PROLOGO: Lungo il fiume
St. Paul, al confine con la Liberia
La guerriglia era lontana,
ormai. La barca poteva procedere senza timore di essere fermata.
Lungo le rive, si stendeva la
giungla. Quella era una zona accuratamente evitata dai turisti…ma così lo era
tutta la Liberia, ormai considerata troppo pericolosa per le capricciose
frivolezze degli occidentali.
La barca era un motoscafo, un
modello nero e blu truccato, acquistato da contrabbandieri Italiani per
sfuggire alle motovedette della Guardia di Finanza.
Ad intervalli regolari,
l’uomo di colore al timone spostava lo sguardo verso gli schermi del radar e
del sonar. Gli avevano assicurato che non ci sarebbero stati ostacoli,
tuttavia…
Per la stessa ragione, un
altro uomo di colore, seduto accanto a lui, faceva da vedetta con un potente
binocolo da marina.
Finalmente, giunsero in vista
di una piccola insenatura naturale: lì, avrebbero trovato, adeguatamente
mimetizzati, i ganci per l’attracco. I guerriglieri avevano usato molto spesso
quel luogo per il carico e scarico di armi e cibo: la folta copertura degli
alberi nascondeva bene le attività agli indiscreti satelliti degli Americani…
La barca iniziò a deviare
verso l’insenatura… “Ehi, cosa sono quelli?” fece l’uomo accanto al timoniere;
puntava verso la riva sinistra -era sicuro di avere colto uno scintillio di
metallo…
Allo stesso tempo, il radar
segnalò tre puntini!
Li avevano scoperti!
Un momento dopo, le cime
degli alberi frusciarono. Dirette verso di loro, raffiche di plasma partirono
dalle fronde!
Istintivamente, gli uomini si
chinarono, temendo di essere sotto tiro… Invece, non un colpo li raggiunse.
Due esplosioni gemelle, in
rapida sequenza, ruppero l’aria sopra di loro! Poco dopo, una pioggia di
rottami fumanti, venuta dal nulla increspò l’acqua.
I due uomini si scambiarono
un’occhiata preoccupata. Si stavano infilando in una trappola? Ma cos’altro
potevano fare? Se fossero venuti meno al loro impegno, le loro famiglie ne avrebbero
pagato il prezzo…
La barca entrò
nell’insenatura ad andatura ridotta. La vegetazione bassa sfiorò il tettuccio
del motoscafo, graffiò i fianchi, ma tutto andò per il meglio.
Gli uomini ormeggiarono la
barca. Poi, uno di loro prese una scaletta e la agganciò alla parete. In quel
punto, il terreno si rialzava come una slabbratura.
L’altro uomo sollevò un
coperchio, rivelando il loro carico: tre persone, due caucasici, un uomo ed una
donna, giovani, ed un orientale più anziano. Erano saldamente bendati ed ammanettati,
e puzzavano della loro stessa paura.
I prigionieri, sotto la
minaccia delle armi, furono portati verso la scala. Le manette erano abbastanza
distanziate da permettere loro di arrampicarsi, anche se con non poche
difficoltà.
Quando la prima della fila,
la donna, fu quasi in cima, una mano guantata di nero l’afferrò per il polso,
facendola sobbalzare. Fu tirata su senza sforzo. Poi toccò agli altri due.
Quando i neri furono a loro
volta saliti, uno di loro disse, «Abbiamo fatto la nostra parte, come
promesso.»
Si trovavano di fronte a un
piccolo plotone di soldati. I militari indossavano delle uniformi completamente
nere con elmi integrali. Sembravano degli automi sull’attenti. Tre di loro
erano occupati a caricare i prigionieri su un hover-camioncino.
Al centro del plotone stava
una donna: caucasica, con un volto affilato senza un filo di trucco e gli occhi
nascosti da ray-ban a specchio. Il berretto lasciava intravedere un film di
capelli neri appena sopra le orecchie. Teneva le braccia incrociate dietro la
schiena, «Ed avete fatto un ottimo lavoro, signori.» Detto ciò, dalla schiena
estrasse una pistola con un silenziatore.
I due uomini poterono solo
guardare, inorriditi, prima di venire freddati da due proiettili per ciascuno,
dritti al cuore. Morirono senza un lamento.
Thereza Claymore da Rosetta rinfoderò l’arma. Un ottimo lavoro, sì: peccato che
non dovessero restare testimoni di quell’impresa. “Predisponete l’esca. Distruggete
i cadaveri e l’imbarcazione. E trattate i nostri ospiti col rispetto che meritano,”
comandò ai suoi uomini, che si misero in azione. Tutti avrebbero pensato ad un
regolamento di conti fra bande di mercenari. Quanto a chi altri sapesse la
verità, per una volta tanto quegli ‘altri’ non avrebbero potuto fare niente.
Adoro i piani ben riusciti! Gongolò a sé stessa, mentre saliva sul furgone.
MARVELIT presenta
Episodio 21 - IL VOLTO DELLA VERGOGNA (II Parte)
Monrovia
“Chiedo scusa? Avete chiesto
aiuto a chi?”
Qualche testa si voltò
all’indirizzo del buffo straniero bianco che aveva appena parlato a sé
stesso…e, effettivamente, Griffin Gogol
era fuori posto, laggiù. Un uomo esile, vestito di una giacca a quadri,
stempiatissimo e con una ‘virgola’ di capelli castani sulla fronte. Ritratto
vivente del turista sprovveduto…nonché alter ego civile di Capitan Ultra, teamleader dei Campioni
dello Zilnawa.
La voce del comandante pro
tempore delle FSDNdello Zilnawa, David
Stone, era categorica attraverso il ricevitore installato nella mascella.
“La Justice Incorporated. Saranno
loro a liberare i prigionieri[i]. Signori,
come già mi sembra di avervi detto chiaramente, la nostra missione, cioè
prelevare quella gente dall’ambasciata per metterla al sicuro dalle spie industriali,
è stata un fallimento che ci è già costato un morto ed un ferito grave[ii].
“Per ora, per favore, cerchiamo
di concentrarci sulla missione ufficiosa, cioè mettere al sicuro quanti più
civili possibile da questa guerra civile. Non
intendo coinvolgere quanto resta dello Zilnawa in una scazzottata di super, ne’
voglio dichiarare guerra alla Liberia, chiaro?” Pur non possedendo il carisma
di Simone Giapeto, l’originale
comandante delle FSDN[iii], Stone
aveva un punto a favore.
Griffin, insieme a Terry Sorenson, stava vagando lungo
l’’area di sicurezza’ delimitata dai soldati USA e da quelli dello Zilnawa.
Davanti ai loro occhi, la gente si muoveva in una lunga fila, diretta verso il
molo, dove attendevano le navi sotto bandiera ONU e lo StarGlider-1000, la fortezza volante dello Zilnawa e QG mobile dei
Campioni.
Una lunga fila di anime
miserabili, gente nei cui occhi la speranza brillava pallida, e sui cui corpi
la lunga guerra aveva lasciato segni indelebili di fame e di dolore, C’era un
odore tremendo, di corpi non lavati, di infezioni e dissenteria e
malnutrizione. Sciami di mosche volteggiavano sui dannati, sotto il Sole
cocente.
Ad una distanza di sicurezza
da quello spettacolo, a beneficio dei media, sotto gli occhi volubili delle
telecamere, folle organizzate ballavano e sollevavano cartelli inneggianti agli
americani. Altre telecamere, sul molo, si premunivano di inquadrare le navi e
l’SG-1000, cercando di non abbrutire più di tanto il mirabile spettacolo delle
forze dispiegate, limitando le inquadrature della tragedia alle scialuppe
cariche di disperati, ma non alla tragica processione a terra.
Griffin e Terry si
scambiarono un’occhiata frustrata: era stata loro intenzione mettersi alla
caccia degli assassini del Ninja Bianco…ma
il margine di tempo era a loro sfavore. In più, i droni-stealth mandati dietro
ai rapitori erano stati distrutti, cancellando così ogni speranza di
rintracciarli in tempi utili; per quanto ne sapevano, i cattivi si erano
squagliati chissà dove!
Quanto a ‘raccogliere indizi’
in quell’inferno, cosa avrebbero fatto? Iniziato a sbatacchiare qua e là
qualche cristo a casaccio fino a quando qualcuno non avrebbe dato le
informazioni giuste? Magari passando per dei pazzi violenti sotto gli occhi
dell’opinione pubblica mondiale?
C’era da scommettere che il Dottor Destino, simili problemi, non se
li poneva!
La processione proseguiva.
Terry ebbe un fugace pensiero: come poteva essere rimasta così tanta gente dopo anni di guerra e
miseria? Dio, lui credeva di averne passate di brutte da quando un incidente di
laboratorio lo aveva trasformato in Equinox,
l’Uomo Termodinamico, ma questo…
Qualcuno nella folla si mise
a gridare scompostamente: una donna, una delle tante madri e mogli che
reclamavano il marito o i figli dispersi in…
Terry si accigliò. Un momento..!
La voce gli era familiare. No, mi sto sbagliando!
La voce si avvicinava. La
donna stava fendendo la folla, diretta verso di lui.
“Terry? Sembri un gessetto,
chi è quella lì?” fece Griffin.
La donna era l’ombra di sé
stessa, tutt’ossa, il volto scavato ed i capelli lunghi ed unti. I suoi abiti
erano ridotti a stracci; la lunga gonna presentava macchie di sangue
all’altezza dell’inguine. Lo sguardo di lei era allucinato. “TERRY! Terry, mioddio, Terry!”
“Kathrina..?” si gettò nella
folla. “Kathrina!” Afferrò la donna e la tirò a sé. Uscirono dalla fila
e si strinsero in un forte abbraccio. “Dio, ma cosa ci fai qui? Sapessi quanto
mi sei mancata…”
In compenso, lei non sembrava
così felice di vederlo. Piuttosto, Griffin vide che era…spaventata.
Anche Terry si accorse della
tensione in lei. La allontanò leggermente da sé, allo stesso tempo stringendole
le braccia. “Cosa succede? Perché mi guardi così, Kat?”
“Mi dispiace…” la voce le
tremava. “Mi dispiace davvero, non avrei mai voluto farlo…”
“Fare cosa? Kat, non capis*”
realizzarlo lo colpì fisicamente. Lo stupore divenne ira. “E’ Janet,
vero? Che cosa le è successo?”
Griffin vide due soldati
americani scrutare con attenzione la giovane coppia. Imprecò qualcosa in Yiddish,
e si mosse ad ultra-velocità: afferrò la giovane coppia e la portò in un
vicolo. I soldati scattarono in avanti, urlando qualcosa. Quando arrivarono sul
posto, tuttavia, non trovarono nessuno.
Kathrina si guardò intorno,
spaventata. Un attimo prima era in strada, ora era in una casa abbandonata; al
posto del bianco buffo c’era un uomo nel più colorato costume mai visto.
“Ultra-velocità ed
–intangibilità,” disse capitan Ultra. “Qui avremo un po’ di privacy. Allora,
che sta succedendo, gente?”
“Kathrina..” Terry era cupo
come non mai, ora. “Janet. Che le è successo?” incombeva facilmente su di lei,
smagrita e minuta.
Lei arretrò contro il muro.
“Non volevo che succedesse. Te lo giuro, non…”
Gli occhi di Terry si
accesero di energia. Cap si frappose fra la coppia: ci mancava solo che lui si
‘accendesse’ e mandasse a fuoco tutto quel bel materiale infiammabile! “Pausa,
piccioncini. Ora di spiegazioni a zio cap, nu?”
Senza togliere gli occhi di
dosso alla donna, Terry disse, “Cap, ti presento mia moglie. Janet è nostra
figlia. Contento?”
“Uh..?” se la situazione non
fosse stata quella che era, la faccia di cap avrebbe anche fatto ridere.
Terry sospirò. “Kathrina era figlia di immigrati
clandestini, viveva a NY quando la conobbi. Fu amore a prima vista, almeno per
me. Lei, come scoprii più tardi, era interessata solo alla cittadinanza
americana.
“Il matrimonio, per le
autorità, fu più che legittimo: poco tempo dopo, lei era già incinta… Circa un
mese dopo la nascita di Janet, però, lei ottenne il divorzio…”
“Eri un violento, Terry, e lo
sei ancora,” protestò lei, debolmente.
Lui scosse la testa. “Ho un
caratteraccio, non lo nascondo, e me ne vergogno. Almeno, io non ho
abbandonato Janet ancora prima di presentarmi all’udienza per l’affidamento.”
“Lasciai delle motivazioni
scritte!”
“Sì, i miei poteri; dicesti
di temere per la tua vita e quella di nostra figlia. Fu una bella battaglia, in
tribunale, con i tuoi genitori che speravano di farmi la pelle… Il giudice però
non ci cascò, e preferì affidarla a me.” Tornò a rivolgersi ad Ultra. “Janet è
una mutante, Cap, e precoce per giunta: già a sei anni, ha cominciato a manifestare
i suoi poteri, e per poco non distruggeva il quartiere un pezzo alla volta.
“Cercai di aiutarla a
controllarsi, ma finii solo con l’usare su di lei la stessa violenza che mio
padre usava su di me[iv].
Fu Falcon a fermarmi; Janet fu affidata ai servizi sociali, in attesa
che degli specialisti come Charles Xavier la seguissero.
“Poco tempo dopo, però, si
rifecero vivi i genitori di Kathrina: scatenarono un’altra battaglia per
ottenere la custodia di Janet, e la vinsero. Da quel momento, mi fu proibito di
avvicinarmi a lei o a loro. E se avessi usto i miei poteri, anche solo per difendermi,
avrei rischiato di venire allontanato da lei a vita…”
“Per questo, i Luciferi
ti catturarono facilmente[v],”
disse Cap.
Terry annuì. I suoi occhi
tornarono a brillare. “Kat, sapevo che eri Liberiana, ma come ho detto,
l’ultima cosa che credevo era di trovarti qui. Cosa c’entra Janet? E RISPONDI,
MALEDIZIONE!”
Sotto l’elmetto, Capitan
Ultra era sicuro che la casa sarebbe venuta giù. Aveva visto Terry incavolato,
ma questa volta era completamente diverso. Una parte di lui comprese perché la
moglie avesse voluto il divorzio…
“Kat aveva le lacrime agli
occhi. “Papà…lui era in contatto con un gruppo di guerriglieri, e mandava
sempre loro dei soldi. Quando scrisse loro di Janet, furono loro a
promettergli molti soldi, se l’avesse portata…da loro.”
Anche nella sua forma umana,
Terry era comunque nel pieno della sua forza: spinse via Cap con un solo pugno,
per poi saltare addosso a Kathrina. La sollevò per la gola come un fuscello.
Ora mi dici dov’è Janet, femmina infingarda! E se la risposta non mi dovesse
piacere…”
“Non lo so! Non…” iniziò a
rantolare.
Cap, da terra, disse, “Terry,
se la uccidi non lo saprai!”
Lui
la lasciò andare di colpo. Lei ricadde goffamente a terra. Dopo avere tossito
più volte, disse, “Ci hanno separati, io sono stata destinata alle truppe come
prostituta. Lei…lei era troppo importante, parlavano di sabotaggi… Quando ho
saputo che eri qui, dalla televisione, mi sono decisa a venire… Oddio, mi dispiace,
mi dispiace, mi dispiace…”
Il territorio Liberiano
scorse sullo schermo, contrassegnato da una miriade di puntini intermittenti.
“Queste sono le segnalazioni
degli atti di guerriglia più ‘spettacolari’,” disse Stone, “almeno stando al
database delle forze militari governative.
“Quello che ha fatto più
specie a Taylor è che interi convogli pesanti, composti esclusivamente da mezzi
blindati e dal meglio delle truppe, siano stati annientati quasi senza colpo
ferire. Visto quello che abbiamo appena imparato, comincio a capire perché.”
“Già,” commentò amaramente Hrimhari,
il principe-lupo asgardiano. “Chi oserebbe pensare ad un’innocente bambina come
ad un pericolo? Parola mia, questi guerriglieri non sono migliori dei loro
nemici.”
Sia Hrimhari che Psychlone erano stati chiamati al tavolo
delle riunioni. La situazione era di una certa gravità e servivano tutte le
mani disponibili.
Stone disse, “La madre di
Janet ci è stata alquanto utile per avere un’idea del comportamento dei
rapitori di Janet Sorenson. Purtroppo, il loro QG è mobile, e temo che
attaccare tutti i ‘potenziali’ sostenitori sia controproducente.
“Per questa ragione, ed anche
per rinfoltire l’organico dopo la morte del Ninja Bianco, l’indisposizione di
Sundown e la scomparsa di Robert Takiguchi e di Mazinkaiser, desidero presentarvi
due nuovi Campioni.”
L’attenzione del quartetto si
spostò verso una porta che si aprì non appena Stone ebbe pronunciato le ultime
parole.
I due eroi entrarono nella
stanza: uno era un uomo, dalla pelle letteralmente nera, con lunghi capelli
corvini bluastri, una cotta di maglia stratificata sul robusto torace, guanti e
stivali pure di maglia.
L’altra era una donna: una
figura magra, agile e dai muscoli guizzanti. Indossava pure lei un’armatura reminiscente
di uno stile orientaleggiante. Sulla testa, portava un elmo con due grosse lame
ricurve laterali. I suoi lunghi capelli erano bianchissimi. Ed aveva sei braccia, quattro delle quali
interamente meccaniche.
“Signori,” disse Stone,
indicando i nuovi venuti, “vi presento Ember,
il campione sloreno dei Dudak, e Spirale.
Vi saranno di non poco aiuto a localizzare Janet.”
“Possono farlo davvero?”
chiese Equinox. L’Uomo Termodinamico si era trattenuto dal volare alla cieca in
cerca di sua figlia solo in virtù delle pressioni di Capitan Ultra….ma non sarebbe
durato, senza risultati e subito!
Fu Ember stesso ad annuire.
Parlò con una voce grave, “Anche se nelle mie precedenti incarnazioni ho
dedicato la mia vita alla minoranza dei Dudak, ora che gli oppressori Sloreni
sono stati annientati da Ultron posso
dedicarmi a proteggere i coraggiosi ideali dello Zilnawa. Sarà un onore trovare
la bimba innocente.”
“E
ovunque si trovi,” aggiunse Spirale, “vi porterò da lei.”
“Voglio papà…” la sua voce
quasi si perse nel buio della sua prigione.
Era stanca. Era così stanca.
Era come sospesa in un sogno senza fine, le ore passavano ma lei era immersa
fra la veglia ed il sonno. La sua volontà era stata annullata.
Non sentiva più il metallo
del collare, non sentiva più il metallo delle manette. Ormai, neppure
remotamente, si chiedeva se mai gliele avessero tolte per sempre. Gliele
avevano tolte molte volte, l’avevano fatta arrabbiare, le avevano fatto fare le
cose brutte, e poi gliele avevano rimesse. Le prime volte erano stati gentili,
premurosi, poi avevano cominciato ad ignorarla…
“Papà…” Janet Sorenson stava
bene…per quanto valesse tale parola, date le circostanze. Mangiava, beveva, ma
la sua volontà era stata brutalmente spezzata. Puzzava di urine, aveva la
dissenteria.
“Papà…” aveva provato a
liberarsi, la prima volta. Aveva fatto una cosa brutta, ma era riuscita a
fuggire. Poi l’avevano trovata, e l’avevano picchiata, le avevano messo il
collare…
“Papà…” pensava a lui,
pensava che non avrebbe mai più fatto cose brutte se avesse potuto
riabbracciarlo. Pregava per lui, pregava fino a quando la voce diventava roca e
allora si addormentava, sprofondava in un sonno senza sogni…
La sua prigione iniziò a
tremare. Un rombo attutito venne dall’esterno.
“Forza con quel carico! Non
ci è rimasto molto tempo!”
Le operazioni procedevano freneticamente.
C’erano due TIR stipati all’inverosimile, accanto al relitto ancora fumante di
una villa di lusso Uomini in raffazzonate divise facevano la catena passandosi
pesanti casse piombate.
Taylor credeva di essere
stato furbo: il suo tesoro, il frutto di anni di razzie ai danni del popolo
Liberiano, era stato diviso fra diverse località; quello contenuto nei
sotterranei -teoricamente a prova di bomba, ma non a prova di mutante- della
villa era l’equivalente di una scorta di emergenza.
Oro e gioielli e titoli
azionari. Le opere d’arte, troppo difficili da piazzare senza rischio sul
mercato, erano state lasciate dov’erano; per gli standard dei guerriglieri, il
bottino di oggi avrebbe garantito una base politica inattaccabile per quando ci
sarebbero state le prossime elezioni.
Finalmente, il carico fu
completato. Le porte vennero rapidamente chiuse. Gli uomini saltarono sulle
camionette e le jeep.
“La mutante è al sicuro?”
chiese il comandante del gruppo, mettendosi seduto nell’autoblindo di testa.
L’autista annuì. “Come
sempre. Non sospetteranno mai della sua presenza.” Mise in moto. Il motore
tossì, iniziò a rombare…e si spense. “Uh?”
Dal finestrino, il comandante
sentì che nessun motore era acceso.
“E ora, che diavolo..?”
In quel momento, una serie di
luci brillarono intorno al convoglio. Un attimo dopo, al loro posto c’erano i
Campioni!
I guerriglieri non erano
certo famosi per essere lenti a reagire: avevano già imbracciato le armi
all’apparire delle luci. Ed alla vista dei super, fecero quello che l’istinto
suggeriva loro: sparare!
Purtroppo, era una mossa
ampiamente prevista: Cap fece brillare un anello del suo potere fra gli eroi ed
i guerriglieri. I proiettili esplosero al contatto con dei suoni tipo popcorn.
“Allora,” disse Capitan
Ultra. “Chi è il comandante, qui?”
L’uomo venne fuori, cupo in
volto. Andò incontro ad Ultra, tutto impettito. “Sono io! E voi che ci fate qui? Siete qui per assistere
il popolo oppresso, non per fare la gue*” le sue parole si confusero in un
verso strozzato, appena un colpo di energia dalla visiera violetta lo sbatté contro il radiatore
dell’autoblindo.
Tenendolo bene inchiodato in
quella posizione, Ultra disse, “Rapimento di minori, sfruttamento di minori,
violenza sui minori…sono crimini,
comandante! E lo Zilnawa non li condona. Ora, risparmiamoci l’ignobile farsa:
sappiamo che la bambina è qui, in questo convoglio. Ci dice lei dove,
esattamente, o dobbiamo farvi molto male
prima?”
Il comandante, pur sentendosi
stritolare le costole sotto quella pressione, disse, “Voi…dovete proteggere…la
rivoluzione…”
“Fanatici!” disse Ember,
pieno di disprezzo. Levò le mani, e da esse partirono tentacoli di energia d’ebano!
Tre soldati furono colpiti in
pieno. I tentacoli li trafissero: non
ferirono le carni, ma estrassero lo spirito stesso dei disgraziati. E quelle
anime urlarono, prima di venire
disperse come fumo.
Il comandante poteva essere
un uomo disposto a soffrire e morire per la causa. Sotto l’uniforme portava
dozzine di cicatrici a prova di tale risoluzione. E lo stesso valeva per i suoi
uomini… Ma niente lo aveva preparato
alla possibilità di perdere l’anima! “Nel camion! Nel camion di coda! Il
genemostro è lì, è lì! Oddio, non mi rubate l’anima, vi prego!”
Equinox andò al camion.
Convertì un po’ del suo calore corporeo nelle mani, trasformandole in ghiaccio.
Dalle mani ghiacciate partirono raffiche di plasma.
Equinox incenerì la serratura
ed i cardini delle porte. Queste caddero giù. “Qui ci sono solo casse. Dov’è la
bambina?”
“Nella cassa contrassegnata
con il simbolo della FAO, in testa al vagone. È lì dentro! Ci sono bombole di
ossigeno per l’aria, non datevi fuoco!”
Equinox salì nel vagone ed
iniziò a gettare via le casse come avessero pesato niente. Era in preda ad una
frenesia a stento controllata. “JANET! Papà è qui, rispondimi piccola!”
Una cassa finì addosso ad un
autoblindo, sfondandone il parabrezza. Nell’impatto a terra, si aprì,
rovesciando il contenuto di gioielli e lingotti.
Equinox giunse finalmente
alla cassa indicata, così bene nascosta che un ispettore avrebbe avuto il suo
daffare per andare a vedere proprio quella. Nel vederla, l’Uomo Termodinamico
quasi si lasciò andare in una fiamma nova, tale era l’ira: come si poteva
tenere un essere umano in
quella…cosa?!
Una mano si poggiò sulla sua
spalla. “Lascia che ci pensi io,” disse Psychlone. “E spegniti, o tua figlia la
cuoci.”
Equinox fece quanto detto. Il
mutante si concentrò. Artigli di energia psichica afferrarono la cassa da tutti
i lati…e tirarono.
Janet Sorenson sembrò
srotolarsi, una figurina semirachitica e puzzolente, con un boccaglio per
l’ossigeno fissato al volto.
Terry la raccolse come se
fosse stata una bambola di porcellana. “Janet…Janet…”
“Papà…” gemette lei, senza
neanche accorgersi di lui. “Voglio papà…”
Dave si chinò su di lei. Le
sollevò una palpebra. “Occhio fisso e dilatato. L’hanno drogata pesante;
credimi, me ne intendo,” aggiunse allo sguardo di Terry. “Dobbiamo portarla
immediatamente al QG. Lo sa Dio in che condizioni sono il fegato e i reni.”
L’X-101 atterrò pochi minuti
dopo.
Un team medico caricò Janet
sul veicolo, con Terry alle loro costole. Un altro si preoccupò di analizzare
sommariamente e poi insacchettare i cadaveri dei guerriglieri
‘despiritualizzati’. Gli altri guerriglieri vennero trasbordati sotto pesante
scorta armata.
Ultra digrignò i denti,
guardandoli. “Perseguitati per la loro etnia, disprezzati per la razza…e danno
alla bambina del ‘mostro. Sai, il bello della Torah è che ci sono tanti bei passaggi sulla vendetta dura. Mi
piacerebbe fare l’ortodosso, per una volta, ma ci servono per capire chi sono i
loro contatti, chi ha fornito loro le droghe per controllare Janet e tante altre
belle cosine.
Al suo fianco, Hrimhari
osservava i prigionieri con la stessa, feroce intensità. “Nel mio branco, i
traditori della specie sono azzoppati, mutilati e lasciati a sé stessi
nell’angolo più ostile della Foresta Incantata. Mi farebbe troppo schifo
mangiarli.”
Una missione iniziata per una
ragione si era trasformata in qualcos’altro; il Vaso di Pandora era stato
scoperto, e i Campioni stavano sempre più toccando con mano uno scenario che fino
a quel momento avevano solo visto.
Potevano salvare tutti,
cambiare l’Africa in qualcosa di meglio? Non si arrogavano simili pensieri, ma
di sicuro non avrebbero ceduto allo sconforto. Avrebbero fatto del loro meglio,
questo sì.
A qualunque costo.