Cosa vi serve sapere: il dio Leone ed il dio Iena,
due antiche e semidimenticate divinità africane hanno messo in atto un piano
per vendicarsi del loro antico rivale il dio Pantera.
T’Shan, cugino di T’Challa,
la Pantera Nera in carica, apparentemente morto, è tornato in vita superforte e
quasi invulnerabile ed ha quasi sconfitto il cugino che all’ultimo momento è
stato preso da misteriosi tentacoli neri che lo hanno trascinato nel regno dei
morti del malefico dio Iena. Il Vendicatore africano è però riuscito a
liberarsi e grazie all’enigmatico spiritello Mokadi ha trovato una via di fuga
che lo ha portato al cospetto di un leone albino antrpomorfo tenuto incatenato
da chissà chi. Intanto T’Shan è giunto nella capitale di Wakanda e dopo aver
sconfitto i Moschettieri Neri si è impadronito del Wakanda rivelando di essere
posseduto dallo spirito del dio Leone.
Carlo Monni
& Carmelo Mobilia
(da un’idea
di Fabio Chiocchia)
Capitolo 8
La pantera e il
leone
Altrove.
Dalla soglia della caverna T’Challa osservò la figura incatenata: un leone dal manto bianco in forma umanoide alto poco più di due metri. Chi era? Perché era imprigionato in quella landa desolata? Che legame aveva con il malefico dio Leone? Era amico o nemico? Mokadi sapeva di sicuro le risposte a quelle domande ma come suo solito quell’enigmatico spiritello era sparito. C’era un solo modo per averle chiedere direttamente all’interessato. T’Challa avanzo all’interno e si avvicinò cautamente al prigioniero.
Il leone umanoide alzò la testa e disse:
<Chi c’è? Sei tu Nyeusi?[1] Sei tornato per tormentarmi?>
T’Challa lo fissò e si rese conto che l’essere era cieco. Per essere precisi, era stato accecato. Chi gli aveva fatto questo?
Il Leone Bianco parlo ancora:
<No, non sei Nyeusi ma hai un odore familiare, lo stesso del mio vecchio compagno Chui[2] è stato lui a mandarti per liberarmi dalle mie sofferenze?>
<Io sono T’Challa, figlio di T’Chaka, Pantera Nera del Popolo Wakanda.>
<Un umano e non un umano qualunque a quanto pare. Avvicinati T’Challa figlio di T’Chaka non intendo farti del male. Non potrei nemmeno se volessi del resto.>
<Chi sei?> chiese T’Challa.
La risposta lo sorprese:
<Mimi ni Simba Mungu… > disse in Swahili <Io sono il dio Leone.>
New Orleans.
<Che incredibile colpo di scena eh?>
A parlare era stato un ometto di
colore, magro e allampanato, che
indossava un completo blu gessato, aveva una bombetta sulla testa, occhiali
tondi e fini ed un paio di eleganti guanti viola alle mani. Non era un uomo
normale però perché sfoggiava due paia di gambe e di braccia.
Anche l’uomo seduto davanti a lui era nero, così come nero era il suo
smoking ma i suoi occhi erano verdi come smeraldi e le iridi dorate quando aprì
le labbra mostrò due file di denti bianchissimi di cui le due coppie di canini
erano vere e proprie zanne.
<Tu lo sapevi?> disse con malcelata collera <Sapevi che era
vivo?>
<Amico mio, sono ben poche le cose che non so, altrimenti come
potrei avere storie da narrare? Certo… potrei inventarmele.>
I due individui, chiamarli uomini sarebbe stato riduttivo, era ormai
chiaro, sedevano ad un tavolo d’angolo del Tipitina Club, un locale molto
speciale del vecchio e pittoresco Quartiere Francese della Città della
Mezzaluna dove i praticanti e le creature dell’Occulto trovavano un terreno
neutrale.
<Quel maledetto è riuscito a tenercelo nascosto. Ci ha fatto
credere che era morto.>
<Già, è un ingannatore quasi migliore di me… quasi, perché io ho
scoperto il suo segreto.>
<La pogherà!> ruggì letteralmente
quello in nero, il cui volto era ormai trasfigurato nel muso di una pantera
nera.
Alcuni avventori del locale si voltarono verso di lui e gli lanciarono
occhiate di rimprovero. Le beghe personali, perfino quelle degli dei, dovevano
restare fuori dal Tipitina Club, era la regola.
Il suo compagno di tavolo scoppiò a ridere.
Capitale del Wakanda.
Era quello che il Lupo Bianco aveva temuto: un nuovo scontro con T’Shan.
Era sopravvissuto a stento al primo[3]
e forse non era molto saggio affrontarlo un’altra volta, ma una parte di lui
bramava una rivincita.
<Credevi davvero che avresti potuto soffiarmi la preda da sotto il
naso?> gli chiese T’Shan serrandogli il braccio in una stretta che pareva
una morsa.
<Un po’ ci speravo, lo ammetto.> ribattè Hunter.
Nonostante il tono di sfida il fratello adottivo di T’Challa non si
faceva illusioni: anche se era riuscito a procurarsi un costume di ricambio con
tutti i gadget annessi, era conscio di essere in svantaggio.
Non era il tipo da perdersi d’animo però. Attivò il campo di
invisibilità e T’Shan, sorpreso, gli lasciò il polso.
<Bel trucchetto….> disse <… ma inutile con me. Forse non ti
vedo ma sento il tuo odore.>
<E senti anche questa?>
Una freccia sibilò nell’aria e raggiunse T’Shan ad una spalla.
Okoye era tornata indietro ed era sulla soglia della camera da letto
reale stringendo in pugno il suo fedele arco con una freccia già incoccata.
T’Shan fece una risata selvaggia e si strappò la freccia dalla spalla.
<Bel tentativo, Okoye...> disse <… ma come avresti dovuto
sapere, non sono facile da uccidere.>
<Posso provarci però.> replicò la ragazza in tono deciso.
Il Lupo Bianco, sempre con Monica Lynne tra le braccia, tornò visibile
e si rivolse a Okoye:
<E così sei tornata indietro. Avrei dovuto aspettarmelo e non me ne
lamento di certo.>
<In due non avrete maggior successo, ve lo assicuro.> affermò
T’Shan mentre la sua pelle veniva ricoperta dal suo costume e sul suo volto si
disegnava la maschera del Leone Nero.
<Bel trucchetto, ne ho uno simile, ma il tuo lo batte.> disse
Hunter.
<Vedremo se avrai ancora voglia di fare lo spavaldo quando avrò
finito con voi due.> ribattè T’Shan.
Il Lupo Bianco aiutò Monica Lynne a rimettersi in piedi e si rivolse
ancora a Okoye:
<Da sola non può scappare. Portala via e proteggila. A T’Shan penso
io.>
Okoye fece una smorfia di disappunto ma prese Monica per mano e la
portò fuori.
<Non ti facevo il tipo che si sacrifica per gli altri, K’Winda.>
disse T’Shan.
“Nemmeno io.” Pensò con una punta di autoironia Hunter.
Il Lupo Bianco cominciò il combattimento con T’Shan, ma proprio come
l’altra volta, l’avatar del Leone Nero pareva invincibile.
<Ci hanno provato in quattro, bastardo bianco, e non ci sono
riusciti. Come pensi di poterci riuscire tu da solo?> chiese T’Shan,
inebriato dalla propria forza.
Hunter era agile e veloce, colpiva con precisione, e molti dei suoi
colpi andavo a bersaglio, ma nessuno di essi pareva scuotere il suo avversario.
<Proviamo così allora... > da sotto la mantellina estrasse due piccoli
parallelepipedi che si espansero diventando due corte mitragliette[4]
e aprì il fuoco.
Le pallottole in vibranio riuscivano a creare delle escoriazioni a
T’Shan, ma non riuscivano ad abbatterlo; semmai lo avevano reso furioso.
<Ti staccherò le braccia per questo!> esclamò.
<Ah si? E che mi farai per quest’altro, invece?> afferrò una
granata esplosiva e gliela lanciò contro.
La stanza saltò per aria con una fragorosa esplosione, ma neppure
questo bastò ad uccidere l’indemoniato T’Shan. Il suo costume lacerato iniziò a
ripararsi da solo.
Il Lupo bianco, intanto, era scomparso da quella stanza divorata dalla
fiamme e sommersa dal fumo.
<Per questo, K’Winda, ti farò rimpiangere di essere venuto al
mondo...> minacciò T’Shan, schiumante di rabbia.
Da qualche parte in
Africa.
Raoul Bushman non era uno stupido e di sicuro nemmeno uno sprovveduto
vista la carriera che aveva alle spalle: era stato un soldato e poi un mercenario
ed infine, sia pure per breve tempo, dittatore del suo paese natale. Era un
uomo crudele e spietato ma aveva decisamente senso pratico. Sapeva che l’uomo
che aveva di fronte non era tipo da averlo liberato per pura bontà d’animo. Si
trattava di vedere se il prezzo da pagare sarebbe stato di suo gusto.
Joshua N’Dingi, il Presidente del Mbangawi nonché Capo ereditario
dell’omonima tribù, etnia maggioritaria della nazione, era un tipo da prendere
con le molle. Da quello che Bushman sapeva di lui, N’Dingi aveva studiato in
Inghilterra ed era lì che un incidente di cui non si sapeva quasi nulla lo
aveva privato di braccio, gamba ed occhio sinistri che erano stati rimpiazzati
da impianti cibernetici all’avanguardia.
La sua faccia era rimasta orribilmente sfregiata ed era proprio a
causa delle deturpazioni a forma di scaglie sul viso e parte del corpo che era
stato soprannominato Dottor Crocodile.
Gli indigeni della regione ritenevano che fosse un potente stregone e
che fosse in grado di trasformarsi in un coccodrillo ma Bushman riteneva che
fosse una favoletta inventata per spaventare i superstiziosi anche se non
sottovalutava di certo la magia.
Non era forse grazie ad essa che il suo principale nemico era tornato
dalla tomba?[5]
Ruppe gli indugi e si rivolse al suo liberatore:
<Nessuno fa niente per niente, quindi cosa vuoi da me?>
Crocodile fece un sogghigno che in una faccia come la sua sembrava
decisamente sinistro e rispose:
<Dritto al punto eh? Mi piace. Tu sei un uomo dai molti talenti,
Bushman, talenti che in una prigione sarebbero stati sprecati mentre a me
sarebbero molto utili.>
<E per cosa?>
<Io ho una grande ambizione fondare un grande Stato che ho deciso
di chiamare Federazione Africana. Forse anche dalla tua cella hai sentito che
ho… liberato la Rudyarda ponendo fine alla guerra civile che devastava quel
paese dalla caduta del regime di apartheid che lo governava.[6]
Ora la Rudyarda non esiste più, si è ribattezzata Kitara[7]
e con un referendum ha liberamente scelto di federarsi con il Mbamgawi.>
“Molto liberamente, ci scommetto.” pensò Bushman cinicamente.
Crocodile proseguì:
<Presto anche il Dabar firmerà un trattato di federazione che
porterà alla nascita del nuovo Stato.[8]
Altri Stati si uniranno io spero pacificamente ma già so che altri non lo
faranno. Ho bisogno di qualcuno che sia capace di organizzare le milizie di cui
dispongo in un vero esercito, qualcuno come te, Bushman sarai il mio Ministro
della Difesa e mi aiuterai ad eliminare il più grosso ostacolo alla
realizzazione del mio sogno, l’unico Stato che non accetterà mai nella
Federazione.>
<E sarebbe?>
<Il Wakanda.>
Bushman fece un fischio e replicò:
<Un osso che molti cani hanno cercato di addentare rimettendoci i
denti. Cosa ti fa pensare che tu potresti fare di meglio?>
<Perché so pianificare con cura. La sfida ti spaventa?>
<Al contrario: mi eccita.> ribatté Bushman con una risata
cattiva.
Altrove.
Pantera Nera era sconcertato da quello che aveva appena sentito.
Il leone antropomorfo dalla pelliccia bianca aveva appena detto:
<Io sono il dio Leone.>
<Non è possibile!> esclamò T’Challa <Io ho combattuto il dio
Leone[9]
e non puoi essere tu.>
<Quello di cui tu parli è il mio gemello, che ha usurpato il mio
ruolo e la mia sposa. La nostra storia comincia all’alba dei tempi quando io e
mio fratello eravamo giovani, simili eppure diversi: io bianco come il latte e
lui nero come la notte. Avremmo dovuto condividere il regno in armonia ma lui
era roso dall’invidia: voleva essere l’unico dio Leone. Io non sospettavo
nulla, ero davvero ingenuo allora. Con l’inganno mi attirò in un luogo
appartato e lì mi attaccò a tradimento.>
<Non ti uccise, però.> commentò T’Challa <Perché?>
<Non poteva. Le antiche leggi proibiscono a ciascuno di noi di
uccidere i suoi simili e lui non osò violarla, anche se io preferisco credere
che gli fosse rimasta abbastanza decenza da non voler versare il mio sangue.
Così mi imprigionò in questo luogo remoto e mi accecò per buona misura. Voleva
essere certo che fossi innocuo. Agli altri disse che eravamo stati attaccati da
emissari di altri dei e che loro mi avevano ucciso. Loro gli credettero, perché
non avrebbero dovuto? Avrebbero capito la sua vera natura quando ormai era
troppo tardi. Con il tempo convinse la mia sposa a divenire la sua e lui fu
l’unico dio Leone.>
<Sai molte cose per essere imprigionato qui da eoni.>
<Mi è rimasto abbastanza del mio antico potere per vedere, con gli
occhi della mente almeno, cosa accade negli altri mondi di quando in quando.
Non abbastanza però, per liberarmi da queste catene magiche ma forse… forse tu
puoi farlo.>
Birnin Zana, Capitale del Wakanda.
C’era un solo modo per definire colui che si faceva chiamare Leone
Nero ed era: furioso. Coloro che aveva progettato di far giustiziare quella
stessa mattina erano fuggiti e tra loro c’erano anche la promessa sposa di
T’Challa e le altre che aveva deciso di tenersi come concubine, una debolezza
umana di cui era ormai troppo tardi per pentirsi.
Davanti a lui il sinistro stregone del culto del dio Iena, il cui
volto aquilino era solcato da una cicatrice che gli attraversava l’occhio
sinistro ormai spento, ne percepiva la frustrazione e ne era anche un po’
divertito.
<Ti avevo avvertito che era un errore giocare con i tuoi avversari
una volta che avevi vinto.> disse con voce quieta < Dovevi stroncarli
senza pietà.>
<Non devo rispondere a te di come governo il mio regno,
vecchio.> ribattè, piccato, T’Shan.
<Ma è anche grazie a me che lo governi, non dimenticarlo. Sono
stato io a renderti ciò che sei ora.>
<Non da solo, però e la vittoria me la sono guadagnata con le mie
forze. Avessi a mia disposizione tutto il pieno potere del dio Leone potrei
scovare i fuggiaschi ovunque siano e distruggerli tutti in un colpo solo ma
questa forma umana non è in grado di contenerlo.>
<A questo potremmo rimediare noi, non è vero Mijeledi?>[10]
disse carezzando la testa della sua iena che aveva un grosso sfregio che le
percorreva il muso in diagonale identico a quello dello stregone.
L’animale emise un verso che suonava come una sinistra risatina.
<Cerca i fuggiaschi, Mijeledi. Li vedi?>
La iena rizzò il muso ed il suo occhio cieco sembrò puntare il vuoto.
<Eccoli!> esclamò lo stregone <Stanno cercando rifugio nella
valle proibita, il regno dei gorilla bianchi.>
<Devono essere disperati. Il dio gorilla è da sempre nemico del dio
Pantera e lì troveranno solo la morte.>
<Ma il dio Gorilla ha rifiutato di unirsi a noi e potrebbe decidere
di dare asilo ai fuggiaschi. Vanno fermati prima.>
<E lo faremo. So anche come.>
<Sì, certo. Hai capito, Mijeledi? Chiama a raccolta le tue sorelle.
Oggi iene e leoni cacceranno insieme.>
La iena assentì col muso mentre emetteva il suo caratteristico verso, poi, improvvisamente, scomparve.
Lo stregone scoppiò a ridere e la sua risata mise a disagio perfino T’Shan.
In una raduna distante iniziarono a materializzarsi leoni e iene di grandezza doppia del normale.
Alla loro testa una iena con un occhio cieco attraversato da una cicatrice diagonale.
Da qualche altra parte in
Africa.
Il percorso era stato lungo e tortuoso, le scorte di cibo e acqua
iniziavano a scarseggiare, la fatica per il lungo viaggio iniziava a farsi
sentire, ma Jiru si sentiva appagato: tutti i suoi sacrifici non erano stati
vani, era finalmente giunto alla grotta di N’Konu.
Secondo il saggio Mendinao, lo sciamano del Wakanda che sovrintendeva
alle erbe che davano i poteri alle Pantere Nere, l’uomo che viveva qui poteva
dargli quello che stava così faticosamente cercando: un modo per combattere
T’Shan.
La grotta era buia e pareva disabitata. Jiru non si fece intimorire e
avanzò.
<C’è nessuno?> chiese, ma non ricevette nessuna risposta.
<Sto cercando il sapiente N’Konu. Vengo da molto lontano per
chiedere il suo aiuto.> disse, ma ancora nessuno gli rispose.
Fece ancora qualche passo verso l’interno della grotta, illuminando il
suo cammino con la torcia, quando udì l’inconfondibile ruggito di un leopardo.
Il felino gli balzò addosso, facendogli cadere la torcia, ma Jiru fu
abbastanza lesto da riuscire ad opporre resistenza.
Gli artigli dell’animale gli lacerarono la spalla, lui con tutta la
sua forza cercava di impedire alle zanne di avvicinarsi alla sua faccia.
Con un grande sforzo riuscì ad scacciare la belva da sopra di lui.
Il leopardo atterrò sulle zampe e lo scrutò, pronto a sferrare un
altro attacco.
Jiru si rimise in piedi e si preparò a riceverlo.
Il leopardo gli balzò nuovamente addosso ma questa volta il possente
africano era pronto, e riuscì a colpirlo al ventre con un dardo preso dalla sua
cintura.
Non si attraversa la savana africana se non si è pronti ad affrontare
degli animali feroci: Jiru non era uno sprovveduto e lo sapeva bene, pertanto
si era fornito di dardi sedativi in abbondanza.
In pochi minuti, il felino perse i sensi a cadde a terra.
<Non l’hai ucciso.> disse una voce dietro di lui.
Un anziano coi capelli bianchi aveva osservato la scena.
<Non sono qui per uccidere. Sono qui per chiedere aiuto a N’Konu il
sapiente.>
<Lo hai trovato ragazzo.> rispose l’uomo <e sono lieto di
constatare che non è la sete di sangue che ti porta da me. Potevi rimanere
ucciso, ma hai scelto comunque di non uccidere il mio animale.>
<Noi del Wakanda non ammazziamo i grandi felini della giungla, se
possiamo evitarlo.> rispose Jiru portandosi la mano alla ferita.
<Wakanda eh? Questa spiega tante cose.> disse N’Konu <E cosa
ti porta fino qui dal tuo paese?>
<Mi manda Mendinao. Dice che avete avuto lo stesso maestro e che tu
puoi darmi quello che sto cercando.>
<Sentiamo cos’hai da dirmi... ma prima, lasciati medicare la
spalla.>
Qualche minuti dopo, nel cuore della grotta, illuminata da diverse
torce, l’anziano stregone curò la spalla del guerriero wakandano, entrambi si
sedettero per terra per parlare.
<Il trono del Wakanda è stato preso da un usurpatore, un uomo privo
di scrupoli che, non so come, è entrato in possesso di un potere che non è di
questo mondo. Non c’è modo di sconfiggerlo per un uomo normale.> fece notare
Jiru <Solo un altro grande potere gli si può contrapporre. Per questo sono
venuto da te. So che il tuo maestro, molti anni fa, ha fornito ad un uomo una
pozione che lo ha reso capace di combattere e sconfiggere a mani nude ogni
animale della giungla. Era un uomo bianco. Un russo. Un cacciatore.>
<Kravinoff.> sospirò l’uomo. <È successo molti anni fa, sì.
All’epoca il nostro villaggio pativa la fame e la miseria, e quell’uomo venne
da noi, dopo aver sentito le leggende attorno sul mio maestro. Barattò con lui
la pozione che gli fornì la forza con cibo e medicinali a sufficienza per
salvare il nostro villaggio.> spiegò N’Konu <C’era dell’oscurità in lui,
ma aveva un forte senso dell’onore. Rispettò il patto e da allora rifornisce
ciclicamente il nostro villaggio di ogni necessità.>
<È per quella formula che sono qui. Con quel potere sarei in grado
di poter sfidare T’Shan e poterlo sconfiggere.>
N’Konu si prese alcuni minuti per riflettere.
<I tuoi propositi sono molto nobili, e l’uomo che descrivi pare
davvero malvagio. Uomini così vanno privati del loro potere e della loro
posizione. Accetto di aiutarti.> gli disse, e nel cuore di Jiru cominciò a
riaccendersi la speranza.
Wakanda.
Se avessero raccontato ai presenti che un giorno sarebbero fuggiti dal
loro Wakanda per andare a chiedere asilo presso la valle dei gorilla bianchi,
nessuno di loro ci avrebbe creduto... eppure, era quello che stava accadendo in
quel momento.
Guidati da S’Yan, W’Kabi, Okoye e il saggio N’Gassi, la famiglia reale
del Wakanda, e pochi profughi feriti speravano di trovare aiuto e conforto in
quella regione con cui erano in conflitto da anni.
La situazione era talmente assurda e disperata che richiedeva questo
tipo di soluzioni estreme.
S’Yan in particolare era il più affranto, dato che quello che era
diventato il nemico numero uno del Wakanda era in realtà suo figlio.
Quello che aveva fatto a Monica Lynne, sorretta da Shuri e dalla
regina madre Ramonda, era l’azione più infame che un uomo potesse concepire, e
gliela avrebbe fatto pagare lui stesso, se ne avesse avuto il modo.
<Ci siamo quasi.> disse N’Gassi al resto dei fuggiaschi: il
confine con la valle era molto vicino, quando Okoye e S’Yan avvertirono un
pericolo.
<Non siamo soli.> disse la donna, impugnando la sua fedele
lancia <Preparatevi a combattere.>
Altrove.
T’Challa scosse la testa e disse:
<Se non puoi spezzare tu le catene che ti trattengono, come posso
sperare di riuscirci io che sono un comune mortale?>
<La magia che le pervade è fatta per trattenere me e non altri.>
replicò il Leone Bianco <E poi… tu, T’Challa figlio di T’Chaka, non sei
certo un comune mortale, sei la Pantera Nera, il protettore del Popolo Wakanda,
un eroe.>
<Bell’eroe davvero. Sono caduto nella trappola di T’Shan come uno
stupido.>
<Non è il momento delle recriminazioni questo, ma dell’azione.>
<Va bene. Che mi costa provare?>
T’Challa provò a strappare le catene dalla roccia a cui erano fissate
ma quelle resistevano. Non si dette per vinto ed usò la lancia che aveva rubato
ad uno dei guerrieri dell’inferno del dio Iena. Stavolta riuscì ad indebolire i
ganci. Provò ancora a tirare tendendo i muscoli nello sforzo e stringendo i
denti. Alla fine le catene cedettero con
uno schianto.
Il Leone Bianco si rizzò in piedi in tutta la sua statura torreggiando
su Pantera Nera.
<Finalmente libero!> esclamò con evidente gioia <Sento già
tutto il mio potere che ritorna. Hai la mia gratitudine, T’Challa figlio di
T’Chaka ed io non dimentico i miei debiti. >
<A questo penseremo dopo.> replicò T’Challa <Ora sono più
interessato a trovare una via d’uscita da questo posto e tornare nel mio mondo.
T’Shan ed i suoi alleati devono essere fermati.>
<Nulla di più facile. Ora posso lasciare questo luogo e portarti
dove c’è bisogno del tuo aiuto.>
Il Leone Bianco aveva appena finito di dire queste parole che lui e Pantera
Nera scomparvero.
New Orleans.
La trasformazione era praticamente completa. Ora al tavolo sedevano
una pantera nera ed un ragno di dimensioni umane. La cosa non impressionò né
gli avventori abituali né il personale del Tipitina Club avvezzi a cose ancora
più strane.
<Il Bianco è libero finalmente, grazie all’aiuto di T’Challa.>
disse il dio Pantera.
<Lo so.> replicò sorridendo il dio Ragno Anansi <Pare che non
tutto stia andando bene per suo fratello. Il Bianco è sempre stato un tipo
tranquillo ma dopo tutto questo tempo vorrà la sua vendetta.>
<Non vendetta ma giustizia. Le antiche regole mi impediscono di
agire direttamente contro il Nero sulla Terra ma ora che la verità è venuta
fuori nulla mi impedisce di affrontarlo sul piano astrale insieme al Bianco
mentre T’Challa affronterà il Leone Nero su quello terrestre.>
Detto questo, il dio Pantera scomparve dal Tipitina Club.
Anansi sospirò e disse:
<Avrebbe almeno potuto pagare il conto prima di andarsene.>
Wakanda.
Okoye aveva ragione. Presto li videro anche gli altri: leoni e iene
grossi almeno il doppio del normale ed alla loro testa la iena sfregiata
chiamata Mijeledi che con un balzo piombò sull’ultimo della fila affondando le
fauci nel suo collo. Ben presto anche gli altri animali fecero lo stesso.
Okoye scagliò la sua lancia contro una delle iene che si trasformò in
uno sciame di mosche attraverso cui la lancia passò senza danno. Subito dopo
l’animale si ricompose. Lo stesso avvenne con le altre iene.
S’Yan aveva già affrontato quegli animali e si ricordò come
affrontarli.
<Fate come me!> urlò.
Prese una
pistola e sparò contro la iena più vicina che si mutò in mosche per poi
ricomporsi. S’Yan prese la rincorsa e proprio nel momento in cui anche l'ultimo
insetto era tornato a far parte della iena le sferrò un calcio dritto alla
mascella che la spedì in aria. A ricadere, però fu un pugno di mosche morte.
<L’'unico
modo per ammazzarle è colpirle nel momento in cui si sono appena
ricompattate> affermò <T’Challa l’ha scoperto quando ci hanno attaccato a
New York.>[11]
<L’avessimo
saputo quando hanno attaccato la capitale, sarebbe finita diversamente.>
disse W’Kabi,
<Non
recriminare e combatti!> lo esortò S’Yan ma l’altro non aveva bisogno di
incoraggiamento
La strategia
funzionava con le iene ma non con i leoni che diventavano immateriali se si
cercava di colpirli ma erano dolorosamente solidi quando attaccavano.
Improvvisamente
avvenne qualcosa di totalmente inaspettato: i leoni si fermarono ed alzarono il
muso come se stessero ascoltando qualcosa che solo potevano udire poi di colpo
si lanciarono contro le iene rimaste.
<Ma
cosa….?> esclamò, perplessa, Okoye.
L’esito
della battaglia era mutato in favore dei wakandani ma quella non fu l’unica
sorpresa: qualcuno ben conosciuto dai presenti apparve improvvisamente,
letteralmente dal nulla.
<
T’Challa!> esclamò W’Kabi <Come?>
<Non
adesso.> rispose l’unica vera Pantera Nera <Abbiamo una battaglia da
vincere.>
Si buttò
nella mischia e colpì le iene infernali con tutte le sue forze. Alla fine ne
rimase solo una… che aveva un solo occhio ed il muso deturpato da una
cicatrice.
<Fatti
sotto.> la sfidò T’Challa.
I leoni si
erano fatti da parte consapevoli che quella sfida doveva vederli solo
spettatori.
Mijeledi
gli balzò addosso con l’intento di azzannarlo alla gola ma T’Challa fu più
veloce e la afferrò al collo per poi stringere sempre più forte. L’occhio cieco
dell’animale sembrò brillare per un istante poi la sua figura sembrò tremolare
ed infine scomparve.
<Vigliacca.>
mormorò il legittimo sovrano del Wakanda, poi, con fatica si mosse verso i suoi
amici.
T’Challa aveva sconfitto anche l’ultimo nemico. Era stanco, ferito,
con il costume a brandelli, tuttavia per i suoi amici e la sua famiglia era una
visione celestiale: non solo perché era ancora vivo, ma perché, come nei
romanzi epici, la Pantera Nera, il sacro guerriero protettore del Wakanda, era
tornato per proteggerli.
<Il Dio Pantera sia lodato, T’Challa. Sei finalmente tornato!>
esclamò S’Yan, andandogli incontro.
<Non Pantera, zio... Leone.> rispose lui.
<Che vuoi dire?>
<È una storia lunga, ma ora... ora mi è tutto chiaro. So cosa
dobbiamo fare... ma prima....> non riuscì a terminare la frase che gli
crollò tra le braccia, sfinito.
<T’Challa? T’CHALLA?!> gridò l’anziano, afferrandolo al volo.
Ma Pantera Nera non rispose.
CONTINUA
NOTE DEGLI AUTORI
Pochissimo da dire su questo
episodio che non sia già spiegato nella storia.
1)
Giusto per dare credito a chi lo
merita, l’idea che di dei leone ce ne fossero due e che il gemello malvagio
avesse imprigionato quello buono usurpandone il ruolo è di Fabio Chioccia e noi
l’abbiamo diligentemente portata avanti. Se non vi sembra originale è perché
non lo è. Ci abbiamo messo un po’ di tutto: “Amleto”, la Maschera di Ferro e
magari pure “Il Re Leone” per tacere di una delle prime storie di Conan. Quale?
Provate ad indovinare. -_^
2)
Il Kravinoff citato nella storia è, ovviamente,
Sergei Nikolaievitch Kravinoff alias Kraven il Cacciatore, storico nemico
dell’Uomo Ragno oggi defunto le cui eredità è stata raccolta dal figlio
Alyosha.
Nel
prossimo episodio: i nodi vengono al pettine ed avremo il match di rivincita
tra la Pantera Nera ed il Leone Nero. Non vorrete mica mancare? -_^
Carlo & Carmelo
[1] Nero in Swahili
[2] Leopardo in Swahili.
[3] Due episodi fa.
[4] Miracoli della
tecnologia wakandana.
[5] Sapete di chi stiamo
parlando, vero? -_^
[6] In Iron Man #70
[7] Nome di un antico impero
dell’Africa Orientale
[8] Vedere Marvel Knight
#85.
[9] Per esempio su Avengers
Vol. 1° #112 (In Italia su Thor, Corno, #122).
[10] "Flagello"
in lingua swahili
[11] Nell’episodio #2.