PROLOGO

 

 

            Il mio nome è Ben Urich e sono un giornalista. Il mio lavoro è dare notizie e occasionalmente raccontare storie. Quelle che ho raccontato più spesso riguardano un uomo, uno dei più straordinari che abbia mai conosciuto. È nato in un quartiere malfamato di New York, è cresciuto nella povertà, senza una madre, ha perso la vista a 15 anni, suo padre è stato ucciso perché non ha voluto piegarsi a dei gangsters.

            Nonostante tutte queste avversità lui non ha ceduto ed ha applicato una massima insegnatagli dal padre: non arrendersi mai. È diventato uno dei migliori avvocati degli Stati Uniti ma non gli bastava: la sua ansia di giustizia lo ha spinto più oltre.

            C’è una cosa che pochi sanno di Matt Murdock e che non ho mai rivelato a nessuno: il materiale radioattivo che lo ha accecato gli ha anche donato dei sensi supersviluppati ed un senso radar che gli dà un’idea delle cose e persone che lo circondano forse più precisa della vista. Grazie a queste facoltà straordinarie è divenuto il combattente mascherato del crimine noto come Devil.

            Per anni ha portato avanti la sua missione da solo, poi il destino ha messo sulla sua strada una donna altrettanto straordinaria.

            Il suo vero nome, almeno per quanto ne sa lei stessa, è Natalia Alianovna Romanova, ma negli Stati Uniti è nota come Natasha Romanoff ed ancor più col nome di battaglia datole dai servizi segreti della sua nazione di nascita: Vedova Nera.

            Nella Russia da cui proviene l’hanno addestrata per essere una perfetta superspia ma alla fine lei si è ribellata al destino che le volevano imporre. Anche lei persegue una personale idea di giustizia e forse cerca anche la redenzione dai peccati del passato.

            Matt Murdock e Natasha Romanoff, un avvocato e un’avventuriera, Devil e la Vedova Nera, un supereroe ed una spia, un Americano di origine irlandese e una Russa. Sembrano davvero appartenere a mondi diversi e distanti. Eppure il destino li ha voluti amici, amanti, compagni d’arme.

            Quanto a me… a me ha lasciato il compito di raccontare la loro storia.

 

N° 75

 

ANGELI E DEMONI

 

Di Carlo Monni

 

 

PARTE PRIMA

 

 

L’AVVOCATO

 

 

1.

 

 

            Vengo qui meno spesso di quanto vorrei o forse dovrei. Posti come questo mi ricordano fin troppo la mia fragilità ed i miei fallimenti.

            Non posso leggere i nomi sulle lapidi ma anche senza passare sulla superficie di marmo le mie dita supersensibili, so a memoria quel che c’è scritto.

            Papà, è stato il tuo omicidio a spingermi sulla giusta strada. Potevi fare quello che era più facile, ma non volevi deludere tuo figlio e hai rifiutato di perdere l’incontro decisivo. Sapevi cosa sarebbe successo dopo ma non hai esitato. È una lezione che non ho dimenticato.

            Karen, ti ho amata più di ogni altra nella mia vita e tu hai pagato il prezzo più alto per esserne stata parte. Razionalmente so di non essere responsabile per ciò che ti è accaduto, come non lo sono per ciò che è accaduto a Heather Glenn o a Glorianna O’Breen. Sì: razionalmente lo so, ma ci sono momenti in cui non posso non chiedermi se tu e le altre non sareste ancora vive se Matt Murdock non fosse entrato nella vostra vita.

            Sento una mano che stringe la mia. Una stretta che dice: non sei solo, io sono con te. La donna a cui appartiene quella mano si chiama Natasha Romanoff. Non ho bisogno della vista per sapere che è bella e sexy, lo percepisco molto bene. Anche lei ha avuto i suoi dolori, persone che amava che sono morte o l’hanno tradita. Per molto tempo ha nascosto le sue emozioni dietro una corazza psicologica, una difesa che ha abbassato con me lasciando che i suoi sentimenti esondassero come un fiume in piena.

            Lei è la mia ancora di salvezza ed io la sua. Una responsabilità pesante. E se non fossi all’altezza del compito?

-Andiamo a casa.- le dico.

            Si stringe a me mentre usciamo dal cimitero. Sento il suo dolce profumo, il rumore dei suoi tacchi nel terreno soffice che accompagna quello del mio bastone. Sono felice di averla vicino.

            Avverto gli odori della Rolls Royce che ci aspetta fuori dal cancello e quello pungente del dopobarba di Ivan Petrovitch che ci aspetta appoggiato al cofano rigirando tra le mani il berretto da autista.

            Improvvisamente alzo la testa: il vento porta un odore familiare, la lieve traccia di un profumo femminile che scompare prima che riesca ad identificarlo con certezza.

-Cosa c’è Matt?- mi chiede Natasha.

-Non lo so.- rispondo -Per un attimo mi era sembrato… ma devo essermi sbagliato.-

            O almeno lo spero.

 

            Lem Kowalsky ascolta a capo chino la voce del giudice che pronuncia la sua condanna per rapimento. Nessuno può sapere cosa gli passa per la testa mentre sente le parole:

-… per un periodo non inferiore a 15 anni e non superiore a 25.-

            Non solleva lo sguardo nemmeno per guardare Belinda Scott, la giornalista televisiva oggetto delle sue ossessioni e che ha rapito e tenuto segregata finché Devil non l’ha liberata.[1]

            Non sa cosa passi per la mente di Linda mentre lascia l’aula ma non sarebbe sorpreso nell’apprendere che ha tratto un sospiro di sollievo sapendo che lui sarà rinchiuso per almeno 15 anni. Forse dovrebbe essere grato al suo avvocato per essere riuscito a convincere la giuria che lui non era completamente in sé quando ha rapito Linda, evitandogli così di finire in carcere per un tempo più lungo. Sì, forse dovrebbe ma non riesce a pensare a questo mentre lo caricano sul furgone che lo riporta a Ryker’s Island in attesa del trasferimento al penitenziario statale di Attica dove sconterà il resto della condanna, pensa solo al fatto che non avrà mai Linda.

           

                Nella mia vita ho fatto molte cose stupide, ma questa potrebbe concorrere al primo premio: far visita ad un ex supercriminale esperto di kung fu che potrebbe anche avermi aggredito alle spalle mentre tenevo d’occhio la sua abitazione[2] non ha proprio l’aria di essere una buona idea. D’altra parte, non sono io quella saggia in famiglia.

                L’uomo che viene ad aprirmi è un attraente cinoamericano dai muscoli tonici e guizzanti che si notano benissimo sotto la maglietta aderente che indossa. Non che la vostra cronista d’assalto perda tempo a soffermarsi su simili particolari, s’intende.

-Buongiorno, Mr. Hao, io sono…-

-Candace Nelson, giornalista del Daily Bugle.- ribatte Robert Hao -Mi ricordo benissimo di lei, Miss Nelson e mi ricordo anche di averle detto che non gradivo la sua compagnia.-

-Per la precisione mi ha detto di togliermi dai piedi.-

-Un consiglio che lei non ha ascoltato, visto che più di una volta ha provato a seguirmi … senza molto successo.-

-Sono una dilettante in confronto a lei, Mr. Hao. Mi invita ad entrare o dobbiamo conversare sul pianerottolo?-

                Hao ridacchia e si sposta per farmi passare squadrandomi bene. Chissà se diversamente dal mio morigerato fratello maggiore apprezza il mio stile nel vestirmi o c’è altro?

-Lei è un tipino intraprendente, Miss Nelson.- commenta -Entri pure liberamente e di sua volontà.-

                Può non essere incoraggiante che abbia usato le stesse parole con cui il Conte Dracula accoglie Jonathan Harker nel romanzo di Bram Stoker. Hao è un lettore di classici o ha visto un film un po’ più fedele all’originale?

                Mi guardo intorno: è un appartamento piccolo e arredato in modo spartano ma pulito e ben tenuto. Nell’aria il rimasuglio dell’odore di un profumo di marca. Ha delle visite femminili forse?

-Era qui che abitavo prima del mio arresto.- mi dice anticipando una mia domanda

-Quando era il supercriminale Chaka Khan e il leader di una delle più agguerrite gang di Chinatown, le Tigri Dorate?-[3]

-Storia vecchia. Ormai ho pagato il mio debito con la società. L’appartamento è ancora mio e ci sono ritornato dopo il funerale di mio fratello.-[4]

-Credevo si fosse stabilito in California dopo aver scontato la sua pena.- commento.

-Ho degli affari in sospeso da sistemare.-

-Affari di Robert Hao o di Chaka Khan?- gli chiedo senza riflettere sulle possibili conseguenze.

                Lui scoppia in una risata e replica:

-Non sbagliavo a definirla intraprendente, forse lo è anche troppo. Si rende conto di aver fatto una domanda molto indiscreta?-

-A cui non ha risposto.-

-Seriamente, Miss Nelson, se fossi tornato ad essere Chaka Khan, crede che lo ammetterei tranquillamente con lei?-

Sorrido anch’io e ribatto:

-Sinceramente no, Mr. Hao, ma dovevo provarci non crede?-

-Mi chiami pure Robert. Lei mi piace, Miss Nelson. Ho sempre apprezzato le donne di fegato.-

-Di fegato o senza cervello? Non rispondere e chiamami pure Candace ma non azzardarti a chiamarmi Candy, lo detesto.-

-Lo terrò a mente. Ora passiamo ad altro: di cosa volevi parlare con me? Non solo del mio passato, giusto?-

-Sto indagando sulla morte di tuo fratello. C’è qualcosa che non mi convince.-

-Hai deciso di camminare su un terreno minato… ma ne possiamo parlare a cena. Spero ti piaccia il cibo cinese.-

                Un invito a cena? Accettare può non essere una mossa saggia. Ovviamente dico di sì.

 

 

2.

 

 

            Franklin E. Nelson Jr., Foggy per gli amici, entra nel suo ufficio di Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York sostenendosi con due stampelle.

            La sua vice Kathy Malper gli si fa subito incontro.

-Foggy!- gli dice -Non saresti dovuto venire.-

-Gliel’ho detto anch’io ma non ha voluto ascoltarmi.- replica l’accompagnatrice di Foggy, Liz Osborn.

-Dovevi darle retta, Franklin.-dice una donna seduta davanti alla scrivania -Si vede che non sei ancora in forma.-

-Io… non ho chiesto il tuo parere… Rosalind.- ribatte Foggy mentre raggiunge l’ampia poltrona.

-Una madre non ha forse il diritto di preoccuparsi per la salute del proprio figlio?- ribatte a sua volta Rosalind Sharpe.

            Non una madre che ha abbandonato quel figlio quando era ancora in fasce e che quando è tornata dopo essere stata rapita[5] non si è nemmeno fatta sentire con lui, si astiene dal replicare Foggy.

-Ho accettato volentieri il vostro invito a raccontare ancora una volta la mia esperienza.- continua Rosalind -Spero che non vi dispiaccia se non sono venuta sola vero. Immagino conosciate tutti i miei accompagnatori, non è vero? Il mio socio Timothy Byrnes e Mr. Norman Osborn.-

-Sì… ho avuto modo di conoscere sia l’avvocato Byrnes che Mr. Osborn.- risponde con scarso entusiasmo Foggy.

            La sua compagna, Liz, abbassa lo sguardo davanti al sorriso di Norman Osborn. Loro due hanno fatto un patto: se lui avesse usato le sue risorse per far liberare Rosalind Sharpe, lei avrebbe accettato di fare qualunque cosa lui le avesse chiesto e Liz conosce suo suocero abbastanza da sapere che non passerà molto tempo prima che pretenda di riscuotere il suo debito.

            Intanto il giovane avvocato Timothy Byrnes si rivolge a Foggy:

-Miss Natchios mi ha chiesto di porgerle, quando l’avessi incontrato, i suoi auguri di una completa guarigione.-

            Si riferisce ad Elektra Natchios, di recente prosciolta proprio grazie a Byrnes, dall’accusa di aver commesso numerosi assassini su commissione, accuse vere peraltro.

-Gentile da parte sua, visto che anni fa ha tentato di uccidermi.-[6] ribatte Foggy, poi si rivolge a sua madre -Abbiamo delle domande da farti sul tuo rapimento, il tuo avvocato può rimanere se lo desideri, ma Mr. Osborn e anche tu, Liz, dovete uscire.-

-Tim non è il mio avvocato, ma un collega ed un amico. Non ho bisogno di avvocati per una testimonianza, giusto? E se ne avessi bisogno, io stessa sono un avvocato, un ottimo avvocato, l’hai dimenticato, Franklin? Tim, ti dispiace aspettarmi fuori mentre io soddisfo le curiosità di mio figlio?-

            Foggy sospira e mentre gli altri escono dice:

-Cominciamo, allora.-

 

            C’è sempre da fare in uno studio legale e credo che impazzirei se dovessi occuparmi anche della parte burocratico-amministrativa del lavoro, per fortuna a questo provvede in maniera efficiente la mia socia Becky Blake. Becky è decisamente una donna da ammirare: quando era all’università un maniaco la violentò e le spezzò la schiena privandola dell’uso delle gambe ma lei non si fece fermare. Con volontà e determinazione riuscì a laurearsi a pieni voti e si è fatta strada ingoiando anche molti rospi ed umiliazioni come capita fin troppo spesso a chi ha un handicap fisico e lei non ha nemmeno abilità superumane ad aiutarla.

-E con questo è tutto.- termina il suo resoconto -Direi che non ce la siamo cavata affatto male finora.-

-Il merito è di tutti quanti voi.- preciso -Io sono stato un po’... assente negli ultimi tempi.-

-Non scherzare, Matt.- ribatte Becky -Il tuo ruolo come pubblico accusatore nel processo contro Elektra Natchios è stata una bella pubblicità per lo studio.-

-Anche se l’ho perso?-

-Non avresti perso se qualcuno non avesse ucciso i testimoni, ne sono convinta.- interviene Bernadette Rosenthal.

-Ti ringrazio, Bernie, ma io non ne sono così certo… ad ogni modo ormai è andata.-

            Anche se sono cieco mi volgo verso il capo investigatore dello studio, Willie Lincoln, certe abitudini sono dure a morire. Willie è nero ed anche lui è cieco. Era un ottimo detective ma lo incastrarono con una falsa accusa di corruzione e lo costrinsero a dimettersi. Si arruolò nell’Esercito e si ritrovò in zona di guerra. Si gettò su una granata per salvare i suoi compagni e addio occhi. Neanche lui si è arreso ed ora lavora per me.

-Notizie di Dakota?- gli chiedo.

-Ha chiesto un periodo di ferie per stare vicina a suo padre dopo… l’incidente.-

            Quell’esitazione… è ovvio che Willie non crede che uno come Sam North sia stato semplicemente investito da un pirata della strada. Neanch’io del resto. Se non fossi stato impegnato con il rapimento di Kathy Malper e il viaggio a Madripoor per liberare Jill Stacy[7] mi sarebbe piaciuto fare qualcosa al riguardo.

-Matt…-

-Cosa c’è, Willie?-

-Ho la sensazione che Dakota si sia impegnata in un’indagine personale e la cosa non mi piace.-

-È una donna in gamba e sa quel che fa.- ribatte Becky -O credete che solo perché è una donna non possa cavarsela da sola?-

            Mi scappa una risatina.

-Credo di essere l’ultimo a poter parlare di donne fragili. Se ti fosse sfuggito, Becky, Natasha Romanoff è più dura dell’acciaio e su questo non ci sono dubbi.-

            Il che non toglie che un po’ d’aiuto da parte mia potrebbe far comodo a Dakota North

 

            Lo squillo del telefono distrae l’uomo di evidenti origini cinesi dai suoi pensieri. Un’occhiata al display del cellulare gli permette di riconoscere il numero e non può non chiedersi perché lui l’abbia chiamato: sa che deve farlo solo se ci sono serie novità.

            Dopo i convenevoli di rito, l’uomo chiede al suo interlocutore:

-Che c’è di nuovo?-

<<Quella giornalista, Candace Nelson, fa troppe domande. Temo che possa arrivare a scoprire la verità.>> risponde l’altro.

-Non ci voleva. È una notoria ficcanaso e se quello che stiamo facendo arriva ai media prima che siamo pronti…-

<<Posso pensare io a lei.>>

-Non vorrai…?-

            Il suono di una risatina arriva dall’altra parte.

<<Tranquillo. Non farò nulla di drastico o di contrario alla legge... non troppo almeno. La terrò impegnata per un po’ e la spedirò su qualche falsa pista.>>

-Robert… io mi sto fidando di te, spero che…-

<<Tranquillo, fratello: non intendo deluderti.>>

            La conversazione si chiude e quasi subito dopo si sente il rumore della porta d’ingresso dell’appartamento che si apre e pochi attimi dopo una donna bionda entra nella stanza.

-Problemi?- chiede.

-Nulla di irreparabile, credo.- risponde l’uomo e riferisce la conversazione appena avvenuta.

-Conosco bene Candace Nelson.- commenta la donna .-Quando annusa una pista non si ferma nemmeno dinanzi al pericolo. Mai capito se è coraggiosa o solo avventata. Credi che possiamo fidarci di tuo fratello, Bill?-

-Io credo di sì, ma dovremo accelerare i tempi. Non ci resta altra scelta.-

            E l’espressione sul volto di William Hao, Procuratore Distrettuale di Manhattan ritenuto morto, fa ben capire a Kathy Malper quanto sia preoccupato.

 

 

3.

 

 

Lemuel Kowalsky non dice una parola quando lo prelevano dalla sua cella e lo portano dentro un furgone per il trasporto detenuti e non dà più di un’occhiata fuggevole all’unico altro detenuto presente: un tipo robusto e massiccio con due folti baffi neri che non lo degna nemmeno di uno sguardo.

Resta silenzioso per tutto il viaggio e quasi non si accorge che il furgone si ferma improvvisamente sul ciglio della strada. Alza gli occhi solo quando il portello si apre.

-Cosa?- è la sua sola reazione.

            Il tipo massiccio seduto davanti a lui si muove di scatto colpendo al pomo d’Adamo la guardia che gli sta accanto. Nello stesso momento i due uomini vestiti con tute nere che hanno aperto il portello fanno fuoco sulle altre guardie uccidendole.

            Il secco rumore di due spari soffocati da un silenziatore fa sobbalzare Lem.

-Stai calmo.- gli intima uno dei due uomini mentre l’altro prigioniero si rivolge loro con un secco:

-Ce ne avete messo di tempo.-

-Non lamentarti, Agente Cashman.- ribatte uno dei due aprendo le catene che gli imprigionano polsi e caviglie -Ora sei libero, dopotutto.-

-Bullet, chiamami Bullet.-

-Come ti pare.- si rivolge a Lem -Datti una mossa anche tu.-

-Cosa?- ripete lui sconcertato mentre mani robuste lo afferrano dopo averlo liberato dalle catene.

-Cosa volete da me?- urla mentre lo spingono in un SUV nero.

-Si rilassi Mr. Kowalsky.- gli dice uno dei suoi liberatori -Nessuno qui vuole farle del male. Non è contento di essere libero?-

            Il SUV parte senza indugio e quando arriva a destinazione Lem capisce solo di essere in qualche villa isolata

            Viene separato dal tizio che si fa chiamare Bullet e portato in una stanza dove, su un letto trova un costume verde, nero e bianco che riconosce come uno di quelli usati dal supercriminale Jester.

-Le piace?-

            La voce appartiene ad un uomo appena entrato, un uomo che veste un elegante tre pezzi nero ed il cui volto è celato da un cappuccio ugualmente nero.

-Lei chi è? Cosa vuole?-

-Il mio nome non ha importanza. Non abbia paura: non ho certo pianificato la sua evasione assieme a quella di Bullet per farle del male. Al contrario, sono qui per farle una proposta che dovrebbe piacerle.-

-Di… di cosa parla?-

-Di qualcosa che lei sicuramente vuole, Mr. Kowalsky: la vendetta.-

 

            La notte cala sulla città. Non che faccia differenza. Il passaggio dal giorno alle tenebre notturne per me è solo una sottile variazione di temperatura e di poco altro. Vivo nelle tenebre da decenni, sono mie amiche.

            Come quasi ogni notte degli ultimi anni l’avvocato cieco e compassato di nome Matt Murdock lascia il posto all’avventuriero mascherato noto come Devil. Lascio agli psicanalisti chiedersi se Devil non sia il mio modo di sfuggire alle responsabilità della vita di tutti i giorni e alla rigida educazione impostami da mio padre, io mi godo il vento sul volto e mi lascio trasportare dal cavo del mio bastone.

            Il divertimento cessa quando il mio udito supersensibile coglie l’eco di voci non molto lontane.

            Quando arrivo sul posto c’è folla intorno ad un furgone parcheggiato vicino ad un lampione. Porte aperte, odore di sangue e di morte recente, Tre corpi in sacchi per cadaveri e gente intorno. Polizia scientifica ma non solo. Dai battiti e altri segni vitali riesco ad identificare tra i presenti alcuni poliziotti e agenti federali che conosco. Dev’essere roba grossa per attirarli tutti insieme.

-Ma guarda… Arriva Devil.- commenta il mio vecchio amico “Bucko” Leary -Passavi da queste parti?-

-Praticamente sì.- rispondo -Che è successo?-

-In teoria non dovrei parlartene ma in fondo perché no? Ormai dovresti averlo capito da te.-

            Sarebbe vero se io ci vedessi ma così non è. Vediamo che mi dicono i miei sensi ed un po’ di sana deduzione. Furgone blindato, sbarre ai finestrini: un trasporto valori? Improbabile dopo l’orario di chiusura delle banche, quindi cosa resta? Un trasporto prigionieri, direi.

            Leary mi trae dall’impaccio.

-Un’evasione.- dice –Portavano due prigionieri trasferiti da Ryker’s. Uno era destinato alla prigione federale di Manhattan. A quanto sembra l’autista del furgone ha accostato, ha sparato al collega accanto a lui e poi ha aperto il portello posteriore e ha ucciso le altre guardie.-

-Dubito sia stato lui da solo.- dice un altro detective -Qui ci sono le tracce di almeno tre armi del tipo 9mm.-

-Un’evasione pianificata, quindi.- rifletto ad alta voce -… qualcuno voleva liberi quei due prigionieri ad ogni costo, compreso l’omicidio. Chi sono?-

-Questa ti piacerà, Cornetto.- replica Leary –Li hai presi tu: Buck Cashman, meglio noto come Bullet, e Lem Kowalsky, condannato per stalking.-

            Kowalsky… mi ricordo di lui, ma è un pesce piccolo, perché qualcuno doveva disturbarsi a farlo evadere? Forse ha solo approfittato del momento favorevole. Sono più preoccupato per Bullet: l’ultima volta che ci siamo scontrati lavorava per il Consorzio Ombra ed io ho rotto un po’ di uova nel loro paniere ultimamente. Sarà un caso che sia evaso adesso? Ne dubito. Temo di essere nel loro mirino, ordinaria amministrazione per me in fondo.

-Li ritroveremo .- interviene un uomo dall’accento texano che stimo su 45 anni circa. Buon dopobarba, stretta virile. Lo conosco ma non ricordo il suo nome.

-Sam Gerard, Vice U.S. Marshal.- si presenta .-Il mio compito è catturare i fuggitivi e non mollo mai l’osso. In genere non mi piacciono i tizi in costume ma non dimentico che mi hai salvato la vita tempo fa.-[8]

-Spero di poter dare una mano.- dico.

            Faccio scattare il cavo del mio bastone e spicco un balzo allontanandomi. Devo trovare Bullet ad ogni costo: ho un brutto presentimento.

 

Quando entro nella sala riunioni, il suono della voce del mio editore mi spacca quasi le orecchie:

-Urich, a quest’ora arrivi?-

-Che piacere vederti qui ai piani bassi, Jonah.- lo saluto mentre mi sistemo a sedere.

            J. Jonah Jameson mastica furiosamente un sigaro spento, l’unica cosa che può farci da quando sua moglie gli ha proibito di fumare e le leggi più recenti gli proibirebbero comunque di farlo in un luogo chiuso. È nervoso e non lo biasimo, viste le ultime notizie.

            Alla riunione di oggi, oltre ai soliti volti vedo anche quello di Peter Parker. È insolito che partecipi ad una riunione redazionale ma capisco perché sia qui.

            Jonah si rivolge a me:

-Ho letto il tuo ultimo pezzo sulla liberazione della figlia del Commissario Stacy.[9] Non è malaccio ma mancano quasi tutte le informazioni sui rapitori. Solo un sacco di “si dice” e “sembra”. Io voglio i fatti.-

-Non ci sono molti fatti. Non è stato possibile intervistare Jill Stacy, suo padre impedisce a chiunque, a parte qualche medico, di parlare con lei.-

-E la Aguirre? Lei è dei nostri.-

            Jonah si riferisce a Isobel Aguirre, una giornalista di Now scomparsa circa un anno fa durante un’inchiesta e creduta morta finche Devil, la Vedova Nera e l’Uomo Ragno, mentre cercavano di rintracciare Jill Stacy, non l’hanno casualmente scoperta in un bordello di Madripoor costretta a fare la prostituta.[10]

-È ancora troppo scossa dalla sua esperienza e francamente non credo che vorrei costringerla a riviverla per il bene di un articolo.-

-Mff. Datti comunque da fare. Voglio inchiodare quei bastardi che hanno fatto… quello che hanno fatto... a una mia giornalista. Brant…-

-Cosa?- replica Betty.

È una mia impressione o era distratta. Ultimamente mi sembra un po’ fuori forma ma magari sono solo le preoccupazioni. Non credo che mi riguardi.

-Voglio che ti occupi tu della Stacy. Sei una donna, magari con te parlerà.-

-Veramente…-

-Potrei provare io a parlare con Jill.- si offre Peter -Siamo vecchi amici e forse con me si aprirà.-

-E io potrei seguire la pista dell’organizzazione che ha portato sia lei che Isobel in Oriente. Dicono siano Russi.- incalzo io.

-Uhm…- borbotta Jonah -Tu che ne pensi Robbie?-

-Che è una buona idea.- risponde Joseph Robertson -Betty, ti va di affiancare Ben? Candace Nelson è impegnata in un'altra inchiesta e…-

-Io… preferirei affiancare Peter.- risponde in fretta Betty -Credo che la presenza di una donna potrebbe essere d’aiuto.-

-Come vuoi.-

-Allora è deciso.- taglia corto Jonah -Ma non tornate senza qualcosa di concreto.-

-Farò quel che posso, J.J.J.- replico.

-Non voglio scuse, Urich, voglio risultati, non abusare della mia pazienza.-

-Non posso abusare della tua pazienza Jonah… è notorio che non ne hai neanche un grammo.-

-Ti sopporto perché sei in gamba, Ben ma ai miei tempi nessun editore avrebbe tollerato una simile impertinenza da parte di un suo giornalista.-

            Mentre Jonah si allontana Kat Farrell si china su di me e mi sussurra:

-Quali erano i suoi tempi, il paleolitico?-

-Il Proibizionismo, credo.- replico in tono scherzoso, poi mi rifaccio serio -Su una cosa il buon Jonah ha ragione: siamo dei giornalisti e dobbiamo scovare le notizie.-

            Mi alzo ed afferro la giacca.

-Dove vai?-

-A fare quattro chiacchiere con qualcuno che forse può fornirmele.-

            In altre parole, vado in cerca di guai.

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

PARTE SECONDA

 

 

LA SPIA

 

 

1.

 

 

            La donna che entra nel colorito locale di Brighton Beach a Brooklyn è del tipo che non può non attirare l’attenzione: lunghi capelli rossi che le ricadono sulle spalle, occhi verdi e penetranti che scrutano l’ambiente, un corpo da modella malamente celato da un soprabito da cui escono due belle gambe inguainate in una calzamaglia scura.

            Senza esitare si dirige ad un tavolino dove siede un uomo sui 40 anni, capelli scuri e corti e un tatuaggio che spunta dalla manica della camicia e si allunga sul polso destro.

-Natalia Alianovna.- la saluta -Gli anni sono stati generosi con te. A che debbo l’onore della tua visita?-

            La Vedova Nera si siede davanti a lui senza aspettare di essere invitata e risponde:

-Informazioni Vladimir Sergeievitch, informazioni sul traffico di donne da e per gli Stati Uniti.-

-Chiedi troppo. Sai che il Codice dei Ladri me lo proibisce: un vor v zakone[11] non può collaborare con il potere statale del suo o di altri paesi.-

-Io non rappresento nessun potere statale ma solo me stessa, quindi mi darai le informazioni che cerco e confido che me le darai con le buone.-

-Altrimenti?-

            Natasha Romanoff sorride mentre replica:

-Altrimenti dovrò strappartele con le cattive… e tu sai che so essere molto cattiva se lo voglio.-

            Alle sue spalle si ode il click di una pistola che viene armata. La Vedova non si scompone.

-Dì ai tuoi uomini di mettere via le pistole, Vladimir Sergeievitch, mi innervosiscono e se divento nervosa potrei far loro del male, molto male.-

-Ma chi si crede di essere questa shlyukha?- esclama uno degli uomini armati -Merita una lezione.-

            La Vedova Nera fa cadere all’indietro la sua sedia. Prima che tocchi terra lei ha già fatto una capriola. Il suo piede destro raggiunge il mento di uno dei tre uomini alle sue spalle, il tacco del piede sinistro si scontra con la tibia destra del secondo uomo e la spezza. Mentre il suo avversario cade urlando, Natasha si mette in ginocchio e spara un morso di vedova contro il terzo stordendolo.

-Ti avevo detto che so essere molto cattiva, Volodya.- dice usando il diminutivo del nome del suo interlocutore -Adesso vogliamo parlare tranquillamente?-

 

            Sono fermo sul ciglio di un cornicione e come faccio spesso mi chiedo se avrei il coraggio di trovarmi in un posto simile se potessi vedere quel che mi circonda.

            Scaccio il pensiero e mi siedo cominciando a concentrarmi. Cercare di trovare un singolo uomo nell’isola di Manhattan usando i miei supersensi è un’impresa quasi impossibile ma devo provarci. Sono convinto che Bullet non ha lasciato New York, che chi l’ha liberato vuole usarlo contro di me. Se è così, forse posso ancora trovarlo.

            Mi concentro e lascio i miei sensi espandersi, trovare ciò che cerco. Per un attimo sento qualcosa: un odore, un sussurro, un’impressione di familiarità, la stessa che ho provato stamattina al cimitero, ma passa e me ne dimentico quando il mio superudito coglie una debole eco lontana: l’eco di un grido, la voce di una donna.

            Non esito e mi tuffo nel vuoto.

 

            Belinda Scott rientra a casa dopo una giornata di duro lavoro e comincia a spogliarsi per fare una doccia veloce e poi penserà ai piani per il resto della serata.

            Alle sue spalle un refolo di vento fa oscillare le tende della finestra, poi sente una voce maschile:

-Ciao Linda.-

            Un grido le esce dalle labbra:

-No!-

            L’incubo non può ricominciare ancora.

 

 

2.

 

 

            Per la Vedova Nera la cosa ha il sapore di un dejà vu: investigare su un traffico di donne. Le è già capitato ma in quell’occasione si trattava di giovani Russe contrabbandate negli Stati Uniti come una qualunque merce.[12] Stavolta sta facendo il cammino inverso: giovani americane portate all’estero contro la loro volontà, proprio come Jill Stacy e Isobel Aguirre.

            Natasha non si illude; non fermerà mai del tutto questo genere di traffici ma almeno può dargli un bel colpo. Le informazioni che ha avuto l’hanno portata fin qui: uno squallido ufficio in una palazzina di Brighton Beach. Ufficialmente è la sede di un’agenzia di import-export ma c’è solo uno stanzino con un tavolo, una sedia ed un computer. Una pista fasulla? Ma forse in quel computer c’è davvero qualcosa, val la pena tentare.

            Lo accende e… ci vuole una password. Tra i molti talenti della Vedova Nera l’hackeraggio non è tra i migliori, ma non si farà fermare così facilmente.

            Si irrigidisce di colpo. Non è sola, ne è certa, ma è bene che l’intruso la creda così impegnata col computer da non averlo sentito. Lo lascia avvicinare e poi quando lui fa per afferrarle il collo, sposta il proprio peso e lo fa volare sopra la sua testa.

            L’uomo si rialza immediatamente. È evidentemente un professionista, uno che conosce le arti del combattimento e magari anche quelle dell’omicidio.

            Ha il tempo di dargli un’occhiata: alto ben messo, maglione e pantaloni scuri, capelli biondi tagliati corti, un ex militare, spetnaz magari. L’uomo non parla ma spara: due colpi che mancano per poco Natasha e altri quattro che raggiungono il computer e ne fanno a pezzi lo schermo e il vano dell’hard disk. Era quello il suo scopo: prelevare il computer e non potendolo fare, distruggerlo e purtroppo ci è riuscito.

            Natasha gli spara un morso di vedova che gli fa cadere la pistola. Il suo avversario non si perde d’animo e le sferra un calcio che lei evita per un soffio.

-Sei in gamba.- gli dice -Riconosco il tipo di addestramento; forze speciali, giusto?-

            Lui non replica e tenta di colpirla col taglio della mano destra ma la Vedova para il colpo col polso e ode un rumore secco.

-Temo di averti spezzato l’ulna.- dice –Che ne pensi di arrenderti adesso?-

            Per tutta risposta l’uomo estrae qualcosa dalla cintura e lo getta a terra- Un lampo di luce acceca Natasha e quando riprende a vedere l’uomo è scomparso.

            Un’imprecazione in Russo sfugge dalle labbra della Vedova Nera. Adesso i suoi nemici sanno che lei è sulle loro tracce e lei ha appena perso un possibile indizio… o forse no, forse non tutto è davvero perduto.

            Attiva un comunicatore nel suo orecchino destro e dice:

-Ivan… ho bisogno di te: c’è qualcosa di grosso da portar via.-

 

            L’urlo della donna è come una sirena per me e mi guida infallibilmente sulla via giusta. Conosco quella voce e non voglio arrivare tardi anche stavolta.

Purtroppo quando arrivo l’appartamento è già vuoto ma chi ha rapito Linda Scott non è lontano. Colgo il profumo di Linda e mi giro nella giusta direzione.

Il mio senso radar mi rimanda la forma di uno strano veicolo:una specie di semisfera con a bordo un uomo in piedi di cui percepisco il battito accelerato e una donna svenuta a giudicare dal ritmo del battito e del respiro.

Linda e il suo rapitore. Non me li farò sfuggire.

 

Circa dieci minuti prima, nell’appartamento di Linda Scott. La giovane e bella giornalista vede l’uomo davanti a lei, entrato chissà come dalla finestra, avanzare. Indossa uno dei costumi di Jester ma lei non può confondere la sua voce con quella di nessun altro.

-Lem?- che fai qui?- esclama sorpresa -E quel costume…?-

-Sono qui per te, Linda.- risponde lui –Mi hanno detto che potevo averti e mi hanno dato questo per protezione.-

            Mi hanno dato? Di chi parla? È forse un altro dei suoi deliri? Ma se è così, dove ha trovato il costume da Jester?

            Linda indietreggia e grida:

-Sta lontano! Non toccarmi!-

-Mi dispiace Linda, non volevo usare le maniere forti.-

            Le getta addosso una biglia che si apre liberando una dose di gas soporifero. Linda cade a terra ma lui la afferra al volo. Indugia un attimo a guardarla, poi la prende in braccio e scavalca la finestra.

 

 

3.

 

 

            Per la maggioranza della gente che ha sentito parlare di lui Philip Grant è solo un giovane di modeste origini con un talento naturale per l’informatica che si è scoperto essere figlio naturale del famoso Tony Stark, ma per un ristretto gruppo di persone ben informate è soprattutto un hacker famoso col nome di Corvo. In entrambe le sue incarnazioni Philip non è abituato a ricevere molte visite a domicilio in piena notte, ma non si può dire di no a una come la Vedova Nera.

-Ho bisogno del tuo aiuto.- gli ha detto apparendo quasi dal nulla nella camera da letto. Non si è disturbata a spiegare come avesse fatto ad entrare o come facesse a sapere che lui si trovava nell’appartamento di Ling McPherson.

-Il mio aiuto?- risponde lui mentre cerca a tentoni i suoi abiti sulla vicina sedia -E in cosa posso essere utile io alla famosa Vedova Nera?-

-Per recuperare i dati di una scheda madre danneggiata. Pensi di saperlo fare?-

-Se penso di saperlo fare?- replica lui con voce piccata mentre si infila mutande e pantaloni -Non hai idea di quel che so fare con un computer, bella. Sono semplicemente il migliore.-

Natasha sorride.

-Decisamente mi ricordi tuo padre.- commenta.

-Lasciamo perdere: dov’è questa scheda madre apparentemente defunta?-

            La Vedova sembra giocherellare con uno dei suoi orecchini poi dice:

-Sta arrivando.-

            Dopo pochi minuti Ivan Petrovitch entra nell’appartamento portando in braccio l’unità centrale di un computer.

-Ancora fabbricano questi cassoni?- è il commento sprezzante del Corvo -È davvero malridotto. Che gli è successo?-

-Gli hanno sparato.- è la risposta di Ling McPherson, capo della sicurezza della Stark-Fujikawa.

-Esatto, Miss McPherson.- conferma Natasha.

-Chiamami Ling. Com’è successo?-

-In parole povere: un tizio lo voleva distruggere a tutti i costi e ammazzare anche me come bonus.-

            Nel frattempo Philip, con l’aiuto di Ivan, ha cominciato l’esame della scheda madre.

-Posso cavarci ancora qualcosa ma ho bisogno di attrezzatura specifica Roba che ho a casa mia o alla Stark-Fujikawa.-

-Possiamo andarci anche subito.- replica Natasha e fa l’occhiolino a Philip e Ling -Vi va di fare un giretto su un’autentica Rolls Royce Silver Ghost?-

 

            Raggiungo quel bizzarro velivolo e vi balzo sopra. L’uomo che lo guida indossa un costume. Da quel che posso capire è il costume di Jester ma lui non è Jonathan Powers, chi è?

-Devil!- esclama -Perché devi sempre venirmi tra io piedi?-

            Mi conosce? Ma certo: è Lem Kowalsky ma dove ha trovato l’attrezzatura di Jester? Chi gliel’ha data? Non certo quel narcisista del mio vecchio amico Jonathan.

            Mi getta addosso qualcosa: popcorn esplodenti, ma non è tanto abile nell’usarli, li evito facilmente.

-Non so cosa ti sei messo in testa, Lem, ma è meglio che ti rassegni: non sei alla mia altezza.- lo provoco.

-Non è vero.- reagisce -Con questo costume posso batterti.-

-Ci vuole più di un costume per fare un supercriminale e tu non ce l’hai.-

            Mi lancia addosso tutti i gadget che ha ma li evito senza troppo sforzo e saltando riesco ad avvicinarmi a lui e gli sferro un diretto al mento. Un colpo e poi un altro ancora.

Lem barcolla, indietreggia ed estrae una biglia dalla sua cintura.

-Io… io…- borbotta.

            Sta stringendo la biglia con troppa forza.

-Attento!- urlo.

            Troppo tardi: la biglia gli esplode in mano, urla, perde l’equilibrio e cade fuori dalla semisfera.

-No!- grido.

            Cerco di afferrarlo ma mi sfugge. Lo sento cadere verso morte certa. Il suo ultimo urlo, il battito che si spegne. Non avrei potuto salvarlo ma questo non mi fa sentire meglio.

            Mi chino su Linda. Il respiro è regolare, sta bene. Archivierà questa come una delle tante esperienze dure della sua vita e sopravvivrà.

            Una domanda, però, mi tormenta: che senso ha tutto questo? Perché dare a Lem il costume di Jester? Cosa voleva veramente chi l’ha liberato?

 

            In un posto segreto cinque uomini e due donne si incontrano per prendere decisioni che influenzeranno molte persone. Si fanno chiamare Consiglio Ombra.

-La Vedova Nera si sta interessando al nostro accordo con i trafficanti di donne russe.- comunica il leader sedendosi in una comoda poltrona.-

-La Romanova, intendi?- replica un altro uomo dal vago accento russo -Non può scoprire niente che porti a noi. Ci siamo serviti di quell’organizzazione perché si occupasse di Jill Stacy e basta. Anche se Natasha la sgominasse, magari aiutata dal suo amico Devil, la cosa non ci danneggerà.-

-Tuttavia...- aggiunge una donna dall’accento tedesco -… sarebbe bene accertarsi che nessuno dei nostri uomini che ha trattato con i Russi possa venir identificato.-

-Mi sembra giusto.- conviene il Leader -Farò in modo che la faccenda sia sistemata in fretta e in modo efficiente.-

-Intanto io suggerirei di pensare seriamente a Devil e la Vedova Nera: ultimamente hanno interferito un po’ troppo spesso con i nostri piani per New York .- interviene un altro membro del Consiglio.

-Alla bella Natasha posso pensare io.- replica ancora il Russo –Ho già delle idee al riguardo e mi sono già mosso.-

-Bene.- conclude il Leader -Per Devil, invece, ho provveduto io contattando un… operativo… che gli darà seri grattacapi. E ora passiamo agli altri temi all’ordine del giorno…-

 

 

FINE PARTE SECONDA

 

 

PARTE TERZA

 

 

I GIORNALISTI

 

 

1.

 

 

                Quando mi sveglio faccio un po’ di fatica a capire dove mi trovo ed è solo dopo qualche istante che capisco di essere nell’appartamento di Robert Hao, nel suo letto per la precisione, e di essere nuda.

                Ok, mi dico mentre i ricordi della notte precedente tornano vividi alla mia mente, è chiaro che finisco sempre per farmi incantare dai cattivi ragazzi: prima Richard Fisk, poi Tim Byrnes e adesso Robert Hao. Vorrei poter dire che è non è colpa mia, ma lo è.

                Sto bene attenta a non svegliarlo e mi alzo dal letto. Vado al bagno e faccio una doccia veloce per poi tornare in camera per vestirmi ed è qui che la mia curiosità giornalistica, o semplicemente femminile, prende il sopravvento: posso approfittare del fatto che Robert dorme ancora per dare un’occhiata in giro e cercare di scoprire se c’è qualcosa che possa aiutarmi a capire se è coinvolto in qualche modo in quello che è accaduto a suo fratello.

                Una veloce controllatina in giro non dà risultati. Vedo il suo tablet sul comodino e non resisto alla tentazione di darci un’occhiata. Scorro la rubrica e mi imbatto in un numero che conosco. Come fa lui ad averlo?

-Trovato qualcosa che ti interessa?- dice una voce alle mie spalle.

                Candace Nelson potresti esserti messa nei guai un’altra volta.

 

                Natasha entra nel mio studio e dal suo battito capisco che ha qualcosa di serio da dirmi.

-Dobbiamo parlare Matt.- esordisce.

-Non ne sono sorpreso.- replico -Stanotte non sei rientrata a casa e nemmeno Ivan. Ho immaginato che avessi seguito una pista su quell’organizzazione che traffica in donne.-

-Ho passato le ultime ore osservando un hacker di valore cercare di recuperare più dati possibili da un computer danneggiato e ce l’ha fatta. Non ha potuto recuperare molto ma quanto basta per mettermi sulla pista di un reticolo di società fittizie che dopo un cammino contorto portano al proprietario di un night club. Ho pensato di andarci a parlare.-

-Solo parlare?-

-Mi conosci, Matt, sono un tipo molto discreto quando voglio.-

-Conosco il tuo concetto di discrezione. Mi auguro tu non voglia farti giustizia da te.-

            Il suo battito fa un salto e poi rallenta. Inspira ed espira rapidamente. È chiaro che non vuole mentirmi ma sa anche che ci sono cose che non approverei mai. Alla fine dice:

-Voglio tendere una trappola ma ho bisogno del tuo aiuto. Mi aiuterai Matt?-

            Sa benissimo che non posso dirle di no.

 

            L’uomo che sono venuto ad incontrare mi aspetta in un bar di Hell’s Kitchen e nel vedermi mi saluta cordialmente:

-Mr. Urich, che piacere vederla. Si sieda e ordini quello che vuole, offro io.-

            Mi siedo ma non ordino nulla, non sono qui per divertimento. L’’uomo che ho davanti vuol farsi passare per un innocuo anziano signore in pensione, ma io so bene chi è: Eric Slaughter, membro di spicco della Mafia Irlandese che un tempo dominava da queste parti. Non m’incanta.

-Dovrebbe provare questa birra.- mi dice, poi mi chiede -Cosa può mai fare questo povero vecchio per la libera stampa?-

-Lasciamo stare la farsa del povero vecchio.- ribatto -Lei ha ancora molti contatti in certi ambienti e forse sa o può sapere cose molto interessanti sul rapimento della figlia del Commissario Stacy.-

-Quel rapimento è avvenuto a Londra e da lì, Jill Stacy è stata portata in Florida, perché dovrei saperne qualcosa io che sono di New York?-

-Perché lei sa sempre molte cose.- ribatto.

            Slaughter sorride e sembra valutare le mie parole, poi dice:

-Fossi in lei, Urich, non cercherei risposte qui ma a Brighton Beach.-

-La Mafia Russa?- chiedo.

Lui tace, poi aggiunge:

-Sempre se fossi in lei, non ci andrei solo, però. A quella gente non piace chi fa troppe domande, specie quelle scomode.-

Ed io sono famoso per fare domande scomode.

 

 

2.

 

 

Brighton Beach a Brooklyn è nota anche come Little Odessa perché è qui che è possibile trovare la maggior parte degli immigrati provenienti dalle nazioni che costituivano l’Impero Russo prima e l’Unione Sovietica poi. Non è sorprendente che sia anche il centro operativo della Mafia Russa e della cosiddetta Mafia di Odessa che è composta da Ucraini. Se i loro compatrioti in Europa si combattono, qui negli Stati Uniti non impossibile vedere Russi e Ucraini collaborare in qualche impresa criminale.

Non ho chiesto a Natasha come faccia a sapere che il locale dove mi ha portato sia il paravento di un’attività di prostituzione e forse è meglio per me non saperlo. Natasha sta impersonando una maitresse d’alto bordo ed io e Ivan siamo rispettivamente la sua guardia del corpo e il suo autista. Ho scurito i capelli e messo un paio di occhiali a specchio al posto di quelli che porto di solito, lo stesso tipo di mascheramento che ho usato a Madripoor.[13] Le varianti sono un maglione dolcevita scuro e una giacca dello stesso colore.

Natasha ha messo una parrucca nera un vestito da sera e una stola di pelliccia, il suo vecchio armamentario da spia.

-Siamo chiusi.- intima un omone grosso come un armadio bloccandoci la strada davanti al portone d’ingresso.

-Non per me.- replica, ferma, Natasha -Mi manda Symion Borisovitch Kurasov.

            A quel nome l’uomo esita. Fa una rapida chiamata all’interno parlando in una lingua che presumo sia Russo, poi dice.

-Potete entrare

            Natasha dice qualcosa a Ivan nella loro lingua natia poi mi fa cenno di seguirla.

Gli odori del luogo colpiscono le mie narici ipersensibili, tipici di un locale di questo genere: un impasto di sudore e profumi a buon mercato, squallore ben dissimulato. Un uomo si fa avanti, emana diffidenza e falsa cordialità.

-E così, bella signora, ti manda Symion Borisovitch, posso sapere perché?-chiede in Inglese

-Mi chiamo Oksana Mykulaiyevna Petrenko e sono ucraina come te Andriy Dmytrovych.- risponde lei con quello che presumo sia un perfetto accento di Kiev.

            Lei e l’uomo che ha chiamato Andriy Dmytrovych si scambiano veloci battute nella loro lingua, poi Natasha dice:

-Parliamo in Inglese: il mio accompagnatore non parla Russo né tantomeno Ucraino e voglio che capisca quel che ci diciamo. Come ti ho detto, vengo da Chicago dove gestisco un buon giro di ragazze, roba d’alta classe. Ho bisogno di rifornimento e mi hanno detto che per la merce migliore bisogna rivolgersi a te.-

-Te lo ha detto Kurasov?-

-Ha importanza? Se non ti fidi chiama Symion e chiedigli chi sono. Hai il suo numero privato di Mosca non è vero?-

            L’uomo esita. Da come oscilla il suo battito capisco che è indeciso. Da quello che ho capito, Symion Borisovitch Kurasov è il boss della Mafia di Mosca ed è una potenza in tutto il territorio russo e oltre. Non mi piace che Natasha abbia legami così stretti con un boss criminale ma a quanto pare lui ha un debole per lei e la coprirà se necessario.

            Alla fine il suo interlocutore preferisce non approfondire.

-Possiamo parlarne.- dice infine -Dimmi cosa ti serve esattamente ed io posso fartelo avere: praticamente qualunque tipo di ragazza tu voglia.-

-Le hai qui a disposizione?- chiede Natasha.

-Se non ho la ragazza giusta sottomano, posso fartela avere in una settimana.-

-Le fai arrivare dalla madrepatria?-

            Prima che lui possa rispondere, entrano in sala l’armadio che era al portone assieme ad un altro tizio che tenendo per le braccia un altro uomo

            Si rivolge al capo nella sua lingua e non è nulla di buono perché sento il battito di Natasha sobbalzare.

            La capisco perché anch’io ho riconosciuto il prigioniero. Battito e dopobarba non mentono: è Ben Urich.

 

            Non ci posso credere: quello davanti a me, in una perfetta imitazione di un gangster irlandese è Matt Murdock e la donna con lui la riconosco nonostante i capelli neri e vaporosi e il tubino nero in perfetto stile Audrey Hepburn che indossa: è la Vedova Nera. Non devo far capire che li ho riconosciuti. Se sono qui in incognito devono avere una ragione seria, magari la stessa che ho io. Spero di sopravvivere per verificarlo.

            Il padrone del locale mi si avvicina e il suo sguardo non dice nulla di buono.

-I miei uomini mi dicono che stavi facendo il ficcanaso qui in giro. A me non piacciono i ficcanaso.-

-C’è un errore.- cerco di difendermi -Degli amici mi hanno detto che in questo posto c’è da divertirsi e sono venuto a vedere.-

-Fuori dagli orari d’apertura? Non provare a farmi passare per cretino, amico.-

            Mi fruga e mi prende il portafogli. Non ci mette molto a trovare il mio tesserino.

-Ben Urich… Daily Bugle.- borbotta –Sei un zhurnalista, un reporter. Avevo ragione: sei un ficcanaso professionista e sai cosa faccio a chi ficca troppo il naso nei miei affari?-

            Posso immaginarmelo: i mafiosi dei paesi dell’Est Europa non sono famosi per la loro sottigliezza. Potrebbero trovarmi sparso per tutta la città e impiegare mesi per rimettermi insieme. Come faccio a trovarmi sempre in situazioni simili?

            Il tipo, a proposito il suo nome è Andriy Dmytrovych Golovko, urla degli ordini ai suoi uomini che mi trascinano verso il retro del locale… o meglio: ci proverebbero se Matt non si parasse davanti a loro.

-Togliti dai piedi.- gli intima uno dei due uomini.

            Non si accorge nemmeno di essere stato colpito. Si piega in due mugolando.

Il secondo, quello con la stazza di un armadio a tre ante, mi lascia andare e gli sferra un pugno che Matt evita facilmente.

            La Vedova Nera agisce a sua volta rapidamente e sferra un calcio all’inguine dell’uomo più vicino a lei. Il barista estrae da sotto il bancone una doppietta ma la Vedova gli lancia addosso la borsetta che lo colpisce al volto abbattendolo.

            C’è molta confusione adesso. Matt e Natasha si muovono all’unisono con un misto di grazia ed abilità. Se non fosse che rischio anch’io la vita, mi divertirei nel vedere la coreografia che imbastiscono.

            Alla fine i soli rimasti in piedi sono loro due… e il sottoscritto, ovviamente.

-Mi dispiace di avervi rovinato la copertura.- dico a Matt.

-Non potevamo, certo, lasciare che ti uccidessero, Urich.- replica la Vedova.

-Che ci facevi qui, Ben?- mi chiede Matt.

-Mi era stato detto che avrei potuto trovare informazioni su chi aveva fatto espatriare Jill Stacy.- rispondo.

-La stessa cosa che volevamo anche noi.- conferma la Vedova e si avvicina al padrone del locale che si sta faticosamente rialzando. Lo sbatte contro il bancone e si toglie la parrucca rivelando una cascata di capelli rossi.

-Riprendiamo il discorso, Andriy Dmytrovych.- gli dice puntandogli alla fronte uno dei suoi bracciali -Stavolta giochiamo a carte scoperte: io sono la Vedova Nera.-

-La Vedova Nera?- nella voce dell’uomo c’è un evidente timore reverenziale.

-Già e di certo saprai cosa ho fatto a Ivan il Terribile in Russia[14] e al suo scagnozzo Gerasimov qui a New York.[15] Ora pensa a quel che farò a te se non mi dirai quello che voglio sapere. Se conosci la mia fama, sai che non scherzo, quindi dammi retta: parla subito o dopo che avrò finito con te potresti anche rimpiangere che ti abbia lasciato vivo.-

            Vedo Matt irrigidirsi. Immagino si chieda se quello della sua compagna sia un bluff o se davvero intende andare sino in fondo.

            Per nostra fortuna non deve scoprirlo.

 

            L’Agente Speciale dell’F.B.I. Dennis Wells si siede al bancone del bar e ordina un whisky. Con noncuranza depone un giornale sullo sgabello accanto a lui e sorseggia il suo drink. Dopo qualche minuto una donna asiatica dai capelli corti gli passa accanto e con altrettanta noncuranza prende il giornale e si allontana.

            Seduta ad un tavolo vicino, una donna attraente dai capelli rossi e gli occhi verdi e che veste pantaloni attillati, una camicetta scollata e un giubbotto di pelle ha seguito la manovra. Corruga le labbra e si alza per seguire la donna.

            Dakota North è a caccia.

 

 

3.

 

 

            L’uomo lancia il telecomando contro il televisore in preda ad evidente irritazione

-Hanno osato impersonarmi!- esclama -Me, l’unico,il solo, l’inimitabile Jester. Se quell’impostore da due soldi non fosse già morto, lo ucciderei io stesso.-

            Jonathan Powers misura a grandi passi la stanza in cui si trova ed è chiaro che è agitato.

-Qualcuno deve pagare per quest’offesa e so anche come.- dice infine con un sogghigno sulle labbra.

 

            Robert Hao mi afferra il polso e lo stringe con forza.

-È così che agisci, dunque?- esclama con rabbia -Prima fai la carina e poi aspetti che dorma per frugare tra la mia roba. C’è una parola per quelle come te e non è giornalista.-

                Ok, me lo merito, forse, ma mentre mi strappa di mano il suo telefono io non riesco a fare a meno di chiedergli:

-Perche nella rubrica del tuo telefono ci sono i numeri di mio fratello, della sua vice e soprattutto quello di Richard Fisk?-

                Mi lascia andare e mentre mi massaggio il polso compone un numero.

-Sono io.- dice a chiunque ci sia dall’altra parte -Potremmo avere un problema… serio.-

                E visto che il problema sono io, non so se mi piacerà la soluzione.

 

                Natasha è decisamente agitata. Mi avvicino a lei per calmarla. Si lascia stringere senza obiettare.

-Abbiamo fatto dei progressi le dico -Ora ne sappiamo decisamente di più.-

-Ma non basta.- ribatte lei -Golovko era solo un intermediario e non siamo più vicini di prima al vero responsabile.-

-Ma adesso sappiamo chi è dove sta e se ti conosco bene, non ti arrenderai solo perché non è negli Stati Uniti.-

            Sento i suoi muscoli sciogliersi e nella sua voce c’è un tono battagliero mentre risponde:

-Hai ragione: lui si sente al sicuro perché la Giustizia americana non può toccarlo ma non è al sicuro da me.-

-Quando sento quel tono di voce e vedo quel luccichio nei tuoi occhi, zarina, so che sono in arrivo dei guai… magari per noi.- commenta, sarcastico, Ivan.

-Un po’ di ottimismo vecchio mio.- ribatte Natasha e sono certo che sta sorridendo -Non dirmi che a te e a Matt dispiacerebbe un bel viaggetto a Cuba.-

 

 

FINE TERZA PARTE

 

 

QUARTA PARTE

 

 

L’INVESTIGATRICE PRIVATA

 

 

1.

 

 

Dakota North ha seguito la donna che ha preso il giornale dell’agente Wells sino ad un condominio di Manhattan. I due hanno usato un vecchio sistema per scambiare materiale. Evidentemente non volevano lasciare tracce digitali del loro traffico.

Ora deve solo scoprire chi è la donna ed entrare in quel palazzo, due cose non facili ma nemmeno impossibili.

La giovane donna sta ancora riflettendo su cosa fare quando una voce la apostrofa da dietro le sue spalle

-Dakota North? Ho un messaggio per te.-

Il primo pugno la coglie del tutto di sorpresa e lei si ritrova col braccio destro inutilizzabile. Il secondo pugno la sbatte a terra. Nella nebbia rossa che le cala sugli occhi vede un uomo massiccio e vestito di nero il cui volto è coperto da una specie di fazzoletto. Ha un’aria familiare, ma non riesce ad inquadrarlo.

-Non dovevi mettere il naso in affari che non ti riguardano… proprio come tuo padre.- le dice il suo assalitore.,

            Suo padre? Quest’uomo ha a che fare con chi ha tentato di ucciderlo, quindi. Deve…

            Un calcio la coglie in un fianco e le fa saltare una costola. Dakota cerca di afferrare la caviglia del suo assalitore ma non ci riesce e riceve un altro calcio nello sterno. Sente il sapore acre del sangue in bocca. Non è così che pensava che sarebbe finita.

            Improvvisamente il pestaggio si ferma e Dakota ode un urlo:

-Bastardo!-

            Una figura vestita di giallo e verde saetta nell’aria e sferra un calcio al mento dell’aggressore sbattendolo lontano.

-Ti conosco.- dice l’uomo rimettendosi in piedi -Sei l’amichetto della North, Bob Diamond, credi davvero che i tuoi trucchetti del kung fu funzionino come nei tuoi stupidi film d’azione?-

-Amico…- replica Bob Diamond -Tu non sai nemmeno la metà di quel che c’è da sapere di me.

            Gli sferra un secondo colpo e poi un altro ancora evitandone facilmente i pugni.

-Ok… sei più bravo di me, te lo concedo.- ammette l’assalitore -Alla lunga potresti farcela ma per allora la tua ragazza sarà morta.-

            Bob si gira verso Dakota e la sente rantolare. Il suo avversario approfitta della sua distrazione per sferrargli un pugno che avrebbe staccato la testa di chiunque altro, ma il Figlio della Tigre è troppo allenato e reagisce istintivamente cadendo a terra.

            L’assalitore si dà alla fuga. È lento e pesante. Bob potrebbe raggiungerlo facilmente ma deve pensare a Dakota. La raggiunge e si china su di lei. È viva ma conciata male, forse una costola ha perforato il polmone. Deve essere portata in ospedale subito.

            Bob chiama il 911 e mentre attende l’ambulanza si china sulla giovane donna che ultimamente conta molto per lui.

-Non mollare, baby.- le sussurra -Andrà tutto bene, te lo prometto.-

 

            Da che la conosco è la seconda volta che mi ritrovo a visitare Dakota North in una stanza d’ospedale ma stavolta la cosa è molto più seria.

            Bob Diamond ci sta aspettando al pronto soccorso.

-Murdock… Natasha, vi ringrazio di essere venuti.-

-Dakota è un’amica.- rispondo -Sono io che ti ringrazio di avermi avvisato.- faccio una pausa e chiedo -C’è altra gente qui. Li conosco?-

-Ti presento Abe Brown, Lin Sun e Lotus Shinkuko, i miei soci nella palestra Maestro Kee e cari amici.-

            Quelli che chiamano Figli della Tigre, ho sentito parlare di loro.

-Che è successo?- chiede Natasha.

            Bob ci narra dell’aggressione e delle circostanze. Al sentire la descrizione dell’aggressore di Dakota non posso fare a meno di esclamare:

-Bullet! Era sicuramente lui.-

-Ed era una trappola.- commenta Natasha -Sapevano che Dakota stava pedinando quell’agente corrotto e l’hanno portata dove volevano loro.-

            E questo potrebbe spiegare perché hanno fatto evadere Lem Kowalsky assieme a Bullet e gli hanno dato il costume di Jester: doveva servire a tenermi impegnato mentre Bullet faceva il suo sporco di lavoro.

-La vogliono morta.- interviene Abe Brown -E questo vuol dire che ci riproveranno.-

            Giusta osservazione.

-E noi gli tenderemo una trappola a nostra volta.- ribatte Natasha –Gli getteremo un’esca a cui Bullet non saprà resistere.-

            Alle nostre spalle si apre una porta ed un medico esce. Stiamo per sapere come sta Dakota e prego che siano buone notizie.

 

            Robert Hao mi spinge in una stanza e mi toglie la benda che teatralmente mi aveva messo sugli occhi. Quel che vedo mi sconcerta. Nella stanza ci sono: la Vice Procuratrice federale Kathy Malper, il Procuratore Distrettuale ad interim di Manhattan Grace Powell e soprattutto mio fratello Foggy e Bill Hao.

-Lei dovrebbe essere morto!- esclamo.

-Evidentemente non lo sono, Miss Nelson.- risponde lui -Ha diritto ad una spiegazione.-

-Candace…- mi si rivolge Foggy -… quel che saprai qui deve restare riservato.-

-Non ti fidi di me?- ribatto.

-Al contrario: è perché mi fido di te che ho convinto gli altri a farti venire qui. Quello che apprenderai oggi non deve uscire da questa stanza.-

-Sono una giornalista. Dare le notizie è il mio lavoro. Mi chiedi tanto.-

-Lo so, ma nessuno di noi ha scelta. Se rifiuti non potrò che farti trattenere in custodia preventiva come teste indispensabile finché non sarà tutto finito.-

-Questo è… è incostituzionale.-

-Non finché non lo dichiarerà la Corte Suprema. Allora?-

                Non posso che cedere.

-Va bene.- rispondo –Faremo a modo vostro, ma quando sarà tutto finito voglio l’esclusiva.-

-Per me va bene, Miss Nelson .- risponde Bill Hao -Ed ora si prepari ad ascoltare una storia che la interesserà.-

                E bastano poche parole a convincermi che ha ragione.

 

 

2.

 

 

            È stato ad osservarli a lungo: ha visto arrivare la Vedova Nera e il suo amico, l’avvocato cieco e un po’ di poliziotti, facilmente riconoscibili anche in borghese. Non ha visto Devil ma sa che deve esserci o che arriverà presto: è inevitabile.

            Ha visto Murdock andar via assieme alla sua amichetta Russa col suo autista che l’ha aiutata a salire nella Rolls Royce. Bell’ostentazione di ricchezza, ma in fondo che importa a lui?

            Non può aspettare più a lungo, deve fare quello per cui l’hanno pagato e deve farlo adesso col calare del sole.

            Con un’agilità sorprendente per un uomo così massiccio si issa sulla scala antincendio sul retro dell’ospedale e sale per qualche piano per poi introdursi in una stanza vuota. Fin qui è stato tutto facile, pensa e dopo aver aperto la porta che dà sul corridoio si guarda intorno e si dirige agli ascensori.

            Arrivato al piano giusto si muove in un corridoio deserto verso la stanza che sta cercando. Non può sbagliare: è quella con davanti, di guardia, due poliziotti in uniforme.

            Si ferma davanti a loro e dice:

-Sono il Detective Bosch della Squadra Crimini Maggiori. Devo parlare con la vittima.-

-Uhm… devo chiedere conferma al mio tenente.- dice uno degli agenti.

-Tempo perso.- replica il nuovo venuto e sferra un diretto al mento del primo poliziotto stendendolo e poi afferra al collo il secondo che dopo poco si accascia svenuto.

            Non serve ucciderli, pensa l’aggressore, non lo meritano: sono solo bravi ragazzi che fanno il loro dovere.

            Apre la porta della stanza e guarda dentro: la donna dai capelli rossi sembra addormentata. Dalle braccia escono i cavi delle flebo e si ode il sottile ronzio che proviene dalle apparecchiature che monitorano i segni vitali.

            Peccato Dakota North, pensa l’uomo. In fondo mi dispiace ucciderti, ma non posso farci niente: non è nulla di personale, solo lavoro.

            Allunga la grossa mano per spezzare come un fuscello il collo della ragazza ed in quel momento gli occhi verdi della donna si aprono, un sorriso appare sul suo volto mentre con una voce con un vago accento russo dice:

-Sorpresa.-

            E l’uomo chiamato Bullet capisce di essere caduto in una trappola.

 

            Posso immaginarmi l’espressione sul viso di Bullet quando si è reso conto di essere stato giocato. Probabilmente si aspettava una sorta di trappola ma non che Natasha avrebbe preso il posto di Dakota. Abbiamo diffuso un falso bollettino sulle sue condizioni facendole apparire più gravi di quanto non fossero e abbiamo aspettato.

Conosco Bullet: non ama lasciare a metà i lavori che gli affidano e contavo sul fatto che ci sarebbe venuto. Ero meno convinto che la Polizia ci avrebbe lasciato mano libera ma il Commissario Stacy ci deve un grosso favore e non ha fatto obiezioni.

            Entro dalla finestra mentre la Vedova Nera si libera dalle false flebo e salta giù dal letto.

-Devil!- esclama Bullet mentre sento il suo battito saltare -Sapevo che ci saresti stato anche tu ma…- guarda Natasha -La North è quella che è partita con la Rolls assieme all’avvocato. Mi avete fregato.-

-Hai centrato esattamente il punto.- gli dico.

            Non c’è bisogno che sappia che io sono tornato subito indietro nei panni di Devil.

-Ti arrendi pacificamente?- gli chiedo.

-Io spero di no.- interviene Bob Diamond che ha appena aperto la porta della stanza -Non mi piacciono gli uomini grandi e grossi che se la prendono con le donne. Ho voglia di dargli una bella lezione.-

-Anch’io… e per lo stesso motivo.- rincara la dose Natasha.

            Sento il cuore di Bullet pompare furiosamente e il suo respiro è come un mantice. Ha avuto un infarto di recente[16] e di certo sa che non può spingersi oltre certi limiti, ma è furioso e la rabbia è sempre una cattiva consigliera.

            Mi carica come un toro infuriato. Me lo aspettavo e riesco ad attutire il colpo. Ma finiamo ugualmente fuori dalla finestra sul ballatoio della scala antincendio.

-Ti farò a pezzi, fosse l’ultima cosa che faccio.- urla.

            Evito di misura un pugno che avrebbe potuto staccarmi la testa e sento che Natasha gli spara un paio di morsi di vedova ma apparentemente senza esito.

            D’istinto lo proietto sopra la mia testa e lui finisce oltre la ringhiera. Riesco ad afferrargli il polso ma lui è troppo pesante, non lo tratterrò a lungo e si schianterà al suolo.

-Non ne vale la pena, Devil.-sentenzia la Vedova -Lascialo al suo destino.-

-Ne vale sempre la pena.-ribatto -Nessuno muore in mia presenza se posso impedirlo.-

            Natasha sospira mentre Bob Diamond esce sul ballatoio e si unisce a me aiutandomi a tirare su Bullet.

            Il nostro avversario resta in ginocchio ansimando. Non fa più un gesto ostile e si lascia portar via dalla Polizia senza opporre resistenza.

-Sei un sentimentale, Matt.- mi sussurra Natasha senza farsi sentire da Diamond.

-E tu giochi troppo a fare la cinica.- ribatto.

-Io rimpiango solo di non avergli rotto qualche osso.- commenta Bob.

            E questo, immagino, chiude la questione.

 

            Non mi capita spesso di essere riaccompagnata a casa da una scorta di agenti federali. Ripensandoci, l’ultima volta che mi è successo ero in stato di arresto per aver tentato di rendere pubblici dei documenti segreti del Pentagono.[17]

                Ora sono ad un bivio: come giornalista è mio compito diffondere le notizie ma se stavolta lo faccio, persone innocenti potrebbero morire e un’operazione complessa per smantellare un’organizzazione che cerca di sovvertire il Governo potrebbe fallire.

                Si sono fidati di me, come posso tradirli?

-Candace.-

                Sobbalzo istintivamente al suono di quella voce maschile e quando vedo chi è l’intruso non so se rilassarmi o preoccuparmi.

-Tim!- esclamo -Che ci fai qui? Come sei entrato?-

-Ho le chiavi.- risponde Timothy Byrnes, avvocato d’assalto -Me le hai date tu, ricordi?-

                Ma certo: l’ho fatto in un impeto di generosità, diciamo. Ci sono altri miei ex a cui le ho date? Magari una di queste sere mi ritrovo in salotto Richard Fisk… e magari ci spero.

-Perché sei qui?- gli chiedo bruscamente.

-Ero preoccupato per te.-risponde e sembra sincero -Non ti sentivo da un po’ e al giornale non hanno tue notizie da ieri sera, così sono venuto qui per vedere se ti era capitato qualcosa.-

-Beh… grazie per la preoccupazione, ma come vedi, sto bene.-

-E perché sei stata assente così a lungo?-insiste Tim -Stai seguendo qualche pista forse? Qualche scoop in vista?-

                Vuol saperlo per sincera curiosità o è coinvolto nella cospirazione e sospetta qualcosa? O sono troppo paranoica?

-Perché ti interessa saperlo?- replico -Non sei mio marito e nemmeno mio padre.-

-Ma ci tengo a te, davvero.- ribatte.

                Dice sul serio? Forse sono davvero troppo paranoica, ma a volte la paranoia può salvarti la vita.

 

 

3.

 

 

            L’Agente Speciale dell’F.B.I. Dennis Wells viene svegliato bruscamente da una squadra di suoi colleghi dall’aria decisamente ostile e portato in manette sino alla sede newyorkese del Bureau per essere condotto in una sala dove ci sono un bel po’ di pezzi grossi tra cui una donna dai capelli biondi con in testa un berretto da baseball.

-Sono il Vice Procuratore Distrettuale Katherine Malper.- si presenta -Forse ha sentito parlare di me, Agente Wells. A Chinatown sono nota come Dragon Lady e non è un soprannome che mi hanno dato perché sono un tipo tenero coi criminali che perseguo. Lei è nei guai, Wells: corruzione, associazione a delinquere, complicità nel tentato omicidio di un funzionario federale e questi sono i reati federali. Poi ci sono i reati statali, come la complicità nel tentato omicidio di Dakota North per cui la Procura Distrettuale della Contea di New York aspetta solo un nostro segnale per farla a pezzi.-

-Non avete niente contro di me.- ribatte l’Agente.

-Non ne sia così sicuro.- replica con un sogghigno Kathy -In un’altra di queste stanze uno dei suoi complici sta già vuotando il sacco e sta probabilmente scaricando tutte le colpe su di lei, ma se ci aiuta…-

-Se vi aiuto sono un uomo morto.-

-Non è detto. Possiamo proteggerla ma se è così che la pensa… liberatelo.-

-La notizia del suo arresto è già pronta per il notiziario delle 11, la daremo unitamente a quella del suo rilascio grazie alla sua collaborazione.-

-Non può farlo: sarò morto prima di sera.-

-Davvero? E come posso esserne sicura? La scelta è sua, comunque.-

            L’espressione sul volto dell’agente convince Kathy Malper che sta capitolando.

 

            Ovviamente Dakota North ha avuto giorni migliori ma sta decisamente meglio di quanto abbiamo lasciato credere: ha un paio di costole rotte ma fortunatamente nessuna perforazione al polmone. Ci vorrà qualche settimana ma si riprenderà.

            Io e Natasha la troviamo in compagnia di Bob Diamond e le riferiamo le ultime notizie.

-… sembra che l’agente corrotto della Task Force Antiterrorismo abbia deciso di collaborare e dire tutto quello che sa, compreso il suo ruolo nel tentato omicidio di tuo padre.- le dico

-Ne sono felice, Matt.- commenta lei -Devo ringraziare te, la Vedova e Devil per l’aiuto che mi avete dato.-

-Ringrazia soprattutto Bob.- replica Natasha -Se non se te lo fossi portato dietro come guardia del corpo, a quest’ora Bullet ti avrebbe ucciso.-

-Credo che non lo ringrazierò mai abbastanza.- ribatte Dakota.

-E quel Bullet?- chiede Diamond.

-Forse parlerà anche lui, se sa quel che gli conviene.- risponde Natasha.

            Non ne sono così convinto, ma almeno abbiamo dato un altro bel colpo al Consorzio Ombra e spero proprio che sarà il primo di una lunga serie.

 

            Altrove, il leader del Consiglio Ombra fa un gesto di stizza al sentire le ultime notizie.

Non ama essere messo in scacco e qualcuno dovrà pagare per questo e sarà un prezzo molto salato.

 

 

EPILOGO

 

 

            Da queste parti mi chiamano semplicemente padre Gawaine, il gentile parroco di Nostra Signora della Misericordia a Clinton, un tempo meglio conosciuta come Hell’s Kitchen. Non sono pochi nemmeno quelli che si ricordano di me ai tempi in cui ero uno sfidante del titolo dei pesi massimi. Tempi passati: la vocazione ha cambiato la mia vita e non ho rimpianti.

                Sto rientrando in canonica quando mi accorgo che c’è qualcuno in uno dei confessionali, sembra una donna. È un po’ presto, forse, ma non posso trascurare i bisogni spirituali dei miei parrocchiani.

                Entro nel confessionale e mi metto in ascolto.

-Mi benedica, Padre, perché ho peccato.- una voce che non mi è familiare, non è una parrocchiana abituale.

-Siamo tutti peccatori, figliola.- le dico -Ma Dio conosce quel che c’è nei nostri cuori e ci perdona.-

-Dio non può perdonarmi, temo.- risponde la donna mentre il timbro della sua voce cambia lentamente -Io sono un’assassina.-

                Rimango interdetto mentre ancora una volta la voce cambia, come se a parlare fosse un’altra donna ancora, una più cattiva. E le parole che pronuncia sono sferzanti come lo schiocco di una frusta.

-… e ucciderò ancora!-

                Improvvisamente il divisorio in legno prende fuoco. Mi getto fuori e raggiungo un estintore attaccato ad una parete.

                Mentre cerco di spegnere il fuoco, vedo la donna imboccare l’uscita della chiesa e sento la sua risata echeggiare mentre si allontana.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Eccoci giunti alla fine di quest’episodio di lunghezza extra che è quasi tre storie in una e celebra un traguardo a cui sinceramente non credevo che sarei mai arrivato.

            Ma ora un po’ di note.

1)    Da questo episodio la serie assume la denominazione Devil & la Vedova Nera, un riconoscimento al peso che Natasha ha ormai nella serie e un omaggio nostalgico ad un periodo che durò dall’ottobre 1972 al gennaio 1974 ovvero dal n. 92 al n.107 della serie originale, che in quel periodo mutò nome in Daredevil & the Black Widow.

2)    Lem Kowalsky e Belinda Scott sono creazioni del nostro Mr. T (anche se il nome della seconda l’ho scelto io -_^) e sono apparsi per la prima volta su Daredevil MIT #0.

3)    I Figli della Tigre: il bianco Bob Diamond, il nero Abe Brown e il cinese Lin Sun sono personaggi creati da Gerry Conway & Dick Giordano con l’impulso creativo di Roy Thomas e basati indubbiamente sui protagonisti del film “I tre dell’Operazione Drago”. Ad essi,dopo un po’ si aggiunse la giapponese Lotus Shinkuko che fu interesse sentimentale prima di Bob Diamond e poi di Lin Sun. La loro prima apparizione risale alla rivista in bianco e nero “The Deadly Hands of Kung Fu” #1 datata aprile 1974. Attualmente gestiscono una palestra nel Bronx.

Nel prossimo episodio: una vecchia “amica” di Devil torna a farsi viva dopo tanto tempo e la cosa non entusiasma Matt. In più: proseguono le indagini della Vedova Nera nel mondo oscuro della Mafia Russa e del traffico di esseri umani e ritornano alcuni personaggi da tempo ingiustamente dimenticati.

Non mancate.

 

 

Carlo



[1] Nel numero 3 della nostra serie gemella Daredevil del bravo Mr. T.

[2]Nell’episodio #73.

[3] Come raccontato in Iron Fist Vol. 1° #8/10 (In Italia su Marvel Collection, Comic Art, #7).

[4] Nell’episodio #69.

[5] Sempre su Devil #73.

[6] Su Daredevil Vol. 1° #181 (In Italia su Fantastici Quattro, Star Comics, #15).

[7] Vedi ultimo numero.

[8] Nientemeno che sul n. 9 di questa serie. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora. -_^

[9] Sempre nell’i ultimo numero.

[10] Sempre nell’ultimo episodio.

[11] Ladro nella Legge. In Russo.

[12] Nella miniserie MIT “Imported from Russia”.

[13] Ovvero su Uomo Ragno #92 e Devil #74.

[14] In Marvel Knights #60

[15] In Marvel Knights #47.

[16] Nell’episodio #66.

[17] Su Daredevil Vol. 1° #113/114 (In Italia su Devil, Corno, #126 e Uomo Ragno, Corno, #130).*