Il suo volto era un pallido teschio e nelle sue orbite
brillava una vivida fiamma.
(Robert E. Howard
1928)
#67
IL REGNO DEL TESCHIO DI CRISTALLO
1.
Il luogo si trova nel bel mezzo del
Deserto del Sahara ed è… una città. Un’incredibile serie di costruzioni di
marmi e graniti che il sole trasforma in altrettanti gioielli dai mille colori,
ben lontani dalle immagini monocromatiche dei resti architettonici greci e
romani. La città, come la celebre isola francese, di Mont Saint Michel, sorge
su una collina circondata dalle acque di un lago e il suo nome è Lycopolis,
centro vitale di quello che si autodefinisce il Popolo, definizione che molte
comunità nella Storia hanno spesso dato di se stesse. Ad esempio, il nome di
molte tribù dei cosiddetti nativi americani, altrimenti popolarmente noti come
Pellirosse o Indiani d’America, nella loro lingua significa “Il Popolo” o “Il
Popolo degli Uomini”.
Questa comunità è abbastanza diversa
da ogni altra, però, perché è composta interamente da licantropi. No, non le
sventurate creature rese celebri da romanzi e film che a causa di antiche
maledizioni sono costrette a trasformarsi in lupi, perlopiù umanoidi, durante
le notti di luna piena e a trasmettere la loro maledizione agli sventurati che
sopravvivano al loro morso, bensì una vera razza parallela a quella umana la
cui origine si perde nella notte dei tempi. Si tratta di una società molto
gerarchizzata che rispetta la struttura sociale dei lupi con branchi guidati da
maschi e femmine cosiddetti Alfa.
Solo
di recente i capi riconosciuti del Popolo hanno varato un piano ambizioso: riunire
in un unico luogo tutti coloro che, per nascita, incidente, mutazione, magia o
altro motivo hanno la capacità di passare dalla forma umana a quella lupina e
viceversa, quel luogo, ovviamente, è proprio Lycopolis
Romeo
Doria-Pamphili, giovane mutante romano ed esponente, sia pur di un ramo minore,
di un’antica famiglia dell’aristocrazia romana e genovese, fatica ancora ad
abituarsi alla sua attuale condizione pur essendo cittadino di Lycopolis già da
qualche mese. Nel suo cuore è sempre il ragazzo che cercava di fare del bene
usando i suoi poteri contro la criminalità della sua città. Una cosa è certa:
non si è ancora abituato ad essere parte di quella che chiamano Squadra Gamma i
cui altri componenti lo attendono davanti ad una massiccia costruzione alta sette
piani di granito e cristallo coperta da rampicanti in modo da esaltarne le
linee e il concetto di fusione con la natura circostante, con tutta l’aria di
poter reggere al cannoneggiamento di una corazzata. Il portone di ingresso è
formato da due ante su ognuna delle quali sta un lupo quadrupede rampante, un
maschio a sinistra e la femmina a destra, a fronteggiarsi e reggere fra le
zampe tese una stella a otto punte. Molto impressionante, pensa Romeo mentre
squadra i suoi compagni decisamente particolari. Tutti, tranne uno, lupi in
forma umanoide. Karshe,
della tribù
perduta dei
Cheemuzwa; è un maschio
argenteo e grigio vestito
come uno sciamano indiano. Bethany Rose McCarthy, il cui nome di battaglia è Pleias, irlandese di nascita, è una femmina
rossiccia che se ne va in
giro completamente nuda come se fosse la cosa più naturale del mondo; cosa che,
invece, causa ancora un certo imbarazzo a Romeo. Anche quello accanto a lei, un
maschio dal
pelo rossiccio, e l’aria torva,
è anche
lui nudo e nemmeno lui
prova imbarazzo. Si tratta di Carlos Lobo, Espectro, mutante un tempo membro della
criminalità organizzata messicana e capo di un proprio “Cartel”; che ha
ormai abbandonato quello stile di vita, almeno così dice. Dietro a lui un altro
maschio pure rossiccio che indossa un tanktop bianco con su la scritta in
caratteri graffiati ‘BAD DOG!’ e un paio di shorts neri che lasciano ben poco
all’immaginazione. Anche lui è un mutante; si chiama Myles Alfred, ma si fa
chiamare Vivisector; un nome, un programma, forse. Accanto a lui una massa di
muscoli che nulla ha da invidiare al Fenomeno, corporatura ulteriormente
evidenziata dal lungo pelo bianco e le lame ossee che decorano il suo cranio e
gli arti all’altezza delle articolazioni. Il suo nome è Kody ed è figlio di un
licantropo e di una donna umana. Ultimamente, però, preferisce farsi chiamare,
Behemoth. L’ultimo ha l’aspetto di un vero lupo ma decisamente gigantesco, dal
pelo bianco ispido, che
luccica come
fosse stato fatto di tanti
cristalli, come, in effetti, è, visto che si tratta di Hoarfen,
figlio di Fenris, il dio lupo della mitologia norrena e di una gigantessa dei ghiacci.
Sì, pensa, Romeo, decisamente
continuano a sembrargli strani.
-Ben
arrivato Romeo.- lo saluta Karshe -Ora che sei qui, possiamo scendere.-
Entrano tutti insieme nell’edificio
e prendono l’ascensore. Scendono
fino al primo dei tre livelli sotterranei indicati sulla pulsantiera e dopo
essere arrivati percorrono in silenzio un lungo corridoio bene illuminato come
da globi azzurrini sospesi nell’aria carica di elettricità statica e ozono il
cui odore è chiaramente percepibile. Ad ogni loro passo una serie di rune
appare dal nulla, sul pavimento, lungo le pareti e intorno ai loro corpi, una
protezione magica che mette ancora Romeo a disagio. Finalmente arrivano davanti
all’unica porta in fondo al corridoio: cinquanta centimetri di adamantio
secondario rinforzato da sigilli mistici, che si apre scorrendo con un suono
cupo. Ancora una volta Romeo si sente investito dalle sensazioni provate la
prima volta che è entrato nella stanza: una sensazione decisamente spaventosa. Il
mondo diviene per un microsecondo un posto oscuro, un’onda di Male purissimo
attraversa i suoi pensieri come una folgore. Ancora una volta senza quasi
accorgersene stringe i pugni, ed emette un ringhio orrendo mentre tutto il suo
essere freme dal desiderio di affondare zanne e artigli addosso all’origine di
quella sensazione e farla a pezzi. Come sempre, la sensazione passa e lui si
trova a fronteggiarne l’origine.
La prigioniera è una donna
completamente nuda, dalla carnagione pallida esaltata dai corti capelli neri, e
gli occhi dalle pupille scarlatte come il sangue dallo sguardo più malevolo che
si possa immaginare. C’è una spaventosa lucidità in essi, una bramosia di
infliggere crudeltà innominabili a chiunque le si dovesse trovare davanti una
volta libera dalla bara di cristallo in cui è rinchiusa.
-E
così siete tornati.- dice con voce cupa -Credete ancora di poter liberare
l’anima di Sofia
Svjordsen dalla sua prigione e così annientarmi?-
-Ci riusciremo
Faidara.- replica Karshe -È solo questione di tempo.-
Faidara, Generale di
una delle Nove Armate di Set ride sinceramente divertita.
-Stolti!-
esclama -Credete davvero che Thulsa Doom vi darà altro tempo? Siete degli
illusi. Non potrete fermarlo mai, mai!-
E la sua risata maligna raggela i
presenti.
Il sole sorge sulla città di New
Orleans ed illumina le conseguenze di una notte da incubo all’ospedale
universitario.
Il vice Sovrintendente della Polizia
Samuel Tate ha dovuto fare i conti con una realtà che ha sempre negato ma che
ora deve accettare mentre i suoi uomini e i paramedici portano via decine di
cadaveri alcuni dei quali in così avanzato stato di decomposizione che è ovvio
che sono usciti dalle loro tombe, zombie risvegliati dal potere e dalla forza
di volontà di Collette Drumm e che sono tornati nell’abbraccio della morte
quando lei è svenuta per lo sforzo.
Il capo dei Detectives Peter Hawkins,
nero come Tate, Fratello Voodoo e la stessa Collette, si rivolge al suo
comandante.
-Abbiamo
eliminato tutti i rianimati trovati nell’ospedale e ho dato ordine di
setacciare la città e sparare in testa a qualunque di quei mostri i nostri
dovessero incontrare.-
-Perfetto
Peter, sapevo di poter contare su di te.- gli risponde Tate.
-Non
abbiamo trovato il corpo della Dottoressa Covington, però. Forse i rianimati
l’hanno fatta a pezzi o l’hanno portata via. O forse l’hanno morsa e lei è tra
i rianimati che sono riusciti ad allontanarsi.-
-Se
è ancora viva, sentiremo ancora parlare di lei, ne sono certo.- afferma
Fratello Voodoo.
E Samuel Tate non può che essere
d’accordo con lui.
Il sole ci mette altre cinque ore ad
illuminare Londra e trova un cupo ispettore Chelm che si aggira per i corridoi
del maggiore ospedale cittadino dove l’Ispettore Constance Johanssen lotta tra
la vita e la morte dopo essere stata aggredita dalla licantropa chiamata
Nightshade.[1]
-Calmati,
George, non serve a niente agitarsi.- gli dice il Sovrintendente Capo Albert
Eccles, capo della Divisione Crimini Insoliti della Polizia Metropolitana della
Grande Londra.
-Se
è stata aggredita, è perché aveva collaborato con me contro Lilith.- ribatte
Chelm -Sono stato io a chiederle di unirsi all’Unità anti Dracula della mia
squadra.-
-Conosco
Johanssen da molto prima di te. È sopravvissuta in circostanze peggiori, ce la
farà anche stavolta.
I due poliziotti sono interrotti
dall’arrivo di un medico.
-Allora,
dottore?- chiede Chelm.
-Abbiamo
fatto il possibile ma la situazione era già disperata quando Miss Johanssen è
arrivata qui, le sue ferite erano molto estese e profonde.-
-Allora
è…?- comincia a dire Eccles.
-È
ancora viva.- replica il medico -Ma se siete credenti, vi consiglio di pregare
perché è l’unica possibilità che le resta.-
2.
Nonostante le sue esperienze con l’occulto,
compresi alcuni viaggi in altri mondi, Victoria Bentley ci mette un po’ a
rendersi conto di non essere più nella fortezza di Cape Cliff in Scozia ma in
un luogo dove le normali leggi della fisica non hanno alcun significato. Sembra
un mondo partorito dalla fantasia di un Escher[2]
o di un Kandinsky.[3]
Nel bel mezzo di questo assurdo panorama, sta l’uomo che l’ha portata lì:
alto,
atletico, i capelli neri e lunghi una carnagione abbronzata, forgiata dal mare.
Indossa un severo abito nero, azzurro e verde coronato da una corta mantellina
che arriva sotto le spalle. Nella mano destra impugna un bastone d’ebano il cui
pomolo è una testa di unicorno dalla cui mascella spuntano delle zanne. Si
tratta di Sir Victor Salisgrave, 18° Conte di Salisgrave, 25° Lord Cape Cliff,
Cavaliere della Giarrettiera e del Cardo, Ufficiale dell’Ordine dell’Impero
Britannico e molti alti titoli, erede di una schiatta di maghi delle Highlands
la cui origine si perde nelle nebbie della leggenda.
-Ho pensato che un luogo come questo fosse
più adatto delle segrete del mio castello al duello di magia a cui l’ho
sfidata, Miss Bentley.- le spiega, poi la fissa con attenzione e aggiunge -Temo
che in suoi attuali abiti non siano consoni alla tenzone che dovrà affrontare,
ma a questo si può porre facilmente rimedio.-
Un
gesto delle mani di Salisgrave accompagnato da una breve cantilena in un’antica
lingua e gli abiti di Victoria sono mutati in una calzamaglia azzurra
perfettamente modellata sulle sue curve e che ricorda l’abito del Dottor
Strange con tanto di fusciacca alla vita e mantello blu come quello che lui
indossava una volta, al tempo del loro primo incontro.[4]
-Così va decisamente molto meglio.- commenta,
compiaciuto, Salisgrave -Ora possiamo davvero cominciare. Io direi di iniziare
con le Fiamme delle Faltine.-
Tante
piccole fiammelle gialle si uniscono in una grande palla di fuoco che piomba
verso Victoria.
Constance
Johanssen ha la sensazione di fluttuare nell’aria. Sa di stare per morire
perché non sente dolore. Una parte di lei le dice che è solo a causa degli
antidolorifici ma un’altra sa che non è così, che la sua ora è giunta. Ebbene,
che accada, allora. Ha vissuto la vita che voleva, dopotutto. Eppure… eppure ci
sono ancora cose non finite da sistemare.
“Constance.”
La voce echeggia direttamente nella
sua testa e ripete ancora il suo nome, stavolta con tono più alto.
“Constance!”
“Chi sei?” chiede la
poliziotta con la sua voce mentale.
“Il mio nome non ha importanza. Ciò che conta è se vuoi continuare a
vivere. Tu lo vuoi, Constance?”
“Io… sì, lo voglio. Certo che lo
voglio.”
Il suo io astrale è strappato dal
corpo e trascinata in una dimensione di tenebra dove le uniche cose brillanti
sono una sfera di
cristallo, chiusa fra le fauci di un serpente e un uomo, se tale si può
chiamare, visto che in realtà si tratta di uno scheletro che indossa una lunga
tunica azzurra e oro e un mantello scarlatto bordato di bianco. Nelle orbite vuote
del suo teschio brilla una luce demoniaca. Un nome semidimenticato, letto in
qualche antico tomo durante i suoi studi sull’occulto, torna improvvisamente alla
mente di Constance:
“Thulsa Doom!”
“E così mi conosci, sono compiaciuto, donna. Sappi che io posso restituirti la vita e il
vigore fisico. Posso farlo e lo farò, ma devi essere tu a chiedermelo. Te lo
ripeto: vuoi vivere, Constance Johanssen? Sei pronta a pagare il prezzo per il
dono che ti sarà fatto?”
L’esperienza dovrebbe aver insegnato
a Constance che un patto con un demone non porta mai bene ma la voglia di
vivere è più forte di ogni razionalità.
“Sono pronta.”
risponde “Quale che sia questo prezzo.”
“Nulla di
straordinario, anzi, di molto tradizionale : nient’altro che la tua anima.”
La limousine
si ferma davanti al piccolo cottage nella campagna fuori Londra.
-È
qui.- dice l’uomo massiccio dalla folta capigliatura e barba rosse.
-Ne
sei sicuro?- gli chiede un giovanotto dai capelli rossicci seduto davanti a
lui.
-Il
mio istinto potenziato da milioni di anni di evoluzione non può sbagliare.-
ribatte, piccato l’altro -Tua cugina è qui, Jack Russell, ne sono certo.-
Dall’auto scendono tre persone.
Oltre a Jack Russell, c’è sua sorella Lissa e suo zio Philip, dai capelli ormai
grigi, il massiccio Barbarossa, un atletico biondo con indosso una tuta da
motociclista e un altro, intabarrato in un impermeabile con le fattezze
nascoste da una sciarpa e un cappello calato sul viso.
Si avvicinano cautamente
aspettandosi chissà quale pericolo, poi una porta si apre e ne esce una ragazza
bionda molto giovane che indossa un’aderente calzamaglia color porpora su cui
porta un impermeabile bianco.
-Nina!-
esclama Philip Russell vedendola.
La ragazza li vede ed esclama.
-Papà!
Che ci fai qui? Come mi hai trovato?-
-Per
merito mio.- risponde il Barbarossa.
L’illusione del suo aspetto cade e
lui si rivela per quel che veramente è: il lupo super evoluto che alcuni chiamano
Karnivor e altri l’Uomo Bestia.
Al vederlo Nina fa un balzo indietro
ma non c’è paura nei suoi occhi, solo stupore.
L’Uomo Bestia parla con voce grave.
-Ora
che ti vedo, che sento il tuo odore, così simile a quello dei tuoi cari, so che
l’ora è grave e il pericolo incombe. Devi venire con noi a Lycopolis.-
-Che
razza di sviluppo è questo?- esclama Philip -Non erano questi i patti.-
-Giusto.-
gli fa eco Jack -Non ti lasceremo portar via Nina senza combattere.-
-Voi
non capite.- interviene Sir Wulf, il compagno di Karnivor liberandosi del
travestimento che celava la sua natura di lupo mutato -Un pericolo ci minaccia
tutti: da mesi una licantropa dal pelo argenteo vive a Lycopolis in mezzo al
Popolo. Dice di chiamarsi Nina Price…- punta il dito verso la ragazza -… e non
è lei.-
3.
Il Comandante Peter Hawkins, capo
della Divisione Investigazioni Criminali del Dipartimento di Polizia di New Orleans.
Rientra nel suo appartamento dopo una dura giornata di lavoro. La sua mano si
dirige istintivamente verso l’interruttore di fianco alla porta quando una voce
gli dice:
-Non
accendere la luce, Peter.-
La voce appartiene ad una donna
seduta in ombra davanti a lui.
-June?-
esclama lui, sorpreso -Che ci fai qui?-
-Quale
posto migliore per nascondersi può esserci per la numero uno nella lista dei
ricercati dalla Polizia della “Big Easy”[5]
della casa dell’uomo al comando delle forze incaricate di darle la caccia?-
ribatte June Covington alzandosi in piedi -Nessuno penserà mai a cercarmi qui,
ti pare?-
La luce della luna che filtra dalle
veneziane disegna la silhouette della giovane donna mentre si avvicina al
padrone di casa.
-Stai
giocando col fuoco, lo sai?- gli dice questi.
-Ci
sono abituata.- ribatte lei -Del resto, sono sempre stata un tipo molto caldo.-
Gli mette le braccia al collo e gli
sussurra:
-Ospitami
qui stanotte e ti assicuro che non te ne pentirai, Pete.-
Hawkins sospira e le cinge i
fianchi. Se il Capo Tate sapesse che il suo uomo migliore e più fidato lo ha
tradito accettando di lavorare per il Consorzio Ombra e che ha aiutato a
fuggire la donna che ha rapito sua figlia e voleva farne uno zombie, per lui
sarebbe decisamente finita. Tate non lo saprà mai, o almeno non lo saprà finché
non sarà troppo tardi, e per allora Hawkins avrà avuto la sua ricompensa.
La ragazza è stato un bonus
aggiuntivo e insperato. June Covington non è solo una scienziata completamente
priva di morale, ma è anche una bellissima donna e lui ha sempre avuto un
debole per le bionde.
-D’accordo.-
replica -Ma domani dovrai andartene.-
-C’è
un sacco di tempo fino a domani.- sussurra lei mentre le sue labbra si incollano
a quelle del poliziotto.
E domani potresti anche non essermi
più utile, stupido, pensa.
Nel Mare di Somov, nell’Antartide Orientale, in un’isola che
fino a poco tempo fa non esisteva, c’è una città diversa da ogni altra, un
luogo dove il Male assoluto, un Male cosmico, che da agli stessi edifici dalle
bizzarre e oscene architetture di sicuro non concepite da mente umana. Il suo
nome, in una lingua morta da tempo, è Set
Atra-no, ovvero la Città di Set.
Nel più alto tempio di questa città
maledetta siede, su un trono di pietra, il suo signore lo scheletrico stregone
demoniaco Thulsa Doom, intento a scrutare in una grande sfera di cristallo,
chiusa fra le fauci di un serpente
Tutto sta andando come previsto.- mormora tra
sé e sé -I miei agenti umani sono ai loro posti e faranno
ciò che io dirò loro. Com’è facile sedurre l’animo umano. Anche coloro che si credevano
incorruttibili scoprono di avere un prezzo e che io posso pagarlo.-
Thulsa Doom
si alza dal suo trono e sfiora la sfera di cristallo dicendo
-I primi a scoprire quanto sia fatale
sottovalutarmi saranno quei maledetti lupi. Non immaginano cosa ho preparato
per loro. Faidara, mi senti?-
Una voce incorporea echeggia
direttamente nella mente dello stregone che era già vecchio quando la perduta e
leggendaria Valusia era giovane:
“Sì, mio signore, ti sento.”
-La tua attesa è finita, fedele servitrice: è
venuto il momento che tu ti liberi e scateni il tuo potere contro i miei
nemici.-
Thulsa Doom può quasi vedere il
sorriso maligno sul volto della sua generalessa prigioniera letteralmente
all’altro capo del mondo.
“Non aspetto altro, mio signore.”
E Thulsa Doom si abbandona ad una
risata soddisfatta.
Constance Johanssen apre gli occhi e
si guarda intorno. Sa benissimo dove si trova: in un rinomato ospedale di
Londra dove sino a poco prima stava morendo e sa anche altre cose.
Con gesti rapidi si strappa dalle
braccia gli aghi delle flebo e dal petto i sensori che la collegano ai
macchinari che monitorano le sue condizioni per poi mettersi a sedere sul
letto.
Con gesti ancora incerti mette i
piedi sul pavimento e nonostante la testa le giri e senta un montante senso di
nausea prova a fare qualche passo e per poco non cade a terra.
È aggrappata al bordo del letto
quando arrivano medici ed infermieri e la loro reazione è:
-Non
è possibile!-
Constance vorrebbe ridere ma quello
che esce dalle sue labbra sembra più il gracchiare di un corvo.
4.
Danielle Seward cammina
apparentemente ignorando gli sguardi di coloro che incontra e che sono
evidentemente attratti dal suo fisico mozzafiato e dall’abitino cortissimo che
indossa, talmente aderente da rendere evidente che non sotto non porta alcuna
biancheria intima.
Non sono gli sguardi di
disapprovazione ad interessarla, ovviamente, ma quelli che esprimono una vera e
propria attrazione sessuale nei suoi confronti. Per quanto siano deboli, quasi
impercettibili in qualche caso e poca cosa rispetto a quelle che si sprigionano
con l’atto sessuale, le energie che percepisce sono comunque catturate ed
immagazzinate per futuri usi.
Di tutti coloro che ha incontrato da
quando è arrivata a Londra solo Victoria Bentley e Constance Johanssen
avrebbero potuto smascherarla come adepta delle arti oscure, sacerdotessa di un
culto innominabile che risale alla notte dei tempi, servitrice fedele di un
essere che si potrebbe giustamente definire la malvagità incarnata, se avesse
ancora della carne attorno alle ossa, ma dalla prima si è tenuta alla larga e
la seconda non è più un problema ormai.
Mentre entra nell’ufficio del
Coroner di South London per andare a far visita al Dottor John Watson, Danielle
aspira l’odore della morte, qualcosa che solo lei può sentire e che è un’altra
fonte di potere mistico da incamerare, la fonte stessa del potere del suo
signore e padrone a cui ha volontariamente ceduto la sua anima, colui che
chiamano Thulsa Doom.
Con la velocità del pensiero
Victoria Bentley alza uno Scudo di Seraphim per proteggersi dalle fiamme.-
-Ben
fatto, Miss Bentley, ma in fondo era un incantesimo che qualunque apprendista
stregone avrebbe saputo fare senza sforzo.- la canzona Lord Salisgrave -Mi
aspetto di più da colei che potrebbe essere la più grande maga della sua
generazione.-
-Non
ho mai preteso di esserlo.- replica Victoria tentando di imprigionare il suo
avversario nelle Bande Cremisi di Cyttorak ma Salisgrave se ne libera prima che
si consolidino.
-Il
Dottor Strange e l’Antico vedevano questa potenzialità in lei e la vedo
anch’io.- ribatte -Dopotutto è stata capace di padroneggiare con estrema
facilità e rapidità molti incantesimi complessi. Avverto in lei energie che
nemmeno sa di avere. Vediamo se le sa usare.-
L’erede degli antichi druidi mormora
una formula e getta qualcosa in aria. Subito dopo un sudario di pietra si forma
attorno a Victoria.
-Non
ceda al panico.- la incita Salisgrave -Usi le energie che ha dentro di sé, le
incanali verso il suo scopo e le liberi per conseguirlo.-
-Io…
non so se posso…- ribatte lei.
-Può
e lo farà. Non esiti, agisca.-
Sul volto di Victoria i segni di una
concentrazione intensa, poi la prigione di pietra che l’avvolge si infrange.
-Ce
l’ho fatta!- esclama.
-Sì,
ce l’ha fatta… e ha vinto la nostra sfida.-
-Cosa?-
-Ha
dimostrato di possedere le doti di una vera maga, non mi serve sapere altro.-
Tutto ruota intorno a loro e si
ritrovano nel Castello Salisgrave sulle coste settentrionali della Scozia.
-Qual
è stato il senso di tutto questo?- chiede Victoria.
-C’è
un grande pericolo che si addensa ed è pronto a colpire le Isole Britanniche
come il resto del Mondo.- risponde il Conte -Se lei me lo permetterà, io
l’addestrerò a combatterlo. Finora, Victoria, mi consente di chiamarla Victoria
spero, lei è stata un’adepta della magia tibetana di cui il Dottor Strange è un
maestro, ma se lei lo vorrà, io le aprirò la mente ai più reconditi segreti dei
druidi, di quella magia celtica che è parte del suo retaggio di figlia di
Albione e alle altre forme di magia dell’Occidente. Lo vuole, Miss Bentley?
Accetta di essere mia allieva?-
C’è solo una lieve esitazione in
Victoria prima che risponda:
-Accetto!-
June Covington si alza dal letto
poco prima dell’alba e dopo essersi accertata che Peter Hawkins dorma, ancora, nuda,
si reca nel vicino bagno dove si dà un’occhiata allo specchio. Sul collo, quasi
all’attaccatura della spalla destra, proprio sopra la scapola, c’è il segno di
un morso dai margini violacei. Se non avesse preteso la luce spenta, il buon
Hawkins l’avrebbe visto, così come avrebbe notato le sue occhiaie e il pallore
innaturale della sua pelle.
Sono passate parecchie ore da quando è
stata morsa e il cambiamento è stato solo superficiale, l’infezione non si è
ancora manifestata e i margini stessi del morso si sono ridotti, sempre che la
sua vista non l’inganni. Merito dell’antidoto sperimentale che aveva con sé e
si è iniettata immediatamente o forse anche la sua fisiologia particolare, con
tutti i cambiamenti che lei stessa vi ha apportato, l’ha aiutata. Ciò
nonostante sente che dei cambiamenti stanno avvenendo, ma di che natura?
Lo scoprirà presto e saprà anche
altro. Nel culmine dell’amplesso ha morso quell’utile idiota di Hawkins e se
gli ha iniettato qualcosa in quel modo o con altri scambi di fluidi corporei e
questo provocherà dei cambiamenti, sarà evidente presto. Potrebbe essere il
prossimo stadio dell’evoluzione dei suoi rianimati.
June fa un sorriso maligno alla sua
immagine riflessa nello specchio.
5.
Jack Russell esclama:
-Che
vuol dire che c’è un’altra Nina Price?-
-Da
mesi ormai una licantropa dal pelo candido che dice di chiamarsi Nina Price e
di essere tua cugina abita a Lycopolis, in mezzo a noi del Popolo.- risponde Sir
Wulf con voce cupa
-Quando
ci hai chiamato per aiutarti a trovarla, ho capito che qualcosa non andava e
che era il caso di capire chi fosse l’impostora. Ora lo so con certezza: lei è
autentica.- aggiunge Karnivor.
Sir Wulf esclama:
-Questo
vuoi dire che quella di Lycopolis è…-
-Indubbiamente
un agente di Thulsa Doom.- replica l’Uomo Bestia -E chissà cosa sta combinando
in questo momento.-
Nel suo nuovo rifugio Lilith Dracula
sente qualcosa, una sensazione che non prova da quando si è battuta contro la
sua omonima, la Madre dei Demoni, un male antico e da lungo tempo dormiente è
di nuovo all’opera.
Dovrà indagare, non può permettere
che un simile potere minacci il suo.
Gli occhi della donna che risponde
al nome di Faidara si illuminano di colpo mentre la sua prigione si infrange e
lei fluttua a mezz’aria.
-Sciocchi!-
esclama, credevate davvero di potermi tenere prigioniera per sempre?-
La sua testa diventa quella di un
serpente la cui lingua forcuta sibila nell’aria.
-Avete
commesso un grave errore…- aggiunge -… e ora proverete tutto il potere di
Thulsa Doom!-
FINE
SESSANTASETTESIMO EPISODIO
NOTE DELL’AUTORE
Non moltissimo da dire, solo qualche
chiarimento strettamente necessario:
1)
Il Popolo Lupo, la sua mitologia, Lycopolis e
la guerra del Popolo contro Set e Thulsa Doom sono tutti concetti creati o
elaborati da Valerio Pastore che non cesseremo mai di ringraziare.
2)
Romeo
Doria-Pamphili, mutante licantropesco, è una creazione di Yuri N.A. Lucia ed è apparso
per la prima volta sull’Uomo Ragno MIT.
3)
Karshe,
della tribù
perduta dei
Cheemuzwa e Bethany Rose
McCarthy, alias Pleias, sono creazioni originali di Valerio
Pastore.
4)
Carlos Lobo,alias Espectro, anche lui mutante con la capacità di
diventare un lupo antropomorfo è stato creato da Gerry Conway & Sal Buscema
su Spectacular Spider Man Vol. 1 #143 datato ottobre 1988.
5)
Vivisector,
alias, Myles Alfred è un mutante creato da Peter Milligan & Mike Allred su
X-Force Vol. 1° #116 datato agosto 2001
6)
Kody è stato creato da Howard Mackie &
Adam Kubert (con l’aiuto di suo padre il leggendario Joe) su Spirits of
Vengeance #4 datato novembre 1992.
7)
Hoarfen,
figlio di Fenris e di una Gigantessa dei Ghiacci, è stato creato da Peter David
& Gary Frank su Incredible Hulk Vol. 1° #422 datato ottobre 1994.
Nel prossimo episodio: l’attacco di
Thulsa Doom, la riscossa dei Lupi, i piani di Lilith e quelli di Dracula. In
più: tradimenti e altri colpi di scena.
Vi aspetto.
Carlo
[1] Nell’episodio #65.
[2] Maurits Cornelis Escher (1898-1972), pittore svizzero noto per le sue prospettive impossibili
[3] Vassily Vassilievitch Kandinsky (1866-1944) famoso pittore astrattista russo.
[4] Tanto tempo fa, su Strange Tales Vol. 1° #114 (In Italia su Uomo Ragno, Corno, #26)./
[5] Nomignolo di New Orleans.