilmente scaricando tutte le colpe su di lei, ma se ci aiuta…-
-Se vi aiuto sono un uomo morto.-
-Non è detto. Possiamo proteggerla ma se è così che la pensa…
liberatelo.-
-La notizia del suo arresto è già pronta per il notiziario delle 11, la
daremo unitamente a quella del suo rilascio grazie alla sua collaborazione.-
-Non può farlo: sarò morto prima di sera.-
-Davvero? E come posso esserne sicura? La scelta è sua, comunque.-
L’espressione sul
volto dell’agente convince Kathy Malper che sta capitolando.
Ovviamente Dakota
North ha avuto giorni migliori ma sta decisamente meglio di quanto abbiamo
lasciato credere: ha un paio di costole rotte ma fortunatamente nessuna
perforazione al polmone. Ci vorrà qualche settimana ma si riprenderà.
Io
e Natasha la troviamo in compagnia di Bob Diamond e le riferiamo le ultime
notizie.
-… sembra che l’agente corrotto della Task
Force Antiterrorismo abbia deciso di collaborare e dire tutto quello che sa,
compreso il suo ruolo nel tentato omicidio di tuo padre.- le dico
-Ne sono felice, Matt.- commenta lei -Devo
ringraziare te, la Vedova e Devil per l’aiuto che mi avete dato.-
-Ringrazia soprattutto Bob.- replica
Natasha -Se non se te lo fossi portato dietro come guardia del corpo, a
quest’ora Bullet ti avrebbe ucciso.-
-Credo che non lo ringrazierò mai
abbastanza.- ribatte Dakota.
-E quel Bullet?- chiede Diamond.
-Forse parlerà anche lui, se sa quel che
gli conviene.- risponde Natasha.
Non
ne sono così convinto, ma almeno abbiamo dato un altro bel colpo al Consorzio
Ombra e spero proprio che sarà il primo di una lunga serie.
Altrove, il leader del Consiglio Ombra fa un gesto di stizza al sentire
le ultime notizie.
Non ama essere messo in scacco e qualcuno
dovrà pagare per questo e sarà un prezzo molto salato.
EPILOGO
Da queste parti
mi chiamano semplicemente padre Gawaine, il gentile parroco di Nostra Signora
della Misericordia a Clinton, un tempo meglio conosciuta come Hell’s Kitchen.
Non sono pochi nemmeno quelli che si ricordano di me ai tempi in cui ero uno
sfidante del titolo dei pesi massimi. Tempi passati: la vocazione ha cambiato
la mia vita e non ho rimpianti.
Sto
rientrando in canonica quando mi accorgo che c’è qualcuno in uno dei
confessionali, sembra una donna. È un po’ presto, forse, ma non posso
trascurare i bisogni spirituali dei miei parrocchiani.
Entro
nel confessionale e mi metto in ascolto.
-Mi benedica, Padre, perché ho
peccato.- una voce che non mi è familiare, non è una parrocchiana abituale.
-Siamo tutti peccatori, figliola.-
le dico -Ma Dio conosce quel che c’è nei nostri cuori e ci perdona.-
-Dio non può perdonarmi, temo.-
risponde la donna mentre il timbro della sua voce cambia lentamente -Io sono
un’assassina.-
Rimango
interdetto mentre ancora una volta la voce cambia, come se a parlare fosse
un’altra donna ancora, una più cattiva. E le parole che pronuncia sono
sferzanti come lo schiocco di una frusta.
-… e ucciderò ancora!-
Improvvisamente
il divisorio in legno prende fuoco. Mi getto fuori e raggiungo un estintore
attaccato ad una parete.
Mentre
cerco di spegnere il fuoco, vedo la donna imboccare l’uscita della chiesa e
sento la sua risata echeggiare mentre si allontana.
FINE
NOTE
DELL’AUTORE
Eccoci giunti alla
fine di quest’episodio di lunghezza extra che è quasi tre storie in una e
celebra un traguardo a cui sinceramente non credevo che sarei mai arrivato.
Ma ora un po’ di note.
1)
Da questo
episodio la serie assume la denominazione Devil & la Vedova Nera, un
riconoscimento al peso che Natasha ha ormai nella serie e un omaggio nostalgico
ad un periodo che durò dall’ottobre 1972 al gennaio 1974 ovvero dal n. 92 al
n.107 della serie originale, che in quel periodo mutò nome in Daredevil &
the Black Widow.
2)
Lem
Kowalsky e Belinda Scott sono creazioni del nostro Mr. T (anche se il nome
della seconda l’ho scelto io -_^) e sono apparsi per la prima volta su
Daredevil MIT #0.
3)
I Figli
della Tigre: il bianco Bob Diamond, il nero Abe Brown e il cinese Lin Sun sono
personaggi creati da Gerry Conway & Dick Giordano con l’impulso creativo di
Roy Thomas e basati indubbiamente sui protagonisti del film “I tre
dell’Operazione Drago”. Ad essi,dopo un po’ si aggiunse la giapponese Lotus
Shinkuko che fu interesse sentimentale prima di Bob Diamond e poi di Lin Sun.
La loro prima apparizione risale alla rivista in bianco e nero “The Deadly
Hands of Kung Fu” #1 datata aprile 1974. Attualmente gestiscono una palestra
nel Bronx.
Nel prossimo episodio: una vecchia “amica” di Devil
torna a farsi viva dopo tanto tempo e la cosa non entusiasma Matt. In più:
proseguono le indagini della Vedova Nera nel mondo oscuro della Mafia Russa e
del traffico di esseri umani e ritornano alcuni personaggi da tempo
ingiustamente dimenticati.
Non mancate.
Carlo
[1] Nel numero 3 della nostra serie gemella Daredevil del bravo Mr. T.
[2]Nell’episodio #73.
[3] Come raccontato in Iron Fist Vol. 1° #8/10 (In Italia su Marvel Collection, Comic Art, #7).
[4] Nell’episodio #69.
[5] Sempre su Devil #73.
[6] Su Daredevil Vol. 1° #181 (In Italia su Fantastici Quattro, Star Comics, #15).
[7] Vedi ultimo numero.
[8] Nientemeno che sul n. 9 di questa serie. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora. -_^
[9] Sempre nell’i ultimo numero.
[10] Sempre nell’ultimo episodio.
[11] Ladro nella Legge. In Russo.
[12] Nella miniserie MIT “Imported from
Russia”.
[13] Ovvero su Uomo Ragno #92 e Devil #74.
[14] In Marvel Knights #60
[15] In Marvel Knights #47.
[16] Nell’episodio #66.
[17] Su Daredevil Vol. 1° #113/114 (In Italia su Devil, Corno, #126 e Uomo Ragno, Corno, #130).*