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N° 52

                                                                                                           

ANSIA DI CONTROLLO

 

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

Il luogo è un’installazione dello S.H.I.E.L.D. da qualche parte nelle Montagne Rocciose. La donna è qui da diverso tempo e non ha la più pallida idea di quanto ci rimarrà. È stata accusata di crimini contro l’Umanità e mentre diverse nazioni si contendono il dubbio piacere di processarla, lei aspetta. La sua attesa finisce oggi.

Una delle pareti della sua cella si frantuma sotto la spinta di una forza troppo grande per resisterle. La donna evita a malapena dei frammenti che volano intorno alla sua testa. In mezzo al fumo ed alla polvere vede una figura massiccia che avanza verso di lei.

-Dottoressa Hansen?-dice con voce cavernosa –Sono venuto a liberarla.-

            Maya Hansen rimane perplessa mentre mette a fuoco la figura di un uomo alto più di due metri dal fisco massiccio il volto che emerge da un casco azzurro come il costume che indossa è devastato da cicatrici e le è familiare, ma non riesce a ricordare dove l’ha già visto.

-Lei chi è?- chiede.

-Può chiamarmi Controllore e come ho detto, sono qui per liberarla.-

            Il Controllore? Ora ricorda: non era un nemico di Iron Man? Un ingegnere reso paraplegico da un incidente che era riuscito a rimettersi in piedi grazie ad un esoscheletro potenziato da... già… potenziato da cosa?

            Ripresasi dalla sorpresa, Maya ribatte:

-Bel liberatore! Poteva uccidermi.-

            Il Controllore sogghigna.

-In effetti, è vero.- ammette –Colpa della mia inclinazione per le entrate ad effetto. Ma ora non perdiamo tempo ed andiamo via.-

            Il Controllore la afferra per mano strattonandola. Camminano lungo corridoi silenziosi incontrando il personale dell’installazione: uomini e donne fermi, in piedi o seduti, con lo sguardo assente, fisso nel vuoto. Sulla fronte oppure sul collo un piccolo disco bianco. Improvvisamente Maya ricorda cosa potenzia l’esoscheletro del Controllore: pura forza vitale drenata dalle sue vittime attraverso i dischi di controllo applicati su di loro, lasciando le vittime stesse catatoniche oppure schiave della volontà del Controllore.

            A questo punto la scienziata comincia a chiedersi se non sia caduta dalla padella nella brace.

 

            Sono le prime ore del mattino e Tony Stark non riesce a dormire. Piano, senza svegliare Pepper Potts che dorme al suo fianco, Tony si alza dal letto e si reca al suo tavolo da lavoro: tanto vale far fruttare il tempo vedendo se riesce a concretizzare un paio di idee che gli frullano per il cervello.

            Sono le otto del mattino abbondanti quando Pepper gli si avvicina

-Stiamo insieme da appena una settimana e già mi tradisci col tavolo da lavoro? Il mio fascino non deve essere più quello di una volta, ahimè.-

-Il tuo fascino è sempre strepitoso.- ribatte Tony con un sorriso -È solo che mi è venuta l’insonnia e…-

-… e non puoi fare a meno di inventare qualcosa. Cos’è stavolta? Un’altra applicazione per l’armatura?-

-No, un nuovo modello di Starkphone… uno Stark-pad, per essere precisi.- poi Tony, di colpo, ritorna serio -Pep… credi ai presentimenti?-

-Vengo da una famiglia irlandese, noi crediamo anche ai folletti. Che c’è, ti aspetti guai dal tuo viaggio in Giappone?-[1]

-Oh no, lo so già che in Giappone mi aspettano solo guai, per questo non ti ho chiesto di venire con me. Spero che non ti dispiaccia se mi accompagna Jan… Wasp.-

-Figurati, lo so che essere gelosa delle tue ex è solo una perdita di tempo.-

-Sei impagabile Pep.- dice Tony stringendole la destra –Quando parlavo di un presentimento mi riferivo a qualcosa di diverso… che non so definire.-

-Beh spero che ti sbagli, di guai ne abbiamo avuti fin troppi secondo me.-

            Proprio in quel momento il telefono di Tony squilla e lui risponde automaticamente.

-Sì… cosa? Grazie Dugan, hai fatto bene a dirmelo.-

-Cosa c’è?- chiede Pepper vedendo l’espressione di Tony mentre conclude la telefonata.-

-Maya Hansen è sparita dal centro di detenzione dove era trattenuta.- risponde lui

-Maya Hansen? Non era quella tua compagna di università al M.I.T.[2] che aveva collaborato col Mandarino in quella faccenda dei naniti?[3] È evasa?-

-Non si sa. Potrebbe essere stata rapita. Questa storia non mi piace, non mi piace per niente.-

            Pepper non sa cosa rispondere.

 

            Nella sua stanza all’Howard Stark Memorial Hospital Rebecca Bergier prova a muovere i primi passi da quando è stata ricoverata. Il risultato è che le gambe, ancora troppo deboli, le cedono e lei si ritrova sul pavimento. Maledice se stessa per essersi messa da sola nel guaio in cui si trova. Le hanno spiegato che la donna di cui si era innamorata ha dei particolari poteri di seduzione e li ha usati su di lei per ottenere quel che voleva, ma resta il fatto che alla fine ha tradito la fiducia dei suoi amici, anche se loro non gliene fanno una colpa e l’hanno salvata dal suicidio.

            Il tonfo sul pavimento ha attirato l’attenzione di un’infermiera dai capelli neri che si è affrettata ad entrare nella stanza. Un breve sguardo e l‘aiuta a rialzarsi.

-Che le è saltato in mente?- la rimprovera gentilmente ma con fermezza.

-Ero stufa di stare a letto.- prova a giustificarsi Rebecca.

-Beh… non faccia più di queste sciocchezze senza il permesso del medico o l’aiuto di un infermiere. Si ricordi che è stata molto male. Quando è arrivata qui era in fin di vita e l’abbiamo ripresa per il rotto della cuffia.-

-Magari era meglio se non ci riuscivate.-

-Che stupidaggini. Mi lasci dire che il suicidio è la via d’uscita dei vigliacchi e lei non mi sembra una vigliacca.-

            Rebecca accenna un sorriso amaro.

-Grazie infermiera…- Rebecca si sforza di leggere il nome sul cartellino appeso al taschino dell’altra -… Carter, giusto?-.

-Sì, Linda Carter. Sono una veterana. Se le serve qualcosa non prenda iniziative e chiami.-

-D’accordo, lo farò.-

            Rebecca appoggia la testa sul cuscino, sfinita, e prova a dormire sperando di evitare gli incubi.

 

 

2.

 

 

            Iron Man atterra davanti all’installazione S.H.I.E.L.D. dove era detenuta Maya Hansen.

<<Credo di essere atteso.>> dice.,

-Uhm… certo.- borbotta l’agente che lo ha accolto alla porta –Sono stato incaricato di assisterla. Mi segua.-

            All’’interno Iron Man incontra un agente di grado superiore. Giovane, capelli castani lunghi e trattenuti da una fascia, Ha un viso familiare, deve averlo già incontrato o aver visto la sua scheda ma non ricorda il nome.

            L’altro sorride e gli tende la mano presentandosi:

-Alexander Goodwin Pierce. Sono qui per l’inchiesta interna.

            Il che spiega perché il responsabile di questo posto sembri uno sulla graticola, pensa l’eroe in armatura.

            Entrambi sono condotti alla cella di Maya Hansen. Il buco nella parete è molto evidente,

<<Chiunque si stato, deve aver fatto un bel rumore.>> commenta Iron Man, poi si rivolge al capo struttura <<I suoi agenti cos’hanno fatto?>>

-Ehm... nulla- l’uomo è chiaramente imbarazzato e si capisce benissimo che preferirebbe trovarsi da un’altra parte -Nessuno ha sentito niente. Hanno semplicemente trovato la porta della cella aperta e la parete distrutta… anche se…-

-Anche se…?- lo incoraggia Pierce.

-Beh… quasi tutti gli agenti, me compreso, hanno denunciato un forte mal di testa e spossatezza.-

            Qualcuno ha usato un gas per neutralizzare gli agenti? Si chiede Iron Man, ma la cosa gli sembra improbabile: da quel che ha saputo, nessun agente ha riferito di essersi risvegliato sul pavimento e non ricorda neanche di essersi addormentato o risvegliato durante il suo turno.

            All’interno dell’armatura di Iron Man c’è Mike O’Brien ed il suo istinto di detective veterano della Polizia di New York sente che c’è più di quel che sembra. Tony lo ha pregato di dare un’occhiata al posto suo poco prima di partire per il Giappone in una missione per i Vendicatori.[4] Temeva che dietro la liberazione, o rapimento che fosse, della Hansen ci fosse il Mandarino ed in effetti lui avrebbe potuto farlo e disorientare il personale con il suo anello ipnotizzatore o come diavolo si chiama.

            Usando i sistemi dell’armatura Mike si mette alla ricerca di indizi nella cella e zone limitrofe. Nulla… no … aspetta… cos’è quello? Un frammento di plastica così piccolo che sarebbe sfuggito ad una normale ispezione. Mike lo afferra e lo scansiona,

<<Analisi materiale…>> l’Intelligenza Artificiale dell’Armatura sciorina tutti i dati sulla composizione del frammento. Nulla di utile finché… <<… abitualmente usato dal Controllore per la fabbricazione dei suoi dischi di controllo.>>

            Il Controllore? Avrebbe preso lui Maya Hansen? Ma perché? Ha agito per conto del Mandarino o per conto proprio? E che se ne fa di una specialista in robot microscopici? Mike ha la brutta sensazione che le risposte a queste domande non gli piaceranno.

 

            Philip Grant ripone il cellulare. Dovunque sia adesso, Sasha Hammer non è raggiungibile. Perché perda tempo a preoccuparsi di una ragazza che l’ha evidentemente scaricato, non lo sa. Meglio pensare ad altro, per esempio a rintracciare il computer su cui sono stati scaricati i dati rubati alla Fondazione Maria Stark. Chiunque ci sia dietro ha fatto un buon lavoro, ma sarà del tutto inutile perché lui è l’hacker migliore della Nazione.

-Non sognare troppo ad occhi aperti.- la voce femminile lo riporta alla realtà.

            Appartiene a Ling McPherson, bellissima donna euroasiatica che tecnicamente è il suo capo alla Stark-Fujikawa. Gran bel capo davvero, anche se ha qualche anno più di lui. L’aveva praticamente costretto a farle da cavaliere al matrimonio di Jim Rhodes, poi erano andati via insieme e… beh lasciamo stare.

            Ling lo guarda in modo strano. Se solo non avesse quel maledetto profumo…

-Giochi a tennis?- gli chiede.

-Cosa? No!- risponde in fretta lui in tono quasi scandalizzato.

-Male, dovremo provvedere al più presto,.-

            Una minaccia o una promessa? Philip non sa cosa pensare.

 

            Il Controllore sorride e una tale vista, lungi dal rassicurarla, inquieta Maya Hansen ancora di più.

-Immagino che si chieda perché l’ho liberata Dottoressa Hansen…- le si rivolge.

-Liberata è una parola grossa: mi ha solo portata da una prigione ad un'altra. Perché sono prigioniera, non è vero? Cosa vuole da me? Cosa posso fare io che un grande scienziato come lei non sa fare?-

-Mi conosce? Bene, questo mi risparmia un sacco di spiegazioni. Quello che voglio è sbarazzarmi di questo esoscheletro e tornare a camminare… no: a vivere, normalmente.-

-E lei pensa che i miei studi sui naniti possano risolvere il suo problema?-

-Molto probabile e possono anche migliorare l’efficienza dei miei dischi di controllo. Immagini dischi di pochi nanogrammi diffusi nell’acqua o nell’aria e ingeriti da schiavi inconsapevoli. Ma non è questo che m’interessa al momento Io so che lei era pronta al passo successivo: un microorganismo, una sorta di virus, capace di riscrivere il DNA di coloro a cui è inoculato.-

-No!- esclama Maya –Non quello: l’ho abbandonato perché troppo pericoloso. Non c’era modo di guidare il procedimento ed il rischio di mortalità era superiore all’80%.-

            Un altro sorriso inquietante.

-Quello non mi preoccupa: posso procurarmi tutte le cavie che servono finché non arriveremo al risultato voluto. Io e lei, dottoressa Hansen, stiamo per riprendere il Progetto Extremis.-

 

 

3.

 

 

            Il volto del Mandarino è impenetrabile mentre si rivolge alla giovane donna davanti a lui:

-Avanti, ragazza, fammi vedere cosa sai fare.-

            Sasha Hammer esita. Cosa si aspetta davvero che faccia quel pazzoide che si è rivelato come suo padre?

-Colpiscimi.- le ordina seccamente il Mandarino –Usa i poteri che ti ho donato.-

            Sasha non è ben sicura di cosa vuol dire, ma allunga le mani e si concentra, le sue dita brillano di energia ed improvvisamente quell’energia assume una forma: lame acuminate che si dirigono verso il Mandarino. Lui non si scompone, solleva il pollice destro e di colpo le lame di energia si fermano a mezz’aria per poi dissiparsi.

-Non male…- commenta -… ma puoi fare di meglio. Provaci.

            Sasha si concentra e stavolta dalle sue dita si solidificano due fruste che avvolgono il Mandarino mentre la ragazza le afferra e tira.

            Il Mandarino sembra perdere l’equilibrio, ma è solo un attimo: lo recupera subito ed il suo corpo risplende di energia che spezza le fruste.

-Molto bene, ragazza.- commenta –Sei migliorata molto da quando ti ho fornito i poteri che ora possiedi.[5] Presto sarai in grado di affiancarmi nella mia prossima campagna di conquista.-

            Alle spalle di Sasha la donna chiamata Madama Macabra la guarda con malcelato odio.

 

            Il Billie Jean King National Tennis Center, situato nel parco di Flushing Meadows a Queens, è uno dei centri sportivi più famosi degli Stati Uniti. Qui ogni anno, da agosto a settembre, si svolgono gli U.S. Open di Tennis, uno dei quattro tornei del Grande Slam, ma nel resto dell’anno chiunque può prenotare un campo. Ling McPherson indossa una tradizionale tenuta da tennis bianca con pantaloncini attillati e sembra trovarcisi molto a suo agio. Philip Grant, al contrario, sembra proprio un pesce fuor d’acqua nella tenuta che Ling ha scovato per lui.

-Sai che su questo campo Roger Federer ha vinto gli U.S. Open per quattro volte di seguito?- gli dice.

-Ma sul serio?- ribatte lui –Interessantissimo.-

            Ling scuote la testa sconsolata

-Il tennis è uno sport bellissimo e tu sei ancora abbastanza giovane perché possa imparare per bene.-

-Sarà…- replica il giovane -… ma non sono molto convinto.-

-Passi troppo tempo al computer e sei pallido come un morto. Un po’ di esercizio non può che farti be…-

            Forse è solo un riflesso, pensa Ling, nient’altro che un riflesso, pensa Ling vedendo un piccolo lampo di luce alle spalle del suo accompagnatore, ma di cosa? È il suo istinto di esperta investigatrice a spingerla a saltare addosso a Philip spingendolo sul prato gridando:

-Giù!-

            Un proiettile sparato da un fucile ad alta precisione passa sopra le loro teste e si infrange sul tabellone segna punti.

-Non muoverti.- intima Ling al ragazzo mentre è ancora sopra di lui, maledicendosi di non avere con sé la sua pistola.

-Non ci penso proprio.- ribatte Philip –Sto benissimo così.

-Idiota.- replica lei sorridendo.

            Restano fermi per un periodo che a loro sembra molto lungo, poi Ling dice:

-Era diretto alla tua nuca. Credo che il bersaglio fossi tu. Quanti nemici hai che ti vogliono morto?-

-Temo che sia un elenco molto lungo.- risponde Philip sconsolato.

 

            I tre uomini e le due donne portano sulla fronte un disco di controllo, non esitano quando viene loro ordinato di entrare nella stanza a tenuta stagna e rimangono fermi quando la pesante porta si chiude alle loro spalle.

-Ora, dottoressa.- ordina il Controllore.

            Maya Hansen esita. Non era questo che aveva pensato quando aveva sviluppato Extremis ma del resto all’inizio non era nemmeno nelle sue intenzioni creare dei nanorobot divoratori di carne umana ma alla fine l’aveva fatto lasciando da parte ogni considerazione di etica e morale. Il periodo in carcere ed il suicidio del suo socio Aldrich Killian l’avevano spinta a riflettere sulle sue scelte: non avrebbe mai più contribuito alla morte anche di un solo essere umano… eppure eccola qui: il Controllore è riuscito a costringerla a collaborare al suo piano, ma …

-Maledizione.- sbotta il Controllore spingendola da parte mentre preme il bottone che Maya non ha voluto premere. -Sapevo che avrei dovuto metterle un disco di controllo, ma avevo bisogno del suo intelletto integro. Non provi più ad ostacolarmi, però, l’avverto.-

            Nella stanza alle loro spalle qualcosa di invisibile penetra nelle cinque cavie che tra atroci spasmi cadono sul pavimento.

            All’apparenza sono tutti morti… poi uno di loro apre gli occhi.

 

 

4.

 

 

            Happy Hogan è nel suo ufficio e sta riflettendo sulla sua vita sentimentale: la sua ex moglie si è appena messa col suo migliore amico Tony Stark e la cosa lo ha un po’ immalinconito, anche se sapeva bene che era solo questione di tempo e tutto sommato può dire di averla presa bene. Con Hannah Fairmont è finita senza troppe scosse e ora c’è Georgia Jenkins. Non avrebbe mai pensato di sentirsi attratto da una donna di colore. Durante la sua infanzia, che a volte gli sembra così lontana da essere avvenuta prima della Seconda Guerra Mondiale, irlandesi e neri se le davano spesso di santa ragione tra loro ma i tempi cambiano e talvolta cambiano in meglio. Georgia è una ragazza in gamba e…

            I pensieri di Happy sono interrotti da un rumore all’esterno. L’ex pugile si alza dalla sua scrivania di Direttore Esecutivo della Fondazione Maria Stark e si avvicina alla finestra. Cosa sta succedendo?

 

            Mike O’Brien, altro irlandese-americano purosangue, entra in una cafeteria non molto distante, abituale luogo di ritrovo di poliziotti ed ex poliziotti come lui e si dirige senza esitare verso un tavolo dove è seduto un uomo con una giacca a vento verde ed i capelli rossi come quelli di O’Brien.

-Detective Chase…- dice Mike sedendosi davanti all’uomo senza aspettare di essere invitato.

-Ex detective ed ex federale O’Brien...- lo saluta il Detective di primo grado Quentin Chase sollevando una tazza di caffè.

-Mi sorprendi Chase…- dice sorridendo O’Brien –Un detective di Manhattan che non annega i dispiaceri nell’alcol.-

-Mia moglie e mia figlia non gradirebbero… e poi forse non ho dispiaceri… e comunque che ne sai tu dei dispiaceri dei detective di Manhattan? Non te ne stavi in un distretto per signorine del Queens prima di dimetterti?-

-Avevamo anche noi la nostra quota di rapine e omicidi… ma non è di questo che sono venuto a parlare. Hai notizie di quella Indries Moomji?-

-Solo che è partita per Rio de Janeiro con un biglietto di sola andata. Per il resto dovresti rivolgerti ai tuoi amici federali. Non dirmi che non hai qualche contatto alla C.I.A. o alla N.S.A.-[6]

-Potrà sembrarti strano ma… no… o meglio forse conosco qualcuno allo S.H.I.E.L.D. che potrebbe aiutarmi.-

-Perché quella donna ti interessa tanto?-

-Ha… ha fatto del male ad una mia amica e voglio vederla in prigione, dovessi andare io stesso a prenderla per riportarla qui.-

-Lodevole proposito.- Non c’è traccia di ironia nella voce di Chase.

O’Brien finisce una birra, allunga la mancia alla cameriera e si alza.

-Ci vediamo Quent…-

            Un rumore attira la loro attenzione. Qualcosa sta accadendo la fuori e non è nulla di buono.

 

            Pepper Potts ripensa alla chiamata appena terminata. La trasferta in Giappone sta andando come previsto e sembra che Wasp abbia reagito bene alla rivelazione che lui è Iron Man. Naturalmente, visto che sono andati a caccia di pericolosissimi ladri ninja,[7] è scontato che presto entrambi si metteranno nei guai. Pepper cerca di non pensarci troppo: essere la donna di un supereroe non è poi molto diverso dall’esserlo di un poliziotto o un pompiere. In ogni caso si è ripromessa di evitare di comportarsi come le protagoniste dei vecchi film che dicevano all’eroe di turno: “Ti prego, non andare” guadagnandosi i fischi del pubblico. Non vuole essere un peso per Tony e ne rispetta le scelte.

            Sempre pensando a questo, Pepper esce dall’ascensore e s’incammina nell’atrio della Stark Tower ed è allora che ode un forte rumore e la vetrata all’ingresso esplode in mille pezzi.

 

 

5.

 

 

            Non indossa un costume colorato, ma un abito comune, per quanto sdrucito e scucito in più punti e sembra anche un uomo comune… sembra.

-Esci fuori Stark.- urla –Tu o quel buffone in armatura che ti fa da guardia del corpo uscite ad affrontarmi!-

            Un pazzoide, pensa la gente che lo vede, dovrebbero fare qualcosa per quelli come lui, chissà di quale torto immaginario si sta lamentando.

-Ah… è così?- borbotta l’uomo –Bene dovrò fartelo capire nel modo più duro allora.-

            Con un movimento deciso lancia qualcosa che teneva nella mano destra, qualcosa che colpisce il portone della Stark Tower e rimbalza lontano, poi apre la bocca e ne esce un diluvio di fiamme dirette anch’esse contro il portone che esplode proiettando pezzi ovunque.

-Fermo dove sei, amico o ti faccio saltare la testa.-

            A parlare è stato il detective Quentin Chase che impugna la sua Glock 9 millimetri con entrambe le mani e spera di non far trasparire la paura che sta provando, paura non tanto per se stesso ma per una figlia che potrebbe restare senza padre. In questa dannata città i superesseri spuntano come funghi e questo sembra davvero cattivo.

-Un poliziotto?- il tizio non sembra minimamente turbato –Bene, poliziotto, sparami, che aspetti?-

            Il dito di Chase trema sul grilletto.

-Hai bisogno di un incentivo? Eccotelo.-

            Un altro sbuffo di fuoco che si arresta proprio ai piedi di Chase. Il detective si decide a sparare. Le pallottole rimbalzano sul petto dell’uomo, che sogghigna dicendo:

-Fanno il solletico, ma a te io farò male sul serio.-

Senza sforzo apparente svelle un lampione e lo scaglia contro il detective. Solo la prontezza di riflessi di Mike O’Brien, che con un salto lo butta di lato, impedisce che Chase sia schiacciato.

-Ma che bravo che sei, buon samaritano, hai l’aria del poliziotto anche tu. Beh schiaccerò la testa anche a te.

            Un rumore di jet spinge l’uomo a voltarsi per trovarsi di fronte a…

-Iron Man, finalmente.-

<<Mi cercavi? Beh mi hai trovato ed ora preparati ad una sonora lezione.>>

 

            Mentre si rialza evitando come può i pezzi di vetro Pepper pensa a quanto è stata fortunata: se fosse stata più vicina quando è avvenuta l’esplosione i frammenti della vetrata avrebbero potuto ucciderla, invece si era fatta solo taglietti superficiali, per tacere del vestito rovinato.

            A quanto pare, la fuori c’è Iron Man che sta affrontando un tizio. Ma chi è quell’Iron Man? Tony è in Giappone e poco distante vede Mike O’Brien che si sta rialzando da terra. Happy, deve essere Happy. Quel dannato testone si deve essere messo l’armatura: è nel suo stile ficcarsi nei guai a testa bassa senza riflettere. Di quelli che indossano abitualmente l’armatura è, quello che l’ha fatto di meno, il meno esperto, la sua tattica abituale di lotta è caricare e colpire. Possono non essere più sposati, ma Pepper gli è ancora affezionata e non vuole che corra pericoli. Per fortuna il suo avversario non sembra molto pericoloso.

 

            Happy Hogan sta pensando la stessa cosa: quando ha visto quel che stava succedendo, non poteva non intervenire e comunque quanto può essere pericoloso quel tizio anche se lancia fiamme dalla bocca?

-E così sei arrivato.- commenta il suo avversario –Molto bene.-

            Ancora una volta le fiamme eruttano dalla bocca dell’uomo ma Iron Man non fa una piega mentre i suoi sistemi le spengono.

<<Tutto qui quel che sai fare?>> chiede l’eroe in armatura.

-No.- si limita a rispondere l’altro, poi gli sferra un pugno che lo fa volare contro la torre.

            Happy è sbalordito ed il suo sbalordimento aumenta quando l’uomo lo raggiunge con un balzo e lo afferra.

-Sorpreso eh?- gli si rivolge mentre lo solleva sopra la sua testa e lo scaglia in strada –Non ti aspettavi che aspettavi che il vecchio Mallen fosse così forte, vero? E non hai ancora visto nulla.-

            L’uomo chiamato Mallen sferra un altro pugno contro il petto del suo avversario e pezzi di metallo si staccano dall’armatura volando dappertutto.

            Com’è possibile? Si chiede Happy: quest’armatura può resistere ad un’esplosione nucleare e lui la sta facendo a pezzi a mani nude. Solo il Mandarino c’era riuscito prima. Chi è quest’uomo e come ha acquisito tutto questo potere?

-Ti ammazzerò!- urla Mallen.

            E sembra proprio che possa riuscirci.

 

 

CONTINUA

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Nulla di particolare da dire su quest’episodio se no un paio di noterelle per le quali possiamo ringraziare Warren Ellis. -_^

1)     Il cosiddetto Virus Extremis è un’invenzione di Warren Ellis ed ha fatto la sua comparsa nell’omonima saga di Iron Man apparsa su Iron Man Vol. 4° #1/6 (apparsi in Italia sul volume Collezione 100% Marvel “Iron Man: Extremis”) realizzata da Warren Ellis & Adi Granov. Questa è la sua prima menzione in MIT e le cose andranno un po’ diversamente rispetto alla saga citata, sennò che divertimento ci sarebbe? -_^

2)     Mallen (nessun nome proprio, ma non è escluso che gliene dia uno nel prossimo episodio) è uno dei criminali principali della citata saga, potenziato proprio dal virus Extremis, ma qual è il suo ruolo nella nostra storia? Cosa vuole da Stark o Iron Man? Che fine ha fatto il controllore? Ahimè, temo che queste domande siano premature. -_^

3)     Nota di continuity: questa storia si svolge praticamente in contemporanea a Vendicatori #86.

Nel prossimo episodio: piangete di fronte alla furia di un nemico che a mani nude tratta Iron Man come uno strofinaccio; applaudite un eroe che pur malconcio rifiuta di arrendersi; osservate una donna coraggiosa prendere una dura decisione; tremate mentre il malvagio Controllore fa la sua mossa, ma soprattutto… non mancate al prossimo capitolo delle avventure del vostro eroe preferito. -_^

 

 

Carlo



[1] Vedi Vendicatori MIT #86

[2] Massachusetts Institute of Technology.

[3] Come narrato in Iron Man #39/42.

[4] Come narrato in Vendicatori MIT #86.

[5] Nello scorso episodio.

[6] National Security Agency, l’agenzia che gestisce i satelliti spia americani e si occupa di sicurezza delle comunicazioni.

[7] Vedi sempre Vendicatori MIT #86.