Presenta

 

CORMAC MAC ART

 

 

L’ISOLA DELLE OMBRE

 

Di Carlo Monni

 

 

PROLOGO

 

 

Anno 464 Dopo Cristo. 1217 Ab Urbe Condita. 4° anno di Regno dell’Imperatore D’Occidente Libio Severo

 

La nave è chiamata “Corvo” ed è un'imbarcazione a vela, lunga e stretta, tipica degli uomini del Nord, provenienti dalla terra chiamate Scandinavia, Sul suo ponte, sta un uomo diverso dagli altri: la sua carnagione è color del bronzo e sul suo viso, solcato da una cicatrice, è imperscrutabile, i suoi occhi grigi, freddi come il ghiaccio, gli danno un’espressione sinistra. È alto e robusto, i suoi capelli sono lunghi e neri e non porta né barba, né baffi, diversamente da coloro che sono imbarcati con lui; indossa una cotta di maglia di ferro, come ne forgiano i fabbri della verde terra d’Irlanda, che lui chiama Erin, da cui proviene. Il suo nome è Cormac Mac Art, detto, nella sua lingua, “Na Cliuin”, ovvero: “Il Lupo”. Al suo fianco, il compagno di tante avventure;: il danese Wulfhere Spaccacrani, dalla fluente barba rossa e dalla voce possente.

            La loro rotta li ha portati più a Nord di quanto qualsiasi uomo, per quanto ne sanno loro, si è mai spinto prima. Una terra di leggende e di racconti narrati intorno al fuoco per spaventare i bambini o, forse, realmente dimora di sinistre presenze.

            Cormac sente l’inquietudine dell’equipaggio, ma non ha scelta, ha fatto una promessa e, per il suo onore, la manterrà, a costo della sua stessa vita.      

 

 

1.

 

            Griffyd Ap Lloydd è preoccupato ed ha buone, ragioni per esserlo. La Britannia è stata abbandonata a se stessa da quando l’ultima Legione Romana se n’era andata decenni prima, esposta agli assalti di ogni genere di invasori, fossero essi i fieri Pitti o gli Irlandesi, oppure i nuovi venuti: gli Angli, Sassoni e Juti, che il Gran Re Vortigerno aveva chiamato come mercenari per combattere i Pitti e gli Scoti di Dalriada e che si erano trovati così bene da decidere di fare della Britannia la loro nuova patria e chiamare altri loro connazionali. Almeno gli Irlandesi erano Celti, per quanto barbari, ma questi Germani erano diversi per abiti lingua, costumi ed erano anche pagani, cosa che faceva infuriare il Vescovo che, ironicamente, si chiamava proprio Germano. In Britannia erano giunte le notizie del Sacco di Roma e delle conquiste di Attila, ma, per fortuna, il Re degli Unni non aveva ritenuto di doversi spingere sino in Britannia e non era nemmeno il caso di sperare che i Romani tornassero ad aiutarli, occupati com’erano a contrastare il nuovo invasore. Il che riportava al punto in questione. L’attuale Gran Re, Uther Pendragon, è costantemente impegnato nel duplice compito di respingere le invasioni dei Sassoni e di ricondurre sotto il suo comando i re e principi minori riottosi. Proprio in questo momento si trova in Cornovaglia impegnato a combattere il suo cosiddetto “Duca”, ribelle alla sua autorità. I maligni dicono che, in realtà, Uther si sia innamorato della sposa del Sire di Cornovaglia, la bellissima Ygraine e che il vero scopo della guerra sia avere lei a costo di ucciderne il marito. I maligni hanno ragione, Gryffid è uno dei consiglieri di Uther e, non molto tempo prima, ha avuto modo di sentire un colloquio tra il Re e Merlino, il suo fidato consigliere, colui di cui si dice che sia nato dall’unione di un demone con una donna mortale e che abbia imparato l’arte magica dei druidi nella misteriosa Isola di Avalon. Uther aveva chiesto aiuto a Merlino per conquistare la bella Ygraine e dopo molti tentennamenti, Merlino aveva acconsentito, a patto che il Re soddisfacesse un suo desiderio. Gryffid non aveva ascoltato oltre, quanto aveva saputo era più che sufficiente per inquietarlo. Nulla di buono poteva venire da un atto del genere. Non si dice, forse, che tra i compiti del sovrano c’è anche quello di proteggere la santità delle unioni e l’integrità della famiglia?  Su una cosa i sacerdoti dell’antica religione e della nuova sarebbero d’accordo, pensa Gryffid, ed è che se il Re non è in grado di controllare le sue stesse passioni, il risultato può essere il disastro per l’intera Britannia.

            Il che si sarebbe rivelato sin troppo vero, purtroppo.

 

            La giovane Gwladys è pensierosa. L’indomani dovrà partire per raggiungere l’Irlanda e sposarsi con uno dei principi del Regno di Dalriada. Un idea del Gran Re Uther, o, più probabilmente, di uno dei suoi consiglieri, per suggellare una tregua con gli Scoti, così le è stato detto. Ad accompagnarla sarà un inviato del Re di Dalriada, il suo nome è Cormac Mac Art, lo stesso nome di un antico sovrano di Erin, di cui, si dice, sarebbe un discendente diretto. Gwladys ha sentito dire che è un Principe di Connaught, costretto a fuggire dalla sua terra a causa di uno spietato usurpatore del trono dei suoi avi e che, da allora è stato mercenario e pirata. Un tipo adatto a colpire la fantasia di una giovane donna. Se solo…

            I suoi pensieri sono interrotti d’improvviso, quando le mura s'infrangono, come spinte da una forza possente ed una figura appare, improvvisa, dinanzi a lei, è alta, magra, completamente nera in volto e vestita di rosso, i suoi occhi sono completamente bianchi, senza pupille e il suo sorriso raggelante. Dietro di lui si avanza una visione altrettanto raggelante: un gigantesco mastino, nero, con gli occhi fiammeggianti e le zanne colanti di bava. Un ringhio sommesso esce dalla sua gola, per diventare, poi, un ululato terrificante

            Gwladys urla:

 

            Cormac Mac Art si sveglia di soprassalto. È un ululato quello che ha udito? Ed era un urlo di donna quello che ne è seguito? Guerriero temprato da mille battaglie, è già in piedi, con in pugno il suo possente spadone. Sta succedendo qualcosa di brutto, lo sente. Quando esce dalla sua stanza, i suoi peggiori timori si realizzano. Quella che vedono lui ed i suoi compagni, che l’hanno prontamente raggiunto, è una visione da incubo. Sono cani, cani giganteschi e ferocissimi, che dilagano senza pietà, attaccando ed uccidendo.

            Per un attimo Cormac è come paralizzato dalla visione, che evoca orrori di cui aveva sentito parlare nelle fiabe che gli raccontavano da bambino, poi, alle sue spalle, sente la voce, insolitamente bassa del suo compagno di centinaia di battaglie:

-La caccia selvaggia!-

            Ed in quella voce c’è un tono che non vi ha mai sentito, un tono di paura.

 

 

2.

 

 

            Tra i miti dei popoli del nord e di quelli celtici c’è anche quello della muta dei cani infernali che, in certe notti, cacciano coloro che sono abbastanza folli da avventurarsi nell’oscurità. Nessuno ha mai visto i mastini ed è sopravvissuto per raccontarlo, ma in molti, saggiamente rinchiusi nelle loro dimore, hanno udito i loro ululati e le grida delle loro vittime. Nessuno ha dubbi che quelli dinanzi a loro siano proprio l’incarnazione dei loro timori: la Caccia Selvaggia.  Cormac prova un istintivo impulso a scappare, ma resiste. Un vecchio druido della sua terra natale gli aveva detto che le creature magiche non sopportano il ferro e la lama della sua spada è forgiata in ottimo acciaio. Una di quelle creature infernali spalanca le sue fauci su di lui e Cormac infila la spada tra le zanne. Il mastino ulula, sparendo in un vortice di fumo.

-Combattete guerrieri, combattete!- esorta Cormac.

            Wulfhere non ha bisogno di simili esortazioni. Lui è sempre stato un guerriero, se scappasse il suo destino sarebbe l’Hel, ma se combatte sino alla morte, la sua ricompensa sarà il Valhalla al fianco di Odino. La sua spada infilza uno dei mastini, che stava balzando su di lui. Sia il cane infernale, che il guerriero rossochiomato piombano a terra, trascinati dallo slancio. Wulfhere continua a colpire. Se quel mastino vuole la sua morte, dovrà sudarsela.

            La fortezza è nel caos più completo. Molti tra i britanni ed i danesi dell’equipaggio di Wulfhere hanno ceduto al panico e sono stati abbattuti dalla Caccia Selvaggia, altri combattono per le loro vite. Il ferro delle loro armi danneggia i mastini, ma essi sono troppi e sembrano diventare sempre di più.

-Non resisteremo a lungo, amico Cormac.- dice Wulfhere, coperto dell’orribile bava dei mastini che ha respinto.

-Tutti debbono morire, prima o poi, Wulfhere, ma queste creature dovranno sudarselo il nostro sangue.-

            Il Danese sbotta in una grassa risata

-Per il martello di Thor, che sia così, dunque!- proclama. –Queste creature morderanno la spada dello Spaccacrani prima di trascinarlo in Hel!-

            Poi, d’improvviso, come se ascoltassero un richiamo udibile solo a loro, i mastini si fermano, poi corrono via, scomparendo rapidamente nella notte.

            Perché? Si chiede Cormac, ma non ci sono risposte, ancora.

 

            La furia della Caccia Selvaggia è passata sui Britanni lasciandosi dietro una scia di morte e distruzione… e non solo.

            Gryffid Ap Lloydd non riesce ancora a credere a quanto a visto, eppure è ancora vivo per testimoniare gli eventi a cui ha assistito e per ricevere una notizia decisamente brutta:

-Sono scomparse delle giovani donne, quattro in tutto, tra di esse anche la principessa Gwladys, figlia del Re di Powys.- comunica.

            Cormac Mac Art fa una smorfia. La ragazza è la promessa sposa di uno dei figli del Re di Dalriada e lui ha giurato di portargliela sana e salva ed ora…

-Io non so cosa pensare… forse i cani dell’Inferno le hanno divorate o…-

-Sono state rapite!-

            Al suono di quella voce tutti si voltano per vedere un vecchio dalla lunga barba bianca, ricoperto da un mantello e con il volto parzialmente coperto da un ampio cappello, che avanza, sostenendosi ad un bastone.

-Chi sei, vecchio?- chiede Gryffid -Io non ti conosco, non ti ho mai visto qui.-

-Chi io sia non ha molta importanza, Gryffid Ap Lloydd, ciò che conta è che le tue donne sono in pericolo, un pericolo che minaccia, oltre la loro vita, le loro stesse anime.-

-Come fai a sapere queste cose, vecchio?- chiede Cormac, sguainando un pugnale e puntandolo alla gola del nuovo venuto. Questi non sembra minimamente impressionato e sorride:

 -Io so molte cose, Cormac Mac Art, figlio di Art, figlio di Corin. So che discendi da una stirpe di uomini valorosi, che hanno conosciuto e combattuto il male sotto molte forme e che non lascerai che il sangue di giovani innocenti sia versato impunemente.-

            Cormac trasale. C’è qualcosa di indefinibile nel vecchio, qualcosa che lo mette a disagio.

-Che cosa sai?- chiede.

-Cerca nella grande isola a nord. Esse saranno là, ma sbrigati, perché, quando sarà sorta la luna piena, saranno sacrificate a dei così oscuri che se ne è perso il ricordo.-

-Quell’isola la conosco…- interviene Wulfhere -… è disabitata. Le leggende della mia gente raccontano che un tempo molto lontano era abitata da stregoni malvagi, capaci di animare i cadaveri e farne loro schiavi. Ci fu una guerra sanguinosa ed essi furono sconfitti e, da allora, nessun uomo ha mai posto piede sull’isola di ghiaccio.-

-Dici il vero, Wulfhere Spaccacrani.- continua il vecchio –Ma ciò che non sai è che alcuni di quegli stregoni sono sopravvissuti ed hanno fatto delle viscere della terra il loro rifugio. Hanno fatto un patto con creature innominabili e preparano il loro ritorno, pronti a precipitare il mondo in un regno di orrori mai nemmeno immaginati.-

-Voglio crederti, vecchio.- replica Cormac, rinfoderando il pugnale –D’altra parte, è l’unica possibilità che ci resta per trovare le ragazze scomparse e non me la lascerò sfuggire. Ho promesso al Re di Dalriada di portargli la sposa di suo figlio sana e salva e manterrò il mio giuramento o morirò tentando. Chi è con me?-

            Wulfhere alza la spada.

-Io sono con te e così l’intero equipaggio della “Corvo” ed a chi non vuole venire, spaccherò personalmente la testa, quant’è vero che mi chiamano Spaccacrani.- così dicendo, il gigantesco Danese esplode in una possente risata. I suoi uomini lo fissano in silenzio, poi, alzano a loro volta, le spade ed esplodono in un unico grido:

-Con Wulfhere e con Cormac! Dove voi andrete, noi vi seguiremo!-

            Cormac vorrebbe parlare ancora col vecchio, ma…

-È sparito? Ma come?-

-Lascialo perdere, Cormac.- gli dice Wulfhere –Credo di sapere chi fosse.-

-Chi?-

-Si dice che il Padre di Tutti, Odino, ami camminare tra i mortali in guisa di vecchio. Io credo che sia venuto per avvertirci del pericolo.-

-E perché avrebbe dovuto farlo?-

-Le vie degli dei sono spesso misteriose, ma credo che avremo presto la risposta.-

            In un modo o nell’altro, pensa Cormac, sarà così.

 

 

3.

 

 

            Questo era avvenuto ieri. Oggi Cormac Mac Art è il primo a metter piede nella ventosa isola dell’estremo nord. A sentire il suo compagno, il primo da migliaia di anni, a parte le ragazze rapite ed i loro rapitori, s’intende. Con circospezione Cormac e Wulfhere avanzano, guardandosi intorno.

-Da dove cominciamo a cercare?- chiede il Danese.

-Il vecchio ha parlato delle viscere della Terra.- risponde Cormac –Dovremmo cercare un passaggio per il sottosuolo, una caverna o qualcosa di simile.-

            Wulfhere si blocca d’improvviso, poi esclama:

-La! Sulla cima di quel monte!-

-Cosa?- esclama Cormac –Come puoi dirlo?-

-Io… lo so, non so come, ma lo so, fidati.-

-Mi fiderò vecchio amico, ma è certo che in questa storia molte sono le cose strane e solo gli dei della mia e della tua terra sanno veramente che pericoli stiamo per affrontare.-

Non temi l’ira degli dei, amico?-

-Solo il pazzo non la teme ed io non sono pazzo, ma una cosa la so: qualunque cosa possa essere toccata, è vulnerabile alla mia spada ed io la userò senza pietà contro ogni nemico.-

-Detto da vero guerriero.-

-Non vivo per la battaglia, tu lo sai Wulfhere. Noi figli di Erin siamo valorosi, ma uccidere non mi è mai piaciuto. Se il nemico non mi concede altra scelta, allora, la mia spada berrà il suo sangue, ma vorrei che fosse altrimenti.-

-Sei sempre stato un sentimentale Cormac Mac Art, staresti bene con una delle arpe del tuo paese a comporre melodie.-

-In realtà l’ho fatto. Ad Erin i bardi godono di alta considerazione e chi sa comporre la musica è valutato quanto un buon guerriero.-

-Sciocchezze: una buona spada ed un braccio forte con cui combattere, questo è quanto un uomo può aspettarsi dai suoi dei.-

            Mentre aveva luogo questa conversazione, il gruppo di valorosi ha raggiunto la base della montagna.

-Wulfhere, guarda!- esclama uno degli uomini –C’è una specie di sentiero che va verso l’alto.-

-Si, un sentiero tracciato dal passaggio ripetuto di piedi piccoli.-

-Troppo piccoli per appartenere ad esseri umani.-

-Troll!- esclama un altro guerriero.

-O Elfi.- gli fa eco un altro ancora.

            Wulfhere si rivolge a tutti loro:

-Ascoltatemi! Non fatevi intimorire, miei guerrieri, sapevamo che ci aspettava un grave pericolo, ma lo affronteremo da uomini.-

            Cormac non lo sta ascoltando, si è già inerpicato per il sentiero. Prima non aveva prestato molta attenzione agli avvertimenti del vecchio, che Wulfhere dice essere stato il dio Odino travestito, ma ora un senso d’angoscia l’ha assalito, come se il tempo a loro disposizione fosse limitato. È per stanotte, pensa, qualunque cosa sia è per stanotte.

Il sole gli batte negli occhi o vedrebbe, forse, una figura solitaria ritta in cima al sentiero, ma il tempo di un battito di ciglia ed essa è già scomparsa..

 

Il luogo è un’oscura caverna, illuminata dalla luce delle torce. Al centro un uomo dalla barba bianca, con indosso una tunica color porpora, che sta guardando in uno specchio, uno specchio che non riflette nulla, ma che, piuttosto, mostra, le scene dell’avanzata di Cormac e dei suoi.

-E così stanno venendo qui.- commenta l’uomo –Non importa, non potranno fermarmi, ormai.-

-Sei molto sicuro di te, mortale.- dice una voce non uscita da gola umana, appartiene, infatti, ad un essere che di umano ha solo l’aspetto. Coloro che lo conoscono hanno solo l’ardire di sussurrarne il nome: è Malekith, signore degli Elfi Oscuri –Ci hai convinto ad aiutarti, ma puoi ancora fallire.-

-Non essere impaziente Malekith.- interviene una voce femminile, una voce che appartiene a quella che sembra essere una donna di non comune bellezza, dai lunghi capelli neri –Abbiamo deciso di unire le nostre forze, perché il mortale ci ha promesso una larga messe di anime quando il suo rito sarà finito ed era quello che entrambi volevamo. D’altra parte, se fallirà, egli desidererà di essere morto, piuttosto che affrontare la nostra collera.-

-Non fallirò Nemain, signora della morte, avrai il tributo che ti ho promesso. Ora, però dobbiamo pensare agli intrusi.-

-Gli intrusi?- esclama, ridendo Malekith –Hanno sfidato il mio dominio ed impareranno cosa significa… a loro spese.-

 

            Hanno continuato ad avanzare. Sferzati dal vento gelido, ma non si sono fermati e la vetta è in vista.

-Questo sibilare del vento mi gela l’anima come un cattivo presagio.- dice Wulfhere..

-Mi ricorda il lamento della Banshee.- commenta Cormac –la sirena che annuncia disgrazie della tradizione della mia terra.-

-Disgrazia? Io dico che la disgrazia è caduta su di noi che abbiamo osato venire qui!- prorompe uno di guerrieri danesi.

-Taci Hakon.- gli intima Wulfhere, voltandosi verso di lui, poi è testimone di una vista d’eccezione: mani di pietra si protendono dal terreno ed afferrano alcuni dei suoi uomini, portandoli in una voragine apertasi nel sentiero.

-Hakon, Eric, Egil!- esclama Wulfhere, poi, senza esitazioni, si cala nella buca, gridando: -Vengo a prendervi.-

            Dannato testone impaziente, pensa Cormac, lanciandosi dietro di lui, seguito dagli altri uomini, più timorosi di quanto potrebbe accadere loro se rimanessero sul sentiero, piuttosto che seguire i loro capi.

            Cormac Mac Art corre lungo uno stretto corridoio malamente illuminato. Vede dinnanzi a se la grossa sagoma del suo amico che corre. Si chiede se è il caso di chiamarlo, ma, ecco che si ferma e Cormac e gli altri possono raggiungerlo. Dinanzi a loro tre scheletri e solo gli abiti testimoniano che, sino a poco prima erano i loro amici.

-Manannan e Leir!- esclama Cormac, invocando i nomi di antichi dei della sua terra natale. –Questa è magia.-

            Come a far eco alle sue parole, ecco avvenire un altro fenomeno, quando una miriade di corvi, provenienti da chissà dove, si precipitano loro addosso. La battaglia è intensa ed alla fine i pennuti sono respinti, ma non prima di aver lasciato dietro di se un tributo di sangue. Altri tre guerrieri sono caduti sotto i colpi di uccelli, evidentemente stregati, poi, ecco un nuovo, raccapricciante, fenomeno. I sei cadaveri si sollevano e si precipitano addosso al gruppo.

            Cormac combatte come un valoroso, ma come si può fermare chi è già morto? L’irlandese mena fendenti col suo spadone, ma non può fermare i cadaveri animati C’è da dire che pochi dei suoi uomini cedono al panico, ma, con orrore, vedono i compagni caduti unirsi alla schiera dei morti viventi. Cormac è ormai sicuro dell’imminente fine. Tanto peggio, pensa, è stata una vita degna di essere vissuta, mi spiace solo che non rivedrò mai più i verdi prati del Connaught. Improvvisamente, scivola e sente il terreno franargli sotto i piedi. Non sa quanto a lungo cade, ma, alla fine, la sua caduta si arresta e lui giace svenuto. Non vede i suoi compagni rimasti cadere, non è testimone della confitta di Wulfhere Spaccacrani, che fino all’ultimo si batte con ardore, ma che è, infine, privato della sua arma e riceve anch’egli un colpo in testa. No, Cormac è inconsapevole di tutto questo, come lo è della comparsa di quella che sembra essere una donna, i cui occhi verdi lo fissano indagatori.

 

 

4.

 

 

            Quando Wulfhere Spaccacrani riprende i sensi è in un’ampia caverna e con lui ci sono solo pochi dei suoi uomini ancora vivi, gli altri sono morti viventi

-Benvenuto Wulfhere di Danimarca, benvenuto alla fine del tuo mondo.- a parlare è stato lo Stregone in tunica Porpora.

-.Chi sei?- gli chiede Wulfhere.

            L’uomo sorride e risponde:

-Se ti serve un nome, puoi chiamarmi Stygyro. Sono l’ultimo sacerdote di un dio così antico, che era già vecchio prima che i tuoi dei nascessero. Stanotte ne vedrai il nuovo avvento in questo mondo.-

-Tu devi essere pazzo, vecchio.-

-Pazzo?- risponde Stygyro –Ti sbagli, so esattamente quello che faccio. Per secoli ho cercato il potere ed ora, finalmente l’otterrò.-

-Secoli?-

-Non ti sembro così vecchio eh? Beh, ti sbagli. Conosco i segreti dell’antica magia ed essi hanno preservato il mio corpo da oltre 500 anni. Ho dedicato la mia vita alla ricerca dei simboli del potere. Già una volta fallii nell’impadronirmi dei magici occhi di Set, a causa di una giovane strega e della sua compagna dai capelli d’argento, della stessa stirpe del tuo amico Cormac Mac Art,[1] ma stavolta, nulla potrà fermarmi. Non appena la luna sarà sorta nel cielo e le stelle avranno raggiunto un particolare allineamento, allora il sacrificio contemporaneo di sette vergini ed i cuori ancora palpitanti di valorosi guerrieri saranno la chiave per riportare gli antichi sulla Terra ed io dominerò al loro fianco.-

-Sei davvero pazzo, perché fare una cosa simile?-

-Gli antichi domineranno il cosmo ed io sarò signore di tutta la Terra, tutti mi dovranno obbedienza. Ho convinto alcune delle divinità minori del tuo popolo e di quello del tuo amico Cormac ad aiutarmi. Ora essi sono tornati ai loro domini ed attendono che io abbia compiuto il mio rito.- Stygyro alza gli occhi verso la volta dell’ampia caverna. –Il momento è quasi giunto, uomo del nord. Ora osserva!-

            Così dicendo, lo Stregone si avvicina ad uno dei guerrieri, tenuti fermi da possenti mani di pietra e fa un gesto con la mano. Il cuore dell’uomo comincia a battere furiosamente, poi, spinto da una forza irresistibile, sfonda la gabbia toracica e si deposita nelle mani dello Stregone.

-Era solo per mostrarti quello che so fare.- dice, tranquillo, quest’ultimo -Ora tocca a te.-

-Non prima di aver affrontato me!- esclama una voce decisa e Stygyro si volta per vedere dinanzi a se Cormac Mac Art.

 

            Cormac ricordava di essere caduto, ma ora cos’era successo? Si ritrovava una verde prateria che gli ricordava la sua natia Irlanda, ma non poteva essere vero. Era, dunque, morto e giunto nell’aldilà?

-No, Cormac Mac Art, la tua ora non è ancora giunta, hai ancora un compito da portare a termine.-

            A parlare era stata una bellissima donna dai capelli d’argento e da cui promanava un’aura di puro potere.

-Io sono Morrigan e sono qui per aiutarti.-

-Morrigan, la dea della guerra. O sono davvero morto o questo è un sogno.-

-Nessuna delle due cose. Sono venuta ad avvertirti Cormac Mac Art, figlio di Erin, il tuo popolo mi ha sempre reso onore ed io voglio dirti che c’è un grave pericolo. Lo stregone Stygyro ha ingannato mia sorella Nemain ed il Re degli Elfi Oscuri del Pantheon di Asgard perché lo aiutassero a risvegliare il dio primevo Set, ma se questa creatura dovesse tornare sulla terra, allora il caos e la distruzione colpirebbero tutto il creato. Che ne sarebbe allora degli dei?-

-Non potete intervenire per fermarlo?-

-Ahimè no. Antichi patti ci proibiscono interventi diretti e poi… il nostro tempo è al termine, i nostri seguaci sempre di meno, ma ci è consentito scegliere un campione, tu sei prescelto Cormac Mac Art.-

-Aspetta! Hai detto che non potete intervenire direttamente, ma Malekith ha scatenato la Caccia Selvaggia e Nemain i suoi corvi, com’è possibile?-

-Altre forze si sono prese cura di loro, mentre parliamo, il resto sta a te, campione, solo a te.-

            A questo punto Cormac si era risvegliato. Il resto, ovvero, seguire le tracce del passaggio dei cadaveri viventi e dei loro prigionieri era stato facile ed ora Cormac fronteggia lo Stregone.

 

             Stygyro lo guarda con aria di superiorità.

-Pazzo, cosa pretendi di fare da solo?- gli dice.

-Ucciderti e liberare il mondo dalla tua pazzia.- replica Cormac.

-Imbecille, insolente, il tuo solo destino è morire.-

            Lo Stregone fa un gesto e mormora una formula, poi, Cormac si ritrova avvolto da anelli scarlatti.

-I sette anelli di Raggador ti terranno fermo, mentre completo il rito. Prima il cuore del tuo amico Wulfhere, poi le sette spose di Set ed infine prenderò il tuo cuore ed allora i cancelli dell’Inferno si spalancheranno una volta per tutte.-

            E mentre lo stregone si avvicina al suo amico, Cormac sente che è giunta davvero la fine.

 

            Gwladys di Powys osserva colui, che sperava essere il suo liberatore impotente nelle mani di Stygyro. È dunque segnata la sua sorte? Deve morire così giovane, lei che sperava di essere sposa e madre? Morire per segnare la rinascita di uno di quei demoni di cui parlano i preti di Cristo. Lei crede nella parola del Signore e le sue labbra intonano una preghiera per la salvezza sua e del valoroso Cormac

           

            E il Signore l’ascolta, si può dire. Nel momento in cui Stygyro si avvicina a Wulfhere, il Danese decide di tentare il tutto per tutto e, con un colpo di reni, allunga le gambe legate e sferra un calcio allo stregone. Stygyro barcolla e cade, perdendo la concentrazione necessaria a mantenere gli anelli di Raggador, una piccola distrazione, ma fatale. Mentre si rialza, Cormac recupera la spada, valuta il da farsi, poi lancia la sua arma.

-Noo!- urla –Non può essere, non lo permetto!- prova ad avanzare, tenendo l’arma per l’elsa, ma le sue gambe lo tradiscono. L’arma l’ha passato da parte a parte ed è incredibile che possa ancora muoversi –Un… guerriero ignorante… non può fermare…il prescelto di… Set!-

-Può e l’ha fatto, stregone.- dice Cormac, mentre Stygyro cade infilzandosi sempre più nella spada –Dagda sa che non amo uccidere, ma tu eri un verme e con i vermi non si discute, li si calpesta semplicemente. Tu hai meritato la tua sorte.-

            Con la caduta di Stygyro, anche le sue magie, compresa quella che animava i morti viventi, hanno perso di efficacia. In breve, Cormac libera Wulfhere e tutti gli altri, comprese le sette ragazze. Gwladys gli si getta al collo.

-Senza di te sarei morta, saremmo morti tutti.- dice lei

            Cormac la scosta delicatamente.

-Ho fatto solo ciò che l’onore ed il mio dovere mi suggerivano mia signora. Avevo giurato di consegnarti sana e salva al tuo sposo ed ho mantenuto l’impegno.-

-Se non ti spiace, amico mio – interviene Wulfhere –Io suggerisco di andarcene da qui… ti dirò, questo posto proprio non mi piace.-

            Cormac annuisce.

-Come vuoi amico mio. Ne ho abbastanza anch’io. Alla “Corvo”, dunque. Riporteremo a casa tutte le prigioniere ed accompagneremo la principessa dal suo sposo.-

-Dopodiché, mi riempirò di birra alla prima locanda che troveremo.- commenta Wulfhere. Evita di parlare anche di trovarsi una donna, forse, non è il caso. Certo, se lui fosse al posto di Cormac, quella Gwladys non arriverebbe certo vergine dal suo sposo, ma, a volte, il suo amico irlandese sa essere così noioso in fatto di onore.

 

 

EPILOGO

 

 

            Cormac è di nuovo sul ponte della “Corvo”, le coste d’Irlanda si fanno sempre più vicine. La sua missione è quasi finita, ma non le sue peregrinazioni. Sarà così per sempre, si chiede? Senza una patria, senza una famiglia, una donna da amare, dei figli? Reietto sempre e dovunque? A sud di Dalriada c’è il Connaught e, forse, con un pugno di uomini valorosi al suo fianco, potrebbe marciare sulla sua capitale e strappare il trono al suo infame cugino. Si, forse potrebbe. Ma è un pensiero per un altro giorno.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Pochissimo da dire su quest’episodio:

1)       Cormac Mac Art è un altro degli eroi creati da Robert E. Howard e tutto quanto c’è da sapere di lui è detto nel racconto;

2)       Quanto allo sfondo storico, c’è poco da dire. L’Ultima Legione Romana ha lasciato la Britannia nel 409 D.C. e da allora l’Isola è stata abbandonata a se stessa. Nel 410 Roma è sta saccheggiata da Alarico ed i suoi Visigoti. Al tempo di questa storia, la Britannia è divisa in piccoli regni che riconoscono l’incerta autorità di un Gran Re, i popoli germanici noti come Angli, Sassoni e Juti vi si sono stabiliti in piccole enclaves, ma arrivano sempre nuove migrazioni. Il resto d’Europa è sotto la minaccia delle orde degli Unni di Attila.

3)       Se la grafia di alcuni dei nomi usati vi sembra strana, è perché ho usato quella in uso all’epoca in cui è ambientato questo racconto, leggermente diversa dall’attuale.

4)       Quanto alla cronologia di Cormac, diciamo che è incerta. C’è chi dice che le sue avventure si svolgono tra il 425 ed il 440, i racconti danno date contraddittori, per uno è il 460 epe un altro il 490. Io ho scelto una data intermedia per poter citare Uther Pendragon e Merlino, visto che la maggior parte delle tradizioni dicono che Re Artù, figlio di Uther è nato nel 465.

5)       Quanto a Uther, è una figura leggendaria. Grazie alla magia di Merlino, egli assunse le sembianze del Signore di Cornovaglia e giacque, diciamo così, con la lui moglie Ygraine.Il frutto di quell’unione fu Artù, ma di questo riparleremo.

6)       Il nome di Stygyro vi sembra vagamente familiare? Non vi sbagliate, ne riparleremo. Come? Direte voi, ma non è morto, infilzato dalla spada di Cormac. Beh, per parafrasare Loki: uno stregone è sempre difficile da uccidere, quindi, non si sa mai. -_^

Prossimamente: un’avventura dell’originale Cavaliere Nero negli ultimi giorni di Camelot. Siateci.

 

 

Carlo



[1] Si riferisce a Marada la Lupa, come mostrato in Strange Tales MIT #1