Quel che vi serve
sapere: la squadra di
Sharon Carter è stata incaricata da Wilson Fisk, l’ex
Kingpin del Crimine di New York, di sottrarre al
finanziere ed industriale di New Orleans Harry Ebbing
una chiavetta USB contenente informazioni molto importanti.
Il
colpo riesce, sia pure con qualche intoppo ma Ebbing
ha fra i suoi soci un cartello criminale sudamericano che minaccia di ucciderlo
se non recupera la chiavetta.
Ebbing affida il recupero - e l’eliminazione
dei ladri - rispettivamente alla Loggia dei Ladri ed a quella degli Assassini,
le più antiche organizzazioni criminali di New Orleans.
Nel
frattempo, a Miami in Florida, Nomad incontra una
vecchia conoscenza, Giscard Epurer, che gli chiede di
occuparsi di un’organizzazione criminale che traffica in droga ed esseri umani.
A
New York Donna Maria Puentes apprende che el Libertador,
leggendario eroe della rivoluzione di Rio Valiente e
suo ex amante, non è morto come credeva.
Tenetevi
forte perché il viaggio sarà decisamente frenetico
#43
CACCIA
SPIETATA
di
Carlo Monni & Carmelo Mobilia
New
Orleans, Quartiere finanziario.
Harry Ebbing
sedeva pensoso alla sua scrivania.
Era preoccupato ed aveva tutte le
ragioni per esserlo. I suoi soci sudamericani erano stati chiari: La sua vita
era appesa ad un filo sottile che si sarebbe spezzato se avesse fallito nel
recuperare quello che gli era stato sottratto.
Accidenti al suo gusto per la bella
vita e per il denaro necessario per godersela assieme alla sua bella moglie,
così tanto più giovane di lui.
Aveva incaricato del recupero i
migliori sulla piazza. Non avrebbero fallito e lui sarebbe stato salvo.
Continuava a ripeterselo ma questo non
lo tranquillizzava affatto.
New
Orleans, Quartiere Francese
L’uomo che Dermot
Leary doveva incontrare lo aspettava in un salottino
privato di un locale di quello che i locali chiamavano Vieux
Carrè.
Dimostrava circa quarant’anni, vestiva
con ricercata eleganza ed aveva una vaga rassomiglianza con l’attore di origine
irlandese Patrick McGoohan, noto per i suoi ruoli da
agente segreto.
<Buona sera Mr. Leary.>
gli disse con un vago accento britannico <Si sieda.>
Il giovane uomo d’affari si sedette un
po’ titubante e replicò:
<Questo è un luogo un po’ strano
per un appuntamento.>
<Niente affatto, offre molta
privacy e poi fanno un ottimo gumbo.[1] Le
consiglio di provarlo.>
<Forse più tardi, Mr…>
<I nomi non sono importanti, ne ho
usati tanti nella mia carriera. Quello che conta è che lei ha un problema e che
io posso risolverlo.>
<Immagino che mi costerà
parecchio.>
<I miei servigi non sono mai a buon
mercato, ma sono anche garantiti. In questo caso, poi c’è anche un altro
elemento di interesse: se ho ben capito, lei non mi chiede di commettere un
omicidio, ma di impedirlo, decisamente insolito.>
Leary sembrava nervoso. Si mosse sulla
sedia come a cercare una posizione migliore poi disse:
<Esattamente. Il mio capo, Harry Ebbing ha assoldato la Loggia dei Ladri e quella degli
Assassini per recuperare una certa chiavetta USB che gli è stata rubata ed
eliminare chi l’ha presa ed i suoi complici.>
<E lei vorrebbe che fallissero?
Curioso. Da quel che so dei… soci occulti del suo principale, non prenderebbero
bene un fallimento nel recupero di quel materiale e quando i cartelli criminali
latinoamericani si arrabbiano, è facile che del responsabile si ritrovi solo
qualche pezzo. Ne deduco che lei voglia che Harry Ebbing
muoia ma al tempo stesso non vuole che si possa incolpare lei… o la procace
Mrs. Ebbing.>
<E se anche fosse? Sarebbe un
problema per la sua… organizzazione?>
<Assolutamente no. Anzi: ladri
contro ladri ed assassini contro assassini, è una
situazione molto divertente, anche se...>
<Anche se…?>
<Ho un accordo con la Loggia degli
Assassini per cui la mia organizzazione non opera nel loro territorio e loro
non interferiscono con le mie operazioni altrove.>
<Quindi è venuto fin qui per dirmi
che intende rifiutare?>
<Al contrario, dal momento che la
partita si giocherà su terreno neutro, io non sono vincolato da nessun accordo.
Le risorse del Club dei 1400 saranno a sua disposizione non appena avrò
ricevuto conferma dell’accredito dell’acconto concordato. Sarà divertente
giocare al buono per una volta, anche se le persone che vuole che io protegga
se la sanno cavare benissimo da sole.>
<Lei… lei sa chi sono?> chiese,
sorpreso Leary.
<Amico mio, io so sempre tutto
quello che mi serve sapere.> rispose con un sorriso l’uomo che si faceva
chiamare lo Straniero.
Un ristorante di
Bridgeport, Connecticut.
A
prima vista i due uomini seduti ad un tavolo d’angolo potevano sembrare molto
diversi: uno era biondo, occhi azzurri, fisico atletico, età apparente forse
trent’anni, sguardo sincero, quello di uno di cui ci si poteva fidare.
L’altro
aveva i capelli scuri e le tempie bianche, l’occhio sinistro era coperto da una
benda che gli dava l’aria del pirata, aveva un’età indefinibile, forse intorno
ai cinquant’anni.
Uno
sguardo molto più attento avrebbe rivelato che la giacca tagliata su misura
nascondeva una fondina ascellare.
Sì,
all’apparenza i due erano molto diversi ma erano anche grandi amici e lo erano
da quasi ottant’anni e questo era decisamente più incredibile.
<…
e questo è tutto.> finì di dire Nick Fury.
<Se
non me lo avessi raccontato tu, avrei avuto difficoltà a crederlo, Nick… e non
mi riferisco alla faccenda dei cloni.> commentò Steve Rogers.
<In
effetti, combattere un complotto dell’Hydra per
infiltrare cloni in posizioni di potere nel mondo e farlo assieme al clone di
un compagno d’armi morto nel 1942 è praticamente normale amministrazione per
me,[2] ma
è il resto che è stato come ricevere un calcio nelle parti basse.>
<Ti
capisco. Mi sono sentito quasi allo stesso modo quando ho scoperto l’esistenza
di Shannon. A questo proposito, se vuoi aiuto per rintracciare i tuoi figli,
conta pure su di me.>
<Ti
ringrazio, Steve. Ci penserò.>
Connecticut.
Il passaporto era pronto, i biglietti
dell’aereo pure. Erano sul tavolo che l’aspettavano.
Anche i bagagli erano pronti. Nel
doppio fondo della borsa, a prova di raggi x, aveva messo anche la sua uniforme
e le pistole... non che fosse convinta che le sarebbero serviti, ma non si
poteva mai sapere. Era una sorta di abitudine che le avevano insegnato durante
il suo addestramento allo S.H.I.E.L.D.
Tutto era pronto per la partenza.
Ora per Donna Maria Puentes non rimaneva che la parte più difficile: scrivere
un biglietto per Steve.
“Chi scrive ancora biglietti, nei
ventunesimo secolo?” avrebbe potuto obiettare qualcuno.
Nell’epoca della tecnologia digitale,
infatti, le sarebbe bastato un attimo per mandare un messaggio, o ancora meglio
un vocale o una videochiamata.
E invece no.
Lei non se la sentiva di avere un
contatto diretto. Steve le avrebbe fatto delle domande, come ovvio che sia, e
lei non sarebbe riuscita a mentirgli, guardandolo nei suoi bellissimi occhioni
azzurri. Non poteva.
Come poteva dirgli che andava ad
incontrare l’unico altro uomo che aveva mai amato nella sua vita, e che credeva
fosse morto? E cosa ancora più
difficile, cosa gli avrebbe risposto, quando lui le avrebbe chiesto che cosa
avesse intenzione di fare?
Domande legittime, ma le cui risposte
non erano affatto facili da dare.
Perché in fondo non lo sapeva neanche
lei. Come avrebbe reagito, una volta che lo avesse rivisto? Cosa gli avrebbe
detto? E cosa avrebbe fatto?
No, troppo difficile. Anche il solo
pensarci le provocava delle fitte al cuore e una gran voglia di piangere.
Si, il biglietto era la soluzione
ideale. Forse non la più coraggiosa, né la più corretta, ma quella che faceva
più al caso suo, vista la situazione.
Ma anche così, non fu affatto facile
trovare le parole giuste.
Trovò la forza dentro di sé, e dopo un
paio di tentativi a vuoto, i suoi sentimenti cominciarono a suggerirgli cosa
scrivere.
Rilesse il contenuto in paio di volte
e si ritenne abbastanza soddisfatta.
Probabilmente, anzi sicuramente, non
era sufficiente a descrivere cosa stava provando, né Steve l’avrebbe trovato
soddisfacente, ne era certa... ma meglio di così proprio non riusciva a fare.
Con un bacio lasciò l’impronta del suo
rossetto accanto al nome di Steve, poi posò il biglietto sul suo cuscino.
<Spero che tu capisca.> sospirò,
mentre lasciava la stanza.
New Orleans.
Da
quanto tempo esistessero la Loggia dei Ladri e quella degli Assassini nessuno
lo sapeva per certo. Si diceva che fossero state fondate assieme alla città di
Nouvelle Orleans trecento anni prima e da allora le famiglie LeBeau e Boudreaux avessero
controllato quei particolari tipi di attività criminali nella città della
mezzaluna.
Con
i loro rituali segreti ed i codici di comportamento erano state paragonate alle
antiche corporazioni medievali o alle logge massoniche.
C’era
della verità in tutto questo.
Il
destino aveva voluto che il fardello di leader della Loggia degli Assassini
fosse ricaduto su una giovane ed attraente donna bionda: Bella Donna, l’ultima
dei Boudreaux.
Inguainata
in una calzamaglia azzurra che sembrava disegnata sulle sue forme era seduta
davanti ad un maxi schermo sulla cui parte sinistra c’era l’immagine di un
volto femminile parzialmente ripreso da una telecamera di sorveglianza mentre
sul lato destro dei volti scorrevano ad alta velocità.
Finalmente
il software di riconoscimento facciale si arrestò e sulla sinistra apparve
un’immagine che strappò a Bella Donna un’esclamazione di sorpresa:
<Questa
poi!>
<Cosa
c’è?> chiese un uomo dai capelli bianchi nonostante l’età giovanile ed i cui
occhi erano coperti da occhiali a specchio.
<Sai
chi è questa donna, Clay?> ribattè lei indicando
l’immagine sullo schermo <Sharon Carter, Agente 13 ed ex Direttore ad
interim dello S.H.I.E.L.D. durante una delle tante scomparse di Nick Fury. Secondo il nostro software di riconoscimento facciale
c’è il 60% di probabilità che sia lei la donna immortalata dalle telecamere di
sorveglianza della Dynaco e che si è presentata come
Margaret Atwell.>[3]
<Vuoi
dire che siamo incappati in un’operazione dello S.H.I.E.L.D.?>
<Forse
e forse no. Ufficialmente la Carter è in congedo ma quelle come lei non escono
mai davvero dal giro anche se ci provano… proprio come noi.>
<Intendi
rinunciare all’incarico?>
<Niente
affatto, abbiamo una reputazione da difendere: la Loggia degli Assassini non
rinuncia ad un incarico per paura, mai. Dovremo solo essere molto prudenti.
Sharon Carter è un contratto pericoloso ed anche se non fosse spalleggiata
dallo S.H.I.E.L.D., non è certo sola.>
<Ti
riferisci all’uomo che era con lei? Hai identificato anche lui?>
<Non
con il riconoscimento facciale ma la descrizione del costume che indossava
durante il furto ed il nome che ha usato, Paul L. Dean, mi lasciano pochi dubbi
su chi possa essere: un altro avversario da prendere con le molle.>
<Che
facciamo adesso, quindi?>
Invece
di rispondere all’uomo di nome Clay, Bella Donna formò un numero sul suo
cellulare e quando ricevette risposta disse:
<Jean-Luc,
ho delle novità e non sono buone.>
Connecticut.
Steve
Rogers tornò a casa dopo aver trascorso gran parte dela
serata con Nick Fury.
Era
uno dei suoi più vecchi e cari amici, ma erano assai rari i momenti in cui i
due potevano passare un po’ di tempo assieme parlando dei vecchi tempi e non di
una qualche minaccia terroristica o di qualche pazzoide intendo a dominare il
mondo.
Nick
sembrava aver veramente bisogno di parlare con un amico, i recenti avvenimenti
che gli erano accaduti lo avevano colpito duramente.
A
volte la gente dimenticava che, per quanto duro e tenace egli fosse, era
comunque un uomo e, anche se lui si sarebbe fatto torturare piuttosto che
ammetterlo, aveva dei sentimenti.
Steve
buttò le chiavi nella ciotola vicino alla porta e appese il giubbotto
all’appendiabiti.
<Maria?
Ci sei?> domandò.
Ma
nessuno gli rispose.
Andò
a vedere se per caso lei fosse sotto la doccia, ma non era così.
Quindi
si diresse verso la camera da letto, intendo a cambiarsi i vestiti e mettersi
qualcosa di più comodo (e togliersi il puzzo del sigaro di Fury
da dosso) quando intravide un biglietto sul suo cuscino.
<Ma
cosa ...?>
Era
palesemente rivolto a lui. Incuriosito, lo aprì e ne lesse il contenuto.
Carissimo Steve,
Quando troverai questa mia lettera sarò già
partita per il Sud America.
Ti chiederai senz’altro il perché, ma io questo
non posso dirtelo.
Recentemente sono successe delle cose a Rio
Valente che mi coinvolgono direttamente.
Qualcosa di molto importante e personale che
richiede la mia presenza.
Mi dispiace non poterti dire perché, ma credimi,
è qualcosa di cui mi è troppo difficile parlare.
Non saprei neppure da dove cominciare.
Ti prego di non cercarmi e di lasciarmi il tempo
che mi occorre. Sarò io a farmi viva con te al momento giusto, e ti darò tutte
le spiegazioni che meriti.
Voglio precisarti che non è assolutamente colpa
tua Tu non hai fatto nulla. Il mio ritorno a casa non è assolutamente in alcun
modo legato a te o alla nostra storia.
Tu sei solo l’uomo più meraviglioso che conosca,
e questo tempo trascorso insieme è stato a dir poco Stupendo.
Condividere entrambi gli aspetti della tua vita,
quella professionale e quella privata, mi ha resa la donna più felice del
mondo.
Purtroppo il passato a volte ritorna e dobbiamo
fare i conti con lui.
Capirei se ti fossi arrabbiato nel leggere queste
mie righe, ma ti prego di capirmi e di rispettare questa mia decisione.
Ti AMO.
Maria
Fu
una vera doccia fredda. Un fulmine a ciel sereno.
Anche
il formidabile ex Capitan America fu colto di sorpresa.
Era
del tutto impreparato ad un eventualità come quella.
Ignorando
la raccomandazione che gli era stata fatta, mise mano al cellulare e chiamò il
numero della ragazza, ma il telefono era spento.
“Ovviamente”,
si disse. E’ la prima cosa che si fa quando non si vuole essere rintracciati da
qualcuno.
Pensò
in un primo momento di chiamare Nick, e chiedere di rintracciarla per conto
suo... ma abbandonò quell’idea quasi subito.
Per
prima cosa, chiedere al capo della più grande agenzia di intelligence mondiale
di aiutarlo per una questione amorosa sarebbe stato alquanto stupido e
immaturo.
E
in secondo luogo, dopo essersi calmato, Steve si rese conto che non era quella
la volontà di Donna Maria.
Qualunque
cosa l’avesse richiamata in patria, le richiedeva tempo, e se lui l’amava
davvero, aveva il dovere di concederglielo, assieme alla sua fiducia.
Brighton Beach, Brooklyn, New York City.
Yelena
Brement allungò la mano sul grande letto matrimoniale
in cerca del corpo di chi aveva dormito accanto a lei, ma trovò solo il
materasso. Intuì dunque che il suo compagno si era svegliato prima di lei, e
sapeva dove raggiungerlo.
Si
mise addosso un’elegante vestaglia azzurra e le pantofole corredate e scese per
le scale, raggiungendo la grande sala da pranzo.
<Buongiorno
cara, ben svegliata.> le disse lui non appena la vide.
Aleksandr
Lukin era già seduto al tavolino leggendo il suo
quotidiano, mentre i servitori gli stavano preparando la colazione.
<Buongiorno
anche a te, Alek.> rispose lei.
<Succo
d’arancia?> le chiese lui.
<Caffè
prima, se non ti dispiace.>
Lukin fece segno al cameriere che si
affrettò a versargliene una tazza.
<Spasibo.>
ringraziò lei, poi si rivolse a Lukin:
<Ti
sei svegliato molto presto, quest’oggi. Hai già degli appuntamenti in
agenda?>
<È
così infatti. Devo incontrare i miei legali. Devo interrogarli su una faccenda
della massima urgenza.>
<C’entrano
quelli della Oracle? Oppure quelli della Roxxon?>
domandò Yelena, ma il cellulare di Lukin iniziò a
vibrare prima ancora che potesse risponderle.
<Mi
vuoi scusare, mia cara?> disse lui, appartandosi per rispondere.
Yelena
non lo diede a vedere ma la cosa destò in lei parecchia curiosità.
Ufficialmente,
lei era la responsabile della sicurezza della Kronas,
ma in realtà era un infiltrata del G.R.U. [4]ed il
suo vero lavoro consisteva nello scoprire se Lukin e
la sua società potessero costituire un pericolo per la sicurezza della Russia.
Pur
di riuscirci non aveva avuto esitazioni ad infilarsi nel letto di Lukin, ma finora non era riuscita a scoprire nulla di
compromettente, eppure sentiva che lui nascondeva qualcosa.
Ed
era assolutamente decisa a scoprire di cosa si trattasse.
Ranch Muldoon, Contea di Dallas, Texas.
Sharon
Carter chiuse la telefonata. Sul suo volto un’espressione indefinibile.
Era
stata felice di risentire sua figlia Shannon ma era anche triste perché doveva
restare lontana da lei. Ancora una volta si chiese se fosse una madre
all’altezza.
Shannon
avrebbe meritato una vita migliore.
Scacciò
questi pensieri inutili e si rivolse all’uomo seduto ad una workstation:
<Qualche
novità?>
<Sto
esaminando i file della chiavetta dopo averli copiati.> rispose Paladin con un sorrisetto, poi aggiunse <Per fortuna sei
riuscita a bypassare la password e gli altri sistemi di sicurezza di quel
gingillo. Non sapevo che fossi anche un’abile hacker.>
<Non
me lo hai chiesto. In ogni caso, mi ha fatto comodo avere a disposizione un
equipaggiamento di prim’ordine con cui lavorare.>>
<Il
nostro benefattore, Texas Jack Muldoon, sarà anche un
tipo bizzarro ma certo ha accesso alle migliori risorse che il denaro può
comprare e lui ne ha da buttare.>
<Peccato
che avesse degli affari altrove[5] e
non ho potuto ringraziarlo di persona.>
<Sai,
a Fisk non piacerebbe quello che abbiamo appena
fatto.>
<Me
ne frego di quello che pensa Fisk. Magari è vero che
si è ritirato dalle sue attività criminali, ma questo non vuol dire che mi
piaccia l’idea che lui abbia in mano informazioni potenzialmente pericolose e
se dovesse essere così, voglio poter reagire.>
<Sei
davvero sexy quando fai la dura, baby.>
<Il
fato che abbiamo condiviso… un momento di intimità,
non ti dà diritti speciali su di me, Paladin, quindi
non chiamarmi più baby.> ribattè Sharon con voce
dura.
<I
suoi desideri sono ordini, comandante. In ogni caso, non temere: non sono il
tipo da relazioni durature ed impegnative anche se confesso che quel… momento
di intimità a me è piaciuto e non mi dispiacerebbe ripeterlo.>
<Niente
ti vieta di sognare. Immagino che non ti mancheranno comunque occasioni di
consolarti. Perché non provi con Yukio o Rachel?>
<Forse
perché adoro le sfide difficili e le donne di carattere.>
Sharon
si concesse un lieve sorriso e replicò.
<Davvero?
Magari, se farai il bravo bambino, potremo riparlarne… forse. Adesso veniamo
alle cose serie. Cos’hai scoperto?>
<Finora
solo una serie di transazioni finanziarie che provano che effettivamente Harry Ebbing e la sua Dynaco riciclano
il denaro dei Lobos Locos, c’è tutto
il dettaglio delle loro operazioni in Delvadia, il
resto dell’America Latina e perfino il Nord America. Tutto materiale che
farebbe la felicità di almeno tre diverse agenzie federali e capisco perché Fisk le voglia: con queste informazioni in mano i Lobos Locos dovrebbero ballare al suono
della sua musica.>
<Affari
di gangster, non mi interessano. C’è altro?>
<Rimane
un ultimo file ma è in codice e non riesco a decifrarlo.>
<Fai
provare me.>
Sharon
si mise a sedere alla postazione e cominciò ad esaminare il file lavorando con
il mouse ed i tasti.
Alla
fine si appoggiò alla spalliera della sedia e sospirò:
<Inutile.>
disse <Questo file resiste anche ai più sofisticati sistemi di
decrittazione.>
<E
questo vuol dire una cosa sola.> commentò, una volta tanto serio, Paladin.
<Che
non si tratta di una normale transazione tra narcotrafficanti o altri tipi di
contrabbandieri. Non mi piace, non mi piace per niente.>
<Che
intendi fare?>
<Trovare
delle risposte alla svelta… e forse so come farlo.>
Red, Hook, Brooklyn. New York City.
Dall’altra
parte della città, un’altra Yelena si svegliava e anch’essa tastava l’altro
lato del letto in cerca del suo amante, ma invano.
Si
tirò su, cercandolo con lo sguardo, ma non vide nessuno.
<James?
Sei sotto la doccia?> chiese, ma non le rispose nessuno. Non sentiva nemmeno
lo scroscio dell’acqua.
Si
alzò dal letto, coperta solo dal lenzuolo, in cerca del suo uomo, ma si accorse
di essere sola in casa.
Non
era da lui andarsene senza lasciarle nemmeno un messaggio.
Forse
aveva ricevuto una chiamata dal comandante Rogers? Se fosse stato così, perché
solo lui?
Mentre
rifletteva, il rumore delle chiavi nella toppa l’avviso che Bucky
stava rientrando proprio in quel momento.
<Mi
stavo chiedendo dove accidenti eri finito.> le disse lei.
<Ciao.
Scusa, non volevo farti preoccupare... è che non riuscivo a dormire e sono
andato a fare due passi.> le rispose Buck.
<È
un po’ che sei inquieto, in effetti. È per quell’omicidio a Washington? Quello
del TG?>
James
Buchanan Barnes non riuscì a mascherarle la verità.
<Sì,
è per quello. Non ti nego che ci sto perdendo la testa. Giurerei che si tratta esattamente del modus
operandi che utilizzavo al tempo in cui lavoravo per i sovietici. Lo stesso
identico. Nulla mi toglie dalla testa che si tratti di un emulatore.> le
confidò.
Yelena
lo osservò: sebbene non stessero insieme da tanto tempo, capiva quando James
non voleva lasciar perdere qualcosa.
Sarebbe
andato a fondo alla questione, ne era certa.
<Voglio
aiutarti.> gli disse <Ho diversi contatti nei vari servizi segreti russi.
Farò qualche domanda in giro.>
<Non
voglio che ti comprometti.>
<Lascia
stare, la cosa incuriosisce anche me. Inoltre, se la cosa può aiutarti a
restare a letto, invece di andare in giro a rimuginare, sarà tanto di
guadagnato pure per me.>
Lui
abbozzò un sorriso.
<Grazie...>
le disse, baciandola dolcemente.
Texas,
un piccolo aeroporto privato non lontano da Dallas.
Il
piccolo jet con le insegne della Muldoon Oil Company
decollò regolarmente in perfetto orario. Secondo il piano di volo la sua
destinazione era Honolulu nelle Hawaii con uno scalo tecnico a Los Angeles.
Ufficialmente
i passeggeri erano funzionari ed addetti alla sicurezza del bizzarro
miliardario texano ma in realtà erano Sharon Carter e la sua squadra, composta da Paladin,
Yukio e Diamante.
Sharon
guardava fuori dal finestrino ma in realtà non stava ammirando il panorama, i
suoi pensieri erano altrove. Aveva inviato il file criptato ad Amadeus Cho nella speranza che il piccolo genio riuscisse a
decifrarlo. L’istinto le diceva che il contenuto del file era molto importante
ed anche se Steve Rogers ne fosse stato informato, era un rischio calcolato: il
suo ex amante era una delle persone più adatte a fronteggiare eventuali crisi,
per quanto i loro metodi fossero ormai molto differenti. Quanto a Fisk, probabilmente non avrebbe gradito ma avrebbe dovuto
adattarsi.
Proprio
l’ex zar del crimine era l’argomento della conversazione degli alleati di
Sharon.
<La
missione è filata liscia.> disse Rachel Leighton
<Pure troppo. Fossero tutte così, questo lavoro sarebbe davvero una
pacchia.>
<Allora
perché mi sembri tesa?> le chiese Yukio.
<Beh
ecco... devo confessarvi che non mi sento a mio agio a lavorare per Fisk. Ai tempi della Società dei Serpenti accettavamo
incarichi da vermi come lui, ma adesso... dovremmo essere i buoni. Il nostro
lavoro dovrebbe consistere nel liberare il mondo da quelli come lui, non fargli
dei favori.>
<Tsk. Parli come Nomad adesso.> le fece notare Yukio.
Il
nome del loro ex compagno fece calare di colpo un atmosfera pesante
nell’abitacolo del jet.
Rachel
aveva toccato un nervo scoperto.
Tuttavia,
Paladin trovò il modo di ribattere:
<Con
Fisk avevamo un debito. Senza di lui non avremmo
fermato Koch, lo sai bene. E in questo mestiere una mano lava l’altra. Per
schiacciare un rifiuto a volte devi sporcarti le mani.>
Se
Rachel Leighton aveva intenzione di aggiungere altro,
non ne ebbe il tempo. Il jet ebbe una specie di sussulto.
<Ma
cosa…?> esclamò, sorpresa Sharon.
L’aereo
cominciò rapidamente a perdere quota e fu subito evidente per i passeggeri che
si prospettava un atterraggio di fortuna.
Ufficio del Medico
Legale, New York City.
Verso
la tarda mattinata una donna aveva chiamato il 911.
La
chiamata proveniva da Turtle Bay,
Manhattan, non troppo distante dal Complesso delle Nazioni Unite. Dalla baia
era emerso un cadavere e subito si era scatenato il panico.
I
poliziotti arrivarono presto e circondarono l’area con il tipico nastro giallo.
La
vittima, un uomo di circa quarant’anni, afroamericano, era in tenuta da
jogging.
Dalla
prima ricostruzione dei fatti, l’uomo doveva essere scivolato mentre correva ed
era piombato in mare.
Aveva dei documenti con se, e uno degli agenti
lo aveva identificato come Colin Brighton, funzionario della Segreteria
Generale dell’ONU.
Il
medico legale che era stato chiamato sul luogo per dichiarare ufficialmente lo
stato di morte dell’uomo come da procedura notò qualcosa che lo mise in
sospetto: tracce di emorragia petecchiale negli occhi. Ci potevano essere
diverse spiegazioni per la rottura di capillari proprio lì, per esempio la
caduta, ma una sola aveva un risvolto sinistro. In questi casi c’era solo una
cosa da fare: ordinare un’autopsia.
Il
corpo venne portato nella sede del medico legale e, visto lo status del
defunto, l’autopsia venne eseguita immediatamente.
I
primi sospetti stavano trovando conferma; quello che pareva un brutto incidente
sembrava celare una realtà ben più inquietante.
<Se
la vittima fosse morta per annegamento, avremmo dovuto trovare acqua nei
polmoni.> disse il dottore che aveva eseguito l’autopsia <Ma non ne
abbiamo riscontrato alcuna traccia.>
<Se
non è morto per annegamento, qual è stata la causa del decesso?> chiese uno
dei due detective che erano stati assegnati al caso dopo il ritrovamento.
<Soffocamento,
direi. Avvenuto però prima di cadere in acqua, forse a causa di un malore.>
Uno
dei due detective s’incupì.
<La
caduta in acqua quindi sarebbe una conseguenza del mancamento?> chiese il
suo collega.
<Non
è da escludere.> rispose il medico.
<Una
persona che fa jogging si tiene in forma. È allenata, abituata allo sforzo.>
disse il primo detective <Il nostro uomo invece durante la corsa accusa un
malessere, soffoca e cade in acqua. È quantomeno anomalo.>
<Non
ti convince?> gli domandò il collega.
<Peggio.
Mi spaventa.>
<E
perché?>
<Perché
se è come temo, abbiamo a che fare con un omicidio.> esclamò l’altro,
amareggiato.
<Aspetterò
che sia lei a contattarmi e che mi dia una spiegazione ...> disse a se
stesso.
Ma
per quanto tempo lo avrebbe fatto aspettare?
Miami, Florida.
Il locale si chiamava, con scarsa
fantasia, “Copacabana” ed era uno dei più rinomati Night della costa.
Jack Monroe era andato lì quella sera,
aveva ordinato una birra alla spina e si era seduto ad un tavolo, senza dare
nell’occhio.
Sembrava fosse un cliente qualunque,
che ammirava le belle ragazze ballare muovendo le proprie grazie al ritmo della
musica, ma la sua attenzione era in realtà rivolta ad un tavolino oltre la
pista da ballo.
Stando alle informazioni che gli aveva
fornito Giscard Epurer, l’uomo seduto lì era Alfonso Estevez, un membro dei narcotrafficanti noti come Lobos Locos.
Estevez stava al tavolo con due belle ragazze
e due guardaspalle.
Jack gli stava con gli occhi incollati
addosso, senza perdersi un suo solo gesto.
<Vestiti costosi, macchine
fiammanti, due squillo di lusso. La droga è un commercio remunerativo, per
certi vermi. Ma se pensi che quei due gorilla possano evitare che ti dia quello
che ti meriti, Estevez, ti sbagli di grosso.>
pensò Nomad.
Il suo bersaglio si alzò e, dopo aver
lasciato una cospicua mancia al cameriere, si allontanò con le due ragazze,
tallonato dai suoi due bodyguard.
<Bene, si è deciso ad alzare il
culo finalmente.> pensò Jack <Si va in scena.>
Estevez attraversò il parcheggio, palpeggiando
le sue ragazze che ridevano in un modo da sembrare quasi uno squittio, ma non
appena fu nei pressi della macchina, Nomad uscì allo
scoperto.
<Manda a casa le squinzie, Estevez. Dobbiamo parlare.> disse, con un tono che non
ammetteva repliche.
<Ma chi cazzo sei tu, cabron? Perché non te ne vai a fanculo?> rispose
l’altro sprezzante.
I due gorilla si fecero avanti. Per
Jack non rappresentavano assolutamente un problema.
Il primo cercò di colpirlo con un
pugno, un gancio destro che avrebbe potuto rompergli la mascella, se lo avesse
preso, ma era troppo lento e prevedibile per farlo.
Nomad si abbassò e rispose con un montante
terrificante, che mandò a gambe all’aria lo scagnozzo.
L’altro aveva fatto il giro e aveva cercato
di afferrarlo da dietro.
“Molto astuto.” pensò Jack “Ma
inutile.”
Lo vide arrivare e prima che le sue
mani potessero anche solo sfiorarlo, Jack gli ruppe un ginocchio colpendolo con
un calcio.
Il gorilla cadde a terra tenendoselo e
imprecando tra i denti.
Nomad conosceva un centinaio di modi per
abbatterlo in modo semplice, ma preferiva sempre utilizzare tecniche dolorose.
Secondo la sua opinione, erano più
efficaci ed esplicite.
<Scagnozzi che si lamentano in
silenzio. Sono una rarità, te lo concedo.> disse Nomad
ad Alfonso.
Le due ragazze se la diedero a gambe,
spaventate.
Estevez cercò di estrarre la sua pistola, ma
fu troppo lento: Jack gli piombò addosso come un falco, gli afferrò il polso e
glielo strinse tanto fino a fargli mollare l’arma.
<Ok Alfonso, te lo dico chiaro e
tondo: voglio sapere da te quando e dove arriverà il prossimo carico.>
<Fottiti, hijo de puta.> rispose con sdegno il latino.
Nomad lo colpì forte allo stomaco con un
pugno.
<Ricominciamo. Dove e quando
arriverà il prossimo carico, Alfonso?>
<C-Chi ... chi sei, tu?>
Un altro pugno, stavolta in faccia,
gli ruppe il naso, facendoglielo sanguinare.
Nomad lo prese per il bavero, lo sbattè contro l’auto e gli afferrò la mandibola.
<Ok te lo spiego meglio: se tu non
mi dici quello che voglio sapere, prima di faccio saltare tutti i denti. Poi ti
spezzerò la mascella. Dopo di che passerò alle costole e dopo ...>
<OK, OK, N-NON COLPIRMI PIU’!
PARLERO’, PARLERO!> lo implorò l’uomo, con ormai la camicia completamente
imbrattata di sangue.
<A-Aspettiamo un carico dopo domani
all’una di notte, al molo 16. Arriverà su una barca battente bandiera
panamense.>
<Come si chiama la barca?>
<E- Elvira.>
<Non mentirmi Alfonso. Non provarci
neppure o tornerò più incazzato.
<N-NO, NO, NON STO MENTENDO. È LA
VERITA, TE LO JURO!>
Jack lo colpì alla tempia, mandandolo
K.O.
Non poteva permettergli di avvisare i
suoi complici, doveva far si che Alfonso stesse fuori
dal giro per un po’ di tempo.
Jack aveva sequestrato della droga a
degli spacciatori. La mise addosso a Estevez e lo
privò del portafogli, dopodiché prese il cellulare e fece una soffiata alla
polizia.
Senza documenti, con addosso della
droga e un arma da fuoco sicuramente non registrata, Alfonso Estevez sarebbe rimasto al fresco per un po’.
Giusto il tempo che serviva a Nomad per mandare a monte la transazione dei suoi compari.
Miami
Beach
In quello stesso momento, dall’altra parte
della baia, Giscard Epurer si godeva il panorama
sorseggiando un Cuba Libre.
Nessuno
sapeva veramente molto dell’uomo che amava definirsi Banchiere di Favori e lui
stesso alimentava le leggende sul proprio passato rendendo, di fatto,
indistinguibile la realtà dalla fantasia.
Nel
corso degli anni aveva intessuto una vera e propria ragnatela di conoscenze da
un lato all’altro della Legge, accumulando informazioni preziose.
Si
faceva pagare care le sue consulenze, ma spesso invece di soldi pretendeva un
qualche favore da riscuotere quando ne avesse avuto bisogno per sé o per altri
da qui il suo soprannome.
Era
solito tenere un basso profilo ma chi aveva bisogno dei suoi servigi sapeva
sempre come trovarlo.
Era
il caso dell’uomo con cui era al telefono in quel momento.
<Incontrare
Jack Monroe a Miami proprio al momento giusto è stato un colpo di fortuna di
cui ho immediatamente approfittato.> stava dicendo.
<<Decisamente
un’ottima idea, Mr. Epurer.>> approvò l’uomo dall’altra parte <<Mi diverte l’idea che proprio Nomad si ritrovi a lavorare inconsapevolmente per me. È un
po’ … impetuoso ma farà un ottimo lavoro.>>
<Non
dovrei essere io a dirlo, ma ha orchestrato un piano piuttosto complesso.>
<<Le partite a
scacchi spesso richiedono strategie complicate per arrivare allo scacco
matto.>>
<Interessante
metafora. Anch’io uso strategie simili. Tuttavia le pedine umane sono difficili
da controllare, lei più di tutti dovrebbe saperlo, Mr. Fisk.>
<<Non ho remore ad
ammettere occasionali fallimenti ma stavolta le mie pedine saranno spinte dalla
loro stessa etica a fare quello che mi aspetto da loro. Salveranno il mondo
come loro solito ma stavolta lo faranno per me.>
E
dal suo bungalow Wilson Fisk si concesse un sorriso.
Contea di Major,
Oklahoma.
L’aereo
fortunatamente era precipitato lontano da un centro abitato: l’atterraggio
d’emergenza era avvenuto presso una delle grandi pianure dello stato
dell’Oklahoma.
<State
tutti bene?> chiese Sharon.
<Sballottati
ma interi.> rispose Diamante.
<Ma
come cazzo è successo?> imprecò Paladin <Il jet
filava dritto, com’è che ci ha mollati sul più bello? Con tutta la grana che
ha, il vecchio Muldoon non può permettersi di
risparmiare sulla qualità ...>
L’incidente
sembrava essere dovuto ad un guasto tecnico, ma l’istinto di Sharon le faceva
respingere questa ipotesi.
Entrò
nella cabina di pilotaggio e si rivolse ai due piloti:
<Che
è successo?> chiese al comandante.
<Il
motore di sinistra ci ha mollato e poi quello di destra ha fatto lo stesso.>
rispose quello <Una cosa davvero incredibile. I motori erano stati appena
revisionati. Per fortuna ci trovavamo sopra un posto adatto per un atterraggio
di emergenza.>
Fortuna
o calcolo premeditato? Sharon non potè fare a meno di
chiederselo. Quando si accorse che la radio di bordo non funzionava e non c’era
campo per i cellulari ed era, quindi, impossibile chiamare soccorsi, i suoi
sospetti divennero una certezza.
Lei
e Yukio scesero dall’aereo.
Intorno a loro erano tutte rocce e sabbia
rossa tipica del deserto, eppure la giovane ninja avvertiva chiaramente la
presenza di qualcuno.
<Siamo
sotto attacco.> disse Yukio senza remore.
<Dannazione!
Lo sapevo.> imprecò Sharon.
Dalle ombre emersero infatti delle minacciose
figure.
Alla
loro testa una donna bionda in tuta verde, con tanto di mantello e parti di
armatura.
Vista
l’importanza dell’incarico, Belladonna Boudreaux era
scesa in campo personalmente.
Con
lei c’erano due dei più pericolosi membri della sua confraternita:
l’afroamericano dai capelli bianchi Clay e il misterioso Harvester,
con le sue inseparabili lame che non facevano intendere nulla di buono.
<È
la Loggia degli assassini!> li riconobbe Paladin,
aprendo il fuoco verso di loro.
Lo
scontro tra le due fazioni, com’era facile prevedere, era inevitabile e scoppiò
in tutta la sua ferocia.
La
Loggia degli assassini non era sola però: quella dei ladri, comandata da
Jean-Luc LeBeau e composta per l’occasione da sua
nuora Mercy e i nipoti Emil Lapin e Theoron Marceaux, si avvicinavano
silenziosamente all’aereo.
<Perquisiamolo.
Il nostro obiettivo potrebbe essere ancora a bordo.> disse l’uomo.
Non
appena furono dentro, però, un’inaspettata sorpresa li attese.
<Ciao
ragazzi...> disse Diamante, con una falsa voce suadente che mascherava
l’aggressività con cui s’avventò sui ladri.
Non
era la prima volta che la squadra di Sharon si trovava a combattere per la
vita, ma colti di sorpresa, questa volta si trovava in netto svantaggio, specie
quando il mutante Clay, grazie al suo potere di sdoppiarsi, aumentò il numero
dei loro avversari.
Sharon
incrociò le armi con Belladonna.
<Se
ti arrendi potrò concederti una morte veloce.> le disse quest’ultima.
<Tu
lo faresti? Accetteresti una proposta del genere?> rispose con astio Sharon,
mentre evitava un colpo e cercava di sferrarne uno a sua volta.
<Probabilmente
no. Ma non sono io quella ad avere bisogno di clemenza.> disse ancora la
creola.
<Non
morirò senza combattere!> ribadì di nuovo Sharon.
Uno
dei doppi di Clay, non visto, le spuntò alle spalle e le puntò un coltello alla
gola.
<Come
vuoi tu, allora.> disse il doppione, in procinto di tagliarle la gola.
CONTINUA ....
NOTE DEGLI AUTORI
Che dire? Non molto di più di quello
che è detto nella storia e quindi ci limiteremo a presentare i personaggi che
appaiono nel corso della vicenda:
1) Lo
Straniero (The Foreigner in originale) è stato creato
da Peter David & Mark Beachum su Spectacular Spider Man Vol. 1° #115 datato giugno 1986.
2) Clay
è stato creato da Peter David & Pablo Raimondi su Madrox
#2 datato dicembre 2004.
3) Emil
Lapin è stato creato da Howard Mackie & Mike Weiringo su Rogue Vol. 1° #3
datato marzo 1995.
4) Theoron Marceaux è stato creato da Fabian Nicieza
& Yanick Paquette su Gambit Vol. 3° #16 datato maggio 2000.
5) Mercy LeBeau
è stata creata da Fabian Nicieza & Yanick Paquette su Gambit Vol. 3° #16 datato maggio 2000.
6) Harvester è stato
creato da Christopher Yost & Ryan Stegman su Scarlet Spider Vol. 2°
#3 datato maggio 2012.
7) Nota
di Continuity: Nick Fury
appare qui poco prima della fine di Nick Fury #15.
Nel
prossimo episodio: azione, mistero e molto di più.
Carlo & Carmelo
[1] Piatto tipico della
cucina cajun a base di carne o pesce, riso e vegetali.
[2] E se ne volete sapere di
più leggete il nostro Nick Fury.
[3] Nell’ultimo episodio.
[4] Glavnoye Razvedyvatel'noye Upravleniye. Direzione Principale Informazioni, il servizio segreto militare russo.
[5] A proposito del quali consigliamo
di leggere Marvel Knights #109/110