L'UOMO SENZA PAURA
N° 71
Di Carlo Monni
1.
Ci sono momenti in cui
rimpiango di essere un giornalista investigativo e si potrebbe dire che ne sto
vivendo uno proprio adesso. Non è la prima volta che la mia vita viene
minacciata ma ora non riesco a ricordare un’altra occasione in cui mi sono
sentito più vicino a morire.
Mentre la nera canna di
una pistola è appoggiata direttamente alla mia fronte e, mentre ripenso a come
mi sono cacciato in questo guaio, una voce maschile mi dice:
-Spiacente: niente di personale.-
Mi
chiamo Ben Urich, lavoro per il Daily Bugle e questo potrebbe essere il mio
ultimo articolo.
L’uomo è nudo e legato al lettino metallico
con sbarre di metallo anch’esse.
-Mi sono offerto volontario.- dice l’uomo -Perché queste?-
-Temo di non averle detto una cosa Mr. Krueller…- gli spiega un uomo in
camice da laboratorio -… il trattamento a cui sta per essere sottoposto è molto
doloroso e vogliamo essere sicuri che lei resti fermo durante tutto il tempo
necessario.-
-Cosa?-
-Stia tranquillo… durerà solo pochi secondi… credo.-
L’uomo in camice preme
un bottone e quello sul lettino è inondato di energia… e urla con tutto il
fiato che ha in gola.
Quando
entro in ufficio sembra che tutti si fermino a guardare verso di me. Non posso
vederli ovviamente, sono cieco dopotutto, ma percepisco i loro movimenti grazie
al mio senso radar mentre il mio super olfatto ed il superudito mi avvertono
delle variazioni anche impercettibili nei loro segni vitali. So cosa pensano:
si chiedono come stia reagendo all’aver perso il processo contro Elektra
Natchios, il mio primo amore diventata killer a pagamento.[1] Cosa
potrei dire loro? Che una parte di me è contenta che lei sia libera e che
un’altra si chiede quante altre persone ucciderà da oggi in avanti? Come
potrebbero capire quando nemmeno io sono sicuro di riuscirci?
Il rumore di ruote che scivolano sul pavimento, un
delicato profumo di lavanda, quanto basta per capire chi mi si sta avvicinando
e la voce femminile me lo conferma:
-Matt…-
Becky Blake è una delle persone più coraggiose che
conosca, L’essere stata violentata da un maniaco che le ha anche spezzato la
schiena condannandola alla sedia a rotelle non ha piegato il suo spirito: si è
laureata ed è diventata uno dei migliori avvocati che conosca ed uno dei
migliori soci che avrei potuto sperare di avere.
Le sorrido e replico:
-Va tutto bene… ho solo
perso una causa non è una tragedia.-
-Ne sei sicuro?-
Prima che possa risponderle, sento un altro profumo e riconosco
benissimo chi si sta avvicinando. Dakota North è un’investigatrice privata che
lavora per il mio studio legale. Poco tempo fa abbiamo condiviso un momento di
intimità, poco prima che Natasha Romanoff, la Vedova Nera, rientrasse nella mia
vita. Mi dicono che lei e Natasha si somiglino molto: belle, rosse, occhi
verdi, pelle candida, fisico da modella, carattere duro e determinato. Ironico
perché non è certo sul loro aspetto fisico che posso basarmi nel giudicarle.
-Ciao Dakota.- la saluto
-Come sta tuo padre?-
Stephen J. North, il padre di Dakota, è stato investito
da un pirata della strada qualche giorno fa e forse non è stato un incidente ma
un deliberato tentativo di omicidio magari legato al suo passato come agente
della C.I.A. o al suo presente di agente di collegamento tra quell’agenzia e la
task force congiunta antiterrorismo dell’F.B.I. e del Dipartimento di Polizia
di New York.
-Sta migliorando…
dicono.- mi risponde, cercando di dissimulare la preoccupazione, poi aggiunge
-Mi prenderò qualche giorno: voglio cercare di rintracciare quel… quel verme
che era alla guida dell’auto.-
C’è qualcosa di più, lo sento ma non posso forzarla a
dirmelo, lo farà quando sarà pronta. Mi chiedo solo se non sia collegato ai
motivi per cui tra lei e suo padre i rapporti sembravano essersi rotti. Le
tragedie possono riavvicinare le persone risvegliando sentimenti e sensazioni
che si credevano sepolti per sempre.
-Mr. Murdock...- mi dice
la segretaria, distogliendomi dalle mie riflessioni -… una telefonata per lei.-
-La prendo nel mio
ufficio, grazie.- rispondo, poi mi rivolgo a Dakota -Prenditi pure tutto il
tempo necessario e se ti serve aiuto io… noi siamo qui.-
Mi sono sbilanciato ma ho la sensazione spiacevole che i
guai di Dakota diventeranno presto guai anche miei.
2.
Niente
di personale, ha detto il tipo che mi sta puntando una pistola alla testa, ma
per me è molto personale..., cosa c’è di più personale della propria vita?
Dicono
che mentre stai per morire tutta la tua vita ti passa davanti agli occhi in un
istante. Per quanto mi riguarda, non faccio altro che ripassare continuamente
nella mia mente gli eventi delle ultime ventiquattr’ore. Non che mi aiuti
molto, però.
Siamo in un ristorante
abitualmente frequentato da avvocati e magistrati a metà strada tra il
Tribunale cittadino e quello federale. Normalmente in pochi baderebbero alla
mia presenza ma stasera sento tutti gli occhi dei presenti puntati su di me… o meglio:
sulla mia compagna. Capita quando si esce in compagnia della Vedova Nera.
-Ho preso un po’ di informazioni su quella Cigno Nero Matt…- mi sta dicendo
Natasha -… si dice che la morte di alcuni capi della Yakuza[2] qui e in
Giappone e del boss di un cartello della droga messicano sia opera sua.-
-Capisco che ti secchi che ti sia sfuggita… e che tu possa trovare
strano che sia io a dirti questo…- le dico -… ma dovresti imparare a rilassarti.
Avrai altre occasioni.-
-Quello che mi brucia è che pensavo che in un certo modo lei giocasse
pulito, invece era uno specchietto per le allodole in modo da avere tutti i
testimoni nello stesso posto ed ucciderli tutti insieme. Eppure sono convinta
che lei non lo sapesse.-
-Solidarietà per un’assassina a pagamento?-
-Non fraintendermi Matt: se la dovessi rincontrare non avrei esitazioni
a cercare di fermarla.-
Le stringo la mano e le
sorrido. Meglio godersi questo momento di pace, perché non durerà a lungo.
Arthur Stacy dà un’ultima occhiata al suo
ufficio di Commissario di Polizia al quattordicesimo piano del palazzo noto
come Police Plaza Uno. Se le cose andranno storte, questa sarà l’ultima volta
che lo vedrà, ma non gli resta molta scelta se vuol salvare sua figlia. Saluta
la segretaria come se la sua fosse semplicemente una normalissima partenza per
meritatissime ferie. Prende l’ascensore e scende sino al garage sotterraneo,
dove trova ad attenderlo un uomo leggermente sovrappeso che indossa un
impermeabile che ha visto giorni migliori ed un anacronistico cappello Fedora o
Borsalino che dir si voglia.
-Beh… allora dove si va?- chiede.
-Sei ancora in tempo a tirartene fuori Terenzio.- replica Stacy.
-E sprecare una tonnellata di ferie non godute?- replica sogghignando
il Tenente Terenzio Oliver Rucker -Non se ne parla nemmeno, quindi qual è il
piano?-
-Trovare mia figlia e liberarla a qualunque costo, ecco il piano.-
-Semplice ed essenziale, mi piace… a parte un piccolo particolare: come
facciamo a trovarla?-
-A questo ho già pensato: se tutto va bene, lo sapremo stasera… o
almeno avremo un indizio.-
Una piccola speranza,
Stacy lo sa, ma non gli resta altro… a parte cedere al ricatto dei suoi
misteriosi nemici ma questo non vuole farlo.
3.
Mentre
aspetto che il dito si contragga sul grilletto e che parta il colpo che mi farà
saltare la testa non posso non ripensare a come ho fatto a cacciarmi in questo
pasticcio. Potremmo dire che è tutta colpa della mia innata capacità di
trovarmi nel posto sbagliato. Nulla di nuovo per me, ma vorrei non aver
coinvolto altri nella mia follia.
Troppo
tardi per pentirsi, però.
A volte il destino gioca con le nostre vite in modo
imprevedibile. Me ne sto appostata fuori dalla sede della Procura degli Stati
Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York quando una voce alle mie
spalle dice:
-Candace, cosa ci fai qui?-
Il cuore mi balza
in gola: l’ultima volta che mi è capitata una cosa simile alle mei spalle c’era
un presunto supercriminale.[3] Per mia
fortuna stavolta è solo il mio collega del Daily Bugle Ben Urich.
-Oh, Ben sei tu?- esclamo –Io… io stavo…-
Accidenti, meglio
dirgli tutto dei miei sospetti sulla morte del Procuratore Distrettuale Bill
Hao.
-Candace, sei davvero una ficcanaso professionista.- mi dice infine Ben
-Il che ti rende adattissima al nostro mestiere. Pensi davvero che la Malper
nasconda qualcosa?-
Prima che possa
rispondere, Katherine Malper, Capo della Divisione Penale della Procura
Federale, esce dall’edificio e con la massima naturalezza si dirige verso un
chioschetto di hot dog all’angolo. Non riesce ad arrivarci. Un uomo massiccio
che indossa un impermeabile ed un cappello che gli nasconde i lineamenti la
afferra per un braccio e la trascina verso un furgoncino che sta
sopraggiungendo. Bisogna dire che la Sicurezza prova a reagire e due agenti
puntano le loro pistole verso l’energumeno ma questi emette una risata e con
una manata sbatte una delle guardie contro una colonna ed afferra la seconda
per il collo. Gli dice qualcosa che non capisco e poi lo lascia andare come una
bambola rotta.
Nel frattempo due
uomini sono scesi dal furgone ed hanno afferrato la Malper sbattendola
all’interno seguiti dall’energumeno per poi partire a tutta velocità.
-Ben… dobbiamo seguirli!- esclamo mentre faccio cenno ad un taxi di
fermarsi.
-Cosa? Aspetta!-
Non lo ascolto e
balzo sul taxi gridando:
-Segua quel furgone.-
Ben riesce a salire
appena in tempo mentre dice al cellulare:
-Sono io. Hanno appena rapito Kathy Malper davanti al St. Andrew’s
Plaza. Io e Candace Nelson li stiamo seguendo su un taxi.-
Chiude la comunicazione
e sospira.
-Speriamo di non finire nei guai.- borbotta.
Temo che non sarà facile evitarlo.
Io e Natasha stiamo per uscire dal ristorante
quando sento squillare il mio cellulare, Rispondo e la voce di Ben Urich risuona
preoccupata al mio orecchio:
<< Sono io. Hanno appena rapito Kathy Malper davanti
al St. Andrew’s Plaza. Io e Candace Nelson li stiamo seguendo su un taxi.>>
Riferisco la cosa a
Natasha e subito cerchiamo un posto appartato dove indossare i nostri costumi.
Un attimo dopo, nei panni di Devil e della Vedova Nera, ci lanciamo nell’aria
sostenuti dai nostri rispettivi cavi.
-Li senti Matt?- mi chiede lei.
-Non è facile.- rispondo -Sto provando ad isolare il battito cardiaco e
l’odore di Malper ma è davvero difficile con tutti gli stimoli del traffico e…
aspetta: ce l’ho.-
Raggiungiamo un vicolo
in cui sono parcheggiati un furgone e un taxi… vuoti.-
-Sono stati qui.- affermo -C’erano anche Ben Urich e Candace Nelson.
Devono aver preso anche loro.-
-Ma dove sono finiti?- chiede Natasha -Come possono essere scappati
portandosi dietro degli ostaggi? Non certo a piedi.-
Non le rispondo, non
subito almeno. Mi concentro sugli odori intorno a me e poi dico:
-C’è una sola risposta, temo.-
Posso indovinare una
smorfia di disgusto sul viso della mia compagna mentre replica:
-No… non dirmelo.-
Sorrido ribattendo:
-Pronta ad un viaggetto nelle fogne?-
4.
Istintivamente
chiudo gli occhi e aspetto. Sento il click del cane che si alza. La prossima
cosa che sentirò sarà probabilmente il rumore dello sparo. Con un po’ di fortuna
il dolore durerà poco e poi ci sarà l’oblio.
Se
solo Candace Nelson non fosse finita nei guai insieme a me.
Siamo riusciti a tallonare il furgone sino a che
non ha svoltato un angolo, poi l’abbiamo visto fermo in un vicolo. È allora che
abbiamo fatto il nostro primo vero, errore: ci siamo avvicinati.
Siamo scesi dal
taxi e Ben ha guardato dentro il furgone.
-Vuoto.- ha commentato -Dovevano avere un altro mezzo di fuga. Meglio chiamare
il 911.-
-Io non lo farei, se fossi in lei, Mr. Urich... non se non vuole che il
cervello di Miss Nelson si sparpagli per tutto il vicolo.-
Sono sbucati
all’improvviso: il vicolo si è riempito di uomini armati e vestiti di scuro.
Uno sta tenendo mi ha puntato la canna di una mitraglietta alla testa.
-Cosa volete?- chiede Ben.
-Solo avervi come nostri ospiti per un po’ tutto qui. Ora ci seguirete.-
A parlare è stato
un uomo massiccio i cui occhi sono coperti da occhiali scuri e che sulla testa
porta un cappello.
Non possiamo far
altro che obbedire. L’uomo si avvicina ad un muro e ci appoggia la mano. Subito
si apre una specie di porta.
-Dentro.- ci ordina.
Siamo spinti
dentro: io, Ben e il tassista che protesta terrorizzato. Davanti a noi si
chiude uno sportello ed iniziamo una rapida discesa.
-Un ascensore pneumatico.- commento.
-Complimenti per il suo spirito di osservazione Miss Nelson.- replica il
capo e non capisco se è serio o sarcastico.
-Prima o poi la Polizia o i Federali scopriranno il passaggio segreto.-
aggiungo.
-Probabile, ma per allora non avrà più molta importanza.-
Il modo in cui lo
dice mi fa salire un brivido lungo la schiena. Non è previsto che usciamo vivi
da dovunque ci stiano portando.
L’ascensore si
ferma in quella che sembra una stazione abbandonata della metropolitana ma se
non mi sono sbagliata, siamo molto più basso del tracciato normale.
-Sorpresi?- dice l’uomo in tono divertito -Questo sistema di tunnel fu
creato negli anni 50 quando impazzava la paura di una guerra nucleare. Una
città sotto la città totalmente autosufficiente e completa di un proprio
sistema di trasporto veloce.- indica una monorotaia -Poi la paranoia nucleare
passò e questo posto fu dimenticato. Miliardi di dollari dei contribuenti
gettati letteralmente nel cesso, se mi permettete il paragone. Furono
riscoperti decenni dopo da un tipo speciale di senzatetto. Mutanti dall’aspetto
troppo strano per confondersi con i normali esseri umani.-
-I Morlock.- borbotta Ben.
-Esatto Mr. Urich. Vedo che ne conosce l’esistenza. Mi complimento con
lei: è davvero il bravo giornalista che dicono.-
-Lasci perdere il sarcasmo.-
-Era un complimento sincero. I Morlock erano una vera Corte dei
Miracoli. Sa cos’è Urich?-
-Certo: un’associazione di emarginati, ladri e mendicanti di Parigi del
Medioevo o giù di lì, resa famosa in tutto il mondo da Victor Hugo nel suo
romanzo “Notre Dame de Paris” e dai film che ne sono stati tratti. Mi sorprende
che lo sappia lei.-
-Diciamo che ho passato molto tempo in un posto dove leggere e guardare
la TV erano i soli modi di ingannare il tempo.-
-Capisco. Ora che ci ha detto tutto questo, che ne farete di noi?-
L’uomo fa una
smorfia.
-Temo che la vostra scomparsa diventerà un’altra leggenda newyorkese.-
risponde con voce amara.
-Non mi faccia del male.- piagnucola il tassista -Ho famiglia e…-
Non termina la
frase: una pallottola gli trapassa il cranio e lui cade davanti ai miei piedi.
Il suo sangue schizza sulle mie scarpe ed il vestito. Non posso trattenermi dall’urlare.
Subito dopo l’uomo
appoggia la canna della sua pistola contro la fronte di Ben e gli dice:
-Spiacente: niente di personale.-
Devo ammetterlo: tra me e la Vedova Nera quello
meno entusiasta di scendere nelle fogne sono io: gli odori di quel luogo sono
terribili per il mio olfatto potenziato, ma forse non c’è altro modo.
-Sei sicuro che dobbiamo proprio scendere nelle fogne M… Devil?- mi
chiede Natasha.
-Sono la sotto.- rispondo con sicurezza -Ho captato tracce debolissime
del profumo di Candace e del dopobarba di Ben Urich… assieme ad altri odori
Sono nel sottosuolo non c’è dubbio. Anche se… forse…-
Mi avvicino ad una
parete e comincio a tastarla un centimetro dopo l’altro.
-C’è qualcosa qui.- dico -Sento una specie di ronzio.-
-Io non sento niente.- replica la Vedova.
-Troppo basso per le normali orecchie umane. È una specie di circuito e
se trovo dove si origina… ah… ecco!-
La parete si apre di
colpo.
-Bravissimo.- commenta Natasha -Sembra una specie di ascensore. Devono
averli portati via con quello.-
-Entro io per primo.- affermo -Non si sa mai.-
-Un giorno capirò se sei un cavaliere o solo un dannato maschilista.-
-Sotto questa stoffa rossa c’è un’armatura scintillante, credevo lo
sapessi ormai.-
Lei ride e aziona
l’ascensore. Mentre scendiamo mi arrivano echi di voco, brani di conversazioni,
rumori che non possono che inquietarmi.
-Maledizione!- mi lascio sfuggire -Ci stiamo mettendo troppo. Rischiamo
di arrivare troppo tardi.-
-Tardi per cosa?- chiede la Vedova.
Non faccio a tempo a
risponderle: mentre l’ascensore rallenta si ode chiarissimo l’eco di uno sparo e
una voce che dice:
-Spiacente: niente di personale.-
5.
Attendo
uno sparo che non arriva. Sento qualcosa che sibila nell’aria poi la voce
dell’uomo che stava per uccidermi che si lascia sfuggire un gemito e quindi una
voce che conosco benissimo che proclama:
-Oggi non muore nessuno se io posso impedirlo.-
Riapro
gli occhi e mi lascio sfuggire il primo sorriso della giornata: Devil e la
Vedova Nera sono arrivati appena in tempo come la proverbiale cavalleria.
La Vedova Nera salta evitando i proiettili
che gli “uomini in nero” le sparano. Con l’agilità degna della superba ginnasta
che è, compie ardite capriole mentre dai suoi bracciali spara i micidiali Morsi
di Vedova che abbattono due avversari mentre altri due sono stesi da perfetti
calci al mento.
Per quanto la
situazione sia pericolosa, deve ammettere che questa è la vita che le piace e
non la cambierebbe con nessun’altra. A volte si è trovata a pensare a come
sarebbe stato avere una famiglia, dei figli. Se solo lei e Alexi non fossero
stati vittime delle sporche manovre del loro governo… Oggi il solo uomo con cui
potrebbe pensare di avere dei figli è Matt Murdock ma non è nemmeno sicura di
cosa lui provi realmente per lei. C’è qualcosa di più tra loro di una buona
intesa a letto?
Un click alle sue
spalle la scuote da quelle riflessioni. Si china e quasi senza girarsi vibra un
colpo col taglio della mano al pomo d’Adamo dell’uomo che stava per spararle, abbattendolo.
Gli scagnozzi che sta
affrontando non sono alla sua altezza. Chissà come se la sta cavando Matt?
Recupero
il mio bastone e mi metto tra Ben Urich e l’uomo che stava per sparargli.
-Fila via Ben…- dico al
mio vecchio amico -... tu e Candace filate finché potete.-
-E tu?- replica lui.
-Credi che non sappia
cavarmela?-
In quel momento l’uomo che stava minacciando Ben si
muove. Per la prima volta mi accorgo che c’è qualcosa di strano in lui. Non è
solo la sua stazza: il suo cuore pompa a velocità elevata, i suoi muscoli sono
troppo grossi. Non è un uomo normale. Mi ricorda quel pazzoide di Nuke.[4]
-Devil!- esclama e nella
sua voce c’è un tono quasi soddisfatto -Mi avevano detto che avresti potuto
interferire… e quasi ci speravo.-
Dai movimenti che sta facendo capisco che si sta
togliendo la giacca e la camicia.
-Chi sei?- gli chiedo.
-Puoi chiamarmi Kruel se
proprio ci tieni.-
Kruel? Conosco quel nome, rievoca brutti ricordi…
Glorianna O’Breen che precipita da una finestra ed io che non sono lì per
salvarla…[5] ma
lui non è quel Kruel, ne sono certo.
Evito il suo assalto a mani nude e gli dico:
-Kruel è morto. Chi sei
tu veramente?-
-Sono suo fratello.-
ribatte -E ho abbastanza potere per farti a pezzi.-
Mi salta addosso con velocità inaspettata e mi sbatte a
terra afferrandomi per il collo.
-Ti ucciderò.- proclama.
Le sue dita mi stringono come una morsa. Comincia a
mancarmi il respiro.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Pochissimo da dire su
questo episodio, quindi passiamo a parlare subito del prossimo in cui
apprenderemo di più su Kruel e sapremo il fato di Kathy Malper.
Volete
saperne di più? Leggetelo. -_^
Carlo