Capitolo II:
Incognite
In un bar nella periferia di Noril'sk, Siberia settentrionale.
Steve Rogers non beve. Fin da
bambino, ha visto troppi uomini rovinarsi con l’alcool, durante la “grande
depressione”. Inoltre, quand’era nei panni di Capitan America, ha sempre
rifiutato di fare uso di alcolici:
quando rischi la vita tutti i giorni è necessaria una certa lucidità per
rimanere vivi. Se a questo aggiungiamo che il Siero del Super Soldato che
gli scorre nelle vene annulla gli effetti dello stato d’ebrezza, non c’è da
stupirsi della sua scelta. Eppure, dopo aver sepolto il paracadute, aver
indossato gli abiti civili fornitogli da Fury e aver raggiunto questo bar, dopo
miglia e miglia di corsa, la prima cosa che ha fatto è ordinare un boccale di
birra. Non si viene di certo in un posto del genere per consumare un’acqua
minerale... qui ci vengono boscaioli, cacciatori, insomma dei veri “duri”. Darebbe troppo nell’occhio. I clienti
abituali non hanno l’aria di essere dei “tipi raccomandabili”, e l’aria è resa irrespirabile dal disgustoso
fumo delle sigarette. Non è proprio il
suo genere d’ambiente... eppure, è qui
che deve incontrare l’uomo di Fury,
colui che dovrà accompagnarlo in questa missione. Costui era in ritardo... o forse era lui ad
essere impaziente? Reso ansioso dal
motivo di questa missione?
d’altronde sarebbe
comprensibile.... non capita tutti i giorni di ricevere una notizia che ti stravolge la vita, come
quella che Nick gli ha dato solo poche ore fa. Scoprire che Bucky è ancora vivo
e che è stato trasformato in un assassino
lo ha reso insofferente, non vede l’ora di mettersi a lavoro, di
scoprire dove lo tengono prigioniero... ed è quello che farà non appena il suo
contatto lo raggiungerà. Ma rimanere in attesa è un’agonia, specie per un uomo
d’azione.
Il suo rimuginare è interrotto da una scena
che si svolge vicino alla porta d’ingresso: due uomini intrattengono
un’attraente biondina entrata da poco.
E’ fin troppo palese che lei non è interessata agli inviti che i due energumeni
le fanno, ma questi non sembrano decisi a desistere. E tutti gli altri clienti sembrano essere
sordi alle sue richieste di essere lasciata in pace.
Ora, se sei un agente americano
impegnato in missione segreta è sconsigliabile intromettersi, perchè
attirerebbe l’attenzione... ma Dio ci scampi se il figlio di Sarah Rogers non
intervenga quando una ragazza ha bisogno d’aiuto. Steve si avvicina ai due
uomini... il suo russo è eccellente, l’ha imparato durante la guerra, quando i
sovietici erano i suoi alleati nella lotta al nazifascismo, e riesce a capire
ogni parola che i due le rivolgono, mentre le sbarrano la strada.
<Forza tesoro... non mi dire
che una ragazza che viene in un posto del genere non è in cerca di
compagnia...>
<Vi prego, lasciatemi
andare> chiede lei, con tono
sottomesso <sto aspettando una persona...>
<E hai trovato noi, bellezza.
Guarda che sappiamo come trattare una ragazza...>
Steve gli si avvicina, con aria
seccata. Non gli sono mai piaciuti i bulli, fin da quando lo tormentavano da
ragazzo, e men che meno quelli che se la prendono con le signore.
<Non l’hai sentita? Ha detto
di lasciarla andare.>
L’altro si volta, con aria di
sfida.
<E chi l’ha detto?>
Solitamente, Steve avrebbe
tentato di uscirne a parole, cercando di evitare la violenza, ma aveva bisogno
di chiuderla in fretta. Così colpi il
più grosso con una durissima testata sul naso, che cominciò a sanguinargli
copiosamente. La risposta dell’altro non
tardò a farsi attendere, sotto forma di un
gancio destro che Steve schivò senza problemi, e che ricambiò con un diretto allo stomaco.
Non gli fece perdere i sensi, non
utilizzò le arti marziali (sarebbe stato
quantomeno sospetto), si limitò solo ad
uno stile “rissa da bar” , sperando che i colpi ricevuti li facessero desistere
dai loro tentativi di abbordaggio. Così avvenne infatti, e i due tipi se ne andarono, feriti nel
fisico ma soprattutto nell’orgoglio.
<Grazie signore... lei è stato
molto coraggioso. Mi permetta di offrirle da bere...>
<Non è necessario,
davvero.> tagliò corto lui.
<Per favore, insisto. Lei è
così..... forte, così audace. Io...>
<Per favore, signorina. Le ho
già detto che non è necessario.> ribadì.
<Santo cielo.... Fury aveva
davvero ragione, sul tuo conto. Un vero boy scout. Pronto a scattare davanti al
classico clichè della “fanciulla in pericolo”> disse lei, cambiando drasticamente tono di
voce ed espressione.
<Tu...sei il mio contatto?>
<Ebbene si, agente “John Doe”.
Non molto originale, se posso permettermi.>
<E tu sei....?>
<Tenente Yelena Belova. Sono la Vedova Nera>
Steve si risparmiò le battute
sull’originalità dei nomi in codice, e si limitò a dire:
<Non quella che conosco
io... perchè quella messa in scena?>
<Oh una cosa innocente...
volevo solo metterti alla prova. Te l’ho detto... Nick mi aveva detto del tuo
“istinto cavalleresco”. >
I due s’appartarono ad un
tavolo in un angolo; nessuno badava a
loro, per tutti l’esibizione di forza di Steve aveva conquistato la ragazza...
tipico caso di maschio dominante. Non potevano immaginare che si trattava di
due spie internazionali che si scambiano informazioni su una missione segreta.
<Dunque Stalyenko aveva
intenzione di utilizzare un intero squadrone di super soldati russi per
rovesciare l’ attuale governo ??” >
disse Steve. (1)
<Esattamente. E da quel che mi
hai detto, anche quel sosia del “Teschio Rosso” aveva un suo piano in tal
senso. A questo punto è facilmente deducibile che anche Zakharov sia in qualche
modo collegato a loro.>
<Si, dev’essere senz’altro
così: tre residui della guerra fredda, ognuno
con un piano per “risollevare le sorti della Rodina? Non può essere di
certo una coincidenza...>
<Già... inoltre il Guardiano
Rosso viene ucciso a sangue freddo, e poco tempo dopo il Guardiano d’Acciaio
subisce un attentato. In un modo o
nell’altro tutto questo fa parte di un unico disegno. >
< Voglio interrogare
Stalyenko. Puoi portarmi da lui?>
< Conosco Stalyenko, dubito
che parlerà. Lui...>
< E’ l’ex direttore del
G.R.U., avrà avuto accesso a numerose informazioni. Può esserci utile.>
< Non credo. Te l’ho detto, lo
conosco bene e non è un tipo che collabora...>
< Desidero parlarci, subito.
Puoi portarmi da lui?>
L’americano era di certo un tipo
che sapeva il fatto suo, pensò lei, uno abituato a vedere accucciarsi quando dice
“seduto”. Fury non l’aveva certo scelto
a caso... doveva avere molti assi nella manica,
sotto quel look alla Robert Redford.
<Si, ho una jeep qua fuori.> rispose.
Uscirono dal bar e salirono sul
mezzo.
< Allora come devo
chiamarti? Devo davvero rivolgermi a te
come “John Doe?”>
< Ero, uh... ho il grado di
capitano. Puoi chiamarmi così.>
<Come vuoi, capitano.>
Durante il tragitto si scambiarono poche
parole: Steve pensava a Bucky, ovviamente, ma non immaginava che il suo ex
partner era anche l’oggetto dei pensieri della Vedova.
Si, perchè quando vide il filmato
inviatole da Fury riconobbe anche lei l’uomo che aggredì il Guardiano
d’Acciaio: il Soldato d’Inverno, uno
degli istruttori della prima Vedova Nera, Natasha Romanoff. L’occasione che le
se si presentava era ghiotta; catturandone il maestro, avrebbe finalmente
dimostrato a tutti, ma sopratutto a se stessa, di essere migliore della
Romanoff. Questo è il vero motivo per il
quale ha accettato questa missione.
In una località segreta:
Il Soldato d’Inverno è in piedi,
sull’attenti, davanti alla scrivania di Zakharov.
<Ti ho convocato, ragazzo mio,
per congratularmi con te per il successo della tua missione col Guardiano
d’Acciaio. Ottimo lavoro, figliolo.> (2)
<Grazie signore, ma non sono riuscito
ad eliminarlo. E’ stato un avversario eccezionale, molto più duro di quanto mi
aspettassi, e quando finalmente ero riuscito ad avere la meglio, sono stato
scoperto. Ho dovuto abbandonare la missione.>
<Hai sconfitto il tuo nemico e
sei sparito senza lasciar alcuna traccia. Hai eseguito gli ordini, non ho nulla
da rimproverarti. Sei pronto per il tua prossima missione?>
<Si signore. Il capitano
Dolnovich mi ha dato tutti i dettagli.>
<Bene figliolo. Ora va di
sotto e inizia a prepararti. Si parte tra poco.>
Fece il saluto e uscì dalla
stanza, proprio nel momento stesso in cui il capitano Dolnovich entrava nella
stanza.
<Parli, capitano.>
<Signore, è per via di Stenkov. Due giorni fa è scomparso, portando con sè il dossier del Soldato
d’Inverno. Temiamo possa rivelarsi un problema per la missione. Pensavo di
prendere alcuni uomini e...>
<Lasci
perdere, Dolnovich. A quest’ora Stenkov non è più nemmeno in Russia. Quel
piccolo verme... se solo avessi immaginato cosa pensava di fare, lo avrei fatto
castrare. Comunque, ormai non ha più
importanza.
A questo punto
non possiamo più fermarci. Dovremo cambiare approccio forse, ma la missione va avanti.>
<Ma
signore... e se andasse alle autorità?
Saprebbero che c’è lei dietro a tutto....>
Zakharov si
accese una sigaretta, diede una lunga
boccata, e poi rilasciò il fumo.
<Dolnovich...
è dai tempi dell’Afghanistan che dicono che sono spacciato. Credimi... quando
l’America attaccherà la Russia, darci la caccia sarà l’ultimo dei pensieri del
governo. Ci sarà la più grande guerra mai vista dal’ 45 a oggi... e il giorno
in cui vinceremo, quando riusciremo a mettere le mani sulle enormi risorse
degli Stati Uniti, allora nessuno si
domanderà chi ha cominciato cosa... e nel caso
dovessimo perdere, bhè... mi creda capitano, non vorrebbe nemmeno lei vivere in
una Russia in mano a quei porci di americani.>
In un carcere militare in Siberia, ora:
Yuri Stalyenko era
seduto al tavolo degli interrogatori, indossando la sua tenuta da prigioniero.
Gli era stata concessa una sigaretta. Di fronte a lui sedevano Yelena Belova e
un non identificato agente americano. Esordì con una citazione da “Il silenzio degli innocenti”:
< Agente
Belova... dobbiamo smetterla di incontrarci così. Diranno che siamo
innamorati...>
< Non sono
qui per scherzare, Stalyenko. Sono
qui per farti alcune domande, e farai bene a rispondere...>
< Ne dubito
mia cara. Non hai niente che possa farmi parlare... ma per pura curiosità,
chiedi pure...>
Il tono di
Yelena si fece ancora più duro:
< Prima
cosa, il Guardiano Rosso. E’ morto sotto i miei occhi, poco dopo che sei stato
arrestato...>
< Che mi
hai arrestato...> aggiunse lui.
< Giusto,
che t’ho arrestato come un vile traditore come te merita...>
<Potremmo
discutere a lungo su chi a tradito chi, se io o quei porci politici al
Cremlino> la interruppe ancora lui <Ma come hai attentamente
puntualizzato tu, io ero agli arresti quando qualcuno ha deciso di eliminare il
Guardiano Rosso.>
< Un tuo
piano. Una tua idea. Lui sapeva qualcosa, per questo l’hai fatto eliminare.> disse fermamente Steve.
< E tu chi
sei? Cosa vuole un agente yankee da un
presunto “traditore del governo russo”? Perchè sei
qui?>
<
Zakharov. So per certo che ha in mente
un attacco agli U.S.A. , qualcosa che ha a che fare con la vostra “Remont”.
Sono qui per impedirlo, e tu mi dirai come.> gli rispose duramente.
< Hai
davvero un’alta opinione di te se pensi di intimorirmi, ragazzo. Zakharov... è davvero per questo che sei
venuto fin qui? Beh te ne puoi tornare
nel tuo paese di mangia hamburger, biondino... il progetto Remont è composto da
cellule indipendenti, ognuna in grado di operare in maniera totalmente
autonoma. Ti dico tutto questo per evitare altre scocciature da te e da
chiunque altro> disse con aria seccata,
guardando in direzione della Belova.
< Non puoi
non sapere niente!! Nella tua posizione
, col tuo grado... maledizione , sono certa che tu sai cosa c’è sotto!! Io…>
Yelena non finì la frase, perchè il suo
comunicatore da polso suonò. Si alzò in piedi e dopo aver lanciato uno sguardo
rabbioso verso Stalyenko uscì
dalla stanza per rispondere, lasciandolo solo con Steve.
< Non è
solo per Zakharov che sono qui.> riprese Steve < C’è qualcuno che ha
avuto la brillante idea di mascherarsi da Teschio Rosso, e ha rispolverato
altri residui da guerra fredda, come Electro. Te lo ricordi vero? Ma sappiamo entrambi che Malik è morto,
dunque chi è? Cos’ha a che fare con questa storia? Cosa sai di lui?>
chiese. (3)
< Il
Teschio Rosso?? AH! C’è ancora chi va in giro
con quella maschera??> il russo si mise a ridere
<Eh eh eh
eh... mio dio... beh se vuoi saperlo, ho sempre trovato di pessimo gusto l’idea
di terrorizzare gli americani indossando i panni di un nemico comune... voglio
dire, i nostri durante la Grande Guerra Patriottica lo
hanno combattuto tanto quanto i vostri, che senso ha?>
Yelena tornò nella stanza.
<E’ inutile cercare di
ragionarci capitano.... andiamo, ti devo parlare.>
< Un’ ultima cosa, Stalyenko. Il Soldato d’Inverno. E’ con Zakharov. Dimmi dove può essersi rifugiato.>
<Il Soldato d’Inverno? AH AH AH AH!!!! > Stalyenko scoppiò in una fragorosa risata < Mio Dio,
quanti anacronismi hai tirato fuori oggi...>
Steve balzò in piedi e lo prese il bavero.
<Ti sembra divertente?> disse con tono adirato < Dov’è??? Dove
si nasconde??? PARLA!>
<Lascia andare il prigioniero!> gli intimò la guardia
carceraria.
< VIENI VIA, ADESSO!>
ribadì la Vedova.
Steve lo lasciò andare, furibondo.
<Per quel che ne so io, il Soldato d’Inverno è rinchiuso in un
magazzino militare al confine col Kazakistan dal 1989> gli rispose Stalyenko, mentre nella stanza entrarono i soldati per
riportarlo nella sua cella, e prima di varcare la porta si voltò per dire.
< Salutatemi Zakharov....
sempre che lo troviate...> e se ne
uscì sghignazzando.
< Ho ricevuto una chiamata dal G.R.U. capitano... mi hanno informato
di un attacco ad un laboratorio batteriologico. Sono certa che si tratta degli
uomini di Zakharov...>
< Un laboratorio batteriologico? Zakharov è un folle! Ha intenzione
di usare armi biologiche contro gli Stati Uniti.... scatenerà un’epidemia, farà migliaia di morti! Dobbiamo fermarlo...
sai come arrivarci?>
< Non possiamo andarci in jeep, è troppo lontano... potrei chiedere
un elicottero ...>
< Non è necessario, Vedova. So io come procurarci un mezzo più
veloce...>
Steve attivò
il suo comunicatore da polso, che lo mise in contatto con Yuri Brevlov, il
direttore della filiale russa dello S.H.I.E.L.D. e dopo avergli comunicato la parola d’ordine e il
codice di identificazione, gli spiegò rapidamente la situazione, chiedendo una
squadra di rinforzi e un jet che li andasse a prendere; in breve si lui e la
Vedova Nera si trovarono in volo verso il laboratorio assediato. Si tolsero gli
abiti, rimanendo con le loro uniformi.
<Sincronizziamo i nostri comunicatori, potremmo aver la
necessità di doverci dividere una volta dentro.> le disse lui
<Si sono
d’accordo.> rispose lei.
***
Per primi, scesero dal jet una squadra di agenti
S.H.I.EL.D., pronti a rispondere al fuoco; gli uomini di Zakharov avevano quasi
preso il possesso dell’edificio, e dunque era necessario aprirsi un varco tra i loro colpi. Grazie alla loro
copertura, Steve e la Vedova riuscirono
a penetrare nel perimetro interno.
I laboratori
erano nei sotterranei, e il percorso era
tappezzato dai cadaveri dei militari che avevano coraggiosamente cercato di
respingere l’assalto dei terroristi. Steve non poteva che inorridire davanti a
quei poveri soldati morti nel compimento del loro dovere, ma prosegui la sua
corsa senza mostrare la minima emozione,
limitandosi a pensare
<Zakharov, maledetto pazzo... pagherai anche per queste
morti...> tra sè e sè. Yelena si
chinò sul cadavere di uno dei soldati, prelevandogli un badge dalla tasca
interna dell’uniforme.
< Questo ci
servirà per aprire la porta. > sentenziò, ed infatti pochi minuti dopo, dopo
aver percorso una lunga scalinata, si trovarono
davanti ad una grande porta automatica con su scritto ЛАБОРАТОРИЯ 13 . Yelena fece scorrere il
badge e le porte si aprirono; all’interno ad attenderli c’era un intero
squadrone di commandos.
Steve attivò il suo scudo energetico, respingendone i proiettili,
e si avvicinò rapidamente a loro che, per evitare di venir colpiti dai
rimbalzi, cessarono di sparare; dopodichè passò all’attacco, abbattendosi su di loro con una forza d’urto
tale che nel corso degli anni gli procurò il soprannome di “perfetta macchina
da combattimento umana ”: colpì il primo con un diretto al volto talmente
potente che gli fece volare via l’elmetto, e con un calcio al torace ne atterrò
un altro. Un terzo venne sollevato e lanciato contro gli altri,
abbattendoli. Eseguiva quelle mosse con
la stessa semplicità con cui un karateka esegue gli esercizi di kata: erano
movimenti e colpi eseguiti migliaia e migliaia di volte fin dal 1940; che si
trattasse della Wehrmacht, delle orde dell’Hydra o di un’armata Skrull, i
nemici cadevano come il grano davanti alla falce.
La Vedova Nera non era da meno: degna del rango e del nome che
porta, Yelena Belova si muoveva e colpiva con l’agilità e la precisione da non
far rimpiangere Natasha Romanoff. I suoi balzi e le sue piroette impedivano ai soldati di prender la
mira, mentre i suoi calci li abbattevano uno dopo l’altro.
Sebbene più
numerosi, gli assalitori non riuscivano a prevalere; la posta era troppo alta e
i due non poteva certo trattenere i colpi.
Nel corso della lotta Steve riconobbe l’uomo
che approfittando della confusione stava
fuggendo dal laboratorio: ero lo stesso delle foto di Fury.
< VEDOVA!
COPRIMI! > le disse mentre usava la schiena di uno dei soldati come una
cavallina, scavalcandolo per corrergli dietro.
In pochi minuti lo raggiunse.
<
DOLNOVIIIICH!!!> (4) gridò, intimandolo di
fermarsi. Il russo cominciò ad esplodere
colpi dalla sua arma, e quando vide che il suo inseguitore non rispondeva al
fuoco , esauriti i proiettili smise di correre per affrontarlo faccia a faccia,
estraendo il suo machete. Chissà se Viktor Dolnovich avrebbe avuto l’ardire di
affrontarlo se avesse indossato il suo vecchio costume... ma non sapendo chi
aveva di fronte, cominciò ad attaccarlo; i suoi molteplici colpi però non
colpivano il bersaglio, andavano a vuoto creando un forte sibilo nell’aria: con
un gioco di gambe e dei rapidi quanto precisi movimenti del tronco Steve
evitava ogni fendente del suo assalitore, come un pugile professionista fa con i colpi di
uno sparring partner.
Lo scontro fu
di breve durata: sinistro, destro, sinistro e Doldovich cadde in terra,
stordito e sanguinante al volto. Chi
diavolo era costui? Come faceva a muoversi così rapidamente? pensieri come questi gli passavano per la
testa, mentre cercava lentamente di rialzarsi.
Steve
ricordava le crudeltà descrittegli da Fury nel suo appartamento, che mista alla
vicenda del Soldato d’Inverno lo aveva reso furibondo. Voleva dargli una
lezione. Con la punta del piede calciò il machete in sua direzione e ricambiò
l’invito ad attaccarlo con la mano.
< Vieni...
riprovaci...> gli disse in perfetto russo.
Raccolta
l’arma e le energie residue, il pupillo di Zakharov riprovò nuovamente a
colpirlo, ma l’esito non fu diverso dalla prima volta: una schivata dopo
l’altra e nemmeno un fendente andava a segno.
Stavolta però
Rogers gli prese il braccio bloccandolo sotto l’ascella destra e lo colpì con
una ginocchiata al ventre, poi con un diretto sinistro allo zigomo e lo finì
con un montante destro che lo fece letteralmente balzare all’indietro.
Lo sollevò da
terra, prendendolo per il bavero: < Va bene Dolnovich. Non lo chiederò una
seconda volta... è Zakharov che voglio.
Dove si nasconde? >
< Ti
conviene rispondere in fretta, soldato > disse la Vedova Nera arrivando da
dietro e puntandogli una pistola davanti la faccia. Steve lo lasciò andare,
facendolo cadere e togliendolo dalla linea di tiro.
< Niente
pistole, Vedova. Non è così che lavoro. >
< Un
americano che non ama le armi... merce rara.... dove credi di essere, negli
scout? Cosa vuoi fare, chiedergli per favore dove si nasconde il suo capo? >
< Sono in
questo giro da più tempo di te, ragazza, e so per certo che c’è sempre un altro
modo per ottenere informazioni > le disse lui, guardandola fissa negli occhi
< Sempre. >
< Si beh...
questo è però il più veloce.> e dal morso di vedova che portava sul polso
sinistro sparò un dardo che colpì Doldovich proprio alla giugulare.
< Che cosa
gli hai fatto?? >
< E’
chiamato Pravda... due volte più potente e tre volte più
rapido del siero Penthotal... canterà come un uccellino in pochi minuti. > (5)
A Steve non
piacevano questi metodi... privavano del
libero arbitrio; anche se tuo nemico, un uomo è in possesso di diritti che non
vanno violati. Pur visibilmente irritato, si mise ad interrogarlo:
<
Soldato... il generale Zakharov.... Dicci dove si trova, qual’è la sua
posizione.>
Doldovich
pareva in uno stato di trance simile al dormiveglia, e parlava come un ubriaco
< Il....
general..... il generale Zakharov.... s’è spostato in una località segreta....
non ci è dato di sapere dove si trova.... i suoi.... ordini.... ci vengono
trasmessi... via radio... >
< Il
Soldato d’Inverno. Dov’è? Perchè non è con voi? >
< Il
Sol.... dato d’inverno è... in un altra missione. Noi... solamente un
diversivo........>
< Dov’è?
Dove si trova adesso? > chiese nuovamente.
< S- Suhdek...>
< NO!!!>
Yelena Belova non credeva alle sue orecchie, un’espressione di terrore le
apparve in volto.
< Cosa?
Cosa c’è là? >
< A
Suhdek... c’è una base missilistica nucleare!!
Mio dio... Zakharov ha in mente di bombardare gli Stati Uniti!>
Un attacco nucleare all’America... una notizia
che farebbe raggelare il sangue anche in una leggenda vivente. E lo fa.
Continua...
LE NOTE
1 = Nella serie
“The Others: Guerra e Pace”
2= Nell’episodio
precedente
3= Nel numero 41 -
43 della serie di Capitan America “Teschi & Tibie”
4= Il Capitano
Viktor Dolnovich al pari del Generale Zakharov è stato inventato dallo
scrittore irlandese Garth Ennis nella linea Max del Punitore nell’episodio
“L’uomo di Pietra”.
5= Il siero Pravda
(“Verità” in russo) è una mia invenzione.
Carmelo Mobilia