L'UOMO SENZA PAURA
N° 53
(PARTE
TERZA)
Di Carlo Monni
1.
Mi
chiamo Ben Urich e sono un giornalista. Il mio compito è raccontare quel che
accade in questa tumultuosa città chiamata New York. Vorrei essere in grado di
dirvi quel che sta accadendo adesso… se solo lo capissi.
Vediamo di fare ordine negli eventi:
un supercriminale che si fa chiamare Mister Fear ha ricattato la Città
chiedendo un dollaro per ogni abitante di New York per non diffondere il suo
gas della paura. Il Sindaco non ha ceduto al ricatto ma Mister Fear si è
comunque presentato all’appuntamento, dove ad attenderlo c’erano Devil e Codice
Blu, la squadra speciale della Polizia per le emergenze superumane, al
completo. È bastato che Mister Fear facesse “Buh” che tutti se la sono fatta
sotto dalla paura. Tutti tranne Devil, che ha resistito almeno per un po’. L’ho
visto avanzare a fatica per poi cadere in ginocchio mentre da lontano si
sentiva l’eco attutita di un’esplosione.
Cosa sta accadendo? Non ne ho idea
ma temo che lo scoprirò presto.
Solo due ore prima l’Agente Speciale del F.B.S.A. Angela Del Toro stava per smontare dal servizio quando aveva ricevuto l’ordine di recarsi nell’ufficio del direttore.
Brontolando un po’ ma in fondo anche curiosa di sapere cosa ci fosse sotto, Angela si era subito recata nell’ufficio di Derek Freeman, dove aveva trovato il suo capo in maniche di camicia e con la cravatta slacciata. Freeman le era simpatico, era un tipo alla mano, del tutto diverso dal suo immediato superiore all’F.B.I. a cui talvolta Angela era stata tentata di dare un pugno sul naso. Freeman era un affascinante afroamericano di una decina di anni più anziano di lei, dal sorriso franco e i modi spicci. In giro si diceva che avesse avuto una storia con la supereroina chiamata Capitan Marvel, oggi nota come Photon, ma Angela badava poco ai pettegolezzi. Doveva ammettere con se stessa, però, di aver fatto qualche pensierino su Freeman ogni tanto, ma sospettava che fosse lo stesso per più di metà del personale femminile.
Cancellò questi pensieri e sperò di non avere un sorriso ebete sulla faccia mentre entrava nell’ufficio.
-Si rilassi Agente Del Toro.- le si rivolse Freeman –L’ho fatta chiamare perché abbiamo ricevuto una soffiata sui possibili nascondigli di Mr. Fear. So che stava per andare a casa, ma mi chiedevo se non le andasse di fare un po’ di straordinario e guidare la squadra che farà irruzione nell’indirizzo di Manhattan.-
Un altro bastardo in costume che usa la paura, pensò Angela, certo che mi piacerebbe essere quella che lo arresterà e nemmeno i soldi in più degli straordinari mi dispiacerebbero in questi tempi di crisi.
-Mi farebbe molto piacere, Signore.- rispose.
Questo era due ore fa, il presente è ben diverso e vede la squadra SWAT del F.B.S.A. irrompere in un magazzino apparentemente vuoto. Su una parete di quello che sembra un laboratorio, c’è una specie di orologio sul cui display a cristalli liquidi scorrono dei numeri:
60… 59… 58… 57
-NO!- urla Angela –Tutti fuori, presto. PRESTO!-
… 56… 55… 54
Il rumore dell’esplosione mi giunge da lontano,
seguito da quello di altre quattro ancora più lontane. Dubito che possano
essere state sentite da un udito normale, ma non posso preoccuparmene adesso.
Lotto contro
l’istinto che mi urla di restare sdraiato, di lasciar andar via Fear, che non
posso batterlo. Le gambe sembrano di piombo ma io stringo i denti e riesco ad
alzarmi.
-Sei davvero un tipo tenace, sai?- mi dice Mister Fear, poi mi sferra
un pugno.
Se fossi del tutto in
me avrei evitato facilmente il colpo, invece lo prendo quasi completamente.
Solo con uno sforzo riesco a restare in piedi.
-Immagino che tu abbia sentito le esplosioni, Devil.- continua Mister
Fear -Proprio mentre parlo, in tutti e cinque i distretti, il gas della paura è
stato appena liberato. Pochi minuti e questa città brucerà sino alle fondamenta.
Tu e tutti quelli che speravano di fermarmi avete fallito… fallito!-
2.
In un piccolo ristorante a conduzione familiare di Little Italy due uomini sono seduti ad un tavolo appartato. Non potrebbero essere più diversi: uno è giovane, forse non ha ancora trent’anni, fisico asciutto, biondo occhi azzurri e vivaci, uno sguardo franco e simpatico, veste un abito color carta zucchero, sull’occhiello della giacca spicca una rosa rossa. L’uomo davanti a lui è molto anziano, più di settant’anni, magro, radi capelli bianchi, piega crudele sulle labbra, occhi socchiusi, indossa un gessato marrone. Accanto a lui, appoggiato su una sedia, un bastone di legno.
-Devo ringraziarla per il buon lavoro, Mr. Slaughter.- dice il giovane –Sapevo di aver fatto bene a affidarmi a lei.-
-Mi sarò anche ritirato dagli affari ma ho ancora delle conoscenze, Fisk…- replica l’anziano -… scoprire l’ubicazione dei rifugi di Mister Fear non è stato facilissimo, ma alla fine ci sono riuscito. Mi chiedevo, però… perché aiutare la Polizia?-
-Gente come Mister Fear è deleteria per gli affari. Alza troppo la tensione, aumenta il livello di allerta delle forze dell’ordine. Meglio eliminarlo dal quadro il prima possibile.-
-Tuo padre apprezzerebbe il tuo modo di ragionare, mi sa.-
Richard Fisk corruga la fronte ed il suo sorriso si spegne un po’ mentre replica:
-Io non sono mio padre… ma qualche volta lui aveva ragione. Quel Federale, North, ci sarà grato e prima che se ne accorga dipenderà dalle nostre informazioni, saprà solo quel che vogliamo che sappia.-
-Vogliamo?- ribatte Eric Slaughter –Tu e chi altro? Jimmy Six? È chiaro che tu sei la mente e lui il braccio.-
-Non sottovaluti Jimmy, lui….-
Richard non finisce la frase. Improvvisamente si ode un forte rombo ed i vetri del ristorante vibrano mentre all’orizzonte si vede un bagliore rossastro.
-Ma cosa sta succedendo- esclama Slaughter.
Immediatamente dopo aver dato ai suoi uomini l’ordine di ritirarsi Angela Del Toro è scattata verso l’uscita. Prega che abbiano abbastanza tempo per farcela. Meno di 50 secondi per uscire ed allontanarsi quanto basta per non restare coinvolti dall’esplosione. Non importa quanto possa sembrare impossibile, devono farcela: nessuno deve morire con lei al comando, nessuno.
Sono fuori e non smettono di correre, cinque passi, dieci, ancora un secondo, un solo secondo e poi…
L’esplosione la assorda, l’onda d’urto la sbatte sul selciato, il calore si diffonde lungo la sua schiena. È così forte, deve averle bruciato i vestiti, la sua schiena deve essere ustionata, deve…
Calma, calma. Non c’è niente che non va, nessun dolore, a parte quello della botta sulla strada, il sudore le ha appiccicato la camicetta alla schiena, ma a parte questo va tutto bene, è viva, va tutto bene.
Con cautela Angela si gira e si rivolge all’agente al suo fianco:
-Brodsky… tutto bene?-
-NON MI TOCCARE!- urla l’uomo –Stai… stai lontana da me…-
Angela lo guarda: viso stravolto, occhi sbarrati, respiro affannato. Non può sbagliarsi: il suo collega è letteralmente terrorizzato.
Non
sono certo di cosa stia accadendo: è come se il tempo si fosse fermato quando
abbiamo udito l’esplosione. Vedo Devil, il mio vecchio amico Matt Murdock, che
tenta disperatamente di rimettersi in piedi, di ignorare la stretta che prova
allo stomaco, di lottare contro l’impulso di correre via, lontano dal parco.
Mister Fear mi nota e mi parla:
-Ah…Mr. Urich, vedo
che è venuto a testimoniare il mio trionfo come le avevo chiesto.-
-Cosa… cosa hai
fatto?- chiedo mentre le parole escono a fatica ed un panico crescente e del
tutto immotivato mi crea un groppo alla gola.
-Cos’ho fatto? Una
cosa molto semplice: cinque magazzini, uno per ciascuno dei cinque distretti,
stipati di contenitori di gas della paura sono esplosi simultaneamente
diffondendo il gas in tutta la città. Purtroppo un po’ di poliziotti e agenti
federali saranno morti nelle esplosioni. Un danno collaterale inevitabile,
temo, e probabilmente neanche tanto grave rispetto a quelli che ci saranno stati
quando arriverà l’alba.-
-Po… liz...
ziotti?-
-Non gliel’ho
detto? Ho fatto in modo che la notizia dell’ubicazione dei miei nascondigli
raggiungesse certe orecchie e che poi fosse riferita alle autorità. Credevano
di potermi incastrare, ma sono io che li ho usati. Entrando nei magazzini hanno
fatto scattare le mie trappole.-
-Bastardo!-
Devil prova a saltargli addosso, ma
è troppo lento e Fear gli sferra una gomitata allo stomaco e Matt si piega su
se stesso.
-Patetico buffone.-
lo insulta, sprezzantemente Fear, poi si rivolge a me –Dunque, Mr. Urich, posso
chiamarla Ben, vero? Dove eravamo rimasti?-
3,
Cosa accade ad una città in preda alla paura? Cosa fanno i cittadini mentre un gas invisibile ed inodore si diffonde per tutti i Cinque Distretti, viene respirato, assimilato da molti se non da tutti? Alcuni crollano semplicemente, si rannicchiano in un angolo ed aspettano, altri collassano perché il loro fisico non sostiene il terrore che li ha colti, altri reagiscono alla paura con la violenza e quelli armati diventano pericolosi.
Dakota North ha pensato che una passeggiata serale l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee ma non ha funzionato come sperava. Camminare per New York di sera non è più pericoloso come una volta, ma in certe zone può ancora esserlo. Questo, però, non interessa all’investigatrice privata dalla chioma rossa, conosce almeno dieci modi diversi di difendersi da eventuali aggressori anche senz’armi ed almeno sette fanno molto male. Quello che le occupa la mente ora è quel che le ha detto Mister Fear quando l’ha sbeffeggiata insinuando che si fosse presa una cotta per Matt Murdock e la cosa la disturba perché potrebbe essere vera. Per tutta la sua vita da adulta Dakota ha evitato relazioni stabili e se e quando sentiva il bisogno di soddisfare certe esigenze si trovava un partner occasionale. Un modo di vivere sul filo del rasoio, forse, ma se non ami nessuno, nessuno può ferirti.
Poi ha conosciuto Matt Murdock, un uomo in gamba, che emana sicurezza Ha superato l’handicap della cecità, è divenuto uno dei più importanti avvocati della Nazione superando ostacoli che avrebbero spezzato uomini più duri, ma sotto il suo sorriso franco c’è qualcosa che Dakota ha subito avvertito chiaramente: un’ombra di tristezza, un dolore che ha imparato a tenere sottopelle. C’è di mezzo la ragazza bionda ritratta sulla foto che Matt tiene sulla scrivania, Dakota ne è certa. Una foto sulla scrivania di un cieco, non è ironico? La ragazza sta tra lui e Franklin Nelson, il Procuratore degli Stati Uniti e la foto deve risalire ad almeno dieci anni prima perché sembrano tutti così giovani e felici.
Basta! Deve toglierselo dalla mente o dare le dimissioni, non ci sono alternative, non può…
Il rumore di un’esplosione la distrae dai suoi pensieri. Cos’era? Veniva da non molto lontano.
Poi, all’improvviso, sente un senso di oppressione al petto, le gambe che tremano, un panico irragionevole perché non giustificato.
Si appoggia ad un lampione e lotta per non cadere a terra. Una parola sfugge dalle sue labbra
-Mamma.-
Lontano, come ovattati le giungono altri rumori che non riesce ad identificare: forse altre esplosioni, spari, urla. Alza gli occhi sentendo un rumore e vede un uomo correre verso di lei, qualcosa scintilla nella sua mano destra.
-Sei una di loro.- urla il nuovo arrivato –Ma non mi farai del male, ti ucciderò prima io.-
Un coltello? Ha un coltello a serramanico e sta per colpirla. In altri momenti Dakota sarebbe scattata e l’avrebbe facilmente disarmato, ma ora riesce solo a dire:
-No, per pietà!-
-Pietà?- urla l’uomo –Cerchi di confondermi ma non ci casco. Lo so che sei una di loro e ti ammazzerò prima che tu lo faccia con me.-
Dakota si copre il volto con le mani e tremando aspetta la coltellata… che non arriva. Sente, invece, una voce con un accento di Harlem che dice:
-Buono fratello, quell’affare può far del male sai?-
-Un altro? Mi libererò di te prima.-
Rumore di qualcosa che si spezza, un breve grido e poi nulla. Dakota si toglie le mani dal viso e vede un gigante nero davanti a lei. Urla.
-Calma ragazza- le si rivolge il gigante.
Dakota urla ancora ed a questo punto l’uomo borbotta:
-Scusa.- e le sferra un manrovescio.
Esita un istante, poi le vibra un altro colpo ed un altro ancora.
-Maledetto.- grida Dakota con rabbia e gli sferra un pugno.
È come colpire un muro di mattoni. La ragazza si tiene la mano dolorante con quella sana e solo quando rialza gli occhi pare riconoscere l’uomo che ha davanti.
-Cage?- esclama con voce ancora incerta.
-In persona, Dakota.- risponde Luke Cage –Non ci vediamo dai tempi di Chicago e che io sia dannato se mi aspettavo di ritrovarti in queste circostanze. Scusa per come ti ho trattato ma mi è sembrato il metodo più veloce per farti uscire dal panico.-
-Il panico sì. È colpa di Mister Fear, deve esserlo. Ha diffuso il suo gas per la città.- guarda di nuovo Cage e si rende conto che indossa solo dei pantaloni ridotti a brandelli. –Ma tu cosa…?-
Cage fa un sogghigno e risponde:
-Ero nel mio ufficio qui a Times Square quando è cominciata questa cosa. Improvvisamente mi è venuto un fortissimo attacco di claustrofobia e riuscivo solo a pensare che dovevo uscire. Mi sono gettato dalla finestra e sono piombato su un’auto. C’è stata un’esplosione e quando mi sono rialzato ero in queste condizioni ma la paura era scomparsa.-
-Sei stato fortunato.- commenta Dakota.
-Merito del mio fisico potenziato e puoi ringraziarlo anche tu o adesso il tuo bel pancino avrebbe un ombelico in più.-
-Troverò il modo di ringraziarti più tardi Luke. Ora c’è altro a cui pensare. Chi è questo tipo e perché mi ha aggredito? Diceva che ero una di loro, loro chi?-
-Il vecchio Eddie? È una specie di istituzione qui, tra la 42° e Broadway. Dice che il Governo gli ha impiantato una trasmittente nel cervello. Di solito è innocuo ma quel gas della paura di cui parli deve averlo spinto oltre il limite.-
–E che accadrà al resto della città?-
Bella domanda, pensa Luke.
Doveva essere una serata in famiglia: lui, Liz e il piccolo Normie. Franklin “Foggy” Nelson aveva lasciato detto al suo ufficio di chiamarlo se ci fossero state novità su Mister Fear, ma sperava che non ce ne sarebbero state. Speranza vana.
Prima c’era stata l’eco di una lontana esplosione, poi le luci si erano spente e Liz Allen Osborn si era alzata si scatto gridando:
-È lui, deve essere lui!-
-Lui chi?- aveva, un po’ ingenuamente, chiesto Foggy.
-Norman… Norman Osborn, Goblin. È venuto per uccidermi e riprendersi suo nipote, ma non glielo permetterò, lo ucciderò prima io.-
Questo era accaduto solo pochi minuti prima e ora… ora Foggy si ritrova a fissare la canna di una pistola lottando contro l’impulso di scappare a gambe levate. Non è mai stato un uomo molto coraggioso ma nonostante questo non può lasciare da sola Liz.
-Ti prego Liz…- le dice sperando che dalla sua voce non trapeli la paura che prova e che sta faticosamente superando –… dammi quella pistola. Non verrà nessun Goblin e tu… tu stai spaventando Normie. Non ricordi cos’ha passato con lo Spaventapasseri? Vuoi turbarlo ancora di più?-
-Normie?- Liz Osborn sembra scuotersi come se si accorgesse solo ora del bambino tremante che piange rannicchiato in un angolo –NORMIE!-
Lascia cadere la pistola e si precipita da suo figlio stringendolo a sé e rassicurandolo.
Allora c’è davvero qualcosa di più forte della paura, pensa Foggy.
Cerco di rialzarmi ma
le gambe mi sembrano di piombo. Mi sembra di non riuscire a pensare. Bell’Uomo
senza Paura che sono: per due volte ho tentato di reagire e per due volte
Mister Fear mi ha umiliato. Non riuscirò a combinare niente se non sgombro
corpo e mente dal gas della paura.
Cerco di mettere in
pratica gli insegnamenti di Stick: rilassarmi, escludere il resto del mondo,
controllare i miei sensi, escludere progressivamente ogni suono, odore, sapore,
disattivare il senso radar, galleggiare in un nulla sensoriale, concentrarmi
sul mio io interno, focalizzarmi sulle cose importanti e nulla ora è più
importante di chi ha bisogno del mio aiuto, un aiuto che io devo dare a
qualunque costo. Non sarò succube del gas di Mister Fear, non più. Non c’è
nulla di male ad avere paura, chi non ha paura è solo un incosciente. Il vero
Uomo senza Paura è chi, pur conoscendo la paura, riesce a dominarla ed a fare
la cosa giusta.
Lentamente, o almeno
così mi sembra, le percezioni ritornano: suoni, odori mi colpiscono assieme
alla consapevolezza di essere libero.
-Fear.- urlo.
Mister Fear si volta
di scatto.
-Ah, Devil, torni alla carica. Devo darti un’altra lezione?-
-Forse te la darò io.- ribatto e gli scaglio contro il mio bastone
colpendolo al mento.
-Sono libero dalla paura.- affermo orgogliosamente –Affrontami se ne
sei capace.-
-Temo di no.- ribatte lui –Credo che opterò per una ritirata
strategica –
Un rumore alle mie
spalle mi avverte appena in tempo che la piattaforma volante di Mister Fear si
sta muovendo. Mi butto a terra evitando che mi travolga e mentre mi rialzo
Mister Fear salta agilmente a bordo.
Il cavo del mio
bastone scatta attaccandosi alla piattaforma che si solleva.
-Non crederai davvero che ti lasci scappare?- dico.
-A dire il vero… sì.- replica Fear.
Dalla sua pistola
esce un raggio che taglia in due il cavo facendomi precipitare.
-Per il momento addio, vecchio nemico.- mi irride –Sono certo che non mancheranno
altre occasioni di rivederci.-
Se non voglio
schiantarmi al suolo ho solo una possibilità: roteo su me stesso, compio un
paio di capriole e piombo nel laghetto. Quando riesco ad emergere, Fear è ormai
lontano. Ci saranno altre occasioni, ha detto. Ci può scommettere.
4.
Il mattino dopo si
contano i danni e New York non ne aveva ricevuti così tanti dall’ultimo
uragano, anzi: dall’ultimo uragano e tempesta di neve messi insieme. Si parlerà
a lungo della lunga notte della paura, della conta dei morti, dei feriti, degli
incendi e di tutto il resto. Leggo su una nota di agenzia che un agente
F.B.S.A. in preda al panico ha rischiato di ammazzare la sua intera squadra.
Per fortuna la sua caposquadra è riuscita a mantenere la calma quanto bastava
per disarmarlo senza danni. Di cosa posso parlare nel mio articolo senza farlo
sembrare trito e ritrito? Forse dell’autore di tutto questo, del mio faccia a
faccia con Mister Fear in persona.
Ci sto riflettendo quando Candace
Nelson corre verso di me con un’espressione preoccupata sulla faccia.
-Ben… sul sito
della WWN.- esclama.
-Cosa?-
Non mi sta neanche ad ascoltare,
smanetta sul mio computer ed apre il sito World Wide News.
-Eccola.- dice.
Pochi
istanti e capisco cosa voleva dire. All’improvviso la prospettiva è cambiata.
Mi chiamo Ben Urich e sono un
giornalista, le notizie sono il mio pane ed ho appena capito qual era il vero
piano di Mister Fear.
Il Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York Franklin Edward Nelson Jr esclama:
-Ne siete sicuri?-
-Più sicuri di così non potremmo essere.- replica Lee Kearns, Vice Direttore in Comando della sede F.B.I. ed il suo omologo del F.B.S.A. Derek Freeman fa un cenno di assenso -Stanotte, mentre l’intera città era sotto l’effetto del gas della paura, un commando ha assaltato la Federal Reserve ed ha portato via lingotti d’oro, obbligazioni, Buoni del Tesoro e denaro per un valore di circa dieci miliardi di dollari.-
Foggy si porta le mani alle tempie.
-Ma come è potuto accadere?- chiede
-Gli uomini del comando erano immuni al gas e le guardie… beh erano troppo spaventate per resistere. C’è voluto del tempo per prendere dal caveau quel che volevano, ma chi li poteva fermare? Poliziotti, Federali, Vigili del Fuoco, supereroi, chiunque fosse per qualunque motivo non fosse stato toccato dal gas era impegnato altrove.- risponde Freeman.
-E non è tutto…- aggiunge Kearns -… in ciascuno degli altri quattro Distretti della città una banca importante è stata rapinata con le stesse modalità.-
Foggy è sconcertato.
-Voi mi state dicendo che tutta questa storia del ricatto e della diffusione del gas della paura è stata studiata da Mister Fear per… per…-
-Per coprire la più grande rapina in banca della storia, sì, è proprio quello che pensiamo.- commenta Freeman.
Foggy scuote la testa sconsolato.
-Immagino che la stampa ne sia già al corrente.- dice.
-Difficile tenere nascosta una cosa simile, non crede?- replica Kearns.
-Forse possiamo sfruttare la cosa. Parlerò con un amico al Bugle. Voi che state facendo per rintracciare Fear ed i suoi complici?-
-Stiamo facendo ricerche congiunte con la Polizia di New York. Anche la Task Force Congiunta Antiterrorismo e quella Anticrimine Organizzato si stanno muovendo.- risponde Freeman –Riteniamo però che i rapinatori siano ormai lontani. Mister Fear sarebbe stato pazzo a rimanere in città.-
-Mr. Freeman, mi creda…- replica Foggy con convinzione -… forse Mr. Fear non è pazzo, ma è assolutamente imprevedibile. Potrebbe essere ancora qui a godersi la nostra impotenza, non mi sorprenderebbe, Trovatelo ad ogni costo.-
-Niente in contrario se mi occupo del coordinamento delle indagini?- chiede il Vice Procuratore Katherine Malper finora rimasta silenziosa.
-Assolutamente nulla.- risponde Foggy –Mi fido di lei, Kathy. Aggiungo solo che se non troviamo Fear alla svelta, le nostre teste sono a rischio. Chissà se il mio vecchio socio mi riprenderebbe nel nostro studio?-
Kathy Malper non ha nulla da dire.
Quando arrivo, nell’ufficio non si parla d’altro
che di quello che è successo la scorsa notte. Se penso che sono stato ad un
passo dal catturare Mister Fear sento il sapore della bile in bocca.
-Matt.-
A parlare è stata
Becky Blake, una delle migliori amministratrici che uno studio legale possa
desiderare ed un avvocato in gamba, che ha saputo superare il non trascurabile
handicap delle gambe paralizzate.
-Stai bene? Hai una faccia terribile stamani.-
-Ho solo dormito male, Becky.- rispondo – Con quel che è successo
stanotte non credo che ci sia da
sorprendersi. A te come è andata?-
-Tutto sommato bene. Ero sola in casa e la paura… beh non ha fatto
molti danni.-
Il rumore di una
porta che si apre e poi si chiude, un delicato profumo femminile, l’odore di
cuoio, il leggero rumore del metallo di una pistola in una fondina ascellare.
Non ho dubbi su chi sta arrivando.
-Buongiorno Dakota.-
-Buongiorno Matt, buongiorno Becky. Lieta di vedere che state bene,-
-E tu?- le chiedo.
-Ho… avuto qualche problema ma… un vecchio amico mi ha dato una mano.
Ho… passato il resto della notte con lui.-
Un lieve sobbalzo del
suo battito, una piccola esitazione, come se non fosse del tutto convinta di
quel che ha detto o fosse imbarazzata, ma perché?
-Ho capito bene?- chiede Dakota –Dietro il casino combinato da Fear
c’era un piano per rapinare la Federal Reserve? Tutto quel caos e le morti solo
per impadronirsi di un po’ di quattrini?-
-Un sacco di quattrini.- puntualizza Becky –Un’operazione cinica,
certo… ma che ti aspetti da un supercriminale?-
Ben detto. Non so
dove può essere adesso, ma sono deciso a scovare Mister Fear a qualunque costo.
5.
Dov’è Mister Fear?
La domanda continua a martellare su ogni media della Nazione. Che fine ha fatto
l’uomo che ha gettato nel panico un’intera città ed ha probabilmente compiuto
la rapina del secolo? Nonostante tutti gli sforzi, le ricerche sono state
finora senza esito.
Nel frattempo accadono altre cose
che attirano l’attenzione dei media: lo Spaventapasseri non sarà processato per
aver rapito quattro bambini.[1]
Un esercito di psichiatri lo ha giudicato incapace di sostenere un processo:
sarà internato in un istituto psichiatrico finché non sarà dichiarato guarito,
il che probabilmente non avverrà mai.
Una serie di attentati culminata in
un assalto al quartier generale dello S.H.I.E.L.D. è stata fortunatamente
sventata ma non è chiaro chi e come abbia bloccato i terroristi. Pare sia
coinvolta una nuova organizzazione di super terroristi tecnologici, come se non
ne avessimo già abbastanza in giro.[2]
L’esplosione del Palazzo del
F.B.S.A. a Washington ha scosso molti. Tra le vittime confermate: Capitan
America, Spirito Libero e Jack Flag.[3]
Candace Nelson è stata alla loro commemorazione al Palazzo dei Vendicatori: ha
detto che è stata una cerimonia sobria e che non le sembrava una finta come
quella faccenda dei Vendicatori Ovest della settimana scorsa.[4]
Le ceneri si erano appena raffreddate che è comparsa una nuova Capitan America,
una donna stavolta, un deciso elemento di rottura rispetto al passato. Candace
e Kat Farrell sono molto eccitate, io scrollo le spalle e torno alle notizie
sperando che almeno una mi stimoli a farci un pezzo sopra.
Ci sono voci su un nuovo boss
criminale in città, si farebbe chiamare Coordinatore, un vecchio alias usato
anni fa dal Dottor Octopus, ma non sembra davvero il suo stile.[5]
Forse vale la pena di approfondire la cosa.
Il mio vecchio amico Devil ha avuto
i suoi problemi con il reality che stanno tentando di girare su di lui ed il
rapimento della sua conduttrice Linda Scott da parte di uno che dice di essere
Jester.[6]
Inevitabile che sia distratto dalla caccia a Mister Fear.
La domanda rimane: dov’è finito il supercriminale
che usa il terrore come arma? La risposta sembra arrivare solo alla fine della
settimana.
Circa una volta alla settimana
io ed il mio ex socio ed amico di una vita Foggy Nelson ci ritroviamo a
pranzo in un ristorantino frequentato abitualmente da avvocati e magistrati
posto a mezza strada tra il Tribunale cittadino e quello federale. Naturalmente
l’argomento di discussione è ancora Mister Fear.
-Ancora nessuna traccia?- chiedo.
-No, Matt.- risponde, amaro, Foggy –Né di lui né del bottino. Nessuno
ha tentato di vendere i lingotti a quanto se ne sa e nemmeno di negoziare i
titoli rubati. Quanto a Fear, potrebbe essere perfino ad uno dei tavoli vicini
a noi per quanto ne sappiamo. In fondo uno dei precedenti Mister Fear non era
un avvocato? Il nostro vecchio compagno di corso Larry Cranston.-
-Cranston è morto.- dico con eccessiva convinzione –E se non lo fosse
e fosse in questo locale, io percepirei la sua presenza anche se fosse
travestito o si fosse fatto una plastica facciale. Fidati, non è qui…
piuttosto… a circa tre tavoli alle mie spalle ci sono il Giudice Arnold e
qualcun altro. Dal dopobarba di lusso e dalla voce stridula direi che si tratta
di Lewis Martinson dello studio Unger & Norton.-
-Sì, sono loro, ma cosa…?-
Affondo la forchetta
sulle uova strapazzate e rispondo:
-Stanno trattando la definizione di un caso di domani. Il giudice
annullerà un certo processo per un vizio di forma ed in cambio si aspetta la
distruzione di certe foto che se fossero diffuse ostacolerebbero la sua nomina
alla Divisione d’Appello.-
-Cosa? Ne sei certo?-
-Ho un superudito, ricordi? Questo è esattamente quel che ho sentito.-
-Corruzione di un giudice, un reato federale. Forse posso mettere
sotto controllo i loro telefoni. Vorranno sapere come ho fatto a saperlo,
citerò una fonte confidenziale. Grazie Matt.-
-Non ho fatto molto.- mi
schermisco -La colpa è di quei due che dovevano scegliere un altro posto per i
loro affari.-
Il cellulare di Foggy
squilla e dopo una breve esitazione lui risponde:
-Sì… cosa c’è?-
La voce dall’altra parte è quella di Kathy Malper
e quel superudito di cui parlavo prima mi permette di sentire qualcosa che
giustifica in pieno la reazione di Foggy:
-COSA?-
Aeroporto internazionale di Toronto, Canada. Anche se ha i capelli bianchi, l’uomo non dimostra più di trent’anni, veste sportivo e sportiva è anche la sacca da viaggio che porta con sé mentre si dirige verso il terminal dei voli per i Caraibi. È ancora in fila quando viene fermato da due uomini vestiti di scuro dai modi garbati ma decisi.
-Mister Alan Fagan?- dice uno dei due.
-Veramente no.- ribatte l’altro –Mi chiamo Lamont Cranston.-
-Molto divertente.- commenta il più anziano dei due –Sono l’Ispettore Claremont RCMP[7]e lui è il sergente Davis. Sappiamo bene chi è lei: Alan Fagan, alias Mister Fear, ricercato per atti di terrorismo e rapina plurima. È in arresto e verrà estradato negli Stati Uniti non appena compiute tutte le formalità.-
Poche ore dopo l’uomo chiamato Alan Fagan attende nella stanza degli interrogatori della locale stazione della RCMP quando entra l’Ispettore Claremont in compagnia di un altro uomo.
-Sono l’U.S. Marshall Sam Gerard.- si presenta questi –Sarò io ad accompagnarla negli Stati Uniti una volta che sarà stata pronunciata la sua estradizione e ci saremo accertati che non abbia su di sé residui del gas della paura. Se fosse intelligente, Mr. Fagan, ci direbbe dove ha nascosto il bottino alleggerendo la sua posizione.
-Anche se volessi farlo, non potrei.- ribatte l’altro –Ammetto di essere Alan Fagan e di essere stato Mister Fear, ma non sono il Mister Fear che cercate. Non torno negli Stati Uniti da almeno due anni: sono innocente.-
-Se è questa la sua linea di difesa, Fagan...- ribatte con evidente scetticismo Gerard -… farà meglio a trovarsi un buon avvocato.-
Alan Fagan fa un largo sorriso quando risponde:
-L’ho già trovato ed è il migliore: si chiama Murdock, Matt Murdock.-
FINE
TERZA PARTE
NOTE
DELL’AUTORE
Pochissime note anche stavolta:
1) Lee
Kearns è un vecchissimo personaggio Marvel, creato da Stan Lee & Jack Kirby
con la collaborazione di Ernie Hart su Tales to Astonish #44 del giugno 1963,
lo stesso racconto in cui faceva il suo debutto Wasp. Kearns, che io ho voluto
mettere alla direzione dell’ufficio F.B.I. di New York, è forse uno dei pochi
amici di Henry Pym al di fuori della comunità dei supereroi.
2) Derek
Freeman, Vice Direttore in comando dell’Ufficio F.B.S.A. di New York è un
personaggio creato da Roger Stern & John Buscema sulle pagine di Avengers
Vol. 1° #263 come integerrimo agente del F.B.I. ed è attualmente nel cast dei
comprimari della serie MIT di Occhio di Falco.
3) Tutti
voi conoscete sicuramente Luke Cage. Lui e Dakota North si sono conosciuti a
Chicago quando entrambi lavoravano per il Chicago Spectator nella sfortunata
serie “Cage” del 1992/1994.
4) A
livello di continuity, i primi 4 capitoli di questa storia si svolgono prima
del paragrafo finale di Daredevil #2. Il capitolo 5, invece, è ambientato dopo
gli eventi di Vendicatori Segreti #10/12, Capitan America MIT #50, Occhio di
Falco #15 e Daredevil #3.
Nel
prossimo episodio: se Alan Fagan è davvero innocente, allora chi è Mister Fear
e dove si nasconde? Devil deve trovare le risposte alla svelta.
Carlo