N° 17

 

DIETRO LA MASCHERA

 

(PARTE SECONDA)

 

 

INCONTRI

 

Di Carlo Monni

 

 

 

1.

 

 

            L’uomo dimostra circa 35 anni, la sua pelle ha il colore del caffè appena tostato, il naso è schiacciato, è robusto e muscoloso, indossa jeans, camicia ed un giubbotto di pelle. Resta fermo per qualche istante dinanzi al complesso industriale noto come Revolution, poi, fa un sospiro ed oltrepassa il portone d’ingresso.

 

Nel suo ufficio il multimilionario Tony Stark è immerso nei suoi pensieri. Il suo medico avrebbe sicuramente da protestare per il suo comportamento, dopotutto, sono passati solo pochi giorni da quando ha avuto un attacco di cuore molto serio, che lo ha lasciato molto debilitato ed eccolo di nuovo sulla linea del fuoco. La dottoressa Foster può dire ciò che vuole, ma lui non è tipo da permettere a simili inconvenienti di fermarlo Il suo pacemaker, un suo brevetto esclusivo, regola il suo battito cardiaco alla perfezione e l’unico residuo rimasto dell’infarto che per poco non l’uccideva è solo il senso di affaticamento che lo assale di tanto in tanto, ma anche quello sta passando ormai. Certo, in questi periodi ha dovuto non solo rallentare la sua attività lavorativa, ma ha pure dovuto rinunciare ad interpretare il ruolo di Iron Man, lasciando che fosse Happy Hogan sotto la sua guida a rispondere alle emergenze per cui ci fosse bisogno di lui[1] Per quanto lo riguarda si sentirebbe in grado di ricominciare sin da subito, ma gli altri insistono perché si rilassi e si riposi; beh, lui non si sente affatto un invalido, ma deve ammettere che, forse, non è ancora pronto per un certo tipo di sforzi, per questo ha deciso di prendere alcuni provvedimenti al riguardo. Sarebbe più facile se Rhodey fosse qui, ma i suoi affari nella Costa Ovest si stanno prolungando più del previsto.

 

Ok, pensa War Machine, io non sono fanatico delle Teorie del Complotto, ma quando un’amica in difficoltà mi confida che in un’installazione supersegreta delle Forze Armate USA c’è un detenuto a cui stanno negando i più elementari diritti spettanti ad un prigioniero, un detenuto che ufficialmente non esiste, io devo darle almeno il beneficio del dubbio. Naturalmente sarebbe stato meglio se mi avesse saputo dire il nome del detenuto e perché il Governo lo tenga non solo segregato, ma ne neghi perfino l’esistenza, ma non aveva queste informazioni, la sua fonte non era stata così accurata ed io … beh non so proprio da dove cominciare.

War Machine entra in un hangar abbandonato, il suo raggio pettorale illumina uno scenario desolantemente vuoto. Rebecca Bergier, il Capo operativo della defunta organizzazione umanitaria chiamata Worldwatrch[2] aveva avuto una soffiata, ma non il nome del prigioniero. Caso strano, dopo aver chiesto informazioni al Pentagono, erano cominciati i guai dell’organizzazione. O forse era solo paranoia, chissà, forse, ma allora perché i sensori della sua armatura gli stanno segnalando di essere osservato?

 

 

2.

 

 

            Tony Stark getta uno sguardo agli uomini seduti dinanzi a lui, uomini diversi eppure simili: Happy Hogan, amico e collaboratore fidato; Eddie March, ex pugile, un uomo che ha lottato duramente per superare un grave trauma; Michael O’Brien, ex poliziotto, ex capo dei Guardiani, il corpo di guardie carcerarie della Volta, ex responsabile della Sicurezza dei Vendicatori; Carl Walker, un tempo noto come Clay Wilson, finché il programma di protezione testimoni non gli diede una nuova identità. Uomini che hanno tutti in comune una cosa con lui e tra loro: hanno indossato l’armatura di Iron Man.

Verrò subito al punto signori…- inizia Tony -… L’uomo che abitualmente indossa l’armatura di Iron Man è rimasto ferito in uno scontro con un supernemico. Nulla di grave, ma per qualche tempo sarà costretto a… rimanere a riposo. In questo periodo ci sarà, però, sempre bisogno di qualcuno che risponda alle chiamate ogni qual volta che ci sarà bisogno di Iron Man.-

-Credevo che ne avesse più d’uno al suo servizio.- interviene Carl Walker –Non c’è un sostituto pronto?-

            Tony scuote il capo, l’aver lasciato credere che nel ruolo di Iron Man si siano alternate più persone nel corso degli anni può essere stata una buona idea per proteggere la sua identità segreta, ma lo ha esposto a questo genere di domande.-

-Quello era un tempo, quando avevo maggiori risorse al mio servizio.- risponde –Ora non ho pronto alcun Iron Man di riserva… a parte voi.- pausa di silenzio per far assorbire la notizia, poi Tony riprende –Voi tutti avete in diverse occasioni indossato l’armatura e, in alcuni casi, armature vostre, vi chiedo di assumere questo ruolo per il tempo che sarà necessario. Ci deve essere un Iron Man e quello sarete tutti voi. Altra pausa, mentre dagli stanti provengono borbottii, scrollate di testa e sorrisi. –Opererete a turno, questo vi permetterà di badare senza problemi alle vostre necessità personale con tranquillità. Non ci sarà mai in azione più di un Iron Man alla volta, nessuno deve sospettare la verità, tutti devono credere che ci sia sempre il solito Iron Man in giro.  So che siete tutti esperti e ve la caverete bene e, per ogni problema potrete contare su di me e sulla nostra Intelligenza artificiale personale: Jocasta.-

            Un monitor si accende alle sue spalle ed appare un volto virtuale.

<<Buongiorno signori, io sono Jocasta e potete rivolgervi a me per qualunque problema.>>

-Dunque signori?- chiede Tony.

-Io ci sto.- risponde Mike O’Brien.

-Anche per me è Ok.- risponde Eddie March,

-Io non so se posso farlo.- risponde Carl Walker –Ho il mio lavoro alla Accutech in California e non posso lasciare tutto per trasferirmi sulla Costa Est.-

-Comprendo Carl.- replica Tony –Con un po’ di fortuna non avremo bisogno di te, ma se dovesse essere necessario, risponderai ad eventuali emergenze della tua zona, che ne dici?

-Che le devo molto Mr. Stark, non mi tirerò indietro, se sarà necessario.- risponde Walker.

-Bene ed ora che siamo tutti d'accordo, discutiamo dei dettagli.-

 

            Quando Morgan Stark aveva assunto la presidenza della Stark-Fujikawa erano stati in molti a pensare che lui fosse solo un uomo di facciata e che il vero potere fosse, in realtà, altrove ed avevano ragione, almeno all’inizio, ma, sorprendentemente Morgan si rivelò un dirigente più in gamba di quanto lui stesso avesse immaginato. Il bello era che la metamorfosi era avvenuta così gradualmente che nemmeno Morgan si rendeva ben conto di come fosse accaduto che, da semplice burattino, fosse divenuto effettivamente l’uomo di punta del gruppo. Ovviamente il potere è ancora dei giapponesi, sono loro ad avere la maggioranza, per quanto questa parola avesse significato in una public company, ed il vecchio Kenshiro Fujikawa è ancora il Presidente del Consiglio dei Direttori, coloro che decidono la politica del gruppo e la nomina dei dirigenti. C’è da stupirsi, quindi, che Morgan lo accolga con grandi sorrisi e con lo stesso stile con cui i diplomatici accolgono il loro Capo di Stato in visita? L’intero gruppo dirigente è schierato alle spalle di Morgan

-È piacere averla tra noi Mr. Fujikawa.-

-E per me è un piacere reincontrarla Stark San.- risponde, cortesemente Kenshiro Fujikawa. con un leggero inchino -È da molto che manco dagli Stati Uniti, con mio grande rammarico. Scuserà spero, l’inglese alquanto arrugginito di questo povero vecchio.-

            Solita falsa umiltà giapponese, pensa Morgan, come se non sapessi che parla un inglese migliore di molti dei miei operai, che non gli piaccia parlarlo, beh è un altro paio di maniche, ma, mi spiace per lui, io di giapponese so appena quattro parole.

            Il vecchio giapponese passa davanti a ciascun dirigente come un generale che passa in rivista le truppe, il suo volto non rivela particolari emozioni mentre gli vengono presentati, si limita ad un sorriso di circostanza, anche mentre gli presentano Sunset Bain o Ling McPherson. Sono in molti a sapere che lui non è molto convinto, diciamo così, del nuovo ruolo della donna nella società moderna, ma è anche abbastanza duttile da riconoscere l’inevitabilità dei cambiamenti. Solo davanti alla nipote Rumiko, la sua imperturbabilità cede.

-Sono felice di rivederti nonno.- dice la ragazza, poi butta all’aria il protocollo e lo abbraccia.

-Ehm si….- risponde Fujikawa -Anch’io … ti trovo molto bene, Rumiko, ma consiglio di rimandare le dimostrazioni d’affetto a più tardi, ora devo, disgraziatamente, onorare ai miei doveri come dirigente di quest’azienda. Sono molto curioso di visitare questi, come dite voi? Stabilimenti?-

-Sarà un onore per noi, Mr. Fujikawa.- replica Morgan ed intanto si chiede quale sia il vero significato della visita.

           

            Il primo attacco non è affatto una sorpresa per War Machine, era da quando si era accorto di essere sorvegliato, che si aspettava qualche mossa e, puntuale eccola: mini missili a ricerca di calore, nulla di nuovo sotto il sole, sembra. Senza scomporsi, lascia che dalle sue spalle escano due piccoli cannoncini, i cui colpi abbattono due dei missili, poi si leva in volo, seguito dai missili rimasti.         Siete dei ragazzini tenaci, pensa War Machine, ma io sono più tenace di voi, vediamo chi la spunterà. Non ha mai testato sino in fondo il limite di velocità di questa meraviglia d’armatura, ma non ha bisogno di essere più veloce di loro, ma solo di tenerli a distanza finché non sarà in grado di fare… questo.

            Una virata improvvisa e punta verso il basso, di nuovo verso l’hangar, giù, giù, sempre più veloce, più veloce, finché le strutture in ferro sono così vicine da rendere l’impatto inevitabile, poi, all’ultimo secondo, un’altra virata ed un’impennata verso l’alto. Una manovra che i missili non riescono a fare, centrano il bersaglio ed esplodono. L’armatura War Machine Mark II sopporta egregiamente sia il calore che l’onda d’urto generati dall'esplosione e quando il fumo si dissipa, l’unica cosa che rimane in movimento è la figura nera ed argento, che vola verso il basso.

 

 

3.

 

 

            In altri momenti, la ragazzina nota come Katherine Finch avrebbe trovato il giro degli impianti della Revolution decisamente molto noioso, ma è decisa a conoscere tutto quello che può dell’uomo che le hanno detto essere il suo vero padre. All’inizio ne era rimasta sconvolta, ma ha finito per farsene una ragione. Questo non vuol dire che non vuole più bene all’uomo che ha sempre chiamato papà, Howard Finch è sempre suo padre nella sua testa, ma questo Tony Stark… beh deve ammettere che è simpatico e sta facendo del suo meglio con lei.

-Spero che non ti stia annoiando troppo Katherine.-

            È stata Pepper Potts a parlare. Katherine tira fuori un sorrisino. Chissà se lei e Tony… le scappa da ridere, che penserebbe sua madre se sapesse a cosa pensa? Per lei è solo una bambina, ma ha quasi 11 anni e certe cose le capisce, che crede?

-Beh un po’, ma è meglio della scuola.- risponde.

            Pepper ride e Joanna Nivena Finch, la madre di Katherine scuote la testa. In quel momento ecco arrivare Happy Hogan con un certo numero di fascicoli sotto il braccio. Saluta allegramente le donne e da un buffetto a Katherine.

-Tutto a posto, Happy?- chiede Pepper.

-Magari.- risponde lui –Li vedi questi?- indica i fascicoli –I conti della Fondazione. Tony mi ha dato una mano a capire certe cose, ma ora tocca a me sistemarle.-

            Saluta ancora le donne e se ne va, poi il gruppetto raggiunge gli uffici. Superano gli uffici del Capo del Personale, la temibile Bambi Arbogast, è molto gentile, ma Katherine se ne sente un po’ intimidita; la donna fa loro un cenno di saluto, poi eccole davanti alla porta dell’ufficio di Tony.

 

            Tony Stark chiude il fascicolo riservato davanti a lui. Il confronto che ha tanto rimandato si sta avvicinando. Ancora una volta si chiede perché Veronica Benning non gli abbia mai detto del bambino. È rimasta davvero così ferita dalla loro esperienza insieme? Che domande, ma certo che si. Deve ammettere con se stesso di essere un esperto nel rovinare le relazioni. Non ha mai avuto difficoltà a trovare una donna, ma quanto ad un legame serio, quello è un altro paio di maniche. Forse Joanna aveva ragione, non sarebbe stato un buon padre per Katherine… Sciocchezze, non aveva comunque il diritto di nascondergli la verità e lui non è sicuro di volerci passare sopra. Quando Katherine entra, però, non lascia trasparire nulla dei suoi dubbi.. Sua figlia si merita il meglio che lui può darle.

 

            Un cratere gigantesco, che ha aperto la via per un complesso di sotterranei, ottimo. War Machine vi si infila senza perdere tempo. Mentre vola lungo il primo corridoio, non si illude di non incontrare altri ostacoli ed, infatti, eccoli.  Uno sbarramento laser, roba da bambini, per uno con le sue attrezzature Gli ci vogliono meno di due minuti per superarla.Lo Zio Sam dovrà spendere un bel po’ di quattrini per rimettere quest’attrezzatura in funzione, ma a lui non importa adesso. C’è un segreto oltre queste mura e lui scoprirà qual’è ad ogni costo

<<Ti avverto, fermo dove sei!>>

            La voce viene da un altoparlante vicino

<<E tu chi saresti?>> replica War Machine <<Il gran capo di questo posto?>>

<<Chiunque tu sia, sei un intruso in un’area militare, ti consiglio di arrenderti.>>

<<Ed io ti consiglio di prendere i tuoi consigli e farci la birra. Se non sai chi sono, e non ci credo, beh sono War Machine e le minacce non mi hanno mai impressionato, fai pure del tuo peggio.>>

            Ha appena finito di parlare che dalle pareti escono una serie di bocche da fuoco e cominciano a sparare.

<<L’armamento di questo posto è stato costruito per fermare Hulk. Non hai speranze>> proclama la voce.

<<Beh, mi pare che non abbia avuto troppo successo, sbaglio o il vecchio pelleverde è sempre riuscito a filarsela da qui? E comunque, io non sarò Hulk, ma sono altrettanto pericoloso quando mi arrabbio.>>

E così dicendo, inizia un contrattacco a colpi di cannone, raggi al plasma e raggi repulsori, quando ha finito, tre pareti sono state perforate e lui si trova in un’ampia sala, in cui campeggia quella che sembra una vasca e dentro la vasca, una figura, immersa in uno strano liquido: il prigioniero? Beh chiunque sia, nessuno dovrebbe essere trattato così. Bastano due colpi ben assestati per aprire la vasca e quando il misterioso liquido è defluito, la figura che vi era immersa comincia ad agitarsi ed una voce dice:

-Finalmente!-

            E Jim Rhodes si chiede se non abbia fatto una sciocchezza, dopotutto.

 

 

4.

 

 

            I capelli di Meredith McCall sono mossi dal vento nel piccolo cimitero di Long Island dove sono sepolti suo padre ed il suo primo marito. Aveva deciso di lasciare questi luoghi per sempre, ma per sempre è un tempo troppo lungo, vero? A volte i fantasmi del passato si ripresentano quando meno te lo aspetti. Sarebbe stata diversa la sua vita se o loro genitori non avessero separato lei e Tony quando erano ragazzi? Forse, non potrà mai saperlo, ma almeno deve chiudere qualche conto e comincerà subito.

 

            Nel suo ufficio al 30° piano della Stark Tower, Happy Hogan da il benvenuto ad un visitatore, un uomo di colore, elegantemente vestito, ma dall’aria decisa.

-Sono lieto che sia venuto Mr. Wilson, credevo fosse troppo impegnato con la campagna elettorale.-

-Ah l’ha saputo? Non credevo che la notizia avesse già fatto il della città.- risponde Sam Wilson stringendogli la mano. –Continuo a chiedermi perché l’ho fatto.-

-Beh le auguro buona fortuna, ne avrà bisogno Mr. Wilson.-

-Lasciamo perdere queste formalità, ok.- ribatte Sam –io sono Sam per gli amici.-

-Uh, Ok Sam, puoi chiamarmi Happy. Immagino che vorrai i dettagli sul perché ti ho fatto venire qui.-

-Qualcosa che riguarda il Centro Jimmy Betha, giusto?-

-Già, ho le prove che qualcuno si è impadronito di un bel po’ di fondi, truccando i conti del centro. Pensavano che non avessi abbastanza cervello da capirlo, ma mi hanno sottovalutato.

            Sam corruga la fronte e riflette.

-Che intendi fare?-chiede.

-Non mi piacciono i ladri, ma chi approfitta di un’associazione benefica per i suoi loschi fini mi rivolta lo stomaco.- risponde Happy –Voglio incastrare quei figli di buona donna e dar loro una buona lezione.-

-Conta pure su di me. Non mi piace essere preso in giro.-

            E questa è fatta, pensa Happy, chi ha pensato di prendermi per i fondelli, finirà per rimpiangere di non aver fato a pugni con Tyson, invece.

 

            È stato un lungo viaggio pensa Bethany Cabe, ma ha raggiunto la sua meta, finalmente, è di nuovo a New York dopo tutto questo tempo. Adesso deve solo sperare che tutto vada per il meglio prima che sia troppo tardi o tutto quello che ha fatto sarà stato inutile.  Per prima cosa deve trovare una persona e sa da dove cominciare.

 

 

5.

 

            War Machine sta cominciando a credere di aver commesso un errore gravissimo, avrebbe dovuto controllare chi c’era nella vasca, prima di farla saltare, si è fatto guidare dalla rabbia e non si è fermato a riflettere, un comportamento che il suo istruttore dei Marines non avrebbe tollerato, ma ormai è tardi per recriminare. Ha l’impressione di essere stato manovrato, che tutti loro siano stati manovrati.

            La figura massiccia davanti a lui si sta muovendo, la sua voce è profonda, mentre sembra diventare più grande…o è solo un impressione?

-Ti ringrazio. Non ero in grado di liberarmi, ma ora… ora sono libero, libero di ridurre questo posto in macerie.-

<<Io ti conosco.>> esclama War Machine <<Tu sei….>>

-I militari di questa nazione mi dettero un nome quando mi trasformai la prima volta, puoi usarlo anche tu prima che ti faccia a pezzi come gli altri: ABOMINIO!-

            Magnifico, pensa Rhodey, l’ho combinata grossa, stavolta.

 

            La porta dell’ascensore si apre e Bethany entra nell’appartamento, ha appena fatto un passo che viene apostrofata da una voce:

-Mi deve delle spiegazioni Miss Cabe e me le darà adesso.-

            La padrona di casa, Natasha Romanov, la Vedova Nera le punta addosso uno dei suoi bracciali da cui lancia il Morso da Vedova, meglio non sottovalutarla.

-Avrà tutte le risposte che le servono Vedova, ma prima dovrò parlare cpon Tony Stark, deve portarmi da lui.- replica Bethany

Natasha sorride.

-Mia cara…- risponde con un sorriso. –Non c’è nulla di più facile.-

 

            Per Tony è stata una lunga giornata, ma deve ammettere di essersi divertito in fondo, avere a che fare con una figlia preadolescente può sembrare stressante, ma gli sta facendo vedere le cose in maniera differente e lui le è grato per questo. Ora per coronare il tutto, una breve sosta in casa per cambiarsi d’abito e, quindi, una cena in un ristorante esclusivo.  È quello che si meritano tutti. Anche Pepper, ha davvero molta pazienza con lui e lui non la ripaga abbastanza per l’amicizia che lei gli da. Anche con lei è in torto, chissà le cose potevano essere diverse se….

-Ciao Tony.-

            Conosce quella voce ed anche il profumo. Tony non si chiede nemmeno come ha fatto ad entrare, per una come lei era un giochetto da ragazzi

-Natasha!- esclama –Cosa fai qui?-

            Tony si mette subito all’erta, la Vedova Nera non si muove per cose da poco..

-Ho accompagnato una persona che deve parlarti di cose molto serie, una persona che ben conosci.-

            Seduta su una poltrona c'è Bethany Cabe. Tony sussulta non la vede da quando ancora abitava in California, letteralmente una vita fa, prima del pasticcio con Kang o chi diavolo era, eventi che ha rimosso dalla memoria, ormai[3]

-Parlarmi di cosa?- esclama, mentre dietro di lui sia Pepper che Joanna si irrigidiscono e quest’ultima stringe a se la figlia.

-Ti trovo in forma, Tony.- risponde Bethany –Credevo che avrei trovato un ragazzino ed invece, sei tornato dalla tomba ancora una volta. Beh meglio così, perché devo parlarti di un problema che ha radici nel passato. Ti ricordi di Madame Masque?-

            Il suono di quel nome riporta alla mente di Tony molti ricordi e non tutti sono piacevoli. Aveva quasi dimenticato il mistero intorno alla scomparsa di Whitney Frost, quasi, ma ora sente che avrà delle risposte e non è sicuro che gli piaceranno.

 

 

FINE SECONDA PARTE

 

 

            Beh, anche quest’episodio è finito e, non so se viene siete accorti, ma Iron Man non vi compare per niente, in compenso, abbiamo un bel po’ d’azione con War Machine, che, ultimamente era stato un po’ defilato (ma non sulle pagine dei Vendicatori e di Capitan Marvel, a dire il vero). Non preoccupatevi, però, Iron Man tornerà sin dal prossimo episodio. Ed ora un po’ di note.

1)       cosa significa la formazione di questi Iron Man di riserva? Lo saprete presto, contateci, ma non temete, questo non significa che Tony rinuncerà ad essere Iron Man, come dimostra la sua presenza in Fantastici Quattro #20, proprio nella scintillante armatura rossa e oro.

2)       Abominio? Si proprio lui. La sua precedente apparizione è avvenuta, in Hulk Vol 1° #474, inedito in Italia. Com’è finito in questa installazione segreta? LO saprete abbastanza presto, fidatevi

3)       Qual è il segreto di Bethany? E com’è collegato a Madame Masque? Le prime risposte già nel prossimo episodio.

A proposito del prossimo episodio: War Machine contro Abominio, il ritorno di Madame Masque, più donne del suo passato di quante Tony può, forse, riuscire a reggere, mente molti nodi vengono al pettini. Il velo sui molti misteri sta per alzarsi, ma Tony lo apprezzerà? Lo saprete solo leggendo il prossimo episodio. Vi aspetto.

 

 

Carlo



[1] Come si è visto negli ultimi episodi ed anche in Vendicatori 28/29

[2] Per l’ultima  volta non il supergruppo dell’ONU

[3] Si riferisce, ovviamente al crossover chiamato “La Traversata”, anche noi preferiremmo dimenticarlo