L'UOMO SENZA PAURA
N° 50
(PARTE
OTTAVA)
Di Carlo Monni
PROLOGO
È un piacere, almeno per una volta, non dovermi preoccupare di
pericolosi nemici e potermi rilassare con tranquillità.
L’occasione è di quelle che non
capitano tutti i giorni: il fidanzamento ufficiale di T’Challa, re dello stato
africano del Wakanda, con l’ex cantante Monica Lynne. Una storia d’amore
contrastata che sembra aver raggiunto il suo giusto epilogo.
Non tutti sono così fortunati: il dolore
per la perdita di Karen Page, uccisa da Bullseye e morta tra le mie braccia, non
mi abbandona mai. Mai stato fortunato con le donne io: mi torna in mente la
povera Heather Glenn, morta suicida o Glorianna O’Breen, uccisa da uno
psicopatico assetato di vendetta. A volte penso che se mi sposassi, mia moglie
sarebbe, come minimo, fatta impazzire da qualche mio nemico in cerca di
rivalsa. Credo che siano pochi quelli nel mio tipo di lavoro, quello in costume
intendo, che non abbiano subito qualche lutto prima o poi. Eppure andiamo
avanti nonostante tutto, ancora convinti che ci sia speranza in questo pazzo,
pazzo mondo.
-Terra a Matt
Murdock. Sei sempre con noi?-
A parlare è stata la mia socia Becky
Blake, una delle donne più coraggiose che conosco: nonostante anni fa un
violentatore seriale l’abbia stuprata e paralizzata, non si è persa d’animo e
si è laureata a pieni voti in giurisprudenza. Ha affrontato il suo handicap
meglio di me, che posso compensare la cecità con i miei altri quattro sensi
superpotenziati ed un senso radar che mi permette di avere una doppia vita come
Devil, l’uomo senza Paura.
-È incredibile,
Matt.- mi sta dicendo Becky.-Trovarmi nel salone delle feste del consolato
Wakandano per la festa di fidanzamento del suo sovrano, io che non sono che una
semplice avvocatessa.-
-Il nostro studio
si occupa degli affari legali del Wakanda negli Stati Uniti da anni, ormai e
T’Challa è divenuto un buon amico col tempo.- rispondo.
-Mi chiedevo…
T’Challa è anche la Pantera Nera, un Vendicatore. Magari qui dentro ci sono
parecchi supereroi, ma senza i loro costumi non li riconosceremmo.-
-Oh, per me non
farebbe gran differenza.- replico tranquillo ed in effetti è così. I miei
supersensi hanno colto la presenza di molti miei colleghi supereroi e molti di
loro sono effettivamente in “borghese”. Ci sono delle eccezioni, ovvio: per
esempio l’inequivocabile presenza di Iron Man facilmente riconoscibile. Sta
parlando a bassa voce con uno che chiama Tony, Tony Stark ovviamente, ma per me
è come se gridasse. Distolgo, l’attenzione. Non sarebbe opportuno origliare una
conversazione privata.
Quello che viene verso di me,
invece, non indossa sicuramente un costume, ma , per quanto ne posso sapere, un
semplice smoking. Non ha importanza: lo riconoscerei comunque.
-Avvocato Murdock,
è un piacere vederla qui. Forse non si ricorda di me: sono Clint Barton, ma lei
mi conosce come Occhio di Falco.-
-L’avevo già
riconosciuta Mr. Barton.- ribatto –Lei ha un dopobarba veramente unico.-
-Oh, grazie… se è
un complimento. Volevo ringraziarla ancora per avermi difeso quando ero
accusato di omicidio.-[1]
-Ho fatto solo il
mio dovere di avvocato. A proposito: ricorda la mia socia Becky Blake, vero?-
-Come potrei
dimenticarla? Sono stato maleducato a non salutarla subito, Miss Blake, mi
perdoni.-
-Non c’è problema
Mr. Barton e grazie per averci messi a parte della sua identità segreta.-
-Oh, non è che ci
tenga molto, in fondo. I miei amici Vendicatori dicono che la rivelo anche
troppo spesso, specie alle belle ragazze… che è poi anche il suo caso. Becky.
Posso chiamarla Becky, vero? Voi potete chiamarmi Clint-
Al fianco di Clint Barton una
ragazza sbuffa dando evidenti segni d’impazienza. Evidenti per me, ma non solo,
temo Il battere impaziente del suo piede sotto il lungo vestito da sera è per
me chiaro come il bussare furioso su una porta. È giovane, 16, al massimo 17
anni. Troppo pochi per essere la sua ragazza. Mi chiedo chi sia per lui e
perché l’ha portata con se.
Quasi mi leggesse nel pensiero Clint ci dice:
-Lasciate che vi
presenti Katherine Bishop, una mia giovane amica. Ho pensato che le facesse
bene vedere un po’ di mondo. Ho dovuto trascinarla a forza, a dire il vero.
Strano a dirsi, visto l’ambiente da cui proviene, non ama molto i party.-
La ragazza non lo sta neanche a sentire.
Si è già dileguata. Mentre si perde tra la folla, la sento chiamare qualcuno di
nome Eli, un coetaneo, spero.
Ricordo di aver letto di una nuova
vigilante in costume chiamata Black Arrow, che ha collaborato con Occhio di Falco
in diverse occasioni. Mi chiedo se non sia lei, la coincidenza sarebbe troppo
forte.
Clint ci lascia per seguirla e Becky
mi dice:
-Simpatico. Un po’
sbruffone, ma affascinante.-
-Non ti sarai presa
una cotta per lui, eh Becky?-
-Ah no: lo sai che
sei l’unico uomo per me, Matt.-
Il suo cuore sobbalza mente dice la
battuta, o almeno spero sia una battuta. Non ho proprio bisogno di
complicazioni sentimentali con colleghi di lavoro, non mentre sto ancora
cercando di capire dove sia finita Debbie Harris in questi giorni e se mi stia
evitando deliberatamente.
-Devo dire che la
presenza di tutti questi supereroi, in incognito o meno, mi rassicura.- Dice
Becky cambiando subito discorso –Chi sarebbe tanto pazzo da combinare qualcosa
qui?-
Becky non ha torto: con i Fantastici
Quattro ed i Vendicatori di entrambe le coste al gran completo, per tacere dei
sistemi di difesa Wakandani, solo un
pazzo totale oserebbe tentare qualcosa, ma ciò non mi rassicura del tutto. Di
pazzi la fuori ce ne sono fin troppi. È di loro che di solito mi occupo quando
indosso un costume rosso.
Natasha Romanoff, la Vedova Nera, osserva in modo apparentemente
distratto Matt Murdock e Clint Barton parlare tra loro.
-Interessata a quel che si dicono i tuoi ex amanti “Tasha?- interviene
l’uomo che quando è senza maschera usa il nome di Paul Dennis, ma i più
conoscono col nome di Paladin –Non dirmi che temi che sparlino di te.-
-Non te lo dico, infatti, Paul.- replica lei prendendo una coppa di
champagne –In ogni caso Matt non mai stato mio amante. Io stavo con Devil.-
-E vuoi dirmi che abitavate nella stessa casa e non avete avuto neanche
un piccolo menage a trois? In un certo senso mi deludi Natasha.-
-Davvero? Buono a sapersi. A dire il vero le cose erano un po’
complicate in quel periodo, ma preferisco non parlarne.-
Anche perché dovrei confessarti che Matt
Murdock è in realtà Devil, pensa Natasha, e non è un segreto che sono libera di
condividere con te, anche se non mi sorprenderei se avessi dei sospetti al
riguardo… e a proposito di sospetti… Natasha si rivolge ancora a Paladin
deviando il discorso da chine pericolose:
-In realtà mi stavo chiedendo chi fosse la ragazzina con Clint. Lui non
mi sembra certo un tipo da lolite.-
.Non dirmi che sei davvero gelosa.- esclama “Paul Dennis” -Una come te
quella se la mangia a colazione. E comunque mi sembra più interessata a quel
giovanotto di colore che ha la sua età.-
-Mi chiedevo solo chi fosse.-
-Oh questo è facile: Kate Bishop, figlia maggiore di Derek ed Eleanor Bishop. Il padre è un facoltoso
finanziere con molteplici interessi, la madre si occupa di beneficenza.
Frequenta la Eleanor Roosevelt High School, ha una sorella di nome Susan.-
-Paul…come diavolo fai a sapere tutte queste cose?-
-Mi tengo sempre informato sui potenziali clienti. Non si sa mai quando
queste informazioni possano tornare utili.-
-Già, sei sempre stato un uomo pragmatico. Quanto alla ragazza, ho
qualche idea sul suo legame con Occhio di Falco, ma non è il momento di
approfondire.-
-Concordo. Non siamo qui per discutere delle attività notturne dei tuoi
ex e dei loro amici, ma per divertirci. Domani ci aspetta una giornata
impegnativa e pericolosa dopotutto,[2]
almeno stasera rilassiamoci. Balliamo: stanno suonando la nostra canzone.-
-“Call me irresponsible” di Michael Buble sarebbe la nostra canzone?-
-Perché no? Io direi che è perfetta per descriverci, non lo credi anche
tu?-
Natasha ride. L’ultima
risata sincera che avrà occasione di fare per molto tempo.
Il felino della Jungla osserva compiaciuto la scena davanti a lui. Non
ci sono nemici da combattere oggi, ma solo amici con cui condividere la sua
gioia e quella di Monica. Stringe la mano di colei che d’ora innanzi è
ufficialmente la sua promessa sposa. È passato tanto tempo dalla prima volta
che le ha chiesto di sposarlo. Killmonger, il Klan, Achebe. Molte cose hanno
cospirato a tenerli lontani in tutto questo tempo e lui non l’avrebbe biasimata
se avesse deciso di sbattergli la porta in faccia, ma non l’ha fatto ed ora è
qui, accanto a lui.
I genitori di Monica sono
un poco discosti, con l’aria imbarazzata di chi si chiede cosa ci facciano due
tranquilli coniugi neri della Georgia in un ambiente del genere. T’Challa
sorride, in fondo li capisce. Neanche lui è troppo portato per queste cose, ma
Monica meritava questo palcoscenico.
Improvvisamente la vede:
Ororo Munroe, Tempesta, leader di una delle squadre di X-Men che ci sono in
giro. È passato molto tempo da quando si sono incontrati l’ultima volta: almeno
un anno, forse più.[3] Se
allora avessero preso altre decisioni ora non sarebbero qui. Forse sarebbero
sposati e magari avrebbero un figlio. Forse in un altro universo è così che è
andata. Ma è inutile pensarci adesso: hanno fatto le loro scelte, inutile
rimuginare su ciò che avrebbe potuto essere.
I loro sguardi si
incrociano e per un lungo attimo T’Challa percepisce che Ororo vuole
avvicinarsi e parlargli, poi la vede rinunciare e voltarsi. Per un attimo pensa
di correrle dietro e dirle qualcosa, poi i suoi occhi vedono Monica che parla
coi genitori e decide di rinunciare. Il passato è passato, pensa, inutile
provare a farlo rivivere. Meglio che sia andata così.
Se avesse potuto sentire
il dialogo tra Tempesta ed il suo accompagnatore, Henry McCoy detto la Bestia,
forse avrebbe cambiato idea… o forse no.
-Non capisco, Ororo, volevi parlare con lui, lo so, perché non l’hai
fatto?-
-E che avrei dovuto digli? Ciao T’Challa: l’ultima volta che ci siamo
visti sono rimasta incinta ma al momento di far nascere il bambino ho scelto di
non farlo venire al mondo perché il nostro figlio nascituro poteva diventare il
distruttore dell’universo.[4]
No Hank, è meglio che non sappia mai, che sia io sola a portare il fardello
delle mie scelte. Oggi come ieri.-
-Se è questo che pensi sia giusto fare, a me va bene.-
-Grazie Hank. Ora non me la sento più di rimanere, vuoi accompagnarmi a
casa?-
-Come desidera mia vezzosa damigella, se vuol porgermi il braccio...-
Henry McCoy si sforza di
fare battute, mentre vede le lacrime scorrere sul volto di Ororo. Certi dolori
non si possono dimenticare, pensa, poi ode un tuono lontano. Sta arrivando la
pioggia, pensa, e si chiede se sia solo un caso.
ATTO
PRIMO
1.
Ha piovuto per due giorni di fila.
Sta capitando spesso ultimamente. In questa città non si è mai sicuri se è
davvero un fenomeno naturale o se c’è di mezzo qualche forza innaturale. Quando
ci avrete lavorato tanto a lungo quanto me, non vi stupirete più di niente In
questo periodo c’è stata un’escalation di violenza nelle strade. Le varie
organizzazioni criminali della città si stanno facendo una guerra senza
esclusioni di colpi. Le Tong cinesi hanno sferrato un’offensiva contro la Mafia
Russa di Brighton Beach ed il capo della Tong dei Jong è stato ucciso da un
killer giapponese che in precedenti occasioni è stato visto combattere con il
Ragno Nero. Non so quale sia il coinvolgimento dell’emulo del mio amico Uomo
Ragno, ma a quanto pare si è lanciato in una campagna personale contro la Tong
e diversamente dal ragnetto tradizionale ha poca pietà. E questo è quanto basta
perché il buon J. Jonah Jameson, il mio impavido editore, mediti un articolo di
fondo con il titolo: “RAGNO NERO: PERICOLO O MINACCIA?” Nulla di molto nuovo
sotto il sole, direbbe qualcuno.
Due giorni fa il ristorante di Morgan a Central Harlem, è stato preso
d’assalto da una gang di Spanish Harlem segno che neanche la mafia nera è fuori
dal gioco di sangue. Mi chiedo chi sarà il prossimo.
Accada quel che accada io sarò in
prima linea. Mi accorgo adesso di non avervi detto il mio nome: mi chiamo Ben
Urich, sono un giornalista ed ho una storia da raccontarvi.
Le storie devono pur cominciare da qualche
parte: questa comincia un mattino in un ufficio al Federal Plaza, dove Lee
Kearns, Vice Direttore in Comando della sede di New York del F.B.I. ha appena
finito di leggere una pratica che gli è stata appena portata.
-Questa roba è dinamite, North.- dice infine rivolto dall’uomo dai
capelli a barba bianchi seduto davanti a lui –Possiamo fidarci? Voglio dire: è
tutto vero? Questo Fisk è attendibile?-
-Sono convinto di si.- risponde Stephen J. North, Sam per i suoi amici
–Ho chiesto ai miei amici della C.I.A. di fare un controllo ed hanno confermato
la parte relativa all’estero. Mi sono permesso di sentire anche un mio amico
dell’Antiterrorismo di Quantico e mi ha confermato che quel gruppo era nel loro
mirino, ma non avevano prove. Non volevo scavalcarla Direttore, ma prima di
venir qui ho preferito approfittare della mia posizione di agente di
collegamento tra i vari servizi per controllare le fonti.-
-Ok, va bene. Mi chiedo solo come uno come Richard Fisk abbia avuto
accesso a queste informazioni.-
-Sospetto che dopo l’incarceramento di suo padre abbia avuto accesso
alle sue fonti di informazioni. Kingpin riusciva sempre a sapere quello che gli
interessava e dopo quel pasticcio con l’Hydra di qualche anno fa,[5]
è stato molto attento anche alle attività dei terroristi sia esterni che
interni. Richard ci ha consegnato questo dossier come prova di buona fede,
dice, ma è pronto a fornircene altri se accettiamo le sue condizioni.-
-Che sarebbero?-
Sam North le illustra
e poi Kearns replica:
-Non mi piace, non mi piace per niente.-
-A volte bisogna fare dei compromessi per un bene più grande.- dice Sam
North.
-Il che non vuol dire che la cosa debba piacermi.- ribadisce Kearns.
Per mia fortuna, non è una cosa che devo decidere io. Chiamerò il Direttore ed
il Procuratore Generale. Che decidano loro.-
Vivo nelle tenebre
da quando ero un adolescente. Posso stimare con precisione l’ora dal calore di
un raggio di sole che mi sfiora il viso, ma mi è negato di vedere l’astro da
cui proviene.
Vivo nelle tenebre in più di un
senso: il buio è il mio elemento e nel buoi sono abituati a muoversi coloro che
cerco abitualmente: il fitto sottobosco della malavita newyorkese.
Il bar di Josie è un abituale
ritrovo di questa variegata gente. Conosco molto bene il mix di odore di fumo,
di cibo, di alcool e sudore di decine di persone stipate in un piccolo spazio e
non dimentichiamo il profumo a buon mercato di Josie… no: non dimentichiamoci
di Josie.
-Devil… esclama
–Per favore, vacci piano: è da tanto che non mi rompono una vetrina.-
-Tranquilla.-
replico –Se tutti faranno i bravi, nessuno si farà male, nemmeno le tue
vetrate.-
Ovviamente i migliori piani non
funzionano mai come dovrebbero. Un paio di idioti si sentono in dovere di tirar
fuori il coltello e la pistola ed io, a mia volta, mi sento costretto ad
insegnar loro l’educazione con le maniere forti. A rimetterci sono soprattutto
un tavolo ed un paio di sedie, oltre alle loro costole, nulla di troppo
irreparabile, in fondo.
Mi accorgo che Turk cerca di
filarsela e lo blocco con il filo del mio bastone che gli si attorciglia ai
piedi. Mentre lo trascino verso di me gli dico:
-Fai il bravo
Turk, ho promesso a Josie che non ci sarebbero state vetrine rotte stavolta.-
-Io non so niente,
Devil.-
-Uh oh, quando
dici così, vuol dire che in realtà sai qualcosa di interessante. Vuoi dirmelo
subito o preferisci che usi davvero le maniere forti?-
Il suo battito fa un balzo in
avanti. Sta valutando cosa fare. Faccia pure, tanto sappiamo entrambi come
andrà a finire.
-Si… si dice che
quel russo… il Prete…- balbetta Turk.
-Il Confessore.
Beh, che sta combinando?-
-Dicono che ha un
bersaglio grosso stavolta: il Sindaco o qualcosa di simile. Si dice anche che
qualcuno ha dato l’ordine di ucciderlo, ma nessuno è tanto fesso da accettare
l’incarico… quell’uomo è dinamite amico.-
-Conosco
personalmente almeno un paio di tizi… e una donna che non avrebbero remore ad
accettare quest’incarico. Ma chi è che paga per far fuori il Confessore?-
-Non… non lo so…
forse il ciccione… Kingpin… Anche da dentro la prigione ha i suoi agganci.-
-Si… può darsi.-
La faccenda si fa confusa e
complicata. Poco importa: stavolta non mi lascerò sfuggire il Confessore a
qualunque costo.
2.
Non parlano bene del
South Bronx, dicono che è un posto dove la vita non vale molto, un luogo dove
la difficile convivenza tra portoricani, italiani, neri e gli altri immigrati
non è altro che un calderone sempre pronto a scoppiare. Uno dei distretti di
Polizia del South Bronx è stato soprannominato Fort Apache perché è come un
fortino in territorio ostile. Ma quello era il passato, vi diranno i residenti.
Da tempo è in atto una riqualificazione del territorio, tuttavia la zona rimane
una delle più povere della città di New York e dove c’è povertà il crimine non
può che trovare terreno fertile.
T’Challa
Figlio di T’Chaka sa molto bene queste cose, per questo è venuto sin qui per
inaugurare una scuola in uno dei luoghi distrutti dai famosi incendi degli anni
70. Un simbolo di rinnovamento che spera possa servire migliorare le cose,
dopotutto un grande viaggio comincia pur sempre con un piccolo passo.
Lo
stridere di gomme è la prima cosa che sente. Un’auto... no due, che corrono a
folle velocità. Spari. Con la rapidità che lo contraddistingue T’Challa scosta
Monica Lynne mentre le pallottole volano sulle loro teste. Subito dopo sente
un’esplosione, come una granata, e poi di nuovo lo stridere delle gomme.
Quando
si alza in piedi il suo volto mostra chiaramente cosa prova.
-Prendili.- gli dice Monica Lynne –Fa quel che
devi fare.-
Che
donna, pensa T’Challa mentre corre dentro la sua auto ed abbandona i panni del
re per assumere quelli del Felino della Jungla.
L’inseguimento
sarebbe senza speranza per chiunque, ma non per lui. Gli odori ed i rumori sono
un faro che lo guida. Correre sopra i tetti gli fa risparmiare strada. Sa di
essere sopra di loro. Salta, le sue mani si afferrano saldamente ad un
lampione, compie una capriola e poi a piedi uniti sfonda il cruscotto della
prima auto. Il veicolo sbanda e piomba contro un idrante, ma già Pantera Nera è
saltato via ed ora è in mezzo alla strada, proprio davanti alla seconda auto.
-Lo prendo in pieno quel bastardo.- grida il
guidatore, un uomo di colore come gli altri in questa e nell’altra auto.
Ancora
una volta muscoli potenziati da una vita di allenamenti e dalle preziose erbe
dei riti della Pantera permettono al Felino della Jungla di saltare pochi
istanti prima dell’impatto. Con una capriola si ritrova sopra l’auto.
Provano
a farlo cadere, ma la sua presa è salda. Da un suo guanto estrae un piccolo
congegno, un minilaser, con cui apre il tettuccio. Gli occupanti gli sparano,
ma ancora una volta lui salta via. Un'altra capriola e ricade sull’auto
colpendo i due che stanno sul sedile posteriore. Con la mano destra neutralizza
l’uomo sul sedile del passeggero mentre con la sinistra afferra la gola del
guidatore.
-Fermati.- gli intima.
-No.- ribatte l’altro –Non mi farai del male,
sei un Vendicatore, non puoi.-
-Non mettermi alla prova e non fare scherzi.
Io posso sopravvivere se quest’auto va fuori strada, ma tu… tu te la caverai
contro un muro di mattoni?-
L’uomo
si decide e frena. Non appena l’auto si ferma, T’Challa salta fuori portandosi
dietro il guidatore preso per la collottola.
-Perché l’hai fatto, uomo?- chiede il gangster
–Tu sei uno di noi, un fratello, perché hai preso le parti di quei fottuti
latinos?-
-Solo perché abbiamo la pelle dello stesso colore,
questo non vuol dire che io sia uno di voi.- replica Pantera Nera, poi getta
l’uomo ai poliziotti che stanno sopraggiungendo.
-Che sta succedendo qui?- chiede ad uno dei
poliziotti.
-Devono essere uomini di Morgan venuti a
vendicare il raid dell’altro giorno contro il loro capo.-[6]
risponde quello –Naturalmente loro non lo ammetteranno e noi non saremo in
grado di provarlo.-
T’Challa
annuisce. Matt gli aveva parlato della guerra di bande che imperversa per la
città, ma lui non ne aveva mai avuto testimonianza con i suoi occhi. Bisogna
porvi fine e lui ora vuol fare la sua parte per riuscirvi.
Quando la porta
del mio ufficio si apre so già che ad entrare sono Willie Lincoln e Dakota
North. Mi sto già abituando al dolce profumo della nuova assistente del mio
investigatore. Mi chiedo cosa l’abbia spinta ad accettare l’incarico. Da quello
che ho sentito di lei, è una vera individualista, cosa può averla spinta a questa decisione? Qualunque
sia stato il motivo sono affari suoi, in fondo, io più di tutti dovrei sapere
il valore della riservatezza, no?
Sento il suo
sguardo su di me. Forse si sta chiedendo come un cieco abbia avuto la capacità
di arrivare tanto in alto e di sopravvivere alla rovina finanziaria. Se sapesse
la vera storia, cosa direbbe? Vorrei solo sapere se quel che prova è
ammirazione o commiserazione.
-Benvenuti.- dico –Immagino che vi stiate
chiedendo perché vi ho fatto venire qui.-
-Hai ricevuto anche tu una telefonata dal
Procuratore Distrettuale.- replica con sicurezza Willie. Non a caso è un
investigatore in gamba.
-Quasi.- rispondo –Mi ha chiamato il
Procuratore degli Stati Uniti e non è una cosa che dovrebbe sorprenderti.-
.Il procuratore Nelson in persona.- commenta
Dakota. –Insolito.-
-Non se pensi che il Nelson della nostra ragione
sociale è… o meglio era lui. Io e Foggy siamo amici da una vita e qualunque sia
il lavoro che facciamo questo non cambierà mai.-
-Troppo giusto. Ti invidio un’amicizia
simile.-
Una
punta di tristezza incrina la sua voce. Potrei essermela immaginata, ma non
credo.
-A quanto pare…- continuo -… siamo stati
convocati ad una specie di riunione.-
-Ma perché noi? Non siamo funzionari pubblici
e men che meno dei pezzi grossi.- chiede Willie.
-Credo che dovremo solo aspettare per
saperlo.- è la mia risposta.
Richard Fisk posa il telefono cellulare, poi
passa il braccio intorno alla vita della giovane donna bionda accanto a lui e
le sorride. Sa che lei non può vederlo, che quegli splendidi occhi color del
cielo sono ciechi, ma non gli importa, non gli è mai importato: è lei quella
veramente importante e sente comunque il suo entusiasmo.
-Ormai ci siamo.- le dice –Tutto quello che abbiamo pianificato da
tanto tempo sta per avverarsi. Dopo stanotte avremo tutto quello che abbiamo
sognato.-
-Tutto quello che tu hai sognato.- replica Cheryl Mondat –Io sono
arrivata dopo, quando tutto era già iniziato.-
-Ma tu sei stata la mia ispirazione. Non so se avrei avuto la forza di
andare avanti senza di te a sostenermi.-
-Quando ci siamo conosciuti non pensavo certo che le cose tra di noi
sarebbero andate in un certo modo. Ero reduce da un matrimonio sfortunato e da
un rapimento. Credevo che non sarei mai tornata a New York… se il Gufo sapesse
che sono qui…-
-Quando lo saprà non avrà più importanza, stai tranquilla.-
Richard si china su di
lei e la bacia. Andrà tutto bene, pensa, non può non andar bene. Deve crederci
o tutto quello che ha fatto sarà stato inutile.
3.
Un giorno di lavoro come tanti altri, eppure
non sono tranquillo. C’è qualcosa nell’aria, come un avviso di tempesta
imminente e non sto parlando di fenomeni atmosferici. Negli ultimi giorni la guerra tra gang che
aveva covato sotto la cenere a lungo sembra essere esplosa in tutta la sua
drammatica violenza. Poliziotti e supereroi “di strada” sono stati molto
occupati. Questa cosa deve finire. Vorrei sapere come, però. Forse quella
strana convocazione nell’ufficio di Foggy è collegata a tutta questa faccenda.
Vorrei proprio che fossimo già ad oggi pomeriggio.
Nel
frattempo non posso non dedicarmi al mio lavoro. Oggi sono di turno nel
consultorio legale gratuito che tengo aperto a Hell’s Kitchen, il mio vecchio
quartiere. La gente da aiutare non manca mai, purtroppo.
L’ultima cliente è
appena uscita, quando ecco entrare una persona che conosco bene. Pop Fenton era
un vecchio amico di mio padre, nonché suo allenatore. Oggi gestisce la Palestra
Fogwell, un luogo molto significativo per me. È stata la seconda casa di mio
padre per tanti anni. Ci veniva ad allenarsi ed anche per sfogare le sue
frustrazioni di una vita amara, una vita spesa perché suo figlio ne avesse una
migliore. Ti ho deluso, papà, oppure sei orgoglioso di me come io lo sono
sempre stato di te? Come lo ero il giorno in cui vincesti il tuo match
decisivo, il giorno in cui una pallottola spezzo il filo della tua vita
determinando anche il corso della mia?
-Ehi Matt, sveglia.- la voce di Pop mi riporta alla realtà –Stavi
sognando ad occhi aperti, figliolo?-
-Più o meno.- confesso facendo un sorriso –Cosa ti porta qui, Pop?-
-La voglia di vedere un vecchio amico. Ti va di farti una pinta di
birra?-
-Non bevo molto, Pop.-
-Un irlandese astemio è ancora più raro di un avvocato sincero.-
Rido.
-D’accordo, Pop, una birra non ha mai fatto male a nessuno.-
Naturalmente c’è
sempre una prima volta per sbagliarsi.
Quello che vedo avviarsi al pub di Al è il mio
vecchio allenatore Pop Fenton, un uomo a cui devo molto, uno che mi ha
sostenuto quando ho messo in gioco la mia vita per non tradire i miei ideali e
pure quando ho deciso di cambiare radicalmente la quella stessa vita che mi era
stata restituita. Quello con lui è Matt Murdock, un altro a cui devo molto più
di quanto una vita possa bastare a ripagare.
-Qualcosa preoccupa Matt, oggi.- interviene Suor Maggie, appena uscita
dal refettorio annesso alla chiesa di cui sono l’umile parroco.
-Come fai a dirlo?- le chiedo –Come puoi capirlo solo guardandolo da lontano.-
Lei sorride, uno
dei suoi famosi sorrisi aperti, prima di rispondere:
-Fidati di me, “Kid” Gawaine, so quel che dico: conosco bene quel
ragazzo. Ho paura che non abbia superato ancora la perdita di Karen Page, ma
c’è dell’altro.-
Non discuto. So
che lei conosce Matt meglio di tutti noi. Non ho mai approfondito il perché,
anche se ho dei sospetti che preferisco tenere per me.
-È uomo buono quello.-
La voce alle mie
spalle mi fa sobbalzare. È il mio nuovo inquilino: un giovane senza memoria a
cui ho permesso di dormire in parrocchia non so nemmeno io perché. Maggie lo ha
chiamato Gabriel, come l’arcangelo, forse per colpa dei capelli biondi e gli
occhi azzurri che sembrano scrutare perfino l’anima.
-Si, ho sempre pensato che lo sia.- rispondo.
-Ha anche lui i suoi lati oscuri, però. Mi chiedo se sarà capace di
vincerli quando sarà il momento.-
Non so cosa dire.
Guardo Maggie, ma anche lei è perplessa.
-Cosa vuoi dire?- chiede preoccupata –Cosa sai di Matt?-
Il giovane sembra
sinceramente sorpreso.
-Io? Niente: è la prima volta che lo vedo: ho detto qualcosa di
sbagliato, forse?-
Vorrei davvero
saperlo.
Un rumore sordo ed una porta che viene
sfondata, poi una voce stentorea che urla:
-Fermi tutti:, F.B.I. Nessuno si muova!-
Gli uomini e donne vestiti con tute arancione e blu non
lo ascoltano ed afferrano le loro armi.
L’Agente Speciale
Philip Corrigan sospira: non voleva questo, pensa, ma non esita a sparare.
Lo scontro a fuoco è
breve e finisce con una resa. Pochi morti, grazie al cielo. Corrigan odia
uccidere, sebbene il suo lavoro l’abbia spesso costretto a farlo.
Questi idioti si
facevano chiamare Phoenix. Vedremo se dopo stanotte risorgeranno dalle loro
ceneri. Se solo le cose fossero sempre così facili.
4.
Chi mi conosce e
mi teme mi chiama il Gufo e sono il Signore del Crimine di questa città. Cerco
di dirigere questo piccolo impero come se fosse un’impresa commerciale: molti
profitti e pochi problemi.
Purtroppo c’è chi non segue questa regola aurea. Ivan il
Terribile, uno dei più potenti boss della Mafia Russa, è deciso ad ampliare il
suo territorio e non gli importa se scatenare il suo superkiller per uccidere
pubblici ufficiali ottiene come
risultato di incattivire l’opinione pubblica
e mette sotto i riflettori le nostre attività, cosa niente affatto
desiderabile. Tentare di ragionare con uno come Ivan non serve a nulla: capisce
un solo linguaggio. Finora sono stato riluttante ad usarlo, ma a quanto pare
non ho scelta. Premo un pulsante sulla mia scrivania ed ecco arrivare il mio
braccio armato: Lonnie Lincoln, noto ai più come Lapide.
-Cosa vi serve, capo?- chiede con la sua
inquietante voce bassa. Nessuno lo direbbe ad una prima occhiata, ma Lapide è
un nero: un nero che ha avuto la sfortuna di nascere albino. La sua pelle color
avorio ed il suo modo di parlare lo rendono già abbastanza inquietante, ma
un’altra sua caratteristica è l’essere semi invulnerabile. Insomma è un
individuo con cui non è affatto piacevole avere a che fare. Del resto, anch’io
lo sono.
-Lascia perdere ogni
altra attività.- gli dico -È ora di porre fine al problema del Confessore in
maniera permanente.-
-E la faccenda di Cage?-[7]
-Aspetterà. Non ho mai
pensato che il cosiddetto Eroe a Pagamento si facesse scoraggiare facilmente,
ma per ora non vale la pena di tentare di eliminarlo permanentemente. Ci
penseremo quando questa storia sarà finita.-
-Bene. Che limite ho nel trattare coi russi?-
-Nessun limite. Hai carta
bianca.-
-Non aspettavo altro.-
Lapide sogghigna e
la sua espressione dà i brividi perfino a me.
In un costosissimo attico nel centro di
Manhattan un uomo biondo e con i capelli tagliati a spazzola riceve una
telefonata.
Ascolta attentamente
quello che gli viene detto. Si permette un sogghigno, commentando:
-Nessun problema.-
La
comunicazione finisce e l’uomo apre un armadio e ne toglie un costume blu.
Una donna dai capelli
biondo-rossicci gli si avvicina.
-Devi andar via di nuovo?- gli chiede.
-Ho un nuovo lavoro da portare a termine.- è la risposta di Bullseye
mentre s’infila il costume –Tranquilla baby, lo sai che ritorno sempre.-
C’è sempre una prima
volta, pensa la donna e forse potrebbe essere proprio questa.
In un luogo molto lontano da New York City, in un carcere federale di
minima sicurezza, un detenuto si dedica ai suoi quotidiani esercizi fisici, ma
la sua mente è altrove.
Le notizie viaggiano
anche in questo posto e lui sa che il momento che aspettava sta arrivando. La
sola cosa che non sa è come si concluderà questa giornata e questo per Wilson
Fisk, che tutti chiamano ancora Kingpin, è intollerabile.
5.
Me ne sto
tranquillo in redazione e controllo le ultime notizie in tempo reale. Il
vecchio J.J.J. odia Internet ed in generale qualunque tipo di notiziario che
non sia stampato. Per lui nulla può sostituire il caro, vecchio, giornale. Ha ragione,
naturalmente, almeno per questo vecchio cavallo di razza, ma non posso negare
che il web sia un ottimo posto per aggiornarsi in tempo reale.
C’è calma, una
calma innaturale ed improvvisa, come se la città stesse tirando il fiato in
attesa dell’arrivo della tempesta del secolo e non è una buona cosa: qualcosa
sta per succedere e temo che ce la ricorderemo per un pezzo.
Sto pensando a
questo quando arriva una notizia da Chinatown e le cose cominciano a farsi
frenetiche.
T’Challa, re di
Wakanda si sta godendo un momento di relax quando il suo cellulare squilla. Non
sono molti ad avere quel numero ed uno di loro è un vecchio amico a cui non può
dire di no.
-Capisco.- risponde –No, non ci sono problemi.
Sarò lì tra mezz’ora.
T’Challa
va all’armadio e ne estrae il costume di Pantera Nera.
-Devi uscire, vedo.- gli si rivolge Monica
Lynne –Immaginavo che quella telefonata portasse guai.
-Una richiesta d’aiuto di un amico. Non posso
tirarmi indietro.- replica lui.
-Immagino che non serva a molto dirti di stare
attento.- gli dice lei.
-Io sto sempre attento, lo sai ed ora più che
mai. Abbiamo un matrimonio da celebrare, ricordi?-
Lei
sorride e replica:
-Lo so e non ti vorrei diverso da come sei.-
Un
rapido bacio e T’Challa si infila la maschera e si prepara ad andarsene
-È proprio sicuro, maestà, di voler
impicciarsi di affari che competono agli americani?- gli chiede il capo della
sicurezza del suo consolato
-Mio caro Omoro.- ribatte T’Challa -Dove
qualcuno è nei guai lì sono i miei affari. Ho promesso aiuto ad un amico e non
rinnego mai le mie promesse.-
-Se così desidera… posso comunque esprimere il
mio dissenso suppongo.-
-Devi esprimerlo o non saresti un buon amico.-
Detto
questo, Pantera Non indugia più a lungo. In pochi attimi si è già lasciato le
accoglienti mura del consolato alle spalle.
Aeroporto Fiorello H. La Guardia. Quello che è
appena sceso da un volo interno non è uno che passa inosservato, non foss’altro
per la sua massa, formata più da muscoli che da grasso. Si fa largo tra la
folla in uscita e non può fare a meno di sorridere.
È stato lontano molto tempo dalla Grande mela,
ma è finalmente arrivato il momento di un rientro alla grande.
Attenta New York,
perché Jimmy Six è di nuovo qui.
ATTO SEC0ONDO
1.
Comincia quasi in sordina: la prima
notizia è che Ragno Nero si sta battendo contro un misterioso cinese per le
strade di Chinatown e che sono coinvolti in qualche modo la Gatta Nera e forse
anche Kraven il Cacciatore,[8]
poi arriva la notizia che c’è una specie di battaglia a Brighton Beach nei
pressi della villa del defunto boss della mafia russa Andrei Gerasimov.
Ho la netta sensazione che le cose
siano solo all’inizio. Mi infilo giacca ed impermeabile e mi avvio verso l’uscita.
-Ben, dove stai
andando?- mi chiede Candace Nelson.
-A caccia di
notizie.-rispondo –Sta per accadere qualcosa di grosso, me lo sento, e voglio
esser in prima linea.-
-Aspettami, vengo
con te.-
E prima che possa dire qualcosa, mi
viene dietro. Nell’ascensore incontriamo Joy Mercado, proveniente dalla
redazione di Now. Ottimo: ho la sensazione che mi servirà una fotografa.
-Hai impegni?.- le
chiedo.
-Stavo giusto
andando a casa.- risponde
-Ci andrai più
tardi. Ho bisogno di una fotografa che non abbia paura di scottarsi le dita-
-Allora sono con
te. Che è successo ai fotografi del Bugle? Hanno tutti fifa?-
-Non ne ho visto
neanche uno in giro. Ora che ci penso, Angela Yin è sparita da ieri.-Non vorrei
che le fosse capitato qualcosa.-[9]
Ho poco tempo per pensarci,
purtroppo: solo per seguire il mio istinto.
Quando arriviamo al Federal Plaza veniamo introdotti in un’ampia sala
riunioni dove sono già in attesa molte persone: riconosco i battiti del mio ex
socio Franklin “Foggy” Nelson, di Kathy
Malper, capo della Divisione Penale della Procura degli Stati Uniti, di Bill
Hao, il Procuratore Distrettuale ad Interim e poi c’è altra gente che non credo
di conoscere, ma la presenza più sorprendente è quella di Deborah Harris, l’ex
moglie di Foggy, nonché la donna con cui esco ultimamente. Era scomparsa negli
ultimi giorni e forse ora capisco il perché.
Dietro le mie spalle
sento Dakota North irrigidirsi di colpo. Qualcosa o qualcuno che ha visto l’ha
colpita
Un agente del F.B.I,
indirizza gentilmente me e Willie verso un paio di poltroncine che avevo già individuato da solo, ma non è
il caso di dirglielo. Sopporta anche senza fiatare la reazione del cane di
Willie quando gli si avvicina. Willie lo calma ed il cane si accuccia in
silenzio.
-Benvenuto Matt.- mi accoglie Foggy –Forse conosci alcuni dei presenti:
Katherine Malper, William Hao, Il Commissario di Polizia Arthur Stacy, Lee
Kearns, al comando della locale sede del F.B.I.
Derek Freeman del F.B.S.A. e… Mr. S.J, North della Task Force anti
terrorismo.-
North, come Dakota? Mi
chiedo…
-Ciao Dakota.- esordisce l’uomo di nome North –Non saluti il tuo
vecchio padre?-
-Credo che aspetterò fuori.- è la sola risposta della ragazza –A quanto
pare sono stata invitata nel posto sbagliato.-
L’imbarazzo di Foggy è
evidente mentre dice:
-Uh… non… non è necessario Miss North. Quello che dobbiamo dire vi
riguarda tutti… quell’indagine che stavate facendo sull’attentato al Radio City
Music Hall… abbiamo trovato prove decisive per incastrare i veri responsabili:
un gruppo interno che mirava a creare il caos per… beh per destabilizzare il
paese, credo. Stiamo procedendo ad indagini su larga scala in questo stesso
momento. Per domattina non ci saranno più pericoli per Willie o per… per Miss
Harris… che negli ultimi giorni è stata in custodia protettiva.-
-Come avete avuto queste prove?- chiede Dakota.
-Ehm…- ancora una volta l’imbarazzo di Foggy è palpabile -… ci sono
state fornite da… da una fonte che abbiamo verificato attentamente. Una fonte
che sta per fornirci materiale scottante per rovesciare l’impero criminale del
Gufo.-
-E chi è questa fonte?- chiedo io.
Dal fondo della sala
qualcuno si schiarisce la gola. È un giovanotto di meno di 30 anni con qualcosa
di familiare. Non l’ho incontrato assieme a Rosalind Sharpe una volta?
Percepisco il suo disagio, ha l’aria di uno che vorrebbe essere altrove, ma ha
poca scelta:
-Mi chiamo Timothy Byrnes,, avvocato Murdock e rappresento gli
interessi di Richard Fisk e della sua Fondazione per l’aiuto alle vittime del
crimine.-
Il figlio di Kingpin.
Comincio a capirne di più.
-Come forse saprete il Gufo ha acquisito molte proprietà del padre del
mio assistito, il cosiddetto Kingpin…- continua Byrnes -… acquisite col ricatto
e l’inganno. Di recente Mr. Fisk è venuto in possesso di documentazione che
prova come molte di quelle proprietà fossero solo paraventi per l’attività
criminale di suo padre, registri ed altro. In più ha acquisito dei documenti e
delle testimonianze che collegano il Gufo alle attività criminali suddette.
Roba che potrebbe mettere in ginocchio le gang per molto tempo.-
-Ed in cambio cosa vorrebbe?- chiedo mentre le idee mi si cominciano a
chiarire sempre di più.
-Nulla di speciale: solo la completa immunità per ogni possibile
attività criminale dovesse essere collegata alla sua persona ed altro ancora.
-Capisco.- ribatto, anche se non sono davvero sicuro di capire –ma cosa
c’entro io?-
-È semplice, Mr. Fisk desidera che sia lei ad occuparsi di tutta la
questione. Lo studio Sharpe & Associati si trova in conflitto d’interessi e
non può seguire la faccenda. Mr. Fisk ha disposto che la documentazione sia
inviata al suo studio ed è sicuro che lei agirà nell’interesse della
giustizia.-
-Si posso crederlo.-
Improvvisamente miei sensi ipersviluppati
percepiscono qualcosa, un rumore leggero, ma sempre più vicino… più vicino.
Il Confessore bacia
una piccola icona, poi prende la mira. Un tiro difficile, la distanza è tanta,
ma non poteva avvicinarsi di più. In questo modo, però, tutti i suoi principali
bersagli saranno colpiti in un’unica volta.
Inquadra la finestra
che cerca nel mirino, calcola un’ultima volta la distanza, accarezza il
grilletto del suo lanciarazzi e spara.
2.
Quando capisco cosa
sta per avvenire mi rendo anche conto che non avrò tempo di fare molto, ma non
posso non agire e al diavolo l’identità
segreta.
-Che c’è Matt?- Foggy conosce il mio segreto ed ha capito che qualcosa
non va. Apro la bocca per parlare ed un attimo dopo vicino a noi scoppia
l’inferno.
L’esplosione è
avvenuta sopra le nostre teste. Calcinacci e pezzi di muro crollano. Sento
l’odore delle fiamme e l’acre sapore del fumo, che per me è più intollerabile
che per altri. Arranco tossendo e riesco ad afferrare il mio bastone, poi una
mano mi spinge e sento la voce di Foggy Nelson che sussurra:
-Va a fare quel che devi fare, Matt. Qui ci pensiamo noi.-
-Grazie socio.-
Scivolo oltre la porta.
Nella confusione nessuno bada a me e mi infilo in uno sgabuzzino. Mi bastano
due minuti e sono già fuori, pronto all’azione come Devil, l’Uomo senza Paura.
Deve essere stata
opera del Confessore. Non so come mai abbia fallito, ma ora non m’importa: lo
troverò e lo fermerò una volta per tutte.
Potreste dire che
ho una certa tendenza a cacciarmi nei guai ed io vi risponderei che preferirei
di gran lunga starne lontano, ma i guai mi trovano lo stesso. Non è del tutto
vero, ovviamente: non puoi fare giornalismo investigativo se non sei disposto a
correre rischi. Oggi il mio fiuto mi ha portato verso la zona del Federal Plaza,
dove alcune delle mie fonti mi dicono che succederà qualcosa di grosso, anche
se non hanno saputo dirmi esattamente cosa.
Il
buon senso mi avrebbe dovuto suggerire di non portarmi dietro la mia praticante
Candace Nelson, ma provate voi a lasciarla a casa. È quando qualcosa esplode sopra
la mia testa che capisco che avrei fatto meglio a restare a casa anch’io.
Il Confessore accarezza il grilletto, una semplice pressione, poi il
colpo parte… ed è in quel momento che qualcosa lo colpisce.
Si volta sorpreso per vedere davanti a
se una figura in tuta bianca
-Spiacente: non ho
tempo da perdere.- dice il Lupo Bianco sparandogli addosso una raffica di dardi
che lo fanno cadere oltre il cornicione del tetto dove si trova.
Nel frattempo da una specie di glider
si è staccata la figura di T’Challa, la Pantera Nera, che osserva un suo
speciale apparecchio attaccarsi al missile appena partito.
Mentre esegue una spettacolare serie di
ardite capriole ed altre manovre per frenare la sua caduta ed atterrare quasi
senza danno sul tetto di una vicina auto, il Felino della Jungla impreca silenziosamente
per non essere arrivato in tempo ad impedire che il colpo partisse. Può solo
sperare che l’assorbitore al vibranio che è riuscito ad agganciare al missile
faccia il suo dovere e che il giroscopio che vi è inserito riesca a deviarne la
rotta quanto basta. Non è riuscito a far di meglio nel poco tempo che ha avuto
a disposizione purtroppo. Può solo sperare che sia servito a qualcosa e che
Matt ed i suoi amici se la siano cavata. Da quel che riesce a vedere, i danni
al palazzo sono stati limitati per fortuna. Sarebbe andata molto peggio se non
fosse intervenuto, ma non lo trova di grande conforto mentre ode le urla di
panico.
Non c’è traccia del Confessore a terra:
che abbia trovato anche lui il modo di salvarsi dalla caduta?
-Un dannato supereroe a romperci le scatole.-
La voce è bassa, ma il tono è
inequivocabile. Appartiene a Lapide, il braccio destro del Gufo, il suo
risolutore di problemi, per usare un eufemismo. È accompagnato da un bel po’ di
gente pesantemente armata.
-Voglio quel dannato russo e lo voglio morto.- proclama Lapide –E
avrò morto chiunque si metta sulla mia strada.-
T’Challa sospira: lo sapeva che non
sarebbe stato facile, ma non si è mai sottratto ai suoi doveri e non lo farà
adesso.
3.
Quando finalmente
esco dal palazzo faccio fatica ad orientarmi nella babele di suoni ed odori che
mi assalgono da ogni dove. Devo fare uno sforzo per isolare la traccia del Confessore,
ma finalmente ci riesco. È bravo a confondersi con le ombre, a muoversi senza
essere visto, ma con me serve a poco. Non ho bisogno della vista per
rintracciarlo e finché il suo cuore batte, finché continua a respirare non può
sfuggirmi. Sta andando verso il Federal Plaza. Quel disgraziato è deciso a
finire il lavoro a tutti i costi, pare. Una simile determinazione al servizio
di una causa ingiusta è davvero uno spreco, ma non ho tempo di pensare a
questo: devo fermarlo a qualunque costo.
L’ultima cosa che Franklin Nelson si aspettava
nella vita era di aiutare la sua ex moglie Debbie ad evacuare da un palazzo
governativo sotto attacco. Un tempo era stato cotto di Debbie, ma poi qualcosa
si era rotto tra loro, non avrebbe mai capito bene cosa, e Debbie l’aveva
tradito, il divorzio era stato amaro, ma quei tempi sono passati ormai ed ora
lei si sta stringendo al suo braccio come una volta.
Alle sue spalle Arthur
Stacy ha preso il controllo della situazione. Niente di strano: quell’uomo è
stato un poliziotto, un investigatore privato, un esperto di sicurezza ed anche
se ora è il Commissario della Polizia, non ha perso l’abitudine di reagire alle
emergenze. In pugno stringe la sua fidata pistola e si guarda attentamente
intorno, ma ciò non basta a prevenire quel che accade in quel momento, quando
qualcosa esplode davanti a loro.
-Cosa?- esclama Foggy.
Stacy non ha il tempo di reagire:
qualcosa lo colpisce alla testa e lui cade a terra.
Bill Hao, il Procuratore Distrettuale di Manhattan, si mette sulla
difensiva. È un esperto di arti marziali. Una volta ha tenuto testa perfino a
Iron Fist.[10]
Non gli serve a molto: il suo assalitore lo colpisce con insospettabile
rapidità e Hao si ritrova a fissare la canna di una pistola in quelli che
potrebbero essere i suoi ultimi secondi di vita.
Il Felino della
Jungla sorride sotto la maschera.
-Lonnie Lincoln, detto lapide.- dice –Ho
sentito dire che Luke Cage te le ha suonate ultimamente.-[11]
-Questione di
opinioni.- ribatte Lapide –Per come la vedo io: sono io che le ho suonate a lui. Sono quello che
si è rialzato per primo.-
-Questione di opinioni, appunto. Da quel che
so sei un killer a pagamento… ma se vuoi uccidere qualcuno oggi, dovrai
vedertela con me.-
-So che sei in
gamba signor Grande Capo di una ricca nazione africana, ma davvero pensi di
poter battere me ed il mio piccolo esercito tutto da solo?-
Una
figura bianca che indossa un costume che ricorda quello di T’Challa piomba
improvvisamente al fianco di T’Challa, saltando da un punto sopra di loro.
-Chi ha detto che è solo?-
-E tu chi saresti?
Sembri Pantera Nera dopo un lavaggio con una dose eccessiva di sbiancante.- commenta, ironico,
Lapide.
-Senti chi parla.- ribatte il nuovo venuto
–Comunque, se ti serve un nome, puoi chiamarmi Lupo Bianco. Sono il fratello
cattivo di Pantera Nera.-
-E morirai con
lui.-
-Questo lo vedremo.-
Lo
scatto di un’arma pronta a sparare è il segnale per T’Challa ed il Lupo Bianco:
un attimo dopo si scatena una frenesia d’azione.
4.
Il mio bastone vola
nell’aria e colpisce la pistola del Confessore strappandogliela di mano per poi
tornare da me.
Dalle labbra del mio
nemico esce qualcosa che immagino possa essere un’imprecazione russa o forse,
visto il tipo, una qualche invocazione. Non m’importa molto in fondo. Quel che
importa adesso è mettere in salvo le possibili vittime e chiudere i conti una
volta per tutte.
-Scappate finché lo tengo occupato!-
-Devil? Che ci fai qui?-
Riconosco la voce di
Dakota North e subito dopo quella di Foggy:
-Lo lasci fare, Miss North. Sa quel che fa. Mi dia una mano a far
uscire suo padre e Stacy piuttosto.-
Li sento correre lungo
il corridoio e poi mi rivolgo al mio avversario.
-Ora tocca a noi due, finalmente.-
Non replica: è un tipo
di poche parole. Mi lancia contro qualcosa, un pugnale, che evito facilmente,
poi ci riprova.
Se non mi fossi
documentato su di lui riderei: è un rosario. Mi si avvolge al polso, ma io
scatto e con una torsione me ne libro poco prima che i grani esplodano.
L’esplosione mi sbilancia e lo sento avvicinarsi. A giudicare dall’eco che
sento, ha trovato da qualche parte un fucile e me lo sta puntando contro. Ho
pochi istanti per agire. Nello stesso momento in cui mi preparo a sferrargli un calcio, qualcosa
di metallico attraversa l’aria con un sibilo e si conficca nella schiena del
Confessore che crolla a terra con un grido. Shuriken? Vorrei sperare in
Elektra, ma il battito cardiaco, l’immagine rimandatami dal mio senso radar e
la voce che sento mi dicono tutt’altro.
-Non avrai pensato che lasciassi davvero a qualcun altro il piacere di
ucciderti, vero?-
Bullseye. Ora il
quadro è completo.
Sono arrivati in fondo al corridoio e da lì
fino al piano terra. Si trovano davanti
una specie di zona di guerra. Con spari, fumo e qualche incendio.
La giovane detective
privata di nome Dakota North si rivolge al padre, che si siede in una
poltroncina dell’atrio:
-Stai bene?-
-Abbastanza, stai tranquilla.- risponde Sam North non risparmiandosi,
però, qualche colpo di tosse –Grazie della preoccupazione.-
-Farei lo stesso per chiunque.-
Poco distante Arthur
Stacy si sta massaggiando la testa e contemporaneamente parla in modo concitato
al telefonino
-Sono Stacy. Qui sta succedendo l’inferno. Dove sono le Unità
d’Emergenza?-
<<Stanno arrivando signore.>> risponde al voce all’altro
capo del filo.
-Se non arrivano in tenuta antiguerriglia entro cinque minuti, può
prepararsi a dirigere il traffico all’incrocio di Times Square domattina, ci
siamo capiti?-
Stacy non aspetta nemmeno
una risposta e si rivolge a Derek
Freeman.
-Ha con se una pistola di riserva, immagino.- chiede.
-Certo.- risponde l’uomo ancora un po’ disorientato –Ma…-
-Niente ma. Me la dia. Portare in salvo i civili era la prima priorità,
ma adesso niente mi impedirà di tornare di sopra. Non lascerò un vigilante in costume
a fare un lavoro da poliziotto.-
Freeman estrae una
pistola da una fondina fissata alla caviglia destra e la porge a Stacy.
-Vengo con lei.-
-Anch’io.- aggiunge Lee Kearns del F.B.I.
I tre uomini si
precipitano per le scale e dietro di loro Kathy Malper mormora:
-Forse anch’io dovrei…-
-Cosa? Andare a farsi ammazzare?- la redarguisce Foggy –Conosco la sua
ammirazione per Devil, ma stia tranquilla: sa cavarsela benissimo anche da
solo.
O almeno è quello che
spera.
Due uomini soli
contro una trentina di gangsters armati sino ai denti. Sembrerebbe una battaglia
impari, ma se i due sono Pantera Nera ed il Lupo Bianco, non è chiaro per chi
lo sia.
-Conosci questo buffone albino?- chiede il
Lupo Bianco schiena contro schiena con T’Challa.
-Si fa chiamare Lapide.- risponde il Felino della
Jungla –Dicono che sia uno dei migliori killer professionisti d’America.-
-Il migliore,
prego.- ribatte lapide con un sogghigno –E quando avrò
eliminato voi due la mia reputazione crescerà ancora di più.-
-Ti vanti troppo.- replica Hunter, figlio
adottivo di T’Chaka –Per quello che mi riguarda la sola lapide che si ricorderà
sarà quella sotto cui sarai sepolto.-
Per
i due avventurieri in costume comincia una sarabanda di colpi. Il Lupo Bianco è
parzialmente protetto dal tessuto di vibranio nel suo costume, che smorza
l’impatto dei proiettili, ma sta comunque ben attento a non farsi colpire . T’Challa
porta, invece, lo scontro direttamente contro Lapide.
-Il Gufo ha commesso un grosso errore a
mandarti qui.- dice –Ed un errore maggiore l’hai commesso tu a scatenare una
piccola guerra per uccidere un solo uomo.-
-Se stai fermo un
attimo, ucciderò te innanzitutto.-
-Allora provaci.-
Pantera
Nera si ferma davanti a Lapide che gli sferra un pugno, mancandolo.
-Avanti, sai fare certo di meglio.-
Un
altro colpo, un’altra schivata. T’Challa potrebbe anche divertirsi, se la cosa
non fosse mortalmente seria. Sente le grida per strada , le sirene in
avvicinamento. Spicca un salto e ricadendo afferra il collo di Lapide in una
morsa tra le sue gambe trascinandolo a terra.
-Ci vuol altro per
farmi del male.- dice
Lapide rialzandosi.
-Lo so.- replica Pantera
Nera, poi estrae qualcosa dalla cintura –Non vado mai in battaglia impreparato
ed un avversario seminvulnerabile come te era una concreta possibilità.-
Getta contro lapide una capsula.
-Gas.- spiega –Per
quanto tu sia forte, devi comunque respirare. Si tratta solo di vedere quanto a
lungo puoi resistere.
-Tu maledetto…-
Lapide cerca di
afferrare T’Challa al collo, ma il Felino della Jungla evita agilmente la presa
e sbatte l’avversario al suolo. Dopo un breve annaspare lapide cessa di muoversi.
5.
Guardo il disastro che sta diventando
questa giornata e mi mordo le labbra. Lapide avrebbe dovuto usare le maniere
forti coi Russi e non scatenare una guerra nei pressi del Federal Plaza. Avrei
dovuto immaginare che la sua voglia di rivalsa sul Confessore avrebbe avuto la
meglio alla fine.
Posso solo sperare di non uscirne con
le ossa troppo rotte.
Bullseye ed io siamo
avversari da che ci conosciamo. Forse dipende dal fatto che per molti versi
siamo la versione distorta l’uno dell’altro. Non lo so e non m’interessa.
Quel che so è che ha
ucciso la donna che amavo, la donna che ho amato di più nella mia vita e non
pagherà mai abbastanza per questo.
Avrebbe potuto uccidermi
facilmente ma aspetta che mi sia alzato.
-Che aspetti, avvocato?-mi stuzzica ricordandomi che conosce la mia
identità segreta –Lo sappiamo tutti che stai aspettando una buona occasione per
spezzarmi le ossa… ancora.-
Salto verso di lui, ma
mi evita facilmente,
-Avanti… lo sappiamo entrambi che sei più in gamba di così.-
Ci studiamo
reciprocamente ed intanto chiedo:
-Chi ti ha pagato far fuori il Confessore?-
Bullseye ridacchia
-Andiamo… lo sai che sono un professionista serio: ho il segreto
professionale, proprio come te.-
Si china a prendere
qualcosa: un pezzo di calcinaccio che riesco a malapena ad evitare. Ogni cosa
può diventare un’arma letale nelle sue mani, non devo dimenticarlo. Per questo
non oso tentare di colpirlo col mio bastone: potrebbe impadronirsene ed usarlo contro
di me.
Provo a saltare contro
di lui, ma è veloce a scansarsi, tenta di colpirmi a pugni uniti, ma lo evito.
-Non sei granché nel combattimento a mani nude,pare.- gli dico.
Non si disturba a
rispondermi. Estrae uno shuriken dalla cintura e me lo lancia contro.
Istintivamente uso il bastone per ribatterlo indietro, ma lui lo evita.
-begli affari, sai?- dice lui –Un giorno di questi dovrei ringraziare
la tua amica Elektra per avermeli fatti scoprire… magari prima di ucciderla ancora.
Brutto vizio il suo, non restare morta, non come l’altra tua ragazza, com’è che
si chiamava?-
-Karen.- ringhio –Si chiamava Karen, maledetto assassino.-
Gli salto addosso e
solo dopo capisco che era quello che si aspettava che facessi.
La rabbia mi ha reso
cieco in più di un senso e mi sono fatto fregare come un dilettante. Bullseye
si sposta e mi colpisce duro alla schiena. Mentre sono a terra boccheggiando mi
sottrae il bastone.
-Ti ho già detto che è un bel gingillo, vero? Vediamo quanta forza ci vuole
a fartelo entrare tutto nel cranio.-
Scatto e gli sferro un
calcio a piedi uniti. Ignoro il dolore alla schiena e mi rialzo, quindi gli
sferro un pugno e poi un altro, poi odo una voce alle mie spalle.
-Basta così Devil, lascialo a noi.-
Naturalmente non devo
voltarmi per sapere chi sono: i tre capi poliziotti della città sono tornati
indietro a fare gli eroi e sento che sono pronti a sparare.
Bullseye si
avvantaggia del momento di pausa: mi sferra un diretto allo stomaco, poi si
tuffa verso il Confessore. Con rapidità incredibile solleva il corpo quanto
basta perché intercetti le pallottole dirette a lui, poi afferra l’arma che il
russo aveva lasciato cadere poco prima.
Non fa in tempo a
sparare, però, perché con un calcio lo disarmo.
-Adesso basta.- gli dico.
-Giusto,… adesso basta, mi arrendo, avete vinto voi.-
Si alza in piedi e
tiene alte le mani. Non mi piace: è troppo facile. Improvvisamente mi accorgo che tiene qualcosa
nei pugni chiusi. Odo un rumore sottile, impercettibile per chiunque altro:
grani di rosario che sfrigolano l’uno contro l’altro.
-A terra!- grido mentre afferro i polsi di Bullseye.
-Ben fatto, eroe, ben fatto.- mormora lui mentre apre le mani.
Il rumore dei rosari
che cadono a terra sembra quello di un maglio alle mie orecchie mentre lascio
di colpo la presa e mi getto a terra.
Le due esplosioni
gemelle tuonano ancora nelle mie orecchie quando mi rimetto in piedi. Sento
Bullseye a terra. battito debole ma costante.
-.È vivo.- dico rivolgendomi ad Arthur Stacy –Sistematelo finché è
svenuto o troverà il modo di liberarsi. Non deve scappare ancora.-
-Tu stai bene?-
Lo guardo perplesso,
ho capito meno di metà di quello che ha detto, ma posso indovinarlo.
-Starò bene quando le orecchie smetteranno di ronzarmi.- replico.
-È finita.- sento, a fatica, dire Kearns.
-Mi piacerebbe tanto crederlo.- ribatto, poi sono costretto a sedermi.
Un buon cronista non dovrebbe aver paura di sporcarsi le mani. C’è chi
dice che la libera stampa è la prima linea della democrazia. Oggi mi chiedo se
non sarebbe stato meglio far parte delle retrovie.
Si parlerà a lungo di questa
giornata, credo, e delle conseguenze che avrà sul crimine organizzato di questa
città. Candace batte furiosamente su quel coso infernale che chiama tablet e
Joy Mercado scatta foto a ripetizione.
Ci sarà un bell’articolo domani in prima pagina sul
Daily Bugle e sarò io a scriverlo assieme alla mia fidata assistente.
Mi chiamo Ben Urich, sono un
giornalista e questa è stata solo una delle tante storie che ho da raccontare.
Non sarà l’ultima.
EPILOGO
UN TEMPO PER GLI EROI
Nei giorni che seguono
nei media di tutta la città, forse di tutta la nazione non si parla d’altro che
della giornata che ha sconvolto gli equilibri del crimine organizzato.
Il capo della più
importante Tong di Chinatown ucciso apparentemente da Kraven il cacciatore. Si
sospetta un coinvolgimento del Ragno Nero.
Ivan Pushkin, noto con
il soprannome di Ivan il Terribile, presunto Boss della Mafia Russa, torna
precipitosamente in patria dopo aver venduto le sue proprietà americane.
Probabile coinvolgimento della Vedova Nera.
Il Confessore,
presunto killer del Procuratore Distrettuale di Manhattan e di numerosi altri
funzionari federali, statali e locali giace in un ospedale tra la vita e la
morte.
Il misterioso killer chiamato
Bullseye è stato trasferito in una sconosciuta prigione con imponenti misure di
sicurezza per scongiurarne la fuga.
Grazie alla scoperta
di importanti documenti fatti pervenire alle autorità federali l’impero
economico e criminale del Gufo, in buona parte sottratto al boss del crimine conosciuto
come Kingpin, è sotto un attacco senza precedenti da parte delle autorità
Federali. Il Vice Procuratore degli Stati Uniti Katherine Malper, Capo della Divisione Penale per la
Procura Federale Sud nello Stato di New York, ha presenziato personalmente a molti
arresti e perquisizioni.
Molti testimoni
cominciano a parlare. I mandati di arresto contro il Gufo si moltiplicano, ma
il boss si è rifugiato nella sua Isola del Gufo in acque internazionali. Si
vocifera di un blitz per prendere d’assalto quella fortezza.
Wilson Fisk, il
deposto Kingpin del Crimine, è stato trasferito dalla prigione di minima
sicurezza a cui era stato assegnato dopo una condanna a sei anni per evasione
fiscale. Si sussurra che abbia fatto un accordo con le autorità in cambio della
rinuncia al suo appello, di una piena confessione delle sue attività criminali
e la rilocazione nel Programma protezione testimoni. La notizia non ha trovato
conferma.
In una conferenza
stampa congiunta, il Sindaco di New York ed il Governatore dello Stato hanno
lodato l’impegno delle forze dell’ordine contro la criminalità organizzata. Il
Commissario di Polizia Arthur Stacy non ha voluto rilasciare commenti. Il
Tenente Terenzio Oliver Rucker, capo di una delle squadre dell’Ufficio
Controllo Crimine Organizzato del Dipartimento di Polizia ha rilasciato un
commento che un giornale per famiglie non può riferire.
E questo mi sembra il
giusto epitaffio.
Mentre il suo jet
privato si prepara a lasciare New York per il Wakanda, T’Challa, la Pantera
Nera, stringe la mano della sua futura moglie Monica Lynne.
Il
suo soggiorno a New York ha avuto momenti buoni e momenti difficili, ma è stato
tempo speso bene. Ora è venuto il momento di tornare nella sua terra.
Nuove
sfide lo attendono, lo sa, ma non le affronterà da solo.
Sono
solo in casa a riprendermi dallo scontro con Bullseye ed a riflettere su tante
cose, quando suona il campanello. Alla porta c’è Deborah Harris.
-Ciao,, Debbie.-
dico –Sono felice di… vederti.-
-Sono venuta a
salutarti, Matt.- mi dice lei senza tanti preamboli.
-Cosa? Perché?-
-Come sai
testimonierò contro Abner Jonas ed i suoi complici in quel complotto eversivo
che hanno messo in piedi. I Federali non vogliono correre il rischio che quelli
rimasti liberi mi uccidano: ho accettato di andare in una di quelle che
chiamano case sicure fino a dopo il processo.-
Il che spiega le due auto ferme
davanti alla casa. I suoi angeli custodi. F.B.I. o U.S.M.S.,[12]
probabilmente.
-E dopo che farai?-
le chiedo.
-Non lo so,
davvero. Forse il giro del mondo o forse qualcos’altro. Non credo che tornerò a
New York molto presto… se mai tornerò.-
-Capisco… e noi
due?-
-Forse non c’è mai
stato un “Noi due”, Matt. Forse ci siamo solo illusi.- mi bacia lievemente le
labbra. –La fuori ci sarà sicuramente qualcuna più adatta di me e tu la troverai, vedrai.-
Non so cosa dire e quindi non dico
nulla. Rimango silenzioso nell’atrio finché il suo profumo svanisce del tutto.,
UN
TEMPO PER I CRIMINALI
Wilson Fisk guarda
fuori dalla finestra. Non è andata come aveva sperato, ma non importa. È
abbastanza saggio da accettare una sconfitta. Dopotutto qualcosa di buono ne è venuto fuori,
pensa, ed impercettibilmente sorride: il ragazzo è riuscito a farsi valere e
questa, se ci pensa bene, è comunque una vittoria.
Mi chiamano il Gufo e mi chiamano anche criminale. In meno di poche ore
il mio più fidato luogotenente si è fatto catturare come uno stupido, le mie
proprietà, quelle che non sono riuscito a mettere al sicuro, sono sequestrate,
i miei uomini mi abbandonano e non so come sia successo. Chiunque mi ha fatto
questo, lo troverò e gliela farò pagare, non importa quanto tempo mi ci vorrà:
lo giuro.
E UN TEMPO PER…
Richard
Fisk, in un impeccabile smoking con giacca bianca ordina alla limousine di fermarsi. davanti al palazzo che
conosce tanto bene ed aiuta la sua compagna, in un elegantissimo vestito da
sera rosso a scendere.
-Non ci metteremo molto, vedrai.- le dice.
-Non importa, so quanto è importante per
te.-risponde Cheryl Mondat.
Una
breve corsa in ascensore fino all’ultimo piano, sino al grande ufficio
nell’attico, con la grande vetrata che dà sulla città, la sua città.
-Ce ne hai messo di tempo.-
La
voce, con un vago accento che potrebbe essere siciliano, appartiene ad un
giovanotto corpulento seduto in un’ampia poltrona.
-Sono arrivato appena ho potuto, Jimmy.-
replica Richard –Dopotutto ora sono una colonna della beneficenza in questa
città: il capo di una fondazione che aiuta le vittime del crimine, ti pare
poco?-
Giacomo
Fortunato, detto Jimmy Six, sogghigna mentre risponde:
-Immagino di no. Certo se i tuoi stimati
cittadini sapessero la verità su di te… e su come hai riottenuto la proprietà
di questo palazzo... I Federali non hanno fatto storie per darti quello che
chiedevi in cambio delle informazioni che hai dato loro. Non hanno fatto nemmeno
troppe domande su come le avevi ottenute e così hai costretto il Gufo alla fuga
ed hai fatto spedire tuo padre in un luogo dove non potrà più nuocere.-
-Oh il vecchio ha sette vite, non lo darei per
spacciato.-
-Te lo concedo. Così hai ottenuto quel che
volevi: le bande sono spezzate ed il potere di tuo padre è nelle tue mani. Ora
che ne farai?-
Richard
si siede sulla poltrona che fu di suo padre e si prende il tempo di assaporare
la sensazione, prima di rispondere:
-Tutto quello che voglio, amico mio, tutto
quello che voglio.-
Sorride
e si aggiusta la rosa rossa al bavero della giacca.
FINE OTTAVA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
Basta, abbiamo finito:
dopo 50 numeri abbiamo esaurito tutte le sottotrame, sciolto tutti i nodi che
avevamo aggrovigliato e quindi possiamo mollare
e goderci un meritato riposo… tranquilli: stavo scherzando. -_^
Dopo aver sudato sette
camicie per chiudere davvero tutto in questo lunghissimo episodio, il
sottoscritto non intende smettere di certo, ma anzi intende portarvi su nuovi
sentieri con l’aiuto di un valente co-scrittore: nientemeno che Mr. T, il quale
mi ha già fornito trame con cui potremo arrivare sin quasi al n. 100, il nostro
prossimo traguardo.
Nel frattempo, poche,
scarne note a chiarimento di alcuni punti di quest’episodio:
1) Parallelamente agli eventi dell’Atto Secondo
di quest’episodio, la Vedova Nera e Paladin, aiutati da Occhio di Falco, si
scontrano contro Ivan il Terribile ed il Misterioso Soldato d’Inverno in Marvel
Knights #49.
2) Tempesta aveva incontrato per l’ultima volta
T’Challa in Gli Incredibili X-Men MIT #6 e dopo una notte
di passione era rimasta incinta. Eventi culminati in Gli Incredibili X-Men MIT
#24 l’hanno costretta ad una sorta di aborto. Mi è sembrato giusto chiudere il cerchio
con questa sorta di incontro-non incontro tra i due.
3) Giacomo
Fortunato alias Jimmy Six è un personaggio creato da Howard Mackie & John
Romita Jr in Peter Parker: Spider Man Vol. 1° #70. Figlio del Boss Don
Fortunato si è sempre caratterizzato come un ribelle spesso in lotta con i
metodi del padre. Adesso apprendiamo che ha fatto un patto con Richard Fisk.
Gli effetti di questo patto vi saranno chiari nei prossimi episodi.
4) Devil riapparirà in Ragno Nero #22, sempre del
sottoscritto, dove dovrà scontrarsi con un vigilante completamente fuori di
testa in aiuto alla Gatta Nera.
5) La saga di Pantera Nera prosegue su Marvel
Knights #51.
E nel prossimo
episodio? Nessuna anticipazione, ma vi avviso: non mancate, ve ne pentireste
amaramente.
Vi ringrazio di essere
stati con me finora e vi saluto caramente.
Carlo.
.
[1] Clint si riferisce ad eventi che dovete ancora leggere nella serie di Occhio di Falco.
[2] Vedere Marvel Knights #49 per i relativi sviluppi.
[3] Su Gli Incredibili X-Men MIT #6. Sembra davvero incredibile, ma sono passati quasi 10 anni da allora. Ciao Tobia, qualunque cosa tu stia facendo ora, i semi del tuo lavoro qui non sono stati dimenticati.
[4] Un riassunto estremamente sintetico di eventi narrati su Gli Incredibili X-Men MIT #24.
[5] Daredevil #297/300 (In Italia su Devil & Hulk #3/5).
[6] Visto su Capitan America #45
[7] Di che faccenda si tratta? Scopritelo nel n. 3 della miniserie Luke Cage.
[8] Volete saperne di più? Leggete Ragno Nero #21.
[9] Le vicissitudini di Angela Yin sono narrate in Webspinners #33/34.
[10] Su Iron Fist #9 (prima edizione italiana: Shang Chi, Maestro del King Fu, Corno, #44).
[11] In Luke Cage MIT #3.
[12] United States Marshal Service.