CAMPIONI

#13 - DIES IRÆ (I Parte)

 
 Storia: Valerio Pastore
 Supervisione: Tobia Brunello
 Cover artist:

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 Colori copertina:

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 Impaginazione: F. Graziano e F. Strozzi
 Editor-In-Chief: Carlo Monni

 Inferno2 creato da Fabio Volino

  
 

 

 

MARVELIT - https://www.comicus.it/marvelit

 
 
 

PROLOGO: Centro Comando Aviotrasportato delle FSDN dello Zilnawa StarGlider-1000

 

“Hmm…questo sì che è interessante.”

A parlare, era stata una creatura il cui aspetto era decisamente il migliore candidato al termine di ‘interessante’, piuttosto che il suo paziente.

Si trattava di una femmina, che di umano aveva la morfologia e le proporzioni –tutt’altro che irrilevanti. Per il resto, dai lunghi ciuffi di pelliccia candida che spuntavano dalle maniche dell’uniforme immacolata con una stella rossa sul petto, alla folta coda rossiccia e curvata, alla postura digitigrada su zampe coperte da stivaletti che lasciavano scoperte le punte artigliate, al delicato muso affilato, la femmina era un perfetto esempio di Collie.

“Interessante in che senso, Dottoressa Carmidia?”

Senza scomporsi un pelo della flemma, l’antropomorfo animale si voltò verso il suo superiore, Simone Giapeto. “Professore, la mente del paziente è perfettamente attiva su tutti i livelli. Fisicamente, il suo corpo è in forma perfetta. Il problema è che non ne vuole sapere di uscire dal suo stupore. Ha paura.”

Giapeto fissò il paziente, cioè Capitan Ultra, teamleader dei Campioni dello Zilnawa. L’eroe, nel suo costume multicolorato, era immerso in una vasca di duroglass, riempita di liquidi nutrienti/medicanti e naniti che permettevano la respirazione senza maschera. Altri naniti disciolti nel liquido registravano e trasmettevano ogni più piccola variazione metabolica nell’eroe.

Giapeto scosse la testa. Lo sapeva, che le informazioni su questi super-esseri imposti da Alexander Thran erano ancora incomplete! Ed il momento di questo collasso non poteva essere peggiore!

Il comandante della fortezza si torturò il mento con due dita, rimuginando sulle opzioni, potendo solo considerarne una: aspettare. Senza Ultra, recuperare le quattro bombe nucleari che minacciavano l’intera area di Phoenix –o, meglio, quello che ne rimaneva, era impossibile. C’erano troppe macerie, da rimuovere… “Dottoressa, faccia tutto quello che deve per scuoterlo, a costo di impiantargli naniti nel cervello e farlo diventare una marionetta.”

Decisione difficile, ma indispensabile: lo Zilnawa aveva bisogno di una buona pubblicità, per tranquillizzare l’opinione pubblica sull’idea di una base capace di fregarsene elegantemente dei confini nazionali…Senza contare che quegli ordigni potevano tornare molto utili

Con tali, ed altri, pensieri per la testa, Giapeto uscì dalla stanza. Dietro di lui, il medico-cane scomparve in uno scintillio.

 

 

DIES IRÆ (I Parte)

[un Inferno2 tie-in]

 

 

Giapeto entrò in una cabina –praticamente, una specie di vagone mobile pneumatico. La partenza fu veloce, gli scossoni smorzati dagli assorbitori inerziali.

Uno di quegli altri pensieri riguardava lo stato del gruppo.

Un membro in particolare: Robert Takiguchi. Il GPS teneva sotto controllo il suo ‘mezzo’, il super.robot Mazinger Alfa, ma quanto al pilota, se ne era allontanato senza alcuna spiegazione. I contatti si erano interrotti con la malaugurata rinascita dell’Uomo dei Miracoli, e nel periodo che ci era voluto per sconfiggere il nuovo possessore della Darksoul, poteva essere successo di tutto![i]

La porta della cabina si aprì, pochi istanti dopo, sulla sala-comando. Almeno, c’era di buono che, per ora, il redivivo William Taurey era fuori gioco. Il suo potere destabilizzava ogni materiale fissile nel mondo, e il black-out con Mazinger ne era stata la conseguenza.

“Rapporto danni, signori,” disse, mettendosi seduto sulla poltrona sopraelevata al centro della sala. Subito iniziarono ad alternarsi le voci da ogni tecnico presente, in una cacofonia ordinata. Avrebbe potuto facilmente essere aggiornato in un attimo dal computer, ma era più importante mantenere un’interfaccia personale con l’equipaggio, che non doveva mai sentirsi ‘alienato’ dai superiori o spersonalizzato.

Completato il rapporto, Giapeto contattò il resto del gruppo. Almeno, potevano rendersi utili sorvegliando il sito delle bombe.

Sul monitor grande, che mostrava una panoramica delle rovine di Phoenix, si aprì una finestra occupata dal volto fiammeggiante di Equinox, l’Uomo Termodinamico. “Come sta Cap, Professore?”

Giapeto riassunse la situazione. “In sintesi, signori, è inutile tentare di recuperare le bombe con altri mezzi che voi. Potremmo usare gli LMD[ii], ma il software Seldon indica un eccesso di negatività da parte dei media. Siamo costretti a mostrare vulnerabilità. Avete notizie da Hrimhari?”

Il metaumano scosse la testa.

Giapeto bestemmiò in un dialetto norditaliano a fil di voce, ma lì non si poteva fare proprio un bel niente –non fino a quando Fenris non avesse deciso di restituirlo sano e salvo. Forse.

Alla fine, che gli piacesse o no, l’unica era mandare i tre Campioni alla ricerca di Robert. Anche se letteralmente nessun altro poteva pilotare Mazinger, perdere altro tempo era un’opzione inaccettabile. Giapeto fu sul punto di trasmettere l’ordine...quando, ancora una volta, il mondo impazzì.

O, meglio, per primo suonò l’allarme generale. Giapeto, come ogni singolo membro dell’equipaggio, ebbe appena il tempo di chiedersi cosa avesse potuto spingere il computer di bordo ad attivarlo, quando dalla sala di comando, e da ogni possibile finestrino e monitor, la risposta fu orrendamente chiara.

“Signore Iddio...” Giapeto quasi si fece il segno della croce. L’allarme divenne il solo suono risuonante nella sala-comando.

Era come un’onda nera, sul maxischermo. Nasceva da un punto di fronte al Sole, dando l’impressione che fosse l’astro stesso a starsi spegnendo per un qualche cancro cosmico.

Prima ancora che i sistemi automatici zumassero sul fenomeno, giunsero i suoni. Un coro di risate, decine, centinaia, migliaia di voci su tutto lo spettro dell’atroce, voci dannate e felici di esserlo, di anime malate pronte a contaminare qualunque cosa sulla loro strada.

Un attimo dopo giunse l’ingrandimento.

Erano demoni. Un numero incalcolabile di mostri venuti dai più profondi abissi del male. Un’orda tanto fitta da sembrare liquida. E orribilmente veloce.

Un orrore ipnotico nella sua vastità. Giapeto dovette farsi forza, per scuotersi, e quando l’ebbe fatto, attivò il comunicatore esterno. “Campioni! Ritirata, ritirata! Rientrate alla base adesso! Non potete combatterli!” Poi, alla consolle, “Madre, raggio trattore, adesso!”

 

T: -0h, 20m, 51s – Il Deserto ad est di Phoenix

 

“Mettiamola così, amico, chiunque tu sia: o puoi fare qualcosa, o non la puoi fare. E non ho proprio intenzione di aspettare di perdere la mano.”

Dentro la cabina del Mazinger, Robert Takiguchi serrò i denti in frustrazione. Le aveva tentate tutte, ma il robot era praticamente morto: non appena la pila nucleare che lo alimentava aveva dato fuori di matto, il sistema era andato in shutdown per evitare danni ai suoi delicati componenti. Inoltre, quella specie di ‘cortocircuito’ aveva causato un ben doloroso feedback ai danni del collegamento mentale fra il pilota ed il robot. Col risultato che, anche diversi minuti dopo, Robert si sentiva come se il cervello gli fosse appena uscito da un frullatore.

Almeno, attraverso la calotta di vetro unidirezionale, il criminale di nome Jeb non poteva vederlo. Robert poteva permettersi di aspettare ancora qualche minuto, nell’attesa di riprendersi...

Pio desiderio! Uno dei fedeli di Jeb, leader della banda delle Blood Wheels, trascinò una ragazza accanto all’uomo in bandana rossa da pirata e bomber chiodato. La ragazza, una mezzosangue indiana dai lunghi capelli corvini, era saldamente legata ai polsi ed alle caviglie, e la sua passività era solo dovuta all’avere compreso che sprecare forze a dimenarsi era pressoché inutile.

Fulmineo come un serpente, Jeb posò una lama paurosa sulla gola di lei. Sorrideva con la sicurezza di chi non stava bluffando. “Hai 10 secondi per uscire da quel bambolotto gigante, poi lei avrà una nuova bocca per respirare. Uno...due...tre..."

E che altro poteva fare, il pilota? Tirò una maniglia posta sul bracciolo, ed attivò l’apertura idraulica manuale. Con un sibilo, la calotta si aprì. Jeb era arrivato al ‘nove’ proprio in quel momento.

Robert uscì lentamente, le mani alte, ed in tale posizione, saltò giù. Subito una delle ‘Ruote’ si avvicinò abbastanza da prendergli le pistole dalle fondine.

Jeb era sinceramente sorpreso. “Un moccioso? Cazzo, sembri abbastanza piccolo da andare avanti a latte e biscotti di mamma. E Giapponese, per giunta...” Scosse la testa. “Obbe’, tanto da te mi basteranno le istruzioni per pilotare...”

“Il software di guida,” lo interruppe pacatamente Robert, “è un sistema multistrato. Deve riconoscere contemporaneamente la mia voce, i miei parametri fisici, il mio DNA, ed i miei tracciati mentali. Altrimenti, Mazinger resta come lo vedi.”

Jeb fece una mezza smorfia, poi fece un cenno al suo sottoposto. Il giovane barbuto fece vacillare Robert con un nerboruto manrovescio.

Mentre il giovane inghiottiva il proprio sangue, Jeb, con gelida rabbia, disse, “Quando Jeb dice ‘abbaia’, tu abbai, cane mangiariso. Quando Jeb dice ‘taci’, tu stai zitto e scodinzoli. E Jeb ti dice di tacere, chiaro? Ve ne devo una bella grossa, da quando voi giallini mi avete fatto fuori i nonni durante la Guerra. E non pensare che ti creda, sul tuo software-torta. O mi insegnerai a pilotarlo, o aprirò la tua amichetta apache come un quarto di bue. Chiaro?”

Robert annuì. Che lo stronzo la lasciasse incustodita solo per un minuto..!

Durante quel ‘colloquio’, il resto della banda, cioè quelli che erano sopravvissuti all’attacco del Light Falcon[iii], radunò i pochi mezzi rimasti. A quelli che non avevano un mezzo, Jeb diede ordine di prendersi tutte le armi disponibili, e fece distribuire cibo ed acqua. “Voi restate qui. Neppure un cane deve avvicinarsi a pisciare su quel Mazincoso, chiaro? Noi ritorneremo presto con il rinforzino.”

Robert fu ammanettato polsi e caviglie, e portato su una jeep separata da quella dove stava Lila Ironhoof. Per conto suo, la ragazza non ci stava capendo nulla, salvo che avrebbe dato l’anima al Diavolo in persona, pur di potere tornare indietro nel tempo, per essere rimasta a casa, invece di andarsene ad una festa con gli amici per l’ennesima volta...Chissà cosa stava facendo lui, in quel momento[iv]...

La carovana si avviò. Jeb, seduto al volante, una pistola di Robert puntata su Lila al suo fianco, dalla radio disse al pilota, “Nel caso fossi curioso, mangiariso, ci stiamo dirigendo ad un vecchio bunker della Guardia Nazionale che i buromani di Washington si sono dimenticati di possedere. Me ne ha parlato, e con dovizia di dettaglia, un collega carcerato, un G.I. che aveva il solo vizio di spassarsela troppo con le signorine facili.

“In quel posto, troveremo tutto quello che ci serve per passare il tempo in allegria, mentre tu mi dirai tutto quello che c’è da sapere, e senza ficcanaso ad interromperci...anche se credo passerà un bel po’ di tempo, prima che la legge possa riorganizzarsi decentemente.”

Robert teneva lo sguardo sulla strada. Era impassibile, un filo di sangue incrostato gli decorava un lato del mento, ma aveva voglia di sorridere...

Adesso, doveva solo prepararsi. Iniziò a concentrarsi.

 

T: -0h, 5m, 12s

 

Il panorama non dava la minima impressione di una presenza di strutture costruite dall’uomo. Non c’era un sentiero visibile, niente di niente. E il Sole sembrava più caldo del solito...

L’aria era come elettrica. Tutti, Robert compreso, si sentivano più tesi del normale, come se l’aria fosse stata satura di ‘cattive vibrazioni’...

Robert era pronto, almeno. Una scossetta elettrica dalla ricetrasmittente nel casco gli aveva da poco segnalato che Mazinger era di nuovo operativo. C’era solo da sperare che la burocrazia militare avesse deciso di dare torto alle rosee previsioni del capo delle Blood Wheels, o era finita. Jeb poteva parlare ed agire come un figlio di troia, ma non era uno stupido, non avrebbe abbassato la guardia...

Nel rumore dei vari motori di due e quattro ruote, il suono non fu neppure percepito, all’inizio. E quando, finalmente, le ‘Ruote’ in testa se ne accorsero,

era già troppo tardi: come un angelo vendicativo, un elicottero da guerra, armato di tutto punto, era su di loro!

Robert agì: tese i muscoli, e spezzò le manette –una particolare tecnica meditativa gli permetteva di aumentare il livello di adrenalina a livelli di solito riscontrati nei famigerati Berserker nel pieno della loro follia. In quello stato, Robert poteva combattere, per un breve periodo, con la forza, la precisione e l’agilità di un superuomo. Si trattava solo di sapere usare al meglio quel tempo.

E lui lo fece. Spezzate le manette, si voltò a spezzare il collo del suo custode con un solo pugno! Afferrò il volante, e girò la jeep direttamente contro quella di Jeb, che ancora non sapeva a quale minaccia dedicarsi per primo...E quando lo capì, i due veicoli si erano già scontrati!

Robert non attese che il testacoda finisse. Lasciò il volante, e con un salto fu sul cruscotto dell’altra jeep. Istintivamente, Jeb sparò, ma colpì solo l’aria vuota. Un secondo dopo, si ritrovò un piede stampato in faccia!

Robert si sedette sull’inerte Jeb, afferrò il volante e frenò a tavoletta. “A proposito, signorina: il signor Luigi Candelieri sta bene. È stato lui, a mandarmi sulle sue tracce.”

A quelle parole, lei quasi svenne dalla gioia, dimenticandosi persino di essere ancora ammanettata. “Io...grazie, signor...” Certo che Jeb aveva ragione, quel ragazzino avrebbe potuto essere un suo fratellino, anche se per come parlava ed agiva –senza contare un fisico ben più sviluppato di quello di un coetaneo- poteva essere scambiato per un maggiorenne, a prima vista. “Ma...Mio padre? Non sa niente di lui? Sta bene..?”

Robert scosse la testa. “Non ho ancora avuto modo di controllare. Ma ci vorrà poco, glielo posso promettere.”

Dietro di loro, la banda si era nuovamente sfaldata. L’elicottero stava atterrando davanti a Robert in un accecante turbinio di polvere.

Jeb era stato stupido, almeno in quell’occasione: con la distruzione di Phoenix, e l’imposizione della legge marziale, non c’era neppure da scommettere, che i militari avrebbero rispolverato ogni singola struttura, anche quelle risalenti alla Guerra Civile!

Armi in pugno, cinque soldati scesero dall’elicottero. Robert scese dalla jeep. Si sentiva a pezzi per lo sforzo sovrumano, ma non poteva permettersi di recuperare adesso. Urlando per farsi sentire sopra il rotore, si presentò e diede ad uno di loro, un sergente, la sua tessera di membro delle FSDN. Dato un rapido aggiornamento sulla situazione e sugli altri ‘gentiluomini’ in fuga, e mentre Lila veniva liberata, Robert disse, “Sergente, la ragazza deve essere riportata da suo padre. Contatterò la mia base per...” Non finì la frase.

Fu come se un banco di nuvole si fosse materializzato davanti al Sole, creando come un crepuscolo. Poi, un allarme risuonò nel casco!

Robert reagì voltandosi in direzione della ‘nuvola’; abbassò gli occhialini. Subito, ebbe una visione ingrandita di un particolare della nuvola...

Fece scattare la mascella quasi automaticamente, attivando il richiamo per il Mazinger. Pregò solo che il robot facesse prima di quell’orrore composito, che si stava estendendo ad una velocità spaventosa! Mazinger, come ogni singolo pezzo di hardware di proprietà dello Zilnawa, era protetto da dispositivi Mys-Tech. Una volta nel robot, Robert non avrebbe corso alcun rischio contro quelle creature maligne...

Perso nei suoi pensieri, Robert non si accorse dell’improvviso cambio di espressione di Lila.

 

La ragazza, improvvisamente, sorrideva. Sorrideva perché, come un raggio di sole, nei suoi pensieri cupi si era fatta largo una singolare certezza –che non doveva assolutamente continuare a preoccuparsi per il suo caro paparino, se questi fosse morto. Giusto? Certo, lei era una cattiva ragazza...ma le cattive ragazze andavano dappertutto, lo sapevano tutti..! E una volta liberatasi di suo padre, a chi altri avrebbe dovuto rendere conto se non a sé stessa?

 

Mazinger stava arrivando. Robert tirò un sospiro di sollievo...e perché, poi?

A pensarci bene, in fondo, per cosa stava rischiando la vita, combattendo come un pazzo minacce a destra e a manca, quando aveva bene il diritto di vivere una vita felice e spensierata come i suoi coetanei? Non aveva già sudato abbastanza, per salvare quello stupido lucertolone di Godzilla? Chi cazzo glielo faceva fare, di farsi trattare come una specie di marionetta?

Il super-robot atterrò in una fiammata dei jet podali. Il suolo tremò per l’impatto.

Robert guardò la sua macchina. Anche lui sorrideva, adesso. Era finalmente giunto il momento di farla pagare alla grande, ai bastardi che non sapevano fare che sfruttarlo in nome di un’utopia risibile.

Poi, avrebbe fatto sapere al mondo intero chi era Robert Takiguchi!

Un raggio trattore dalla cabina di pilotaggio lo avvolse, trascinandolo verso l’alto.

Quando fu dentro, Robert attivò il link mentale...Trasmettendo al robot la propria contaminazione spirituale.

In risposta, la macchina divenne di colpo nera, di un nero lucido ed abbagliante come ossidiana. Con un orrendo suono liquido, la griglia della bocca si aprì longitudinalmente, il metallo comportarsi come mercurio,

fino a quando non fu rivelata una ghignante bocca zannuta.

Negli occhi comparvero due pupille a fessura, mentre questi si deformavano in un’espressione crudele come il ghigno.

Mazinger Alfa si batté il petto, e ruggì la sua rinascita demoniaca!

 

Phoenix

 

L’allarme arrivò tempestivo...Ma non abbastanza veloce.

Nello stesso momento in cui Simone Giapeto si rivolse ai Campioni a terra, era già troppo tardi.

Schizoid Man non udì il suo superiore. Avvertì solo l’improvvisa fitta all’addome, come una pugnalata di ghiaccio, un male che si diffuse in lui alla velocità del pensiero.

Il mutante cadde in ginocchio, la sua voce carica di un familiare tono piagnucoloso. “Oddio...Oddio...Cosa è successo...Cosa ci faccio qui..?” Poi, la personalità di Chip Martin fu, per un momento, nuovamente sommersa da quella di Dave Martin, il cui tono era amaro, deciso, l’esatto opposto. “Ma stai zitto, essere inutile! Non ti ci provare nemmeno, a...” un attimo, appunto, passato il quale Dave urlò!

Schizoid Man cadde disteso, in preda ad una crisi epilettica. E quando fu passata, al posto di un uomo il cui corpo era diviso per la lunghezza in due colori, c’era ora un individuo in abiti civili, laceri, i capelli castani arruffati.

C’era solo Chip Martin. “Mamma..? Papà..?” gli era già capitato, altre volte, di trovarsi da qualche parte senza sapere minimamente cosa avesse fatto l’’Altro’. La vista degli orrori nel cielo, le rovine della città, l’astronave nera sopra di lui...Doveva essere un incubo, sì, senza dubbio era così.

Alzarsi, correre via a gambe levate, per quanto malferme, gli venne semplicemente istintivo.

 

Equinox vide il suo teammate fuggire, ma la cosa non poteva interessargli di meno.

Perché la sua mente era interamente occupata da ben altri pensieri. O meglio, da un solo pensiero.

Un pensiero che aveva una forma precisa, davanti ai suoi increduli occhi.

La forma dei suoi genitori!

O meglio, due orrendi simulacri, come il giovane Terrance Sorenson li ricordava nei suoi momenti più cupi.

“Una delusione dopo l’altra...L’ho sempre detto, che non hai alcun valore, figlio.” Suo padre era una mostruosità scarnificata e bruciata dal fuoco. Il volto bruciato mostrava i denti scoperti, bianchissimi, e due bulbi oculari assurdamente integri e carichi di odio, nonostante non ci fossero più muscoli facciali a dare un contorno a quell’espressione. Il cadavere levò un dito accusatore scarnificato, brandelli di pelle pendenti intorno alle falangi. “Se non fosse stato per te, avrei potuto portare avanti le mie ricerche, scalare il successo che mi spettava! Guardati, adesso, sei solo un mostro! Inutile! Un giocattolo da usare a convenienza degli altri, una cavia malriuscita!”

Equinox cadde in ginocchio, il corpo un alternarsi impazzito di ghiaccio e plasma infuocato. Scuoteva la testa, guardando implorante verso la madre. “Io...”

Non l’aveva vista morire, ma quando le avevano detto di cosa era morta, Terrance non aveva avuto difficoltà ad immaginarlo. Con la mente, aveva visto cosa il cancro da radiazioni le aveva fatto, il suo corpo rinsecchirsi, disseccarsi dall’interno, mentre i capelli cadevano a ciocche, ed il sangue le usciva da ogni orifizio. Aveva desiderato di diventare cieco lui stesso, gli occhi velati dalla cataratta, la mente vacillante e delirante –un corpo tenuto vivo da una crudeltà mascherata da pietà Ippocratica...

Il cadavere di Amanda Sorenson, così gracile che un soffio di vento avrebbe potuto fare volare via, si chinò ad accarezzare la testa del figlio. Parlò con una voce, per contro, identica a quella di un’Amanda in piena salute. “Tu non sei inutile, figlio mio...Ma resti un incidente di percorso. Se mi avessi dato retta, quando ti dissi di non gettarti nel fuoco a salvare tuo padre, ora saremmo vivi, io e te. Sono così infelice, al pensiero di avere sprecato la mia vita per una cosa così inutile come la tua esistenza...Vuoi farmi felice, Terry? Vuoi restare con me, adesso? Per sempre?”

Singhiozzando, lui si rifugiò in quell’osceno abbraccio contro seni avvizziti e putrescenti. “Lo voglio, mamma. Lo voglio davvero...Ho tanta paura...Non voglio restare solo...”

Non vide i due cadaveri sorridere...

 

...Come non li videro i tecnici a bordo dell’SG-1000.

Per loro, per gli strumenti, Equinox stava semplicemente in ginocchio, ad abbracciare l’aria, parlando con i fantasmi della propria mente.

‘Non si tratta di una possessione karmica,’ disse, con perfetta modulazione umana, il computer centrale detto Madre. ‘In qualche modo, almeno nel caso specifico, l’effetto di alterazione della realtà influisce sui processi mentali, liberando le aree represse ed ostili del pensiero delle vittime.’

Inutile chiedere se l’equipaggio dell’SG fosse in pericolo –sarebbe già successo. “Madre, possiamo usare il raggio vettore su di loro? Teleportarli?”

‘Mi dispiace, ma è impossibile effettuare un puntamento. Gli scansori sono fortemente ostacolati dall’iper-attività karmica.’ A confermare le sue parole, la semplice interfaccia video del maxischermo era erratica, disturbata. A tutti gli effetti, la fortezza volante da miliardi di dollari era cieca.

Sorda e muta, almeno quello, no: i canali su frequenza subspaziale erano inintaccati dall’eccesso di magia. E, attraverso i canali dello Zilnawa, stavano ricevendo notizie molto sconfortanti.

Il fenomeno era, di fatto, esteso in tutto il mondo[v]! Orde di demoni e casi di follia di massa erano di colpo diventati all’ordine del giorno. Anche nello Zilnawa, coloro che erano stati colti di sorpresa, fuori dalle loro case, ora vagavano in preda ai propri demoni interiori...

Giapeto batté un pugno sul bracciolo –almeno sapessero cosa stava provocando quegli effetti! Per quanto ne sapeva, in quel momento, i capi delle potenze nucleari stavano decidendo di esorcizzare le loro paure con il fuoco delle bombe!

Bella fregatura, possedere un sistema di comunicazione così esclusivo, che solo 2 nazioni al mondo lo possedevano...E forse, era il caso di contattare l’altra, per stabilire una tregua e coll*

Di nuovo l’allarme! Il maxischermo stava già mostrandone la causa.

Fu di nuovo ammutolimento.

Perché il demoniaco Mazinger Alfa stava arrivando a tutta velocità verso di loro!

Madre valutò la situazione ed attivò la barriera. Ora, bastava solo che questa reggesse, mentre il Direttore delle FSDN pensasse ad un modo per impedire al robot posseduto di andare a finire il lavoro del terremoto!

 

NOTE

 
 
[i] Ep. #12/THOR #14
[ii] Life Model Decoy
[iii] Ep. #12
[iv] Sintonizzatevi allora su RANGERS #13, furbetti!
[v] Ovviamente, su INFERNO2
 
 

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