N° 34
(PARTE PRIMA)
PROLOGO
Saigon,
Capitale della Repubblica Del Vietnam (meglio nota come Vietnam del Sud). 30
aprile 1975. Per gli occupanti dell’Ambasciata Americana è una giornata
frenetica. Le truppe del Vietnam del Nord stanno avanzando ed il fragile
governo sudvietnamita si sta letteralmente dissolvendo. L’imperativo comune è
diventato: “Si salvi chi può”. La meta naturale dei fuggiaschi sono le
ambasciate dei paesi occidentali, in particolar modo quella americana, l’ultima
rimasta aperta in questa giornata. Gli americani si stanno preparando ad
andarsene. Tutto ciò che non può essere portato via e che abbia una certa
importanza politico-militare viene distrutto: non deve cadere nelle mani di
quello che sino a poco tempo fa era il nemico. Solo pochi fortunati tra i
Vietnamiti hanno avuto il privilegio di fuggire con gli americani e spesso
hanno pagato questo privilegio a caro prezzo.
Il
sottotenente Jeffrey William Mace del Corpo dei Marines si muove in mezzo ad una folla di persone
freneticamente affaccendate. Questa
guerra è nata storta sin dal principio, pensa, e si è rivelata un disastro, un pantano
da cui ci stiamo tirando fuori come meglio possiamo. Siamo come topi che
scappano da una nave che affonda e la nostra sola preoccupazione al momento è
riuscire a filarcela prima che sia completamente sommersa. Già dal fondo della
strada si odono dei colpi, il nemico è vicino. Nemico? Gli Stati Uniti hanno
firmato un accordo col Vietnam del Nord già da due anni; non c’è più guerra tra
le due nazioni ed i soli militari americani in giro sono quelli che si vedono
in quest’ambasciata… come lui. Era arrivato giusto poco più di tre anni prima,
appena a tempo per prender parte alle ultime missioni di guerra, una delle quali finita in maniera
disastrosa, ed era poi rimasto come ufficiale di collegamento, una definizione,
sospetta, volutamente nebulosa. Era stato lui stesso a chiederlo: il motivo
principale, se non l’unico, per cui aveva chiesto di essere mandato in Vietnam
era tentare di scoprire le circostanze alquanto oscure della morte del suo
fratello maggiore. Tutto quello che erano riusciti a sapere era che era morto
in una non meglio specificata azione di guerra in una zona al confine con la
Cambogia, ma i dettagli erano sempre stati piuttosto vaghi. Il problema dei
Mace è che sono gente piuttosto tenace e lui era deciso ad ottenere risposte
che purtroppo non avrà il tempo di avere, non qui almeno.
Giunto
sul tetto viene salutato dai Marines di guardia. L’evacuazione procede a ritmo
forzato. Il giovane ufficiale si chiede se i nordvietnamiti oserebbero
attaccare l’Ambasciata, in momenti del genere non c’è troppo da fare
affidamento sull’immunità diplomatica. Tra coloro che si preparano ad
imbarcarsi su un elicottero in attesa c’è anche una giovane donna dai capelli
neri.
-Ciao Dorothy.- la saluta lui.
-Oh Will…- Dorothy Allison gli fa
un sorriso carico di promesse –Sono felice di vederti. Vieni via anche tu? –
-Direi che non c’è molta scelta
Dorothy- risponde Will –Qui non c’è rimasto altro da fare e...-
Will
s’interrompe di colpo e Dorothy è quasi intimorita dal suo sguardo.
Istintivamente si volta nella direzione
verso cui il giovane ufficiale sta fissando… un altro ufficiale, con
l’uniforme dell’Esercito: fisico robusto, ma asciutto, capelli biondi. Come se
sentisse lo sguardo dei due su di se si volta brevemente e nei suoi occhi grigi
c’è il lampo del riconoscimento.
Accenna ad un sorriso e poi imbocca la scala
Dorothy
si rivolge a Will e nella sua voce c’è una nota di sorpresa e di altro.
-Will… - gli sussurra –Lui è…-
-Lo so.- risponde Will -… lo so.-
Senza
dire altro si muove per correre dietro all’uomo. Lo ritrova sul tetto
dell’Ambasciata mentre sale su un elicottero assieme ad un vietnamita piuttosto
grasso, che porta con se un paio di pesanti valige. Un ufficiale in fuga, pensa
Will, ce ne sono tanti come lui e si porta dietro il suo tesoro. Non è il
vietnamita, però, ad occupare i suoi pensieri, ma l’ufficiale americano. Non
può sbagliarsi: è lui... un uomo che dorrebbe essere morto e che se potesse
ucciderebbe lui stesso…. Peccato che Jack Ironhoof non sia qui o…
L’elicottero
si solleva e Will rimane a guardare. Sentendosi impotente. Troppo tardi, ma
anche se l’avesse raggiunto, che avrebbe fatto? Un giorno o l’altro, spera, lo
ritroverà e allora…
Dal
fondo della strada arriva il rumore di colpo ed il rombo dei carri armati.
1.
New York City. Oggi. La figura umana si muove tra I canyon di cemento ed acciaio con
scioltezza ed un’abilità sovrumane. È un ottimo atleta, non c’è dubbio su
questo: salta distanze notevoli con un solo balzo, esegue capriole che i
migliori tra gli acrobati avrebbero paura a tentare. Ogni tanto si ferma, come
se cercasse una pista. I suoi occhi scrutano nel buio, la sua testa s’inarca
come se cercasse di percepire suoni ed odori particolari, poi ecco che riprende
la caccia. Alla fine raggiunge il suo obiettivo. Si ferma sul cornicione di un
palazzo e spia l’edificio di fronte e precisamente una camera al 10° piano di
un hotel… quindi prende la sua decisione e salta.
Il Maggior Generale dei Marines Scott Thomas ha appena il
tempo di voltarsi mentre sente la finestra infrangersi e vede di fronte a se
l’uomo: indossa una calzamaglia aderente ed un cappuccio che gli copre il volto
lasciandogli scoperte solamente le labbra e gli occhi. Il costume ha quella
sfumatura di colore tra il marrone e l’arancione che viene solitamente definito
fulvo ed è intervallato da striature simili a quelle di una tigre.
-Cosa….? Chi sei?-
-Un messaggero, Capitano Thomas…-
la voce dell’uomo ha un timbro strano come un accento che gli suona familiare…
o è colpa della maschera? -… sono venuto a dirti che… la jungla respira.-
-La Jungla respira?- il sudore
imperla la fronte del generale mentre si muove cercando di raggiungere la sua
pistola sul tavolino. L’ha chiamato Capitano? E quella frase… no… non può
essere… sono passati più di 30 anni e… -Chi sei? Cosa vuoi da me?- insiste.
-Se vuoi un nome, puoi chiamami
Bengal… quanto a cosa voglio… la tua morte!-
Un
ringhio sommesso proviene dalla gola dell’uomo chiamato Bengal e per la prima
volta, osservandolo meglio, guardando i denti lunghi come zanne, le dita da cui
sono spuntati artigli affilati, Thomas si rende conto che forse chi gli sta
davanti non indossa affatto un costume. A questo punto spara.
Sono
passati meno di due minuti dal momento
in cui i militari nella stanza accanto hanno udito infrangersi la finestra e
poi lo sparo. Quando spalancano la porta di collegamento con la stanza del
generale lo sentono gridare, poi sentono un ruggito ed a questo punto sparano
anche loro… ma non sono abbastanza veloci.
Brooklyn Heights, Brooklyn, New York. Il tuo
nome è Jeff Mace e sei anche Capitan America, la Sentinella della Libertà, un
ruolo che a volte può essere molto pesante. Forse è per questo che stanotte ti
agiti nel letto senza riuscire a prendere sonno o forse c’è qualche altro
motivo. Alla fine rinunci a tentare di dormire e ti alzi per recarti in cucina
a prendere qualcosa di fresco dal frigorifero. Che diavolo ti sta succedendo?
Pensi, mentre ingolli un bicchiere
d’acqua fresca. Che ti sia preso qualche virus? Almeno l’originale Cap era immune
alle malattie grazie al siero del supersoldato, ma tu... tu in fondo sei solo
un uomo comune per quanto ben allenato. Allontani questi pensieri e guardi
l’orologio: le 5 del mattino. Decidi che è inutile tornare a letto, ormai,
meglio provare a rinfrescarti le idee nel modo più tipico per un avventuriero
in costume.
Pochi
minuti e nei panni di Capitan America salti di tetto in tetto giungendo infine
nei pressi del Ponte di Brooklyn e
dall’alto dei suoi piloni contempli le luci di Manhattan. Uhm, se non ricordi
male, da queste parti c’è il Quartier Generale
dei New Warriors, chissà se ci troveresti Spirito Libero? No, lascia
perdere: a quest’ora sarà sicuramente a dormire invece di fare qualche stupida
ronda. Ehi, cos’è quello? Una figura che si muove furtiva. Con la tua fortuna
sarà l’Uomo Ragno. Il calcio arriva così rapido da prenderti assolutamente di
sorpresa e solo il tuo superbo allenamento ti permette di accompagnarlo in modo
tale da non farti cadere dal pilone.
Non hai mai visto prima l’uomo davanti a te, ne sei certo, anche se il costume
che indossa ha qualcosa di familiare.
-Capitan America! Mi stai già
dando la caccia?- dice il nuovo venuto.
-Con tutto il rispetto amico….-
rispondi rizzandoti in piedi -… non so neanche chi diavolo sei.-
-Sono Bengal e tu sei morto.-
L’uomo
scatta verso di te, mentre dalle sue dita fuoriescono artigli affilati.
Istintivamente usi lo scudo per parare il primo colpo, ma il tuo avversario si
dimostra rapidissimo e tenta un secondo affondo che eviti per un pelo. Quegli
artigli sono parte di lui o sono inseriti nei guanti? Ti chiedi, ma è una
domanda che rischia di essere superflua se ti lasci squartare.
-Bengal? Come la Tigre del
Bengala?- ribatti, cercando di sembrare disinvolto -Mi sembri anche meno
socievole. E chi è ti scrivi dialoghi come: “Sono Bengal e tu sei morto”?
Dovrebbero espellerlo dal sindacato scrittori.-
-Sta zitto.-
Salta
ancora verso di te, ma stavolta tu sei pronto ed eviti il suo colpo, mentre il
suo slancio lo porta oltre il pilone. Diavolo non è quello che volevi, se
dovesse morire nella caduta… Senti a malapena il rumore del suo corpo che
piomba in acqua. Ti sporgi per vedere e… sei colto da un improvviso attacco di
vertigini e cadi, precipitando anche tu verso le oscure acque circostanti.
New
York City. Due ore più tardi. Il medico legale scuote la testa con
un’aria tra il perplesso ed il disgustato.
-Allora, Doc, qual è il verdetto?-
gli chiede uno dei detectives.
-A prima vista direi che sono
starti sbranati da una belva feroce. Potrò essere più preciso dopo l’autopsia,
ma per quanto mi riguarda, i segni di artigli e zanne sono più che evidenti sin
d’ora.-
-Una belva? Qui a New York?-
-Qui a New York sono accadute cose
ancora più strane, se non lo sai.-
-Beh le belve non lasciano accanto
alle loro vittime dei bigliettini e, guarda caso accanto al generale ce n'è
uno.-
Allora, forse non è una vera
belva, forse è uno di quei balordi superumani. Ne spuntano come funghi no?-
-Anche troppo vero.-
-E che dice il bigliettino? Posso
saperlo o è un segreto?-
-Figurati. È una sola frase: “La
jungla respira”.
-Uhm… mi ricorda qualcosa, ma sul
momento non saprei dire cosa.-
-Beh, per quel che importa… prima
di domani i militari o i federali ci avranno già tolto il caso, ci scommetto…
che se lo tengano. Io ho già la mia quota di omicidi a cui tener dietro e di
questo posso fare benissimo a meno.-
2.
Albany,
Capitale dello Stato di New York. Il
Senatore di Stato Samuel T. Wilson esce dall’aula della Commissione Sanità,
dove ha partecipato ad una riunione tempestosa sugli stanziamenti per
l’assistenza gratuita ai bisognosi. Subito gli si avvicina la sua segretaria
Abby Lawrence.
-Mi dica che ha buone notizie.- le
si rivolge subito Sam.
-Ah, ne dubito.- risponde la
ragazza sorridendo e mostrando una fila di denti candidi che risaltano sulla
sua pelle color ambra. Come al solito il suo abbigliamento è essenziale: una
camicetta ed una gonna né troppo lunga, né troppo corta, una collana che scende
lungo il collo per finire dentro la scollatura, due piccoli orecchini ai lobi
delle orecchie che spuntano appena dalla capigliatura folta. –Ha un calendario
fitto di appuntamenti, oggi: deve vedere il Capo della Minoranza alle due e poi
c’è la seduta settimanale della Commissione Servizi Sociali, Infanzia e
Famiglie alle 2 e 30 per la discussione del progetto di legge sull’assistenza
ai senzatetto; quindi ha un appuntamento con i rappresentanti dei…-
Sam
non la sta quasi ascoltando, i suoi pensieri sono già volati altrove, ai
dilemmi ed i fantasmi che lo tormentano.
Washington Navy Yard. District of Columbia. Il rientro
al lavoro non è mai facile dopo un prolungato periodo di vacanza, pensa il
Capitano dei Marines Elizabeth Mary Mace mentre oltrepassa la soglia della sede
del J.A.G. della Marina. Che razza di vacanza poi, l'ha passata quasi tutta nei
panni di American Dream impegnata in sessioni di allenamento o a dar la caccia
a qualche cattivo in costume assieme a suo fratello, il campione della Libertà
e della Democrazia, Capitan America.[1]
La ragazza si ferma a guardarsi intorno. C’è il solito viavai di tutti i giorni
ed il suo sguardo si sofferma sul cubicolo che funge da ufficio per Martin
Luther King Mitchell. Non l’ha più rivisto ne sentito dopo che si erano
separati all’aeroporto, consci che il loro rapporto era ormai cambiato per
sempre dopo la notte passata insieme nella camera d’albergo di lei a New York.[2].
Ora deve confessare a se stessa che non sa esattamente cosa vuole. È pronta ad
affrontare una relazione con uno che non solo è un collega di lavoro, ma come
lei è il nipote di un eroe della 2° Guerra Mondiale? Ma la vera domanda è
un’altra: lei vuole una relazione seria con qualcuno? Non è forse vero che ha
paura di impegnarsi, di sentirsi legata? Forse dovrebbe solo lasciare che le
cose vadano per conto loro e non porsi troppi problemi.
-Capitano, può venire nel mio
ufficio?-
A
chiamarla è stato il suo Comandante, il Maggior Generale Arthur Sevier e non
gli si può dire di no, Lizzie si
presenta subito a rapporto.
-Mi hanno detto di spedirla subito
al Pentagono.- le dice senza preamboli il Generale –L’Ammiraglio Nelson l’ha
convocata.-
-Ma… non capisco.- replica Lizzie.
-Neanch’io. Mi è stato detto di
mantenere il segreto e di avvertirla che un’auto l’aspetterà al cancello tra 10
minuti. Francamente queste cose non mi sono mai piaciute, ma non ho molta
scelta.-
Lizzie
è perplessa. Cosa potrà mai volere da lei il Contrammiraglio Superiore Henry H.
Nelson della D.I.A., il servizio segreto della Difesa? Ha a che fare con
l’affare di Clairton?[3]
Ha un solo modo per saperlo.
New York City. È la tarda mattinata quando
arrivi alla redazione di “Now”. Curioso come ti sembri più vuota senza Joy
Mercado. E ti chiedi cosa stia facendo lei in questo momento. Dopo quanto è
successo tra voi qualche notte fa[4]
avete fin troppe cose da chiarire, pensi. Ti metti seduto davanti al tuo
computer e prendi un bel respiro. Inutile negarlo: ti gira ancora la testa. Sei
stato fortunato a sopravvivere alla caduta, molto fortunato. Quel senso di
vertigine è sparito quasi subito, consentendoti di reagire e sono stati solo il
tuo addestramento nell’ammortizzare le cadute ed un sapiente uso del tuo scudo
che ti hanno evitato di spezzarti una buona quantità di ossa nell’impatto con
l’acqua, anche se… forse dovresti farti visitare da qualcuno, un medico dello
S.H.I.E.L.D. magari, o quelli di fiducia dei Vendicatori, perché c’è qualcosa
di veramente strano in tutto questo. Ormai ti sei schiarito la testa e decidi
che forse ti farà bene lavorare un po’.
Ti metti a verificare alcune
notizie che ti potrebbero essere utili anche per i tuoi articoli.
-Come vanno le cose Jeff?- gli
chiede il suo Direttore Charlie Snow. –Stai sempre lavorando al tuo reportage
sulle organizzazioni pseudo razziste?-
-Beh, si Mr Sn… uh… Charlie.- rispondi
-Ultimamente i Figli del Serpente hanno tenuto un basso profilo, ma la
settimana scorsa c’è stato un raid dei Cani da Guardia nel Queens e contavo di
citarlo nella puntata del prossimo numero.-
-Bene, vedo che ti sei rimesso al
lavoro sul serio. Per fortuna, perché con Joy ancora in malattia non c’era
nessuno che seguisse questo lavoro e… ehi cos’è quello?-
-Cosa?-
Snow
indica una notizia d’agenzia che sta scorrendo sullo schermo:
-Il Generale Scott Thomas ucciso
nella sua camera d’albergo… Diavolo, io lo conoscevo quell’uomo, era in Vietnam
con me e tuo padre.-
-Davvero? Interessante.-
Squartato…
e nella stessa notte tu hai incontrato quel Bengal. Una coincidenza? Se c’è una
cosa che hai imparato sia come giornalista, che come supereroe è che bisogna
sempre diffidare delle coincidenze. Forse vale la pena di indagare un po’ sulla
faccenda.
3.
Pentagono,
Arlington County, Virginia. Non è la prima volta che Lizzie Mace entra
in quest’enorme edificio noto in tutto il mondo, ma oggi non sa bene perché è stata
convocata e la cosa la mette un po’ a disagio. Viene introdotta in un ufficio
in cui l’accolgono tre persone. Una di loro è il Contrammiraglio Nelson, un
uomo il cui cognome deve avergli procurato più di una battuta sin dai tempi
dell’accademia, pensa Lizzie. Chissà, magari la H del suo secondo nome sta
proprio per Horatio. Un altro dei presenti è un Brigadiere Generale dei Marines
ed il terzo è un colonnello dell’Aviazione. Entrambe le loro facce le sono
familiari, ma non riesce ad associarle a nessun nome. La ragazza fa il saluto e
rimane rigida in attesa di ordini.
-Riposo capitano.- le dice Nelson
–Si sieda pure.- non accenna a presentarle gli altri due e Lizzie non fa
domande. -Immagino che si starà chiedendo perché l’ho fatta venire. Si chiederà
cosa vuole la D.I.A. da lei.-
-In effetti, signore…- comincia a
dire Lizzie.
Nelson
alza una mano per interromperla.
-Lei ama il suo Paese, Capitano
Mace?- le chiede.
Lizzie
rimane sorpresa per un istante. Domande come quella nascondono sempre un
tranello, pensa.
-Io… certo signore, naturalmente
si.-
-Bene, perché il suo paese ha
bisogno di lei e richiede che lei dia il suo meglio.-
A
Lizzie non sfugge il sorrisetto cinico sul volto del colonnello dell’U.S.A.F.
ed anche un cenno d’intesa come a dire: lo so che ti chiedi dov’è il trucco,
beh lo saprai presto. In effetti, Lizzie è piuttosto curiosa di sapere dove
l’ammiraglio stia andando a parare e lui finalmente decide di accontentarla:
-Il recente problema con gli
alieni ha dimostrato la necessità di una risposta pronta da parte delle forze
di difesa del paese di fronte a minacce speciali. I servizi di Intelligence non
possono rimanere indietro in questo settore, per questo è stato deciso di
formare un gruppo speciale coordinato dalla D.I.A. in stretta collaborazione
con gli altri servizi di Intelligence delle quattro forze armate e lei è stata
selezionata per farne parte.-
-Io?- Lizzie è stupita sul serio,
anche se aveva già cominciato a capire –Ma, con tutto il rispetto signore, io
sono un avvocato e non un agente segreto, non ho l’addestramento per… uhm….
Operazioni coperte.-
-Sciocchezze.- interviene il
Generale –Le sue note di servizio dicono che lei è in gamba e motivata. A
Clairton ha affrontato la situazione con coraggio e determinazione. Tutte qualità
che ci servono.-
Ora
Lizzie lo riconosce: il Brigadiere Generale Joseph Willard Clay, l’attuale capo
del M.C.I.A.[5] I pezzi
grossi si sono mossi, pare, ma cosa c’è veramente dietro? Intelligence sulle
attività superumane hanno detto? Che sappiano… no, non essere paranoica, si
dice.
-Se accetta sarà agli ordini
diretti del Colonnello Michael Rossi che è a capo di questa nuova unità.-
-Michael Rossi?- esclama Lizzie
–Quel Michael Rossi? Avevo sentito dire che era morto.-
Rossi
sogghigna rispondendo:
-Non deve credere a tutto quello
che sente dire su un agente segreto, Maggiore, anche se è vero che ci hanno
provato più di una volta.-[6]
-Maggiore? Lei si sta sbagliando,
io sono Capitano e…
-Non più.- interviene ancora
Nelson –Il suo nuovo incarico comporta un avanzamento di grado con effetto
immediato… se accetta, naturalmente.-
Lizzie
si sente stordita
-Ma… e il mio incarico al J.A.G.?-
chiede.
-Continuerà come prima.- le spiega
Rossi -Il suo incarico in questo nuovo
gruppo sarà segreto e la sua carriera di avvocato sarà la sua copertura. Sarà
sempre pronta però, quando saranno richiesti i suoi servizi speciali.-
Un’allusione?
Rossi sa più di quanto dice? Lizzie sa che probabilmente si pentirà della sua
scelta, ma l’esca è troppo allettante.
-Accetto.- risponde quasi senza
pensare.-
-Molto bene.- è il commento
dell’Ammiraglio –Generale, come ufficiale dei Marines il privilegio spetta a
lei.-
Il
Generale Clay le si avvicina con in mano le mostrine da Maggiore, ma mentre
recita il suo discorsetto di conferimento dei gradi, Lizzie non lo sta più
ascoltando, i suoi pensieri sono rivolti al significato di questo cambiamento
ed alle sfide che porterà.
Washington
D.C. Albert Ransom sta facendo il suo solito giro del parco prima
di andare al lavoro e la sua mente non pensa alla morte, ma la morte sta
pensando a lui.
Non
si accorge nemmeno della presenza del suo assalitore finché quest’ultimo non
gli salta addosso, poi ha solo il tempo di sentire gli artigli sul suo petto e
le zanne che affondano nella sua gola. Non sente nemmeno il proprio urlo quando
muore.
Boston,
Massachussetts. È una giornata
come tante altre per J. William Mace: colazione e lettura del giornale prima di
andare all’Università, ma oggi c’è qualcosa che interferirà con la routine
quotidiana. L’articolo quasi gli sfugge, ma la fotografia cattura la sua
attenzione. Conosce quell’uomo…. Generale Thomas? Era il Capitano Thomas una
volta… una vita fa… sbranato? Questa sì che è una cosa strana. Beh non è una
cosa che lo riguardi. Un momento… che sta dicendo il notiziario?
<<… Arthur Ransom… segni di
artigli… una fonte sicura riferisce che è stato trovato un biglietto accanto al
cadavere… “La jungla respira”. Ci si
chiede…>>
La jungla respira… Thomas… Ransom… non può essere…
eppure… deve saperlo… subito. Compone rapidamente un numero che conosce a
memoria.
-Ciao Fred, sono Will, devo
chiederti un favore.-
Quando
esce di casa per recarsi all’Aeroporto Logan Will non si accorge del paio di
occhi che lo scrutano dalle ombre. Il predatore sogghigna mostrando i denti lunghi come zanne. Non è
ancora il tuo turno pensa.
4.
New York City. Palazzo dei Vendicatori. Sollevi lo sguardo dallo schermo del computer
e ti metti a riflettere. C’era un Bengal che si è scontrato con Devil ed i New
Warriors un po’ di tempo fa, ma non somiglia al tipo con cui ti sei scontrato.
Giureresti che quel Bengal non indossava un semplice costume e che zanne ed
artigli fossero veri. Si tratta dello stesso Bengal mutato o di qualcun altro
più pericoloso? Forse Justice[7]
potrebbe dirti di più se riuscissi a trovarlo, ma singoli od in gruppo i supereroi tendono troppo spesso ad
essere impegnati altrove quando ne avresti bisogno. Non ti resta che affidarti
ad altre vie per trovare il tuo uomo. Sei riuscito a scovare una lista: sono i
componenti di una compagnia di Marines in servizio oltre trent’anni fa in
Vietnam. Due dei componenti sono stati assassinati nelle ultime 24 ore e che
sia opera dello stesso assassino ci sono pochi dubbi, anche perché ha lasciato
la sua firma: un bigliettino con una frase sibillina. Quel Bengal sta dando la
caccia ai superstiti di quella compagnia, ma perché? La risposta potrebbe
essere in qualcosa che è successo in Vietnam, ma i documenti sono segretati
anche per chi possiede la Priorità A1. Hai bisogno di aiuto per saperne di più,
per quanto ti secchi. E c’è di più: tuo padre era uno degli ufficiali di quella
compagnia quindi è sulla lista del killer e non è un pensiero adatto a farti
stare tranquillo, ma è anche vero che lui potrebbe darti le risposte che
cerchi… o almeno qualcuna. E poi c’è il biglietto trovato vicino ai cadaveri:
“La jungla respira”. Non era la stessa frase che, secondo tua sorella, quel
tipo, la Tigre Volante, le aveva chiesto di riferire ai tuoi genitori?
Qual
è il legame tra la Tigre Volante con questo Bengal e col passato dei tuoi
genitori e del Vietnam? Se non
riesci a scoprirlo in fretta, possibilmente prima del prossimo omicidio, non
sei certo di poterti dire degno del nome di Capitan America.
Harlem, New York. Non è
stato un anno facile per la ragazza di nome Nyla Skin, ma ultimamente sembra
aver trovato una relativa stabilità lavorando presso la Prima Chiesa Battista
di Harlem. I suoi problemi con la giustizia sono dietro le spalle e può pensare
ad un futuro decente per suo figlio Jack e di questo deve ringraziare Matt
Murdock. Sta pensando a questo quando vede entrare in chiesa un uomo. Sulle
prime non riesce a riconoscerlo a causa della luce che gli lascia in ombra il
volto, ma poi riesce a capire chi è.
-Senatore Wilson!- esclama –Cosa
ci fa qui?-
Sam
Wilson fa un sorriso amaro.
-Ho bisogno di un motivo per
entrare in chiesa?- replica. Le sue mani scorrono sulle panche di legno mentre
avanza all’interno –Ci sono cresciuto qui dentro. A volte mi sembra che sia
stato una vita fa. C’è il reverendo Garcia?-
-Per te ci sono sempre Sam.-
risponde il Pastore uscendo da una porticina -Che cosa posso fare per te?-
-Non… non ne sono sicuro. Credo di
aver bisogno di parlare con qualcuno.-
Garcia
lo squadra attentamente, poi risponde:
-Ma certo! Vieni nel mio ufficio.
Nyla, se mi cercano io sono occupato, ma non dire a nessuno con chi.-
-Va bene reverendo.- risponde
Nyla.
La
ragazza torna al lavoro. Chissà che tipo di problemi può avere il senatore, si
chiede, meglio non stare a pensarci troppo: vivendo sulla strada s’impara a non
impicciarsi troppo degli affari altrui, un dogma di vita a cui lei si è
attenuta quasi sempre.
Midtown
Manhattan. Quando esce dallo studio del suo oftalmologo Joy Mercado non
si aspetta di trovare un comitato d’accoglienza costituito da un solo uomo, ma
non è di certo sorpresa che si tratti di te.
-Mace!- esclama –Riconoscerei il
profumo del tuo dopobarba dovunque, che ci fai qui?-
-Ho pensato di venire a vedere
come stai.-
-E come hai fatto a sapere che ero qui? No, non dirmelo, il
custode del mio palazzo ha la lingua troppo lunga, giusto?-
-Un buon giornalista protegge
sempre le sue fonti, lo sai.- replichi –Allora come stai?-
-Secondo il dottore dovrei
riprendere a vederci normalmente entro una decina di giorni. Per ora distinguo
solo ombre confuse ed è già meglio di pochi giorni fa.-
-Ne sono contento.-
Accidenti,
pensi, ti stai comportando come un vero imbranato. Perché quando si tratta di
affrontare supercriminali hai meno problemi che a parlare con una donna che
t’interessa?
-Sai che ci tengo a te.- riesci a
dirle. Penoso, pensi, davvero penoso.
-Mace… Jeff, sei davvero un bravo
ragazzo…- replica lei -… ma quello che è successo l'altra notte era solo del
buon sesso tra adulti consenzienti. Ci siamo divertiti, ma non vuol dire che ci
siamo fidanzati. Io sono una donna
libera e preferisco restarlo e ad essere sincera, non so se sarebbe una buona
idea per uno come te confondersi con una come me.-
-E come sarebbe una come te?-
Joy
scuote la testa.
-Lasciamo perdere, è meglio.-
-E se non volessi lasciar
perdere?-
Lei
ride
-Allora saresti più matto di
quanto sembri.-
Ti
tira per la cravatta e ti bacia, poi sale sul taxi in attesa e ti dice:
-Vuoi restar lì come un fesso o
vieni anche tu?-
Rinunci
a capirci qualcosa e sali con lei.
5.
Colorado.
Carcere Federale per Superumani chiamato “La Volta”. Quando lo vede
Will Mace non può fare a meno di
trasalire è straordinariamente
somigliante a Steve Rogers, solo un po’ più vecchio e con i capelli ingrigiti
alle tempie, anche se la cosa passa abbastanza inosservata, confondendosi il
naturale color biondo cenere.
La
somiglianza con Steve Rogers non è sorprendente, se si pensa che dice di essere
un suo lontano parente: Michael Walter Rogers, ufficialmente deceduto il 7
dicembre 1941 durante l’attacco giapponese a Pearl Harbour che portò gli Stati
Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Dice la verità? Probabilmente si, ma non
lo si sa con certezza. I suoi presunti genitori, Walter ed Elizabeth Rogers,
sono morti da tempo; il suo unico fratello, Grant, è stato uno dei tanti
dispersi di quella stessa guerra; la casa natale in Connecticut è in rovina e
non si sono trovati altri parenti. Un riscontro del DNA sarebbe possibile solo
se si riesumassero i cadaveri dei genitori, ma nessuno ha ancora deciso di
farlo. L’uomo indossa delle manette speciali. Anche se, a quanto sembra, non ha
alcun potere speciale e le sue abilità derivavano dal suo costume di Tigre
Volante, nessuno ha voluto correre rischi. Quando vede Will Mace sorride e
dice.
-Da quanto tempo Will…. Troppi
anni, forse. Aspettavo una tua visita, prima o poi. Sei un po’ sovrappeso, ma
non stai affatto male, sai? E come sta Dorothy?-
-Chiunque tu sia, lascia in pace
mia moglie.- sbotta Will, poi sottovoce aggiunge -Avrei dovuto ucciderti trent’anni fa, bastardo.-
-Si, avresti dovuto… sempre che ci
fossi potuto riuscire e non è detto. Ma
bando ai complimenti. Non sei qui per una gita di piacere, lo sappiamo bene,
allora perché sei qui?-
-Io credo che tu lo sappia…
Thomas… Ransom e quei biglietti sui
loro cadaveri: “La jungla respira”. Tu sai di che si tratta, vero?-
-Certo… e lo sai anche tu…
vendetta.-
-I morti non possono vendicarsi.-
-Chi può dirlo? Ne ho viste di
cose strane negli ultimi 60 anni puoi credermi. Ma che t’importa poi? Credevo
che li volessi morti anche tu quegli uomini.-
-Non tutti, soprattutto te.-
Il
prigioniero scoppia a ridere
-Sai essere divertente Will, lo
sai? Del resto ci provasti ad uccidermi là in Vietnam, ricordi?
-Si… ricordo.-
Da
qualche parte lungo il confine tra il Vietnam ed il Laos, agosto 1972. L’uomo
ha i capelli biondi arruffati e
sporchi, il volto annerito da qualche sostanza, la divisa è lacera in più
punti. È in ginocchio e fissa la bocca di una pistola. Il giovane ufficiale in
piedi davanti a lui e che impugna quella pistola dimostra a malapena vent’anni,
il dito gli trema sul grilletto. L’uomo a terra non dimostra alcuna paura.
-Beh, che aspetti?-incalza –Spara
se è questo che vuoi fare.-
-Si… lo uccida tenente.- interviene
un altro soldato dai lineamenti che lo identificano come indiano americano –Non
si merita altro, quel bastardo.-
Il
tenente Will Mace serra il suo dito sul grilletto.
Washington D.C. Oggi. Forse è stato un azzardo presumere che Bengal
colpirà qui, ma non è che tu avessi tante altre alternative, dopotutto. Se
davvero Bengal intende uccidere coloro che facevano parte di quella particolare
compagnia di Marines, allora gli sono rimasti solo quattro superstiti, tra cui
tuo padre. Ha colpito per primo Thomas che ne era il capitano, poi Ransom che
era tenente del primo plotone, quindi tanto vale provare con Robert Vance,
allora tenente del secondo plotone ed oggi Tenente colonnello, e sperare che
vada bene. Certo non è piacevole restarsene appostato qui, su questo tetto con
vista sul Potomac, ma quando hai indossato questo costume hai preso un impegno
molto solenne a cui non intendi sottrarti.
-Che ci fai qui, tu?-lo apostrofa
una voce improvvisa alle sue spalle.
Bengal
è riuscito ad arrivarti dietro senza che tu riuscissi a sentirlo.
-Non impicciarti di questa
faccenda.- ti intima risoluto -Non è affar tuo. Perché non te ne vai a suonarle
a qualche combattente afgano o iracheno? Non dovrebbe essere quello il tuo
posto?-
La
secca ironia nel tono della sua voce basta a farti arrabbiare.
-Il mio posto è dovunque vengono
commesse delle ingiustizie.- rispondi -Non permetterò che tu uccida ancora.-
-Uccido solo degli assassini,
lasciami compiere la mia opera di giustizia.-
-Se quel che dici è vero, allora portali
davanti ad un Tribunale e lascia che decida una giuria.-
L’altro
ride e ribatte:
-La tua giustizia è un’utopia,
preferisco la mia. Sono io il giudice e la giuria qui ed il mio verdetto è la
morte.-
Pronunciando
queste parole, Bengal si lancia su di te, ma tu sei estremamente rapido nel
bloccarlo, afferrandogli i polsi e torcendoli verso il basso.
-Non mi aspettavo che tu fossi
così forte e veloce.- ti dice –Ma non importa, non ti permetterò di fermarmi.-
Vi
osservate in silenzio digrignando i denti, poi ecco che ancora una volta ti
senti preda di un familiare senso di vertigine e di nausea ed allenti la presa.
È un vantaggio di cui Bengal è lesto ad approfittare. Si libera i polsi e
colpisce con i suoi artigli contro il tuo petto Tu perdi l’equilibrio e mentre
cadi all’indietro nel vuoto sottostante, odi appena la sua voce che dice:
-Mi dispiace, non volevo che
finisse così.-
Poi
non senti più niente.
NOTE DELL’AUTORE
Inizia qui una sequenza di storie
che si ripromette di far luce su alcuni segreti che circondano la famiglia Mace
ed altro ancora. Su questo episodio in particolare non c’è molto da dire, salvo
che:
1) l’originale
Bengal, comparso per la prima volta in Daredevil Vol 1° 258, era il solo
sopravvissuto, appena bambino, di una strage compiuta da una pattuglia di
soldati americani in un villaggio vietnamita che, una volta cresciuto, cercava
vendetta sui responsabili. Se all’epoca di quella storia (1988) e delle
successive che videro Bengal protagonista e che sono apparse nei primissimi
anni 90. aveva senso che sia lui che i protagonisti della vicenda, tra cui
figuravano anche Willie Lincoln, comprimario di Devil e Will Talltrees, in
seguito Red Wolf, fossero, per così dire, reduci di quella guerra, oggi ad
oltre 30 anni di distanza dalla fine dell’impegno americano non appare più
molto credibile, ecco perché ho deciso di creare un nuovo Bengal.
2) Questo
Bengal è diverso dal precedente, che era solo un atleta mascherato, infatti,
possiede la forza, l’agilità e forse molto di più di una vera tigre del
Bengala, ma sulle sue origini torneremo nel prossimo episodio.
3) Nel
prologo trovate citato un tale Jack Ironhoof, se il nome vi è familiare è
perché forse lo avete già sentito in un’altra serie Marvelit, ma pazientate, ne
saprete di più nel prossimo episodio.
Nel
prossimo episodio, per l’appunto: Cap è davvero fuori gioco? E chi salverà il
Colonnello Vance, allora? E qual’è il ruolo del misterioso uomo che si faceva
chiamare Tigre Volante? Avrete qualche,
ma non tutte le risposte proprio qui
in un altro scintillante capitolo delle vite del nostro variegato cast
di personaggi. Non mancate… Oh, quasi dimenticavo di menzionare il ritorno di
Steve Rogers. -_^
[1] Nell’ultimo episodio ed in Avengers Icons a partire dal #33.
[2] Sempre nell’ultimo episodio.
[3] In Difensori #45/49.
[4] Ovvero nello scorso episodio.
[5] Marine Corps Intelligence Activities, il servizio informazioni dei Marines.
[6] Per esempio da Steven Lang in (Uncanny) X-Men #96 (Capitan America, Corno, #118).
[7] Vance Astrovik, alias Justice, uno degli originali New Warriors.