Washington D.C.,
Capitale degli Stati Uniti.
Alberto
Rodriguez doveva testimoniare davanti ad una speciale Sottocommissione del
Senato su una questione decisamente scottante: l’immigrazione.
Era
un fatto notorio che dal Messico e da altri paesi dell’America Latina decine,
centinaia, presumibilmente migliaia di disperati tentavano di attraversare la
frontiera degli Stati Uniti.
Viaggiavano
in condizioni proibitive, spesso ammassati come bestie in spazi angusti e molti
morivano durante il viaggio e se anche sopravvivevano erano spesso sottoposti
ad angherie e violenze, spogliati dei loro miseri averi dai cosiddetti coyotes.
Alcuni
riuscivano nell’impresa e si disperdevano per il vasto territorio americano in
cerca di migliori condizioni di vita.
Altri
venivano fermai e rimandati indietro o trattenuti in campi di detenzioni spesso
in condizioni disumane, i figli separati dai genitori.
Alberto
Rodriguez era il leader di un’organizzazione no profit che si batteva da tempo
per rovesciare questa situazione, per un accoglienza più umana e magari per
un’amnistia generale che concedesse il permesso di soggiorno a chi avesse
potuto dimostrare di avere un lavoro.
Questo
avrebbe voluto dire al Senato ma non potè farlo
perché non si presentò all’audizione.
I
suoi amici e compagni, allarmati perché non rispondeva al telefono, lo
cercarono dappertutto ed infine lo trovarono riverso sul pavimento della stanza
che aveva preso in un hotel di Pennsylvania Avenue.
Apparentemente
aveva avuto un infarto del miocardio che lo aveva ucciso in pochi minuti.
Doveva
essere accaduto poco dopo il suo rientro da una cena nel ristorante dell’hotel.
Sarebbe
stata classificata come morte accidentale se un medico legale particolarmente
coscienzioso non avesse scoperto un minuscolo forellino all’altezza del
polpaccio destro.
Avrebbe
potuto scambiarlo per una banale puntura d’insetto, se non fosse che le
circostanze gli avessero riportato alla mente gli anni di studio, in cui si era
documentato sulla tecnica di assassinio usata dai servizi segreti del defunto
Blocco Sovietico nota con il nome di ombrello bulgaro.
Le
caratteristiche erano le medesime.
Il
medico ordinò allora una serie di analisi il cui risultato confermò i suoi
peggiori sospetti: nell’organismo di Alberto Rodriguez c’erano tracce di un
derivato della ricina, un veleno potentissimo.
Alberto
Rodriguez era stato assassinato.
#42
SEGRETI
E BUGIE
di
Carlo Monni & Carmelo Mobilia
Villa Carter,
Virginia.
Sharon
Carter guardò le persone davanti a lei: Paladin, dal
passato misterioso e dal fascino da bel tenebroso che aveva fatto colpo anche
su di lei; Rachel Leighton alias Diamante, ex
supercriminale che era stata a fasi alterne da un lato o dall’altro della Legge;
Yukio, ninja giapponese dalla moralità elastica ed un gusto esagerato per il
pericolo e le sfide impossibili.
Erano
la sua squadra e con loro al suo fianco avrebbe potuto scendere anche
all’Inferno e sfidare il Diavolo in persona.
<Ho
un nuovo incarico.> disse Sharon <Dobbiamo recuperare un documento
rubato. Saremo pagati molto bene ma se staremo attenti non correremo
rischi.>
<E
dov’è l’inghippo?> chiese Diamante <Perché c’è, non è vero?>
Sharon
abbozzò un sorriso. Rachel non era una stupida e del resto, se non fosse stato
così Steve non si sarebbe mai messo con lei. Avevano questo in comune loro due.
Inutile
girarci intorno. Sharon andrò dritta al punto:
<Il
nostro committente è Wilson Fisk.>
<Vuoi
dire che lavoreremo per Kingpin?> esclamò Rachel
< Steve non approverebbe, lo sai.>
<Steve
non è qui.> ribatté Sharon <Fisk ci aveva detto
che un giorno ci avrebbe richiesto un favore in cambio dell’aiuto che ci ha
dato nell’affare Koch, beh quel momento è arrivato ed io non ho potuto dire di
no. Se avete degli scrupoli di coscienza, potete rifiutarvi e non ve ne vorrò.
Io andrò comunque anche da sola.>
<Se
l’onorario è buono, e Fisk è sempre stato uno che
paga bene, io ci sto.> disse Paladin.
<Io
ho lavorato per Fisk in passato per Fisk e non ho avuto da lamentarmi.> aggiunse Yukio.
<A
quanto pare, siamo tutti d’accordo.> commentò Diamante.
<Anche
tu ti aggreghi, allora?>
<Certo.
Steve non mi perdonerebbe mai se ti lasciassi andare da sola a metterti nei
guai… e poi, è vero che Fisk paga bene e neanche a me
dispiacciono i quattrini.>
Sharon
sorrise e disse:
<Bene,
ora possiamo passare ai dettagli dell’operazione.>
<Non
aspettiamo Nomad?> chiese ancora Diamante
<Magari ha qualcosa da dire.>
<Lui
non verrà.> rispose Sharon.
Il
suo tono faceva capire chiaramente che l’assenza di Jack Monroe era un
argomento di cui non voleva discutere. Solo Paladin
sapeva perché. [1]
Alle
spalle di Sharon si accese uno schermo e vi apparve il volto di un uomo che
dimostrava tra i cinquanta ed i sessant’anni, capelli castani, a parte le
tempie imbiancate.
<Questo
è Harry Ebbing.> spiegò Sharon <Fondatore,
principale azionista e Presidente della Dynaco, una
società attiva nel campo della produzione e distribuzione di energia con sede a
New Orleans. È a lui che dovremo sottrarre la famigerata chiavetta.>
<Gentile
eufemismo per rubare.> commentò, divertita, Diamante.
Sharon
non si scompose e proseguì la sua esposizione:
<Giusto
per tranquillizzarvi la coscienza, se ne avete una, Ebbing
non è esattamente un santo: alcuni anni fa è stato condannato per insider
trading ed altre pratiche commerciali scorrette. Una volta scontata la pena ed
uscito di carcere, si è rimesso in affari. Non è chiaro dove abbia trovato i
capitali per finanziare le sue nuove attività. Ci sono sospetti che le sue
società riciclino il denaro dei i trafficanti di droga e di esseri umani che
operano nella zona del Golfo del Messico ma finora le autorità federali e
locali non sono riuscite a dimostrarlo ->
<Ho
sentito parlare di Ebbing.> intervenne Paladin <La sua specialità è acquistare piccole società,
quotarle in borsa aumentandone artificialmente il valore con manovre speculative
e poi vendere al momento giusto lasciando i piccoli azionisti con un pugno di
mosche.>
<Esatto.>
convenne Sharon <Ci sono voci che sia in trattative con la Roxxon e la Kronas per cedere la
sua azienda ma potrebbero essere state diffuse ad arte da lui stesso per
aumentare il valore delle azioni.>
<Una
sorta di Gordon Gekko[2]
insomma.> disse ancora Rachel <Sapere che è quasi certamente un farabutto
in guanti bianchi rende più stimolante derubarlo.>
Sharon
abbozzò un sorriso mentre alle sue spalle passavano altre immagini la prima
delle quali apparteneva ad un giovanotto sui trent’anni dai capelli color rame:
<Questo
è Dermot Leary, il braccio
destro di Ebbing.> spiegò.
<Bel
ragazzo.> disse Yukio.
<Bel
faccino ma anima nera, mi sbaglio?> replicò Rachel.
<Hai
ragione.> convenne Sharon mentre alle sue spalle compariva la foto di una
bella rossa sui venticinque anni.
<Questa
è Alice, la giovane moglie di Ebbing.>
<In
pratica una classica moglie trofeo. Così a occhio, direi che ha circa la metà
dei suoi anni. Scommetto che l’ha sposato per i suoi soldi e che deve essere
molto brava a letto.>
Sharon
gli rivolse un’occhiataccia a cui lui rispose con un sorrisetto ironico.
Alle
spalle della donna apparvero due nuove foto: quella di una villa nel classico
stile del Vecchio Sud e quella di un grattacielo nel centro finanziario di New
Orleans.
<La
villa di Ebbing e la sede della Dynaco.
La chiavetta che cerchiamo dovrebbe essere in uno dei due posti. Dobbiamo
scoprire in quale.. Yukio e Diamante si occuperanno della villa e Paul ….
Voglio dire Paladin ed io della Dynaco.>
<Un
po’ mi dispiace perdere l’opportunità di sorprendere la bella mogliettina in
baby doll.> commentò Paladin.
<Devi
sempre fare battute stupide? Non puoi essere serio ogni tanto?>
<E
rovinare il mio personaggio? Giammai!>
Sharon
lo fulminò con lo sguardo e continuò:
<Ed
ora veniamo al piano d’azione…>
Miami, Florida.
“Miami non è un brutto
posto dove vivere se reggi la droga, la morte, le pistole, l’ostentazione, il
sole, le donne, le sbronze e i guai” disse
una volta Jack Monroe riguardo quella città.
“È certo il posto migliore, se ti piace
questo genere di roba.”
Essendo
un girovago Nomad non era tipo da tornare spesso
nello stesso posto, ma dopo lo schiaffo emotivo che aveva subito, aveva bisogno
di un posto da dove ripartire.
Miami
era un posto buono come un altro, disse a se stesso, ma in realtà non era solo
per questo motivo.
Miami
rappresentava lui il posto da dove molti eventi importanti della sua vita erano
cominciati.
L’incontro
con Priscilla Lyons, per esempio... il suo primo, vero amore, e dove cominciò
la sua guerra ai narcotrafficanti, contro Slug,
prima, e con Umberto Safilios dopo.
Il
genere di vermi che adorava schiacciare.
Quando
il rombo della sua moto cessò Jack si ritrovò a fissare il molo e si, pensò che
per lui quello rappresentava un ottimo punto da dove ripartire, ora che aveva
chiuso con i giochini da spia.
Aveva
cominciato per aiutare Steve, la cui opinione per lui contava ancora molto, e
poi aveva proseguito perché si era innamorato di Sharon, ma dopo che lei aveva
preferito quell’idiota arrogante di Paladin a lui, si
era reso conto che quello non era il suo mondo e non aveva più alcun motivo per
restarci.
Dare
la caccia ai criminali come Slug e Safilios invece era lo scopo della suo vita, e dunque era
da lì che voleva riprendere.
Riflettendo
su questo, si fermò in un locale alle porte di Miami per rifocillarsi, ma non
si accorse che il suo arrivo non passò inosservato: venne infatti notato da uno
degli avventori.
<Incredibile.
È veramente lui.> pensò l’uomo che lo fissava.
Connecticut.
Era
l’ultimo giorno di scuola e gli allievi della Lee Academy si preparavano al
ritorno a casa per le vacanze.
Tutti
erano eccitati, tutti tranne Hiram Riddley e la cosa
non sfuggì ad uno dei suoi insegnanti che gli si avvicinò:
<Qualcosa
non va, Hiram?>
<Nulla,
Professor Rogers.> rispose il ragazzo.
<Ne
sei proprio sicuro?> insistette Steve Rogers.
<Beh…
è che tutti hanno una casa o qualcuno a cui tornare ma io.>
La
madre di Hiram era morta dopo che un rapinatore le aveva sparato. Steve capiva
bene come si sentiva Hiram: anche lui aveva perso entrambi i genitori poco
prima di compiere 18 anni.
<Ho
saputo che una tua zia verrà a prenderti domani quindi non sei proprio
solo.>
<Quasi
non mi conosce. E se non andassimo d’accordo? Se non le piacessi?>
<Non
credo che correrai questo rischio. Tu sei un ragazzo in gamba e se lei è come
tua madre, sarà sicuramente una brava persona.>
<Speriamo.>
Parlarono
ancora un po’ e poi si salutarono. Steve prese la sua auto e si diresse verso
la villetta a due piani che da un bel po’ di tempo era la sua casa.
Parcheggiò
nel vialetto ed entrò.
<Bentornato
Rogers.> lo salutò una voce conosciuta.
Seduto
comodamente su una poltrona del salotto c’era il Direttore dello S.H.I.E.L.D.
Nick Fury in persona.
Virginia.
<Mi
prometti che farai la brava e che obbedirai a Martha?>
<Si
mamma.> rispose la piccola Shannon.
Sharon
l’abbracciò con il tipico trasporto di chi deve lasciare la propria figlia ma
non ne ha alcuna intenzione.
La
nuova governante guardava intenerita. Non sapeva di preciso qual’era
il mestiere di Sharon, di cosa si occupasse, ma sapeva che era molto rischioso
e che ogni volta che salutava così la figlia poteva essere l’ultima.
<Posso
restare alzata a guardare Gravity Falls sul
tablet?>
<Non
fino a tardi però, intesi tesoro?>
<Ok.>
<Al
mio ritorno ti prometto che riprenderemo la nostra vacanza, va bene?>
<Ma
quando torni?> chiese la piccina.
<Non
lo so tesoro. Ma presto.>
<Perché
non invitiamo anche papa?>
Sharon
non seppe cosa rispondere. Shannon aveva saputo solo di recente che Steve
Rogers era suo padre ed anche se loro due avevano preso strade molto diverse
non poteva negare a sua figlia un rapporto con lui. Doveva rifletterci su.
<Forse.>
si limitò a rispondere.
Le
diede un altro bacio, un altro forte abbraccio e poi andò verso l’auto che
l’aspettava nel vialetto, dove ad aspettarlo c’era Paladin
in borghese.
<Sei
pronta capo?>
<Guido
io.> disse la donna, in tono autoritario.
Red Hook, Brooklyn, New York.
James
Buchanan Barnes uscì dalla doccia e, in accappatoio, andò verso il soggiorno,
dove vide Yelena Belova accovacciata sul divano,
rannicchiata sotto le coperte a guardare la TV.
A
vederla così, vulnerabile e tenera, non pareva possibile che quella fosse una
delle donne più letali del mondo.
Spesso
la sua durezza e la sua freddezza facevano dimenticare che Yelena era una donna
molto giovane, con meno di trent’anni.
Buck
sapeva bene che era un privilegio vederla in quello stato. Entrambi vivevano
tenendo emotivamente a distanza gli altri, e avevano trovato l’uno nell’altro
qualcuno con cui aprirsi e potersi lasciarsi andare.
Si
avvicinò al divano e vide cosa stava guardando alla tele.
<Hockey?
Sul serio?>
<Mi
facevi più una tipa da balletto?> chiese la ragazza.
<No,
è solo che... non lo so. Sono sorpreso.> sorrise lui.
Era
raro per loro due godersi una serata da normale coppia. Per entrambi era una
piacevole novità, dopo anni passati in perenne servizio.
<Ti
va di andare a cena fuori?> le domandò.
<No,
ordiniamo qualcosa e restiamo a casa.>
<Non
ti facevo così pigra.>
<Mangiare
schifezze sul divano guardando lo sport non è una tradizione americana? Mi sono
adeguata.>
La
loro attenzione fu richiamata da un servizio del TG, che interruppe il
programma sportivo.
Il
primo servizio fu dedicato all’omicidio Rodriguez.
Entrambi
ebbero una sensazione di dejà vu, nel sentire la notizia.
<Il
trucco dell’ombrello bulgaro.> fece notare lui.
<Senza
dubbio.> ribadì lei.
<Chi
poteva avere interesse ad uccidere un attivista e farlo passare per morte
naturale?>
<Non
noi russi. Non avremmo alcun interesse nella sua morte.>
<Ne
sei certa? Eppure era una tipica esecuzione in stile KGB. Ricordo di aver
ucciso un politico americano allo stesso modo, nel ’64.>
<Ne
sono piuttosto sicura.> rispose di nuovo Yelena.
Bucky rimase perplesso. Aveva imparato ad
assecondare il suo istinto, e quello gli diceva che quella sensazione di dejà vu che provava non era casuale.
New Orleans,
Louisiana.
L’auto
si fermò davanti un palazzo adibito ad ufficio ne scesero un uomo ed una donna
vestiti elegantemente che portavano occhiali da sole firmati. Erano Paladin e Sharon Carter ma ovviamente non fu con questi
nomi che si presentarono all’ingresso.
<Margaret
Atwell e Paul Louis Dean.> disse Sharon
<<Abbiamo un appuntamento con Mr. Ebbing.>
La
ragazza alla reception fece una chiamata:
<Mr Dean e Miss Atwell per Mr. Ebbing. Devo farli salire?>
Evidentemente
la risposta era stata positiva perché la ragazza disse:
<Quindicesimo
piano. All’uscita dall’ascensore vi daranno un badge e sarete scortati da Mr. Ebbing.>
I
due ringraziarono e si avviarono all’ascensore. Pochi minuti dopo erano al
piano dove li attendeva un uomo ai cui lati c’erano due guardie in uniforme.
<Sono
Dermot Leary, vi accompagnerò
da Mr. Ebbing. Vi prego di mettere al bavero della
giacca questi badge.>
I
due eseguirono l’operazione, e seguirono Leary fino
ad un ufficio. Al loro ingresso Harry Ebbing, che era
seduto dietro ad una scrivania di noce, si alzò e li salutò invitandoli a
sedersi mentre Dermot Leary
restava in piedi accanto alla porta.
<Se
ho ben capito, siete interessati alla mia azienda…>
Fu
la donna a parlare per prima:
<Rappresentiamo
il Gruppo HC, un fondo finanziario internazionale che sarebbe molto interessato
ad investire nella sua impresa.>
Seguì
una serie di chiacchiere sulla presunta trattativa ed alla fine Ebbing porse loro la mano e disse:
<Bene,
Miss Atwell, Mr. Dean… posso assicurarvi che valuterò
attentamente la vostra interessante proposta. Vi chiamerò al numero che mi
avete dato entro lunedì per farvi sapere la mia decisione.>
Leary li scortò nuovamente, all’ascensore
dove riprese i badge e gli fece firmare un registro. Pochi minuti dopo erano
fuori diretti verso la loro auto.
<Quel
Leary era più interessato alle tue gambe che ai tuoi
discorsi, te ne sei accorta?> disse Paladin in
tono scherzoso.
<Buffone.>
replicò lei.
<Scherzi
a parte, complimenti: hai recitato alla perfezione il ruolo della donna
d’affari.>
<Mi
preparo sempre meticolosamente quando devo interpretare una parte. Un buon
agente segreto deve essere anche un buon attore.>
<Allora
tu potresti candidarti all’Oscar. Mi chiedevo… Ebbing
deve aver fatto dei controlli su quel fondo che hai nominato.>
<Esiste
veramente. È una società di copertura dello S.H.I.E.L.D. e Margaret Atwell figura realmente tra i suoi dirigenti, è uno dei
miei alias ovviamente.>
<Ovviamente.>
<Alla
chiamata di Ebbing ha risposto qualcuno che con
gentilezza gli ha spiegato che Margaret Atwell e
Philip Louis Dean lavoravano effettivamente lì ma non erano disponibili perché
in viaggio d’affari su cui non chi ha risposto non era autorizzato a fornire
particolari.>
<Tutto
qui? Da quanto ne so, tu non sei più un agente dello S.H.I.E.L.D., perché
avrebbero dovuto coprirti… e coprire anche me?>
<Procedura
standard. Ovviamente la cosa è stata segnalata a Nick Fury
che ha sicuramente detto di confermare tutto se qualcun altro avesse
richiamato.>
<Uhm…
non dirmi che anche Fury subisce il tuo fascino.>
Sharon
fece un sorrisetto e replicò;
<Nick
si sente in colpa per avermi mandato anni fa in una missione segretissima in
cui sono quasi stata ammazzata… ed ho subito anche di peggio.>
<C’entra
il Tap-Kwai e quel generale che hai fatto secco
quando siamo andati lì?>[3]
<Non
intendo parlarne adesso.> replicò Sharon e la durezza dei suoi occhi fece
capire a Paladin che non era il caso di insistere.
Mentre
prendevano posto in auto Sharon chiese al suo compagno di squadra:
<Hai
registrato tutto?>
<Sì,
queste microcamere negli occhiali sono eccezionali. Non è roba che si trova nei
comuni negozi di elettronica.> rispose lui.
<Quando
mi sono dimessa, ho… dimenticato di restituire un po’ di equipaggiamento e
nessuno me l’ha richiesto indietro.>
Paladin rise divertito.
<Sei
decisamente il mio tipo di donna, Miss Carter.>
<Credevo
che non avessi un tipo.>
<Devi
conoscermi meglio, dolcezza.>
<Ti
conosco già abbastanza.>
Florida.
Un
uomo elegante si alzò dal suo tavolo e si avvicinò a quello di Jack Monroe..
<Questa
sì che è una sorpresa interessante.> disse <Dicevano che eri morto,
Monroe.>
Jack
alzò gli occhi verso l'uomo e disse:
<Deve
avermi scambiato per qualcun altro, mister. Io mi chiamo Jim Madison e non l'ho
mai vista prima d'ora.>
L'uomo
si sedette davanti a lui e con calma replicò:
<Sei
decisamente un pessimo bugiardo, Monroe. Non sei cambiato abbastanza in questi
anni da potermi ingannare. Hai accorciato i capelli ma porti ancora gli stessi
occhiali a specchio e quello smanicato da teppista.>
Negare
ulteriormente sarebbe stato da stupidi, e Jack lo sapeva bene. Fece una smorfia
e rispose infastidito con una battuta.
<Fa
troppo caldo per indossare il trench, suppongo.>
<In
realtà sapevo che non eri morto> proseguì l’altro <Ed ero certo che prima
o poi le nostre strade si sarebbero incrociate di nuovo.> disse ancora
l’uomo, mostrandogli un sorriso saccente
<A proposito, come sta la piccola Bucky? Si trova bene con i suoi genitori adottivi? Sono
certo che lo sai.>
Jack
serrò le labbra ed i pugni, poi si rilassò e rispose:
<Sta
benissimo, è felice e sono convinto che lo rimarrà finché io e te le staremo
lontani, Epurer.>
Giscard
Epurer, noto anche come il Banchiere dei Favori, si
limitò a fare un sorrisetto, poi replicò:
<Ammetto
che né e io né tu vinceremmo mai il premio come “genitore dell'anno” ma non
parliamo di questo. La fortuna ha voluto che tu arrivassi da queste parti
proprio al momento opportuno per risolvere un mio seccante problema.>
<Non
ti devo niente, Epurer. Per colpa delle tue
manipolazioni la madre di Bucky è morta ed io sono
stato quasi ammazzato.>[4]
<Ma
una pericolosa organizzazione neonazista è stata distrutta, non credi che ne
sia valsa la pena?>
Jack
tacque per qualche istante poi disse:
<Vieni
al punto, Epurer.>
<Ti
piacerà: si tratta di rovinare i piani di un’organizzazione di trafficanti di
droga, armi ed esseri umani.>
<Dimmi
di più.> replicò, semplicemente, Jack.
<Ah,
sapevo che avrebbe risvegliato il tuo interesse.> affermò, ridacchiando,
Giscard.
Jack
doveva ammettere che quell’uomo sapeva come spingere i tasti giusti con lui- ma
non poteva farci nulla.
Connecticut.
Steve
Rogers non era tipo da sorprendersi troppo, specie quando c'era di mezzo Nick Fury.
Il
fatto che Nick non fosse in divisa ma in abiti borghese gli fece intuire che
quella non era una delle solite visite per affibbiargli una qualche missione
rognosa.
Si
chiuse la porta alle spalle, avanzò verso il suo visitatore e disse:
<Le
tue visite sono sempre gradite, Nick, ma ogni tanto potresti anche avvisare che
passerai.>
<Mi
piace fare delle sorprese agli amici.>
<In
questo sei un vero maestro, peccato che le tue sorprese di solito portino guai.
Di che si tratta stavolta? Deve essere roba grossa se ti sei scomodato a venire
di persona.>
<Che
tu cui creda o no, avevo solo voglia di vedere un amico. Quanto ai guai, l'Hydra me ne sta dando più che abbastanza anche a livello
personale.>[5]
<Parli
di tuo figlio, Mike? Ho sentito che è stato sostituito da un clone[6]
e….>
<È
ancora vivo, ne sono sicuro. Quel verme di Strucker
non rinuncerebbe mai a tormentarmi tenendolo prigioniero magari per avere il
piacere di ucciderlo davanti ai miei occhi, piacere che non intendo dargli.>
Steve
sapeva esattamente come si sentiva Nick. Da quando aveva appreso dell’esistenza
di sua figlia Shannon non passava giorno che non pensasse rammaricandosi di
essere troppo assente dalla sua vita. Forse Fury si
stava illudendo ma non sarebbe stato lui a puntualizzarlo.
<Se
posso fare qualcosa, Nick, conta pure su di me.> disse con convinzione.
<Grazie,
sapevo che avresti reagito così e te ne sono grato.>
I
due uomini rimasero in silenzio per un po’ poi Fury
disse:
<Immago
che un dannato salutista come te non abbia della birra in frigo.>
<Immagini
giusto, Nick.>
<Speravo
che quello schianto della Puentes ti avesse traviato
almeno un po’. A proposito, dov’è adesso?>
<Aveva
qualcosa da discutere con un suo cugino a New York. Ha detto che mi avrebbe
spiegato tutto al suo ritorno.>
<Le
donne, un mistero insondabile per noi poveri maschietti. Beh, immagino che da
queste parti ci sia qualche locale dove trovare del whisky e della birra
decenti, che ne dici di accompagnarmi?>
Steve
sentiva che non era solo la rimpatriata con un vecchio amico che Nick stava
cercando e così replicò:
<Mi
farà molto piacere, Nick.>
New Orleans.
La
squadra aveva preso alloggio in uno dei migliori Hotel della “Big Easy “[7],
dove, a quanto pareva, Paladin, o meglio Monsieur
Dean, era un cliente conosciuto ed apprezzato e gli fu assegnata una delle
migliori suite. Il fatto che fosse in compagnia di tre donne non parve
suscitare particolare sorpresa o meraviglia tra il personale.
Sharon
e Paladini cenarono nel ristorante dell’hotel mentre le altre due preferirono
farsi portare la cena in camera.
Paladin ordinò anche
per Sharon le specialità locali e discusse con il sommelier il vino. Alla fine
della cena lasciò una mancia molto generosa. Sharon ammise tra sé e sé che
poteva anche essere uno sbruffone ma aveva stile.
Subito
dopo salirono nella suite. Sharon fece un sorrisetto pensando che l’azione che
li attendeva quella sera sarebbe stata ben diversa da quella che forse si
immaginava il personale dell’hotel. Pochi minuti dopo quattro figure
abbandonavano la suite usando una specie di deltaplano.
Un
breve volo li portò sopra il palazzo dove aveva sede la Dynaco.
Atterrarono, si sbarazzarono delle imbracature e raggiunsero la porta d’accesso.
Fu un gioco da ragazzi per loro forzarne la serratura.
Sharon
si rivolse a Diamante e Yukio:
<Voi
restate qui di guardia a scanso di sorprese.>
<Insomma
ci volete privare del divertimento.> ribatté Yukio.
<Dubito
che ci sarà quello che tu chiami divertimento.> tagliò corto Sharon.
Lei
e Paladin raggiunsero il quindicesimo piano usando le
scale. Sharon azionò un congegno che spegneva tutti gli allarmi elettronici.
<Ora
dobbiamo solo sistemare le guardie.> disse..
<Nulla
di più facile.> affermò Paladin.
Aprì
con cautela la porta che dalle scale dava nel corridoio e vide un uomo in
uniforme fermo davanti alla porta della Dynaco ed un
altro che percorreva il corridoio.
<Io
prendo quello alla porta, tu quello che sta venendo verso di noi.>
Sharon
annui. Avrebbe preferito qualcosa di più soft ma non c’era scelta.
Spalancarono
la porta e contemporaneamente Paladin sparò alla
guardia alla porta mentre la seconda riceveva un calcio in faccia da Sharon.
L’azione
era durata solo un paio di secondi e le due guardie erano a terra.
<Con
cosa l’hai colpito?> chiese Sharon a Paladin
indicando l’uomo steso a terra davanti alla porta della Dynaco.
<Scarica
elettrica ad un’intensità tale da metterlo fuori combattimento senza grandi
danni. Si risveglierà con un po’ di nausea e mal di testa. Il tuo, temo invece
che avrà bisogno di un buon dentista.>
Sharon
scrollò le spalle e si mise al lavoro sulla serratura della porta aprendola
rapidamente.
Con
altrettanta rapidità ed efficienza raggiunsero l’ufficio di Ebbing
e vi entrarono.
Gli
occhiali speciali che lei e Paladin avevano indossato
durante la loro visita avevano rivelato l’esistenza di uno scomparto segreto
nascosto in una parete. Considerato che incassata nella parete c’era incassata
una cassaforte a muro, a cosa serviva quell’ulteriore scomparto se non a
nascondere qualcosa che Ebbing considerava veramente
prezioso. Sharon avrebbe scommesso qualunque cosa che fosse proprio quello che
cercavano.
Quando
riuscì ad aprire lo scomparto in questione vide che l’unica cosa al suo interno
era proprio una chiavetta USB.
<Bingo!>
esclamò soddisfatta.
<Vi
consiglio di restare fermi dove siete.>
Sharon
non ebbe bisogno di girarsi per sapere che era la voce di Dermot
Leary. Che ci
faceva lì a quell’ora? Non aveva molta importanza. Ciò che contava era che si
erano fatti sorprendere come dilettanti. Sharon era furiosa con se stessa. Come
aveva potuto essere così disattenta?
Leary proseguì::
<Siete
sotto il tiro di due uomini armati più il sottoscritto. Alzate le mani e voltatevi
lentamente, molto lentamente.>
Sharon
strinse le labbra e si preparò a reagire.
Non
ne ebbe il tempo. Si udì il rumore di un finestra infranta e subito dopo un
grido acuto.
Prima
che potessero abbozzare una reazione una donna giapponese in calzamaglia colpì
gli uomini ai lati di Leary abbattendoli a calci e
colpi di karate mentre qualcos’altro colpiva Leary
stesso alla base del collo facendolo cadere svenuto.
<Pare
che siamo arrivate giusto in tempo per salvarvi le chiappe.> commentò
Diamante in piedi nel vano della porta dell’ufficio..
<Ce
la saremmo cavata ugualmente, ma grazie.> disse Sharon.
<Ve
ne eravate andate da poco quando è arrivato un elicottero con questi tizi.>
spiegò Diamante <Per fortuna noi ci eravamo nascoste.. Abbiamo capito che
c’erano guai in arrivo e gli siamo andate dietro. O meglio: io l’ho fatto,
questa matta di una giapponese si è gettata dal tetto.>
<Scendere
le scale è poco divertente e nei palazzi americani ci sono tante aste di
bandiera a cui aggrapparsi.> ribatté ridacchiando Yukio.
Sharon
scosse la testa poi guardò gli uomini a terra.
<Non
hanno l’aria di impiegati della Dynaco.> disse.
<Io
direi piuttosto che sono dei gangster. Sudamericani direi.>
<I
famosi finanziatori di Ebbing probabilmente.>
aggiunse Paladin mentre raccoglieva da terra una
valigia sfuggita di mano ad uno degli uomini che accompagnavano Leary <E direi che erano qui per una di quelle
transazioni che non si possono fare alla luce del sole.>
<Che
intendi fare?> gli chiese Sharon ma giù sapeva la risposta.
<Me
la porto via. Bottino di guerra.>
Sharon
non replicò e si limitò a dire:
<Muoviamoci.>
In
pochi minuti erano scomparsi.
Qualche ora più
tardi.
Harry
Ebbing era furioso ma anche preoccupato. Dermot Leary aveva l’aria
demoralizzata.
<Ma
è possibile che non siate riusciti nemmeno a capire chi fossero?> urlò Ebbing.
<Si
è svolto tutto così in fretta che non siamo nemmeno riusciti a vederli in
faccia.> rispose Leary <Anche se…>
<Anche
se…?>
La
bionda in tuta bianca… ho la sensazione che fosse la stessa che è venuta qui
nel pomeriggio. Come si chiamava? Atwell.>
<Ne
sei sicuro?>
<Non
al 100% ma … dovessi scommetterci direi di sì.>
<Se
hai ragione, potremmo riuscire a rintracciarli.>
<Dubito
che siano rimasti ad aspettarci e comunque non erano certo ladri comuni.
Sapevano cosa cercare e l’hanno trovato.>
<Ed
io vi consiglio di ritrovarlo alla svelta, Señor Ebbing.>
intervenne uno degli uomini che erano con Ebbing che
aveva un pesante accento di un qualche paese sudamericano <Il contenuto di
quella chiavetta è per noi più prezioso del contenuto della valigetta che mi
hanno rubato… e molto più pericoloso.. Se finisse nelle mani sbagliate ci
sarebbero conseguenze molto spiacevoli… per lei per primo.>
<Mi
sta minacciando?> ribattè Ebbing.
<Le
sto dando solo un avvertimento. Io sono un uomo ragionevole ma nel Cartel che rappresento ci sono hombres muy malos, uomini molto cattivi, davvero molto cattivi.>
Non
c’era dubbio che fosse una minaccia molto concreta. Ebbing
si passò un dito sul colletto come a volerlo allentare. Infine disse:
<Forse
ho chi fa al caso nostro ma vi avverto che costerà parecchio.
<El dinero no es un
problema, Señor Ebbing,
quando si ottengono i risultati sperati.>
Il
messaggio era chiarissimo.
Manhattan, New York.
Donna
Maria Puentes e suo cugino Jorge erano seduti su una
panchina a Central Park.
Il
ragazzo le aveva da poco dato una notizia che aveva messo a soqquadro la sua
vita.
Aveva
indugiato nel farlo; Donna Maria si era rifatta una vita a New York e aveva
iniziato una storia che pareva essere molto seria con un uomo di cui era molto
innamorata.
Una
parte di lui si era pentito di averlo fatto, ma presto o tardi Donna Maria ne
sarebbe comunque venuta a conoscenza.
La
donna aveva lo sguardo fisso davanti a sé, ma la sua mente era altrove.
<Ascoltami
Maria, forse ...>
<L’hai
portata?>
<Si
certo ... ma quello che volevo dirti ... è che non sei tenuta a farti
coinvolgere. Sono passati anni e ...>
<Jorge,
ti prego, niente prediche, non sono dell’umore. Fammela vedere, ti prego.>
<Come
vuoi ...>
Le
passò una busta, Maria l’apri e tirò fuori la foto che conteneva.
Anche
a distanza di anni non poteva dimenticare quel volto.
Era
un po’ più vecchio, appariva decisamente provato, ma era sostanzialmente lo
stesso che ricordava.
<Mio
dio... è proprio lui ... è ancora vivo!> esclamò, con gli occhi che le si
inumidirono.
La
foto ritraeva l’uomo che, nella sua patria era noto come El Libertador.
Anni
fa, il suo paese era noto come Rio de Muerte e soffriva sotto il giogo della
famiglia Santiago. Alla morte del dittatore Hector Santiago, si formò una
frangia di ribelli che si battè per ottenere la
libertà. Donna Maria era stata una delle fondatrici.
Ma
i ribelli nonostante i loro sforzi sembravano destinati alla sconfitta, quando
a loro si unì uno straniero, un gringo che
si fece condottiero e invertì le sorti della rivoluzione.
Per
questo motivo venne soprannominato El Libertador.
Quest’uomo
non conquistò soltanto gli animi del paese ma pure il cuore di Donna Maria.
Grazie
alla sua guida e al suo esempio, Rio de Muerte conquistò la sua libertà,
cambiando il proprio nome in Rio Valente. La rivoluzione ebbe le sue vittime e
i suoi martiri e El Libertador fu tra queste.
Almeno
così sembrava.
Era
venuto fuori che il cadavere che il regime aveva mostrato per stroncare gli
animi dei ribelli (ottenendo però l’effetto contrario) non era in realtà il
suo.
Il
rapporto che Donna Maria stava leggendo diceva come egli in realtà fosse stato
catturato dai soldati di un altro paese, la Delvadia,
e che fosse rimasto rinchiuso per decenni nella prigione di stato.
Oggi,
con il nuovo governo in carica in quel paese, era stato finalmente rilasciato.
Un uomo che Donna Maria aveva amato in tutti i modi possibili, che considerava
morto, ritornava prepotentemente nella sua vita.
Che
cosa doveva fare?
New Orleans.
Harry
Ebbing ricevette nella sua villa due insoliti ospiti
che condusse subito nel suo studio privato
Erano
un uomo e una donna, indossavano entrambi una cappa da cui spuntavano, su
braccia e gambe, parti metalliche.
Lui
era più maturo, aveva i baffi e i lunghi capelli castani spruzzati di bianco e
raccolti in una coda.
Lei
era più giovane, aveva i capelli corti e biondi e, nonostante fosse molto
bella, incuteva timore con il suo sguardo.
Una
volta chiusasi la porta alle spalle si rivolse ai suoi particolari ospiti
andando dritto al punto.
<Di
recente è accaduto qualcosa di disdicevole all’interno della sede della mia
società. Una falla nella sicurezza ha fatto sì che si sia verificato un
furto.> Ebbing girò il suo portatile verso i due
ospiti, mostrando loro le foto di un uomo e una donna prese dalle telecamere
della sicurezza.
<Affermano
di chiamarsi Margaret Atwell e Paul Louis Dean
Ovviamente, si tratta di nomi fittizi. Mi hanno avvicinato con la scusa di
farmi una proposta d’affari e la stessa notte sono tornati e si sono
impossessati di un oggetto per me molto prezioso, una chiavetta USB contenente
informazioni molto importanti per la mia azienda. Il vostro incarico è
rintracciare questa coppia ed i loro eventuali complici e mandanti e riportarmi
la chiavetta. Cosa ne fate di loro lo lascio a vostra discrezione. Non mi
importa come, la cosa che più conta è che riusciate a riportarmi quella
chiavetta. È l’assoluta priorità.>
Prese
un foglietto dalla scrivania, scrisse una cifra e passò il biglietto alla
coppia.
<Questa
è la cifra che vi propongo, se riuscirete nel vostro compito. Più, un
sostanzioso bonus se riuscirete ad eliminarli. Che cosa mi dite, monsieur e Mademoiselle? Siamo in affari?>
L’uomo,
che rispondeva al nome di Jean-Luc LeBeau scambiò uno
sguardo d’intesa con la ragazza e rispose:
< Oui, monsieur
Ebbing, siamo in affari. La Loggia dei Ladri fa
proprio al caso suo.>
<Lo
stesso vale per la Loggia degli Assassini> gli fece coro Belladonna Boudreaux <Non sarà affatto un problema per noi
eliminarli.>
Hawaii.
Wesley
lavorava per Wilson Fisk da così tanti anni che pochi
si ricordavano un periodo in cui non l’avesse fatto. Nessuno sapeva nemmeno con
certezza se Wesley fosse il suo nome o il cognome. Per tutti era solo e
semplicemente Wesley e per quanto fosse apparentemente un ometto insignificante
col muso da topo ed occhiali spessi e con l’aria da ragioniere, tutti stavano
molto attenti con lui, visto che era la persona più vicina al grande Kingpin.
Tutto
questo apparteneva al passato.
Oggi
Wilson Fisk non era più il Kingpin
del Crimine della costa orientale degli Stati Uniti ma un comune commerciante
di crostacei in un paradiso turistico.
Naturalmente
a volte le apparenze ingannano.
Nella
veranda della villa di Fisk Wesley si rivolse al suo
datore di lavoro:
<Non
capisco, Signore, perché ha incaricato proprio Miss Carter del recupero?>
<Perché
la squadra della Carter è composta da gente che non si ferma davanti a nulla e
la loro etica impedirà loro di tradirmi.>
<E
se decidessero di consegnare la chiavetta alle autorità piuttosto che a
lei?>
Fisk abbozzò un sorriso e rispose:
<In
questo caso avrei comunque tolto Ebbing dal gioco e
non potrebbero accusarmi di nulla. Alla fine sarei sempre io il
vincitore...>
CONTINUA
NOTE
DEGLI AUTORI
Poche ma interessanti note stavolta,
cominciamo subito:
1)
Giscard Epurer
è un personaggio creato da Fabian Nicieza & S.
Clark Hawkbaker su Nomad Vol 2° #1 datato maggio 1992 ed è stato un comprimario
ricorrente di quella serie fino alla sua conclusione. Due anni dopo.
2)
Harry Ebbing,
sua moglie Laura ed il suo assistente Dermot O’Leary
sono stati creati da Garth Ennis
& Goran Parlov su Punisher
Vol. 7° #31 datato maggio 2006.
3)
Bella Donna Boudreaux
è stata creata da Scott Lobdell & Jim Lee su
X-Men #8 datato maggio 1992.
4)
Jean-Luc LeBeau
è stato creato da Howard Mackie & Lee Weeks su Gambit Vol. 1° #1 datato dicembre 1993.
5)
Nick Fury
appare qui tra Nick Fury 14 e 15
Nel
prossimo episodio: la squadra di Sharon si trova di fronte avversari molto
determinati come se la caverà? Steve e soci hanno i loro guai. Apprendiamo di
più sulla “missione” di Nomad ed in più il ritorno di
Aleksandr Lukin e non solo,
Carlo
& Carmelo
[1]Perché hanno trascorso la
notte insieme e Jack non l ha presa bene. È tutto nello scorso episodio.
[2] Il protagonista dei film
“Wall Street” e “Wall Street - Il denaro non dorme mai”
di Oliver Stone ma se non lo sapevate già, vergogna.
[3] Negli episodi #38/40..
[4]Su Nomad Vol. 2° #22/25 inediti in Italia.
[5]E voi lo sapete se leggete il nostro Nick Fury.
[6] Su Nick Fury #9.
[7] Nomignolo di New
Orleans.