PROLOGO: Napoli, Italia.
Inferno: giorno 2.
Il Museo Archeologico Nazionale è una delle tante strutture che, in
questo paese gravemente sottovalutato all’estero, testimoniano non solo un passato
di sapienza, ma anche una persistente tradizione culturale.
L’attuale palazzo che ospita il
museo fu voluto nel 1586 da Don Pedro Giron, allora Duca d’Ossuna e Viceré di
Napoli. Trasformato alla fine del ‘700 da Schiantarelli in Real Museo vero e proprio, esso ospitava le pregiate collezioni da
luoghi celebri quali Ercolano, Pompei e Stabia. Collezioni che, col tempo, sono
state generosamente rinfoltite da quelle dalla Villa Reale dei Portici, di
Stefano Borgia, e, sopra tutte, dalla collezione Picchianti.
Entro la fine del ‘900, il museo,
ben prima che Garibaldi lo rinominasse ‘Nazionale’, la struttura testimoniava
concretamente la diffusione della cultura Egizia nel Mediterraneo fra l’VIII
secolo a.C. e l’età Romana.
Questo, per quanto riguardava le
branche ‘ufficiali’ degli ambienti accademici.
Sfortunatamente, la precisione
nel trattamento e la raccolta dei reperti è una disciplina che ha richiesto
tempo, per essere affinata. Non sono infatti stati rari, i casi di preziosi
papiri e bende di mummie usati per imballaggi. Di vasellame distrutto alla
ricerca di un tesoro in monete e gioielli...
O di gioielli sfusi che, se non
trovavano immediata classificazione in una determinata collezione, venivano
abbandonati in qualche magazzino, nella paziente attesa che un nuovo
ritrovamento aiutasse a catalogarli. Un processo che poteva prendere decenni...
Il magazzino in questione
conteneva una fortuna in quei pezzi ‘inclassificati’. Casse su casse di
materiale, per un valore inestimabile. Merce che, ironicamente, sul mercato
valeva per la sua natura e null’altro. Collane d’oro, pietre preziose, statue,
dipinti...tutta roba che al massimo poteva essere venduta ad un prezzo gonfiato
a qualche miliardario più ignorante del ricettatore che gli proponeva
l’’affare’.
Ma a quest’uomo, non poteva
importare di meno. Quest’uomo era venuto per prelevare quanto più possibile le
sue tasche potessero contenere, e preparare una vendita che lo avrebbe reso ricco. Quest’uomo era una guardia del
Museo; un dipendente esemplare, con 30 anni di onorato servizio sulle spalle.
Un uomo con una famiglia, una pensione sicura, ed il rispetto del suo Direttore.
Un uomo, sotto sotto,
estremamente frustrato dalla ricchezza che, giorno dopo giorno, sorvegliava
macinando pensieri carichi di invidia per i suoi deceduti proprietari.
Un uomo che avrebbe tenuto tali
pensieri ben sotto controllo...almeno, se nel mondo non fosse giunto,
letteralmente, l’Inferno: una crisi
mistica, l’invasione totale di innumerevoli demoni,
portatori di caos, distruzione...e liberazione. La liberazione dei pensieri e
delle emozioni represse, controllate in nome del ‘vivere civile’. C’era chi
uccideva l’odioso superiore, chi si suicidava, chi cedeva alla
pazzia...Quest’uomo, Diego Campagna,
aveva deciso di cambiare vita. A qualunque costo. Sapeva dove si trovavano i
pezzi più pregiati, le pietre preziose più facili da portare via. Certo, ci era
voluto molto tempo, per arrivare al Museo attraversando mezza città senza
potere disporre di un solo mezzo –e che differenza avrebbe fatto? Le strade
erano un unico ingorgo di lamiere, morti e feriti. Chiedere aiuto a qualcuno? E
chi aveva bisogno degli altri? Mica voleva dividerlo, il bottino!
Diego non aveva trovato nessuno,
nell’edificio. Tutti in vacanza! E lui conosceva a memoria tutti i codici degli
antifurto, ed aveva le chiavi.
Raggiunto il magazzino, aveva
disattivato l’antifurto, aveva acceso la luce (e chi lo fermava? La Polizia che
non c’era?), si era diretto alla cassa dei preziosi Egizi con un piede di
porco. Davanti a sé vedeva la promessa di una vita migliore, in qualche paradiso
fiscale tropicale. Avrebbe ucciso quella baldracca di sua moglie, sì, e forse
anche quei tre mocciosi frignoni. Avrebbe avuto tutte le donne che voleva...
Pochi colpi dell’attrezzo, e la
cassa fu aperta. Al suo interno, la ricompensa: involtini in seta rossa o
azzurra, accuratamente disposti, a proteggere il loro contenuto.
In preda alla febbre dell’oro,
Diego Campagna afferrò a casaccio alcuni involtini, preoccupandosi solo del
loro peso e di farli entrare nelle tasche...Poi, ne notò uno in particolare.
Per un momento, la guardia
traditrice esitò. Quel ‘pacchetto’ era l’unico la cui corda era tenuta insieme
da un sigillo che sembrava di ceralacca, ma con venature d’oro...e legno?
Diego prese l’oggetto. Al tocco,
il sigillo era...tiepido. Ma non se ne curò più di tanto: quello che importava
era che se qualcuno si era preso la briga di un simile decoro, l’oggetto che
custodiva doveva essere davvero il più prezioso!
Se Diego si fosse fermato a riflettere,
avrebbe distinto delle voci
sussurrare quei pensieri nella sua testa...Invece, l’uomo spezzò il sigillo, e
srotolò l’involto...
Fece tanto d’occhi: l’oggetto era
un gioiello, sì, ma uno di quelli mai visti prima!
I
FUOCHI DEL MALE (II Parte)
[un INFERNO2
tie-in]
Era un opale, rosso come il
fuoco, pulsante di una luce propria,
e grosso come un pugno! Era talmente perfetto, che la sua superficie era quasi completamente
priva di attrito...Doveva valere “Uh?”
Movimento! Diego si voltò di
scatto –dietro di lui...No, alla sua sinistra!
“Chi c’è lì?” ma gli rispose solo
il silenzio.
Diego estrasse la pistola. Si
voltò più volte, cercando una qualche minaccia concreta, pronto ad
uccidere...senza badare alle ombre.
Dietro di lui, accanto a lui, le ombre delle casse, di ogni oggetto...la sua
stessa ombra –tutte, impercettibilmente, si stavano
muovendo. Movimenti che, col passare dei secondi, si facevano sempre più pronunciati
–e non solo...
Diego, nel frattempo, aveva
rimesso la pistola nella fondina. Intrusi o no, aveva ben altro a cui pensa*
La mano affondò nelle carni del
suo collo, sprofondando in esso come fosse stato fatto di niente! Una mano nera
come un’ombra.
La mano dell’ombra di Diego
Campagna, un’ombra che aveva assunto una sua solidità!
Un Diego urlante di un dolore
inimmaginabile fu sollevato per il collo come un pupazzo. Le connessioni
nervose impazzite causavano contrazioni casuali delle gambe e delle braccia. La
vescica si svuotò spontaneamente.
L’ombra crebbe in dimensioni,
facendosi più robusta, cambiando forma. Chiazze luminose apparvero sulla
‘carne’, chiazze che, a vista d’occhio, si fecero sempre più grandi, mentre
l’ombra sembrava rientrare in esse...
...Fino a quando al posto
dell’ombra vivente c’era una figura umana in armatura! L’essere sembrava fatto
di luce, un ingannevole angelo vestito di freddo metallo color del sangue...
Diego, ancora vivo, sentì una
mano guantata di metallo afferrare la sua, contratta meccanicamente intorno al
gioiello. Sentì le dita fracassate una ad una, mentre la mano veniva aperta
–non sentì il dolore, perso com’era nella nebbia della morte del suo sistema
nervoso centrale.
La creatura, dal delicato fisico
femminile, ma dal volto che avrebbe potuto essere tanto di donna quanto di
uomo, prese il gioiello. “Grazie per avere spezzato il sigillo protettivo, umano,”
disse, con una voce ambigua quanto i suoi tratti. “Un vero peccato, che il
Padrone non abbia bisogno di creature infime par tuo. Per il favore che ci hai
fatto, meriteresti di meglio...” Pronunciò quelle parole con un’indifferenza
agghiacciante. Le pronunciò per tenere in vita la sua vittima ancora per
qualche istante. Le pronunciò per sottolineare uno stato di fatto.
La
creatura androgina estrasse la mano dal collo dell’uomo, che crollò a terra, il
suo ultimo pensiero carico di pentimento per avere ceduto al suo lato oscuro...
Tempio di Set, Set Atra-no,
Antartide
Sedeva al centro del salone, su
un trono forgiato da figure serpentine, di fronte ad un braciere-cobra nelle
cui fauci fiammeggianti brillava una sfera di cristallo. La sfera da cui il
‘Padrone’, un uomo in blu ed oro, la cui testa era un malevolo teschio nudo, aveva seguito soddisfatto
l’impresa nel museo.
Le ombre gettate dalle fiamme del
braciere iniziarono a danzare di vita propria. In pochi istanti, esse
conversero sulla familiare figura tridimensionale oscura, che quando assunse
l’aspetto finale, stava prostrata su un ginocchio. “Ave, Thulsa Doom! Ave, sommo Sacerdote
del Dio Serpente e Padrone del Tempo. Sul Tuo Regno non calerà la Morte!”
sollevò la testa, al contempo porgendo il gioiello con una mano.
“Sono fiero di te, Generale Evilar. Per questo successo, il
Dio saprà essere ancora più riconoscente.” Thulsa Doom si alzò in piedi, ed
andò a prendere il gioiello. Lo tenne fra le mani con sincera reverenza.
“Finalmente uno degli Occhi di Set è nelle mie mani; la prima
metà del Potere che riunirà i frammenti
del nostro Signore!
“Marada, la Lupa, poteva avere avuto una brillante idea, ponendo una
simile protezione...Peccato che neppure la sua alleata strega potesse
immaginare la caduta delle barriere fra Realtà e Limbo...La crisi mistica che
ha avvolto il mondo non poteva essere capitare meglio.” Spostò lo sguardo verso
il braciere.
“Il maledetto Power Pack è troppo
impegnato con altri problemi, così come lo stesso, vanaglorioso Consiglio del Popolo è troppo distratto
dal male nell’etere per sapere cosa sia appena successo!” un cenno della mano, e
la sfera mostrò la trionfante figura della responsabile di quella follia: la
donna, vestita di nero, solo apparentemente troppo fragile per combattere
contro dei super-esseri, stava letteralmente facendo a pezzi il non-gruppo dei Difensori. “Thulsa Doom vuole essere
generoso con te...per ora, Darklady.
Uccidi quanti più ‘eroi’ possibile, indebolisci le difese del mondo...e al
momento opportuno, ti darò personalmente
il colpo di grazia. E sarà la tua testa appesa alle mura della città, a vedere
l’espansione del risorto Regno di Set.”
Lo stregone cantò una litania in
una lingua morta da centinaia di migliaia di anni. L’Occhio di Set sembrò
esplodere, si trasformò in una vampata di energia che dalla sua mano
passò direttamente nell’occhio
destro della testa centrale della statua di Set posta all’esterno del Tempio.
Qui, tornò ad essere un solido gioiello, un sanguigno faro nel cuore del gelo
più intenso della Terra.
Thulsa Doom tornò a sedersi sul
trono. Poteva stare tranquillo: fino a quando i demoni del Limbo non fossero stati esplicitamente diretti contro di
lui, in quella città, per ora, non avrebbero trovato alcuna preda. Le uniche
vittime disponibili erano quelle degli insediamenti sparpagliati nel continente
bianco.
Thulsa
Doom spostò la sfera di cristallo su un nuovo scenario. Adesso, era ora di
godersi la fine dei maledetti ‘difensori’ del Popolo. Dopo, recuperare il
secondo Occhio di Set sarebbe stata una sciocchezza...
New York City. Epicentro di Inferno.
Era capitato, semplicemente,
troppo in fretta. L’Inferno era
giunto come il più potente predatore in un branco di pecore indifese. Le
avvisaglie c’erano state, ma era come essersi aspettato un puma, mentre era
arrivato un drago. Si poteva solo arginare il danno, salvare il salvabile.
Il Power Pack era stato mandato a
NY per arginare un imprevisto effetto collaterale della crisi –per quanto vero
che i licantropi erano immuni dalla follia che, per contro, divampava come un
incendio nell’erba secca nelle menti umane...era anche vero che una branca dei
mannari non era così ‘esente’.
Era la branca dei discendenti di
quei lupi mannari creati secoli prima
da una razza aliena, che mescolò il
seme umano e quello di lupo usando riti magici basati sulle terribili formule
del Darkhold. Il risultato era stata
una razza sensibile ai richiami dell’oscurità. E l’Inferno era come un faro,
per questi sfortunati esseri.
Scopo del Pack: isolare i mannari
impazziti, mentre l’attenzione dei media era radicalmente altrove. Con un po’
di fortuna, le apparizioni pubbliche durante la crisi sarebbero state scambiate
per alcune delle tante apparizioni demoniache.
Sempre in caso di collaborazione
da almeno una delle due parti.
“Signore, ma come possono vivere qui?”
Lo scenario: il monumentale
rifugio antiatomico sotterraneo concepito durante la Guerra Fredda, un complesso, incredibilmente, rimasto segreto al
pubblico fino ad ora. Un complesso, cionondimeno, abitato dall’elusiva stirpe
di reietti della società e dai mutanti
–un popolo a parte conosciuto come Morlock.
Un popolo che, anni prima, era
stato quasi interamente spazzato via dalla banda di assassini nota come Marauders. I pochi sopravvissuti non si
sono mai più riorganizzati come prima, e i nuovi arrivi vivevano in una tragica
anarchia, piccole tribù in attesa di un capo…o di prede.
Il branco di lupi si muoveva
prudentemente, in formazione serrata, lungo cunicoli illuminati da rare e
deboli luci di servizio…Inutile, del resto, chiederne di migliori: i loro sensi
compensavano ampiamente. I lupi, nella loro forma transpecie, erano:
-
Karnivore, in
testa al gruppo. Era questi un maschio rosso in armatura smeraldina decorata da
un ampio mantello rosso. In assenza dell’alfa del branco, Sir Lupus, impegnato in un’altra missione[i],
era lui il capo designato in quanto partner nella coppia alfa. Sulla Contro-Terra, aveva personalmente creato
un’efficiente comunità con i Nuovi Uomini
che si erano come lui ribellati al loro tormentatore, l’Alto Evoluzionario. Questi cunicoli non erano un ambiente nuovo…
-
Wolfsbane, rossa
anche lei, il più giovane membro del branco per età, ma fra i più forgiati da
una vita di sopravvivenza, quando ancora credeva di essere un umana mutante, e
non un vero e proprio membro del Popolo.
-
John Talbain,
nero e bianco, compagno di Wolfsbane, intento a coprirle il fianco sinistro.
Lui era il Sidar-Var, il Campione del
Popolo, ma decisamente troppo giovane per essere un capobranco…Non per questo,
era un guerriero meno letale. E questi tunnel, per lui, erano solo un’altra
sfida che si sentiva sicuro di affrontare.
-
El Espectro,
cioè Carlos Lobo, dalla nera pelliccia e gli occhi rossi, con indosso la sua
armatura/Unigun. Per quanto si sarebbe trovato più a suo agio con l’arma
pienamente configurata, essa sarebbe stato solo un pericoloso impaccio a fronte
di un attacco a sorpresa. Il Morlockworld gli ricordava una versione chiusa
della terribile miseria in cui lui e suo fratello Eduardo erano vissuti da bambini…E, nemici o no, neppure gli
abitanti di questo mondo meritavano di essere costretti ad un simile
squallore..!
-
Il Predatore nel
Buio, imponente e dalla pelliccia bianco/argento, misterioso alieno di
poche parole e grande forza. Era semicieco, e il resto dei suoi sensi
sviluppatissimi, incluso una sorta di ‘sesto senso’. Non era la prima volta che
raggiungeva il Morlockworld, avendo avuto il ‘piacere’ di passarvi durante la
fuga dai suoi persecutori[ii].
Da qualche parte in quel labirinto, aveva poi incontrato i due androidi, Elsie Dee ed Albert…Scoprì di avvertire una sfumatura di nostalgia mista a quel
pensiero…
-
Warewolf, un
alieno ‘temporale’, essendo venuto da uno dei tanti futuri possibili. Tranne
che si trattava di un’entità tecno-organica, e che aveva assimilato la mente di
un mannaro di Starkesboro, di lui, si sapeva ancora meno che del Predatore…Ma
era anche vero che, possedendo egli informazioni sul misteriosissimo Progetto Exodus, doveva essere guardato
a vista dal Pack. Letteralmente. E a lui, la cosa, finora, non sembrava
dispiacere.
-
Fenris.
Liberato dalla sua prigionia su Asgard dal capriccioso dio Coyote, si era dimostrato un valido membro del Pack. Anche se con
le dovute riserve, Odino in persona
aveva accettato che restasse nel branco. In quel momento, il figlio di Loki
procedeva in coda al gruppo. Possedeva una nuova forma umana, adesso: armatura
nera e oro, bordata di pelliccia, con uno spesso mantello nero. La testa era
interamente coperta da un elmo dalle corna frontali, con una sottile visiera
triangolare dalla quale traspariva solo un’intensa luce bianca. Brandiva la
potente spada Valtran nella destra.
L’acqua intorno alle loro
caviglie era limacciosa, quasi gelatinosa, costellata di detriti e rifiuti
sulla cui natura era meglio non indagare. L’aria era satura di un fetore di
scorie chimiche, cadaveri di piccoli animali e qualcos’altro, e feci.
“Come l’Uomo, il Lupo è un animale adattabile,” rispose
Karnivore. “Secoli fa, in mancanza di prede nelle foreste, i branchi erano
costretti a nutrirsi dei cadaveri nei cimiteri poveri. Per questo ci
appiopparono la fama di ghoul. Fra le
altre cose.”
Wolfsbane, si guardò ancora
intorno. L’ex Uomo-Bestia, aveva ragione, naturalmente…Eppure, la parte
‘civilizzata’ di lei, quella abituata allo stile di vita prettamente umano,
faticava ad accettarlo. Inoltre, la desolazione di quel luogo contrastava orribilmente
con i ricordi: dall’ultima volta che
era stata nel Morlockworld[iii],
il decadimento aveva proceduto implacabile. Chiunque potesse passare l’infanzia
quaggiù, adesso, doveva essere*
Il gruppo si fermò di colpo
all’intersezione con altri due tunnel. Sette paia di orecchie fliccarono in
avanti. Sette nasi percepirono la stessa traccia nello stesso momento. Sei paia
di occhi videro distintamente le forme altrimenti invisibili all’occhio umano.
“Sono loro,” disse Warewolf, con
una voce perfettamente modulata. “Razzo, non sono mica pochi! Ne conto quarantasette, di cui...”
“Sono tanti, e tanto ci basta,”
lo interruppe Talbain, estraendo i nunchaku dalla cintura, per poi mettersi in
posa da combattimento.
I mannari uscirono allo scoperto,
a passi misurati. I loro musi ed i loro occhi riflettevano la malignità del
maledetto volume responsabile della nascita dei loro antenati.
Il Pack serrò i ranghi in un
cerchio. Le gallerie erano piene dei ringhii di entrambe le fazioni, entrambe
immobili sulle proprie posizioni.
“Possibilità di dialogo?” chiese
Espectro, rivolgendosi a Karnivore.
Il lupo rosso scosse le
orecchie. “I loro pensieri sono
completamente incoerenti…se si esclude la loro voglia di sangue.” Sorrise, contraendo
le mani che già brillavano di energia. “Come dissi a suo tempo, in altre
circostanze, possiamo vincere questa battaglia solo con la bruta forza!” Lanciò una doppia raffica ad ampio spettro dalle
braccia tese di colpo.
Una porzione del fronte del
nemico fu aperta come lardo da un coltello rovente. Il branco nemico fu
sorpreso
quel tanto che bastava per
Talbain a scattare in avanti, facendo roteare la sua arma ad una velocità
impossibile; sfrecciò fra le fitte fila nemiche come argento vivo. Gli ordini
erano di neutralizzare i mannari maledetti senza ucciderli, e ogni colpo di
nunchaku faceva esattamente questo, spezzando le ossa delle gambe con
chirurgica precisione. Le formule runiche incise nel metallo argenteo
garantivano che per un po’ le vittime non si sarebbero riprese da quelle
ferite.
Il caos prese il sopravvento. Era
ognuno per sé, e il Pack se la cavava meglio del previsto: i loro avversari
erano tanti, ma avevano solo il numero, dalla loro.
Il Predatore non era solo forte,
era anche capace di manipolare e vedere nelle correnti temporali. Mentre si lanciava all’attacco, la sua mente
aveva già visto le principali variazioni delle sue mosse. E fra esse, aveva
scelto l’attacco più efficace e meno letale…Certo, mentre colpiva, egli stesso
veniva ferito da decine di artigli…ma era anche vero che quelli erano
graffietti, paragonati agli artigli di Wolverine.
E in quello spazio ridotto, la sua efficacia era moltiplicata!
Per Espectro, quel combattimento
era semplicemente un tiro a segno! Dai fucili nelle mani, ogni colpo, un
centro. Ogni colpo, un proiettile energetico regolato per ‘cortocircuitare’ il
sistema nervoso dei bersagli…
…Una tattica efficacemente usata
anche da Warewolf, che per contro aveva il vantaggio di essere lui stesso
un’arma. I colpi partivano da ogni punto del corpo a cui si avvicinava un
nemico –ottimo sistema per difendere Wolfsbane, che, davanti a lui, stava sulla
difensiva. “Osservazione: la tua forma
estrema ha maggiori possibilità di difesa corporea e di offesa…”
“No.”
“Con tutto il rispetto, femmina,”
disse l’’uomo’ Fenris abbattendo attaccanti su attaccanti con larghi fendenti
saturi di energia, “Non credo che sia il momento di dare voce alle proprie
paure!”
Ma non era questione di paura!
Non solo Rahne provava ripugnanza all’idea
di combattere contro dei suoi simili…Ma non capiva che senso avesse quello scontro, salvo di…
Poi, lo percepì. E fu certa che
anche gli altri lo avevano sentito…ma erano persi nella battaglia!
“Ci sono dei bambini, qui
vicino!” nel gridarlo, Wolfsbane passò alla forma estrema –una creatura
antropomorfa di oltre 2 metri di altezza, massiccia, dal pelo grigio ed il muso
affilato. Scattò in avanti, perfettamente noncurante dei suoi oppositori, i cui
attacchi non sortivano alcun effetto se non quella di spingerla a raddoppiare i
suoi sforzi.
“Rahne!” John non ci pensò su due
volte. In un solo gesto, rinfoderò i nunchaku, e lasciò scorrere l’energia del
suo chi intorno al proprio corpo. Una
fiamma azzurra lo avvolse in una sfera, sfera che divenne la testa di una
cometa, quando Talbain partì a tutta velocità dietro la sua compagna.
Involontariamente o no, tuttavia,
quel gesto riuscì ad aprire un varco nella cerchia degli attaccanti. Karnivore
lo ampliò con altri colpi di energia, imitato da Fenris al suo fianco. Un
attimo dopo, l’intero Pack si stava dirigendo in direzione della coppia, seguiti
a ruota dai loro nemici abbaianti.
John non ci credeva: doveva
letteralmente concentrarsi, per stare al passo con Rahne! Correvano,
svoltavano, e svoltavano ancora, una rotta impazzita lungo un dedalo nelle cui
spire in molti del ‘sopramondo’ si erano definitivamente persi...C’era solo da
sperare che i sensi dei loro compagni fossero altrettanto buoni nel
rintracciarli, oppure...
“KY-III!!”
Giunse all’improvviso, quasi si
fosse materializzato sulla loro strada: un pugno metallico che abbatté
Wolfsbane con irrisoria facilità! La licantropa crollò nell’acqua, inerte,
tornando alla forma transpecie.
Visione e reazione furono una
sola cosa, per John. Ancora saturo di energia, la concentrò nei propri artigli,
e si gettò in quello che sperò essere l’attacco decisivo.
E, effettivamente, gli artigli
colpirono! Come sciabole, affettarono il nuovo nemico, facendolo a pezzi con un
doppio colpo a ‘X’ –un’esecuzione perfetta, i cui risultati Talbain non si curò
di osservare, preferendo chinarsi subito a verificare lo stato di salute di
Rahne. Il maschio uggiolò, leccando la ferita alla tempia, totalmente assorbito
in quel compito, totalmente ignaro delle gambe della ‘cosa’, gambe metalliche
che, come in una macabra moviola, stavano ricostruendosi, molecola dopo
molecola, pezzo dopo pezzo. E dopo le gambe, il bacino, la vita, il busto...
Fino a quando un demone
non si ritrovò pronto, il pugno sollevato, a colpire l’ignaro Sidar-Var..!
John si accorse solo del
familiare sibilo. Reagì istintivamente, gettandosi su Wolfsbane per
proteggerla.
I missili sfrecciarono su di lui,
ed andarono a colpire il mostro, che esplose in mille frammenti.
“Tu es loco en la cabeza,
hombre!” ringhiò Espectro, reggendo l’UniGun, le canne lanciamissili ancora
fumanti. “Siamo un branco, te lo eri dimentica..Mierda!” questo lo
aggiunse alla vista di Rahne, che John stava aiutando a rimettersi in piedi. Riprendendosi,
lei borbottò un, “Sempre
la testa...Li odio quando fanno così...”
Il Pack era riunito...e, di
nuovo, era circondato. “Qui si sfiora il ridicolo,” disse Warewolf. “Un solo
input, capo, e li skeltro tutti!”
La risposta di Karnivore in
merito dovette essere rimandata. L’entità che avrebbe dovuto essere stata
distrutta dai missili stava, ancora una volta, reintegrandosi nel suo stato
originale...
“Dovrei essere impressionato?”
ringhiò divertito l’essere, una creatura brillante di luce propria, una
creatura demoniaca, composta interamente di circuiti. Era di un malsano
colore rossastro, ed indossava un gilet. La testa presentava un corto corno
frontale, lunghe orecchie appuntite, ed un sorriso sfrontato evidenziato dagli
occhi gialli ed il sigaro stretto fra le sue zanne. “Una bambina sapeva
fare molto di meglio.”
“S’YM!” non c’era alcun
dubbio sul terrore che impregnava la voce di Warewolf, mentre dal petto
partivano raffiche di plasma e di proiettili –una potenza di fuoco sufficiente
a demolire un palazzo.
S’ym non la evitò. Semplicemente,
divise il suo corpo a ‘V’, in due segmenti attraverso i quali la scarica passò
senza fare danno...se non al muro su cui esaurì la sua potenza! “Tsk. Qualcun
altro vuole provare?”
“Io non ‘provo’, idiota,” rispose
Karnivore con un ringhio sprezzante. “Io riesco!”
L’arroganza di S’ym fu estinta
nel momento in cui il demone avvertì la tremenda pressione mentale! Aveva
tenuto bassa la sua guardia, e questo poteva rivelarsi fatale contro un lupo
evoluto allo stadio di semidivinità!
Una volta, Karnivore, parlando
alla sua vecchia nemesi Adam Warlock, si era definito ‘cattivo’...ma era
anche vero che non aveva mai incontrato un vero demone. Il contatto con S’ym
quasi lo fece vomitare, era come giocare ad essere un cucciolo cattivo con un
adulto in preda alla rabbia...ma col cavolo che avrebbe mollato la
presa!
“Sei...in...gamba...cagnolino...”
S’ym doveva ammetterlo, aveva sottovalutato questo
avversario...Sfortunatamente, la mente del demone era regolata da processi
insieme mistici e tecnologici, da quando un virus trasmodale aveva
trasformato l’ex-servitore di Belasco prima e di Magik poi in un
essere tecno-organico. “Ma...S’ym...Resta...il più forte!” e, a
sottolinearlo, emise una scarica di energia dagli occhi, investendo in pieno
Karnivore! Il super-lupo fu colpito contemporaneamente dall’attacco fisico e
dallo choc dell’improvviso stress mentale.
In tutto questo, il piccolo
esercito di mannari nemici se ne stava bene in disparte, riconoscendo nel
mostro un superiore nella cui lotta non era il caso di interferire.
Almeno, fino a quel momento.
Caduto il capobranco del Pack, l’armata si gettò all’attacco come un sol
mannaro!
“Ma fatemi il piacere!”
urlò Fenris l’uomo, un momento prima che la sua figura venisse sostituita da
quella naturale di un colossale lupo alto 6 metri al garrese e nero come la
notte!
L’attacco collettivo si fermò di
colpo. Guaiti terrorizzati si levarono da creature che, pur persi nella loro
brama di sangue, sapevano ancora riconoscere un dio. Un dio irato!
Fenris spalancò le fauci, già
accese come quelle di un drago, pronto a scagliare un turbine di energia
sufficiente ad incenerire quei patetici cuccioli...
“Adesso basta!”
La voce echeggiò fra le pareti
con tutte le sfumature di un tono abituato ad essere obbedito. E così fu:
Fenris chiuse la bocca, osservando incuriosito, così come il resto dei suoi
compagni, verso il punto da cui la voce era venuta, Allo stesso tempo, i mannari
nemici si erano prostrati in ginocchio. S’ym sbuffò un fumo mefitico. “Proprio
ora che ci si divertiva un po’...”
Avanzò a passi larghi, sicura di
sé, come solo il vero capobranco poteva essere...
Fisicamente, almeno, quella era
l’impressione. La pelliccia rossa e grigia della femmina era ben tesa sotto i
fasci di muscoli, gli artigli erano lunghi come pugnali, il muso era una costellazione
di zanne bianchissime. Tutto in lei, fino all’odore, gridava ‘sono il tuo
boia’.
“Sono debitamente impressionata,
stranieri. Naturalmente, se la battaglia fosse stata prolungata…” non ebbe
bisogno di aggiungere altro. Dietro di lei, nella fitta oscurità, si accesero
altre decine e decine di paia di occhi.
Il Pack non ebbe nulla da
commentare, in merito. Una cosa era certa: l’idea di infoltire i ranghi non
sembrava più così tanto campata in aria…
“Io sono Minoxes,” disse la femmina, “Sovrana di questa porzione del
Morlockworld. Datemi una ragione per cui dobbiate restare ancora in vita.”
“Il tuo coraggio ti fa onore,
femmina mortale...o sei semplicemente folle,” disse Fenris, sogghignando.
“Dammi tu una ragione per essere risparmiata.”
“Basta così,” disse Karnivore,
frapponendosi fra la femmina e l’enorme muso. A Minoxes, disse, con tutta la
sicurezza che potesse ostentare, “Siamo stati mandati qui solo per avvertirti:
il Consiglio non intende tollerare ulteriori attacchi agli esseri umani. Libera
quelli che avete prigionieri, cercate altre fonti di cibo. Non ci saranno altri
avvertimenti.”
La regina dei mannari del
Morlockworld rise. “Quei vecchi si stanno dunque rammollendo? Da quando
in qua si preoccupano del nostro cibo?”
Fu John Talbain, a rispondere, le
zanne snudate, “Parla con più rispetto, Minoxes! Senza contare che, nel Popolo,
solo voi osate predare gli umani, alimentando le fiamme dell’odio nei
confronti di tutti noi! Vi abbiamo ostacolato cercando di non spargere sangue
in nome della sopravvivenza della specie...Ma non spingerci la mano: il Power
Pack è pronto a sterminarvi, se servisse!”
Curiosamente, in contrasto con
quello sfogo di ira, le parole di Karnivore furono le più moderate. “Che ti
piaccia o no, Minoxes, il Popolo è in minoranza, e fino a quando Set non
sarà sconfitto per sempre, dovrà restare tale se vorrà sfuggire alle attenzioni
degli umani. Pochi li odiano quanto me, femmina...ma è vero anche che
rispondere al fuoco col fuoco ci consumerà tutti.
“Nel vostro sangue scorre
l’oscuro potere del Darkhold...Sai cos’è la Formula Montesi, vero?”
Quel nome, e le implicazioni
delle parole, irrigidirono la regina: purtroppo, sapeva benissimo che quel tomo
maledetto conteneva formule potentissime, atte a sterminare non solo i vampiri,
come fu fatto una volta, ma anche creature come i licantropi!
Minoxes avrebbe volentieri
squarciato la gola a quei cuccioli insolenti...Ma era anche vero che non poteva
permettersi di perdere i soli, potenziali alleati nella lotta contro Set, ora
che ci pensava...
Minoxes, a sorpresa, sorrise. “E,
dimmi, capobranco...Cosa ti fa pensare che l’umanità stessa si preoccuperà di
noi?” puntò il muso verso la volta della caverna. “In fondo, adesso il caos
regna sovrano, lassù. E non sembra affatto una situazione transitoria,
anzi...”
Karnivore rispose con un identico
sogghigno. “Una cosa che ho imparato, osservando i super-eroi di questo mondo,
è che la combinazione delle loro forze e volontà ha la tendenza a sopraffare
minacce ben superiori a una strega ipertrofica. Le sconfitte subite da Thanos,
la Fenice Nera e Galactus, per farti degli esempi, dovrebbero farti
capire che il tuo regno di terrore rischia una prematura estinzione.”
Altro punto a favore. Per quanto le piacesse pensare che la rivoluzione
di Darklady potesse durare, Minoxes sapeva che Karnivore aveva ragione. Per questo,
aveva catturato quanti più umani possibile: per avere una riserva del loro cibo preferito... “Se li liberiamo tutti, cosa ci
promettete?”
Sotto sotto, Karnivore ammirava quella creatura! Gli ricordava lui,
quando era più giovane...anche se più incosciente, capace di sfidare gli Dei...
“Sarete liberi di prosperare, se limiterete le vostre aggressioni agli umani
alla sola legittima difesa. Non osate rivelare la
nostra esistenza, o morrete ugualmente. Rubate il loro cibo, se ci tenete
tanto. Quanto a quello che succede in questi tunnel, stante le precedenti
condizioni, è solo affar vostro.”
Rahne, appoggiata a John, si irrigidì. Appiattì le orecchie...ma non
disse nulla. Non per ora, almeno...
La femmina incrociò le braccia, sollevando la coda. “Accettabile,
capobranco.”
Karnivore annuì. Stava per dire qualcosa, quando Warewolf lo
precedette, “Un ultimo byte, regina: che ci fa quel sacco di pus, qui?” e indicò
S’ym, questi appoggiato ad una parete in una posa da ‘teppista’, a gambe
incrociate e sigaro fra le dita.
“A S’ym piace essere libero dal Limbo,” disse il demone. “S’ym sa che
umani sono potenti, e preferisce stare quaggiù, buono buono. S’ym ha giurato obbedienza alla regina.” Il che voleva dire, e S’ym lo sapeva benissimo, che il
Pack avrebbe potuto trovarsi a difendere anche lui!
Una situazione ovviamente di convenienza,
destinata a non durare –e c’era da scommettere che, nel frattempo, il Consiglio
avrebbe trovato il modo di risolvere quella situazione. Per ora, invece...
“Portaci gli umani,” disse Karnivore. Inutile sprecare forze ulteriormente: ne
avrebbe avuto bisogno per fare un lavaggio del cervello collettivo ai
prigionieri...
“Potrebbero vincere. Fenris, da solo, ha potere a sufficienza da
ridurre S’ym all’impotenza.”
In una località conosciuta solo a loro, i quattro Consiglieri
osservavano la scena attraverso uno ‘schermo’ sospeso in una fitta voluta di
fumo.
Alla femmina rossa, che aveva parlato, il bianco maschio rispose, “Con
perdite gravissime...senza contare che se il Figlio di Loki venisse infettato
dal virus trasmodale, perderemmo definitivamente il controllo su di lui.
No...Accontentiamoci di questa piccola vittoria. Lo scopo della missione è
stato raggiunto.”
“Dovremmo preoccuparci di ben altro,” disse la nera femmina, fissando
con attenzione l’espressione di Wolfsbane. “Rahne Sinclair potrebbe decidere di
lasciare il Pack, a fronte di questo sviluppo. La sua etica è in totale contrasto
con i termini dell’accordo con Minoxes.”
Il maschio bianco annuì. “Tutto a suo tempo. Anzi, non credo proprio
che si renderà necessario intervenire...”