presenta:
Di
Fabio “Rasputin” Volino & Carlo “Trotsky” Monni
L’uomo esce dalla doccia con i fianchi coperti da un asciugamano. Non possiamo vedere il suo volto, ma possiamo ammirare il suo fisico superbamente allenato, il fisico di un uomo d’azione, senza gli eccessi tipici del culturista. Sul letto c'è un costume, il famoso costume rosso bianco e blu del Guardiano d’Acciaio, la risposta russa a Capitan America. Il suo costume, il suo destino.
Non possiamo vedere il suo volto per intero, dicevamo, ma possiamo vedere lo sguardo dei suoi occhi color blu acciaio, uno sguardo penetrante e difficile da sostenere e che ora percorre la stanza quasi a cercare conforto in oggetti familiari.
Ricorda quando accettò il gravoso compito di essere il simbolo vivente della propria patria, l’ultimo in una tradizione cominciata quando il primo Guardiano Rosso (un nome ormai abbandonato in ossequio ad una mutata situazione politica) comparve nell’assediata Stalingrado (un’altro nome cancellato per volontà dei politici, non è ironico?) nel pieno della Grande Guerra Patriottica.[1] Ricorda il senso di orgoglio e di esaltazione. Dove sono finiti adesso?
Ha senso un personaggio come lui nel mondo moderno,? Forse quelli come lui e Capitan America sono solo relitti di un’epoca passata e dovrebbero essere seppelliti e dimenticati con essa. Dopo quanto è accaduto di recente,[2] è ancora degno di guidare un gruppo come la Guardia d’Inverno e soprattutto: esiste ancora un gruppo da guidare? La risposta non gliela darà di certo la maschera che ora tiene in mano. La responsabilità è sua. Ha fallito come leader, come eroe e come uomo. Ha deluso sé stesso e coloro che contavano su di lui e non è stato lui a pagare il prezzo più alto.
Quartier Generale della Guardia d’Inverno. Ieri.
Il nome dell’uomo con i baffi ed il costume blu è Stephen Vincent Strange ed è americano, per quel che può valere ora. È anche un mago potente. Un tempo deteneva il titolo di Mago Supremo della Terra, ma vi ha rinunciato spontaneamente. Il nome della creatura che sembra un bovino verde antropomorfo è Rintrah e proviene da un’altra dimensione, è anche nudo, o almeno lo sembra, visto che i suoi genitali non sono in vista. Indossa una cappa azzurra ed ha al collo una specie di amuleto. Per quanto strano possa sembrare ad alcuni, è lui il Mago Supremo della Terra adesso.
Il compito che i due maghi si sono assunti è alquanto improbo: invertire gli effetti di alcuni incantesimi gettati dal Terribile Dormammu su alcuni componenti della Guardia d’Inverno. È da molto che tentano, ma hanno avuto solo parziali successi ed uno solo pieno: sono riusciti a separare l’armatura di Airstrike dall’uomo che la indossava, Dimitri Bukharin, con cui era stata fusa. Non appena è finalmente libero di farlo, Bukharin si toglie l’armatura freneticamente, come se scottasse o fosse infetta, e si allontana in preda ad una visibile crisi di tremore.
Rintrah e Strange non gli badano più di tanto, sono troppo occupati nell’ennesimo tentativo con gli altri, ma ancora una volta falliscono Strano, però, quegli incantesimi non sembravano così potenti.
“Non è possibile!” si lascia sfuggire Strange in un moto di stizza “Ogni incantesimo, per quanto forte sia, ha un controincantesimo, si tratta solo di trovarlo. Se avessi ancora i miei libri, allora ci riuscirei immediatamente, ma così potrebbe volerci troppo tempo”.
“Calma, maestro” lo esorta Rintrah “Non possiamo farci prendere dallo sconforto. Troveremo un modo”.
Strange abbozza un sorriso. “Grazie Rintrah” risponde “E ti ho già detto di chiamarmi Stephen, i nostri giorni di maestro ed allievo sono finiti ormai”.
“Certo ma… Stephen. Cosa facciamo adesso?”.
“Suggerisco di riposarci, poi faremo delle ricerche. Forse l’Anziano Genghiz ha dei tomi che potrebbero aiutarci…”.
I due maghi fanno per allontanarsi, ma l’attenzione di Rintrah è attratta da un ringhio alle sue spalle. Il Guardiano chiamato Tigre Siberiana è stato trasformato in una vera tigre, ma la consapevolezza di sé gli è rimasta, anche se non ad un livello pieno, ed il suo stato è più di quanto possa sopportare. In preda ad una furia omicida salta verso i maghi e Rintrah lo blocca a mezz’aria.
“Riposa!” ordina semplicemente e Tigre si addormenta, mentre i maghi lasciano la stanza. Un palliativo, certo, ma è quanto i due maghi hanno da offrire.
Che ne è degli altri Guardiani d’Inverno? La ragazza bruna nota solo col nome di Fantasma è silenziosa. L’incantesimo di Dormammu le impedisce di tornare tangibile e la blocca in uno stato etereo come l’essere da cui prende il nome. Il massimo che Strange e Rintrah sono riusciti ad ottenere è consentirle di restare tangibile per un massimo di 10 minuti ogni volta prima di essere di nuovo preda di atroci dolori ed esser costretta a tornare intangibile. Deve ritenersi fortunata per il fatto che siano riusciti almeno in questo, perché altrimenti il suo destino sarebbe di morire inevitabilmente di fame e di sete. Fortunata, sì, se la sua può dirsi una vita degna di essere vissuta. Ma c’è qualcuno che sta peggio di lei, come Powersurge, la cui carica radioattiva è aumentata a livelli incontrollabili. Ora è totalmente prigioniero della sua corazza di contenimento e presto quella potrebbe anche non bastare.
“Io non posso restare…” sta dicendo ai suoi compagni “Starmi vicino può essere pericoloso, presto il mio livello di radioattività diventerà eccessivo e se andassi a massa critica… devo ritirarmi dove non posso essere nocivo per nessuno”.
“Non puoi abbandonare la speranza” lo esorta il Guardiano d’Acciaio.
“Basta con questa ipocrisia!” urla improvvisamente Ramskov “E della loro speranza, che mi dici?”.
Il Guardiano si volta verso i suoi compagni ed indovina facilmente cosa pensano. Ursa Major è cupo e silenzioso: non potrà più tornare umano, non potrà più amare; Perun di certo non ha questi pensieri, ora non può più ridiventare l’agente governativo Valeri Sovloyev, ma ha importanza per lui? Un dio può sentire la perdita della sua metà umana? Quanto a Vostok, il suo cambiamento è quasi impercettibile, anche prima sembrava solo una fredda macchina, un computer in forma umana e se c’è stata perdita lui non se ne fa cruccio. Come si potrebbe sentire la mancanza di ciò di cui non si ha esperienza? Katrina Bulikova, che il Guardiano d’Acciaio ha conosciuto pochissimo, se ne sta in disparte. Da quanto ha detto, per lei le ultime ore sono come confuse. Ma è davvero lei o solo una copia creata da Stella Nera come qualcuno ha suggerito? È un pensiero inquietante.
“Perché?” chiede Ursa Major.
“Cosa?” chiede il Guardiano sorpreso.
“Perché tu sei l’unico a non aver… avuto… traumi? Perché devi sempre essere quello perfetto?”.
“Tu non sai cosa stai dicendo, Mikhail…”.
“So benissimo cosa dico e non chiamarmi mai più così!” urla Ursa Major “Io non sono più umano, sono solo un orso parlante, un fenomeno da baraccone. Puoi cambiare questo stato delle cose, Compagno Perfezione?”.
Tenta di colpirlo con una zampata, ma il Guardiano lo evita e si allontana. Vorrebbe parlargli, ma poi incontra lo sguardo di Fantasma e vi legge … odio, odio perché a lui non è accaduto nulla. E lui abbassa lo sguardo e sceglie di non parlare… di tacere dei ricordi che ha risvegliato Dormammu, della sensazione di bruciare vivo, della paura e del dolore. Non capirebbero che a volte le cicatrici peggiori sono quelle che non si vedono.
Vanguard entra nella stanza dove il Dottor Strange sta riposando e gli si rivolge senza preamboli:“Dobbiamo ritrovare mia sorella! Se davvero è rimasta prigioniera in quella dimensione oscura, dobbiamo tirarla fuori di lì”.
Strange scuote la testa e risponde:“Ho gia provato ad aprire un portale per quella dimensione, ma è stato tutto inutile: è come fosse stata sigillata da una forza potente”.
“Mi hai detto che ci sono altri che, come lei, attingono potere dalla Forza Oscura,[3] quindi ci deve essere un modo di accedervi”.
“Hai ragione: ho provato a contattare quelli che conosco, ma ci vuole tempo ed ora sono troppo stanco. Ti assicuro che...”.
“Sono stanco di promesse.”
Così dicendo, Vanguard esce dalla stanza lasciando un Dottor Strange preoccupato.
Molti anni fa questo era un posto temuto, un luogo di intrighi e torture in cui i dissidenti politici venivano detenuti indefinitamente e spesso non venivano mai più rivisti… vivi o morti. Oggi tutto questo è cambiato... nella maggior parte dei casi almeno.
Nella saletta degli interrogatori ci sono due uomini, ospiti forzati nelle ultime 48 ore. Privati delle loro armature e dei loro congegni, vestono una semplice tuta da carcerati. L’uomo che entra ad interrogarli li conosce bene entrambi: ha anche collaborato insieme ad uno di loro in più di un’occasione, in altri tempi.
Alexei Mikhailovitch Vazhin si siede davanti a loro e comincia a parlare:“Unicorno… nemmeno noi sappiamo chi tu sia veramente. Neanche le analisi del DNA sono riuscite a stabilire se tu sia davvero una persona diversa da Milos Masaryk, slovacco, il primo ad avere il nome e potere dell’Unicorno. E lo confesso, questo è fonte di grave imbarazzo… Tu non intendi parlare, vero?”.
L’Unicorno digrigna i denti, poi dalla specie di terzo occhio che ha sulla fronte esce una scarica d’energia, che spinge un impreparato Vazhin contro la parete. L’Unicorno si alza in piedi ed ancora il suo terzo occhio risplende d’energia. Un’energia che non viene liberata perché l’altro prigioniero lo colpisce di taglio alla nuca facendolo svenire.
Vazhin si rimette in piedi e si rivolge all’uomo:“Posso chiederti perché l’hai fatto, Colonnello Generale?”.
Valentin Shatalov, già ufficiale dell’Armata Rossa e del nuovo Esercito Russo, importante funzionario del G.R.U.[4], nonché ex capo di un gruppo antigovernativo nei panni anche della Dinamo Cremisi, si limita a storcere la bocca. “Non ho più quel grado, lo sai, compagno Vazhin” risponde “Quanto alla tua domanda… diciamo che ho deciso di smettere di scappare”.
“Ne sei davvero sicuro? I tuoi crimini sono gravi: tradimento, cospirazione per rovesciare il governo ed altro ancora. Rischi nel migliore dei casi il carcere a vita”.
“Correrò i miei rischi”.
Vazhin riflette, poi dice:“Forse, Colonnello Generale, potrei avere una proposta che potrebbe interessarti”.
Da qualche parte nei pressi di Mosca. Oggi.
L’uomo che molti conoscono solo col nome in codice di Omega Red entra guardandosi intorno circospetto. Conosce il suo anfitrione e sa che non c’è proprio da fidarsi ciecamente di lui.
“Tranquillo, Arkady Gregorievitch, non ci sono trappole. Nessuno conosce questo posto... a parte me... ed ora te”.
Eccolo davanti a lui: il Generale Yuri Stalyenko, Vice Direttore del G.R.U., un uomo detentore di molto potere e divorato da molte ambizioni.
“Bando alle ciance, Stalyenko: hai detto che potevi aiutarmi a scoprire i segreti del programma che mi ha dato i poteri. Se mi hai mentito…”,
“Non ho mentito. Rifletti: chi meglio di me potrebbe essere al corrente di un programma simile, hai dimenticato chi sono? Un programma voluto dal Compagno Stalin in persona”.
“Allora parla!”.
“Non è facile quanto credi. Tutti noi sapevamo solo una parte della verità. Ci sono parti del dossier che sono custodite in un luogo sicuro e precisamente una cassaforte superprotetta a cui hanno accesso solo il Presidente ed il Primo Ministro. Sì, Arkady Gregorievitch, è proprio come pensi: quel luogo è nientemeno che il Cremlino”.
“Tu sei proprio pazzo come immaginavo, generale. Come pensi che io possa entrare al Cremlino senza essere scoperto? Tempo pochi minuti e sarei il bersaglio di tutte le forze di sicurezza, per non parlare della Guardia d’Inverno”.
Stalyenko fa un sorriso inquietante. “Quanto a questo, non temere: il mio piano è inattaccabile, ho previsto tutto”.
Arkady Gregorievitch Rossovitch si rende conto che a questo punto non ha altra scelta che stare a sentire quel che propone il generale, ma se qualcosa andrà storto quel viscido monco non vivrà abbastanza per pentirsi di averlo coinvolto.
Nei pressi del Teatro Bolshoi.
In un vicolo ombroso, un uomo avvolto da un ampio impermeabile controlla
l’uscita posteriore di uno dei più famosi teatri del mondo. È perso nei suoi
pensieri, su quel che ha deciso di fare e su chi ha intenzione di incontrare e
si sente nervoso come e più di un ragazzino al primo appuntamento. Non bada ad un
uomo che si avvicina e si mette in attesa davanti alla porta Non si sono mai
incontrati, ma anche se così fosse stato, riconoscerebbe nel giovane Nikolai
Sergeievitch Krylenko il supereroe Vanguard?
Pochi secondi dopo ecco uscire una giovane donna. Il suo nome è Nadia Dornova ed è Prima Ballerina del famoso Balletto del Bolshoi. Quando vede Nikolai lo saluta con calore, ma poi si accorge del turbamento sul suo volto e gli chiede:“Cosa ti succede?”
Nikolai esita: vuol confidarsi con Nadia, ma non può rivelarle la sua vera identità, non ancora, almeno.
“Mia sorella è scomparsa” risponde “Non so se ritornerà”.
“Hai avvertito le autorità?”.
Lui sorride amaro rispondendo:“Si. Se ne stanno occupando dei veri esperti di queste cose, confidano di riuscire a ritrovarla. Siamo gemelli e siamo sempre stati molto legati. Senza di lei mi sento… perso”.
Ecco fatto. Non è proprio una bugia, giusto? Specie la parte sul suo stato di depressione. Quella è terribilmente vera.
“Povero caro” dice Nadia “Non sei solo, io sono con te”.
E lo abbraccia calorosamente. È
un momento molto intenso per entrambi: tra loro si stabilisce un’intesa, un
affetto che va aldilà di una semplice amicizia… Capiscono in quel momento di
essere innamorati l'uno dell'altra.
Un idillio rotto da
una voce piena di collera. “Giù le mani da lei!”.
L’uomo massiccio si è sbarazzato dell’impermeabile, rivelando la temibile figura di Abominio e fissa Vanguard in modo decisamente minaccioso.
“Giù le mani da mia moglie!”.
E Nadia Blonsky, nata Nadia Dornova, spalanca agli occhi, congelata dallo stupore… e dalla paura.
La giovane donna che usa il nome in codice di Vedova Nera (anche se Natasha
Romanov potrebbe avere qualcosa da ridire al riguardo) torna nel suo appartamento e si
toglie la sua tuta aderente per fare una doccia. Si abbandona allo scroscio
d’acqua come se sperasse di lavar via non solo lo sporco del corpo, ma anche
quello dell’anima. Per incastrare un pezzo grosso dell’esercito che vendeva
segreti militari ai nemici dello Stato è andata in luoghi che nemmeno pensava
esistessero, ha conosciuto gli abissi della depravazione umana ed ora teme che
l’abisso abbia guardato in lei e l’abbia trovata degna. Non che prima fosse
esattamente una donna virtuosa, a dirla tutta. Il solo pensiero la fa
star male.
Appena ha finito di vomitare, si precipita nuovamente sotto la doccia poi, avvolta in
un ampio asciugamano, torna in camera. Sul letto c’è un biglietto. Qualcuno è
entrato mentre lei era sotto la doccia? Ma chi? Come ha potuto riuscirci senza
farsene accorgere? Nessuno, a parte i suoi superiori, conosce il suo indirizzo.
Chi può essere stato a violare così la sua privacy? Quando lo scoprirà gliela farà
pagare Yelena legge il biglietto. Poche semplici parole:“Non fidarti delle
persone che conosci”.
Niente firma. Ma cosa vuol dire?
Nadia riconosce chi ha davanti. Una volta la rapì e poi, misteriosamente, la rilasciò.[5] Ora ha detto di essere…
“Emil… sei davvero tu?”.
“Sì, Nadia, sono proprio io, tuo marito” risponde la creatura verde “Non sono morto nella mia ultima missione. Ti hanno mentito. Mi sono trasformato nella creatura che vedi”.
“Tu… sei l’Abominio… dopo che mi rapisti mi sono informata su di te, ma… non sapevo…”.
“Che ero io? Ma lo sono, Nadia, ed ora possiamo tornare insieme”.
Nadia rimane sconcertata. Nemmeno per un attimo pensa che Abominio le stia mentendo, cosa ne ricaverebbe peraltro? La sua risposta non si fa attendere troppo:“No. Hai avuto tante occasioni per tornare, perché non l’hai fatto?”.
“Io… avevo paura”.
“Paura? Paura di dirmi la verità? Non ti fidavi di me? No la verità è che tu eri… sei un mostro, Emil, e non parlo del tuo aspetto. Parlo di ciò che hai dentro. Non ero capace di accettarlo prima, ma ora lo so: sei un uomo malvagio, Emil, malvagio. Hai fatto del male a tante persone e ne hai goduto, non negarlo”.
“Tu non puoi dirmi questo!” urla Abominio ed alza i pugni, pronto a fare qualcosa di molto brutto… qualcosa di cui in seguito potrebbe pentirsi, ma non lo saprà mai, perché proprio in quel momento Nikolai Krylenko gli si para davanti.
“Tu!” urla Abominio “Cosa credi di fare? Ti farò a pezzi!”. Così dicendo, gli sferra un colpo. Sorprendentemente però, almeno per Abominio, Nikolai stende le mani in avanti e riesce a bloccare l’energia cinetica del colpo restituendola al mittente e spedendo Emil Blonsky ad alcuni metri di distanza, direttamente in una piazzetta, dove la gente fugge alla vista del mostro verde.
Mentre si rialza, ancora
sorpreso dall’accaduto, Abominio osserva la gente intorno a lui e poi
incontra lo sguardo di Nadia… e infine capisce: è passato troppo tempo e lei si è
rifatta una vita. Senza di lui. Ormai non lo vuole più, è innamorata di un altro, quell’uomo
che ora è con lei, lo sguardo nei suoi occhi è inequivocabile. Ed è giusto così
in fondo. Certo: potrebbe affrontarlo, ucciderlo... ma a che servirebbe? Ed è
servito a qualcosa, forse, uccidere Betty Ross? Si è sentito meglio dopo? Se
davvero è cambiato deve dimostrarlo coi fatti, altrimenti sarà davvero solo un
sadico sanguinario. Abomino spicca così un balzo, spinto
dalle sue potenti gambe, e si allontana.
Vanguard resta ad osservarlo: che deve fare adesso? Lasciarlo andare o seguirlo?
No, non può permettere che un pericolo come l’Abominio resti libero, deve
andargli dietro, neutralizzarlo in qualche modo e soprattutto tenerlo lontano da
Nadia. Se solo gli altri della Guardia fossero disponibili... ma teme di non
poter contare sul loro aiuto, vista la loro attuale situazione. Dovrà cavarsela
da solo. Si rivolge a Nadia:“Io devo andare” le dice.
“Ma... perché?” chiede lei.
“Ora non poso spiegarti, ma tornerò, te lo prometto!”.
E così dicendo il giovane corre a cercare un posto dove infilarsi il costume di Vanguard.
Un appartamento di Mosca.
L’uomo che è il Guardiano d’Acciaio soppesa nelle sue mani la maschera: è solo un pezzo di stoffa, pensa, ma sembra quasi pesare una tonnellata nelle sue mani. Sarebbe facile lasciar perdere tutto, ma non è quello che gli hanno insegnato. Si, questi sono momenti difficili, ma ci sono sempre. A Capitan America non sono mancati, ma lui non si è mai arreso, è sempre andato avanti. Perché il simbolo della Nuova Russia dovrebbe essere da meno del simbolo degli Stati Uniti d’America? Sarà dura, probabilmente, ma ce la farà: troverà Stella Nera e ricostruirà la Guardia d’Inverno. È un compito impegnativo, ma lui non si tirerà indietro ed alla fine, non importa quanto ci vorrà, ce la farà: è per questo che indossa questo costume con i colori della bandiera, è per questo che è… il Guardiano d’Acciaio. Almeno questo incantesimo di Dormammu non è andato a buon fine.
Non sa ancora come, ma troverà un modo per intrufolarsi non visto nella stiva
di un aereo diretto da qualche parte. Forse negli Stati Uniti, oppure dovunque
il fato vorrà, non ha più molta importanza per Abominio: ormai considera la sua
vita priva di senso.
“Abominio, fermati dove sei!”.
Al suono di quella voce Emil Blonsky si volta, per trovarsi di fronte Vanguard. La reazione del mostro verde è immediata: finalmente un bersaglio su cui sfogare la sua rabbia repressa, il suo odio.
“Un maledetto supereroe. Anche qui nella Madrepatria non mi lasciate in pace. Ti ucciderò!”.
Abominio sferra un pugno con tutta la sua forza, ma Vanguard usa le sue mazze per parare il colpo e restituirlo. Blonsky è troppo preso dalla sua rabbia, per rendersi conto che sta affrontando per la seconda volta in questa giornata lo stesso avversario. Preda dell' ira, con una mano abbranca Vanguard e lo trascina con sé lungo una pista, dove un jet dell’Aeroflot in assetto di decollo sta proprio per venire loro addosso. Vanguard ha appena il tempo di accorgersi della presenza dell’aereo e per pensare che stavolta niente potrà salvarlo, quando improvvisamente una sorta di buco nero compare sulla pista proprio sotto di loro e li ingloba facendoli scomparire alla vista… proprio un attimo prima che il jet li travolga.
CONTINUA...
NOTE DEGLI AUTORI
Pochissimo da dire su quest’episodio:
1) La vera identità del Guardiano d’Acciaio rimane un mistero, almeno per ora, ma promettiamo che verrà risolto prima o poi.
2) A quale discesa all’inferno allude la giovane Vedova Nera Yelena Belova? Lo saprete molto presto in un altro racconto tutto dedicato alla nostra sensuale agente segreta. Per il momento godetevi il ritorno della nostra tormentata bionda su queste pagine.
3) Che tipo di offerta ha in mente Vazhin per Shatalov? Forse avete qualche idea in mente e, chissà, potreste anche avere ragione.
4) Per i pochi a cui potesse interessare dirò che Colonnello Generale è un grado dell’Esercito delle nazioni ex sovietiche e di quelle da esse ispirate, che equivale a Generale a tre stelle, chiamato abitualmente Tenente Generale negli eserciti di modello anglosassone e Generale di Corpo d’Armata negli eserciti di modello francese (come quello italiano).
Nel prossimo episodio: il mistero di Stella Nera, i piani di Stalyenko e… Vibro? Abbiamo detto proprio Vibro?
Fabio & Carlo