N° 43
(PARTE SESTA)
1.
Il suo cognome è Smithers. Non ricorda da quanto tempo risponde solo a
questo nome. Molti, ne è convinto, compresa la signorina Sharon, non ricordano
nemmeno quale sia il suo nome proprio, sua moglie deve essere l’ultima rimasta
ad usarlo.
Nemmeno
lui ricorda da quante generazioni la sua famiglia è al servizio della famiglia
Carter: da dopo la Guerra Civile o ancora da prima? Poco importa, perché i
Carter della Virginia sono ormai in decadenza. Della brillante famiglia che
tanto ha dato al servizio della Nazione ben poco rimane e con una donna come
unica erede sopravvissuta, presto anche quel nome onorato scomparirà.
Per lungo tempo i
corridoi e le stanze di Villa Carter sono rimasti vuoti e desolati, poi un
giorno la signorina Sharon si è presentata con una bella bambina, sua figlia, e
Smithers aveva subito pensato che la speranza non era morta: c’era di nuovo
vita a Villa Carter e lui farà del suo meglio perché non sia recisa anzitempo.
L’uomo dai capelli biondi
che sta tenendo d’occhio la piccola Shannon Carter mentre gioca nel salotto,
percepisce l’arrivo di Smithers e si volta di scatto impugnando una pistola.
-Volevo… volevo solo chiederle se gradiva del
the, Mr. Koenig.- si schermisce il maggiordomo.
-Preferirei qualcosa di più forte.- replica
Eric Koenig –Immagino che non abbiate della buona birra bavarese in casa…-
-Ahimè, temo di no. Abbiamo però dell’ottimo
whisky scozzese autentico della riserva del nonno della signorina Sharon.-
-Sarei tentato… ma è meglio rimandare a più
tardi, quando saremo sicuri che il pericolo è passato.-
-Lei crede davvero che il Teschio Rosso oserà
tornare in questa casa[1]
e per uccidere una bambina per giunta?-
-Assolutamente si. Uccidere una bambina non
gli provocherà la minima emozione e non avrà scrupoli a farlo, se è davvero il
suo obiettivo.-
All’improvviso,
si ode una musica all’interno della casa, una melodia cupa che Eric Koenig
riconosce immediatamente: la Marcia Funebre di Chopin.
-A quanto pare, è già qui…- borbotta -… e ci
tiene a farcelo sapere.-
Il
velivolo atterra dolcemente su una delle piste dell’aeroporto J.F.K. di New
York. Dal bordo pista si avvicina un gruppo di persone.
-Non mi piace.- è il commento di Citizen V,
seduta al posto del pilota –Troppa gente-
-Non avranno voluto correre rischi con i
prigionieri.- le rispondi tu –In fondo, in passato, hanno dimostrato di dover
essere presi con le molle.-
-.Tu sei troppo ingenuo.- ribatte Citizen V.
Tu
ti giri a guardare verso tuo padre, ma il dottor J. William Mace ti risponde
solo con un sorriso ed un’alzata di spalle.
Sei
il primo ad uscire e subito ti si avvicina un uomo di colore, prestante, in
completo grigio.
-È un piacere incontrarti, Capitan America.- ti
si rivolge tendendoti la mano, che tu stringi –Sono Derek Freeman, direttore
locale del F.B.S.A.[2]
Sono qui per prendere ufficialmente in consegna i prigionieri. È stata una
bella sorpresa quando ci ha avvertito. Avevamo appreso da poco della fuga dalla
Volta e del rapimento dell’Ambasciatore Mace. A proposito, come sta?-
-Dopo che avrò fatto una doccia starò
benissimo.- risponde Will Mace scendendo la scaletta subito dopo Citizen V ed i
due prigionieri: il misterioso uomo chiamato Mike Rogers e l’ambigua Baronessa
Zemo.
-Li porterete entrambi alla Volta?- chiedi.
-La Baronessa è attesa al Federal Building per
un interrogatorio col Procuratore.- risponde Freeman con una strana nota
d’imbarazzo nella voce. -Entro domani apparirà davanti al giudice per l’udienza
di prima comparizione. Quanto all’uomo…-
-Di quello ci occuperemo noi.- interviene un
uomo che fino ad allora si era tenuto in disparte, vestito di nero, capelli
rossi tagliati a spazzola, occhiali neri. Quando lo riconosci sai che le cose
stanno prendendo una brutta piega.
-Henry Peter Gyrich.- esclami –Credevo che
avessi smesso di essere la faccia oscura del Governo.-
-Faccio quello che devo fare, ragazzo…- ti
risponde Gyrich -… anche quando non mi piace. D’altra parte, al posto mio
potrebbero mettere qualcuno di peggio e ti farebbe ancora meno piacere. Mister
Rogers deve venire con noi. Ci sono di mezzo questioni di sicurezza nazionale.-
-Perché la cosa non mi sorprende?- interviene
tuo padre.
-Dove lo portate? Chiedi –Washington?-
-Spiacente, ma non sono autorizzato a dirlo.-
replica Gyrich.
-Così vanno le cose, ragazzo….- dice Mike
Rogers mentre lo spingono dentro un piccolo aereo parcheggiato non distante dal
vostro -… ma non temere, questa non è certo l’ultima volta che tu o… il dottor
Mace sentirete parlare di me, vogliamo scommettere?-
Non
fai in tempo a riponderagli, il portello dell’aereo si chiude e questo comincia
a decollare.
-Che sviluppo schifoso.- commenta Citizen V.
Tu
non dici niente, ma sei completamente d’accordo con lei.
Simultaneità;
due eventi avvengono nello stesso momento. Un proiettile viene sparato dalla
Makarov dell’Esecutrice e nello stesso momento, alle sue spalle una finestra si
infrange.
Un
uomo non può essere più veloce di un proiettile e tra i molti talenti di Jack
Monroe, un tempo noto come Bucky ed oggi come Nomad, non c’è la supervelocità.
Non può, quindi, impedire che l’uomo di nome Delorme sia centrato al cuore
dall’infallibile mira della donna che si fa chiamare Lupa Lupoff. Può, però,
saltare addosso alla donna prima che con un secondo colpo uccida uno
sconcertato Aleksandr Vassilievitch Lukin.
-Giù le armi, compagna.- le intima,
stringendole i polsi in una presa ferrea e costringendola a lasciar cadere la
sua pistola. -Non ucciderai più nessuno né stanotte né mai.-
-Idiota in costume, credi che basti disarmarmi
per rendermi inerme? Non mi conosci abbastanza, allora.-
Prima
di rendersi conto di com’è successo, Nomad si ritrova a volare sopra la testa
di Lupa e solo il suo addestramento gli consente di ammortizzare la caduta e
rialzarsi prontamente.
Nel
frattempo Lupa si è strappata la parte inferiore dell’abito da sera ed è corsa
verso la finestra.
Si
volta verso Lukin e gli dice:
-Addio Aleksandr Vassilievitch, è stato bello
finché è durato.-
E
salta nel vuoto.
-Quella donna…- interviene Lukin -… si è
suicidata?-
-Non sarebbe la prima volta per lei…-[3]
replica Nomad con una punta di sarcasmo -…ma stavolta ne dubito.-
Si
affaccia alla finestra e la vede emergere dalla piscina dell’hotel, zuppa ma
viva. Un tuffo praticamente impossibile e con bassissime, quasi inesistenti,
probabilità di uscirne vivi, ma lei ce l’ha fatta. A quanto pare, risorgere
dalla tomba non è il solo talento che ha sviluppato negli ultimi 50 e passa
anni.
-Ha ucciso il sottosegretario Delorme e stava
per uccidere me. Una killer professionista, non avrei mai pensato…- borbotta
Lukin, poi si rivolge a Nomad –Lei è americano, vero? Un supereroe?-
-Può chiamarmi Nomad, se vuole. Ora mi scusi,
ma ho ancora un’assassina da prendere.-
Detto
questo, Nomad salta, dimostrando che un tuffo impossibile può riuscire due
volte nella stessa nottata.
2.
Il
suo nome è Morgan, Paul Hadley Morgan ed è il Boss del Crimine di Harlem, un
ruolo che ha ereditato dal padre dopo la sua morte nel corso di una guerra tra
bande diversi anni fa.[4]
Vi
serve una sua descrizione? Provate ad immaginare una sorta di fusione tra Fred
Williamson,[5]
Billy Dee Williams[6]
e Samuel L. Jackson[7]
ed avrete un’idea abbastanza buona del suo aspetto. Più complessa da descrivere
è la sua personalità: Morgan si considera un uomo d’affari, apprezza i bei
vestiti, specie se di alta sartoria italiana e fatti su misura. Il cosiddetto
“stile Gangsta” lo lascia ai suoi sottoposti. Il suo regno può sembrare piccolo
se comparato alla sfera d’influenza del Maggia, ma entro i suoi confini ogni
attività criminale ricade sotto il suo controllo, anche se finora non è stato
possibile incriminarlo nemmeno per aver parcheggiato la sua costosissima auto
in divieto di sosta. Si vocifera che una volta abbia ucciso personalmente uno
dei suoi luogotenenti che aveva cercato di imbrogliarlo, massacrandolo con una
mazza da golf sotto gli occhi degli altri suoi sgherri per dare un esempio. La
storia, però, è così simile ad una che si racconta su Al Capone, da far venire
il sospetto che sia stata diffusa ad arte, magari da Morgan stesso.
Quale
che sia la verità, oggi Morgan è un uomo libero e si trova in un ristorante di
sua proprietà (sui cui introiti paga rigorosamente le tasse fino all’ultimo
centesimo, s‘intende), seduto al suo solito tavolo in compagnia di due belle
ragazze e delle sue guardie del corpo, quando l’entrata di una coppia attira la
sua attenzione. L’uomo sembra una versione giovanile di Morgan Freeman… o
almeno è quello che vorrebbe sembrare, pensa con un sogghigno, Morgan. Quanto
alla donna, sembra Angela Bassett con la pettinatura afro.
Con sorpresa dei
presenti, Morgan si alza e va a ricevere i nuovi arrivati.
-È un vero onore ricevere nel mio umile locale
nientemeno che il senatore Kamal Rakim e sua moglie.- dice tendendo loro la
mano.
Rakim
ignora ostentatamente la mano tesa
-Se mi fossi ricordato di chi era questo locale,
non ci sarei mai entrato.- replica con freddezza.
-Questo significa che lei e la sua gentile
signora non resterete a godervi la nostra cucina. Evidentemente non sono degno
di stare nello stesso posto dell’importante senatore che ha preferito rinnegare
il suo nome per prenderne uno arabo.-
-Io non ho rinnegato niente. Ho solo scelto un
nome che fosse mio e non il nome da schiavi imposto ai miei antenati.-
-Certo, come no.-
La
moglie lo prende per un braccio e Rakim, senza rispondere, comincia a voltarsi.
Quanto a Morgan sceglie di rivolgersi proprio a lei.
-Come stanno le gemelle, Leila?- le chiede.
Leila
Taylor lo fulmina con lo sguardo e si volta seguendo il marito.
-Non capisco capo…- gli chiede uno dei suoi
gorilla –Che è successo tra te ed il senatore?-
Morgan
ridacchia.
-Non hai bisogno di capire nulla.- risponde
–Ora andiamo: la pausa è finita ed ho diverse cose di cui occuparmi.-
Quando
tu e tuo padre scendete dal taxi che vi ha portato ino a casa tua, percepisci
subito che c’è qualcosa che non va. C’è un silenzio quasi irreale che ti mette
a disagio. Non è la stessa sensazione che provi quando c’è un pericolo
incombente, ma ci va molto vicina. Ti accorgi che la prova anche tuo padre.
-Qui è successo qualcosa.- commenta Will Mace.
Non avrà l’esperienza da supereroe di suo figlio, ma ha visto abbastanza zone
di guerra quando era nel servizio diplomatico da saper riconoscere l’atmosfera.
In questa casa è successo qualcosa di brutto. Il sospetto viene confermato quando
vedete la porta dell’appartamento di Anna Kapplebaum sigillata con il tipico
nastro giallo della Polizia.
-Scena del crimine?- esclami perplesso. -Ma
cosa…?-
Una
porta si apre sul pianerottolo e ne esce una giovane donna dai capelli neri.
-Jeff! Sei proprio tu?-
-Bernie, che sta succedendo? Perché non sei al
lavoro? Che è successo ad Anna?-
-Anna è… è morta.- risponde Bernadette
Rosenthal –L‘ha uccisa il Teschio Rosso e poi l’ha lasciata appesa all’asta di
bandiera della casa di Nick Fury.-
-Il Teschio Rosso? Ma perché?-
-Dicono che abbia lanciato una specie di
campagna contro gli amici di Capitan America, quello originale. Anna l’aveva
conosciuto quando era appena una bambina.-
-Già, lui la liberò dal campo di concentramento
in Germania, ce lo ha raccontato tante volte. Ma tu, perché…?-
-Sono uno dei potenziali bersagli ed ora sono
sotto protezione.-
Ovvio,
pensi, Bernie non può dirti che il suo ex ragazzo, Steve Rogers, era
l’originale Capitan America e tu non puoi dirle che lo sai e che sei tu l’attuale
Capitan America. Bizzarrie delle identità segrete. Maledici il fato che ti ha
tenuto lontano quando i tuoi amici avrebbero avuto bisogno di te, poi chiedi:
-Protezione? E chi ti starebbe proteggendo? Io
non ho visto nessuno.-
-Tanto per cominciare, io.-
L’uomo
che ha parlato esce dall’appartamento di Bernie. È alto e segaligno i capelli
bianchi sono coperti da un berretto Balmoral scozzese, sotto i baffetti pure
bianchi sfoggia un sorriso ironico. Indossa una giacca da caccia, porta gli
occhiali e si appoggia ad un ombrello. Ha un’età indefinibile, sicuramente
superiore a 50 e forse anche ai 60.
Sia
a te che a tuo padre ricorda qualcuno. Forse David Niven? No, è…
-Pinky
Pinkerton degli Howling Commandos!- esclama Will Mace.
-Mi conoscete? Ne sono lusingato.- risponde
l’altro con un inconfondibile accento britannico –Comunque il nome corretto è
Percival Pinkerton e vi risparmio gli altri nomi impostimi dai miei genitori.-
-La conosco di fama Mr. Pinkerton…- intervieni
tu -…ma mi chiedo…-
-Cosa può fare questo relitto della Seconda
Guerra Mondiale con il suo buffo ombrello? Beh, forse sono un po’ arrugginito,
non lo nego, ma me la so ancora cavare.-
Con
un gesto rapido, Pinky punta alla tua gola l’ombrello, il cui puntale si rivela
estremamente affilato. Nel contempo, nella sua mano sinistra è apparsa una
piccola pistola puntata contro tuo padre.
-Ok, siamo convinti Sir Percival…- replica tuo
padre -… mi auguro, però, che non ci sarà bisogno dei suoi talenti.-
Ma
nessuno di voi ne è davvero convinto.
Quali
che siano i pensieri di Aleksandr Lukin mentre guarda fuori dalla finestra
della sua stanza d’albergo e sente sempre più vicine le sirene della Polizia,
siamo destinati a non saperlo mai.-
-Ti avevo detto che stavi giocando un gioco
pericoloso, Alek.- gli si rivolge il suo assistente Leon, l’unico che possa
permettersi di parlargli così, senza peli sulla lingua.
-Ma ce la siamo cavata, no, Leon? Non è questo
quello che conta?-
-E lui?- ribatte Leon, indicando il cadavere
sul pavimento.
-Una deplorevole disgrazia Quando ho invitato
Monsieur Delorme ad un colloquio d’affari, come potevo immaginare che la
ragazza che era con me era in realtà un pericoloso killer incaricata di
ucciderlo? La Polizia monegasca non dovrebbe avere difficoltà a credermi, ti
pare… o pensi che ci arresteranno?-
Alek…-
Ma
Leon non ha il tempo di finire la sua frase, perché la Polizia è già arrivata.
3.
Fradicio
dalla testa ai piedi Nomad si muove furtivo per le vie di Montecarlo. Per sua
fortuna il costume è termico e la serata calda sta facendo il resto, ma dov’è
finita Lupa? Non può essersi allontanata troppo, a meno che... quell’auto nera
ferma in fondo al viale, se…
Le
riflessioni di Nomad sono interrotte di colpo quando una presa ferrea gli
comprime la cassa toracica.
Che
idiota, pensa, mi sono fatto sorprendere come un novellino ed ora potrei finir
male, se fossi un uomo comune.
Mentre
il suo avversario lo solleva come un fuscello e contemporaneamente cerca di
schiacciargli la cassa toracica, Jack Monroe spinge i piedi all’indietro e, con
un deciso colpo di reni, spinge il resto del corpo in avanti. Il risultato è
che entrambi cadono, ma il suo gigantesco avversario è anche proiettato altre
la testa dell’avventuriero in costume.
Gigantesco
è la parola giusta: è alto più di due metri ed è massiccio quanto un gorilla.
Indossa pantaloni a sbuffo ed un corto gilet sul petto nudo, abiti di fattura araba,
ed è completamente calvo. Nomad lo riconosce: Sandor, il servo muto del Teschio
Rosso degli anni 50. Quando era Bucky non ha mai avuto l’opportunità di
incontrarlo, ma ha letto di lui nei dossier. Stando a quanto ha letto, ha
affrontato l’Uomo ragno, un bel po’ di anni fa[8]
ma ci sono sue immagini che risalgono a 30 anni prima, difficile capire se è lo
stesso o no. L’unica cosa certa è che
mentre Jack sta cercando di riprendere fiato, Sandor si è già rialzato e gli è
addosso afferrandogli il collo e stringendolo come in una morsa.
Maledizione,
pensa Nomad annaspando, nelle mie vene scorre il siero del supersoldato, ho
combattuto al fianco di ben due Capitan America, non posso morire così, non
posso.
Una
pallottola calibro 45 sibila sopra la testa di Sandor mentre una voce dall’inconfondibile
accento texano intima.
-La prossima te la pianto in quella tua
testaccia se non ti arrendi.-
Sandor
non sembra nemmeno averlo sentito, ma subito dopo un’agile figura mascherata,
gli balza addosso, facendolo cadere e contemporaneamente mollare la presa su
Nomad, il quale con un filo di voce sussurra:
-Cap?-
Steve
Rogers, in un attillato costume blu con guanti, cintura e stivali rossi, rotola
su se stesso, mentre il suo avversario cerca di rimettersi in piedi. Gli sferra
un calcio solo per accorgersi che avrebbe avuto miglior fortuna con un muro di
mattoni.
Sandor
torna alla carica, ma ancora una volta si ode uno sparo ed il massiccio gigante
si porta una mano alla spalla sinistra che comincia a sanguinare.
-Ti avevo avvertito.- a parlare è stato un
uomo in tenuta western, con tanto di cappello Stetson a larghe tese, che
impugna una Colt Frontier 1873. -Se mi costringi, il prossimo colpo sarà al
cuore ed io non sbaglio mai un colpo.-
Nomad
si è rimesso in piedi ed è il primo a notare che l’auto nera che aveva visto
poco prima si è avvicinata ed il suo tettuccio si sta aprendo.
-Attenti!- urla. .
Con un balzo Steve si
pone davanti agli altri ed aziona un pulsantino sul suo guanto destro.
Dalla
limousine nera parte un mini missile tipo stinger, che punta sul gruppetto per
cozzare contro un campo di forza circolare che protegge i presenti dalla
susseguente esplosione.
Quando
il lampo causato dall’esplosione si è dissipato, i tre si accorgono che sia
Sandor che l’auto nera sono scomparsi.
-Dubito che l’esplosione l’abbia
disintegrato.- commenta Nomad –Non lo facevo un tipo veloce.-
-Ha lasciato questo.- dice Steve raccogliendo
da terra qualcosa. Una specie di depliant con l’immagine di una fortezza ed il nome
di una località
-Germania orientale, al confine con la Polonia
ha senso, dopotutto.-
-Per voi forse, ma per me ne è del tutto privo.-
commenta il texano.-
-Nomad,
questo è Texas Jack Muldoon. Ti ho già parlato di lui.-
Jack
Monroe stringe la mano a Texas Jack e gli risponde;
-Per me ha fin troppo senso: ci stanno facendo
fare il giro dell’oca e quell’affare ce l’hanno lasciato apposta. Ci vogliono
attirare in una trappola.-
-Quasi certo…- commenta Steve -… Ma se
vogliamo risolvere questa faccenda, non abbiamo altra scelta. Dobbiamo arrivare
là il più alla svelta possibile.-
-Posso mettervi a disposizione il mio jet
privato.- interviene Texas Jack –Naturalmente io vengo con voi.
I
due supereroi si scambiano uno sguardo d’intesa, poi è Steve a parlare:
-Affare fatto Texas Jack.-
-Bene. Avverto subito il pilota di tenersi
pronto al decollo. Saremo sul posto in un batter d’occhio Mr… a proposito, come
devo chiamarla? Ancora non mi ha detto il suo nome. Voi eroi in costume avete
sempre un nome in codice.-
-Lo chiami pure Capitano…- interviene Nomad -…
andrà benissimo per il momento.-
Eric
Koenig si muove cautamente verso l’origine della musica. Non può fare meno di
chiedersi perché il Teschio Rosso ha voluto mandare un avvertimento così
teatrale. Se è davvero riuscito a penetrare nella villa eludendo la
sorveglianza, avrebbe potuto ucciderli tutti ed invece…
-Eric Koenig.-
Il
timbro della voce ha quasi un suono non umano. Quando si volta nella direzione
da cui è venuta, Eric deve fare uno sforzo per non sussultare. Il volto che ha
davanti non è una grottesca maschera, ma un volto umano deformato dal micidiale
gas del Teschio, un volto che un tempo era identico a quello di Steve Rogers.
-Sei stato pazzo a venir qui, Teschio.- lo
apostrofa Koenig –Non riuscirai ad uccidere la figlia di Sharon Carter.-
-Se avessi voluto uccidere la bambina, l’avrei
fatto anni fa, quando ho appreso della sua esistenza...- replica il Teschio
Rosso in tedesco –Forse lo farò, ma quando questo apporterà il massimo del
dolore ai suoi genitori. Stanotte il mio bersaglio, sei tu, Eric Koenig, tu che
hai tradito la Madrepatria per metterti con i nemici del Reich.-
-Non sono stato io a tradire la Germania, ma
Hitler e quelli come te con i vostri folli ideali.-
-Non tentare di giustificarti, traditore, hai
tradito il Terzo Reich ed io mi sono preso la soddisfazione di essere il tuo
giudice e il tuo boia.-
Koenig
sente la pistola che impugna diventare sempre più pesante e le gambe farsi
molli.
-Cosa…?-
-Un semplice gas narcotizzante che ho liberato
nell’aria ed a cui io sono immune, ovviamente. Morirai Eric Koenig come debbono
morire tutti i traditori, ma non qui e non adesso.-
Ma
Eric Koenig non lo sta più ascoltando, ormai svenuto, è caduto sul pavimento.
Senza dar segno di fatica, il Teschio Rosso se lo carica sulle spalle ed in una
tutta tranquillità esce all’aperto. Avrebbe potuto ucciderli tutti con
facilità, pensa mentre un orribile sogghigno gli deforma ancora di più il volto
devastato, ma così è più divertente. Nick Fury e soprattutto la maledetta
Sharon Carter sapranno che è solo, perché lui l’ha voluto che i loro cari ed
amici sono vivi e questa consapevolezza li tormenterà fino a che lui non
colpirà di nuovo
Qualcosa
arriva dal cielo: è uno dei fantaccini di Arnim Zola. Ingloba il Teschio ed il
suo prigioniero e poi torna a sollevarsi.
Il
silenzio regna ora sulla Tenuta dei Carter.
Molto
lontano da lì, in un lontano paese del Medio Oriente, all’interno di una base
americana, American Dream, alias Elizabeth Mary Mace, avvocato militare, agente
segreto, supereroina, nonché sorella dell’attuale Capitan America, affronta
quella che forse è la sua sfida più difficile sino ad oggi.
La
figura in abiti da beduino completamente neri, col viso coperto da un velo da
cui spiccano due occhi ardenti, è Black Razeer, mago, guerriero e soprattutto
fantasma. Quella che indossa una tuta violetta ed ha lunghi capelli bianchi è
Aminedi, che può trasformare il suo corpo in un vento violento e capace di tagliare
più del più affilato dei coltelli. Avversari temibili per chi, come American
Dream è priva di superpoteri.
-Allora, posso
ucciderla adesso Black Razeer?- chiede Aminedi.
-Avrei preferito
diversamente, ma è chiaro che non c’è altra scelta. Puoi procedere.-
Aminedi non e lo fa
ripetere ed in un attimo si trasforma in un vento impetuoso che avvolge la
supereroina americana. Quando il vento si è dissipato e Aminedi è tornato
normale, American Dream giace a terra in posizione supina.
-Missione
compiuta.-
-C’è qualcosa che
non mi convince. Con la violenza con cui l’hai colpita, ora dovrebbe essere
praticamente nuda e con il corpo coperto di tagli.-
-Che vorresti di…-
-Sorpresa!-
Con
una mossa tanto rapida quanto inaspettata, American Dream sferra un calcio all’inguine
di Aminedi e mentre lui si piega in preda al dolore, scatta in piedi.
4.
Il luogo è il Tribunale Federale di Manhattan ed oggi vi si sta tenendo
l’udienza di prima comparizione di Heike Zemo, meglio nota come la Baronessa. È
qui che ti raggiunge una delle più toste, nonché sexy, fotoreporter della rivista
Now: Joy Mercado.
-Jeff, dov’eri sparito?- ti apostrofa –non ti
sei fatto trovare negli ultimi giorni.-
-Ho avuto degli affari personali da sbrigare.-
le rispondi –Ora è tutto a posto.-
-La prossima volta che decidi di sparire,
lascia almeno un biglietto e tieni acceso il cellulare.-
-Non dirmi che eri preoccupata per me.-
ribatti con un sorriso.
-Io?- Joy ti si avvicina ed il suo profumo
quasi ti stordisce. Le sue labbra si avvicinano al tuo orecchio destro e lei ti
sussurra –Non penserai mica che solo perché siamo andati a letto insieme un
paio di volte, ora siamo fidanzati, vero? Io sono libera ed intendo rimanerlo. Sono
comunque contenta di vederti… e tu di vedere me, direi... a meno che tu non
abbia un cacciavite in tasca.-
Così
dicendo, ti bacia, mentre tu avvampi come un peperone ed i colleghi presenti
intorno a voi ridacchiano.
-Bene. Ora pensiamo al lavoro.- dice Joy -Stando
alle mie fonti, la Baronessa confesserà ogni suo reato e si dichiarerà
colpevole accettando la condanna.-
Mantenendo
la parola data a Citizen V[9],
non eri sicuro che lo avrebbe fatto davvero. Sei contento per Dallas Riordan:
ora potrà smettere di essere una latitante e riprendersi la sua vita e potrebbe
non essere un’impresa facile dopo tutto questo tempo. Ti è spiaciuto vederla
andar via, ma non potevi non rispettare la sua privacy.
Durante
la tua assenza sono successe troppe cose e quasi nessuna piacevole, tra cui la
morte di Peggy Carter ed il rapimento di Eric Koenig ad opera del Teschio
Rosso. Dovrai occupartene, lo sai, e devi anche partecipare ad una riunione dei
Vendicatori, ma tutto questo dovrà aspettare. Ora sei solo Jeff Mace
giornalista ed hai un pezzo da scrivere.
Molto
lontano da New York American Dream colpisce ripetutamente un confuso Aminedi
senza dargli un attimo di tregua. Sa molto bene che se gli concede di riprendersi
lui la farà a pezzi. Il piccolo campo di forza attivato dal suo guanto, lo
stesso, che di solito usa sotto forma di scudo, espanso alla massima potenza
l’ha protetta dal primo attacco, ma per farlo ha esaurito tutta la sua carica
ed ora, se Aminedi ci riprovasse, lei sarebbe indifesa.
Per
sua fortuna, in forma umana Aminedi non è nulla di speciale e cade sotto i suoi
colpi rapidi e precisi.
-I miei
complimenti, donna…- la voce di Black Razeer suono sempre più spettrale -…
sarà un vero peccato doverti uccidere.-
-Se per te è lo stesso, possiamo anche farne a
meno.- ribatte American Dream.
-Lo strano umorismo
di voi occidentali. I tuoi trucchi non
funzioneranno su di me. Tu non puoi toccarmi, ma io posso farti molto male.-
-Sono molto impressionata, davvero. Vedi, mi
sono informata su di te. So che solo qualcuno dotato di poteri mistici potrebbe
fermarti. Io non ne ho e quindi hi chiamato qualcuno che potrebbe averli.-
-COSA? Chi?-
-Parla di me, ovviamente.-
Dall’ombra
esce una figura, che sembra uscita direttamente da uno dei racconti delle
“Mille e una notte”: il Cavaliere Arabo.
-Sei pronto a misurare la tua lama maledetta
contro la mia scimitarra incantata?- chiede.
-Maledetto
traditore, ti ucciderò tra mille tormenti e poi penserò alla ragazza.-
-Non potresti almeno risparmiarci questi
dialoghi da cattivo di serie B?-
Le
lame delle due scimitarre cozzano l’una contro l’altra, producendo scintille.
Black Razeer attacca ma il Cavaliere Arabo rintuzza ogni colpo.
American
Dream osserva affascinata quel duello d’altri tempi che sembra uscito da un
vecchio film in costume. Vede il
Cavaliere penetrare le difese di Black Razeer ed affondare la scimitarra nel
suo petto.
-No!-. urla Black Razeer –Non
è possibile.-
-Lo è, invece.- replica il Cavaliere Arabo –Il
tuo è il potere delle tenebre e non può resistere alla luce del bene.-
Ad
ogni colpo la lama del Cavaliere diventa sempre più brillane mentre Black
Razeer diventa sempre più evanescente e piccolo, poi c’è un lampo e del
malvagio stregone fantasma non rimane più nulla.
-È morto?-.chiede American Dream.
-Sarebbe bello...- risponde il Cavaliere Arabo
-… ma temo che prima o poi riuscirà a tornare, quelli come lui ci riescono
sempre.-
-Ma trovano comunque quelli come noi a
fermarli. Grazie per l’aiuto.-
-È stato un onore per me. Black Razeer era una
minaccia per queste terre ed era mio dovere intervenire. Non potevo non
rispondere al suo appello, gentile...-
-Puoi chiamarmi American Dream.-
-Nome appropriato alla sua bellezza. Chi mi ha
contattato non mi ha detto che avrei
trovato una supereroina.-
-E preferirei che non lo sapesse. Posso contare
sulla sua discrezione?-
-Naturalmente si. Molte cose si possono dire
di me, ma non che non sono un uomo d’onore.-
E
così dicendo il Cavaliere Arabo fa un profondo inchino e sotto la maschera gli
occhi di Liz Mace brillano mentre lei sorride.
Germania, Land del
Brandeburgo, Amt di Golzow,
Distretto Märkisch-Oderland, nei pressi della città di Küstriner Vorland. Tre
figure si avvicinano circospette all’edificio fortificato.
-Mi pare di ricordare che fosse uno dei rifugi del Teschio Rosso durante
la Guerra.- sussurra Steve Rogers a Nomad
-Un’antica fortezza dei Cavalieri Teutonici o roba simile. Quel genere
di roba che piaceva a lui e Hitler.-
-Ora che lo vedo, lo riconosco come una delle basi del mio Teschio Rosso.
Aggiunge Nomad -Durante una missione a Berlino ci rapì e ci portò qui. Me e
Cap… voglio dire…-
-Tranquillo, chiamalo pure Cap. Il nome e l’è guadagnato ormai.
Ovviamente riusciste a fuggire.-
-Non senza difficoltà e neanche attraversare
la Germania Est fu uno scherzo. Ricordami di raccontartelo un giorno o
l’altro.-
-Che avete da bisbigliare?- chiede il terzo
membro del gruppetto: Texas Jack
-Nulla di importante.- replica Steve. Non ha
alcuna intenzione di far sapere al suo amico che lui è l’originale Capitan
America e che Nomad è il Bucky degli anni 50. Questi segreti devono rimanere
loro.
-Se volete il mio parere…. Interviene Nomad -…
stiamo per infilarci in una trappola. I nostri avversari ci hanno lanciato
un’esca a cui sapevano che non avremmo resistito.-
-E avevano ragione.- commenta Steve –Tuttavia
non potevamo trascurare quest’opportunità e…-
Il
portone si apre con uno scricchiolio.
-Cominciamo bene.- commenta Nomad –Sembra
l’inizio di un film horror di quart’ordine. Dobbiamo aspettarci un maggiordomo
scheletrico o Bela Lugosi in persona?-
Steve fa un sorrisetto.
-In ogni caso, sarebbe scortese rifiutare un
invito così gentile, non è vero amici?- si rivolge a Texas Jack –Vi siamo grati
per l’aiuto Muldoon, ma da qui in poi i pericoli si fanno mortali. Siete ancora
in tempo ad andarvene.-.
-Niente da fare amigo. Non è mia abitudine lasciare
soli gli amici. Sono arrivato fin qui ed arriverò fino in fondo.-
-Va bene, ma farà quello che dirò io. Questo
non è un gioco, se lo ricordi.-
I
tre entrano nella fortezza e si muovono circospetti.
-Fate attenzione.- ammonisce Steve –Ogni ombra
può nascondere un pericolo.-
E
il pericolo arriva sotto l’inaspettata forma di… un gruppo composto da sei
gorilla che esce dalle ombre e salta loro addosso.
Il terzetto non ha il
tempo di sorprendersi, è troppo impegnato a combattere per la propria vita.
Steve evita la presa di
uno dei gorilla e sfruttando il suo stesso impeto lo proietta oltre la sua
testa. L’impatto contro uno dei muri di mattoni non sembra aver prodotto
conseguenze sul primate, però, che si rialza ancora minaccioso.
C’è qualcosa di
particolare in queste scimmie, pensa Steve, agiscono come se fossero più intelligenti
del dovuto. Questo gli ricorda qualcosa che gli raccontò Henry Pym anni fa. Non
può focalizzare quel ricordo, perché un brontolio attira la sua attenzione: i
suoi compagni sono finiti nelle mani dei gorilla ed uno di essi, che sembra
agire da capo del gruppo, gli fa capire con gesti eloquenti che se non si
arrende saranno uccisi.
-Mi dispiace.- dice Nomad –Ci ho provato, ma…-
-Non importa.- risponde Steve alzando le mani
–Avremo più avanti il nostro momento.-
-Questo è da vedersi.- a parlare è stata una donna dai capelli
corvini che indossa la vecchia uniforme degli ufficiali del disciolto K.G.B.
sovietico. Rivolge una serie di ordini In russo ai gorilla, due dei quali si
pongono al fianco di Steve.
-Andiamo.-
Il
gruppo si mette in cammino. Steve è silenzioso Texas Jack cerca di divincolarsi
dalla stretta del gorilla che lo trattiene e gli rivolge un bel po’ di epiteti.
Jack Monroe sceglie di rivolgersi alla donna:;
-Tu chi saresti? Confesso di non aver posto
molta attenzione ai dossier che mi hanno fatto leggere.-
-Puoi chiamarmi Madame X, e proprio vuoi un
nome.- replica la donna –Il tuo amico Henry Pym avrebbe potuto dirti qualcosa
di me. Io e lui ci siamo scontrati un paio di volte.-[10]
-Cosa ti fa pensare siamo amici di Henry
Pym?- chiede Steve.
Madame
X sorride:
-A differenza del tuo amico, noi facciamo bene
i nostri compiti. Tu indossi un costume che fu portato brevemente dall’originale
Capitan America durante un breve periodo in cui fu accusato di tradimento e
lottò per discolparsi.[11]
Il tuo amico mascherato si fa chiamare Nomad, come l’ex partner dello stesso
Capitan America, nonché ex Bucky degli anni 50, attualmente defunto, stando ai
rapporti ufficiali… sempre che dicano la verità, s’intende. È chiaro che avete
un legame con Capitan America e probabilmente anche con i Vendicatori.-
Molto
perspicace la ragazza, pensa Steve.
-E questi gorilla?-
-Interessanti, vero? Uno degli ultimi
esperimenti sovietici; un raggio aumenta la loro intelligenza sino a livelli
umani ed al tempo stesso li rende docili ed ubbidienti. Peccato che l’effetto
non sia permanente, anche se su questo stiamo lavorando.-
Si,
ora Steve si ricorda di loro, anche se è passato un po’ di tempo da quando ha
letto il rapporto di Hank[12]
e l’aggiornamento dei Vendicatori Ovest.[13]
Nel frattempo hanno raggiunto una grande sala,
dove un uomo che indossa una tuta verde ed un mantello scarlatto volta loro le
spalle, intento ad osservare una serie di monitor. Sentendoli arrivare, si
volta, mostrando che il suo volto è coperto dalla maschera del Teschio Rosso e
sul petto è disegnato in rosso il simbolo della falce e martello.
-.Così, finalmente, ci incontriamo faccia a
faccia.- commenta con un sogghigno -Siete stati avversari molto tenaci, ci
tenevo a vedervi di persona.-
-Chi sei?- chiede Steve –Non puoi essere
Albert Malik. Anche se fosse vivo, sarebbe molto più vecchio di te.-
Il
“Teschio Rosso” ride.
-Bella domanda, fatta da uno che nasconde
anche lui la sua faccia dietro una maschera. Non ti aspetterai davvero che ti
risponda? Magari il tuo amico mascherato potrebbe anche aver capito se davvero
sono lo stesso che ha conosciuto nel 1953. Magari sono sopravvissuto e sono stato
ringiovanito grazie a qualche marchingegno o forse sono un clone o chissà…
magari c’è qualcun altro sotto questa maschera. Che ne dici… Bucky?-.
Jack
Monroe rimane silenzioso ed il Teschio Rosso prosegue:
-La vostra corsa finisce qui. Mi dispiace per Mr.
Muldoon, ma non avrebbe dovuto impicciarsi di cose che non lo riguardavano.-
-Quando si tratta della sicurezza del mio
paese sono sempre affari miei.- replica Texas Jack –Se fossi libero, ti farei
vedere.-
-Lei è divertente, Muldoon. Voglio metterla alla
prova. Tu… lascialo.- replica il Teschio.
Lo
scimmione che trattiene Texas Jack lo lascia andare e l’uomo con la sinistra
maschera rossa gli porge la sua Colt 45.
-Può farlo.- gli dice –Può liberare il mondo
da una possibile minaccia. Basta che prema il grilletto, qui, contro il mio
petto… se ne ha il coraggio.-
Texas
Jack soppesa la pistola nelle sue mani. Sente il cupo brontolio emesso dai
gorilla intelligenti. Per quello che appare come un lungo istante, nulla
accade, poi Texas Jack abbassa l’arma.
-Non uccido a sangue freddo.- dice.
-Scelta saggia.- dice Madame X togliendogli la
pistola –Se avesse provato a sparare, l’avrei ucciso io stessa.-
Approfittando
della distrazione dei presenti, Steve scatta verso il Teschio. Nello stesso
momento Nomad sposta il suo peso e spinge il gorilla che lo trattiene verso
quello più vicino, provocando un effetto domino che gli permette di liberarsi,
poi scatta, afferrando il polso destro di Madame X.
Nel
frattempo Steve sta lottando col Teschio, accorgendosi che è un esperto
combattente corpo a corpo, anche se non del tutto alla sua altezza. Steve gli
strappa la cintura e comincia freneticamente a premere tutti i pulsantini che
trova sulla stessa. Improvvisamente i sei gorilla si accasciando gridando, poi
svengono.
-Come hai fatto a…-
… a capire che avevi un congegno di qualche
genere per tenere sotto controllo i gorilla?- conclude Steve per il suo
avversario in maschera rossa –Era ovvio: non avresti mai corso il rischio di
un’eventuale ribellione o loro perdita di controllo. Un inibitore neurale,
immagino. Ora facciamola finita.-
-Giusto.- interviene Nomad mentre Texas Jack
tiene sotto mira Madame X –Sono proprio curioso di vedere di chi è davvero la
faccia sotto quella maschera.
Il
falso Teschio Rosso arretra di qualche passo, poi dice:
-Temo che questa soddisfazione dovrà aspettare
almeno per un po’.-
Il
pavimento si apre sotto i suoi piedi ed il sinistro individuo vi scompare.
Subito dopo il pavimento torna a richiudersi.
-Quel figlio di…- esclama Nomad –Dobbiamo
seguirlo.-
-Temo che quando riusciremo ad aprire il
passaggio, lui sarà ben lontano.- replica Steve -Se non altro, stavolta non ha
fatto esplodere questo posto, un cliché di cui faccio volentieri a meno.
Abbiamo preso una sua complice e forse troveremo nuovi indizi sulla sua
organizzazione e le sue prossime mosse. Di una cosa sono sicuro: sentiremo
ancora parlare di lui e dei suoi bizzarri agenti.-
-Ma noi saremo ancora in prima linea per
fermarlo, giusto Cap?- gli sussurra Nomad.
-Chissà?
Credevo che per me fosse giunto il momento di mettermi a riposo, ma le
circostanze mi hanno costretto a tornare in gioco. Ho molto a cui pensare,
adesso sul mio ruolo e su quello che farò d’ora in avanti.-
E
così dicendo, Steve Rogers si avvia verso l’uscita. LA sua missione è
terminata… o forse è appena iniziata.
EPILOGO UNO
Appena
scesa da un volo militare che l’ha portata alla base aerea Andrews in Maryland,
Elizabeth Mace pensa solo a raggiungere quanto prima la sua casa in Virginia e
riposarsi per almeno un paio di giorni.
Ha
portato a termine il suo incarico e sarebbe giusto che avesse un po’ di respiro
prima del prossimo, ma già s’immagina che non sarà così fortunata.
EPILOGO DUE
Steve Rogers siede con un’espressione cupa mentre Nick Fury gli
riferisce gli avvenimenti accaduti durante la sua assenza. Tre donne che erano
state in, vario modo, importanti nella sua vita sono morte di morte violenta.
Lui e Peggy Carter si
erano amati per breve tempo durante la Seconda Guerra Mondiale, prima che un
destino crudele li separasse. Anna Kapplebaum era solo una bambina ebrea che
lui aveva salvato da un campo di concentramento e che il destino l’aveva fatta
incontrare ancora molti decenni dopo. Tanto era bastato al Teschio Rosso per
ritenerle meritevoli di morire.
Con Connie Ferrari
meditava di parlare di matrimonio, ma la pallottola di un cecchino della Mafia
Russa le ha spezzato la vita.
Se anche fosse
rimasto negli Stati Uniti quando tutto questo è successo, non sarebbe cambiato
nulla. Razionalmente Steve lo sa, ma ciò non toglie che dentro di lui monti un dolore
sordo. È questo che è diventata la sua vita? Tutti coloro a cui tiene sono
destinati a fare una brutta fine?
-Posso fare qualcosa Steve?- gli chiede Fury.
-No, grazie, Nick.- risponde Steve alzandosi.
Tutto ciò di cui ho bisogno ora è di stare da solo, almeno per un po’.-
Mentre
lo osserva allontanarsi, Nick si chiede se non avrebbe fatto meglio a parlagli
di certi suoi sospetti, ma poi conclude che non era il momento. Prima di
sconvolgere ancora la vita del suo amico vuole avere prove certe ed
irrefutabili. Il dossier Soldato d’Inverno dovrà aspettare ancora un po’ prima
di essere aperto.
EPILOGO 3
Seduto
in una confortevole poltrona del suo jet privato Aleksandr Vassilievitch Lukin,
ex generale, potente oligarca russo, capo di una importante multinazionale,
riflette. Forse il suo amico Leon ha ragione: sta giocando un gioco molto
rischioso, ma anche se stavolta il rischio è stato davvero grande, è ancora
convinto che ne, ne è valsa la pena.
Dà
un’ultima occhiata a quello che c’è nella sua valigetta. Gli è stato molto
utile e lo sarà ancora in futuro, dopotutto c’è ancora molto da fare prima che
tutti i suoi piani vadano in porto. Richiude la valigetta e se qualcuno avesse
spiato da dietro le sue spalle avrebbe fatto a tempo ad intravedere all’interno
una sinistra maschera rossa a forma di teschio.
FINE SESTA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
Davvero
poco da dire su questo episodio quindi non perdiamo tempo:
1)
Eric Koenig era un pilota della Luftwaffe, l’aviazione tedesca, che
dapprima aderì ad un movimento di resistenza antinazista e poi disertò per
unirsi agli Howling Commandos. Uno dei pochi, ma non rari, casi di tedesco
“buono” nelle storie di guerra della Marvel. Come molti dei suoi commilitoni è
stato, in seguito, arruolato nello S.H.I.E.L.D.
2)
Le Bestie di Berlino sono una delle più bizzarre, e datate, creazioni
di Stan Lee per il serial di Giant Man. In questo revival di minacce comuniste
non potevo non citarle assieme a…
3)
Madame X, un tempo nota anche come Compagno X, fu il primo vero avversario
di Ant Man (che nella sua prima avventura si era scontrato solo con delle
generiche spie).
4)
Chiaramente molti di questi avversari sono terribilmente datati, ma il
sottoscritto ha deciso di glissare sopra lacune incongruenze temporali e di non
dare troppe spiegazioni, almeno per adesso. -_^
5)
Il Cavaliere Arabo è una creazione di Bill Mantlo & Sal Buscema per
la serie di Hulk. C’è chi lo trova terribilmente stereotipato, ma io ricordo
che se davvero fosse così, si tratterebbe comunque di uno stereotipo che si
basa su autentici racconti del folklore e letteratura araba.
6) A livello di continuity
questa storia si situa prima di Vendicatori #78/80
e prima degli eventi della miniserie crossover. Tutti i membri del nostro variegato
cast riappariranno in Capitan America Annual #2 (tie-in del citato Crossover),
che vi invito a seguire.
Nel prossimo episodio.
Comincia a squarciarsi il velo sui segreti di Mike Rogers, Steve Rogers prende
una decisione, Eric Koenig affronta il suo destino e gli Howling Commandos
accettano una sfida. Tutto questo e molto di più, Vi aspetto, non mancate.
Carlo
[1] Ci era già venuto nell’episodio #40 per lasciarci il cadavere di Peggy Carter.
[2] Federal Bureau of Superhuman Affairs, l’agenzia federale che I occupa di superumani.
[3] È già accaduto tanto tempo fa, nel lontano febbraio 1954, su Young Men #25 (In Italia su Capitan America, Corno, #83).
[4] È accaduto in Punisher: Circle of Blood #2 (In Italia su Speciale Il Punitore: Circolo di sangue, Star Comics).
[5]Famoso attore dei film di blaxploitation degli anni 70.
[6] Interprete di Lando Carlissian nella prima trilogia di Guerre Stellari.
[7] Devo davvero spiegarvi chi è?
[8] In Amazing Spider Man Annual #5 (In Italia su Uomo Ragno, Corno, #68).
[9] Nello scorso episodio.
[10] In Tales to Astonish #36 (In Italia su Uomo Ragno, Corno, #23) e su West Coast Avengers #33/36, inediti in Italia.
[11] Su Captain America #450/453 (In Italia su Capitan America & Thor #30/33).
[12] In Tales to Astonish #60 (In Italia su Uomo Ragno, Corno, #44).
[13] Nei già citati West Coast Avengers #33/36.