POWER PACK 

#13 - I fuochi del male (II parte)

 
 Storia: Valerio Pastore
 Supervisione: Mr. T
 Cover artist: -
 Colori copertina: -
 Impaginazione: F. Graziano e F. Strozzi
 Editor-In-Chief: Carlo Monni

 Inferno2 creato da Fabio Volino

 
 

 

 

MARVELIT - https://www.comicus.it/marvelit

 
 
 

PROLOGO: Napoli, Italia. Inferno: giorno 2.

 

Il Museo Archeologico Nazionale è una delle tante strutture che, in questo paese gravemente sottovalutato all’estero, testimoniano non solo un passato di sapienza, ma anche una persistente tradizione culturale.

L’attuale palazzo che ospita il museo fu voluto nel 1586 da Don Pedro Giron, allora Duca d’Ossuna e Viceré di Napoli. Trasformato alla fine del ‘700 da Schiantarelli in Real Museo vero e proprio, esso ospitava le pregiate collezioni da luoghi celebri quali Ercolano, Pompei e Stabia. Collezioni che, col tempo, sono state generosamente rinfoltite da quelle dalla Villa Reale dei Portici, di Stefano Borgia, e, sopra tutte, dalla collezione Picchianti.

Entro la fine del ‘900, il museo, ben prima che Garibaldi lo rinominasse ‘Nazionale’, la struttura testimoniava concretamente la diffusione della cultura Egizia nel Mediterraneo fra l’VIII secolo a.C. e l’età Romana.

Questo, per quanto riguardava le branche ‘ufficiali’ degli ambienti accademici.

Sfortunatamente, la precisione nel trattamento e la raccolta dei reperti è una disciplina che ha richiesto tempo, per essere affinata. Non sono infatti stati rari, i casi di preziosi papiri e bende di mummie usati per imballaggi. Di vasellame distrutto alla ricerca di un tesoro in monete e gioielli...

O di gioielli sfusi che, se non trovavano immediata classificazione in una determinata collezione, venivano abbandonati in qualche magazzino, nella paziente attesa che un nuovo ritrovamento aiutasse a catalogarli. Un processo che poteva prendere decenni...

 

Il magazzino in questione conteneva una fortuna in quei pezzi ‘inclassificati’. Casse su casse di materiale, per un valore inestimabile. Merce che, ironicamente, sul mercato valeva per la sua natura e null’altro. Collane d’oro, pietre preziose, statue, dipinti...tutta roba che al massimo poteva essere venduta ad un prezzo gonfiato a qualche miliardario più ignorante del ricettatore che gli proponeva l’’affare’.

Ma a quest’uomo, non poteva importare di meno. Quest’uomo era venuto per prelevare quanto più possibile le sue tasche potessero contenere, e preparare una vendita che lo avrebbe reso ricco. Quest’uomo era una guardia del Museo; un dipendente esemplare, con 30 anni di onorato servizio sulle spalle. Un uomo con una famiglia, una pensione sicura, ed il rispetto del suo Direttore.

Un uomo, sotto sotto, estremamente frustrato dalla ricchezza che, giorno dopo giorno, sorvegliava macinando pensieri carichi di invidia per i suoi deceduti proprietari.

Un uomo che avrebbe tenuto tali pensieri ben sotto controllo...almeno, se nel mondo non fosse giunto, letteralmente, l’Inferno: una crisi mistica, l’invasione totale di innumerevoli demoni, portatori di caos, distruzione...e liberazione. La liberazione dei pensieri e delle emozioni represse, controllate in nome del ‘vivere civile’. C’era chi uccideva l’odioso superiore, chi si suicidava, chi cedeva alla pazzia...Quest’uomo, Diego Campagna, aveva deciso di cambiare vita. A qualunque costo. Sapeva dove si trovavano i pezzi più pregiati, le pietre preziose più facili da portare via. Certo, ci era voluto molto tempo, per arrivare al Museo attraversando mezza città senza potere disporre di un solo mezzo –e che differenza avrebbe fatto? Le strade erano un unico ingorgo di lamiere, morti e feriti. Chiedere aiuto a qualcuno? E chi aveva bisogno degli altri? Mica voleva dividerlo, il bottino!

Diego non aveva trovato nessuno, nell’edificio. Tutti in vacanza! E lui conosceva a memoria tutti i codici degli antifurto, ed aveva le chiavi.

Raggiunto il magazzino, aveva disattivato l’antifurto, aveva acceso la luce (e chi lo fermava? La Polizia che non c’era?), si era diretto alla cassa dei preziosi Egizi con un piede di porco. Davanti a sé vedeva la promessa di una vita migliore, in qualche paradiso fiscale tropicale. Avrebbe ucciso quella baldracca di sua moglie, sì, e forse anche quei tre mocciosi frignoni. Avrebbe avuto tutte le donne che voleva...

Pochi colpi dell’attrezzo, e la cassa fu aperta. Al suo interno, la ricompensa: involtini in seta rossa o azzurra, accuratamente disposti, a proteggere il loro contenuto.

In preda alla febbre dell’oro, Diego Campagna afferrò a casaccio alcuni involtini, preoccupandosi solo del loro peso e di farli entrare nelle tasche...Poi, ne notò uno in particolare.

Per un momento, la guardia traditrice esitò. Quel ‘pacchetto’ era l’unico la cui corda era tenuta insieme da un sigillo che sembrava di ceralacca, ma con venature d’oro...e legno?

Diego prese l’oggetto. Al tocco, il sigillo era...tiepido. Ma non se ne curò più di tanto: quello che importava era che se qualcuno si era preso la briga di un simile decoro, l’oggetto che custodiva doveva essere davvero il più prezioso!

Se Diego si fosse fermato a riflettere, avrebbe distinto delle voci sussurrare quei pensieri nella sua testa...Invece, l’uomo spezzò il sigillo, e srotolò l’involto...

Fece tanto d’occhi: l’oggetto era un gioiello, sì, ma uno di quelli mai visti prima!

 

 

I FUOCHI DEL MALE (II Parte)

[un INFERNO2 tie-in]

 

 

Era un opale, rosso come il fuoco, pulsante di una luce propria, e grosso come un pugno! Era talmente perfetto, che la sua superficie era quasi completamente priva di attrito...Doveva valere “Uh?”

Movimento! Diego si voltò di scatto –dietro di lui...No, alla sua sinistra!

“Chi c’è lì?” ma gli rispose solo il silenzio.

Diego estrasse la pistola. Si voltò più volte, cercando una qualche minaccia concreta, pronto ad uccidere...senza badare alle ombre. Dietro di lui, accanto a lui, le ombre delle casse, di ogni oggetto...la sua stessa ombra –tutte, impercettibilmente, si stavano muovendo. Movimenti che, col passare dei secondi, si facevano sempre più pronunciati –e non solo...

Diego, nel frattempo, aveva rimesso la pistola nella fondina. Intrusi o no, aveva ben altro a cui pensa*

La mano affondò nelle carni del suo collo, sprofondando in esso come fosse stato fatto di niente! Una mano nera come un’ombra.

La mano dell’ombra di Diego Campagna, un’ombra che aveva assunto una sua solidità!

Un Diego urlante di un dolore inimmaginabile fu sollevato per il collo come un pupazzo. Le connessioni nervose impazzite causavano contrazioni casuali delle gambe e delle braccia. La vescica si svuotò spontaneamente.

L’ombra crebbe in dimensioni, facendosi più robusta, cambiando forma. Chiazze luminose apparvero sulla ‘carne’, chiazze che, a vista d’occhio, si fecero sempre più grandi, mentre l’ombra sembrava rientrare in esse...

...Fino a quando al posto dell’ombra vivente c’era una figura umana in armatura! L’essere sembrava fatto di luce, un ingannevole angelo vestito di freddo metallo color del sangue...

Diego, ancora vivo, sentì una mano guantata di metallo afferrare la sua, contratta meccanicamente intorno al gioiello. Sentì le dita fracassate una ad una, mentre la mano veniva aperta –non sentì il dolore, perso com’era nella nebbia della morte del suo sistema nervoso centrale.

La creatura, dal delicato fisico femminile, ma dal volto che avrebbe potuto essere tanto di donna quanto di uomo, prese il gioiello. “Grazie per avere spezzato il sigillo protettivo,  umano,” disse, con una voce ambigua quanto i suoi tratti. “Un vero peccato, che il Padrone non abbia bisogno di creature infime par tuo. Per il favore che ci hai fatto, meriteresti di meglio...” Pronunciò quelle parole con un’indifferenza agghiacciante. Le pronunciò per tenere in vita la sua vittima ancora per qualche istante. Le pronunciò per sottolineare uno stato di fatto.

La creatura androgina estrasse la mano dal collo dell’uomo, che crollò a terra, il suo ultimo pensiero carico di pentimento per avere ceduto al suo lato oscuro...

 

Tempio di Set, Set Atra-no, Antartide

 

Sedeva al centro del salone, su un trono forgiato da figure serpentine, di fronte ad un braciere-cobra nelle cui fauci fiammeggianti brillava una sfera di cristallo. La sfera da cui il ‘Padrone’, un uomo in blu ed oro, la cui testa era un malevolo teschio nudo, aveva seguito soddisfatto l’impresa nel museo.

Le ombre gettate dalle fiamme del braciere iniziarono a danzare di vita propria. In pochi istanti, esse conversero sulla familiare figura tridimensionale oscura, che quando assunse l’aspetto finale, stava prostrata su un ginocchio. “Ave, Thulsa Doom! Ave, sommo Sacerdote del Dio Serpente e Padrone del Tempo. Sul Tuo Regno non calerà la Morte!” sollevò la testa, al contempo porgendo il gioiello con una mano.

“Sono fiero di te, Generale Evilar. Per questo successo, il Dio saprà essere ancora più riconoscente.” Thulsa Doom si alzò in piedi, ed andò a prendere il gioiello. Lo tenne fra le mani con sincera reverenza. “Finalmente uno degli Occhi di Set è nelle mie mani; la prima metà del Potere che riunirà i frammenti del nostro Signore!

Marada, la Lupa, poteva avere avuto una brillante idea, ponendo una simile protezione...Peccato che neppure la sua alleata strega potesse immaginare la caduta delle barriere fra Realtà e Limbo...La crisi mistica che ha avvolto il mondo non poteva essere capitare meglio.” Spostò lo sguardo verso il braciere.

“Il maledetto Power Pack è troppo impegnato con altri problemi, così come lo stesso, vanaglorioso Consiglio del Popolo è troppo distratto dal male nell’etere per sapere cosa sia appena successo!” un cenno della mano, e la sfera mostrò la trionfante figura della responsabile di quella follia: la donna, vestita di nero, solo apparentemente troppo fragile per combattere contro dei super-esseri, stava letteralmente facendo a pezzi il non-gruppo dei Difensori. “Thulsa Doom vuole essere generoso con te...per ora, Darklady. Uccidi quanti più ‘eroi’ possibile, indebolisci le difese del mondo...e al momento opportuno, ti darò personalmente il colpo di grazia. E sarà la tua testa appesa alle mura della città, a vedere l’espansione del risorto Regno di Set.”

Lo stregone cantò una litania in una lingua morta da centinaia di migliaia di anni. L’Occhio di Set sembrò esplodere, si trasformò in una vampata di energia che dalla sua mano

passò direttamente nell’occhio destro della testa centrale della statua di Set posta all’esterno del Tempio. Qui, tornò ad essere un solido gioiello, un sanguigno faro nel cuore del gelo più intenso della Terra.

Thulsa Doom tornò a sedersi sul trono. Poteva stare tranquillo: fino a quando i demoni del Limbo non fossero stati esplicitamente diretti contro di lui, in quella città, per ora, non avrebbero trovato alcuna preda. Le uniche vittime disponibili erano quelle degli insediamenti sparpagliati nel continente bianco.

Thulsa Doom spostò la sfera di cristallo su un nuovo scenario. Adesso, era ora di godersi la fine dei maledetti ‘difensori’ del Popolo. Dopo, recuperare il secondo Occhio di Set sarebbe stata una sciocchezza...

 

New York City. Epicentro di Inferno.

 

Era capitato, semplicemente, troppo in fretta. L’Inferno era giunto come il più potente predatore in un branco di pecore indifese. Le avvisaglie c’erano state, ma era come essersi aspettato un puma, mentre era arrivato un drago. Si poteva solo arginare il danno, salvare il salvabile.

Il Power Pack era stato mandato a NY per arginare un imprevisto effetto collaterale della crisi –per quanto vero che i licantropi erano immuni dalla follia che, per contro, divampava come un incendio nell’erba secca nelle menti umane...era anche vero che una branca dei mannari non era così ‘esente’.

Era la branca dei discendenti di quei lupi mannari creati secoli prima da una razza aliena, che mescolò il seme umano e quello di lupo usando riti magici basati sulle terribili formule del Darkhold. Il risultato era stata una razza sensibile ai richiami dell’oscurità. E l’Inferno era come un faro, per questi sfortunati esseri.

Scopo del Pack: isolare i mannari impazziti, mentre l’attenzione dei media era radicalmente altrove. Con un po’ di fortuna, le apparizioni pubbliche durante la crisi sarebbero state scambiate per alcune delle tante apparizioni demoniache.

Sempre in caso di collaborazione da almeno una delle due parti.

 

“Signore, ma come possono vivere qui?”

Lo scenario: il monumentale rifugio antiatomico sotterraneo concepito durante la Guerra Fredda, un complesso, incredibilmente, rimasto segreto al pubblico fino ad ora. Un complesso, cionondimeno, abitato dall’elusiva stirpe di reietti della società e dai mutanti –un popolo a parte conosciuto come Morlock.

Un popolo che, anni prima, era stato quasi interamente spazzato via dalla banda di assassini nota come Marauders. I pochi sopravvissuti non si sono mai più riorganizzati come prima, e i nuovi arrivi vivevano in una tragica anarchia, piccole tribù in attesa di un capo…o di prede.

Il branco di lupi si muoveva prudentemente, in formazione serrata, lungo cunicoli illuminati da rare e deboli luci di servizio…Inutile, del resto, chiederne di migliori: i loro sensi compensavano ampiamente. I lupi, nella loro forma transpecie, erano:

-        Karnivore, in testa al gruppo. Era questi un maschio rosso in armatura smeraldina decorata da un ampio mantello rosso. In assenza dell’alfa del branco, Sir Lupus, impegnato in un’altra missione[i], era lui il capo designato in quanto partner nella coppia alfa. Sulla Contro-Terra, aveva personalmente creato un’efficiente comunità con i Nuovi Uomini che si erano come lui ribellati al loro tormentatore, l’Alto Evoluzionario. Questi cunicoli non erano un ambiente nuovo…

-        Wolfsbane, rossa anche lei, il più giovane membro del branco per età, ma fra i più forgiati da una vita di sopravvivenza, quando ancora credeva di essere un umana mutante, e non un vero e proprio membro del Popolo.

-        John Talbain, nero e bianco, compagno di Wolfsbane, intento a coprirle il fianco sinistro. Lui era il Sidar-Var, il Campione del Popolo, ma decisamente troppo giovane per essere un capobranco…Non per questo, era un guerriero meno letale. E questi tunnel, per lui, erano solo un’altra sfida che si sentiva sicuro di affrontare.

-        El Espectro, cioè Carlos Lobo, dalla nera pelliccia e gli occhi rossi, con indosso la sua armatura/Unigun. Per quanto si sarebbe trovato più a suo agio con l’arma pienamente configurata, essa sarebbe stato solo un pericoloso impaccio a fronte di un attacco a sorpresa. Il Morlockworld gli ricordava una versione chiusa della terribile miseria in cui lui e suo fratello Eduardo erano vissuti da bambini…E, nemici o no, neppure gli abitanti di questo mondo meritavano di essere costretti ad un simile squallore..!

-        Il Predatore nel Buio, imponente e dalla pelliccia bianco/argento, misterioso alieno di poche parole e grande forza. Era semicieco, e il resto dei suoi sensi sviluppatissimi, incluso una sorta di ‘sesto senso’. Non era la prima volta che raggiungeva il Morlockworld, avendo avuto il ‘piacere’ di passarvi durante la fuga dai suoi persecutori[ii]. Da qualche parte in quel labirinto, aveva poi incontrato i due androidi, Elsie Dee ed Albert…Scoprì di avvertire una sfumatura di nostalgia mista a quel pensiero…

-        Warewolf, un alieno ‘temporale’, essendo venuto da uno dei tanti futuri possibili. Tranne che si trattava di un’entità tecno-organica, e che aveva assimilato la mente di un mannaro di Starkesboro, di lui, si sapeva ancora meno che del Predatore…Ma era anche vero che, possedendo egli informazioni sul misteriosissimo Progetto Exodus, doveva essere guardato a vista dal Pack. Letteralmente. E a lui, la cosa, finora, non sembrava dispiacere.

-        Fenris. Liberato dalla sua prigionia su Asgard dal capriccioso dio Coyote, si era dimostrato un valido membro del Pack. Anche se con le dovute riserve, Odino in persona aveva accettato che restasse nel branco. In quel momento, il figlio di Loki procedeva in coda al gruppo. Possedeva una nuova forma umana, adesso: armatura nera e oro, bordata di pelliccia, con uno spesso mantello nero. La testa era interamente coperta da un elmo dalle corna frontali, con una sottile visiera triangolare dalla quale traspariva solo un’intensa luce bianca. Brandiva la potente spada Valtran nella destra.

L’acqua intorno alle loro caviglie era limacciosa, quasi gelatinosa, costellata di detriti e rifiuti sulla cui natura era meglio non indagare. L’aria era satura di un fetore di scorie chimiche, cadaveri di piccoli animali e qualcos’altro, e feci.

“Come l’Uomo, il Lupo è un animale adattabile,” rispose Karnivore. “Secoli fa, in mancanza di prede nelle foreste, i branchi erano costretti a nutrirsi dei cadaveri nei cimiteri poveri. Per questo ci appiopparono la fama di ghoul. Fra le altre cose.”

Wolfsbane, si guardò ancora intorno. L’ex Uomo-Bestia, aveva ragione, naturalmente…Eppure, la parte ‘civilizzata’ di lei, quella abituata allo stile di vita prettamente umano, faticava ad accettarlo. Inoltre, la desolazione di quel luogo contrastava orribilmente con i ricordi: dall’ultima volta che era stata nel Morlockworld[iii], il decadimento aveva proceduto implacabile. Chiunque potesse passare l’infanzia quaggiù, adesso, doveva essere*

Il gruppo si fermò di colpo all’intersezione con altri due tunnel. Sette paia di orecchie fliccarono in avanti. Sette nasi percepirono la stessa traccia nello stesso momento. Sei paia di occhi videro distintamente le forme altrimenti invisibili all’occhio umano.

“Sono loro,” disse Warewolf, con una voce perfettamente modulata. “Razzo, non sono mica pochi! Ne conto quarantasette, di cui...”

“Sono tanti, e tanto ci basta,” lo interruppe Talbain, estraendo i nunchaku dalla cintura, per poi mettersi in posa da combattimento.

I mannari uscirono allo scoperto, a passi misurati. I loro musi ed i loro occhi riflettevano la malignità del maledetto volume responsabile della nascita dei loro antenati.

Il Pack serrò i ranghi in un cerchio. Le gallerie erano piene dei ringhii di entrambe le fazioni, entrambe immobili sulle proprie posizioni.

“Possibilità di dialogo?” chiese Espectro, rivolgendosi a Karnivore.

Il lupo rosso scosse le orecchie.  “I loro pensieri sono completamente incoerenti…se si esclude la loro voglia di sangue.” Sorrise, contraendo le mani che già brillavano di energia. “Come dissi a suo tempo, in altre circostanze, possiamo vincere questa battaglia solo con la bruta forza!” Lanciò una doppia raffica ad ampio spettro dalle braccia tese di colpo.

Una porzione del fronte del nemico fu aperta come lardo da un coltello rovente. Il branco nemico fu sorpreso

quel tanto che bastava per Talbain a scattare in avanti, facendo roteare la sua arma ad una velocità impossibile; sfrecciò fra le fitte fila nemiche come argento vivo. Gli ordini erano di neutralizzare i mannari maledetti senza ucciderli, e ogni colpo di nunchaku faceva esattamente questo, spezzando le ossa delle gambe con chirurgica precisione. Le formule runiche incise nel metallo argenteo garantivano che per un po’ le vittime non si sarebbero riprese da quelle ferite.

Il caos prese il sopravvento. Era ognuno per sé, e il Pack se la cavava meglio del previsto: i loro avversari erano tanti, ma avevano solo il numero, dalla loro.

Il Predatore non era solo forte, era anche capace di manipolare e vedere nelle correnti temporali. Mentre si lanciava all’attacco, la sua mente aveva già visto le principali variazioni delle sue mosse. E fra esse, aveva scelto l’attacco più efficace e meno letale…Certo, mentre colpiva, egli stesso veniva ferito da decine di artigli…ma era anche vero che quelli erano graffietti, paragonati agli artigli di Wolverine. E in quello spazio ridotto, la sua efficacia era moltiplicata!

Per Espectro, quel combattimento era semplicemente un tiro a segno! Dai fucili nelle mani, ogni colpo, un centro. Ogni colpo, un proiettile energetico regolato per ‘cortocircuitare’ il sistema nervoso dei bersagli…

…Una tattica efficacemente usata anche da Warewolf, che per contro aveva il vantaggio di essere lui stesso un’arma. I colpi partivano da ogni punto del corpo a cui si avvicinava un nemico –ottimo sistema per difendere Wolfsbane, che, davanti a lui, stava sulla difensiva. “Osservazione: la tua forma estrema ha maggiori possibilità di difesa corporea e di offesa…”

“No.”

“Con tutto il rispetto, femmina,” disse l’’uomo’ Fenris abbattendo attaccanti su attaccanti con larghi fendenti saturi di energia, “Non credo che sia il momento di dare voce alle proprie paure!”

Ma non era questione di paura! Non solo Rahne provava ripugnanza all’idea di combattere contro dei suoi simili…Ma non capiva che senso avesse quello scontro, salvo di…

Poi, lo percepì. E fu certa che anche gli altri lo avevano sentito…ma erano persi nella battaglia!

Ci sono dei bambini, qui vicino!” nel gridarlo, Wolfsbane passò alla forma estrema –una creatura antropomorfa di oltre 2 metri di altezza, massiccia, dal pelo grigio ed il muso affilato. Scattò in avanti, perfettamente noncurante dei suoi oppositori, i cui attacchi non sortivano alcun effetto se non quella di spingerla a raddoppiare i suoi sforzi.

“Rahne!” John non ci pensò su due volte. In un solo gesto, rinfoderò i nunchaku, e lasciò scorrere l’energia del suo chi intorno al proprio corpo. Una fiamma azzurra lo avvolse in una sfera, sfera che divenne la testa di una cometa, quando Talbain partì a tutta velocità dietro la sua compagna.

Involontariamente o no, tuttavia, quel gesto riuscì ad aprire un varco nella cerchia degli attaccanti. Karnivore lo ampliò con altri colpi di energia, imitato da Fenris al suo fianco. Un attimo dopo, l’intero Pack si stava dirigendo in direzione della coppia, seguiti a ruota dai loro nemici abbaianti.

 

John non ci credeva: doveva letteralmente concentrarsi, per stare al passo con Rahne! Correvano, svoltavano, e svoltavano ancora, una rotta impazzita lungo un dedalo nelle cui spire in molti del ‘sopramondo’ si erano definitivamente persi...C’era solo da sperare che i sensi dei loro compagni fossero altrettanto buoni nel rintracciarli, oppure...

KY-III!!

Giunse all’improvviso, quasi si fosse materializzato sulla loro strada: un pugno metallico che abbatté Wolfsbane con irrisoria facilità! La licantropa crollò nell’acqua, inerte, tornando alla forma transpecie.

Visione e reazione furono una sola cosa, per John. Ancora saturo di energia, la concentrò nei propri artigli, e si gettò in quello che sperò essere l’attacco decisivo.

E, effettivamente, gli artigli colpirono! Come sciabole, affettarono il nuovo nemico, facendolo a pezzi con un doppio colpo a ‘X’ –un’esecuzione perfetta, i cui risultati Talbain non si curò di osservare, preferendo chinarsi subito a verificare lo stato di salute di Rahne. Il maschio uggiolò, leccando la ferita alla tempia, totalmente assorbito in quel compito, totalmente ignaro delle gambe della ‘cosa’, gambe metalliche che, come in una macabra moviola, stavano ricostruendosi, molecola dopo molecola, pezzo dopo pezzo. E dopo le gambe, il bacino, la vita, il busto...

Fino a quando un demone non si ritrovò pronto, il pugno sollevato, a colpire l’ignaro Sidar-Var..!

John si accorse solo del familiare sibilo. Reagì istintivamente, gettandosi su Wolfsbane per proteggerla.

I missili sfrecciarono su di lui, ed andarono a colpire il mostro, che esplose in mille frammenti.

Tu es loco en la cabeza, hombre!” ringhiò Espectro, reggendo l’UniGun, le canne lanciamissili ancora fumanti. “Siamo un branco, te lo eri dimentica..Mierda!” questo lo aggiunse alla vista di Rahne, che John stava aiutando a rimettersi in piedi. Riprendendosi, lei borbottò un, “Sempre la testa...Li odio quando fanno così...”

Il Pack era riunito...e, di nuovo, era circondato. “Qui si sfiora il ridicolo,” disse Warewolf. “Un solo input, capo, e li skeltro tutti!”

La risposta di Karnivore in merito dovette essere rimandata. L’entità che avrebbe dovuto essere stata distrutta dai missili stava, ancora una volta, reintegrandosi nel suo stato originale...

“Dovrei essere impressionato?” ringhiò divertito l’essere, una creatura brillante di luce propria, una creatura demoniaca, composta interamente di circuiti. Era di un malsano colore rossastro, ed indossava un gilet. La testa presentava un corto corno frontale, lunghe orecchie appuntite, ed un sorriso sfrontato evidenziato dagli occhi gialli ed il sigaro stretto fra le sue zanne. “Una bambina sapeva fare molto di meglio.”

S’YM!” non c’era alcun dubbio sul terrore che impregnava la voce di Warewolf, mentre dal petto partivano raffiche di plasma e di proiettili –una potenza di fuoco sufficiente a demolire un palazzo.

S’ym non la evitò. Semplicemente, divise il suo corpo a ‘V’, in due segmenti attraverso i quali la scarica passò senza fare danno...se non al muro su cui esaurì la sua potenza! “Tsk. Qualcun altro vuole provare?”

“Io non ‘provo’, idiota,” rispose Karnivore con un ringhio sprezzante. “Io riesco!”

L’arroganza di S’ym fu estinta nel momento in cui il demone avvertì la tremenda pressione mentale! Aveva tenuto bassa la sua guardia, e questo poteva rivelarsi fatale contro un lupo evoluto allo stadio di semidivinità!

Una volta, Karnivore, parlando alla sua vecchia nemesi Adam Warlock, si era definito ‘cattivo’...ma era anche vero che non aveva mai incontrato un vero demone. Il contatto con S’ym quasi lo fece vomitare, era come giocare ad essere un cucciolo cattivo con un adulto in preda alla rabbia...ma col cavolo che avrebbe mollato la presa!

“Sei...in...gamba...cagnolino...” S’ym doveva ammetterlo, aveva sottovalutato questo avversario...Sfortunatamente, la mente del demone era regolata da processi insieme mistici e tecnologici, da quando un virus trasmodale aveva trasformato l’ex-servitore di Belasco prima e di Magik poi in un essere tecno-organico. “Ma...S’ym...Resta...il più forte!” e, a sottolinearlo, emise una scarica di energia dagli occhi, investendo in pieno Karnivore! Il super-lupo fu colpito contemporaneamente dall’attacco fisico e dallo choc dell’improvviso stress mentale.

In tutto questo, il piccolo esercito di mannari nemici se ne stava bene in disparte, riconoscendo nel mostro un superiore nella cui lotta non era il caso di interferire.

Almeno, fino a quel momento. Caduto il capobranco del Pack, l’armata si gettò all’attacco come un sol mannaro!

“Ma fatemi il piacere!” urlò Fenris l’uomo, un momento prima che la sua figura venisse sostituita da quella naturale di un colossale lupo alto 6 metri al garrese e nero come la notte!

L’attacco collettivo si fermò di colpo. Guaiti terrorizzati si levarono da creature che, pur persi nella loro brama di sangue, sapevano ancora riconoscere un dio. Un dio irato!

Fenris spalancò le fauci, già accese come quelle di un drago, pronto a scagliare un turbine di energia sufficiente ad incenerire quei patetici cuccioli...

“Adesso basta!”

La voce echeggiò fra le pareti con tutte le sfumature di un tono abituato ad essere obbedito. E così fu: Fenris chiuse la bocca, osservando incuriosito, così come il resto dei suoi compagni, verso il punto da cui la voce era venuta, Allo stesso tempo, i mannari nemici si erano prostrati in ginocchio. S’ym sbuffò un fumo mefitico. “Proprio ora che ci si divertiva un po’...”

Avanzò a passi larghi, sicura di sé, come solo il vero capobranco poteva essere...

Fisicamente, almeno, quella era l’impressione. La pelliccia rossa e grigia della femmina era ben tesa sotto i fasci di muscoli, gli artigli erano lunghi come pugnali, il muso era una costellazione di zanne bianchissime. Tutto in lei, fino all’odore, gridava ‘sono il tuo boia’.

“Sono debitamente impressionata, stranieri. Naturalmente, se la battaglia fosse stata prolungata…” non ebbe bisogno di aggiungere altro. Dietro di lei, nella fitta oscurità, si accesero altre decine e decine di paia di occhi.

Il Pack non ebbe nulla da commentare, in merito. Una cosa era certa: l’idea di infoltire i ranghi non sembrava più così tanto campata in aria…

“Io sono Minoxes,” disse la femmina, “Sovrana di questa porzione del Morlockworld. Datemi una ragione per cui dobbiate restare ancora in vita.”

“Il tuo coraggio ti fa onore, femmina mortale...o sei semplicemente folle,” disse Fenris, sogghignando. “Dammi tu una ragione per essere risparmiata.”

“Basta così,” disse Karnivore, frapponendosi fra la femmina e l’enorme muso. A Minoxes, disse, con tutta la sicurezza che potesse ostentare, “Siamo stati mandati qui solo per avvertirti: il Consiglio non intende tollerare ulteriori attacchi agli esseri umani. Libera quelli che avete prigionieri, cercate altre fonti di cibo. Non ci saranno altri avvertimenti.”

La regina dei mannari del Morlockworld rise. “Quei vecchi si stanno dunque rammollendo? Da quando in qua si preoccupano del nostro cibo?”

Fu John Talbain, a rispondere, le zanne snudate, “Parla con più rispetto, Minoxes! Senza contare che, nel Popolo, solo voi osate predare gli umani, alimentando le fiamme dell’odio nei confronti di tutti noi! Vi abbiamo ostacolato cercando di non spargere sangue in nome della sopravvivenza della specie...Ma non spingerci la mano: il Power Pack è pronto a sterminarvi, se servisse!”

Curiosamente, in contrasto con quello sfogo di ira, le parole di Karnivore furono le più moderate. “Che ti piaccia o no, Minoxes, il Popolo è in minoranza, e fino a quando Set non sarà sconfitto per sempre, dovrà restare tale se vorrà sfuggire alle attenzioni degli umani. Pochi li odiano quanto me, femmina...ma è vero anche che rispondere al fuoco col fuoco ci consumerà tutti.

“Nel vostro sangue scorre l’oscuro potere del Darkhold...Sai cos’è la Formula Montesi, vero?”

Quel nome, e le implicazioni delle parole, irrigidirono la regina: purtroppo, sapeva benissimo che quel tomo maledetto conteneva formule potentissime, atte a sterminare non solo i vampiri, come fu fatto una volta, ma anche creature come i licantropi!

Minoxes avrebbe volentieri squarciato la gola a quei cuccioli insolenti...Ma era anche vero che non poteva permettersi di perdere i soli, potenziali alleati nella lotta contro Set, ora che ci pensava...

Minoxes, a sorpresa, sorrise. “E, dimmi, capobranco...Cosa ti fa pensare che l’umanità stessa si preoccuperà di noi?” puntò il muso verso la volta della caverna. “In fondo, adesso il caos regna sovrano, lassù. E non sembra affatto una situazione transitoria, anzi...”

Karnivore rispose con un identico sogghigno. “Una cosa che ho imparato, osservando i super-eroi di questo mondo, è che la combinazione delle loro forze e volontà ha la tendenza a sopraffare minacce ben superiori a una strega ipertrofica. Le sconfitte subite da Thanos, la Fenice Nera e Galactus, per farti degli esempi, dovrebbero farti capire che il tuo regno di terrore rischia una prematura estinzione.”

Altro punto a favore. Per quanto le piacesse pensare che la rivoluzione di Darklady potesse durare, Minoxes sapeva che Karnivore aveva ragione. Per questo, aveva catturato quanti più umani possibile: per avere una riserva del loro cibo preferito... “Se li liberiamo tutti, cosa ci promettete?”

Sotto sotto, Karnivore ammirava quella creatura! Gli ricordava lui, quando era più giovane...anche se più incosciente, capace di sfidare gli Dei... “Sarete liberi di prosperare, se limiterete le vostre aggressioni agli umani alla sola legittima difesa. Non osate rivelare la nostra esistenza, o morrete ugualmente. Rubate il loro cibo, se ci tenete tanto. Quanto a quello che succede in questi tunnel, stante le precedenti condizioni, è solo affar vostro.”

Rahne, appoggiata a John, si irrigidì. Appiattì le orecchie...ma non disse nulla. Non per ora, almeno...

La femmina incrociò le braccia, sollevando la coda. “Accettabile, capobranco.”

Karnivore annuì. Stava per dire qualcosa, quando Warewolf lo precedette, “Un ultimo byte, regina: che ci fa quel sacco di pus, qui?” e indicò S’ym, questi appoggiato ad una parete in una posa da ‘teppista’, a gambe incrociate e sigaro fra le dita.

“A S’ym piace essere libero dal Limbo,” disse il demone. “S’ym sa che umani sono potenti, e preferisce stare quaggiù, buono buono. S’ym ha giurato obbedienza alla regina.” Il che voleva dire, e S’ym lo sapeva benissimo, che il Pack avrebbe potuto trovarsi a difendere anche lui!

Una situazione ovviamente di convenienza, destinata a non durare –e c’era da scommettere che, nel frattempo, il Consiglio avrebbe trovato il modo di risolvere quella situazione. Per ora, invece... “Portaci gli umani,” disse Karnivore. Inutile sprecare forze ulteriormente: ne avrebbe avuto bisogno per fare un lavaggio del cervello collettivo ai prigionieri...

 

“Potrebbero vincere. Fenris, da solo, ha potere a sufficienza da ridurre S’ym all’impotenza.”

In una località conosciuta solo a loro, i quattro Consiglieri osservavano la scena attraverso uno ‘schermo’ sospeso in una fitta voluta di fumo.

Alla femmina rossa, che aveva parlato, il bianco maschio rispose, “Con perdite gravissime...senza contare che se il Figlio di Loki venisse infettato dal virus trasmodale, perderemmo definitivamente il controllo su di lui. No...Accontentiamoci di questa piccola vittoria. Lo scopo della missione è stato raggiunto.”

“Dovremmo preoccuparci di ben altro,” disse la nera femmina, fissando con attenzione l’espressione di Wolfsbane. “Rahne Sinclair potrebbe decidere di lasciare il Pack, a fronte di questo sviluppo. La sua etica è in totale contrasto con i termini dell’accordo con Minoxes.”

Il maschio bianco annuì. “Tutto a suo tempo. Anzi, non credo proprio che si renderà necessario intervenire...”

 

NOTE

 
 
[i] GLI INCREDIBILI X-MEN #12
[ii] WOLVERINE Play #41
[iii] In X-FORCE MUSA #90-91
 
 

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