N° 13

Katherine

(EPILOGO)

 

 

RICORDANDO I MIEI PECCATI

 

Di Carlo Monni

 

 

PROLOGO

 

 

Un’armatura grigia. È grossa, pesante, goffa, il primo rozzo prototipo, molte l’hanno seguita e tutte possono dirsi migliori sotto quasi tutti i punti di vista, ma non può non guardarla senza provare una sorta di nostalgia, il che è decisamente strano, considerato che le circostanze in cui la creò non furono delle più felici. Eppure, quei pochi giorni dettero una svolta radicale a tutta la sua vita. Perse gli ultimi rimasugli della sua innocenza, conobbe un uomo degno e disposto a sacrificare la propria vita per la sua, forgiò con un altro uomo un’amicizia destinata a durare nel tempo, creò una leggenda. Tutta la sua vita è, in un certo senso, rappresentata da quell’armatura, senza di essa lui sarebbe morto per un fatale attacco cardiaco o per mano di un uomo spietato. Un grigio, freddo, pezzo di metallo: il suo cuore, la sua anima. Lui è Anthony Edward Stark e l’armatura è la prima versione della famosa armatura di Iron Man, questa storia li riguarda entrambi.

 

 

1.

 

 

            È stata una settimana intensa per Tony Stark. Era appena tornato a New York per riflettere sulla rivelazione che la sua vecchia fidanzata Joanna Nivena, oggi Signora Finch, gli ha tenuta nascosta per 11 anni l’esistenza di una figlia,[1] che si è subito trovato coinvolto, assieme al resto dei Vendicatori, prima nella faccenda del Cristallo dell’Eternità[2] e nella successiva invasione di demoni causata da Darklady.[3] cosa che gli è quasi costato il ritorno all’alcolismo. [4] Ora ha finalmente, il tempo necessario per dare una sistemata alla sua vita. La prima cosa che farà, una volta messi in ordine i suoi affari qui a New York, sarà tornare a Chicago per vedere Katherine, sua… ancora gli riesce difficile solo pensarlo… figlia. Non può negare il proprio risentimento per Joanna. Come ha osato nascondergli la verità per tutti questi anni? Davvero pensava che sarebbe stato un pessimo padre? Come si è permessa? Ora che sa farà in modo che i suoi diritti di padre siano riconosciuti, qualunque cosa ne pensino lei e suo marito. E poi, c’è quell’altra faccenda apparsa sul New York Express,[5] secondo cui Veronica Benning avrebbe avuto un figlio da lui. Non è da Veronica, almeno, crede, tenergli nascosta una cosa simile, ma non ha avuto il tempo di rintracciarla negli ultimi, frenetici giorni. Pensando a queste cose, è appena entrato nel suo ufficio di Presidente della REvolution, che si ritrova, seduta su una delle comode poltrone dinanzi alla scrivania una Colleen Wing dal volto scuro.

-Ti stavo aspettando.- gli dice, subito, lei

            Un altro dei confronti che avrebbe preferito evitare, ma, a quanto pare non ha scelta.

-Mi dispiace Colleen.- replica –Ma ho avuto una settimana impegnativa-

-Lo so molto bene.- ribatte Colleen –Come so che in tutto questo tempo non hai avuto nemmeno la decenza di chiamarmi per spiegarmi cose che ho dovuto apprendere dai giornali.-

-Era una faccenda privata, avevo appena scoperto di avere una figlia…-

-Troppo privata per condividerla con la donna con cui dovresti avere una relazione? A volte  mi chiedo se tu conosca il vero significato di questa parola.-

-Colleen io…-

-No, è meglio se non diciamo altro, per ora. In questi giorni ho pensato spesso  a come ti avrei trattato al nostro incontro, ma mi accorgo che non ho neppure voglia di arrabbiarmi. Credo che dovremmo pensare per bene alla nostra relazione, se ne abbiamo ancora una. Intanto, questo è per te.- indica un voluminoso dossier sulla scrivania –Ci troverai tutto quello che ti serve sapere su Veronica Benning e su suo figlio, compreso il loro attuale indirizzo e telefono. Ci sono anche i risultati di una piccola inchiesta sul resto delle tue donne, tanto per tenerti tranquillo. Ho fatto tutto mentre tu eri troppo occupato anche per fare solo una telefonata.-

            Detto questo, la ragazza esce. Tony rimane un attimo incerto se inseguirla o meno, poi rinuncia e si siede alla scrivania aprendo il dossier.

 

            Morgan Stark è decisamente soddisfatto di se stesso. È finalmente riuscito nello scopo della sua vita: ora è il Presidente della Compagnia di famiglia, siede nella poltrona che fu di suo nonno, suo zio e perfino di Tony, nell’ufficio che fu loro per anni, ha anche potuto riacquistare la vecchia tenuta di famiglia a Southampton, Long Island, non molto lontano da lì.  Certo, deve sopportare che il pacchetto di azioni più grosso, quello più importante, sia nelle mani della Famiglia Fujikawa, di essere poco più di un ben pagato esecutore di ordini, ma non ha così tanta importanza: è uno Stark e fintanto che l’azienda produce profitti, lui ha tutta l’autonomia che gli serve ed anche di più se necessario e lo stipendio principesco che percepisce non guasta. E poi, diciamo la verità: fare il dirigente gli piace, non lo credeva possibile nessuno, lui per primo, ma è proprio così. Ok, non sarà un genio dell’elettronica come suo cugino, ma che importa? Può trovare altri che lo siano al posti suo, gente come Sunset Bain, che ora gli presenta il prototipo definitivo dell’armatura che la S-F conta di vendere alle forze dell’Ordine di mezzo mondo. 

-Non ti chiedo nemmeno se sei certa che funzioni.- dice, rivolgendosi a Sunset Bain

-Assolutamente si.- risponde trionfante Sunset –Abbiamo riscritto il software basandoci su quello originale, adesso è abbastanza diverso da poterci proteggere da ogni accusa di pirateria industriale.-

-Sei stata davvero in gamba, mia cara Sunset.- dice sogghignando Morgan –Certo, Tony saprà quel che abbiamo fatto, ma non potrà mai provarlo, nemmeno se facesse quel che si rifiuta di fare da sempre: rendere pubblica la, tecnologia dell’armatura.-

-Giusto, quindi ora abbiamo un’armatura perfettamente funzionante, ci manca solo di testarla sul campo, ma per questo ci vuole qualcuno che la “indossi”.-

-Non preoccuparti, per questo: ho già un paio di idee sui possibili candidati, lascia fare a me.-

 

            Tony ha appena finito di leggere il dossier lasciatogli da Colleen e scuote la testa. Ripensa a quanto ha letto nel dossier. È già molto che l’indagine di Colleen e Misty abbia escluso l’esistenza di altri figli segreti sparsi in giro, a parte un paio di perplessità. D’altra parte, a partire da un certo punto ha sempre preso le sue precauzioni e quindi il rischio era minimo. Resta la storia di Veronica Benning. La ricorda bene: era una donna forte e determinata, una che non era disposta a lasciarsi mettere i piedi in testa. Aveva resistito il più possibile prima di lasciarsi andare ad una relazione con lui, poi l’aveva lasciato dicendogli che non era disposta a sopportare un partner disposto solo a regalarle le briciole del suo tempo. Secondo il dossier, aveva avuto un figlio, un maschio, circa otto mesi dopo il loro ultimo incontro a Los Angeles. I tempi corrispondevano, ma la domanda restava? Perché non gliel’aveva detto allora? E perché non l’ha fatto dopo? Dovrà parlarle, ma prima ci sono priorità più urgenti.

Preme uno dei pulsanti dell’interfono:

-Mrs. Arbogast, voglio il mio aereo privato pronto a partire per Chicago domattina alle nove. E mi prenoti anche il solito appartamento all’Hilton, dica che mi fermerò… No, dica che non so quanto resterò…-

<<D’accordo Mr, Stark.>>

-AH… mandi un mazzo di orchidee a Miss Wing, alla sua abitazione, intendo.-

<<Mf, si certo.>>

            Nient’altro da dire. Tony se l’immagina dare le istruzioni alla truppa delle segretarie come se fosse un sergente dei Marines e sorride. Il sorriso gli muore subito dopo al pensiero di cosa l’aspetta l’indomani.

 

 

2.

 

 

            In un posto non ben definito, il finanziere Justin Hammer sta conversando con uno dei suoi sottoposti.

-Quel che voglio è molto semplice, amico mio…- sta dicendo –Voglio che tu procuri il massimo danno possibile all’edificio della Fondazione Maria Stark ed un serio danno al suo direttore, Harold Hogan, un lavoretto ben pagato.-

-Lo consideri fatto.- risponde il suo interlocutore.

            Hammer si rilassa soddisfatto.

 

            Nei sotterranei della Revolution ha sede un complesso scientifico a cui solo in pochi hanno accesso. È il regno di Tony Stark, uno dei pochi posti in cui si senta veramente a casa.

<<Buonasera Tony, è un piacere rivederti qui.>> lo accoglie la “voce” di Jocasta, l’Intelligenza artificiale che sovrintende all’intero sistema computerizzato.

-Già, Non ho avuto molto tempo ultimamente e me ne scuso con tutti voi.- nel dire così, Tony si rivolge anche agli altri due presenti: Michael Collins, il Cyborg chiamato Deathlok e Machine Man il robot dal cuore di uomo. –Immagino vi siate occupati di quell’episodio di hackeraggio che abbiamo subito la scorsa settimana…-[6] chiede.

<<In effetti si, Tony, avevo chiesto a War Machine di tentare un’azione, ma non è stato ancora possibile.>>

-Beh, forse è stato meglio così.- commenta Tony –Avremmo attirato troppa attenzione nel momento sbagliato. Per mia fortuna non abbiamo perso alcun dato veramente rilevante.-

-Ma… i dati sull’armatura?- chiede Deathlok.

-Beh ammetto di essere molto seccato che siano riusciti a sottrarceli, ma ormai il danno è fatto. Per mia fortuna, stavo lavorando ad una nuova versione e molti di quei dati saranno presto superati.-

            Ciò non toglie che l’idea che la Stark-Fujikawa abbia quei dati, dati che lui non ha mai brevettato, sia, diciamo così, inquietante.

 

            Sunset Bain guarda per l’ennesima volta sul monitor a figura in armatura nera ed argento che sorvola il complesso della Stark Fujikawa: War Machine. Chi è quel tipo? Parnell Jacobs si è messo in affari con Stark questa volta?[7] O, forse questo è l’originale o, magari un nuovo tizio che Stark ha assoldato per indossare quell’armatura ed essere il suo galoppino per quelle operazioni in cui Iron Man non può permettersi di comparire? Sia come sia, vederlo girare sulla sua testa la rende nervosa, sta, forse progettando un attacco?

 

            James Rupert Rhodes si sta divertendo. Non è solo l’uso di quell’armatura che è la fine del mondo, ma anche l’idea di rendere inquieti i padroni di casa la sotto. Conosce bene quel posto, ci ha lavorato per parecchi anni della sua vita. Buffo come vadano certe cose: era bastato l’incontro con Iron Man, all’epoca non sapeva che sotto l’armatura ci fosse Tony Stark per dare una svolta alla sua vita. Una volta congedato, aveva accettato un’offerta di lavoro di Tony come suo pilota personale ed era rimasto con lui sino a che il disastro finanziario l’aveva travolto ed anche dopo. Aveva sostituito Tony nel ruolo di Iron Man, poi erano diventati soci e, dopo varie vicissitudini lui aveva ricevuto quest’armatura. Aveva esitato molto, prima di decidersi a tornare ad indossarla, ma, a quanto pare, non si sfugge al proprio destino E così eccolo qui, il fuorilegge in armatura che fa innervosire i cattivi, State tranquilli, non è ancora il momento di ricevere una mia visitina.

            Cambia rotta e se ne va, è ignaro del sospiro di sollievo di Sunset Bain, ma potrebbe immaginarselo facilmente.

 

 

3.

 

 

            Il mazzo di orchidee spunta dal cestino e Colleen Wing si prepara ala sua quotidiana seduta di allenamento, quando sente suonare il campanello. Che sia Tony? Si chiede, che abbia deciso di venire di persona, invece di mandare dei fiori ed un biglietto senz’anima? Le sue speranze durano poco l’uomo in piedi sul vano della porta, è solo un vecchio amico.

-Danny!- esclama la ragazza –Cosa ci fai qui?-

            Daniel Thomas Rand, alias il supereroe Iron Fist, entra nell’appartamento.

-Da quanto mi ha detto Misty, ho pensato che potessi aver bisogno di un amico, qualcuno con cui parlare. Io sono stato dentro la tua mente Colleen, abbiamo condiviso cose che raramente perfino due amanti condividono[8] e so come devi sentirti. Se ne vuoi parlare, sono qui.-

-Io non… si, forse è meglio, forse hai ragione.-

            Si siedono su un divano e Colleen comincia a parlare.

 

            Il viaggio sino a Chicago è stato breve e poi un taxi lo porta sino alla residenza dei Finch. Niente male, pensa Tony scendendo dal taxi, davvero niente male. Certo, non pretenziosa come l’attuale Palazzo dei Vendicatori o la tenuta della sua famiglia a Long Island, ma si capisce bene che i Finch sono ricchi, molto ricchi, anche se non alla sua altezza. Quest’ultimo è un pensiero maligno, e gratuito, ma al diavolo il buonismo, quella donna gli ha sottratto sua figlia per 11 anni e non ha voglia di essere tenero con lei. Gli apre un impeccabile maggiordomo che lo conduce dai padroni di casa. Howard Finch lo saluta in modo molto formale e poi non gli rivolge la parola, lui, invece parla a Joanna.

-Dov’è Katherine.- le chiede.

-In giardino.-

-Le hai spiegato…-

-Che tu sei davvero suo padre? Perché gliel’ho tenuto nascosto, perché Howard ha accettato di sposarmi nonostante sapesse tutto ed ha mantenuto il segreto per tutti questi anni? Certo. Le ho spiegato tutto.-

-Tutto? Anche…-

            Joanna scuote la testa.

-No non le ho parlato di quello. È il tuo segreto Tony, sarai tu a parlargliene, se vorrai.-

-Si, capisco. Come l’ha presa?-

-Ha capito, è una ragazza sveglia ed intelligente. Naturalmente, mi detesta adesso. Non mi perdona di averle mentito per tutti questi anni. Forse ha ragione. Sono stata stupida a pensare di poter mantenere il segreto per sempre e lei meritava di saperlo da me e non da dei compagni di scuola crudeli come sanno esserlo solo dei ragazzini.-

-Joanna…-

-Non dire niente, maledizione, va da lei e facciamola finita.-

            Gli apre la porta-finestra che da sul patio e, dopo uan breve esitazione, Tony esce. La bambina è seduta su un muretto con la testa abbassata e l’espressione corrucciata. Per qualche istante Tony la fissa, cercando quasi istintivamente una somiglianza con lui o qualcun altro della sua famiglia, ma forse è una perdita di tempo. Lei alza gli occhi e lo guarda.

-Ciao Katherine.- riesce a dire Tony molto banalmente

-Tu sei Tony Stark... sei mio padre, quello vero.-

            Le meraviglie di una generazione cresciuta a pane e soap opera, dritta al punto.

-Si sono… tuo padre.- ecco l’ha detto, è stato semplice, in fondo

            La bambina ha un’espressione corrucciata.

-La mamma mi ha detto tutto di te e lei e di quello che vi è successo.-

            Non proprio tutto. Non sai niente di Iron Man, per fortuna. Che razza di preoccupazione è mai questa, in questo momento?

-Ti ha detto perché…-

-Non ha mai detto la verità a nessuno?- le parole le escono a fatica e, a tratti, sembra che stia per piangere –Avete litigato e lei ti ha lasciato. Era convinta che fosse al cosa giusta. Tu sei cattivo?-

-Cosa?- esclama Tony preso di sorpresa.

-Sono piccola, ma non sono stupida sai? Avevo sentito parlare di te e dopo ho cercato notizie. Non ti sei mai sposato, hai avuto tante donne. La mamma aveva paura che l’avresti lasciata come le altre?-

            Mio Dio che discorso. E ha solo 11 anni. Sta crescendo troppo in fretta e dei cambiamenti nella sua vita anche lui è responsabile adesso.

-Non è così semplice Katherine.- le risponde - Io non sono perfetto, nella mia vita ho fatto molte cose che forse non avrei dovuto fare, ma non credo di essere cattivo, però. Per tua madre… beh c’erano tanti motivi allora per cui credevo che fosse meglio per me e per lei interrompere il nostro rapporto. Ho le mie colpe, lo ammetto.

-A mio pad.…ad Howard.. non piaci.- replica la bambina.

            Tony sorride, ha una franchezza notevole quella ragazzina.

-E tu che dici? Cosa pensi di me?-

-Non lo so.- risponde seria Katherine –Ci devo pensare.-

            Sarà una sfida più impegnativa di tutte le altre, pensa Tony, ma intende vincerla ad ogni costo.

 

 

4.

 

 

            Sono due giorni intensi. Tony si divide tra le visite a Katherine ed i suoi affari. Non è facile imparare a fare il padre e lui non ha avuto un grande esempio da imitare, in fondo. Non è facile, anche perché quella è la sola famiglia che Katherine conosce da quando è nata. Howard Finch è l’unico padre che conosca e poi c’è il fratello, lui sì che è figlio non solo di Joanna, ma anche di Howard. Sono coinvolti i sentimenti di troppa gente e lui non ha mai saputo gestire i sentimenti. Pepper Potts gli telefona spesso Gli da la possibilità di sfogarsi, è un’amica davvero preziosa e forse, pensa Tony, lui non la merita. Ci pensa ancora, mentre entra nell’ufficio di Happy Hogan alla Fondazione Stark.

-Salve capo, come va?- lo saluta l’ex pugile.

-abbastanza bene Happy, sai che non devi chiamarmi capo.-

-Lo so, ma mi diverto a farlo, mi ricorda i vecchi tempi, te li ricordi? Io te e Pepper, ti capita mai di rimpiangerli?-

            Tony abbozza un sorriso amaro

-A volte si, Happy, a volte si.- ammette –Erano tempi diversi, eravamo più giovani e, ma non importa adesso, piuttosto, qual è il problema?-

-Ci sono certe cose che non mi tornano nei resoconti finanziari del Centro Jimmy Betha ad Harlem. Sei tu il genio della finanza, tra noi, ti spiace darci un’occhiata?

-Sospetti uan frode?-

-Ad essere onesti, si, ma voglio essere sicurissimo, prima di prendere provvedimenti.

            Il loro discorso è interrotto da un’improvvisa esplosione e mentre Tony cade dalla sedia per il contraccolpo, entra nello studio una figura alta, vestito di rosso

-Spero che mi scuserete, signori. Mi chiamo Warhawk e sono stato incaricato di uccidervi e far saltare questo posto.-

            Warhawk? A Tony sembra di ricordare di aver letto qualcosa su di lui nei file dei Vendicatori, si è scontrato diverse volte con Iron Fist e Luke Cage quando quest’ultimo si faceva chiamare Power Man. Non doveva essere morto? Non che qualcuno lo resti a lungo in questo tipo di lavoro. Non importa se manderà la diavolo la sua identità segreta, deve azionare il meccanismo di richiamo dell’armatura. Prima che possa premere il pulsante segreto che farebbe saltar fuori l’armatura, Warhawk gli fa saltar di Mano la valigetta con un colpo ben assestato del suo fucile.

-Ed ora, signori…- dice –Se avete delle preghiere, ditele o sarà troppo tardi per voi.-

            Punta la sua arma ed è pronto a sparare, ma Happy reagisce e colpisce l’avversario con un diretto ala mascella. Peccato che non serva a nulla contro uno la cui pelle è rivestita di omnio, ma lo distrae abbastanza per consentire a Tony di afferrare la valigetta e colpirlo, facendolo sbilanciare.

-Svelto!- Urla a Happy –Scappiamo.-

            Escono nel corridoio e Tony urla al compagno

-Separiamoci, non può seguirci entrambi.-

            Corre verso destra lasciando Happy in direzione opposta. Se riesce ad allontanarsi abbastanza, ci vorranno pochi secondi per diventare Iron Man ed è tutto quello che gli serve. Corre, gira un angolo e si trova in un ampio salone, il piccolo museo della Fondazione. Ecco ora basterà. No! Cos’è questo? Il colpo di Warhawk ha danneggiato il meccanismo di depolarizzazione dell’armatura. È una sciocchezza, ma non ha il tempo materiale di ripararlo. Cosa può fare adesso? Né lui, né Happy hanno scampo contro quel nemico, cosa può fare? In quel mentre, alza gli occhi e vede qualcosa che gli ridà un barlume di speranza.

 

Molto lontano da lì, in una non meglio identificata isola dell’Egeo, un uomo sta riflettendo. È un uomo molto corpulento e veste uan tunica color dell’oro. È da molto tempo che coltiva i suoi piani di vendetta, ma presto Tony Stark pagherà per aver interferito con i suoi piani in passato, molto presto Mordecai Midas avrà la sua giusta vendetta.

 

            Warhawk è arrivato al termine del corridoio e dice:

-Su su amico bello, speri davvero di sfuggirmi? Prima prenderò te e poi anche l’altro. Ero il migliore quando ero nei Berretti Verdi e se non resisti troppo, ti finirò in fretta.-

            Gli risponde il rumore di passi pesanti proprio dietro l’angolo e quando lo gira…

-Cos’è uno scherzo?-

            È Iron Man, ma non l’Iron Man che tutti conoscono, questa è la prima armatura, quella costruita da Tony Stark quando era prigioniero del guerrigliero  Wong Chu, rozza, primitiva, pesante, poco manovrabile, ma ancora funzionante. È stata uan sofferenza per Tony riuscire a liberarla dalla teca ed infilarla. Una bella idea quella di donarla alla Fondazione. Resta da vedere se riuscirà a combinare qualcosa con questo relitto.

-Arrenditi Warhawk o sarò costretto a farti male.- intima.

-Devi essere quell’imbecille di Stark.- ribatte Warhawk –Vediamo cosa sei capace di combinare.-

            Un colpo di repulsori. Troppo debole, sbatte Warhawk contro la parete, ma non lo abbatte.

-Tutto qui? Dovrai fare di meglio se vuoi stendermi.-

-Ci proverò, stanne certo.-

            Quest’armatura non ha molti gadget, ha già usato i repulsori e non hanno avuto molto effetto, forse un altro colpo.

            Ancora uan volta Warhawk cade, ma stavolta, perde la presa sul suo fucile ed Iron Man riesce a schiacciarlo col piede

-Vediamo come te la cavi senza.- dice.

            Blocca le mani del suo avversario, ma Warhawk sostiene lo sforzo. È forte quanto lui, quale che fosse il trattamento a cui l’hanno sottoposto, sembra aver funzionato alla perfezione. Questo modello è troppo vecchio e, per giunta non ha molta autonomia Aveva un alimentatore elettrico e l’autonomia delle batterie era, è, limitata. Deve sconfiggere il suo avversario in fretta. A quanto pare, Warhawk è davvero forte, i suoi pugni sono davvero d’acciaio temperato ed alla fine potrebbero intaccare quest’armatura. Contrattacca. Maledizione, quest’affare è troppo pesante, non è più abitato a muoversi al suo interno., comincia a mancargli il fiato, sente un senso d’oppressione al petto. Un momento… forse ha avuto l’idea giusta. Comunque, tanto vale provare, cos’ha da perdere?  Attiva i due jet degli stivali e, contemporaneamente afferra Warhawk per i polsi, quindi i due nemici sono proiettati verso l’alto, sfondando il soffitto. Per fortuna non c’era nessuno al piano superiore. Warhawk è sbalestrato dal colpo ed Iron Man lo lascia andare, dando, allo stesso momento un colpo di repulsori. Warhawk è proiettato sul pavimento sottostante e, mentre si rialza, Iron Man piazza un diretto che conclude la questione.

            Appena il tempo: sta cominciando a mancargli il respiro, si toglie l’elmetto e fa un ampio respiro, il cuore gli batte come un tamburo. Lo sforzo è stato troppo, non era più abitato a quell’armatura, l’energia era poca e… e.. rumore di passi… Happy e la Polizia? Si, per fortuna. Non fanno troppe domande. Accettano la sua spiegazione su un guasto del suo segnalatore per Iron Man e del suo essersi sentito costretto ad indossare la vecchia armatura. Lo aiutano a togliersela.

 

            Non lontano da lì, una figura ha osservato tutto quanto ed ora, sotto la maschera che gli copre il volto, sorride. Gente come Warhawk non sa cos’è la discrezione, non lo sorprende che abbai fallito, ma per lui sarà diverso.

            E Spymaster si confonde tra le ombre.

 

            La polizia se n’è andata e Tony si è appena rivestito, Happy gli si rivolge, mentre infila la giacca

-Ehi capo, è stata una bella impresa con quel ferrovecchio, davvero una bella impresa…ma ti vedo pallido, forse faresti meglio a farti vedere da un medico.-

            Tony fa un lungo respiro, l’oppressione sembra passata.

-Non credo di averne bisogno Happy, credo che tornerò a casa, un po’ di riposo mi farà, certo, bene.-

            Così dicendo, si allontana.  I problemi non sono ancora risolti: deve costruire un rapporto solido con sua figlia, deve chiarire le cose in sospeso con Veronica Benning e non solo, deve pensare ai piani di suo cugino ed ai misteriosi nemici che gli hanno inviato contro El Toro Negro e Warhawk, ma sono problemi per domani.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            E così, ecco finito un altro episodio di Iron Man. Non cesseremo mai di ringraziare Tobia Brunello per averci fornito il materiale di lavoro con 11 interessanti episodi. Torna tra noi Tobia. Quanto alle note

1)       Quest’episodio di epilogo è stato poco più di un pretesto per omaggiare i 40 anni di carriera di Iron Man, nato in Tales Of Suspence (TOS) #39 del marzo 1963. Da qui, la citazione del suo primo modello d’armatura. Come dovrebbero sapere anche i sassi, Tony costruì il suo primo modello di armatura in un campo di prigionia del Sud Est Asiatico (nella prima versione era Corea, poi fu identificato nel Vietnam, negli ultimi anni si è scelto di rimanere nel vago.) Lo scopo dell’armatura era duplice. Da un alto far continuare a battere il suo cuore lesionato da uan scheggia di granata, dall’altro essere usato come arma per facilitargli la fuga dal Campo. Sin dal suo ritorno negli U.S.A. Tony si dedicò a migliorare l’Armatura, che in origine era grigia, ma fin da TOS #40 fu ridipinta color oro. In TOS # 48 Tony ridisegnò completamente l’armatura  e la fece color rosso e oro. È stata modificata molte volte, talvolta anche nei colori, ma il design di base è rimasto invariato.

2)       Parlando dei 40 anni di Iron Man non si possono non ricordare coloro che hanno contribuito al suo successo. Per citare i principali: gli scrittori Stan Lee, Larry Lieber, Robert Bernstein, H.E, Huntley, N. Korok, Al Hartley (questi ultimi semplici scripters su plot di Lee o Lee & Kirby) Roy Thomas (che proprio facendo i dialoghi della storia che segna la fine del Cavaliere Nero Malvagio e l’arrivo alle matite di Gene Colan con lo pseudonimo Adam Austin, debuttò nel fumetto di supereroi), Archie Goodwin, Allyn Brodsky, Gerry Conway, Gary Friedrich, Mike Friedrich, Len Wein, Bill Mantlo, David Michelinie, Bob Layton (quest’ultimo anche disegnatore), John Byrne, Len Kaminsky, Terry Kavanagh (questo è meglio dimenticarlo -_^), Scott Lobdell, Jeph Loeb (entrambi su plot di Jim Lee),  Kurt Busiek e, per quanto riguarda la nostra continuity, il citato Tobia Brunello. Per i disegni abbaimo avuto: Don Heck, Gene Colan, Johnny Craig, George Tuska, Jim Starlin, Keith Pollard, Arvell Jones, Chic Stone, Herb Trimpe, Sal Buscema, John Romita Jr., Jerry Bingham, Luke McDonnell, Mark D. Bright, Barry Windsor-Smith, Paul Ryan, Kevin Hopgood, Jimmy Cheug, Whilce Portacio, Michel Ryan, Sean Chen, Patrick Zircher. A tutti, grazie.

3)       Nota di continuity, quest’episodio avviene poco prima di Vendicatori #[22

E con questo è tutto, vi invito caldamente a non mancare al prossimo episodio, potreste restare piacevolmente sorpresi… o magari no. -_^

 

 

Carlo



[1] Come, certo, sapete, se avete letto gli ultimi tre episodi, se no, fatelo subito.

[2] In Vendicatori MIT #17/19

[3] Inferno² #1/3 e Vendicatori #20/21

[4] Una storia che leggerete, prima o poi, speriamo.  -_^

[5] Nell’episodio #11

[6] Vale a dire nell’episodio9 #11

[7] Sunset ignora che Parnell Jacobs, già War Machine, è, ora, l’avventuriero Warwear della Justice Inc.

[8] Tantissimo tempo fa in Iron Fist #6 (Marvel Collection, Comic Art, #3)