N° 42
(PARTE QUINTA)
1.
Il tuo nome è Capitan America ed ogni giorno di più scopri quanto sia
duro essere all’altezza di una leggenda vivente. Tu e Citizen V siete giunti in
Amazzonia nel vecchio covo del Barone Zemo ed è qui che vi trovate di fronte a
colei che avete inseguito per mezzo mondo: la Baronessa, ovvero Heike Zemo, moglie
dell’apparentemente defunto Helmut Zemo.[1]
Il problema è che non è sola: l’uomo dinanzi a voi si fa chiamare Michael
Rogers e sembra una versione appena un po’ più vecchia di Steve Rogers,
l’originale Capitan America. Lo credevi imprigionato alla Volta, ma ora è qui, alleato
della Baronessa e ti ha appena fratto una sconcertante proposta:
-… Facciamola finita qui e adesso. Uno scontro
diretto: io contro di te e la Baronessa contro Citizen V. Se vincerete,
ci arrenderemo senza discutere, se perderete, disporremo delle vostre vite.-
-Non ti fidare, è una trappola, deve esserlo.-
Devi ammetterlo: sei perplesso.
Ogni fibra del tuo essere grida di non fidarti. C’è sicuramente un trucco,
eppure… potrebbe essere un’occasione d’oro. Che avrebbe fatto Steve Rogers al
tuo posto?
-Che cosa proponi?-
-Esattamente quello che ho detto.
Noi non useremo armi e voi due lascerete lo scudo e la spada. Chi vince
prende tutto.-
-E perché dovremmo fidarci di voi?- interviene Citizen V –Noi
abbassiamo la guardia e voi ci fate fuori.-
-Non avrei aspettato finora per quello.- ribatte la Baronessa –Non è
quello che vuoi del resto? Un’occasione per battermi?-
-L’ultima volta ti ho conciata per bene e posso rifarlo.-
-Se hai bisogno di un incoraggiamento, capitano…- interviene ancora
Mike Rogers, rivolto a te -… vediamo se questo ti convince.-
Quando vedi l’uomo che
viene introdotto hai un sussulto. Ti mordi le labbra per non gridare: papà.
-Sconfiggimi e sarà libero. Hai la mia parola.-
Per quel che vale,
pensi, poi lasci andare lo scudo e rispondi:
-D’accordo. Cominciamo.-
Sente ancora il rombo
dell’esplosione nelle orecchie, l’acqua stessa gli sembra bollente, ma se
riesce a sentirla vuol dire che è ancora vivo. La sua testa emerge finalmente
consentendogli di tirare una bella boccata di prezioso ossigeno. Steve Rogers,
nei panni appena bruciacchiati di quello che una volta aveva chiamato “L’uomo
senza patria”, può ben dire di essere sopravvissuto ancora una volta. Fortuna
sfacciata quella che gli ha consentito di trovare una finestra da cui saltare o
adesso sarebbero ridotti in briciole come l’edificio in cui erano quando il loro
avversario l’ha fatto saltare.
Ma che
fine ha fatto il suo partner? Non lo vede da nessuna parte.
-Nomad! Jack!- urla senza avere risposta.
Non può essere morto,
era alle sue spalle quando è saltato fuori dall’edificio, cadendo nel corso
d’acqua sottostante poco prima dell’esplosione. E se Jack Monroe non ce
l’avesse fatta? Non deve nemmeno pensarci. Non perderà un altro partner, non
potrebbe sopportarlo. Sta per tuffarsi alla sua ricerca, quando uno spruzzo
d’acqua alle sue spalle gli annuncia che Nomad è appena emerso.
Con un gesto rapido
Jack Monroe si toglie la maschera che gli copre il volto e respira a pieni
polmoni.
-Ah! Non ne potevo più.-
-Jack! Ce l’hai fatta! Ma dove…?-
-Non dirmi che eri preoccupato per me socio. Me la sono cavata in circostanze
peggiori. Ero tornato indietro per recuperare un po’ di carte che avevo visto.
-
-Sei un dannato incosciente.-
-Non me lo diceva più nessuno da quasi 60 anni.
Ora che ne dici di metterci all’asciutto? Non vorrei che saltassero fuori i coccodrilli,
con la nostra fortuna.-
-Improbabile nel cuore della Germania.- replica Steve mentre nuota con vigorose
bracciate.
Jack lo sta
preoccupando: il suo comportamento ed il suo modo di parlare sembrano più
quelli del vecchio Bucky che del vigilante senza remore che era diventato. Un
effetto collaterale della cura per rimetterlo in sesto o magari il segno che le
sue psicosi stanno riemergendo? Ci mancherebbe solo quello. È affezionato a quel
ragazzo e vederlo sprofondare ancora nella follia sarebbe troppo. Deve tenerlo
d’occhio.
Infine i due sono
finalmente all’asciutto. Nomad è il primo a parlare.
-Cap… scusa… Steve... Quello che abbiamo visto non poteva essere il
Teschio Rosso degli Anni 50, quello che ho combattuto spesso con il mio Cap,
vero? Mi hanno detto che è morto, ucciso dal vero Teschio Rosso e poi non
sembrava così vecchio dalla voce.-
-No so che dirti Jack. Anch’io ero convinto che Albert Malik fosse
morto… quanto alla sua età... temo che non possiamo escludere nulla…a parte una
cosa: non era Johann Schmidt, il Teschio Rosso Originale, di questo sono
sicuro. Ci mancavano proprio due Teschi Rossi. Mi chiedo se non sia un altro dei
suoi contorti schemi. Durante la guerra[2]
usava dei sosia ogni tanto, ma questo… ho l’impressione che sia qualcosa di
totalmente diverso.-
-Credi davvero che Malik sia sopravvissuto e che magari sia ringiovanito
grazie a qualche strano marchingegno?-
-Non lo so. Ho udito voci di una setta segreta in Giappone capace di
riportare in vita i morti, ma anche se fosse vero, perché farlo con Malik?-
-E se qualcuno li avesse pagati per farlo? Questo spiegherebbe anche
gli altri agenti comunisti misteriosamente vivi.-
-Si, può darsi.- conviene Steve -Avevi parlato di certi fogli che avevi
recuperato…-
-Già, peccato che ne abbia persi un po’nella caduta e quelli che mi
sono rimasti siano stati danneggiati dall’acqua.-
-Fammi vedere…uhm, in effetti,
non si legge molto. Forse Nick Fury ed i suoi tecnici potranno tirarci fuori qualcosa
di utile, però…-
-Però…?-
-Qui si legge a malapena un indirizzo… sei mai stato a Montecarlo
ragazzo?-
Il Colonnello Michael
Rossi USAF[3]
chiude la conversazione telefonica e corruga la fronte. Quello che è riuscito a
scoprire su Black Razeer e Aminedi è davvero preoccupante. Se avesse saputo
prima chi avrebbe avuto di fronte, non avrebbe mai mandato Elizabeth Mace in
Medio Oriente. Quella ragazza ha mostrato sorprendenti capacità di sapersela
cavare in circostanze inusuali, ma c’è un limite a tutto. Forse è perché sono
entrambe di Boston e sono entrambe bionde, ma per certi versi Liz gli ricorda
Carol Danvers: stessa determinazione, stesso spirito di indipendenza e sono
entrambe belle, il che non guasta.
Un sorrisetto gli increspa le labbra mentre
pensa che farebbe bene a darsi una calmata: l’ultima volta che si è permesso un
coinvolgimento sentimentale con una subordinata non è andata esattamente molto bene.
Meglio pensare alla missione adesso: il Maggiore Liz Mace deve sapere cosa
l’attende prima che sia troppo tardi.
2.
Fino a pochi secondi
fa Margaret Dugan, Daisy per la famiglia e gli amici, era solo una semplice
giovane studentessa, con un cognome ingombrante. Quanti, altri ragazzi che
conosce possono dire di avere un nonno che è una vera leggenda, sia nella
comunità delle forze speciali dell’Esercito in due continenti, che in quella,
altrettanto esclusiva, dei servizi segreti? A parte tutti i suoi fratelli e
sorelle ed innumerevoli cugini, ovviamente, progenie di una sana e numerosa
famiglia irlandese?
La musica che
eccheggia nell’aria è una marcia funebre e non una qualunque: è la Marcia
Funebre di Chopin. Suo nonno le ha raccontato qualcosa di quel brano... il
biglietto da visita di… di… Oh Mio Dio!
Mentre la musica aumenta d’intensità. Daisy
sente un brivido correrle lungo la schiena, poi ode alle sue spalle una voce per
cui le viene in mente un solo aggettivo: sepolcrale.
-Daisy Dugan, sei pronta a morire?-
Senza dire una sola
parola Daisy Dugan si volta, con la schiena appoggiata alla sua auto e le mani
lungo i fianchi. Davanti a lei un uomo alto e massiccio, con un costume nero
che gli lascia scoperte le braccia muscolose, sul petto il disegno di due tibie
incrociate e sul volto una maschera nera con sopra l’immagine di un teschio
sogghignante. Lo conosce, ha già visto il suo brutto muso da qualche parte. Non
è il Teschio Rosso, è…
-Crossbones!-
-E così mi conosci, ragazzina? Chi l’avrebbe mai detto? Ti ha parlato
tuo nonno di me? In fondo non me ne importa. Non sono il tipo che prova piacere
nell’uccidere le ragazzine, io, ma mi pagano molto bene per questo lavoro e non
discuto mai gli ordini del capo.-
-Il tuo capo… intendi il Teschio Rosso?-
-E per chi altri pensi che lavori? Ma adesso basta parlare, non
penserai davvero di confondermi con le chiacchiere?-
-No!-
Improvvisamente Daisy
si muove rapidissima e con la gamba destra sferra un calcio a Crossbones
proprio in mezzo all’inguine. Il sinistro sicario emette un gemito e si piega,
mentre la ragazza scatta in una corsa disperata.
-Bella mossa ragazza!- esclama Crossbones rialzandosi senza apparenti
danni. –Ti è riuscita perché non me l’aspettavo, ma aspetta che ti prenda e vedrai.
Adesso è una cosa personale.-
Daisy
corre e sente alle sue spalle il rumore dei passi in corsa di Crossbones. È sempre
più vicino, cosa farà se la raggiunge? Le spezzerà il collo? Con quelle mani potrebbe
farlo senza nessuno sforzo, come fosse un rametto di legno. E se prima di
ucciderla…?
-A terra Daisy!-
La ragazza conosce
quella voce. Non perde tempo a farsi domande e si tuffa al suolo.-
-Non muoverti Crossbones.- Urla la voce di Dum Dum Dugan –Metti le mani
bene in vista o ti riempirò di proiettili senza esitare. Ho già un nipote in
ospedale[4]
e sono piuttosto nervoso.-.
Altri uomini escono da
nascondigli improvvisati, puntando le pistole contro Crossbones. Due di loro
sono abbastanza anziani, il terzo ha l’aria di un ragazzino, i capelli biondi
tagliati a spazzola e degli incongrui occhiali.
-Le consiglio vivamente di dargli retta, Mr. Crossbones…-… le assicuro
che Dum Dum non esiterà a sparare… e nemmeno noi.-
-.Che onore!- esclama Crossbones con tono divertito –Nientemeno che
Dino Manelli ed Eric Koenig degli Howling Commandos e Jasper Sitwell, il direttore
del F.B.S.A. in persona. I tuoi sottoposti lo sanno che non sei a Washington e
ti sei mosso da solo per aiutare il vecchio zio Nicky, Jaspy?-
-Fai meno l’arrogante figlio di buona donna.- lo apostrofa Dino –Posso
sembrare un innocuo vecchietto, ma so ancora usare questa.- dice agitando la
pistola –Una parola di troppo e ti pianto un proiettile in una rotula.-
-Oh cielo, che paura!-
-Fai meno il gradasso…- interviene Dum Dum –Il Teschio credeva davvero
che una volta capite le sue intenzioni non avremmo provveduto a proteggere i
nostri familiari? Sei caduto nella nostra trappola.-
-Quanto sei cretino Dugan? Credi che al Teschio Rosso interessi davvero
quella sciacquetta di tua nipote? Ci serviva un diversivo dal vero bersaglio e
la piccola Daisy era anche un bonus interessante.-
-Che cosa vuoi dire? Chi è il bersaglio allora?-
-Perché non provi a scoprirlo da te… se sei ancora in tempo?-
Squadri il tuo
avversario. Non vi siete mai scontrati direttamente, ma tua sorella ti ha
raccontato di lui. Che sia oppure no chi dice di essere e che abbia o meno un qualche legame con Steve Rogers, adesso non deve
interessarti. Non c’è più solo in gioco la tua vita, ma anche quella di tuo
padre. Non sai come o perché quell’uomo l’abbia catturato e devi scacciare quel
pensiero per adesso, devi essere in gamba.
-Coraggio, ragazzo…- ti dice con un sorrisino di scherno Mike Rogers
-... a te l’onore del primo colpo.-
Non ti fai pregare
oltre e gli sferri un diretto al mento… che lui para con facilità col braccio
destro. Provi con un calcio, ma lui ti afferra la caviglia e ti fa perdere l’equilibrio.
Fai una capriola e ti rimetti in pedi.
-Non male.- ti dice il tuo nemico –Ma dovrai fare di meglio.-
-Così?-
Esegui una finta di
sinistro e poi ruoti il tuo corpo sferrandogli un calcio al mento che va a
segno, ma lui accompagna il colpo e con una piroetta è di nuovo in piedi.
-Bene.- ti risponde passandosi il dorso della mano su un labbro –Ora
facciamo sul serio. Vediamo se l’addestramento paga, ragazzo.-
Le
sue mosse… su una cosa non mente: ha ricevuto lo stesso addestramento dell’originale
Capitan America, lo stesso che è stato impartito a te fin da quando eri un
ragazzino. Qual è il segreto di quest’uomo? Se uscirai vivo da questa storia
devi scoprirlo a tutti i costi.
Rogers salta e ti
colpisce al plesso solare con un calcio a piedi uniti e tu non puoi che cadere.
Sei troppo abituato a contare sullo scudo per parare colpi di questo genere e
ti sei esposto troppo. Non rifarai lo stesso errore… o almeno lo speri.
Rotoli su te stesso
evitando un nuovo colpo e ti rimetti in piedi.
Sotto la maschera che
le copre il volto, Citizen V si morde le labbra. È da tempo
che aspetta questo momento: l’opportunità di rifarsi con la donna che le ha distrutto
la vita. In un’altra vita era Dallas Riordan, assistente del sindaco di New
York, poi la Baronessa l’ha imprigionata, drogata e ipnotizzata affinché
credesse di essere l’Incappucciata, leader di un’incarnazione dei Signori del
Male sconfitta dai Thunderbolts,[5]
In seguito l’ha pure fatta evadere, rendendola così una latitante ricercata. La
sua sola speranza adesso è catturare la Baronessa e dimostrare che era lei la
vera colpevole. Certo: se la porta davanti ad un giudice, lei potrebbe rivelare
che Citizen n V e Dallas Riordan sono la stessa persona, ma è meglio che essere
ritenuta una pericolosa supercriminale.
Citizen V studia la
sua avversaria, immobile, aspettando, poi la Baronessa si muove e prova a
sferrarle un pugno. Prova, perché Citizen V le blocca il polso con la mano
sinistra e quando la Baronessa prova ad usare l’altra mano, blocca anche
quella.
Da dietro la veletta,
la Baronessa sibila:
-Maledetta impicciona.-
-Che c’è, Heike, non dirmi che non riesci a liberarti da una semplice
presa ai polsi?-
Heike Zemo si divincola
e spinge la sua avversaria a fare un passo indietro. La suola dello stivale
destro della ragazza pesta un lembo del suo lungo e svolazzante mantello.
Citizen V perde l’equilibrio e cade in avanti. Per la sorpresa molla la presa
sui polsi dell’avversaria, che le sferra un calcio con il suo stivaletto coi
tacchi a spillo e poi, una volta che è definitivamente a terra, le pone un
piede sul petto.
-Ti è andata male eh?- la irride la Baronessa –I lunghi mantelli
possono essere traditori, non lo sapevi?-
-Invece le cappe rosse con annesso dispositivo di invisibilità e teletrasporto
sono molto meglio?-
-Ah quello? Guidare i Signori del Male nei panni dell’Incappucciata è
stato un bel divertimento, lo ammetto. A quei tempi mi annoiavo un po’.-
-Anche far accusare un’innocente dei tuoi crimini è stato divertente?-
-Più che altro è stato comodo. Avere a portata di mano il perfetto
capro espiatorio e sbarazzarmi di una seccatrice al tempo stesso era un’occasione
troppo ghiotta.-
-Grazie, era tutto quello che volevo sentire.-
Con un rapido
movimento Citizen V afferra la caviglia dell’avversaria e la torce facendole
perdere l’equilibrio, poi altrettanto rapidamente si rialza e con disinvoltura
si slaccia il mantello dalle spalle.
-Ora possiamo farla finita.- dice.
3.
Montecarlo: un nome che evoca ricchezza, lusso, fascino e gossip. Non è
un posto per tutti, ma per pochi previlegiati.
Steve
Rogers si aggira per i tavoli di uno dei più famosi casinò della piccola nazione.
Indossa uno smoking con giacca bianca con la naturale eleganza di chi sembra
nato per portarlo. Pochi capirebbero, vedendolo, che viene da uno dei quartieri
poveri di New York (o almeno lo era ai tempi della Grande Depressione). Al
contrario, Jack Monroe si sente decisamente un pesce fuor d’acqua. Lo smoking
con giacca nera che indossa può mascherarlo bene, ma nel suo intimo lui
continua a sentirsi un ragazzino del Connecticut invitato alla festa dei vicini
ricchi. Insieme stanno cercando un’assassina.
Le
informazioni avute tramite Nick Fury hanno loro permesso di scoprire che una
donna che risponde alla descrizione di Lupa Lupoff, l’Esecutrice, è arrivata di
recente a Montecarlo, dove se ne sono perse le tracce. Il pezzo di carta
recuperato da Nomad conteneva l’indirizzo del Casinò ed eccoli qui a cercare
non sanno neanche bene loro cosa.
Steve si sarebbe sentito
più tranquillo se avesse potuto parlare direttamente con Nick, ma non è
riuscito a trovarlo e non sa dire perché ma la cosa lo fa sentire inquieto. Ha
usato i codici che Nick gli ha dato per accedere alle informazioni di cui aveva
bisogno ed avere in tempo utile i documenti e tutto quanto gli occorreva per
raggiungere la sua destinazione ed agire. Dopo tutti questi anni, la tecnologia
moderna ancora lo sconcerta. Se gli Alleati ne avessero potuto disporre durante
la Guerra, forse…
<<Ehi Steve, trovato niente?>> la
voce di Jack risuona perfettamente nel minuscolo auricolare inserito nel suo
orecchio destro, ma è assolutamente inudibile per tutti gli altri.
-Nulla e tu?-
<<Se avessi visto una rossa da sballo,
te lo direi, non preoccuparti. Continuo a tenere gli occhi aperti.>>
Chi può essere il
bersaglio della rediviva Esecutrice? Ed è davvero qui? Se avessero sbagliato
tutto ora quella donna potrebbe star uccidendo qualcuno a miglia di distanza. Inutile farsi il sangue cattivo, meglio pensare positivo e… un
momento: proprio davanti a lui, seduta al tavolo del baccarat. L’ha
vista solo in foto e filmati di repertorio, ma è sicuro di non sbagliare:
indossa un abito da sera rosso fuoco con una scollatura che definire ampia è un
eufemismo. È seduta tra due uomini dall’aria facoltosa. Sarà uno dei due il suo
bersaglio? Uno dei due è un Texano, lo capisce dal cravattino che porta al posto
del tradizionale papillon dello smoking e dallo Stetson che indossa. Quasi
certamente porta gli stivali, anche se lui non può vederli e… e... lo conosce.
Ora che lo vede bene in volto si ricorda di lui: Texas Jack Muldoon, un
eccentrico miliardario texano che lo aveva aiutato una volta.[6]
È lui il bersaglio di Lupa, oppure l’altro uomo al suo fianco? Sui 50, capelli e barba neri appena spruzzati di grigio, aria
sicura di se, un uomo di potere si direbbe... Non lo conosce, ma è per quello
che esiste la tecnologia. Una rapida foto, un invio discreto e nel frattempo…
-Jack, raggiungimi.-.
Una
rapida spiegazione e Jack Monroe si pone con discrezione al suo fianco.
-È lei, vero?- sussurra Steve.
-Si, è Lupa Lupoff, la riconosco benissimo.
Prendere un colpo di pistola nello stomaco non le ha fatto troppo male, pare.
Per essere un cadavere è più bella che mai. Credo di essere
tornato nel giro da troppo poco tempo per essermi abituato alle resurrezioni.
Che si fa adesso?-
-Sospetto che il suo bersaglio possa essere il
petroliere Texano alla sua destra, una mia vecchia conoscenza… o meglio di
Capitan America, Lui Steve Rogers non sa neanche chi sia. Non escludo, però
l’uomo alla sua sinistra.-
-E chi è?-
-Ancora non lo so, ma la risposta mi è appena arrivata…
Ma guarda un po’!-
-Chi è?-
-Alexander Vassilievitch Lukin, ex generale
dell’Esercito Sovietico e poi Russo. Ora CEO[7]
della Kronas Inc. Una multinazionale dell’energia, quello che in Russia chiamano
un Oligarca.-.
-Un russo capitalista. Le cose sono davvero
cambiate dai miei tempi. Questo cambia
le cose. Non pensi che possa essere lui il bersaglio?-
-Non ne sarei sorpreso-
-Ripeto.
Che si fa?-
-Io andrò a sedermi al tavolo con loro. Ho
appena visto che c’è un posto libero, tu sorvegliaci discretamente e tieniti
pronto ad intervenire se le cose si mettessero male.-
-Cosa che non accade mai a quelli come noi,
vero?-
Steve
non risponde e si avvicina al tavolo, sedendosi proprio davanti all’uomo che ha
identificato come Texas Jack Muldoon.
-Spero che non vi dispiaccia se mi siedo.-
È
quello di nome Lukin a rispondere per primo.
-Nessun problema Mr…-
-Hale, Nathan Hale.-[8]
risponde Steve.
Texas
Jack Muldoon fa una leggera smorfia
-Americano come me, gusto?- gli chiede –
-Infatti… sono di New York.-
-Io del Texas, immagino che non la sorprenda.
Mi chiamo John Marshall Muldoon, ma tutti mi chiamano Texas Jack. Il mio
vicino, invece, è un pezzo grosso della vecchia cara Russia. Stiamo facendo
affari insieme e lui preferisce i casinò europei ai freddi uffici. Non è proprio
il mio tipo di posto, ma avevo bisogno di una vacanza e questo posto non manca
di attrattive… come la bellezza che si è seduta tra di noi e che si chiama… come
hai detto che ti chiami, tesoro?-
-Ljuba.- la voce è roca e seducente, una donna
per cui un uomo potrebbe arrivare ad uccidere… se non lo uccide prima lei.
-Troppo difficile da pronunciare bene per un
vecchio texano ignorante come me. Tu non hai difficoltà, vero Alex?
Lukin
accenna un sorriso
-È la mia lingua madre John…- risponde –Comunque,
io sono Aleksandr Lukin, Mr. Hale e vengo da Mosca.-
-Il suo inglese è impeccabile Mr. Lukin.-
-.L’ho studiato a fondo e poi… passo molto
tempo nel suo paese. New York è… una città interessante,-
-Sono d’accordo.- risponde Steve. Al suo
occhio acuto non è sfuggito l’uomo dal fisico massiccio che sta appoggiato ad
una parete e guarda verso di loro. Un guardaspalle di Lukin, probabilmente. Forse
è un errore, si dice Steve, ma decide di azzardare comunque una domanda - Miss…
Ljuba è russa. Siete insieme, per caso?-
Lukin
si lascia sfuggire una risatina:
-A dire il vero l’ho appena conosciuta. Quindi,
se vuole farle la corte, è libero di provarci... come ogni maschio di questo
posto, credo. Le auguro sportivamente di avere successo.-
La
ragazza emette una risata bassa e roca.
-Sei davvero spiritoso Aleksandr
Vassilievitch.- replica –Io sono una modella momentaneamente disoccupata, Mr.
Hale e sono Ucraina, non Russa. Anche lei è un uomo d’affari?-
-Lavoro nel settore sicurezza internazionale,
diciamo.- risponde Steve.
-Un contractor’- interviene Lukin –potrebbe
interessarmi. Ho molti interessi in zone calde del pianeta.-
-Nove!- urla il croupier –Il giocatore numero
cinque vince.-
Tutti
guardano verso Steve che sorride. Il vero gioco deve ancora cominciare.
La
città è Washington D.C. capitale della Nazione, il luogo non è dei più
piacevoli: l’Ospedale per Veterani Samuel J. Sawyer, dedicato ad un ufficiale
che durante la Seconda Guerra Mondiale fu comandante di una delle più bizzarre
unità di commando dell’Esercito degli stati Uniti. Uno degli antichi membri di
quell’unità sta ora entrando nell’ospedale. Sarebbe difficile dargli più di 90 anni, nonostante i capelli bianchi e di sicuro la giovane
donna bionda al suo fianco non sembra affatto una veterana di quella lontana
guerra.
-Ti ringrazio di avermi voluto accompagnare
Sharon.- dice Gabe Jones - Pensavo che volessi rimanere con tua figlia,-
-Shannon starà bene con il mio maggiordomo ed
il resto del personale della villa finché non torno. Se posso impedire a quei
bastardi che hanno ucciso Peggy di fare altre vittime non intendo tirarmi
indietro.-.
-Sai, non sapevo…nessuno di noi sapeva che
avevi una figlia.-
-Perché non erano affari vostri.- è la secca
risposta, poi Sharon sembra ripensarci -Scusa Gabe, tu non c’entri. Sono io
quella... sbagliata.-
-Uhm… immagino non sia il caso di farti
domande sul padre.-
-Immagini giusto. Ora dimmi. Chi è che
dobbiamo vedere qui?-
-Ora lo saprai, lascia anche a me qualche
segreto.-
I
due percorrono un lungo corridoio ed infine entrano in una camera, dove ci sono
due anziani. Uno dei due è un bianco, sdraiato sul letto e con una flebo al
braccio sinistro. Una rapida occhiata alla cartella appesa ai piedi del letto dice
a Sharon che il suo nome è Patrick O’Toole e la ragazza si chiede se non
dovrebbe ricordarle qualcosa.
Quanto
all’altro… è di colore, di media statura e radi capelli bianchi. Vendendoli
arrivare si alza dalla sedia dove stava e li apostrofa:
-E voi chi diavolo sareste?-
-È passato così tanto tempo dall’ultima volta
che non mi riconosci più, Wash?- replica Gabe.
-Che mi venga un... Gabe sei davvero tu,
dannato figlio di un fucile? Non ti avevo riconosciuto vestito come un
damerino.-
Così
dicendo l’uomo chiamato Wash abbraccia Gabe Jones, poi.
-Ora basta o la tua amica si farà strane idee.
Non mi presenti a questa deliziosa signorina?-
-Sharon, questo è mio cugino Washington Carver
Jones. Non chiamarlo “Whitewash” però o sarebbe capace di darti un pugno sul
naso. Wash… questa è Sharon Carter,
Whitewash
Jones, perché questo nome le ricorda qualcosa? Dove l’ha già sentito?
-Mi chiamavano così sui giornali, Stupidi
giornalisti. Nessuno di loro doveva aver mai messo piede nel Bronx o col cavolo
che mi avrebbero dato quel soprannome.
Ma è passato tanto tempo e siamo invecchiati tutti. Non tu, però, Gabe,
hai 10 anni più di me e sembri il mio figlio maggiore.
-Non esagerare Wash.-
-Voi… lei ed il suo amico eravate gente
famosa?- chiede Sharon un po’ titubante.
Il
vecchio sorride sornione mentre risponde:
-Abbiamo fornito qualche titolo ai giornali
nel 41 ed oltre. Ci chiamavano i Giovani Alleati.-
-Ora mi ricordo di voi!- esclama Sharon -Ho
letto la vostra scheda facendo ricerche su Capitan America anni fa, Whitewash
Jones, “Nocche”, “Tubby” Tinkle e Jeff Sandervilt. Avete lavorato coi giovani
assistenti di Cap e della Torcia Umana Originale: Bucky e Toro.-
Wash
sogghigna:
-Tutto abbastanza giusto... a parte i nomi.
Non sono mai stati sicuro fino in fondo se i giornali ed i fumetti hanno solo sbagliato
a scriverli o se è stato fatto apposta. Tubby Tinkle era Henry Yosef
Tinkelbaum. È scampato alle trappole dei nazisti e poi un autobus l’ha messo
sotto mentre attraversava la strada. Tu guarda che bastarda la vita, ma ha
vissuto bene almeno. Eravamo dei ragazzi
scalmanati all’epoca… beh non tutti: Geoff era abbastanza serio e posato per essere
un ragazzo di 16 anni. Geoffrey Worthington Vandergill
era il suo vero nome, erede di due famiglie in vista di Westchester. Non era un
ricco ragazzino viziato, però e non si tirava indietro quando c’era da menare
le mani. Insieme le abbiamo quasi suonate al Teschio Rosso ed abbiamo rubato
l'auto di Goering sotto il suo naso… o quella era un’invenzione dei fumetti?
Non ricordo più bene le cose ormai.-
-Li hai sommersi di chiacchiere Wash…-
interviene l’uomo sul letto, che fino ad allora sembrava assopito –…non li hai
nemmeno lasciati dire perché sono qui… perché non è una visita di cortesia,
vero?-
-Purtroppo no, “Nocche”.- risponde Gabe –Si
tratta del Teschio Rosso…-
Più
brevemente possibile Gabe spiega ai due veterani come ultimamente il Teschio
abbia intrapreso una campagna di eliminazione di chiunque sia stato legato a
Capitan America durante la Seconda Guerra Mondiale.-
-Non capisco.- commenta Wash Jones –Il Teschio
è tornato in attività da quanto? Più di 10 anni
abbondanti e non si è mai curato di noi, perché proprio adesso?-.
-Bella domanda.- replica Gabe –Chi può sapere
cosa passa nella sua testa bacata? Sia come sia, Nick Fury l’ha presa sul
personale ed ha deciso di radunare noi vecchi Howling Commandos per stanare il
Teschio e proteggere le sue altre possibili vittime.-
-Con me perderebbe solo tempo.- commenta
Patrick “Nocche” O’Toole –Sarà già abbastanza se vivrò un’altra settimana. Non
ne valgo la pena.-
-Mi dispiace, Mr. O'Toole.- dice Sharon.
-Non riempie di gioia nemmeno me, miss… ma ho
avuto una vita piena in fondo: dei bravi amici, una moglie che ho amato,
quattro figli e otto nipoti… per non parlare del pub che ora gestisce mio
nipote. Non male per un vecchio sergente istruttore dei Marines, non crede? Non
ho molti rimpianti e quando la nera signora arriverà, sarò pronto ad accoglierla.-
Detto
questo, il vecchio reclina la testa e sembra assopirsi. In
quel momento ecco entrare un’infermiera.
-Scusate,- dice –Devo cambiare la flebo al
sergente O’Toole.-
Sharon
si scansa, dando solo una fugace occhiata all’infermiera, poi riflette: qualunque
cosa ci sia nella flebo, sembra ancora quasi piena. Che necessità c’è di
cambiarla? E poi quella ragazza ha un’aria inquietantemente familiare, ma, dove
l’ha già vista? Mentre la vede avvicinare la mano destra a Wash Jones, smette
di farsi domande e scatta. Prima che possa toccare la spalla dell’uomo.
-Ferma!- intima alla ragazza –Qualunque cosa
tu abbia nella tua mano, lasciala andare.-
-Lurida cagna.- è la risposta dell’altra, che
scatta, cercando di graffiare Sharon con un anello da cui spunta un piccolo
ago, ma l’agente dello S.H.I.E.L.D. è svelta nell’evitare il colpo. Non altrettanto, però da evitare di essere proiettata oltre la
testa della sua avversaria da un’abile mossa di judo. Solo il suo addestramento
le consente di ammortizzare gli effetti del volo. Mentre la falsa infermiera
corre fuori dalla stanza.
-Sharon!- urla Gabe Jones,
-Non pensare a me.- gli urla Sharon -Prendila!-
Gabe
corre fuori e vede la giovane donna girare un angolo. Senza perdere tempo il
vecchio agente la segue e si trova davanti delle porte che ondeggiano, sente un
urlo strozzato, accellera.
Esce
nel cortile delle ambulanze. A terra c’è un uomo con un camice da dottore sopra
un’uniforme. È morto, il suo volto deformato in un ghignante teschio rosso, la
stessa sorte che sarebbe toccata a Wash se Sharon non avesse fermato la ragazza…
ragazza che adesso sembra scomparsa nel nulla. Se non altro ha fallito la sua
missione, anche se un’innocente c’è andato di mezzo. Il Teschio non ne sarà
affatto contento e almeno questo non gli dispiace per niente.
Elizabeth Mary Mace, maggiore dei Marines, membro del J.A.G.[9]
della Marina degli Stati Uniti, segretamente agente della D.I.A.[10]
ed ancor più segretamente supereroina con il nome di American Dream ha appena
finito di cenare con un gruppo di ufficiali della base in cui è ospite. Gli ufficiali
di sesso femminile sono pochi (che sia per non causare
troppi problemi con le autorità locali e la loro interpretazione del Corano? Si
chiede) e lei si è ritrovata ad essere al centro delle
attenzioni di quasi tutti quelli maschi. La cosa, lo ammette, la lusinga e se
ne avesse il tempo ce ne sarebbero un paio con cui si lascerebbe andare volentieri.
Sorride pensando a come reagirebbe quel boy scout di suo fratello ad
affermazioni come questa, per tacere di Marty Mitchell. Loro due avranno anche
un rapporto aperto, ma lui non si merita questo. In fondo è un po’ conformista
anche lei.
Una
doccia veloce e dovrebbe ficcarsi sotto le lenzuola. Questo sarebbe il programma
di Liz Mace, ma quello di American Dream è ben diverso.
Indossato
il costume di riserva, che sostituisce quello fatto a pezzi nello scontro della
sera precedente, Liz esce e lascia che il vento le accarezzi quella parte di
viso lasciata scoperta dalla maschera e le scompigli i capelli biondi. Sospira
mentre raggiunge un certo capannone. Spera che il piano funzioni ed intanto non
può che aspettare… un’attesa che non dura a lungo.
-Hai visto Aminedi?
È tornata, te lo avevo detto che lo avrebbe fatto. Sarà anche una donna, ma ha
coraggio.-
-Ora posso
ucciderla, Black Razeer?-
American
Dream si volta verso i suoi avversari, stringe i pugni preparandosi alla
battaglia e spera di sopravvivere.
4.
Steve
Rogers ha atteso il momento giusto e poi, indossato il suo costume, si è
rapidamente confuso con le ombre della notte. Deve ammettere che gli piace
saltare di tetto in tetto, sentire il vento sul viso. Non avrebbe dovuto accettare
questo incarico, gli piace troppo. Aveva giurato di smetterla ed ora invece… non
ritornerà sui suoi passi: l’altro Steve Rogers merita nella morte gli onori che
la sua vita difficile gli ha negato.
Finalmente
raggiunge la sua meta. Dal suo guanto si srotola un fillo sottile ma resistentissimo,
che gli permette di scalare la parete dell’albergo fino alla finestra
prescelta. Qui è un giochetto da ragazzi forzarla senza far scattare allarmi ed
entrare nella stanza… ed è a questo punto che ode l’inconfondibile rumore dello
scatto del cane di una Colt 45.
-Un solo movimento e ti stendo, intruso.-
La
voce dall’inconfondibile Accento texano dell’occupante della stanza.
-Ne sono convinto Texas Jack...- dice con
calma Steve –... ma io non sono un nemico.-
-Mi conosci, dunque.
Un punto per te. Io invece non so chi sei. Dal costume non mi sembri un comune
ladro, ma piuttosto uno di quei supereroi, il che non mi impedirà di spararti
se fai una mossa ostile. Perché dovrei credere che non ne farai?-
Sarebbe così facile
dirgli tutta la verità e rivelarsi a lui. Gli crederebbe lo sa, ma Steve non ha
intenzione di farlo.
-Il mio nome non ha molta importanza.-
risponde –Lavoro con lo S.H.I.E.L.D. e sono qui per avvertirla che la sua vita
è in pericolo. La ragazza che era con lei è una pericolosa assassina professionista.-
-Vuoi dire la giovane russa o quello che è? Mi
ha piantato proprio sulla soglia della mia camera. Si vede che non ero il suo
tipo. Magari è andata a cercare il mio socio russo o quel giovanottone
americano che era al nostro tavolo stasera… ma, ripensandoci, lui possiamo escluderlo,
giusto?-
Steve non replica. Se
Muldoon non era il bersaglio, allora forse è davvero Lukin. Nomad lo sta
sorvegliando e dovrebbe potersela cavare con una senza poteri speciali come
Lupa Lupoff, ma non si può mai sapere.
-Devo salutarla Texas Jack.-
-Aspetta, Straniero senza Nome, vengo con te.-
Colpo
su colpo l’uomo d nome Mike Rogers sa come tenerti testa e si sta prendendo un
vantaggio sempre maggiore. Se continua così, perderai. Bel Capitan America che
sei. Steve Rogers non si sarebbe mai fatto trattare così e nemmeno tuo nonno.
Nel momento in cui è più importante, ti stai dimostrando un fallimento… ed è a
questo punto che interviene un elemento nuovo: J. William Mace, tuo padre, è
riuscito a liberarsi dai due sgherri della Baronessa che lo trattenevano,
approfittando della loro distrazione nel seguire i combattimenti e si è
precipitato contro Rogers, il quale gli vibra un colpo di taglio al collo e lo
sbatte lontano.
-Stattene buono, Will.- dice –di te mi
occuperò dopo aver finito col tuo ragazzo.-
-NO!- urli, mentre senti la rabbia montare
dentro di te ed ogni segno di stanchezza svanire come per incanto.- Non lo
farai.-
Sferri
a Rogers un pugno al mento che sembra quasi staccargli la testa dal collo.
-Non è possibile!- esclama l’altro –Tu non…-
Non
lo lasci finire e lo colpisci ancora una volta, stavolta al plesso solare. Non
devi lasciargli il tempo di riprendersi. Colpisci ancora e ancora. Uno, due,
uno, due. Non pensi ad altro che a colpire e a colpire ancora e ancora... poi
una voce ti dice:
-Basta così figliolo, hai vinto…anche la tua
amica ha vinto.-
La
vista ti si schiarisce e finalmente ti accorgi che sia Mike Rogers che la
Baronessa sono a terra.
A
parlare è stato tuo padre.
-Pa… Dottor Mace, sta bene?-
-Avrò una voce come quella di Louis Armstrong
per qualche giorno, ma sto bene. Non è stato un colpo molto forte. E tu…-
Improvvisamente
ti senti debole come un gattino, le gambe ti tremano ed un senso di nausea ti
sale dallo stomaco sino in gola. Ti appoggi all’uomo che ti ha generato finché
la sensazione non passa, pochi istanti dopo.
Nel
frattempo Citizen V ha ripreso il suo mantello e si sta avviando a recuperare
la sua spada, lanciandoti anche il tuo scudo, che afferri istintivamente.
-Abbiamo vinto.- dice Citizen V rivolta agli
uomini della Baronessa –Abbiamo sconfitto i vostri capi e secondo gli accordi
ce li porteremo via assieme al loro prigioniero. A voi la scelta: potete
provare a fermarci o ci lasciate andare. Ve la sentite di battervi per loro?-
Un
silenzio improvviso cala sulla pista di volo, poi le armi si abbassano.
-Scelta molto saggia.- è il commento della
giovane supereroina.
Nel
frattempo tu e tuo padre avete caricato Rogers e la Baronessa, ancora svenuti,
sul velivolo di Citizen V, che vi raggiunge, chiude il portello e si mette al
posto del pilota.
-Meglio filarcela prima che cambino idea.-
commenta.
In
pochi attimi l’aereo si è allontanato a tutta velocità.
Nella sua lussuosa suite in uno dei più belli
e costosi hotel di Montecarlo Aleksandr Vassilievitch Lukin sta parlando col
suo assistente personale, Leon.
-Devo ribadirlo, Alek…- sta dicendo
quest’ultimo -…secondo me stai giocando una partita troppo pericolosa.-
-Obiezione debitamente annotata, mio caro e
vecchio amico.- risponde Lukin –Comunque non è un’operazione più pericolosa del
far parte di un complotto per rovesciare l’attuale governo russo e degli altri
paesi ex sovietici, non credi? Per fortuna abbiamo tagliato tutti i ponti da
quel punto di vista.-
-Non tutti. Shatalov non sapeva di te e
Stalyenko non è tipo da parlare neanche per salvarsi il collo. Ce n’è ancora un
altro, però ed è pericoloso.-
-Lui? È una scheggia impazzita. Basterà dargli
abbastanza corda e ci si impiccherà con le sue mani. Piuttosto mi preoccupa l’americano
che abbiamo conosciuto stasera. Nathan Hale mi suona falso come nome e se è un
agente di una qualche agenzia americana, potrebbe… ma silenzio ora: sta
tornando la nostra deliziosa ospite e questi non sono discorsi per le sue
orecchie.-
La
ragazza dal vertiginoso abito rosso esce dal bagno ed avanza un po’ barcollante.
-Pare che io non regga bene lo champagne.-
biascica con voce un po’ incerta in ucraino. -Strano perché la vodka non mi fa
niente.-
-Non preoccuparti Ljuba, mia cara, risponde
Lukin nella stessa lingua –Sei comunque splendida. Texas Jack si starà rodendo
il fegato in questo momento.-
-Oh è simpatico, ma tu… tu sei speciale.-
Leon
fa una smorfia di disgusto, ma né Lukin né la sedicente Ljuba sembrano badarci.
In
quel momento si ode un discreto bussare alla porta della suite.
-Ah, la persona che stavo aspettando.
Decisamente puntuale. Vuoi scusarmi, mia cara? Gli affari hanno la precedenza
sul piacere.-
-Mi chiedo che razza di affari si debbano discutere
un’ora prima dell’alba.-.chiede la ragazza.
-Questo non deve interessarti. Ora fai la
brava e vai in camera da letto. Ti raggiungo tra
poco.-
Ljuba
sorride ammiccante e si avvia ancheggiando visibilmente. È appena scomparsa
dentro la camera da letto che Leo, nel frattempo ha
aperto la porta della suite, introduce il nuovo ospite, un uomo elegante dai capelli
ed i baffi grigio ferro.
-Benvenuto Monsieur Delorme.- lo saluta Lukin
in un perfetto francese, appena venato da un’ombra di accento, forse studiata
appositamente.
-Spero che sia stato discreto Monsieur Lukin.-
esordisce l’altro stringendogli la mano –Se si sapesse che sono qui e perché…-
-Non tema. Nemmeno io sono ansioso di far
sapere che sto trattando con un membro influente del Governo Francese e…-
-Mi dispiace Aleksandr Vassilievitch…- la voce
della cosiddetta Ljuba è ora ferma e dura e si esprime in Francese. Il volto
della donna è contorto da una smorfia dura e cattiva. Sta sulla soglia della camera da letto con in un pugno una pistola Makarov,
orgoglio dell’industria sovietica.
-Ljuba… cosa?- esclama Lukin con voce
sorpresa.
-… non avrei voluto doverti uccidere, ma sei
un testimone e l’Esecutrice, la migliore assassina del Teschio Rosso, non
lascia mai testimoni.-
Un dito indice si contrae
sul grilletto ed una pallottola parte verso il suo bersaglio.
FINE QUINTA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
Poche, ma essenziali, note, stavolta:
1)
I Giovani Alleati. Hanno una storia che val la pena di raccontare. La
loro prima apparizione non è avvenuta in una storia a fumetti, bensì in una in
prosa con illustrazioni (all’epoca le leggi postali richiedevano che ogni
pubblicazione avesse almeno due pagine di testo per avere dei vantaggi fiscali)
pubblicata su Captain America Comics #4, datato giugno 1941, in cui però apparivano
come membri del club di fan di Cap e Bucky chiamato Sentinelle della libertà.
La storia è firmata da Stan Lee, che giusto il numero precedente aveva
debuttato scrivendo una breve storia in prosa di Cap (famosa non solo per
essere la sua prima storia, ma anche perché in essa, per la prima volta, Cap
usa il suo scudo come se fosse un boomerang). Dopo un’altra apparizione nel
numero successivo, si guadagnarono il loro fumetto “ Young Allies”, il cui primo
numero è datato Estate 1941, e si guadagnarono anche un nuovo membro: Toro, la
giovane spalla della Torcia Umana. Joe Simon & Jack Kirby misero la loro
firma, ma in realtà la storia era di Stan Lee (e forse di Otto Binder) ed i
disegni di Charles Nicholas, (a parte le splash page di introduzione ad ogni
capitolo, disegnate da Jack Kirby & Syd Shores). La serie durò sino al
numero 20, datato ottobre 1946. Diciamocelo
francamente: i quattro compagni non superpotenziati di Bucky e Toro erano delle
vere e proprie caricature. Rispettivamente: del Cervellone (Jeff), del Nero
(Whitewash), del bulletto di Brooklyn (Nocche) e del
ciccione (Tubby). Ci ha pensato Roger Stern nel 2009 in “Young Allies 70th Adniversary
Special “a darne una versione più rispettosa ed è a quella versione ed ai nomi
che Stern ha dato loro che io mi sono rifatto.
2)
Per
la cronaca, Geoffrey Worthington Vandergill, deve essere in qualche modo
imparentato con Warren Kenneth Worthington III, alias Arcangelo degli x-Men
(c’è da scommettere che il suo nonno materno si chiamava Geoffrey Worthington),
con Vincent Vandergill, (membro del consiglio dei Direttori delle Imperial
Industries, creato da Stan Lee & Jack Kirby & John Severin nel serial
di Nick Fury su Strange Tales #137, datato ottobre 1965) e soprattutto con
George Vandergill, spietato finanziere creato proprio
da Roger Stern assieme a John Romita Jr su Amazing Spider Man #250, datato
marzo 1984. Gli autori non danno mai nomi a caso.
3)
Texas Jack Muldoon è un personaggio creato da Jack Kirby nell’ormai
lontano 1976 ed è, ammettiamolo, un concentrato di tutti gli stereotipi del
Texano, visto che in occasioni non formali ama vestire
come un classico cowboy (eppure non pascola vacche, ma dirige un piccolo impero
del petrolio), è abilissimo con la pistola (che naturalmente è una classica
Colt Frontier 1873) e con il lazo (una volta ha preso al volo Falcon da bordo
di un aereo. Non chiedetemi come abbia fatto è un mistero che la fisica non ha
ancora spiegato -_^). Se non fossi appassionato di Western,
probabilmente, non avrei pensato di ripescarlo… o forse sì, dopotutto ho già
ripescato quasi ogni personaggio che sia mai apparso nelle pagine di qualsiasi
serie dedicata a capitan America dal 1964 a d oggi. In ogni caso, vi prego di
credermi se vi dico che fino ad un minuto prima di scrivere la scena in cui
compare per la prima volta, nemmeno io avevo idea che anche lui sarebbe stato
della partita.
Nel prossimo episodio?
Lupa Lupoff (bel nome eh? -_^),
l’Esecutrice ha colpito il suo bersaglio? I nostri eroi arriveranno troppo
tardi? Qual è il segreto del ritorno del Teschio Rosso degli anni 50 e della
resurrezione degli agenti comunisti di quel periodo? Cosa farà il vero Teschio
Rosso quando saprà dell’esistenza di un altro Teschio Rosso? Quanti altri sono
destinati a morire nel folle piano di vendetta del Teschio? Riusciranno i rinati
Howling Commandos a salvare tutti i bersagli? Continuate a seguirci e forse
avrete la risposta a tutte queste domande nell’esplosivo finale della nostra
saga.
Ho detto forse? Beh,
vorrete lasciarmi qualcosa da scrivere da qui al n° 50, spero.-_^
Carlo
[1] Zemo è apparentemente morto in Vendicatori #76.
[2]La Seconda Guerra Mondiale, ovviamente.
[3] United States Air Force
[4] Vedi Iron Man #41
[5] In Thunderbolts #25 (In Italia su Capitan America & Thor #74/75)
[6] Captain America #201 (In Italia su Thor & Capitan America #181/183)
[7] Chief Executive Officer, l’equivalente del nostro Amministratore Delegato.
[8] Famoso patriota americano della Guerra d’Indipendenza, impiccato dai Britannici nel 1776 per spionaggio e famoso per la frase: “Rimpiango solo di non avere che una vita da perdere per la mia patria”.
[9] Judge Advocate General, ovvero il corpo che fornisce giudici, avvocati e pubblici ministeri alle Forze Armate.
[10] Defense Intelligence Agency, il servizio segreto del Dipartimento della Difesa.