Thor 23
come una pietra che rotola
Sala del Trono di Asgard
Per quasi tutti coloro che affollano lo spazio ai lati del passaggio centrale, la coppia che avanza nella sala è una visione sconvolgente e inaspettata.
Loki, il dio del male è costretto a camminare, chino a quattro zampe, in direzione del signore di Asgard, prigioniero di un laccio di costrizione di pregevole e incredibile fattura, tenuto con mano ferma e decisa dall'ingannatore stesso in un altro corpo.
Altra cosa sconvolgente è che Thor, dio del tuono e signore di Asgard, non dia alcun segno di sorpresa. Sul volto ha, anzi, uno sguardo soddisfatto.
Ancor più sorprendente è il volto del guardiano di Bifrost, storico nemico del dio del male, la cui avversione per Loki è sempre stata più che manifesta anche nelle rare occasioni in cui il gigante ha partecipato ai consigli di guerra.
È quasi (sottolineo quasi) soddisfatto di scortare la strana coppia nella sala del trono pur essendo uno dei due non in catene.
Quasi. Intere ere di scontri e inganni, una fitta trama di cicatrici fisiche e psichiche che i due si sono inflitte per un tempo più lungo del reale, nonché numerose profezie di inimicizia eterna, fanno si che la diffidenza reciproca non sarà mai assente dagli sguardi di questi dei.
Loki e il falso Loki si fermano ai piedi del trono, sotto lo sguardo freddo a attento del Signore di Asgard.
Oggi quegli occhi di un azzurro intenso si meritano pienamente l'appellativo di “occhi di ghiaccio”.
Li accanto, trattenuti da catene che, malgrado l'apparenza consunta e ossidata, potrebbero fermare la corsa di una piccola astronave (ma andrebbero messe alla prova, probabilmente non se la caverebbero troppo male neanche con una piuttosto grande) i compagni del falso Loki.
La potenza delle catene non è sovrastimata, poiché le creature incatenate sono dèi, giganti di pietra, ma sempre dèi.
Il Loki accucciato, quello legato dall'umiliante guinzaglio, geme alla vista. L'altro ride, la sua risata farebbe raggelare l'inferno.
- Sentite come piagnucola. E questa patetica cosa voleva impersonare me? Che fallimento!!!!Ahahahahahahahah...-
Tutti gli dèi, sia quelli umani che quelli dei kronan si voltano verso il dio umiliato.
- FALLITO! FALLITO! FALLITO! … - urlano tutti, come con una sola voce.
Le Prigioni
Thor, signore di Asgard, guarda con attenzione il dio dei kronan che aveva preso il posto di Loki.
Il suo sguardo è catatonico, il corpo immobile.
Qualche spasmo deforma il volto a intervalli regolari.
- Cosa gli hai fatto, ingannatore? -
- Quasi nulla, “fratello”. Non ho l'abilità di voi agenti dell'ordine nel costruire prigioni. Ho giusto rafforzato ed abbellito la gabbia che i suoi sensi di colpa e le sue insicurezze avevano costruito.
E non guardarmi in questo modo.
Adesso lo tratti con pietà perché è prigioniero. Ma ci ha fregati tutti quanti, ci è costato molti morti ed è stato ad un passo dal prendere il potere su Asgard e in Hel.
Sta bene dove sta. Io non lo lascerei in una gabbia materiale, neanche fosse fatta d'uru.
E, visto che non possiamo controllare la sua destinazione finale, con il conflitto che c'è tra i mondi, non è una buona soluzione neppure quella di ucciderlo. Quindi una gabbia psichica, soprattutto se in gran parte eretta da lui, è il posto giusto per contenerlo. -
- Bah. Non sono persuaso da questi metodi poco onorevoli. Ma bando alle ciance, ci attende un consiglio di guerra, avremo modo di discutere anche della destinazione dei nostri ormai innumerevoli prigionieri, se ce ne rimarrà il tempo. -
Consiglio di Guerra
Attorno al tavolo siede quasi lo stesso gruppo che c'era prima dell'interruzione necessaria per far riprendere Horus.i
Thor, il signore di Asgard, siede fra i suoi fratelli, Loki e Balder (ma nessuno tratta il dio della luce, pur universalmente amato, come se meritasse tale rango. Mai accadrà prima del Ragnarok che Baldr non sia sottostimato). Beta Ray Bill e Red Norvel ai lati, soli semi-dei del tuono rimasti, visto che Masterson è stato costretto a tornare sulla Terra in tutta fretta. Poi Bragi, Forseti, Tyr e Eir. Poi, leggermente discosto, l'imponente Tiwaz.
Dall'altra parte: Tezcatlipoca, Brahma, Zeus, in rappresentanza del consiglio degli dei sovrani e Hela e Horus, da poco giunti con notizie essenziali per il consiglio.
Un posto vuoto grida l'assenza di Odino. Il Padre di Tutti ha lasciato il consiglio in seguito ad un conflitto col figlio ed è irrintracciabile per chiunque. Come spesso accade nelle cose che riguardano il grigio pellegrino, pochi sono in grado di sapere cosa stia facendo anche tra gli esseri onniscienti.
Thor, signore di Asgard suo malgrado, è tenuto ad introdurre la riunione. L'ospite e il signore dei nove mondi, essendo il fronte di questa guerra, chiaramente complessiva, i nove mondi, è tenuto anche a presiederla. È deciso anche a governarla. Non può far governare ad altri una guerra nel suo territorio. Non è stato eletto per questo.
Guarda con un certo rispetto gli dei seduti attorno alla tavola. Alcuni di loro erano già vecchi quando lui è nato. Alcuni erano già vecchi quando il mondo è stato ricreato con gli dei. Molti sono più vecchi della creazione del mondo. Ma non è intimorito. Il tuono non conosce paura, o per lo meno non si sottrae mai ad un compito.
- Molto di quello che dovremmo discutere è stato già illustrato e sviscerato mentre aspettavamo di poter riprendere questo consesso. Propongo di fare un rapido giro di interventi integrativi, per chi si fosse perso un passaggio o un'informazione e poi passare alle proposte operative. La situazione, a questo punto, non può che precipitare.
Nei pantheon sono già all'azione le squadre scelte che devono individuare eventuali nuclei di spie come quello che abbiamo individuato nei nove mondi.
Ora che sappiamo chi sono i nostri nemici e dove possiamo trovarli sono finiti i tempi del sotterfugio, un confronto in campo aperto, ben più grande di quelli che abbiamo avuto fino ad ora, è inevitabile. È solo questione di tattica e di preparazione veloce. Partirei da Loki, chi vuole può parlare. -
Loki sorride. È da quando è entrato che sorride.
Ma non c'è allegria nel suo sorriso. Piuttosto una malizia profonda e una profonda rassegnazione.
- C'è poco che possiamo fare ormai. Il tempo stringe e ci attende un confronto aperto. È finito il tempo dei piani. Detto da me può sembrare un controsenso ma è pura logica. Se i nostri avversari si fossero ritenuti capaci di vincere con la forza avrebbero attaccato in maniera scoperta e sfruttando l'effetto sorpresa, per lo meno dopo che il piano per decapitare Asgard è fallito miseramente.
Invece sono andati avanti impegnandoci in battaglie che sono state poco più che scaramucce e piani patetici. Mi duole dirlo, visto che sono rimasto vittima di uno di questi piani.
Dobbiamo radunare velocemente quante più forze possibili e sferrare un attacco. Se la nostra azione sarà repentina riusciremo, se non a batterli, almeno a farli desistere. Abbiamo però poco tempo a disposizione, se non ci organizzeremo in fretta daremo loro l'illusione che possono logorarci e allora la guerra sarà infinita. Come la guerra fra Asi e Vani o la precaria tregua con i giganti. -
Hela si alza lentamente dopo l'intervento del padre. - Lo spazio tra i mondi divini è più sottile nel dominio della morte. È sempre stato così, ma un piano, del resto abortito, portato avanti da alcuni dei signori di quei regni l'ha resa ancor più debole. Dovremo, quindi, lasciare una retroguardia a difesa di quei confini, così da tagliare la ritirata in quella direzione. È del resto piuttosto rischioso, per i regni dei vivi, quando i morti escono dai loro domini. -
Beta Ray Bill si alza. Guarda con sospetto la signora della morte. Poi, lo sguardo dubbioso si sposta sul padre, che risponde con un sorriso.
- Così, però, dovremmo privarci del valente apporto degli abitanti del Valhalla.
Essi sono, al di la di ogni valutazione, la nostra maggiore forza. -
-Eppure - risponde Bragi – di loro i canti dicono che lasceranno la piana della loro eterna battaglia nel giorno del Ragnarok, quando gli dei morranno e tutto cambierà -
- Eppure... - Forseti fa una pausa, in cui fissa a lungo il padre, assorto nei suoi pensieri – non vi è alcuna legge, sia essa scritta o orale, che dica che essi lasceranno la loro dimora solo in quel giorno. –
Tyr si alza – Credo che il nostro discorso stia prendendo una piega sbagliata. Non è ciò che possano o non possano fare. In realtà quello che conta è: dove saranno più utili? Strategicamente, un attacco più potente che permetta al nemico di asserragliarsi nel Valhalla, sarebbe disastroso. La fortezza è inespugnabile e coloro che la abitano restano privi di coscienza, anche dopo le ferite più terribili, solo fino al tramonto. Ma non stresserei i nostri ospiti con questioni che attengono all'organizzazione delle forze asgardiane. Quanto piuttosto: il punto di convegno deve essere alle porte di Heliopolis o gli eserciti riuniti devono marciare in direzione della città solo dopo essersi incontrati? -
Brahma estrae dall'aria una minuscola clessidra che poggia sul tavolo.
- Il nostro ospite conosce meglio di noi la risposta, ma in ogni caso ci serve coordinarci. -
- Ed affrettarci, non abbiamo molto tempo per organizzarci e io voglio ancora provare se mi riesce a portare la banda di mio padre. La falce della luna ci farebbe certamente comodo, in una battaglia. - Zeus si alza ed allunga la mano sulla clessidra, portandola via. Eppure la clessidra è ancora sul tavolo. Si è solo generata una copia identica al tocco del dio.
Horus si alza. Fa una pausa d'effetto, sta rivelando ai suoi alleati come si invade la sua casa. Se mai il suo popolo tornerà nel suo mondo dovranno ricreare tutte le porte. - Possiamo trasportarci ai confini interni. La città non è in grado di reggere un lungo assedio, la loro scelta sarà limitata a due possibilità, affrontarci in campo aperto o fuggire sui loro mondi. Ma voglio provare a contattare il mio popolo. Con il loro aiuto entrare nel regno di Heliopolis sarà certamente più agevole. -
Eir si alza, i capelli gialli come il sole accecante – Quando gli uomini preparano la guerra per i guaritori è il momento di lavorare. Vado a mettere in ordine le pozioni poi mi unirò alle valchirie. Non c'è altro da discutere, per me, qui. -
Tezcatlipoca si alza – Vero, passiamo all'azione. Abbiamo poco tempo e molto da fare. Afferra anche lui la clessidra al centro del tavolo, poi si avvia verso l'uscita.
Red Norvel. - Beh, futuro, attento, arriva il dio del tuono -
Tiwaz scoppia in una risata – Rosso di capelli e spaccone. Mi ricorda qualcuno. - Il gigante ha rotto la tensione e tutti scoppiano in una risata liberatoria. Probabilmente sarà l'ultima per molto tempo.
Balder è l'unico che non si fa prendere dall'ilarità generale – Dov'è Freya? - chiede. Ma nessuno lo ascolta. Ne potrebbe essere altrimenti
Thor attende che lo sfogo abbia fine, poi conclude la riunione con voce regale.
- Allora è deciso. Tornate tutti nelle vostre terre e formate gli eserciti. Attaccheremo Heliopolis, qualunque cosa sia divenuta.
Il mio fratellastro si incaricherà di radunare le energie asgardiane disperse, almeno parte di esse. Io per primo ho combattuto recentemente contro alcuni di loro, ma non dispero che accorreranno al tuo richiamo. Sai essere persuasivo, quando vuoi. È fra le tue maggiori abilità.
Ananse ci fa sapere di avere in mente una sorta di alleanza con le creature dei piani mistici. Agirà di comune accordo con Papa Guede.
Il tuo figlio lupesco è fuggito e difficilmente potrà fidarsi abbastanza da tornare a darci una mano. Ma digli che c'è un nuovo signore in Asgard e che il suo governo, per quanto possibile, è improntato all'onore, non all'inganno.
Ed è necessario il ritorno del principe dei lupi. Il suo popolo ha bisogno di lui, non può ignorare ancora il suo richiamo.
Abbiamo con noi la potenza di 4 martelli del tuono. Ma, inutile negarlo, ne avessimo mille potrebbero essere pochi.
Red si occuperà di recuperare il nostro compagno nel futuro.
Ci sarebbe molto altro da fare, ma è essenziale attaccare per primi, quindi qualunque sia lo stadio di avanzamento delle vostre missioni, ci troviamo tutti tra cinque giorni sulla piana di fronte ad Heliopolis. -
Tutti si alzano, quasi con lentezza. Dalle azioni dell'immediato futuro dipenderà il destino dei loro popoli.
I loro volti, con una sola prevedibile eccezione, sono mesti e pensosi.
Loki quasi sghignazza pensando al suo ruolo.
Come sempre, quando il destino degli dei è messo in discussione, la presenza dell'ingannatore diventa essenziale.
Se gioca bene la sua partita, lo resterà in eterno.
Un qualche posto, fra i mondi
Tre viaggiatori. Si trovano ad un crocicchio.
Li conosciamo. Li avevamo già incontrati. Il primo, il più alto è un vagabondo. Indossa una cappa molto ampia, grigia, dall'orlo usurato, un cappellaccio sformato e floscio e impugna un bastone nodoso, storto.
Il suo volto è in ombra. Ha il sole morente alle spalle, la tesa del cappello è abbassata sul volto. Dal poco che si può scorgere sembra vecchio, anche se le mani che appoggia sul bastone sono grandi e forti.
Ad osservarlo attentamente, ma osservarlo attentamente è difficile lo sguardo tende a sfuggirlo, la sensazione che sia curvo è ingannevole.
Il secondo è un grasso uomo di mezz'età. La sua stazza è notevole, ci si chiede come riesca a stare in piedi, ancor più come possa camminare. Perché hanno camminato, e a lungo. I loro abiti sono coperti della polvere della strada, le scarpe portano i segni del fango e dell'erba.
Il volto, incorniciato da una falce di capelli spettinati, è rosso e stranamente giovanile, quasi adolescenziale. La sensazione iniziale che si tratti di un uomo di mezz'età viene meno. In qualche modo, di sfuggita, con la coda dell'occhio sembra quasi di guardare un ragazzino, biondo e atletico, scattante.
Ma è un'impressione, ad uno sguardo attento, tranne che per i tratti giovanili del volto, abbiamo di fronte un uomo grasso che sorride eccessivamente.
Un sorriso ebbro e un po' furbo. Spiazzante.
Guardare la terza rende inspiegabile come abbiamo perso tempo e attenzione sui primi due.
Lo sguardo si distoglie da lei con estrema difficoltà.
È vestita con cura. Per lo meno, il saio sformato di sacco, col cappuccio alzato, neppure legato in vita sembra tagliato su misura per lei ed indossato a una sfilata. I capelli spettinati e legati a crocchia, seppur quasi completamente celati dal cappuccio, sembrano brillare di mille riflessi e il volto sporco di fango incornicia due occhi nei quali ci si può perdere.
Ma non ci lasciamo ingannare, l'illusione che li protegge è così potente che agisce in parte anche sul narratore onnisciente. Chi dovesse passare da quel crocicchio vedrebbe un vecchio curvo, un grasso vagabondo ubriaco e una donna curva, sporca e sformata.
Il potere sommato di questi tre è sufficiente a gettare un'illusione più vera della realtà per dei, elfi, troll ed anche entità più grandi.
Nell'ombra, se di ombra si può parlare, invisibile a chiunque, tranne che al narratore onnisciente c'è un Osservatore. Di tanto in tanto la sua attenzione incrollabile si svia, come se in quel luogo non stesse accadendo un fatto epocale degno dell'attenzione diretta del suo sguardo. Ma è un osservatore e il potere dei tre non è sufficiente ad allontanarlo, non del tutto.
Il vecchio vagabondo, di tanto in tanto si volta dalla sua parte, sul volto dipinta l'impressione che gli sfugga qualcosa. È difficile per l'osservatore mantenersi invisibile a quello sguardo onnisciente.
Se il vecchio non avesse, all'alba dei tempi, conferito parte del suo potere al costrutto che gli permette di scrutare ogni luogo dalla sua reggia, probabilmente l'invisibilità dell'entità sarebbe stata poco più consistente di uno sbuffo di fumo.
Eppure è proprio questa capacità del vecchio di quasi vederlo che rafforza la sua capacità di resistere al campo di “problema altrui” che protegge i tre.
I tre si guardano ancora una volta, quasi a suggellare una decisione presa durante la strada. Poi prendono tre direzioni diverse.
Il vecchio se ne va, alti nel cielo tre corvi e due lupi lo affiancano seminascosti nel bosco. Sembra rassicurato da questa compagnia che inquieterebbe chiunque.
La donna parte nella direzione opposta, due stupendi gatti si strusciano sulle sue gambe. L'Osservatore, ed anche il narratore onnisciente, non possono fare a meno di notare che sotto l'illusione i due gatti sono alati.
L'uomo grasso si avvia al centro sbocconcellando un grappolo d'uva preso chissà dove.
L'Osservatore vorrebbe scrutare il tempo per sapere quale istante futuro richiederà nuovamente la sua attenzione, poiché non capisce cosa c'era di rilevante in questo momento. Un osservatore odia non capire.
Appena è svanito davvero il narratore onnisciente si avvia sulle orme dei tre, così da continuare a narrare questa storia. Più avanti reincontreremo anche l'Osservatore.
La Terra. Midgard.
Lo spettacolo, a dirla tutta, è agghiacciante. Rivoli di panna montata si muovono autonomamente nel disperato tentativo di riunirsi.
Il movimento è lento, non necessariamente avvertibile, ma costante, privo di esitazioni.
Il dio che osserva lo spettacolo per alcuni minuti con aria divertita non può fare a meno di ammirare tale determinazione. Essa, molto più del potere che del resto lui stesso gli ha donato, rende importante questo burattino. Il potere può essere dato o spostato su un altro ospite con irritante facilità, ma l'ospite adatto è difficile da trovare.
Questo dio non è famoso per la sua pazienza, anche se è riuscito a mettere in campo più di un piano a lunga scadenza.
Con una piccola applicazione del suo potere riunisce la massa in un unico corpo.
Questo è sufficiente. L'Uomo Assorbente può riformarsi.
- Andiamo Creel, ho bisogno di te. -
- Scordatelo. Ho appena preso una sonora batosta dai Vendicatori e pure dai miei alleati. Ora voglio solo raggiungere la mia amata Titania e poi suonarla a quei due burattini. -
- Mi tenti, la tua sciocca amica ha un potenziale ben al di sopra delle sue stesse aspettative se è riuscita ad accedere al potere della gemma del potere in più d'un mondo.
Ma non ho il tempo di reclutare forze esterne e la tua opinione non è richiesta. Trovo solo più comodo portare via te che trasferire il potere in un contenitore più accomodante. Se rimarrà del tempo vedremo di portare con noi anche la signorina MacPherran. -
Detto ciò i due svaniscono.
Il regno degli elfi oscuri
Nella segreta più buia di Svartalfheim c'è una cella senza porte né finestre. Al suo interno, nel buio più fondo che si possa immaginare, come solo in una camera chiusa nel regno degli elfi oscuri può trovarsi, un blocco d'ambra lascia intravvedere (certo per chi può vedere malgrado il buio più nero che può trovarsi fuori dalle dimensioni oscure) un corpo umanoide al suo interno. Ovviamente il blocco non è d'ambra. L'ambra, quella vera, non sarebbe in grado di trattenere l'essere al suo interno, malgrado la potente cappa di sonno magico che lo avviluppa.
Dal tetto scende un ragnetto, più nero del buio.
Un istante più tardi un vecchietto dalla pelle ebano guarda il blocco d'ambra.
- È un vero peccato che tu non possa sentirmi, ragazzo. Sarebbe bello poter parlare con qualcuno della abissale stupidità con cui ti sei cacciato in questo guaio.
Ed in effetti la tua ricomparsa non può, ormai, rivelare nulla ai nostri nemici.
È terribile avere tutte queste storie e non poterle raccontare. Ma ora è il momento, per me, di procurarmi altre storie. Il mio potere è nelle storie. Aspettami qui, piccolo elfo. Al mio ritorno ti narrerò un'altra delle mie avventure. -
Detto ciò attraversa, come se non esistesse, una delle pareti, ma non spunta dall'altra parte.
Casa di Fratello Voodoo. Haiti, non molto distante dalla devastata Port-au-Princeii
Jericho Drumm è stato tante cose, da quando è divenuto il cavallo dello spirito del fratello.
Questa notte il suo rapporto con gli spiriti cambierà ulteriormente, forse per sempre.
Fin dal mattino ha avvertito uno spiacevole mutamento nei flussi della magia.
Il suo tipo di potere, che deriva in gran parte dagli influssi degli dei e degli spiriti dei morti, è fra i più sensibili agli avvenimenti che avvengono nei regni superiori.
Così, poco prima del tramonto, si è preparato ad un rito di divinazione particolarmente potente. Si è attrezzato ad aggirarsi direttamente nel territorio degli dei.
Per questo il rito deve essere eseguito al tramonto. Un momento di passaggio, nell'attimo in cui il sole passera nel regno dei morti non sarà solo.
I fumi riempiono ormai la stanza e il rullo dei tamburi è ossessivo ed impellente. I tamburi sono registrati, non ha fatto in tempo a coinvolgere dei percussionisti umani. Ripensandoci il tempo c'era, un'intera giornata. Quando realizza che le ragioni devono essere altre è già tardi. Il ritmo dei tamburi è più altro e meno metallico, il tamburellare su tronchi cavi, morti alberi caduti sotto il loro stesso peso.
Ed il suo corpo, mutato, più alto. Rivestito del suo abito da cerimonia, ma con le piume più vivide. I teschi scolpiti della sua collana si sono mutati in teschi veri, animati.
Attorno a lui la stanza è svanita e un territorio desolato segnala che il passaggio è avvenuto.
Basta! Ora bisogna affrontare i rischi del viaggio, così da tornare indietro.
Muove i primi passi, scende un pendio scosceso ed arriva ad un fiume.
Tipico, anche il fiume.
Al suo collo la collana di teschi inizia a sussurrare. È un incantesimo potente e oscuro.
Quando il traghettatore (c'è sempre un traghettatore) arriva, Drumm sale sulla barca, ignorato da tutti.
Fratello Voodoo scende dall'altra parte e si muove velocemente in un territorio brullo e sconfinato. Sotto un cielo di pietra si muovono folle enormi di anime perdute.
Tra le anime si aggirano forme predatrici, non tutti quegli spiriti sono destinati a lasciare questo territorio. Non tutte riusciranno ad oltrepassarlo da sole.
Tutto ciò è parte di questo aldilà, ma c'è qualcosa di sbagliato. Gli equilibri sono alterati e non tutte le creature che lo circondano dovrebbero trovarsi qui.
Chi può alterare l'oltretomba senza che i maghi della terra se ne accorgano?
Drumm accelera il passo, poiché il tempo incalza e non può sapere se il suo incantesimo di protezione funzionerà con queste creature.
È quasi arrivato alla fine della pianura e sta iniziando ad inerpicarsi sulle pendici della montagna che buca il cielo quando una gigantesca iena dalla testa umana volge il volto nella sua direzione.
Lo vede e vede su di lui il marchio del suo padrone e quindi decide di ignorarlo.
Ma, come dicevamo, non è da solo in quel regno e il suo avversario approfitta della sua distrazione per abbatterlo. Logica vorrebbe che questa specie di satiro con gli arti inferiori che somigliano a macchine infierisca sulla sua vittima, ma prima di farlo la curiosità ha la meglio e cerca di scoprire cosa ha causato la distrazione del suo avversario.
Così vede il mago.
In questa terra vengono combattute le prime schermaglie di una battaglia che è destinata a modificare il destino del cosmo e le terre dei morti vengono attraversare ogni giorno da molti maghi in cerca di responsi o piccoli tesori. Non fosse il segno che porta addosso non sarebbe degno di una seconda occhiata.
Ma Drumm è stato chiamato.
Il piccolo demone non esita. Con un urlo che sembra più il vagito di un vampiro appena nato che un ruggito corre verso il mago.
È un demone di scarsa potenza, a malapena capace di varcare le barriere fra i mondi se invocato. Ma è pur sempre una creatura magica e il suo potere è superiore a quello di qualunque mago. Un demone nel suo mondo può essere ingannato, imprigionato o evitato da un mago che si sia ben preparato. Di certo non sconfitto. Con pochi balzi il demone copre la enorme distanza che lo separa dal mago. Nei pochi secondi che ha avuto a disposizione Jericho Drumm è in grado di compiere pochi gesti, precisi.
Di certo non sufficienti ad imbastire una difesa efficace.
Il demone è ferito dalla lotta precedente, quando esegue l'ultimo balzo Fratello Voodoo riesce a scartare di lato, ma alcune gocce di sangue lo colpiscono.
È quanto basta.
Jericho Drumm bagna il feticcio che aveva frettolosamente costruito nel sangue del demone.
Quell'oggetto, nelle mani di un mago potente, è in grado di agire anche su un demone nel suo regno e può fornire un piccolo vantaggio nella lotta.
Ma quest'essere non si trova nel suo regno. È uno straniero, un invasore. Con un gesto lento e misurato Drumm alza il feticcio tra se e il demone ed esercita la sua volontà. Il demone viene esorcizzato verso la sua realtà d'origine.
Purtroppo il suo richiamo non è rimasto inascoltato. La iena appena abbattuta si è subito rialzata. La sua testa semi-umana è sfigurata da un'escrescenza meccanica e i suoi movimenti a scatti non l'hanno rallentata in maniera significativa.
È sul mago prima che questi possa arrangiare un altro feticcio, che sarebbe, comunque, poco efficace su questa creatura che si trova nel suo mondo e la cui volontà è già sovrastata da un'altra.
Una scarica magica lo rallenta per un attimo, ma in pochi istanti è già in piedi e si prepara a spiccare l'ultimo balzo.
Un colossale ragno gli cade addosso a fauci spalancate. Non c'è battaglia, la iena è nulla rispetto al suo antico padrone. L'essenza del demone viene dispersa in fretta mentre il ragno rivolge le fauci grondanti sangue verso il mago.
- Mi deludi, Jericho Drumm. Non riesci ad attraversare il mio regno minacciato senza costringermi ad accorrere in tuo soccorso? Ti sei inoltrato in territori inesplorati senza preparazione, come un novizio. Né tu né il fratello che cavalca il tuo corpo eravate in grado di sopravvivere. Perché sei stato così imprudente? -
- Nessuno sulla terra era a conoscenza di questa minaccia. Che io sappia nessuno dei maghi con cui sono in comunicazione era a conoscenza di guerre nei regni divini, tranne che per la voce che c'è un qualche problema che tiene Thor lontano dalla Terra. -
- I nostri culti sono quindi così deboli? Capisco che il figlio di Odino possa essere troppo interessato alla salute dei suoi compagni mortali per coinvolgere i loro scarsi poteri ed il suo culto è oramai quasi svanito così che i suoi fedeli potrebbero non aver avvertito le perturbazioni nei regni magici. Ma la nostra religione è fra le più diffuse nel mondo. Ho sottovalutato così tanto i poteri dei nostri nemici? Sono riusciti ad interferire con le linee del potere a tal punto? Questo cambia almeno in parte il tuo ruolo.
Ho bisogno di un corpo da cavalcare, così da agire sul piano mortale senza abbandonare il mio regno. Ed ho bisogno che il potere che impiegherò venga rimpiazzato, così da poter compensare le interferenze che l'operato dei nostri nemici ha sparso tra i piani.
Quindi tu riporterai sulla terra il Baron Samedì e lascerai qui lo spirito di tuo fratello.
Un servitore fedele in cambio di un potere quasi divino. -
- Ma... - Drumm non fa neppure in tempo a protestare che una forma identica a lui si separa dal suo corpo. In questo regno magico non vi è alcuna differenza tra i due, nessuno potrebbe scommettere che uno era, fino a pochi secondi prima, il cavallo e uno il cavalcatore.
Tanti anni di simbiosi hanno reso identici i due fratelli.
- Non discutere. Facciamo da sempre quanto è necessario. -
Il ragno si avventa su Jericho Drumm, penetrando nel suo corpo.
Quando Fratello Voodoo si volta per andarsene un enorme ragno lo osserva accanto a Daniel Drumm.
Quello che esce dalla trance non è Fratello Voodoo. I pantaloni verdi contornati di piume sono ancora al loro posto, come la fascia che gli copre parzialmente il petto. Ma sopra indossa la giacca di un frac stazzonato, in testa un cilindro e sulla faccia è dipinto un teschio.
- Un buon corpo robusto e sano e neanche il tempo di farsi una sana scopata. Speriamo almeno che ci sia qualcosa da bere in questa stamberga.-.
Detto ciò Baron Samedì si avvia in cucina, leccandosi le labbra.
Un mondo magico. Uno dei molti.
Questo luogo non esiste. Non è possibile raggiungerlo. Vivere qui.
A meno che non lo permetta il suo scopritore, colui che lo abita e che ne ha fatto il centro del suo potere. Qui la sua parola è legge e da qui la sua volontà può estendersi ai regni limitrofi con l'apparenza dell'onnipotenza.
A patto che, certo, l'abitatore di questo luogo sia un dio (o un demone, o un gigante. Insomma ci siamo capiti).
Quando la complessa membrana che separa questo luogo da tutti gli altri si distorce per far passare l'ospite, il Lupo che abita qui ha un attimo di esitazione. Accade a chiunque quando si trova di fronte a una cosa apparentemente impossibile.
Quest'essere è così potente da intimorire tutto il suo pantheon. Un giorno, dicono le profezie, divorerà il padre di tutti, l'onnipotente signore del cosmo. Odino in persona.
Eppure trema per questa violazione del suo luogo di potere.
Ed ha ragione.
Ma lui è il demone del Van, figlio di giganti, nipote di giganti, fratello del serpente del mondo e della morte e mai ha conosciuto la paura.
E quindi non arretra neppure davanti a questo intruso, che mai nessuno fronteggia senza temere, disperazione di dei e giganti.
Anzi, lo saluta con un po' di freddezza.
- Padre... -
- Figlio... -
- Già so. Ma non posso aiutare gli dei di Asgard. Non posso offrire loro le spalle. Hanno abusato una volta della mia fiducia e mai più ne avranno l'occasione. Se mai la lotta si allargherà fuori dai mondi divini ed arriverà alla mia portata i tuoi nemici dovranno sopportare qualche buona zampata. Di più non posso darti. -
Non c'è più nulla da aggiungere. Loki si volta e slitta fra i mondi. Altri attendono la sua chiamata.
Prigioni corporative.
C'è una lotta su questo mondo. Una lotta fra pochi, poco armati e affamati ribelli irriducibili e la piena potenza del capitalismo giunto alla sua forma suprema.
Molto tempo fa, nella prima metà del XX secolo, in un piccolo paese di quella che allora era chiamata Europa questo sistema venne sperimentato. La piena messa in produzione della società a tutto vantaggio di una ristretta élite.
Quell'esperimento fu fermato da una potente alleanza.
Qui una forma perfezionata di quel sistema è viva e pienamente produttiva.
In campi di lavoro duri e brutali la specie umana è sfruttata come tanti piccoli ingranaggi della macchina.
I più, poco più che zombie denutriti, vengono usati nelle fabbriche come forza lavoro schiavizzata. Pochi, meno sfruttati ma non più liberi, vengono usati come guardiani, spinti alla brutalità più estrema dal mero bisogno di sopravvivere a scapito degli altri.
Nessuno, in questa generazione, ha vissuto altro che così eppure lo spirito di ribellione non è sopito.
Poche decine di ribelli dagli abiti stracciati cercano di strappare il controllo di questa istallazione ad alcune centinaia di soldati in armatura leggera a cavallo di motoslitte fluttuanti. Sembra una battaglia senza speranza ma a fianco dei ribelli cade un lampo di smisurata potenza. Lampo che, inspiegabilmente, non ferisce nessuno. Quando la polvere si posa una forma possente fiancheggia i ribelli. Darko Ktor, avatar vivente del dimenticato dio del tuono della mitologia scandinava, detentore del martello di uru, potente quanto può essere potente un dio nella sua manifestazione terrena, la sua furia inarrestabile fa volare come birilli i guardiani. Spirito della ribellione, la sua presenza rincuora i prigionieri di questo luogo, che poco per volta sollevano le loro schiene curvate dalla schiavitù e raccolgono le armi cadute.
Quando il martello è stato scoperto per la prima volta sembrò che lo strapotere dell'élite corporativa avesse i giorni contati. Ma la tecnologia a loro disposizione è potente e nelle loro banche dati sono conservati innumerevoli piani risalenti all'epoca degli eroi. Armi di incommensurabile potenza per le quali non si era trovata applicazione remunerativa.
I due colossali robot azzurri ed oro che avanzano dietro alle forze corporative sono l'evoluzione di questa tecnologia.
I soldati si affrettano ad allontanarsi dal potere di queste macchine. La loro potenza viene rubata dalle forze vitali di chi li circonda. Un tempo c'era bisogno di un colossale macchinario per trasferire l'energia, questi Crypto-men hanno dentro di loro delle versioni moderne e miniaturizzate di quella macchina. Macchina che li rende degli avversari temibili per qualsiasi umano e pericolosi anche per un dio.
Darko non perde tempo, ormai conosce questi robot, la cui costruzione in serie è difficoltosa anche per un apparato produttivo come quello attuale. Ne esistono, comunque, molti, abbastanza da essere usati a coppie.
Ne ha già affrontati, ma è sempre riuscito a disimpegnarsi alla prima occasione.
Questa volta, in questa azione, non è possibile, non senza sacrificare la vita dei suoi compagni e far fallire la loro missione.
Missione che consiste nel far si che la conoscenza di queste macchine svanisca dai computer del mondo.
Darko Ktor, avatar terreno del dio del tuono sa che il suo compito è solo quello di fungere da diversivo ma la paura non è fra le caratteristiche che ha preso dal dio del tuono. Nei miti è rappresentato come l'inarrestabile, l'unico dio che non esita mai.
Per questo, forse, prima ancora che i due robot siano pienamente operativi il martello è già in volo. Uno dei due, ancora potenziato soltanto dal generatore ausiliario e dalla forza vitale dei pochi soldati corporativi che non hanno fatto in tempo a mettersi in salvo, è danneggiato dalla potenza del colpo. Per quanto potente e raffinata la tecnologia corporativa non può assorbire il potenziale pienamente magico dell'arma.
Ma l'altro è già addosso a Darko, che sente le forze abbandonarlo.
Il pugno che lo colpisce lo scaglia lontano. Non abbastanza, ma il martello lo raggiunge a mezz'aria e lo trasporta più oltre.
Il robot danneggiato lo raggiunge e il processo di autoriparazione si velocizza mentre lo colpisce. Darko si trova schiacciato a terra, colpisce col martello il robot, scagliandolo contro la recinzione ma il secondo gli è già addosso. Fa appena in tempo a rialzarsi che un pugno lo schianta.
Sente che le forze calano e si prepara a balzare via, rotea il martello.
In quel mentre un altro martello, esattamente identico al suo, colpisce la macchina, spaccandola a metà.
La parte superiore viene investita da una raffica energetica di sconfinata potenza, che disintegra il metallo e scava una voragine nel terreno.
Un dio del tuono, avatar al suo pari, dai lunghi capelli rossi legati a coda, con un pesante giubbotto borchiato di pelle nera, jeans e anfibi atterra mandando in mille pezzi la metà inferiore con un colpo ben assestato della sua mazza.
Il primo robot, oramai quasi del tutto ricostruito, si avventa sui due che si voltano all'unisono sparando energia dai due martelli. I residui della scarica, una volta cancellato il robot, abbattono un ampio tratto di muro sullo sfondo.
Red Norvel sorride – Finiamo alla svelta qui. Serve il tuo aiuto su Asgard, un po' di tempo fa.
Continua. Credo si fosse capito.
iCome visto alla fine dell'ultimo numero
iiViene da chiedersi per quale ragione qualcuno ha pensato che avesse un qualche motivo per registrarsi durante la guerra civile