PROLOGO: StarGlider-1000, Q.G.
mobile delle FSDN dello Zilnawa, sui cieli di Phoenix, Arizona.
Il display in una delle finestre
del maxischermo segnò in quel momento l’inizio del secondo giorno della crisi,
del nuovo Inferno portato sulla Terra.
Definire ‘tesa’ l’atmosfera nella
sala comando, come ovunque nell’enorme fortezza volante, sarebbe stato un
bell’eufemismo.
Simone Giapeto, comandante
della base e delle Forze Speciali di Difesa Nazionale, cercava di mantenere una
parvenza di compostezza, pur sapendo che i suoi occhi tradivano l’enorme
tensione che lo stava mangiando vivo.
Il collegamento alla rete
satellitare mondiale aveva provato oltre ogni dubbio che la crisi era uniformemente
distribuita in tutto il mondo. Semplicemente, non c’era alcun posto sicuro dove
rifugiarsi. Quasi tutti gli esseri umani erano posseduti, impazziti, preda dei
loro demoni personali e dei demoni venuti dal Limbo. Si salvavano tutti
coloro che potevano disporre di una protezione mistica, o mys-tech come
per l’equipaggio dell’SG-1000, o altre rare eccezioni.
Per il resto...Una stima
ottimista del tasso di mortalità, mostrata sullo schermo, dava da preoccupare
non poco. Negli ospedali, i pazienti in terapia intensiva o in condizioni
semi-critiche erano di fatto condannati. Le vene ed arterie stradali erano
diventate campi di battaglia con cumuli orrendi di lamiere e carne umana.
Incidenti a catena si stavano verificando nei maggiori impianti industriali e
nelle centrali nucleari. Aerei di linea erano precipitati come mosche. Una superpetroliera
si era schiantata contro le coste Inglesi, ed ora una marea nera si stendeva
lungo la Manica. Le forze armate di tutto il mondo erano fuori controllo...
Ma, per quanto lo riguardava,
Giapeto aveva ben altre preoccupazioni per la testa. Una era l’SG-1000 stesso:
erano costretti a mantenerlo molto lontano dalla città, che era diventata
sempre più un calderone di energie mistiche concentrate! Almeno, a quella
quota, dovevano preoccuparsi solo dei demoni minori, questi incapaci di violare
i sigilli protettivi.
L’altra preoccupazione era
l’unica speranza per quello che restava di Phoenix, la punta di diamante delle
FSDN, i Campioni, erano a loro volta fuori gioco. Solo tre degli eroi erano
immuni al tocco del male, capace di animare gli stessi oggetti e renderli
mostri affamati: Capitan Ultra e Hrimhari erano due.
E poiché le disgrazie non vengono
mai da sole, Capitan Ultra era incapacitato ad intervenire a causa di un coma
autoindotto, ed ora giaceva nell’infermeria della fortezza. Quanto al Principe-Lupo
di Asgard, questi era per sua natura immune dal tocco corruttivo...C’era solo
da sperare che fosse capace di salvare i suoi compagni, adesso. Uno di loro,
almeno...
Per il terzo guerriero...più che
una certezza, la sua ‘immunità’ era un dato presunto, e fino a quel momento, in
assenza di comunicazioni da parte sua, bisognava assumere il peggio...
Anche perché c’era un fattore nuovo
da considerare: i demoni avrebbero dovuto essere attratti dalla vasta
concentrazione di energie oscure nell’area di Phoenix come api dal
miele...eppure, solo pochissimi si trovavano in quel perimetro. Come se qualcun
altro avesse reclamato a sé il territorio. Il top dog, chiunque
fosse, doveva essere davvero potente, per tenere a bada una simile orda...
Le cupe considerazioni furono
interrotte da una nuova esplosione al suolo!
Giapeto sospirò –almeno, a suo
modo, quella era una buona notizia...
DIES IRÆ (II Parte)
[un Inferno2
tie-in]
...Perché voleva dire che Equinox,
l’Uomo Termodinamico era ancora vivo –per quanto tale condizione, al
momento, fosse tutt’altro che apprezzata da uno dei suoi compagni.
Hrimhari poteva non essere capace
di emettere gelo o calore, poteva essere decisamente vulnerabile ai poteri di
Equinox, ma aveva dalla sua velocità e stamina da vendere...Senza contare che,
nel suo stato di follia, Equinox era incapace di prendere decentemente la mira.
Il lupo d’argento, un marsupio
appeso alla schiena, scartò per evitare un’ennesima raffica di plasma. La sua conformazione
fisica, fra quelle macerie, era decisamente più utile della postura
bipede-plantigrada del suo avversario.
Almeno, per ora, Dave Martin
era al sicuro e tanto bastava...Certo, avrebbe dovuto restare con lui, ma anche
medicinali e cibo erano una priorità fra quelle rovine dove non un edificio era
rimasto in piedi.
C’era voluta un’intera giornata
per trovare quel poco che ora portava con sé, ma Hrimhari avrebbe cercato fino
al Ragnarok, se fosse servito per il suo amico...
Altra raffica, dall’alto -questa
volta, appuntiti dardi di ghiaccio! Come proiettili di mitragliatrice, si
conficcarono nel suolo a pochissimo dal suo fianco sinistro. Solo uno sfiorò la
sua carne –non un problema per il suo fattore di guarigione, ed il dolore ed il
gelo servirono solo a spingerlo a fare più attenzione nel non lasciare intuire
la sua meta.
“Inutile, sei inutile come
sempre, figlio.” Il cadavere bruciato del padre di Terry Sorenson stava in
piedi, sospeso nell’aria, al fianco del super-essere avvolto dal ghiaccio. “Non
riesci neppure a colpire un animale disarmato. Tu volevi una possibilità
di fare almeno una cosa buona nella tua inutile vita, e guarda! Guarda come
stai sprecando la tua occasione!”
La bocca di Equinox era un
sorriso folle. A quelle parole, l’espressione si incupì, e l’eroe voltò la
testa verso lo spettro. “Stai zitto, papà! Ancora poco, e quel coso peloso farà
la fine che merita. Hai detto che solo io lo posso ammazzare, e lo farò. E
poi...”
“Non osare parlare a tuo padre in
quel modo, giovanotto,” disse il cadavere rinsecchito e devastato dal cancro
che in vita era stato Amanda Sorenson, sua madre. Lei stava in piedi all’altro
fianco del giovane. “Ricorda: siamo i tuoi genitori, e almeno adesso ci devi rispetto,
per ripagarci di averci ucciso!”
Equinox annuì mestamente. “Mi
dispiace, mamma. Adesso, io...eh?” quando era tornato a guardare in basso, la
sua preda era scomparsa!
Nascosto in quello che fu
l’ingresso di una banca, in mezzo ad uno strato di inutili banconote, Hrimhari
contò fino a dieci, approfittando di quella preziosa pausa per recuperare le
forze.
Col passare dei secondi, il
Principe-lupo ebbe conferma di un altro sospetto: Equinox non possedeva la
concentrazione necessaria per ricorrere alla vista termica! Altrimenti, il
rintracciamento sarebbe stato una sciocchezza.
Ancora un minuto, un ultimo
sguardo al cielo...Sì, era libero.
Hrimhari
corse verso il nascondiglio.
Phoenix rappresentava un caso a
sé. Prima dell’arrivo dei demoni, la distruzione scatenata da Maelstrom[i]
aveva ucciso in un colpo solo oltre 700.000 persone, causando uno
sconvolgimento dell’etere improvvisamente saturato di altrettante anime in pena,
confuse. Il mana, percorso dalle correnti inquiete, era diventato un
catalizzatore per le forze oscure. Per i demoni del Limbo, la città era
diventata l’equivalente di una stazione di rifornimento. La loro forza era
all’apice...Anche se il decrescente numero di vittime da possedere li
costringeva ad una relativa vulnerabilità.
Un buon mago avrebbe potuto
facilmente sterminare le orde degli invasori, qui. Un buon mago che prima
avrebbe dovuto fare i conti con la furia di una delle vittime: Robert
Takiguchi, alla guida di un egualmente posseduto Mazinger Alfa.
Il super-robot aveva subito una
drammatica metamorfosi: la sua corazza era diventata nera, e il suo
volto aveva assunto un aspetto demoniaco, con tanto di pupille agli occhi ed
una bocca spalancata piena di zanne! In quello stato, distruggere le poche
strutture d’emergenza messe su dalla Guardia Nazionale per la prima
assistenza ai sopravvissuti era facile come buttar giù castelli di carta.
Almeno, fortunatamente, quelle
strutture erano state realizzate come centro di smistamento. Erano
pochissimi, i civili presenti. E quelli, insieme ai militari, in preda alla
propria follia, avevano perlopiù abbandonato la tendopoli. Quelli rimasti non
avevano avuto una sola speranza.
Nella cabina di comando, Robert
ghignava come un pazzo, un filo di bava dall’angolo della bocca, gli occhi
sbarrati, i pensieri percorsi dalla macabra soddisfazione di vedere morire la
gente sotto il suo tallone. Difenderli? Difendere questi insulsi, inutili
ometti piccoli piccoli? Avrebbero dovuto riverirlo! Doveva essere lui a
dare gli ordini, e non quel vecchio pazzo nel suo nido volante!
Un
peccato, non essere riuscito a distruggerlo dopo un’intera giornata di
tentativi! Ma non importava: avrebbe comunque dimostrato di cosa era capace!
Avrebbe fatto di Phoenix la capitale del suo regno!
Il rifugio. Un parolone, per uno
scantinato di lusso, per quello che era stato il caveau di una banca.
Ma, stando sottoterra, la struttura corazzata aveva resistito al sisma. Solo
per caso, la porta era aperta al momento della catastrofe, e Hrimhari non era
il tipo da criticare la sua buona stella.
Il lupo attraversò il tunnel da
lui scavato con l’istintiva prudenza della sua specie. Il naso e le orecchie
gli segnalarono il ‘via libera’, e, soprattutto, la presenza del suo
‘protetto’.
Superata la soglia vera e propria
del caveau, la figura quadrupede lasciò il posto ad una antropomorfa. “Dave..?”
Deboli luci tremolanti
illuminavano l’ambiente. Almeno, Dave se la sapeva cavare con quella diavoleria
moderna che i mortali chiamavano ‘luce elettrica’. L’amico gli aveva menzionato
un ‘generatore d’emergenza’...
“Non mi chiamare in quel modo!
Io non mi chiamo così!”
Hrimhari si tolse il marsupio
dalla schiena. “Ho portato acqua e cibo...Dave...”
Il ragazzo stava accovacciato in
un angolo, in mezzo ad un mucchietto sparso di gioielli, obbligazioni e monete
d’antiquariato. Vestiva abiti laceri, puzzava della propria paura, aveva uno
sguardo ebete con le pupille a spillo. “Non mi chiamo Dave...Mi chiamo
Chip...Non mi chiamo Dave...Mi chiamo Chip...”
Hrimhari porse un pezzo di pane
secco al ragazzo, che lo prese ed iniziò a rosicchiarlo meccanicamente. Una
mano pelosa accarezzò la guancia dell’altro. “So che non è così. Lo sai anche
tu, Dave. Ti stai torturando inutilmente. Non sei un cattivo ragazzo. Non lo
sei mai stato.”
Il giovane mutante guardò il lupo
antropomorfo con un’espressione smarrita. “Sono stato cattivo, papà. Mi
dispiace...Mi dispiace...Mi dispiace...”
“Dave, eri solo un bambino, eri
curioso.
“Ho condiviso ogni tuo ricordo,
ogni tuo più nascosto pensiero, quando ti ho guidato nei recessi della mente di
Capitan Ultra[ii]. So che non
sono state le pozioni date a tua madre, a scatenare la tua follia. Tu ti chiami
davvero Dave Martin, e Chip era il tuo compagno di giochi immaginario.
“Tuo padre era un uomo
importante, e ti teneva al sicuro dai pericoli isolandoti dai tuoi coetanei.
Chip era quello che tu non eri, obbediente, remissivo, sempre pronto a dire di
sì...Ma senza fare abbastanza esperienza sociale, Chip è rimasto con te, fino a
diventare parte di te...”
Una nuova luce passò negli occhi
di Chip/Dave, Fu un solo attimo, ma accese speranza nel cuore del Principe, che
proseguì.
“Ma tu eri forte, Dave.
Avevi il controllo, e alla fine avresti abbandonato Chip, non è vero?
“Ma intanto eri già arrivato al
tuo tredicesimo anno di età. Il tuo corpo cominciava a funzionare in modi
nuovi. Stavi avvicinandoti alla tua maturità...ed eri solo.”
Il respiro di Chip/Dave si era
accelerato. I suoi occhi erano una tempesta di emozioni cangianti, e fissavano
quelli di Hrimhari come un cobra la sua preda.
“Lucky, come il cane che
lo aveva preceduto, era stato preso per te per difesa, neanche come compagno di
giochi...Ma tu ti eri affezionato a lui. Era il tuo solo amico.”
“No...”
“Eravate soli. Come quasi sempre.
Tu non stavi nutrendo pensieri osceni, Dave. Eri curioso. Volevi esplorare,
niente di più. Era un gioco.”
“Taci....ti prego...” ora
Chip/Dave tremava, sudava freddo.
“Non successe nulla. Solo un
tocco...Non c’è cucciolo che non avverta questa curiosità. È naturale...”
“Basta...” Un brusco cambio di
tono. Una vena dura si era insinuata nella voce del giovane.
“Il fato rio volle che tuo padre
entrasse in camera proprio in quel momento.”
“Non...dirlo...”
“Ti chiamò mostro, Dave. Ti fece
provare vergogna e disprezzo di te. Ti picchiò fin quasi a farti perdere
conoscenza...E ancora non gli bastava.”
Lacrime scesero copiose dagli
occhi chiusi, strizzati fino a far male.
“Tuo padre ti ha trascinato in
giardino, poi è tornato in casa. Tu hai sentito i guaiti di dolore di Lucky. E
ti sei convinto che fosse colpa tua...”
Chip/Dave smise di piangere.
Digrignava i denti, adesso. Il suo corpo era tutto una molla, tesissimo, pronto
a saltare.
“Poi ha portato Lucky, mezzo
morto, in giardino. Citava versi da un vostro libro sacro, e in una mano
reggeva una pistola. Disse che lo faceva per il tuo bene, che ti voleva bene, e
che avresti capito. E sparò a Lucky. Uccise il tuo solo amico. E tu credevi che
fosse colpa tua. Eri convinto che Chip non avrebbe mai lasciato succedere una
cosa simile, perché Chip non provava pensieri osceni, non era un cattivo
ragazzo.”
Un verso, un ringhio, uscì dalla
gola dell’umano.
“Tuo padre usò nuove pozioni non
per curarti, ma per alimentare la tua follia. Perché Chip fosse il suo
figlio diletto, senza poteri mutanti, un ragazzo come gli altri, servile,
disciplinato.
“Ma non avevi dimenticato Lucky,
Dave. Per questo resistevi alla dipendenza dalle pozioni, resistevi a Chip:
guardando me, vedevi Lucky, e capivi di essere stato una vittima, e non un
mostro.” Hrimhari si mise muso-a-naso con l’amico. “Torna alla luce, Dave. Tuo
padre non potrà più farti del male, te lo prometto. Io*urk!*”
Le mani del ragazzo erano
scattate con una velocità che aveva sorpreso lo stesso Hrimhari, che si trovò
nella salda presa di un folle.
“Bugie! Bugiebugiebugie!
Papà ha ragione: le bestie come te sono contronatura! Le bestie come
Dave sono contronatura! Non puoi ingannarmi, nonpuoi! Io...Io...”
La verità era che, per quanta
forza potesse metterci Chip/Dave, questa era del tutto insufficiente a fare
seriamente del male al Principe-Lupo, a cui bastava serrare i polsi nei punti
giusti per allentare la presa. Anzi, Hrimhari avrebbe potuto ben facilmente spezzare
quella presa in un momento...Ma sapeva anche che se avesse ceduto alla
violenza, avrebbe solo dato man forte al ‘lato oscuro’ di Dave.
All’inizio, Hrimhari non aveva
capito come mai Chip si stesse dimostrando così potente –non si era mai
mostrato così aggressivo...Ma, all’inizio, Hrimhari non aveva percepito l’estraneo
che alimentava la fiamma della follia, un’entità nascosta in quei pensieri
folli come un filo d’erba in un prato...
Ma, finalmente, l’entità aveva
commesso un errore! Si era mostrata! Sapeva di stare perdendo la
battaglia per l’anima della sua vittima, e stava ora tentando un ultimo,
disperato gesto!
E nel farlo, la sua natura impura
si stava scontrando con la purezza del lupo. Per questo Chip/Dave non riusciva
più a spiccicare parola.
Per questo, esitava! “Io...”
Hrimhari dovette esercitare una
forza minima, per togliersi quelle mani dalla gola...e prese il volto del
ragazzo fra le proprie. La sua voce era gentile. “Non vuoi uccidermi. Se lo
facessi, Chip avrebbe vinto per davvero; perché avresti perso l’ultima occasione
per perdonarti.”
“Io...” per un momento, il volto
di Chip/Dave fu quello per metà nero di Schizoid Man. Poi, fu quello
terrorizzato di Chip. Poi fu quello implorante di Dave... “Volevo bene a Lucky.
Era mio amico. Non...voglio...essere...solo...”
“Non lo sarai. Te lo giuro. Sul
mio onore...e sul mio cuore.”
Non lo si poté neppure definire
un bacio; fu solo un lieve, sfuggente, sfiorarsi delle labbra. Non c’era
passione, solo una comunione di sentimenti, un momento breve nel tempo ed
eterno nello spirito, un momento in cui il sole di amicizia ed amore brillò
come una nova.
Un sole
che consumò letteralmente il cancro mentale e spirituale di Dave Martin!
Con un urlo orrendo, il demone fu espulso dalla sua preda, riducendosi in un
momento a un pugno di scintille. Ed anche quelle, presto, svanirono, lasciandosi
dietro i due giovani abbracciati strettamente.
Stava seduto su un cumulo di
macerie, proprio sopra l’insegna di una lavanderia a gettoni, una versione in
gelo e fuoco del celebre Pensatore...
I ‘cadaveri’ sedevano ai suoi
fianchi come sinistri angeli custodi. “Pensare è ancora troppo difficile per
te, figlio!” disse il ‘padre’. “Siamo noi, a pensare per te! Tu devi
solo obbedire! Alzati e...”
“Stai zitto, papà.” Quasi un
sussurro, lo sguardo fisso da qualche parte non sul panorama morto, bensì
dentro di sé...
“Non osare parlare a tuo padre in
questo modo,” disse la ‘madre’. “Sei vivo solo perché lo devi a noi, e...”
“Ma stai zitta, mamma.” Stavolta,
a voce un po’ più alta.
Era vero, Terrance ‘Terry’
Sorenson era ossessionato dal suo senso di colpa per le tragedie che avevano
investito i suoi genitori. Era vero...Ma non del tutto.
Era anche vero che un’altra parte
di lui desiderava piantarla con questo senso di colpa del cazzo! Suo fratello
–o meglio, il figlio di primo letto di Amanda- Steel, lui sì che aveva imparato
ad affrontare la vita a suon di cazzotti! Legge, rispetto, ordine...tutto un
mucchio di balle, alla fine! Roba buona per i frignoni!
“Sì...Cari genitori,” si alzò in
piedi, sorridendo soddisfatto, “potete proprio andare dove dico io.” Ma già i
demoni stavano adattandosi alla nuova linea di pensiero, questa volta pronti a
sfruttare ogni*
Chiamatelo cliché, chiamatelo
sistema inflazionato...Ma finché funzionava, sarebbe stato applicato senza
fallo!
Equinox fu sorpreso di non
provare dolore. La lama di una katana gli usciva dal cuore, eppure non
scorreva un solo filo di sangue ! L’Uomo Termodinamico guardava l’oggetto con
uno stupore quasi comico, senza proferire parola...Fino a quando non urlò
orrendamente –o meglio, urlò il demone che lo possedeva, che esplose in vampate
direttamente attraverso gli occhi, la bocca e le orecchie di Terry!
Equinox perse conoscenza, tornò
ad essere un ragazzo di colore, e si accasciò all’indietro, direttamente fra le
braccia del Ninja Bianco.
L’enigmatico eroe si caricò il
compagno in spalla. Una vera seccatura, averci messo così tanto solo per
tessere una barriera mentale e spirituale fra sé ed i demoni...Ma era
anche vero che non era mai stato costretto ad operare in simili condizioni!
Il Ninja guardò verso il cielo,
questo incredibilmente sgombro di demoni; il disastro di Phoenix aveva avuto un
solo effetto collaterale ‘positivo’, se così si poteva dire...Poche prede umane
disponibili, pochi demoni in giro.
Il che
voleva altresì dire che i maledetti stavano concentrando le forze altrove!
Per
quanto tempo pensi di continuare così, figlio mio?
Griffin Gogol stava rannicchiato
in posizione fetale, una posizione alquanto difficile da prendere sul serio,
visto che insisteva a raffigurarsi con tutti gli abiti civili addosso, dalla
camicia a quadri ai pantaloni di velluto a coste, ad un paio di scarpe economiche.
Teneva lo sguardo puntato ovunque verso la volta stellata in cui era
immerso, ma non verso
la gigantesca figura umana,
avvolta da una bianca tonaca. Un uomo canuto, dai folti capelli bianchi come la
barba fluente, seduto su un elaborato trono fatto del più fine marmo,
tempestato di gioielli dalle forme più
originali, dai colori più brillanti che mente umana potesse immaginare...
“Io...” Griffin scosse
impercettibilmente la testa. “Io non avevo ancora capito...Tutto questo
potere...Non sono degno...Non voglio morire...”
La figura del Padrone del Sole
sorrise. Il timore, quello posso
capirlo, figlio...Ma la presunzione, anche se si tratta pur sempre di un tratto
così comune a tutta la tua specie, no. Credi forse di essere più saggio di me?
Al mio posto, avresti saputo scegliere meglio?
“...”
Certo
che no...Griffin, neppure il più grande dei Re può conoscere una minima
frazione della mia volontà. Io ti ho designato quale difensore del tuo fertile
mondo, paladino della mia creazione. Ti ho lasciato il tempo di riflettere...ma
ora credo che tu debba affrontare le conseguenze della tua paura.
Un semplice atto di volontà, e i
pensieri di Griffin furono letteralmente investiti dalle immagini di
quanto stava accadendo a Phoenix in quel momento! Una parte di lui avrebbe
voluto chiudersi ancora di più, rifiutare di farsi coinvolgere dall’orrore del
nuovo Inferno scatenato sulla Terra. L’altra... “E’ colpa mia?” di
riflesso, l’uomo abbandonò la sua posizione fetale, ergendosi in piedi davanti
all’Essere Supremo. Lo choc sul volto era mescolato ad un’angoscia terribile.
“Sono stato io la causa di..?”
Il Padrone del Sole scosse la
testa. No, figlio. Una donna
malvagia, con l’aiuto di altre terribili creature, ha abbattuto le barriere fra
la realtà ed il Limbo. La situazione è disperata; in tutto il mondo, ogni
super-essere è impegnato fino allo stremo, ricorrendo a forze che neppure
sospettava di possedere. Puoi essere da meno, Campione, quando così tante vite
innocenti dipendono da te? Quasi tutti i tuoi compagni sono salvi dai nefasti
effetti del mal d’Inferno...Ma se Mazinger Alfa non sarà esorcizzato, le
conseguenze saranno inimmaginabili.
Credi che la tua vita possa avere più
valore? Rispetterò la decisione della tua risposta, perché il libero arbitrio
vi è stato dato perché poteste usarlo. Ma voglio che sia una risposta
ragionata, sincera.
Sullo schermo, Mazinger Alfa
ruggì. Spiegò un paio di ali simili a quelle di un pipistrello, e decollò,
trascinandosi via incurante quello che restava della tendopoli.
“Direzione confermata,” disse la
voce femminile, impersonale di Madre, il computer di bordo, anticipando
la domanda di Giapeto. “Mazinger Alfa raggiungerà Thunder Mountain entro
3.4 minuti.”
Il Direttore delle FSDN serrò i
denti –che gli piacesse o no, a quel punto non aveva altra scelta! “Signor
Yang, attivare le batterie principali. Faccia fuoco su Mazinger.”
“Signore...”
“Adesso, signor Yang.” Il tono
era di quello che non ammetteva repliche, ed il giovane Coreano digitò la
sequenza di comandi, preoccupato più di avere discusso un ordine preciso che di
stare per colpire una macchina insostituibile nella difesa del mondo...
I portelli scorsero via,
rivelando le cinque torrette a triplo cannone rotante sul ventre della
fortezza. Subito esse fecero fuoco all’unisono –una potenza di fuoco
sufficiente a demolire una corazzata...
...Potenza, naturalmente, del
tutto inutile contro la Starlega che rendeva impervia la corazza di
Mazinger. Potenza, tuttavia, sufficiente a distrarre la macchina
posseduta, che voltò la testa con un verso seccato, prima di cambiare la sua
rotta.
Allontanarsi era fuori questione:
anche se la potenza della barriera cinetica doveva essere parzialmente
sacrificata all’alto consumo dei sigilli mistici, la ritirata poteva spingere
Robert a sfruttare le armi del Mazinger per arrivare alla preda...Con un
po’ di fortuna, invece, avrebbe ancora una volta cercato di abbattere l’SG-1000
con la forza bruta.
E se nel frattempo non fosse
arrivato un miracolo, si sarebbe fatto ricorso all’unica arma capace di
distruggere la Starlega: un’esplosione termonucleare a distanza
ravvicinata!
Più vicino. Mazinger non dava
segno di fare altro che volere giocare al kamikaze...
CONTATTO!
In sala comando tutti chiusero
gli occhi, istintivamente...ma per la ragione sbagliata! Infatti, quando li
riaprirono, un attimo dopo, videro che la luce che per un attimo aveva riempito
il maxischermo non era stata causata dal cedimento della barriera...
Bensì dall’impatto fra Mazinger
ed un gigantesco Capitan Ultra. L’eroe brillava del proprio potere come
una torcia vivente, irresistibile forza della natura. Il super-robot fu
travolto come un pupazzo.
“Ti devo chiedere scusa, amico mio,” disse Ultra. “Ma credo che, date le circostanze, saprai perdonarmela,
vero?" E detto ciò, concentrò quel potere nel suo raggio
Ultra.
Un potere che, sufficiente o no a
demolire la quasi invincibile Starlega, fu decisamente efficace nell’opera di
esorcismo! Il Mazinger sembrò volere esplodere nel suo assordante
dolore...Ma quello che morì fu il demone, che lo abbandonò come l’ormai inutile
pelle di un serpente. Il nero della corazza scomparve, lasciando posto al
familiare grigio, la bocca e gli occhi tornarono quelli di sempre.
I sistemi automatici avevano
ripreso il comando, tenendo il robot in volo. Robert, per conto suo, aveva
voglia di vomitare –e non tanto per l’esaurimento fisico, no...
Era la sua mente: il giovane
pilota ricordava tutto. Sapeva perfettamente quello che aveva fatto in
preda alla sua furia, ed ora che poteva comprenderlo lucidamente...
“Robert, rapporto. Rispondi,
Robert. Come...”
“L’ho
sentita la prima volta, Professore,” disse lui ricomponendosi. “L’ho
sentita...e mi scusi se non faccio salti di gioia, adesso.” La sua voce si
induriva per gradi, ma questa volta era lucida. “So anche cosa devo fare,
signore. Non ci metterò molto! Maziin-GO!” E
partì verso il suo obiettivo, seguito ad altrettanta velocità da Ultra...
Thunder Mountain, Quartier
Generale pro tempore del SuperComando Integrato delle neocostituite Forze Integrate di Risposta e Gestione Catastrofi
Un QG sotto assedio degli stessi
uomini e donne che avrebbero dovuto difenderlo dagli attacchi esterni. Guidati
dai demoni, i membri della Guardia Nazionale, che erano rimasti all’aperto nel
momento dell’invasione, stavano facendo del loro peggio per demolire le grandi
porte d’acciaio che proteggevano l’ingresso al complesso militare.
“Crede che ci metteranno molto,
Generale?”
Il Generale di Divisione Trey
Anderson non poteva non ammirare il sangue freddo dell’ex-Governatrice, Janet
Dee Hull, la ‘nonnina tonante’. Sapeva che era ormai allo stremo lei
stessa, come chiunque nella base. Quale che fosse stato il miracolo che aveva
protetto la base dall’essere invasa da quelle forze sovrannaturali[iii],
evidentemente non impediva agli esseri umani di tentare al posto dei demoni...
“Resisteremo fino a quando non si esauriranno le scorte di viveri e di acqua,
signora Governatrice.” Al diavolo le elezioni! Per lui, quella donna sarebbe
rimasta il simbolo dell’Arizona che combatteva, non una mezza mangiaspaghetti
dell’ultima ora! “Quelle porte possono resistere a ben altro che una folla
impazzita, per quanto armata. Sono più preoccupato per i poveretti che vengono
calpestati vivi...Uh?”
I sistemi di comunicazione con
l’esterno erano impazziti, inutili. Solo le telecamere a circuito interno
funzionavano, ed esse mostrarono chiaramente l’improvviso ribaltamento
della situazione: raffiche di ampi fasci di energia colpirono dall’alto la
folla impazzita, scacciando come un’onda di acquasanta i demoni dai loro corpi!
L’intera operazione, la purifica di duecento individui, non richiese che poco
più di un minuto!
Una fluttuante immagine della
testa di Capitan Ultra apparve sopra il tavolo, facendo sobbalzare i presenti.
“Scusate se non mi trattengo, signori, ma ho una centrale nucleare di
cui occuparmi. Al resto dei demoni ci penserà il mio collega.
Ci fu più
di uno scambio di occhiate fra i sei convenuti...ma nessuno osò parlare –tanto,
che altro potevano fare se non pregare?
“Robert, Madre ha stabilito che i
demoni si comportano come un’entità collettiva. Se riesci ad attirare la
loro attenzione, ecco cosa faremo...” e Giapeto spiegò il piano.
Robert annuì, il suo volto una
maschera di determinazione –avrebbe fatto i conti con la sua coscienza in
seguito, ora contava solo la vittoria! “Professore, lei si tenga pronto. Grande
Tifone!”
Mazinger Alfa era giunto sulla
verticale di Thunder Mountain. Dalla grata della sua bocca fu sparata una
raffica di vento saturo di particelle taglienti.
I demoni furono investiti senza
scampo. Quelli che resistettero al vento furono annientati da quelle
particelle. Si dissolsero come neve al sole.
Mazinger si fermò sopra di loro.
“Allora, cocchi? Non ce la fate contro uno solo?” fece ‘vieni-vieni’ con
l’indice. “Coraggio, son qua!”
I demoni risposero: urlando in
una cacofonia ultraterrena, si gettarono come uno solo contro la preda.
“Bravi fessi...Breast Burner!” E dalle piastre a ‘V’ tronca sul petto partì una raffica laser ad ampio
raggio! Migliaia di demoni furono consumati all’istante...ma ancora non bastava
–era come cercare di bruciare uno sciame di locuste con un cerino!
Ma non importava. Mazinger partì, seguito
dallo sciame.
Giapeto non poté non essere impressionato: le cose erano veloci!
Riuscivano a tenersi a brevissima distanza dal super robot!
“Uhm, Professore..?” fece Robert, con giustificata preoccupazione.
Giapeto annuì. “Fuoco.”
Dall’Sg-1000 partì una salva di una decina di
missili. Dopo un volo in formazione ampia di circa 1 minuto, gli ordigni esplosero...rilasciando
complessivamente una nuvola di microsfere fluttuanti, ognuna non più grande di
un pugno, tutte tenute sospese da dispositivi repulsori.
Robert non osava ancora tirare un sospiro di sollievo. Anzi, per la
tensione quasi si stava mordendo il labbro inferiore a sangue. “Ora o mai più,
immagino...Andiamo, Mazinger!”
La mano destra digitò un comando sul touchpad.
Il robot rispose passando di colpo alla massima velocità! Colti di
sorpresa, i demoni furono lasciati indietro.
Mazinger si infilò in un passaggio nella nuvola. “Doppio Fulmine!”
Il cielo rispose annuvolandosi. Un attimo dopo, dalle nuvole scoccarono
impressionanti catene di saette,
che si diressero all’unisono contro il paio superiore delle corna di
Mazinger. Il robot ebbe appena lasciato la nuvola artificiale. Levò il braccio
verso di essa, e “Missile Laser!” l’energia passò dalle corna all’indice teso,
e da lì, verso la nuvola artificiale, nella quale i demoni erano appena
arrivati en masse.
Alcune mine furono colpite, ed esplosero all’istante con una forza
impressionante data la loro piccola massa! In una reazione a catena, esplosero
velocemente,
una dopo l’altra,
fino a che l’intera nuvola divenne una sfera
di fuoco!
Passarono due, interminabili, minuti, prima della conferma...
“Scanalisi confermata: lo stormo delle creature extradimensionali è stato
annientato.”
Alle parole di Madre, la sala comando esplose in un urlo collettivo di
gioia! Poco ci mancava che volassero i coriandoli.
Giapeto non ebbe voglia di raffreddare gli umori proprio adesso –che si
sfogassero pure...per qualche minuto. Del resto, il collaudo del sistema
anti-sciame aveva funzionato alla perfezione. E questi demoni inferiori non
sembravano essere tipi capaci di imparare dai propri errori...
No, erano i suoi Campioni a preoccuparlo per davvero! In particolar modo
Robert –quel trauma doveva essere affrontato al più presto, prima che mettesse
radici ben più pericolose della possessione...
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