08
fascismo zen
Come spesso accade compaio e sono già nella merda.
Questa volta non faccio neppure in tempo ad autocompatirmi. C’è qualcosa nell'aria, una tensione elettrica che fa quasi paura. Sarà che il punto dove sono comparso è una zona completamente devastata.
Mentre libero un po' di occhi (pochi, devo iniziare a liberarne meno di quelli che produco oppure resterò cieco) vengo già individuato. Devono avere sensori molto avanzati oppure tarati sui viaggiatori. Ad occhio e croce, se non è una delle riproduzioni skrull, siamo nel XXI secolo, verso l'inizio.
Sono tre, blu e argento, con lo scudo. Col simbolo dell'ONU sopra. Tipo USAgent, supersoldati di serie. Magari qui il siero del supersoldato è tecnologia stabile (o quasi). In ogni caso non combatto contro tre cap. Salto dentro a un crepaccio nella strada e sono direttamente nelle gallerie sotto la città. Metto una mano nella borsa. Dovrebbe essere rimasta... si eccola.
Me la getto alle spalle e corro via.
La deflagrazione provoca un crollo un po' più estesa di quanto mi aspettassi, segno ulteriore che la distruzione è recente e non tutta la zona è stata messa in sicurezza. Strano, in un mondo di questa tipologia. Ci sarà dietro una campagna securitaria.
La galleria è chiusa alle mie spalle. Ci vogliono più di tre USAgent o come si chiamano qui (O'NUmero, immagino) per rimuovere in fretta tutte quelle macerie.
Mi muovo alla cieca o quasi. Poche cimici sparse in giro e un paio di dolorose modifiche agli occhi.
Giusto un po’ di esaltatori di luminosità. Quaggiù penetra ben poco. Inutile allargare lo spettro più di tanto
Mentre corro mi giunge un grugnito sempre più forte. Svolto in continuazione per far perdere velocemente le tracce e sento l’esplosione di macerie dietro di me, seguita da un altro crollo, poi sono così lontano da non poter più udire gli sviluppi. Corro fino che ho fiato.
Mi siedo a riposare ed analizzare la situazione. Intanto mi interfaccio con le cimici, pochi istanti, perché rilevo un segnale spia.
Dall’alto la città è sfregiata da un colossale YOU, disegnato dagli isolati distrutti. Nell’atmosfera ci sono tracce di un segnale bioluminescente. Un qualche predatore stellare, sembra, ha marcato la sua preda.
Ma deve aver affondato le zanne su qualcosa di più grosso di lui, perché il segnale non è stabile, pur essendo il pianeta ancora vitale. Del resto è la Terra. Per lo più, a questo punto è sopravvissuta per lo meno a Galactus.
Negli ultimi tempi non devono essersi annoiati, da queste parti.
Richiamo alcune microcamere, non ho bisogno di ulteriori viste dall’alto. Spedisco le altre alla ricerca di eventuali tracce del parassita. Non si sa mai. Alle mie spalle due degli USAgent girano a vuoto assieme ad una specie di mostro grigiastro.
Dai brandelli di costume che ha addosso sembrerebbe che padroneggiano la tecnologia Gamma.
O per lo meno che credano di padroneggiarla. Vedremo. O meglio. Spero che non vedremo.
In ogni caso non sono pericolosi, per ora.
Sguinzaglio le camere in giro per i tunnel. Inutile girare a vuoto.
L’istruzione è di lanciare un segnale quando trovano qualcosa.
Le altre stabiliscono un perimetro di sicurezza abbastanza largo.
Mi muovo per cercare un punto più sicuro in cui attendere. Alla fine mi attesto all’imboccatura di sette tunnel, con uno sfogatolo sul pavimento e uno sul soffitto. Il punto ideale.
L’attesa è lunga e io ne approfitto per meditare.
Vengo allarmato un paio di volte perché i miei inseguitori violano il perimetro. Non si avvicinano mai realmente.
Dopo un po’ comincio a giocare con la borsa.
Dovrei farci di più, ma mi rendo conto dei miei limiti. Sto giocando.
Mi servirebbe qualcuno in grado di spiegarmi i principi di base.
Una nave. Una cimice ha trovato una nave sepolta nei tunnel sotto New York.
Ora, storicamente sappiamo che nelle fogne di questa città c’è stato un po’ di tutto. Ma una nave spaziale è un bel record. Chissà come ce l’hanno portata? Sembra inattiva. Parzialmente smontata ma non sorvegliata. Non in maniera rilevabile.
In ogni caso ho un paio di trucchetti presi dal grimorio da sperimentare.
Mentre mi avvio mando avanti tutte le cimici più vicine per esplorare anche i più piccoli anfratti.
Se hanno cominciato a smontarla è strano che non sia sorvegliata.
L’esplosione è così potente che la sento fin da quaggiù. Fuori fumo e fiamme si alzano dalle rovine di un palazzo governativo. Attraverso i media mi arrivano immagini più dettagliate.
Il discorso è già iniziato. Barriera semiotica sulla realtà.
Parlano di qualche strumento di tortura? Non capisco.
No, Oubliette è una persona, un nick. Un nome.
Chi può essere così fuori di testa da scegliersi un nome del genere? In ogni caso è legata all’attentato.
A giudicare dalle scariche che disturbano l’immagine fra non molto saprò come è fatta.
Infatti si inserisce nella trasmissione. Così a prima vista sembra piuttosto cotta. Ma siamo in un’era degli eroi. La ricerca di costumi sempre nuovi porta a degli eccessi.
Un top di pelle nera con una maschera stile bondage ed i capelli rossi legati sopra la testa, a mo di cimiero.
Attorno alla vita una cintura molto pesante, a metà tra il western e il futuristico, per sostenere una pistola dorata di dimensioni anormali, ma non smisurata.
Il braccio destro stringe un colossale fucile ipertecnologico. Molte delle sue circonvoluzioni sono certamente decorative. Un arma da posa video. Le armi reali sono sempre molto più essenziali.
Guanti, sempre di pelle nera, stivaloni coi tacchi alti, speroni.
Tesoro, ha gli speroni, dovresti proprio vederla. Gli speroni. D’oro.
Sembra un messaggio di rivendicazione standard, ma il fatto che si sovrapponga alle trasmissioni per lanciarlo vuol dire che cercano di farla tacere.
Se non sfruttano la sua retorica per scopi securitari vuol dire che crea consensi malgrado l’uso di violenza distruttiva.
Avessi il computer funzionante farei analizzare la presenza di concetti virali.
Servirebbe una linguistica più sviluppata di quanto questo periodo permetta.
Ad osservare meglio, quella che avevo scambiato per una palazzina governativa è la palazzina amministrativa di un parco giochi. Colpisce i parchi giochi? Guerra semiotica consapevole. Ma sono veramente nel XXI secolo?
Sta già parlando: -… Noh-Varr è un prigioniero politico, i suoi simili sono stati massacrati senza motivo. È stato condannato senza processo alla reclusione nel maggior penitenziario d’America. Pertanto rovinerò le vacanze a tutti i bambini del paese fino a quando non verrà liberato.
L’avete voluto voi: questa è la fine delle cose come erano. Benvenuti nell’era della Jihad cosmica[1]. –
Innegabile, questa tizia è fuori come un balconcino.
Ma chiunque sia questo Noh-Varr, deve averle fornito lui le armi linguistiche. Se fosse una terrestre di questo periodo a fare azioni di questo tipo con le sue sole forze, si schiererebbe contro di lei anche il Dottor Destino.
Sempre che ci sia un Dottor Destino su questo mondo.
Intanto arrivo dalle parti della nave.
Qua attorno dovrebbero esservi segni compatibili con gli squarci dello scafo. Dovrebbero esserci tracce di un combattimento aspro. Invece nulla. La nave deve aver effettuato una ridislocazione di qualche tipo dopo la battaglia.
Probabilmente la stanno ancora cercando. Se mi muovo con circospezione i sistemi di allarme ancora attivi non riterranno produttivo sprecare energia con me.
Almeno spero, perché se si è teletrasportata vuol dire che in qualche forma primitiva è ancora attiva e se è ancora attiva può farmi veramente molto male.
Almeno nel tempo che ci metterò a interfacciarmi col sistema di sicurezza.
Ma se è una nave kree ho bisogno di quello che si trova qui dentro. Più di quanto non mi serva un altro mago, forse.
Le paratie sono distrutte in molti punti. In alcuni le fratture non sono più nette, la nave si sta ricostruendo. Ma questi punti non sono molti, segno che lo fa molto lentamente. Energia. Ne ha poca, spero si renda conto di non averne da sprecare.
Mi infilo in una delle fratture. L’interno ha un aspetto abbandonato. Biotech, per la gran parte, la nave è, in una forma per noi riconoscibile, viva.
Mi chiedo in che condizioni sia la sua mente.
Beh, sono qui per scoprirlo.
Qui dentro è tutto alieno, ad un livello che osservando i kree non ti aspetteresti. Sembra di trovarsi all’interno di un organismo vivente, un po’ sistema circolatorio, un po’ apparato digerente. Insomma, quello che possiamo concettualizzare come cavità dentro un corpo.
Eppure se dovessi descriverlo userei quasi sempre metafore meccaniche, per essere il più accurato possibile. È chiaramente una macchina tremendamente complessa.
Biotech quantistico, molto più avanzato di quanto non riusciamo anche solo a concepire a casa.
Perdonami la digressione, è il mio primo relitto kree dal vivo.
Cosa non potremmo fare con una tale tecnologia.
Ma basta perdere tempo. Ho bisogno di una parte di questa roba. Di una parte ben precisa, che sostituisca le componenti danneggiate del mio hardware.
La tecnologia che ho incontrato fino ad ora era del tutto inadeguata, troppo primitiva. Questa potrebbe essere troppo aliena e avanzata, ma devo provare.
Ritornare merita questo e altri rischi.
Qui non ne è rimasta traccia apprezzabile. La nave si sta rigenerando e si è certamente nascosta, ma non è rimasta traccia apprezzabile del cervello.
Come rifugio per le mie azioni può anche andare, a patto che riesca a farmi credere il suo padrone.
Rilascio alcune cimici per entrare nella rete di comunicazioni globali e mi metto al lavoro per padroneggiare questa tecnologia.
Il tempo non è un problema reale. 5 minuti, 5 mesi o 5 anni, la mia permanenza in questo mondo è del tutto al di fuori del mio controllo.
Sto lavorando per riprendere questo controllo. Scusami. Parlo a sproposito.
Ho trovato qualcosa, una traccia labile, il segno di una cancellatura malfatta. Non so che cosa hanno cancellato ma che abbiano cancellato è più che evidente.
La tipa bondage che imperversa in tv è la proprietaria facente funzioni di una multinazionale, in luogo del padre disperso. Il fatto che la multinazionale risulti ancora del padre fa si che i suoi atti terroristici non provochino ricadute sugli affari e sulle attività, segno che controllano leve molto potenti.
Risalendo le tracce della cancellatura sono risalito fino a loro.
Sono fuori dalla sede da cui è partito tutto (forse).
I sistemi di sicurezza sono molto più complessi di quanto ci si potrebbe aspettare. Incorporano tecnologia skrull (questa la riconosco anche senza accesso alle banche dati) ed altre componenti aliene che a occhio non so riconoscere. Niente di trascendentale, comunque. Anzi, per i nostri standard tutto piuttosto primitivo e malfatto, un accozzaglia goffa e malcompresa. Come usare il cubo cosmico per creare raggi concussivi, tanto per capirci.
Ecco, un cubo cosmico mi farebbe veramente comodo.
Ma sulla nave non ce ne sono.
Ho controllato, pur non aspettandomeli. Di cubi ce n’è in abbondanza, alcuni dall’aspetto anche più pericoloso. Non a caso si trovavano in vasche di contenimento. Uno era sicuramente una versione transdimensionale incompleta del Darkhold.
Utile, soprattutto li dove si trova. Ho quindi attinto a sistemi meno potenti.
Un qualche uso posso certamente farlo.
Una tuta completa, multiforme e multifunzione. Nel casco ci sono così tanti sensori che ne ho dovuto escludere la maggior parte per evitare un potente mal di testa.
Ora sto utilizzando il sistema criptante e guanti e stivali aderenti.
Mi arrampico sulla parete esterna. Gli stivali aderiscono tranquillamente anche ai cristalli.
Con la mia potenza muscolare e questo strumentino si tratta di una corsetta di poche decine di metri in salita.
Capisco perché i potenziamenti insettoidi hanno tanto successo.
In fondo l’ho sempre saputo, ma oggi, per la prima volta, lo comprendo pienamente.
Una lunga e faticosa arrampicata oppure una corsa in salita.
Potendo, cosa scegliereste?
Appena torno me ne faccio subito uno. Per adesso la tuta va più che bene.
Quando penso di essere sufficientemente in alto pratico un forellino nel vetro e proietto un paio di tentacoli all’interno. Mi interfaccio col sistema di allarme e lo convinco che nulla è mai andato così bene e che deve ignorarmi.
È stupendo poter lavorare di nuovo con un po’ di tecnologia funzionante.
Sono dentro. Interfacciarmi col sistema informatico è un po’ difficile, ma non tanto.
Sto diventando un esperto nell’utilizzo di tecnologia primitiva.
Da un po’ è la routine della mia vita. Entrare nella casa altrui, cercare segreti che mi risultano per lo più inutili. Ma fermarmi sarebbe come morire, smettere di sperare, di lottare.
Come finire in una tomba.
Mi scuoto di dosso questa malinconia. Mi prende sempre più spesso e non fa bene alla mia missione.
Ci sono i resti di una zona detentiva, mi connetto alle telecamere ed osservo.
Uno dei monoliti sudamericani che rappresentano i Celestiali (le cui macchine iperquantistiche sono fatte di pietra dicono).
Una qualche creatura della cosiddetta “era dei mostri” degli anni 50 del XX secolo, così realistico da sembrare impagliato.
Vasche di contenimento piene di alieni.
Non so bene chi sia quello con una specie di stella di pelo attorno alla faccia, ma ci sono un badoon e uno skrull accanto a lui.
Non so bene di cosa si tratta, ma le vasche sono tante, per lo più piene. Rabbrividisco.
Non sono qui per liberare alieni e del resto non credo siano vivi.
Non ci sono kree, non ci sono tracce del biocomputer. Nulla che mi serva realmente. Avessi più tempo potrei cercare armi, ma ho questa tuta e nulla di ciò che potrei trovare qua dentro varrebbe il rischio di essere catturati.
Mi resta l’alieno di cui farneticava la pazza in tv. Ma è prigioniero in questo fantomatico “Cubo”.
Supercarcere per supercriminali, in qualche posto, in qualche luogo.
Fascismo zen. Pazzesco quanto approssimativa sia la loro analisi. Il fascismo è la guerra tra poveri come strumento di dominio eretta a sistema. E la guerra è il modo migliore per mantenere l’emergenza permanente che gli serve.
Molto lontano dal militarismo ultrarazionale dei kree (ma dei nostri kree, non devo dimenticarlo)
Francamente non saprei quale scegliere, fra i due. Ma hanno ben poco in comune.
Tanto per capirci, per i kree la povertà ostacola lo sforzo bellico; la proprietà ostacola lo sforzo bellico; i capi ostacolano lo sforzo bellico; il potere ostacola lo sforzo bellico. Tutto ostacola lo sforzo bellico, non a caso in buona parte delle linee temporali si fanno governare da un megacomputer senziente.
Queste divagazioni non mi aiuteranno a trovare il “Cubo”. Neanche la pazza può sapere dove si trova, altrimenti l’avrebbe tirato fuori o sarebbe li dentro con lui.
- Non può saperlo… -
- chi non può sapere cosa, intruso? –
Non mi sono accorto di aver parlato, ma quel che è peggio, non mi sono accorto che qualcuno stava arrivando. Sto già saltando sul tetto e il mio bracciale si è già trasformato prima ancora che la console esploda colpita da un proiettile.
La pazza. Agilissima con la sua tutta di pelle (cazzo, una tuta di pelle DEVE far rumore).
Sono in piena crisi intimista, la mia elaborazione del pensiero sovrasta la percezione della realtà.
E sono del tutto sprovvisto di un servo-psichiatra.
È una situazione potenzialmente mortale.
Mentre mi avvio in questa ennesima elucubrazione sparo una decina di colpi. Saltano pareti, vasche.
Colpisco anche il Celestiale. Il colpo rimbalza lontano.
Varrebbe davvero aver tempo di analizzare quella roccia.
Spariamo un centinaio di colpi a vuoto, seminando distruzione ovunque con armi più lente dei nostri riflessi potenziati.
Ho energia sufficiente per almeno 3 colpi cosmici, di qualunque cosa si tratti, per lo meno sufficienti a distruggere un palazzo.
Ma, intanto, usarlo in uno spazio così ristretto non mi garantisce la sopravvivenza. Inoltre non ho alcuna intenzione di uccidere la pazza, se non è strettamente necessario. Malgrado tutto può possedere informazioni utili.
Quindi trasformo le inutili pistole in tentacoli semirigidi e comincio a volteggiare fra i colpi che spara lei.
Ad un certo punto estraggo dalla sacca la bola e la lancio.
La evita senza grandi difficoltà. Ma rimane sbilanciata per una frazione di secondo.
Quasi nulla se non si trattasse proprio dell’effetto che volevo provocare.
Il pugno è potente, spero solo che i potenziamenti della tizia non siano sufficienti a renderlo inutile.
È per lo meno sufficiente a proiettarla attraverso la stanza.
Gira su se stessa a mezz’aria e sembra quasi riuscire a ricadere in piedi.
Poi infrange pesantemente un’intera parete di monitor e cade a terra.
Quando fa per rialzarsi le sono già addosso. Dalle mie braccia spuntano numerosi cavi che vanno ad avvolgerla. Legata come un salame. Mi prendo un attimo per riprendere fiato.
Per quanto lavori sui volumi viene da chiedersi dove la prenda tutta questa massa questo sistema kree.
La spossatezza che mi assale alla fine dell’azione mi fa sorgere inquietanti sospetti.
Prima di riuscire ad arrestare il processo sento che mi tornano improvvisamente le forze.
Segno che sta pompando qualcosa nel mio sistema.
Ma grazie tante, preferisco che su questo intervengano il mio apparato nanotech e una sana mangiata, piuttosto che un cocktail di droghe aliene.
Nel tempo che ci metto a riprendere il controllo della tuta la pazza è già sveglia. Devo smettere di chiamarla “la pazza”.
- Bambino, sei un tipo estenuante. Dovremmo farci un altro giro quanto prima su questa giostra. -
Taccio, non commento. La osservo con fare enigmatico.
Se la mia ipotesi su di lei è corretta non dovrebbe volerci altro.
- Indossi una tuta da combattimento kree. Sei uno dei compagni di Noh-Varr? Sei venuto per aiutarmi nella mia jihad cosmica? Non eravate morti tutti quanti? -
- Non sono un kree, anche se per molti versi sono più alieno di quanto non lo siano loro. La mia specie, in questa serie di universi, si è estinta in una qualche guerra escatologica prima dell’inizio della storia scritta dagli umani, a quanto mi è dato di capire.
E questo la dice lunga su quanto sono lontano da casa e quanto aiuto mi serve per ritornarci.
È per questo e solo per questo che ti propongo un patto che, in ultima istanza, può condannare questo mondo ad un destino che aborro.
Voglio che lo ricordi bene e che non interpreti il fatto che ti lascio viva come un segno di debolezza, non ti offrirò una seconda possibilità di farmi fuori.
Voglio tirar fuori il tuo bello dal posto in cui si trova, la prigione federale di massima sicurezza per metaumani conosciuta come il “Cubo”.
La logica detentiva umana raramente funziona fino in fondo con chi ha capacità superiori, ciò non toglie che in quel posto sarà in campo il meglio che questo mondo è in grado di creare.
Una volta iniziata l’incursione ogni dissidio o discussione può costarci la vita o la prigionia.
Personalmente non mi interessa più di tanto che fine farai tu, ma io alla mia vita ci tengo, quindi se hai intenzione di fare qualche scherzo ti sparo in testa prima di iniziare a far domande.
Una volta che siamo usciti tutti e tre ho intenzione di fare un patto con il kree.
Credo che approverà il mio piano, abbiamo un interesse comune. Se ci stai fai un cenno col capo. Ti scioglierò, ma non subito.
Prima devo terminare le mie ricerche qui dentro. Non so perché hai disattivato gli allarmi e non lo voglio sapere.
L’importante è che questo mi permetta di continuare l’approfondimento. Sempre che qui ci sia qualcosa di vagamente utile. -
Quando sciolgo “La Pazza” (non è molto carino chiamarla così, ma non è molto carino chiamarla come uno strumento di tortura) le lascio sottopelle un piccolo frammento di tentacolo pieno di una neurotossina aliena. Non so se può fare davvero effetto sul suo organismo adattato, non è comunque la mia migliore arma di difesa.
Non mi fido di lei, non mi fiderò mai.
Affonda le dita sottopelle e lo strappa via. Grumo sanguinante di nanotecnologia aliena.
- Dovrai far di meglio. – Mi ringhia addosso quasi offesa.
- Far di meglio o fidarmi, a quanto sembra. Una scelta difficile e pericolosa. Sempre che non sia già riuscito a far di meglio. – Bluffo. Credo lo sappia, ride. È una risata inquietante, nella sua innocenza. Ma non ho tempo per pensarci.
Si avvia già verso l’uscita.
Mi precede in un hangar sotterraneo, si appresta a salire su un aereo piccolo e affusolato (ma in ogni caso capace di portare dodici passeggeri) si siede al posto di pilotaggio e prima ancora che abbia finito di allacciarmi la cintura siamo già in volo.
Il mezzo è veloce e lei sa dove andare, due caratteristiche che nella mia condizione non posso che apprezzare.
Per fortuna non è istantaneo, perché non saprei come affrontare il “Cubo” ed ho bisogno di un piano.
Negli archivi che ho sottratto all’istallazione (e soprattutto in quelli che mi trasmettono le mie cimici) ci sono dei piani della prigione.
Più lavoro attorno a questi piani più mi rendo conto che anche se fossero completi non avrei la più pallida idea di come entrare.
Quindi smetto ed inizio a riflettere.
Arrivando chiudo il libretto di Loki.
Qualunque siano le sue intenzioni, questo taccuino degli appunti (in realtà un grimorio pesantemente annotato) mi è stato più utile di qualsiasi lezione di Chirone.
Mi spiace dirlo del mio maestro, ma del resto lui per primo sosteneva che avrei imparato più in azione che sui banchi di scuola, così poco mi dedicavo alla teoria e così tanto alla magia pratica.
È inquietante. Chi ha annotato questo libretto pensava con una mente molto simile alla mia. Considerando la sua provenienza questo mi spaventa. E mi affascina.
Comunque proprio un nodo teorico che mi era sempre sfuggito mi permetterà, forse, di entrare non visto in un luogo da cui, dicono, è impossibile uscire.
In superficie il complesso di palazzi in cemento armato.
Uffici amministrativi ed alloggi del personale, nessun reticolato.
A protezione del complesso ci sono 300 chilometri di nulla ed uno dei più avanzati sistemi di rilevamento che esiste sul pianeta.
Uno dei sistemi stealth più complessi lotta con esso mentre l’aereo rallenta.
Essendo prodotti dalla stessa ditta, il nostro sistema di mascheramento ha un vantaggio non indifferente.
Ci lanciamo fuori a velocità comunque pazzesca e prima che le nostre tute si siano configurate in modalità di volo l’inerzia ci ha trascinati per centinaia di metri.
Una virata stretta e ci dirigiamo nell’angusta gola che è il nostro obiettivo finale.
Finale, si fa per dire.
L’atterraggio è un po’ più duro del previsto, la velocità con cui arriviamo è un po’ più alta.
La tipa non sembra risentirne affatto, io evito di rotolare sulle rocce usando tutte le capacità mie e della tuta da guerra.
Imbarazzante.
Si è liberata dell’imbracatura e sta sistemando le armi molto prima di me.
Non posso farci un gran che. Mi accuccio e srotolo la mappa del tutto incompleta che ci siamo portati dietro.
Per molti versi, il fatto che l’istallazione sia così segreta che neanche l’organizzazione di Mida sia riuscita a procurarsi informazioni complete la dice lunga sul grado di incoscienza che serve per infilarsi qui dentro.
Come ricordavo, da qualche parte qui sotto c’è un sistema di corridoi di servizio. Se ci sono dei condotti dovrebbero esserci anche delle prese d’aria.
Prese d’aria che saranno supersorvegliate. Prima, quindi, proverò un giochino che mi ha suggerito il libretto di Loki.
Come dicevo prima, mi ha reso chiare alcune cose sulla magia.
Buona parte della magia utilizzata negli universi di questo tipo deriva da patti con creature extramondane. Dei, demoni, altre entità. Spesso maghi che hanno trasceso i piani più prettamente materiali, da soli o in gruppo.
Gran parte di queste magie funzionano come una pay per view molto aleatoria. L’entità concede l’uso limitato delle sue tecniche o delle sue energie ed in cambio verrà, uno di questi giorni, a chiederti indietro un favore.
Per lo più nulla costringe l’entità a concederti l’uso di quel potere, nulla costringe te a restituire qualcosa. È spesso il patto a stabilire il vincolo.
Possono, però, sempre cercare di forzarti.
Fuori da questo, il mago cerca di manipolare con la mente e con alcune “tecnologie” specifiche le leggi più profonde del suo universo. Nel nostro caso un universo probabilistico.
In ogni caso, che sia il mago direttamente o per interposta persona, si tratta di convincere l’universo a fare un’eccezione allo svolgimento placido delle sue regole abituali.
Che so, che per una volta il sangue sia piombo, l’aria una banda rossa che si avvolge sul bersaglio, il nulla uno scudo trasparente.
Nel primo caso è necessario entrare in sintonia col modo di vedere il mondo dell’entità.
Nel secondo caso devi costringere le leggi fisiche a pensare come te.
Credo che questa sacca faciliti il processo fornendo costrutti adatti allo scopo.
Devo quindi cercare al suo interno qualcosa che mi serve… e crederci, ovviamente.
Quando infilo la mano nella sacca mi ritrovo tra le dita un disco nero, flaccido al tatto ed apparentemente gommoso, che ondeggia e tende a cambiare forma.
Quasi avverto lo stridio della realtà quotidiana che arretra di fronte a questo abominio.
La faccio più grossa di quel che è. Un mago di discreta potenza può fare lo stesso con un incantesimo di disgregazione delle rocce.
Fatto sta che applico questo gadget gommoso al terreno sotto di me e mi trovo a scrutare in un buco che attraversa la solida roccia fino al corridoio sottostante.
Già mi immagino gli allarmi che sono scattati mentre ci caliamo velocemente.
In ogni caso arriviamo in fondo prima che qualcuno faccia in tempo ad intervenire.
Ora il secondo azzardo. Afferro il bordo del foro e tiro.
Il gadget si stacca. Lo applico alla parete. Ci togliamo dalla vista, non so per quanto.
Spostarsi orizzontalmente con questo metodo è buona cosa e utile, almeno fino a quando ci troviamo in una zona secondaria, ancora non funzionante.
Ora che siamo entrati dobbiamo confrontarci coi limiti strutturali della nostra missione.
La nostra mappa è incompleta e non sappiamo dove si trova il nostro obiettivo.
Questa è una prigione che, nelle conversazioni non ufficiali, vanta di poter contenere il Dottor Destino. Al conveniente costo di una guerra contro Latveria.
Neanche un presidente repubblicano sarebbe abbastanza stupido da sostenerlo in pubblico.
Visto che tra i prigionieri c'è un kree di un universo alternativo cercare di infiltrarsi con tecnologia kree non sarebbe una grande idea.
Non che io pensi che essi siano in grado di controllarla. Non nei quattro mesi scarsi da quando ne sono venuti in possesso. Forse neanche con l'aiuto di un Richards quattro mesi sarebbero sufficienti.
Ma identificarla, questo si.
Per evitare rischi inutili, la nanotecnologia di un futuro remoto, di un universo altrettanto alternativo, probabilmente mai venuto in contatto con questo, qualche possibilità operativa in più dovrebbe averla.
Rilascio quindi qualche “cimice” che si inserisce subito nel sistema. Esso è certamente degno della sua fama. Reagisce subito al tentativo di intrusione, in 15 secondi sarebbe stato in grado di identificarla. Trattandosi di un congegno remoto non sarebbe neppure stato così grave.
In ogni caso mi stacco dopo soli 13 secondi. In fondo ho già i dati che mi servono.
- Ho trovato il nostro obiettivo. Vediamo di capirci. So di ripetermi. Non c'è il tempo per discutere ne decidere nulla di comune accordo.
Noi entriamo nella sua cella. Se il ragazzo fa una qualche obiezione tu gli spari con questa pistola stordente – gliela passo – e ce ne andiamo di corsa portandocelo dietro. Se ha qualche rimostranza potrà dircela più tardi.
Non può essere più importante della nostra fuga. Ne può comprometterla. Non c'è nessuno la fuori che possa o voglia introdursi qui dentro e liberarci. -
Lei annuisce, spero serva a qualcosa. Quando ne parla sembra completamente sottomessa al kree.
Spero non così sottomessa da costarci la libertà e il mio aggiornamento hardware.
Il percorso che ho studiato non è in linea retta. Non lasciamo tracce del nostro passaggio attraverso le pareti, ma devo evitare stanze che so certamente occupate e non posso escludere che, oramai, in qualche modo, possano tracciarci.
Non voglio che spostino il kree.
Incrociamo una quindicina di guardie e parecchi civili. Che Oubliette disponga di una pistola stordente mi tira un po' su. Malgrado tutto non ho motivi per uccidere questi tizi.
Quando arriviamo alla cella è evidente che c'è qualcosa che non avevo previsto.
Non evidentissimo, in effetti, ma chiaro.
Quindi penso io a stordire l'alieno, prima che la mia compagna si accorga che la porta è appena accostata.
Poi stacco il buco dalla parete e lo sposto su quella opposta.
Un vero e proprio azzardo.
- Adesso via veloce e silenzio. Ci attende un chilometro e mezzo di tunnel stretto e non puntellato nella viva roccia con un peso morto appresso.
Vai per prima. -
Salta nel buco con prontezza, io la seguo, protendendo degli pseudopodi dalla tuta multiuso per trascinare il kree.
Ma ho solo rinviato il mio problema, temo.
Calma. Un problema per volta è già tanto da affrontare.
Per adesso svaniamo da qualche parte. Magari il kree non considererà il trovarsi fuori dal “Cubo” tanto terribile.
Restare qui mi impedirebbe, se non i salti, di aver ripagati i terribili sforzi con cui ci sono arrivato.
Sarebbe ironico saltare ad un passo dal computer organico, ma sarebbe anche peggio aspettare di andarmene da questo mondo in una cella del “Cubo”.
In un modo o nell'altro, sia che parte dell'incantesimo stia anche nel mantenere coerenti le pareti del tunnel o che siamo stati semplicemente fortunati, raggiungiamo una caverna.
Mi affretto a staccare il buco, ma segno il punto. Nulla ci assicura che qui ci sia un afflusso costante di aria respirabile.
Lo infilo nella borsa e cominciamo a cercare l'uscita.
Malgrado il retropensiero di utilizzare ancora il gadget magico, a patto di trovare una parete orientata correttamente, faccia si che non ci impegniamo fino in fondo (e chiaramente uscire da una caverna così profonda richiede le conoscenze e le capacità di veri speleologi) l'uscita è facile da trovare.
Non facilissima da percorrere, soprattutto trascinando un tizio ancora svenuto.
Con la forza proporzionale di un insetto non dovrei averlo colpito così forte, ma anche il mio addestramento non è di second'ordine (come ben sai tu, che ne sei tra le maggiori responsabili) ed i punti che ho premuto dovrebbero assicurarmi ancora mezz'ora, con un kree del nostro continuum.
Quindi uso la tuta per creare sei tentacoli, con due mi carico saldamente il kree gli altri quattro servono a trasportare entrambi su questo terreno sconnesso.
Oubliette ci segue arrancando. Non arranca neanche tanto, considerando che è poco più che umana.
Ovviamente, con sorprendente tempismo, il tizio rinviene a metà di un passaggio particolarmente rognoso.
Per certi versi meglio, visto che la pazza potrebbe risalire solo quando, raggiunto un punto stabile, allungassi un tentacolo per aiutarla.
Per un altro verso peggio, perché magari sarebbe riuscita a calmarlo.
Sento tutta la forza con cui cerca di spezzare i tentacoli che lo tengono.
Una scena topica. Il tizio coi poteri artropoidi stretto fra i tentacoli artificiali di un altro tizio.
Evito la nanocultura che mi sputa addosso solo perché me lo aspetto. Vedo che in quattro mesi non sono ancora riusciti a disarmarlo.
Devo convincerlo in fretta. - Sono qui con Oubliette per liberarti e riattivare il Plex. Colpirti era il mezzo più veloce per portarti fuori evitando discussioni. -
- Tre mesi di lavoro per prendere il controllo dell'istallazione, e c'ero quasi riuscito, e arrivate voi due idioti a rovinami tutto. -
Mi guarda con astio ma smette di lottare.
- Tu indossi una delle mie tute e non sei umano. Chi sei? -
- È un discorso lungo. Che ne dici di trovare un punto più stabile su cui parlarne? Magari dopo aver recuperato la tua amica? -
- Va bene. Se vuoi perdere uno dei tuoi pochi vantaggi di tua spontanea volontà non sarò certo io ad impedirtelo. Portaci pure su. -
Mi muovo velocemente. I tentacoli estensibili sono perfetti per arrampicarsi.
Mi chiedo perché le società che hanno prodotto gli Octopus non le brevettino per alpinisti e speleologi.
Trovare una sporgenza sufficientemente grande non è facile. Quando ci riesco diventa difficile raggiungere la ragazza.
Noh-Varr mi guarda dubbioso quando gli dico che devo scendere un po' per prenderla.
Poi mi prende una specie di scatola degli attrezzi per riparare la sua tuta.
Quando tornerò sarà in netto vantaggio tattico.
Più forte, con una maggiore conoscenza delle armi, più familiarità con la tecnologia.
Da quel che so la sua colonia nanotech non dovrebbe essere in grado di sopraffare la mia, non senza il supporto del Plex, per lo meno. La cosa non mi fa stare tranquillo.
Sapevo che questo confronto era inevitabile, speravo solo di potermici trovare in condizioni più favorevoli.
Quasi qualsiasi situazione sarebbe più favorevole. Due contro uno, prigionieri in una grotta. In realtà i minuti che passo a recuperare la tipa mi permettono di pianificare una via di fuga se le cose si mettono al peggio.
E solo l'idea che la magia costituisca il mio unico vantaggio mi fa accapponare la pelle.
Lo sapesse Chirone farebbe accapponare la pelle anche a lui.
Beh, in realtà spero di poterglielo raccontare un giorno, possibilmente a casa, di fronte ad un paio di birre appena spillate da una botte nuova.
In ogni caso, recupero la ragazza e torno dal kree, preparandomi alla battaglia o alla fuga.
L'individuo che ci attende in cima ha avuto anche lui il tempo di riflettere e sorride.
- Non potevate sapere quello che stavate combinando ed in fondo posso cominciare la civilizzazione di questo mondo primitivo da qualsiasi posto. Tanto vale cercare di riprendersi il Plex, se ne rimane abbastanza per essere di una qualche utilità. Se funziona compenserà il ritardo che avete provocato ai miei piani. Altrimenti dovrò aspettare che ne cresca un altro, assolutamente ignorante delle cose kree, temo.
Ma tu non sei umano e non vibri come uno di questo mondo, sei alieno quasi quanto me. Per certi versi di più. Che cosa vuoi? Non credo tu lo faccia perché infettato da qualche idea virale che ho diffuso su questo mondo.
La tua mente è chiaramente ben addestrata, difficile da infettare e capace di guarirsi da sola di quasi ogni infezione.
Quindi ripeto: cosa vuoi in cambio della liberazione di un pericoloso kree, capace di conquistare le menti di quasi tutti i terrestri e farne delle imperfette forme semi-civilizzate? -
- In realtà quello che voglio è facile. Sono perso nello spazio-tempo, incapace di accedere ai comandi della mia macchina del tempo personale. Sbalzato di mondo in mondo da un incantesimo, una maledizione o come preferisci chiamarla.
Voglio un supporto tecnologico per tornare padrone del mio computer quantistico e tornare a casa. Voglio l'aiuto tuo o del Plex per eseguire queste riparazioni o, nella peggiore delle ipotesi, uno o due filamenti del Plex per potenziare ciò che resta del mio sistema. Non è nulla di trascendentale o di difficile da spiegare. Voglio tornare a casa. -
Giuro che avevo letto di questa cosa da qualche parte.
Ma giuro anche che non ci avevo mai creduto.
In ogni caso il kree mi ha rivelato che di tanto in tanto riceve trasmissioni da ciò che resta del Plex, un sistema così danneggiato che non è riuscito a ricostruirsi in questi mesi.
Anche tenendo conto che gli umani faranno qualsiasi cosa in loro potere per ritardare il processo è molto.
Neppure quando furono attaccati dagli uomini armadillo della singolarità piatta (parla sempre di cose di questo tipo) riportò danni del genere.
Si trova sulla piattaforma orbitale dello SHIELD, del tutto al di fuori della nostra portata.
Quello che non è al di fuori della nostra portata, grazie ai dati che, malgrado il colossale danno, il Plex è riuscito a trafugare allo SHIELD, è l'ubicazione della base principale di New York.
Tornare all'aereo e rientrare in città non è stato facile. Siamo stati costretti a gettarci fuori e planare a terra pochi secondi prima che ci abbattessero.
Fare l'ultimo centinaio di chilometri a piedi evitando qualunque centro abitato, dove i miei due compagni sono ricercati come i due pericolosissimi terroristi che sono, è stato duro e lungo. Ma siamo tutti e tre ben più resistenti degli umani e in pochi giorni, pur passando per boschi e colline, siamo alle porte della città.
La città, e questa città in particolare, non è un centro abitato, è una giungla. Basta una felpa e un atteggiamento spavaldo perché nessuno ti guardi. Perché facciano di tutto per non incrociare il tuo sguardo. Il kree se ne parte con una delle sue su predatori e prede. Hanno certamente un sistema educativo molto complesso sul suo mondo. E vagamente frustrante.
Arriviamo facilmente fuori dal nostro obiettivo. Un negozio di barbiere. La velocità è dalla nostra parte, non hanno ancora cominciato a cercarci sul serio e nessuno ci ha ancora fermato.
Dentro ci sono due persone. In effetti prenderli per dei veri barbieri non è facile, sarebbe più facile scambiarli per pugili, lottatori.
Ma siamo a New York. Nessuno guarda nessuno.
In ogni caso sono due. Mando avanti alcune cimici a disattivare gli allarmi ed entro.
Lo faccio io perché non mi aspettano e perché, lo ammetto, dubito che Noh-Varr userebbe dei dardi soporiferi per neutralizzare i due agenti SHIELD che sorvegliano questo ingresso della base newyorkese.
Anche se hanno reagito alla mia presenza come se fosse apparso un alieno potenzialmente ostile, non posso biasimarli al punto di ucciderli se non ce n'è il bisogno.
Non sono stato addestrato all'odio, sono uno scienziato, non un guerriero, in ultima istanza. In fondo sono un alieno ostile.
Gli altri due entrano subito dopo di me e subito ci dirigiamo verso il fondo del negozio. Passiamo in modalità invisibile quasi subito (far indossare una tuta kree alla ragazza è stato più difficile che rientrare a New York. Chissà perché, poi. Voglio dire, a parte il fatto che è totalmente folle, naturalmente). Poi faccio cessare le interferenze col sistema di allarme.
Subito escono dal pavimento una decina di piattaforme, ognuna col suo agente armato. Sono l'unico a vedere l'errore tattico di questo sistema?
Visto che la facciata del negozio è un ologramma da fuori nessuno nota nulla, neppure quando tre aprono la porta per guardare all'esterno.
Sollevano i loro compagni svenuti e riscendono. Due restano a sostituirli.
Le due piattaforme vuote rientrano nella base, come preventivato.
Per fortuna non sono dotate di sensori di pressione.
Non sono sicuro che sarei riuscito ad hackerarli correttamente in così breve tempo.
Ora siamo all'interno e la parte più facile del nostro folle piano è compiuta. Al primo tentativo.
Noh-Varr, se possibile è ancora più pazzo e temerario di quanto non sia la sua compagna.
Si muove e comporta come se nulla e nessuno potesse essere in grado di sconfiggerlo. O forse come se fra il non tentare una missione e la morte la seconda fosse di gran lunga il destino meno terribile.
Arriviamo in fretta dove dobbiamo, un prototipo di teletrasporto in contatto con la stazione orbitante dello SHILD, piantonato e con una porta a tempo ultrablindata a proteggerlo.
Ultrablindata non vuol dire stagna. Piazzo qualche decina di cimici sulla piattaforma, poi ci sediamo ad aspettare.
Noh-Varr è così immobile che potrebbe essere morto, ogni muscolo così rilassato che sta chiaramente riposando, sveglio e vigile, non dubito, e contemporaneamente in meditazione profonda.
Quasi lo invidio, devo confessarlo.
Neanche i nostri migliori maestri sono capaci di tanto.
Oubliette camminerebbe sui muri, invece. Star ferma ad aspettare le costa una fatica immane. Se questa attesa durerà a lungo sarà esausta, al momento dell'azione. Non posso farci nulla.
Io sto in mezzo. O meglio, mi illudo di stare in mezzo. Immagino che per il kree sia difficile apprezzare le differenze tra di noi. Siamo stati sottoposti a sistemi disciplinari radicalmente diversi, quasi opposti. Peccato.
Non posso neppure parlare o grattarmi il naso, tanto siamo vicini agli agenti SHIELD armati e vigili.
Combatto nella mia testa questa battaglia almeno una cinquantina di volte, ma neanche una riusciamo ad abbatterli tutti senza che riescano a dare l'allarme. E questo solo con le postazioni d'allarme che conosco, non è detto che siano tutte, e con i dati di combattimento che riesco ad intuire da come si muovono. In ogni caso, utile o inutile per la battaglia, è utile come esercizio per passare il tempo. Un tempo lento, immobile, infinito.
Le nostre più rosee speranze non si verificano.
Quando si avvicina il momento del rifornimento la porta blindata non si apre. Muletti robotici spostano casse messe all'interno da chissà quante ore. Un grande intervallo tra quando si aprono le porte a quando si attiva il teletrasporto è un buon sistema di sicurezza. È tra quelli che avevamo preventivato.
Valeva la pena provare. Sottovalutare il nemico è grave quanto sottovalutarlo.
Il nostro piano primario va avanti.
Quando i rifornimenti partono attraverso la piattaforma sono accompagnati dalle mie cimici preprogrammate.
Ancora venti, interminabili minuti, così lunghi che comincio a temere di aver fallito e le porte si spalancano mentre dalla piattaforma cominciano a sciamare drappelli di uomini dello SHIELD.
Soldati, scienziati.
Questo è il momento più difficile, ma non potevamo non rischiare.
Il fatto è che nessuno di noi ha qualcosa da perdere se viene catturato.
Cioè, la ragazza non lo adorerebbe, non c'è dubbio e riprendere il posto che aveva nella società del “Cubo” non sarebbe immediato neanche per Noh-Varr e le sue idee virali, contro le quali ben pochi su questo mondo sono vaccinati (ma se qualcuno è capace di difendersi è facile che sia qualcuno che prima o poi dal “Cubo” deve passare).
In ogni caso non sarebbe una passeggiata neanche per me, non so quanto lunga può essere la mia permanenza, ma sono qui da pochi giorni e potrei restare qui anche mesi, anni forse. Inoltre per il mio ritorno sarebbe problematico, a questo punto, perdere la sacca o peggio il libro di Loki.
Potrei cercare di nascondere la sacca dentro se stessa (è un trucchetto spiegato nel libro che dovrebbe funzionare proprio con le sacche dell’abbondanza) ma non ho mai provato, non sono certo che funzionerebbe, non sono certo che un buon mago non lo scoprirebbe né che poi riuscirei a ritirarla fuori.
Lo SHIELD è un'organizzazione notevole. So che a sentir raccontare alcune storie su di loro si può avere l'impressione di avere a che fare con un mucchio di cazzoni incapaci. Il problema è che le storie che senti raccontare le senti sempre da qualcuno che non è dello SHIELD. E si sa che il narratore determina molto della storia, anche solo determinando il punto di vista.
In più, quando, la maggior parte delle volte, se la cavano da soli, la storia per lo più, non giunge a noi.
In realtà sono dei tizi molto ben addestrati. Anche in casi come questi l'ordine con cui si muovono è quasi ammirevole.
Attraversano il portale in file ordinate e si aprono a raggiera, impedendo a chiunque di risalire l'onda mentre una nuova fila si avvicina.
Tra un invio e l'altro vengono accatastati dei macchinari attorno alla piattaforma di teletrasporto.
So cosa vogliono fare e so quanto contavamo su questo. È solo questione di coordinamento. Passa una fila che inizia ad aprirsi a raggiera, noi camminiamo sui tetti, un passo e siamo oltre la porta.
Nuovamente sul tetto quando l'altra fila l'attraversa. Aspettiamo accanto alla piattaforma di teletrasporto. Il sistema piega lo spazio, siamo fortunati.
Fosse stato un sistema a conversione di massa potevano individuarci.
Completato il grosso dell'evacuazione portano il materiale sulla piattaforma.
Saltiamo attraverso una piega dello spazio, non è uno dei sistemi più comodi per il teletrasporto, i sensi umani non sono fatti per muoversi in quella direzione li.
Io lo trovo tra i più consolanti. L'idea di farmi disintegrare per ricostruire una copia identica da un'altra parte invece non mi affascina.
L'hangar è vuoto.
Il sistema di difesa automatico inizia a sparare. Non erano macchinari aggiuntivi, quelli che cercavano di portare quassù.
Però era tra le opzioni che avevamo previsto. Siamo acquattati tra le casse, la prima salva ci manca completamente. La seconda non fa in tempo a partire, le mie cimici la bloccano con la stessa facilità con la quale hanno avviato il sistema di autodistruzione. Appena in tempo, quindi.
Il sistema informatico si protegge con efficienza. Mi restano pochi minuti di controllo totale.
Sufficienti a schizzare fuori dalla stanza prima che arrivi qualcuno.
Se sono furbi ci manderanno contro solo dei robot, ma non c'è da andare sul sicuro con questi tipi.
Un momento sono efficientissimi, quello dopo si infilano in una gabbia logica assurda. Sono militari. Netta separazione tra chi decide e chi agisce.
Corriamo per i corridoi all'impazzata, mentre il sistema scarica la mappa dell'istallazione nel mio cervello.
Siamo all'inizio del XXI secolo, tenuto conto di quanto questa stazione sia una meraviglia, mi spiacerebbe non riuscire ad interrompere il conto alla rovescia.
Tenendo anche presente che ci siamo noi qua sopra.
Eppure questo divide le loro forze, devo correre il rischio.
Ci precipitiamo dentro una grossa sala, un laboratorio, è evidente.
Ho il quadro. Sulla stazione sono rimasti 14 LMD (ad un solo grado al di sotto dell'intelligenza) pienamente operativi ed armati di tutto punto, che stanno correndo nella nostra direzione.
Altri 4 con funzioni scientifiche stanno montando il plex su una stazione mobile per portarlo via.
Spariamo quasi contemporaneamente. Cadono a terra falciati da una tempesta di fuoco.
Tre sono direttamente connessi al sistema della stazione e cercano di contrastare le mie macchinette. Tre quasi intelligenze artificiali del XXI secolo contro una trentina di nanorobot del XXIX. La battaglia è impari ma non ci serve molto più tempo.
Tre colpi ben centrati e spengo l'autodistruzione.
Disabilito il teletrasporto in entrata e non blocco le navicelle. Non ve ne sono più.
La trappola era ben preparata, non c'è che dire.
Sento la prima vertigine. I miei compagni sono già al lavoro sulla camera del Plex. È già montata quasi del tutto, i motori funzionano al minimo, ma Noh-Varr possiede la superforza, non gli serve alcun motore per spostarla.
- Ho poco tempo, sento le prime avvisaglie del balzo. Ho settato il teletrasporto sulla nave. Per il resto è bloccato per chiunque. -
Infila il braccio direttamente nel brodo di coltura. Strappa pochi filamenti del computer biologico, che, chiaramente, grida.
Un urlo silenzioso, ma non per questo meno d'impatto. Urla. Cosa non deve aver subito in questi mesi...
Noh-Varr mi getta i filamenti gocciolanti.
- Sei un tipo in gamba. Se restassi qui potresti diventare un avversario formidabile, non potrei lasciarti in vita. Ostacoleresti il mio progetto di dare ordine a questa palla di fango. Se possibile sei ancora più indisciplinato di questi barbari, anche se sembrerebbe che dalle tue parti questo caos possa aver dato vita a un sistema.
A non rivederci, quindi. -
Detto ciò si volta, spingendo una colossale testa verde su ruote. Su sospensori, a dir la verità.
Altra nausea, molto più forte.
Mi siedo ed aspetto. Inizio a collegare le parti del computer biologico alle prese esterne del mio sistema ed intanto lo intreccio ai capelli.
È vivo, abbisogna di nutrimento. Lo collego al mio sistema e contemporaneamente lo collego al mio corpo.
Intanto scarico più informazioni possibili dal computer della piattaforma.
Sento una nuova scossa, più forte. Ci siamo.
Fascismo zen. Ancora quella cazzata. Ricorda vagamente una riflessione sul nazismo che un filosofo del XX secolo fece, mi pare, in un'intervista. Non ricordo più chi era. Si addice ben poco alla società kree. Eppure il concetto che ci sta dietro e perché si è fatto questo accostamento è terribile. Per me.
Ha ragione Noh-Varr. Se ci rivedremo sarà da nemici, su questo non c'è dubbio. Ho ritirato tutte le cimici dal sistema, non so dove sia, ne se sia ancora a bordo. Ma non è passato poi così tanto tempo da quando è uscito. Per quello che serve, se serve, nel momento stesso in cui salto rilascio un proiettile cosmico nella piattaforma. Vada come vada ho cercato di porre rimedio.
[1] Come avrete già notato la rivendicazione è la stessa che compare alla fine della miniserie Marvel Boy. Oubliette non si è presa la briga di aggiornarla e, per lo meno in questo mondo che non è necessariamente l’originale, la rivendicazione è rimasta immutata per mesi.