Nota: questa storia avviene prima di Inferno2.
Se volete saperne di più sul protagonista (ma non è obbligatorio) leggete
qui

 

Roma: Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice.
E' in corso la messa domenicale.
L'odore d'incenso si spande dall'altare per tutto l'edificio.
I fedeli ascoltano in raccolto silenzio le parole del prete.
Giunge il momento della comunione.
Nella lunga fila per ricevere l'ostia, c'è anche la piccola Lucia Renzotti, una bambina di sei anni, portatrice della sindrome di Down.
Ha difficoltà a camminare e per questo viene sostenuta dalla zia.
Un uomo di mezza età apre la bocca, lascia che il prete poggia l'ostia sulla lingua e poi la spinge contro il palato; fa il segno della croce e lascia il posto a Lucia.
La bambina apre la bocca.
Il prete allunga le dita che stringono l'ostia.
Lucia serra d'improvviso i denti.
Il prete ritira subito la mano mentre uno schizzo di sangue gli macchia la tonaca.
Il primo pensiero dei presenti è che la bambina abbia ferito il prete.
Ma, mentre si riunisce attorno all'altare, la sconcertante evidenza dei fatti la fa rabbrividire.
Lucia rimane in piede con un sorriso sul volto, tra i denti stretta metà dell'ostia, l'altra metà a terra, dal punto in cui è stata tagliata sgorga incessante il flusso di sangue.


Città del Messico: Istituto delle suore del Sacro Cuore.
Qui, donne votate all'amore e alla fede in Dio, passano le giornate accudendo bambini senza famiglie, orfani o abbandonati.
Si curano della loro educazione, secondo i più puri principi cristiani.
Tra i tanti bambini, vi è anche il piccolo Pedro.
Silenzioso e introverso, non ha amici e passa le giornate a giocare da solo in una angolo della stanza comune.
Anche questa sera, come ogni sera, i bambini si inginocchiano accanto a letto e prima di dormire recitano le loro preghiere, sotto gli occhi attenti della madre superiore.
D'un tratto, il quieto mormorio viene interrotto da un grido.
Le suore accorrono verso il lettino di Pedro.
Il bambino è in piedi, innanzi al crocifisso attaccato alla parete.
Ha i muscoli tesi, le mani contratte, le orbite rovesciate.
Dalla bocca gli escono frasi senza senso: si getta a terra e il suo corpo comincia a contorcersi in preda agli spasmi.
Il chiodo che tiene attaccato il crocifisso si spezza.


Londra: una piccola cappella non molto lontano da Westminster.
Sarah Angelmore ha in braccio la figlia di tre anni.
Ha solo ventun anni, la sua è una vita difficile, scappata di casa , vissuta sotto i ponti, un bambino arrivato a causa di un'avventura senza precauzioni.
Ma la fede in Dio la sostiene in ogni momento.
Oggi è un giorno speciale, il giorno del battesimo del frutto del suo ventre, la chiamerà Angelica, in onore della sua defunta nonna.
Trepidante, si avvicina al prete, gli consegna il fagotto che ha tra le mani.
Il prete lascia scivolare l'acqua santa sulla nuca della bambina, e la sala viene riempita da uno stridulo pianto.
Sarah sbarra gli occhi quando vede che l'acqua evapora al contato con il corpo della bambina, lasciandole sul viso e sul corpo grosse cicatrici sanguinanti.
La bambina piange ancora più intensamente e, come accompagnandola, tutte le statue nella cappella iniziano a lacrimare sangue dagli occhi.

presenta
GABRIEL ROSETTI:
Il Diavolo Dentro

 

Un appartamento in un'antica palazzina dell'East End newyorkese.
Gabriel Rosetti è stravaccato su una poltrona lercia e sporca, con gli occhi fissi su una tv spenta (non potrebbe essere che tale visto che due giorni fa gli hanno tagliato la corrente elettrica).
Ha una mano poggiata sul grembo, che stringe il calcio di una pistola, mentre l'altra ricade sul fianco, tra le dita ha il collo di una bottiglia semi vuota.
La stanza è ricolma di un forte tanfo di chiuso, ci sarebbe bisogno di aprire le finestra, dare una lavata a tende e lenzuola, buttare la spazzatura, ma Gabriel non sembra molto propenso a tali azioni.
Si alza lentamente e, schivando i cartoni di pizza e le buste dei fast food sparsi per terra, raggiunge il bagno.
Fa solo qualche passo nella stanza e poi si china ficcando la testa nel water, vomitando violentemente.
Quando rialza la testa da un'occhiata fugace ai resti di salame che galleggiano tra il whisky e i fluidi gastrici, e poi tira lo sciacquone.
Di nuovo in piedi, Gabriel fissa per qualche momento il proprio riflesso nello specchio.
Quand'è che è diventato così vecchio? Non ricordava tutte quelle rughe sulla fronte, né tantomeno attorno agli occhi (o è più coretto dire attorno all'occhio, visto che quello destro è ormai da tempo coperto da un benda nera)?. E tutti quei capelli bianchi? Da dove spuntano? Si allarga la camicia con un gesto della mano, osserva i pettorali che hanno perso di tonicità, i peli che cominciano a ingrigire.
E soprattutto osserva quella sagoma vaga di una croce al centro del petto.
Pensa al tempo in cui quella croce era una vivida cicatrice di una ferita che si era inferto da solo, ma non era un semplice solco sulla carne.
No.
Aveva un preciso significato.
Ma adesso, giorno dopo giorno, la cicatrice diventa sempre più sfumata...

Città del Vaticano.
In una stanza sotterranea, un gruppo di uomini è riuniti in consiglio, si tratta di alcune delle personalità più importanti del clero.
Stanno discutendo degli eventi delle ultime ventiquattro ore.
La riunione è presieduta da padre Vittorio Montesi.
"Siamo riusciti a insabbiare gli eventi." La prima voce che si alza, maschile, ha un accento inglese.
"Non è stato facile, ma media sono stati tenuti all'oscuro della vicenda." Stavolta è una donna a parlare, la sua voce tradisce un'origine francese.
"Quanti sono in totale i casi accertati?" chiede Vittorio.
"Sette." La voce che gli risponde è di un uomo russo "Ma miss Carter ha con se tutta la documentazione."
"La ragazza è in ritardo." Nota Vittorio Montesi.
"Sa come sono gli americani, probabilmente non è ancora abituata al fuso..."


Strade di Roma.
In un vicolo il corpo di una donna cade inerte a terra.
La lama che le ha trapassato il cuore viene gettata tra i rifiuti.
Due uomini in nero afferrano la ventiquattrore che la donna teneva con se e la portano via.


New York, nello stesso palazzo dove vive Gabriel Rosetti, due piani più sopra.
In un appartamento nelle stesse condizioni disastrate, se non peggio, vive Hellen Kasper.
La piccola, otto anni, sta male già da alcuni giorni, ha cercato di avvertire la madre, ma la donna non le mai prestato molta attenzione e non comincerà certo ora.
La bambina decide di tentare un'altra volta, si avvicina al divano dove è sdraiata la donna e le si rivolge con voce flebile, simile al cinguettio di un uccellino "Mamma... ieri.. ha scuola ho vomitato..."
"Ma cosa chiedi l'aiuto da casa, brutto imbecille!" inveisce contro il televisore la donna, ficca una mano nella ciotola piena di pop corn che ha sulla pancia e se ne getta una manciata in bocca "E così facile che avrei indovinato persino io!"
Hellen torna afflitta nella sua cameretta, si siede sul grosso tappeto e afferra Mr Leone, il suo peluche preferito.
Lo stringe al petto, mentre si guarda attorno con aria preoccupata.
Sente qualcosa in quella stanza, come una presenza opprimente, qualcosa che la fa stare male.
Il suo sguardo si ferma sul crocifisso che si staglia sopra il letto.
Il corpo della bambina ha un sussulto, scaglia Mr Leone contro una parete, gli occhi si rigirano nelle orbite e si mette a vomitare, raccolta in posizione fetale.
Quando gli spasmi si calmano, alla bambina non resta che scoppiare in un pianto isterico.


Città del Vaticano.
Vittorio Montesi, seduto alla sua scrivania, tamburella con le dita sul legno, immerso nel buio.
Charisma Carter, la segretaria del delegato americano è sparita ormai da sei ore.
Con lei ha tutta la documentazione sulle vittime dei casi sovrannaturali riscontrati in quei giorni.
Certo, ogni caso è personalmente seguito in loco da un emissario del Vaticano, ma il pensiero che quel materiale possa cadere in mani sbagliate non smette di assillarlo.
Una porta si apre lasciando entrare uno spiraglio di luce.
"Novità?" chiede all'uomo che fa capolino nella stanza.
"Si, abbiamo trovato la Carter." Annuncia.
"Come ha giustificato il suo ritardo?" chiede innervosito Vittorio Montesi.
"Il fatto di essere morta è una giustificazione plausibile?"


Roma, Due ore dopo.
Davanti ad una palazzina in un quartiere popolare, un uomo privo di vita giace su una macchina: gli è stata tagliata la gola.
Ad ispezionare meglio il cadavere gli si troverà una Bibbia nella tasca.
Al secondo piano della palazzina, la porta della casa della famiglia Renzotti è aperta.
Nel soggiorno, il signor Renzotti e sua sorella sono riversi sul pavimento in una pozza di sangue.
La signora Renzotti è nel corridoio, la cornetta del telefono in mano e una pallottola nel cranio.
Nel sua stanza, Lucia Renzotti è nel suo letto, una botta alla testa l'ha fatta passare dal sonno alla morte senza rendersene conto.


Londra, sette ore dopo.
In un pub dalle parte di Picadilly Circus, Sarah Angelmore sta parlando con uomo che l'ha avvicinata quella mattina, dicendogli di venire dalla Città del Vaticano e di aver qualcosa di importante da dirgli.
Sono presi in una fitta discussione, ma non sanno che non la porteranno a termine, perché da lì a dieci minuti il veleno nel loro caffè farà effetto e moriranno in preda a lancinanti dolori.
Angelica Angelmore defungerà poco dopo, quando una mano spingerà un cuscino sulla sua faccia fino a lasciarla senza fiato.


Città Del Messico, diciannove ore dopo.
Di fronte alla porta del bagno dell'Istituto delle suore del Sacro Cuore, una suora priva di vita seduta sul pavimento guarda davanti a se con occhi vitrei: giunta direttamente dal Vaticano per controllare Pedro, il suo collo è stato spezzato ed ora è morta.
All'interno del bagno, il bambino, si stava preparando a lavarsi, quando un uomo è entrato e la spinto con la testa nella vasca.
Si è dibattuto un po', finché l'aria non gli è venuta meno e la sua vita si è spenta.


Nelle successive sedici ore, altri tre bambini, in tre punti diversi del globo, muoiono di morte violenta, insieme ai loro famigliari e agli inviati del Vaticano mandati a proteggerli.


Città del Vaticano.
Vittorio Montesi cammina irrequieto per il suo ufficio, tenendo le mani dietro la schiena.
Come hanno fatto a ridursi a quel punto?
Quasi tutti i bambini che dovevano controllare erano morti, e non c'erano tracce di chi fosse stato o perché.
L'unica cosa certa è che a commettere quegli omicidi era la stessa persona che aveva ucciso Charisma, solo così avrebbe potuto essere informato su tutte le vittime.
Avevano raddoppiato la sorveglianza sull'ultimo bambino, ma in cuor suo aveva poca fiducia a riguardo.
Si sentiva così impotente a riguardo, non avevano neanche avuto il tempo di iniziare ad indagare su quei casi...
Un cicalino dalla sua scrivania richiamò la sua attenzione.
Si avvicinò all'altoparlante e premette un pulsante.
"Gli assassini. Ne abbiamo preso uno."


New York.
Gabriel Rosetti rientra nel suo palazzo camminando con passo incerto, stringe al petto una busta con due bottiglie di whisky, ne ha scolato almeno altre tre al bar lì vicino.
Si avvicina all'ascensore, cerca di premere il pulsante per chiamarlo, ma sbaglia spingendo ripetutamente il dito contro il muro.
"Che palle..." sbuffa, scuotendo la testa.
Si volta per le scale e si trova davanti una bambina, seduta sui gradini, abbracciata ad un peluche.
La riconosce.. non sa il suo nome, però sa che abita qualche piano sopra il suo.
La bambina alza la testa e lo guarda con occhi lucidi.
Gabriel abbozza un sorriso che sembra più una smorfia e comincia a salire verso l'appartamento.


Città del Vaticano.
Un uomo in manette, bloccato su una sedia, attorno a lui altri uomini, che lo riempiono di domande, tra questi uomini c'è anche Vittorio Montesi.
Dopo ore di interrogatorio, l'uomo rivela di far parte di un'organizzazione chiamata La Nuova Luce.
"Li conosco.." commenta una voce "Sono una sorta di fanatici religiosi..."
"Perché avete ucciso quei bambini?" chiede Montesi.
"Perché per noi era evidente ciò che voi avreste dedotto solo dopo lunghe e dispersive indagini..."
"Di che parli?"
"C'è bisogno di chiederlo? Quei bambini.. erano figli del demonio..."
"Quello che dici è assurdo!"
"Figli del demonio scesi sulla terra per portarci nella strada del peccato.. ma noi siamo i portatori della luce di Dio... e per questo puniamo il demonio!"
"State uccidendo dei Bambini! Come avete potuto?" Montesi perde del tutto la calma, davanti alla fredda compostezza dell'uomo, si getta su di lui e lo afferra per il bavero della camicia.
"Bambini figli del demonio.. come mai li hai tanto a cuore padre?" sorride l'uomo.
Vittorio gli molla un pugno, che lo fa finire privo di sensi contro il muro.
"Raccogliete quante più informazioni potete su questa Nuova Luce..." mormora l'uomo guardando con occhi freddi il corpo dell'uomo.


Hellen è tornata a casa e si è chiusa nello sgabuzzino.
Li, tra vecchie coperte e cuscini logori, si sente molto più al sicuro che nella sua camera, dove sta male ogni volta che entra.
Nella stanza accanto, sente la voce di sua madre, che inveisce contro la televisione.
D'un tratto suona il campanello.
La bambina è combattuta tra il desiderio di rimanere in quel ambiente confortante e andare a rispondere.
Fa per abbassare la maniglia della porta, quando sente il contatto di una mano sulla spalla.
Si volta e vede una donna.
O meglio, la vede come se stesse guardando attraverso un vetro sporco, i suoi lineamenti sono talmente confusi, che la bambina si stropiccia gli occhi, convinta di aver problemi alla vista.
La donna le dice qualcosa: è strano, non le sembra tanto di sentire la su voce nelle orecchie, quanto nella testa.
Le dice di non uscire.
La bambina non sa perché, ma sente che è bene seguire il consiglio.
Avvicina l'occhio al buco della serratura e vede la madre avvicinarsi alla porta d'ingresso e aprirla fin quanto la catena di sicurezza consenta.
Il resto accade in un attimo.
Uno sparo, il corpo di sua madre che ricade a terra, la porta buttata a terra con un calcio, tre uomini in nero che entrano nell'appartamento.
Hellen trattiene un grido e stringe Mr Leone.
La donna alle sue spalle le dice di non muoversi e di non emettere un fiato.
Le dice di aspettare, e di mettersi a correre solo quando glielo dirà lei.
La bambina sente le lacrime bruciare negli occhi, si domanda se la mamma sta bene.
La donna le dice che non è il momento di pensare alla mamma.
Ora l'unico pensiero deve essere mettersi in salvo, correre fuori dall'appartamento, scendere giù per le scale e raggiungere l'appartamento dell'uomo che ha visto quella mattina, quello con la benda sull'occhio.
Hellen deglutisce: quell'uomo le fa paura.
La donna le dice di non aver paura, lei conosce l'uomo e se gli dice che la manda Desadia non le farà del male.
Gli uomini intanto si sono spostati e stanno perquisendo la casa.
Ora! Le dice la donna.
Hellen abbassa la maniglia e corre fuori dallo sgabuzzino.
Esce dalla porta, mentre sente delle voci alle sue spalle: l'hanno vista.
Sente il cuore che batte a mille e le gambe farsi pesanti: ma non si ferma, non si guarda neanche alle spalle, corre più veloce che può, saltando i gradini delle scale, capitolando sugli ultimi tre, finendo per sbucciarsi le ginocchia e perdere la presa su Mr Leone.
Si rialza a fatica, afferra il peluche per la coda e si trascina alla porta dell'uomo.
"Per favore, mi apra!" Bussa con tutta la forza che ha, finché le piccole nocche non cominciano a dolerle, ma non riceve risposta.
Gabriel Rosetti è in casa, seduto sulla poltrona, bottiglia in una mano e pistola nell'altra.
Sente il bussare alla porta, ma si limita ad ignorarlo.
Hellen sente i passi degli uomini per le scale, quando ricorda quello che le ha detto la donna.
"Mi apra, la prego!" grida con tutto il fiato che in gola "Mi manda Desadia."
Gabriel Trasale.
Per un attimo, un fiume di ricordi inonda la sua mente.
Ricorda quella donna, così importante per lui, al pari solo della sua defunta moglie; ricorda quello che hanno vissuto insieme, finché lei non gli è stata portata via...
Si alza di scatto e va ad aprire la porta.
La bambina alza gli occhi pieni di lacrime e lo guarda con aria supplichevole.
Prima che possa dire una sola parola, due uomini in nero sono scesi dalle scale e alzano le pistole.
Gabriel afferra la bambina per un braccio e la trascina dentro, mentre i proiettili cominciano a sibilare nell'aria.
Li lascia sparare finché non finiscono le munizioni, poi esce di nuovo, tende la sua arma e spara due colpi precisi verso le nuche degli uomini facendoli cadere a terra privi di vita.
Nonostante l'alcol la sua mira è ancora buona.
Rientra nell'appartamento, chiudendosi la porta dietro le spalle.
Si guarda attorno, cercando la bambina, e la individua subito: la tradisce la coda del peluche che spunta dietro la poltrona.
"Vieni fuori piccola..." voleva che la sua voce avesse un tono amichevole, invece è venuta fuori con un'intonazione da minaccia, simile a quando si rimprovera un cane per aver sporcato il tappeto.
Gabriel si chiarisce la voce con un colpetto di tosse, poi si china e tende una mano a Hellen "Ora è tutto a posto..."
Hellen lo guarda con occhi timorosi, poi si alza e fa un passo verso di lui "Ci proteggerai vero?"
"Spiegami cos'è successo..."
"Io... ero a casa.. quegli uomini cattivi hanno bussato e.. la mamma..." davanti gli occhi della bambina torna a comparire la visione del corpo della madre senza vita, gli si riempiono di lacrime ed inizia a singhiozzare "La mamma.. le hanno fatto male... e poi.. volevano fare male anche a me.. Ma poi quella signora mi ha detto di scappare..."
"Quale signora? Parli di Desadia?" Gabriel afferra la bambina per le spalle e senza accorgersene inizia a scuoterla.
"Io.. penso.. di si...per favore la smetta signore, mi fa male..."
"Oh, scusa..." Gabriel molla la prese "E ora...dov'è Desadia?"
Gabriel si solleva e porta una mano sulla fronte: possibile che non si sia ancora rassegnato? Perché continua a sperare?
"Signore... io.. ho paura..." richiama la sua attenzione Hellen.
"Senti piccola... come ti chiami?"
"Hellen..."
"Bene, Hellen. Sai perché quegli uomini in nero ce l'avevano con voi?"
"No.. io.. non lo so.."
La sua attenzione è distolta da uno stridio di freni, dalla strada davanti al palazzo.
Si avvicina alla finestra e vede tra macchina, da cui scende un'altra dozzina di uomini in nero.
"Oh cazzo... Sono un piccolo esercito..." si volta verso la bambina "Possibile che siano qui per te?"
Si rende però conto che non è il momento di fare domande.
Non può affrontare dodici uomini da solo.
Prende Hellen in braccio e corre in cucina: useranno la scala antincendio per scendere sul retro e mettersi in salvo.
Sono appena usciti fuori dalla finestra, quando Gabriel sente uno scatto sopra di lui.
Alza lo sguardo e vede un altro uomo in nero che gli tiene una pistola puntata contro.
"Chi sei? Perché vuoi uccidere questa bambina."
Il volto dell'uomo è una maschera impassibile, non batte ciglio quando dalla canna parte il colpo.
Gabriel si getta nel vuoto, stringendo a se la bambina.
Un volo di tre piani e finiscono dentro un cassonetto ricolmo di rifiuti, che attutiscono la caduta di Gabriel, mentre è proprio il corpo di Gabriel ad attutire la caduta di Hellen.
La bambina non si fatta male, però è parecchio spaventata e inizia a gemere.
Gabriel la abbraccia in modo impacciato per calmarla ed escono dal cassonetto.
L'uomo sta pensando alla via di fuga più rapida e sicura, quando un'auto rossa si ferma davanti a loro.
Gabriel porta istintivamente la mano alla pistola, lo sportello si apre e rivela che è guidata da una donna dai tratti ispanici.
"Si sbrighi, presto!"

 

Qualche ora dopo, in un motel fuori città, Hellen dorme abbracciata a Mr Leone al centro di un letto matrimoniale.
"Spiegami se ho capito bene..." Gabriel si versa in un bicchiere il Whisky trovato nel frigo bar "Ti manda il Vaticano giusto? Giulia, giusto?"
"Si.. dovevo incontrare l'altro incaricato alla sorveglianza della bambina, ma l'ho trovato morto nella sua macchina.."
"E voi stareste sorvegliando questa bambina perché..."
"Sono avvenuti dei fenomeni paranormali inspiegabili. Che non riguardano solo lei, ma anche altri bambini in tutto il mondo..."
"Possessione demoniaca?"
"Era quello che pensavamo... però suppongo che lei sappia come preferisca agire il Vaticano in questi casi..."
"Insabbiando tutto?"
"Intendo facendo delle ricerche. Abbiamo preferito evitare che le notizie giungessero alla stampa prima di aver verificato come stessero realmente le cose."
"E questa Nuova Luce?"
"Sono una setta... E' stata fondata qualche anno fa da un prete scomunicato, e, a poco a poco, ha raccolto adepti in tutto il mondo. Sono dei fanatici, accecati da una fede insensata che li porta a considerare la loro religione l'unica valida e qualunque dottrina diversa come legata al diavolo."
"E quindi hanno ritenuto una soluzione rapida e indolore al problema: eliminare fisicamente i bambini?"
"In un certo senso si."
"Bene. La piccola è salva." Poggia il bicchiere vuoto e recupera la sua giacca poggiata su una sedia "La lascio a te. Ora vado a cercarmi un posto dove stare nei prossimi giorni..."
"Veramente..." Giulia afferra Gabriel per il polso "Speravo potesse aiutarci..."
Gabriel scrolla il braccio e si libera della stretta "Aiutarvi? Perché?"
"Sapevamo fin dall'inizio che lei abitava nel palazzo di Hellen. Sa, abbiamo sempre tenuto d'occhio i suoi spostamenti. Il Vaticano non può perdere di vista un esorcista talmente capace da avere meritato il soprannome di Cacciatore di Demoni...
"Quello è il passato, ragazza. Ho smesso di fare l'esorcista... non sono neanche più un prete, non te l'hanno detto i tuoi capi in Italia? Ho sciolto i voti..."
Rimangono per qualche minuto a fissarsi, immersi in un silenzio spezzato solo dal respiro di Hellen.
"So della sua scelta... Ma quello che noi tutti ignoriamo, sono le motivazioni."
"Perché ho perso la fede." Si apre la camicia e le mostra il petto "Cosa vedi, sorella? Cosa c'è sul mio petto? Te lo dico io: niente, se non la pallida ombra di una cicatrice a forma di croce. Una cicatrice che è rimasta dopo che io, con le mie mani, ho ferito il mio petto in un gesto di fede. E la croce rappresentava proprio questo" si batte la mano sul petto "La mia fede! Che è svanita come è svanita la croce! Io non credo più, per questo non sono più un esorcista, perché non c'è più un Dio a cui possa fare appello!"
"Perché ha perso la fede?"
Gabriel si siede sul letto "Guardi il mondo. Guardi la guerra, la morte, guardi i delitti, guardi le ineguaglianze, guardi i soprusi e le violenze... Io le ho sempre guardate, sicuro che una giustizia divina avrebbe dato conforto alle anime in pena. Ma poi.. io l'ho visto." I suoi occhi divennero spiritati, le pupille si dilatarono "Ho visto il diavolo, quello vero, una visione che mi ha fatto perdere il senno. Perché mi sono reso conto di quanto fosse perverso... ma anche di quanto fosse potente. Ecco, non sarebbe esatto dire che io non credo in Dio. Ci credo, eccome... semplicemente non ho più fiducia in lui e nella sua forza..."
Giulia stringe il crocifisso che portava al collo "La forza di nostro signore è la forza dell'amore. Non vi è forza più grande dell'amore a questo mondo.
Gabriel sorride malinconicamente "Sei così idealista.. mi ricordi me, da giovane..."
"Resta il fatto che fede o non fede, è in gioco la vita di una bambina.." Giulia indica Hellen "La prego di aiutarmi a salvarla.. tra sette ore la porterò su un aereo che la condurrà direttamente a Roma... solo sette ore del suo tempo..."
Gabriel guarda la bambina, sembra un angelo che dorme "D'accordo... sette ore, non un minuto di più..."
"Bene." Giulia si alza sorridendo "Vado a prendere qualcosa da mangiare nel distributore che c'è di sotto..." si dirige verso la porta "Torno subito.."
Gabriel rimane solo nella stanza per alcuni minuti, che gli sembrano lunghi come un'eternità.
Sente la testa che gira. Ha mala pena smaltito la sbornia e sente il desiderio di bere un altro sorso di whisky... Ma se, come ha promesso, deve proteggere Hellen, deve essere lucido...
Si accorge allora del portafoglio di Giulia, poggiato sul tavolo.
Deve averlo dimenticato.
Decide di portarglielo.
Esce dalla stanza, percorre il corridoio, inizia a scendere le scale, ma si ferma quando sente delle voci del piano di sotto.
"E' quella che cercavate, giusto?"
"Proprio lei."
Gabriel si porge, cercando di restare nell'ombra, per vedere chi stia parlando, poi si ritira di scatto.
Ha visto per un solo attimo, ma la visione gli è rimasta fermamente impressa nella retina, difficilmente lo dimenticherà: tre uomini in nero che parlano con il proprietario del motel, ai loro piedi Giulia, con la gola tagliata.
"Quando mi darete i soldi?"
"Ora cerchiamo di stanare i topi."
"Ehi, parlo con voi! Quando mi darete i soldi?"
Un colpo di pistola.
"Torniamo a noi... Facciamoli uscire allo scoperto."
Gabriel torna suoi passi, corre verso la camera e si chiude la porta alle spalle.
Hellen dorme ancora tranquilla.
"Piccola... sveglia..." Gabriel poggia una mano sul volto della bambina.
Ellen apre gli occhi e si lascia andare ad un lungo sbadiglio "Devo già andare a scuola?"
"No piccola.. oggi facciamo vacanza." Gabriel la prende in braccio, si avvicina alla porta e vi poggia un orecchio sopra.
Nessun rumore sospetto, solo un suono distante, come di carta che viene stracciata.
Apre la porta e vede le fiamme.
"Hanno dato.. fuoco a tutto.." Gabriel digrigna i denti, sente urla venire da tutte le stanze intorno. La gente si getta fuori dalla stanze e corre lungo le scale, dove probabilmente attendono gli uomini in nero con le pistole puntate.
Non può scendere, non può rimanere dov'è.
A Gabriel non rimane altra scelta che andare verso l'alto.
Corre per le scale, mentre la gente che scende dal piano di sotto lo urta e lo spinge, Hellen si stringe al petto dell'uomo.
"Stai calma, è tutto a posto." Cerca di consolarla Gabriel mentre apre la porta che lo condurrà sul tetto.
Mentre esce all'aperto, sente chiaro il rumore delle pale di un elicottero.
Non ha fatto che qualche passo, che una pistola gli viene puntata alla nuca.
Non si muove, neanche volta alla testa, per vedere chi ci sia alle sue spalle a tenere il dito sul grilletto.
"Certo che ce ne ha creati di problemi. Ci ha fatto perdere due dei nostri uomini e ci ha costretti a mettere su una caccia all'uomo che ci è costata tempo, fatica e denaro."
"Chi è lei?"
"Mi delude Mr Rosetti. Sarò sincero: speravamo di poterla coinvolgere nella nostra organizzazione. Siamo ovviamente a conoscenza dei suoi successi nella lotta al Maligno, ma il suo comportamento di oggi..."
"Chi è lei?"
"Vedo che è caparbio. Un'ottima qualità. Io sono il leader della sezione newyorkese della Nuova Luce. E mi è stato dato il compito di uccidere Hellen Kasper"
A sentire quelle parole, la bambina scoppia a piangere.
"Perché? Questa bambina va aiutata... lasciate che arrivi a Roma, la troveranno degli esorcisti capaci di.."
"Ah! Quindi lei non sa la verità? Pensa davvero che sia solo..."
E' un gesto rapidissimo.
Gabriel lascia scivolare Hellen a terra e si volta di scatto.
Mentre l'uomo preme il grilletto, Gabriel stringe con tutta la forza che ha il tamburo della pistola con la mano.
I due lottano spingendo l'arma e alla fine il colpo parte verso l'alto.
Gabriel colpisce l'uomo con un ginocchiata allo stomaco e gli storce un dito, spezzandoglielo e costringendolo a lasciare cadere la pistola.
L'uomo è in ginocchio a terra e guarda Gabriel con occhi carichi d'astio "Tu... sei un nemico di nostro Signore... Sei un mostro..."
"Come puoi darmi del mostro.. dopo che hai cercato di uccidere una bambina innocente."
"Una bambina.. innocente..." l'uomo mette una mano in tasca e tira fuori qualcosa.
Gabriel pensa sia un'arma e lo colpisce con un calcio,.
Un piccolo crocifisso d'oro vola fino a giungere ai piedi di Hellen.
La bambina lo guarda con gli occhi sbarrati, poi porta le mani ai capelli e lancia un acutissimo grido.
Si piega su stessa e dalla bocca fuoriesce una mistura di sangue e vomito, mentre ferite si aprono sulla sua pelle iniziando a sanguinare copiosamente.
Gabriel sbarra l'unico occhio sano: è la prima volta che vede una reazione così violenta in un corpo posseduto.
"Credi ancora alle fandonie che ti hanno raccontato? Una bambina posseduta dal Maligno... questa bambina e' il Maligno!"
"Non dire cazzate!" Gabriel lo prende per il collo.
"In effetti...non è esatto. Questa bambina è la figlia del Maligno!"
Gabriel lo lascia andare, le sue dita ghermiscono l'aria "Non ha.. senso.. non ha senso..."
"Lei.. come gli altri bambini.. sono tutti l'anticristo..." tossisce l'uomo a terra.
Gabriel sposta lo sguardo su Hellen.
Il corpo della bambina è ancora ricoperto di ferite, ma non sanguina più.
Li fissa con sguardo assente.
Le labbra scoprono i denti, chiazzati di rosso e verde, stretti in un ringhio.
La bambina si incammina verso i due, trascinando Mr Leone per la coda.
"Ego te absolvo!" grida Gabriel mentre fa il segno della croce.
Hellen sussulta, come dopo aver sbattuto contro uno scudo invisibile ma poi riprende a camminare.
"E' inutile.. non puoi liberare dal diavolo...un corpo che è del diavolo stesso!" sibila l'uomo della Nuova Luce.
"Ego te absolvo!" continua a gridare Gabriel, ma la bambina prosegue la sua marcia incurante.
Dall'elicottero, un uomo con un fucile tra le braccia centra nel mirino il volto di Hellen.
La bambina alza lo sguardo e l'elica va in pezzi.
L'elicottero precipita peso morto, esplodendo contro il lato opposto del tetto rispetto a dove si trova Gabriel, che viene sbalzato a terra per lo spostamento d'aria.
L'esplosione incrementa le fiamme che stavano salendo e dopo pochi secondi l'intero tetto è avvolto dal fuoco.
Gabriel sente un dolore intenso alla nuca, ma vi lotta contro per riuscire ad alzarsi.
Si è sollevato tra le braccia quando vede un'ombra uscire dalle fiamme.
E' Hellen.
Sorride.
Con una mano stringe la coda del suo peluche.
Nell'altra la testa del leader della nuova luce.
"Piccola... mi senti... ti tirerò fuori.." mormora Gabriel.
La bambina ride, è una risata che suona come unghie che stridono sulla lavagna "Ancora non l'hai capito? Non devi tirare fuori niente! Questa è la vera me stessa."
La bambina toglie all'uomo la benda che gli copre l'occhio "Noi tutti... siamo figli del Maligno. La parola esatta per definirci sarebbe Anticristo. Nostro padre ha deciso che il momento di mandare un suo figlio sulla terra è giunto. Ma ha deciso che un figlio solo era... come dire.. qualcosa di già visto... E allora nostro padre ha deciso di unirsi con più donne. Noi siamo i primi sette a nascere. Presto ne nasceranno altri."
"Non puoi essere.. il figlio del demonio.. io l'ho già incontrato..."
Hellen passa il palmo della mano sull'occhio "Il demonio ha molte facce... ed ogni faccia è una sua diversa essenza.." sotto la palpebra il bulbo oculare si rigenera e l'occhio torna a vedere "Siamo nati e cresciuti in famiglie di fedeli e questo ha rallentato il nostro risveglio. Incontrarti è stata una fortuna... la tua fede perduta... è stata come un nutrimento per me... Ha accelerato un processo che probabilmente avrebbe richiesto anni e anni."
"Tu... hai sfruttato il mio ricordo di Desadia..."
"Sfruttato? Oh, ti sbagli... è stato proprio mio padre a mandarla in mio soccorso..."
Gabriel spalanca gli occhi (per la prima volta da molti anni, aprendoli insieme).
"Si... lei è stata punita per i suoi peccati... e per questo è al servizio di mio padre!"
Gabriel si getta sulla bambina, stringe le mani sul collo e inizia a strangolarla, mentre grida "In nominae patris, filiis et spiritus sancti!"
"Sono parole senza senso! Se tu avessi anche solo un briciolo di fede, potresti ferirmi, ma quello che stai dicendo non significa niente per te!" La bambina ride sguaiatamente, finché il fiato non smette di arrivare ai suoi polmoni.
Anche quando le manca l'aria, l'espressione divertita non sparisce dal suo volto.
Alza una mano e poggia il piccolo indice sull'occhio che ha appena guarito.
"Sei stato divertente Gabriel Rosetti..." la voce risuona nella mente dell'uomo "Giocheremo ancora noi due."
Il corpo della bambina prende fuoco.
Una fiammata che penetra nell'occhio di Gabriel procurandogli un dolore così intenso che lo fa svenire.


Un sogno.
Fiamme, da tutte le parti.
Tra le fiamme, una donna nuda danza.
"Desadia?"
Non è lei.
Ha lunghi capelli biondi...
Le fiamme la avvolgono, entrano nel suo corpo, la consumano, alla fine di lei non resta niente.
Le fiamme si alzano verso il cielo, in una serie infinita di colonne di fuoco.
"Desadia?"


"C'è qualcuno qui!"
"Cristo, un sopravvissuto.. questo è un miracolo..."
Le voci strappano Gabriel al suo sogno, braccia lo sollevano, acqua fredda gli bagna il volto.
Apre gli occhi e si rende conto di vedere solo da uno.
Dovrebbe esserci abituato, è da molto che ha perso l'uso dell'occhio destro, però è come se per un attimo fosse riuscito a vedere da tutti e due di nuovo...
"Poveraccio.. guarda che cicatrice..."
"Gli poteva andare peggio..."
Vede tutto appannato.
Si strofina l'occhio e si libera delle mani che lo sostengono e fa qualche passo avanti.
I suoi piedi toccano qualcosa.
Frammenti di uno specchio rotto.
Ne raccoglie uno e guarda il proprio riflesso allo specchio.
E il ricordo di quella notte ritorna vivido nella sua memoria.
E ritornerà vivido, più forte che mai, ogni giorno della sua vita, quando vedrà quella cicatrice sull'occhio a forma di croce rovesciata incisa sulla sua palpebra.
Alzò lo sguardo verso il cielo, oltre le macerie del motel e guarda il sole sorgere, mentre la risata di una bambina risuona nell'aria.

 

 

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