PROLOGO: La catena montuosa si stendeva per cinquecento chilometri, un immane confine naturale a forma di falce fra l’est e l’ovest dell’unico continente di Altro Regno.

Al centro della falce, si ergeva una montagna, una fortezza nella fortezza: una piramide naturale dai fianchi frastagliati, coperti di fitte foreste alla base, di ghiaccio eterno sulla cima. Le nuvole la tagliavano in due, nascondendone la cima agli sguardi di coloro costretti a muoversi sulla terra.

Ma per chi potesse raggiungerla con la forza delle proprie ali, la ricompensa era uno spettacolo ancora più mozzafiato del panorama.

Perché, protetti dallo schermo delle nuvole, intorno alla montagna, volavano decine e decine di dragoni.  Giovani ed adulti, di varie razze e colori, che venissero dal mare -protetti in iridescenti bolle d’acqua- o dalle foreste, o dalle paludi, o dai cieli più remoti, erano un raduno di colori come molto raramente si vedeva, su questo mondo.

E infatti, si trattava di un evento raro: il primo Grande Consiglio tenuto da secoli. Le maestose creature, lunghe ognuna decine di metri, si prodigavano di non urtarsi fra di loro, mentre i più esuberanti non facevano che provocare i genitori od altri anziani con voli eclettici accompagnati da ruggiti di gioia.

Gioia. Un'altra sensazione rara, nelle loro vite. Vivevano, amavano, si riproducevano e combattevano, ma lo accettavano con serenità, quella era la loro vita.

Oggi erano felici. Per quanto potessero essere disciplinati in volo, all’arrivo era quasi una lotta per conquistare i posti nella grande arena, scavata nel cuore della montagna.

 

La struttura dell’arena era un cono rovesciato, composto di una dozzina di cerchi terrazzati.

Informazioni e saluti furono scambiati in decine di dialetti, ali vennero occasionalmente stiracchiate, artigli affilati contro la roccia cristallina, lamentele di ogni genere per piccole trivialità, rimproveri per ottenere disciplina… Nell’arena, il rumore, per i canoni dei draghi, era l’equivalente di un brusio. Un essere umano sarebbe diventato sordo in pochi minuti. Gli oltre cento corpi giganteschi presenti riscaldavano efficacemente l’interno; l’odore di drago era  intenso da stordire. La tensione si poteva tagliare con il coltello.

Ad un certo punto, tutti, uno dopo l’altro, tacquero. I musi si chiusero, i respiri si quietarono anche se ancora i petti sembravano tuonare più che respirare. La tensione salì di un altro punto. Cento ed oltre paia di occhi puntarono tutti verso l’unico ingresso che dava sulle viscere della montagna.

Da quell’ingresso, giunsero i pesanti, inconfondibili passi di un dragone. Dapprima giunsero come un’eco remota, poi sempre più forti, ad un ritmo costante, sincronizzato con i cuori dei presenti…

Alla fine, coloro che aspettavano emerse. La ragione di quel raduno fu visibile agli occhi di tutti.

Emerse insieme al giovane dragone azzurro, che aveva l’immenso onore di essere suo compagno di vita.

Era l’uomo-lupo dalla bianca pelliccia, discendente diretto di Antesys, fiero nella sua armatura smeraldina decorata di armi, portatore della pietra scarlatta che brillava sanguigna alla sua gola.

Era Stargod, insieme a Max, ed ai cinque Cavalieri che combattevano con lui per la protezione di Altro Regno.

 

 

MARVELIT presenta

KNIGHTS TEAM 7

Episodio 22 - Io scelgo questo mondo!

 

 

Il primo dragone, una femmina delle paludi, nera e lucida, serpentina, esplose in un ruggito di benvenuto.

Uno dopo l’altro, tutti i presenti si unirono in un saluto collettivo che scosse letteralmente le pareti rocciose. La montagna stessa sembrò cantare.

Anche Max si unì al coro, dandoci dentro a pieni polmoni, come a volere sovrastare tutti gli altri.

Stargod voltò la testa a destra e a sinistra, osservando i dragoni, quasi sopraffatto dalla loro presenza. La sua mente percepì ogni sfumatura della loro felicità. Avrebbe voluto mettersi ad ululare, ma non era sicuro cosa prescrivesse in questi casi l’etichetta di queste creature… Dio, neanche nei suoi sogni più sfrenati avrebbe immaginato di trovarsi, un giorno, in questa situazione…

E, ancora una volta, un’ondata di rimorso lo colpì quasi fisicamente: per ben due volte si era lasciato indietro tutto questo, ancora prima di scoprirlo, per vivere la limitata vita di John Jameson, astronauta fallito e frustrato figlio di un tirannico editore.

Guardò Max, che ancora cantava. Aveva dovuto proteggere sé stesso ed i suoi compagni di squadra con il potere della Godstone, o i timpani sarebbero esplosi. Diede una rapida occhiata ai Cavalieri:

Ø      Diablo, l’alchimista, si rendeva sempre più conto di trovarsi in un territorio che non avrebbe mancato di metterlo a dura prova. Anche se, a campagna finita, avrebbe avuto la sua terra come promessogli[i], non avrebbe mai potuto dare nulla per scontato, come sulla Terra.

Ø      Grigar, l’ex-Balkatar del Popolo Felino, aveva scelto di lasciarsi la sua gente nei meandri del Limbo, nella Terra Interna. Cosa lo aspettava, rimanendo in questa dimensione, lontano da ogni cosa che potesse chiamare ‘casa’, una volta finita la guerra?

Ø      Iron Monger, nella sua armatura riparata grazie al potere della Godstone. Sotto il potente guscio metallico c’era un uomo la cui dedizione alla causa di Stargod era in realtà il prezzo da pagare per le cure del figlio autistico, rimasto sulla Terra.

Ø      Avatar. Corpo del sintezoide Empatoide della Zona Negativa, simbiotizzato con il corpo di energia vivente di Agron, creatura di un futuro lontano miliardi di anni, e con lo spirito di un nativo di Altro Regno. Come quasi tutti gli esseri umani di quel mondo medioevale. Muran vedeva i dragoni come creature distanti, da temere occasionalmente. C’era da dubitare che in vita sua avesse mai visto un simile assembramento.

Ø      Il Seminatore di Morte, ovvero Mary Elizabeth Sterling, organizzatrice dei Cavalieri ad insaputa di Stargod. Era l’unica a non mostrare il minimo segno di tensione, anche grazie al fatto che il suo volto era nascosto da una perenne ombra fra la tesa del cappellaccio e l’ampio collo del suo mantello. Lui nutriva forti diffidenze verso le tattiche contorte di lei, mirate in un ambito che lui non riusciva a delineare, come se la guerra in corso fosse solo un elaborato tassello di un mosaico a più dimensioni. Lei gli aveva chiesto fiducia, e lui aveva scelto di dargliene…per ora…

Il canto, finalmente, si spense. Le teste dei dragoni si chinarono in segno di rispetto.

Un dragone in prima fila, un ‘cavalcavento’ di un blu così intenso da essere abbagliante, disse, “Noi ti salutiamo, Stargod: abbiamo atteso il tuo ritorno con fede e pazienza.

“Abbiamo indetto questo raduno per rinnovare il nostro giuramento a te, e per metterti in guardia contro le vili menzogne di coloro che si professano i ‘veri eredi’ della Godstone. Sappi, Salvatore e Protettore, che simili sciagurati non sono che un’infima minoranza, una cerchia di folli che mai si è espansa oltre i suoi confini.

“Fra loro, il solo che possa vantare potere è il rinnegato Satranius. Gli altri si nascondono nell’ombra delle loro piccole cospirazioni. Ti chiediamo scusa se, a causa di un folle, tu hai ricevuto una falsa impressione di noi.”

Stargod avanzò di un passo. Ricambiò solennemente lo sguardo delle fiere; attraverso la Godstone, irradiò mentalmente la sicurezza che mise nelle sue parole. “Sono onorato da questo raduno, potenti dragoni. Credo alle vostre parole, e mai sonderò la vostra mente per verificarne la veridicità…” pronunciò il nome reale di Max.

“Ma davvero si chiama così?” bisbigliò Iron Monger a nessuno in particolare.

“…con il quale, per intercessione di Antesys stesso, condivido il mio stesso essere, mi ha già ampiamente rassicurato. Tu,” fissò il grande dragone blu, “sei suo padre?”

Assenso. “Così è, Salvatore e Protettore. Sappi che la vostra unione è per tutti noi motivo di orgoglio senza pari: attraverso la vostra felicità, noi stessi come specie siamo ora più vicini ad Antesys. Io…” disse il suo nome, un guazzabuglio incomprensibile per ogni lingua umana. Stargod decise che lo avrebbe ribattezzato ‘Sadu’ a beneficio privato. “…offro se necessario la vita mia e della mia famiglia perché nulla possa separarvi.”

John non ebbe bisogno di leggergli la mente, per capire che faceva suo serio. Credeva che Max fosse un devoto, quando si erano conosciuti, ma la facilità con cui Sadu aveva espresso quelle parole lo fece rabbrividire. Sapeva di essere importante per molta gente, degli uomini erano caduti in suo nome…ma fra di loro c’era chi dubitava. Queste creature erano assolutamente, e senza dubbi*

Allora preparati a sacrificarli, traditore della tua specie!

La voce giunse come un tuono. Le teste dei dragoni si voltarono in cerca di chi aveva osato lanciare quella bestemmia, le loro voci si alternavano a sibili e brontolii. Stargod stesso mosse le orecchie in tutte le direzioni e fiutò invano l’aria.

L’immagine astrale di un familiare dragone verde delle foreste si materializzò fra la cerchia dei draghi e Stargod.

Veggany!” ringhiò Max. “Come osi portare qui la tua lurida presenza?!”

Ignorando volutamente i suoi simili, Veggany disse direttamente al dio-lupo, “Sono qui per proporti una scelta, blasfemo.”

“Siete in parecchi a definirmi così,” ribatté Stargod, “cosa ti fa pensare che insulti e minacce ti possano rendere degno della Godstone?”

Veggany rise. “’Minacce’, dici? No, Stargod, io non minaccio: io prometto. Prometto a te ed ai tuoi leccapiedi che se non mi cederai la Godstone, il tuo mondo intero ne soffrirà le conseguenze. Osserva!” accanto alla sua immagine, apparve quella di una città. Una struttura ricavata dalle pareti da un vulcano estinto.

“Kalgarn,” mormorò Stargod. La città che era stata il teatro della sua prima avventura contro i Tok dopo il ritorno su Altro Regno[ii]. Prima che il lupo potesse spiccicare altra parola, vide una serie di corpi rocciosi precipitare su Kalgarn. Corpi rocciosi infuocati, che all’impatto esplosero come bombe. Impotente, Stargod vide la città di Kalgarn morire sotto i suoi occhi, distrutta, consumata dal fuoco caduto dal cielo. Vide gli uomini e le donne di Kalgarn fuggire invano, colti di sorpresa, venire schiacciati dai loro simili in fuga cieca o dalle rocce o carbonizzati dalle fiamme. Le immagini erano mute, ma parlavano da sole.

Stargod si attaccò ad una disperata speranza. “Veggany…se oserai fare una cosa simile per davvero…”

“Non è un bluff,” disse una nuova voce. Questa volta, ai piedi di Veggany apparve un Tok! Esattamente come i ‘clerici’ incontrati a Kalgarn, costui indossava un’ampia tonaca sulla sua forma. “Io sono il Grande Fratello Superiore Jsejsek della Casta Sacerdotale, blasfemo. Quello che vedi sta succedendo per davvero: abbiamo lanciato una frazione minima dell’instabile anello che circonda Altro Regno contro quella città. Per quanto non auspichiamo lo spreco di cibo, sarà un sacrificio utile se conseguiremo il nostro comune scopo, e cioè liberarci di te.”

Gli occhi del dio incarnato iniziarono a brillare.

Jsejsek scosse la testa. “Io non lo farei, blasfemo. In questo momento, il nostro Volter Cannon è puntato sul luogo dove ora vi trovate. Neanche tu puoi operare su più fronti allo stesso tempo. Un colpo solo, e i tuoi eretici alleati saranno atomizzati. Sei pronto a sacrificarli?”

Stargod non credeva alle sue orecchie. “Vi professate ‘fratelli’ dei dragoni figli di Antesys, e ne sacrifichereste a decine?”

Jsejsek sbuffò, irritato. “I tuoi alleati sono traditori, rinnegano la santa parola di Antesys. Si sono allontanati dalla Sua grazia da soli. La loro morte ci è irrilevante.”

Ascoltandolo, il Seminatore di Morte capì che la cosa era più seria di quanto sospettasse: c’erano due fazioni, fra i Tok. Ssylak doveva essere un ortodosso, se non aveva mai osato fare del male ai draghi. Avrebbe ucciso Max, vero, ma solo perché lo credeva contaminato dai naniti che per un certo periodo avevano dimorato nel sangue di Jameson..! Infatti, in precedenza, a Kalgarn, si erano premuniti di catturare Max vivo e sano, per cercare di ‘illuminarlo’…

Jsejsek doveva essere l’equivalente di un Protestante, pronto a rimodellare la religione su parametri più personali.

Veggany riprese a parlare. “Dammi la pietra, Stargod: restituisci il potere a chi lo merita.”

In risposta, Stargod snudò le zanne. “I tuoi antenati si dimostrarono talmente indegni che Antesys stesso ve la tolse, e lo sai! Cosa ti fa credere che se anche io cedessi…”

“Questa volta Antesys non ce la toglierà. Questa volta, terremo il potere, ma solo per arrivare agli anelli del potere ed espanderci verso le stelle! A quel punto, la Godstone non ci servirà più!”

“Tu sei folle!” Questa volta fu Sadu a parlare. “La pietra è un canalizzatore della volontà di Antesys, non una fonte di potere! Egli ce la tolse per simboleggiare la nostra indegnità! Se volesse, la sbriciolerebbe…”

“MENTI! la Pietra è una fonte di potere, per questo Antesys ce la tolse! Ed anche se incontrassimo la Sua disapprovazione, non m’importa: accetterò serenamente il Suo giudizio dopo la mia morte. Ma voglio che le nostre uova raggiungano i mondi lontani promessi dai nostri fratelli delle stelle![iii]

Stargod decise di provare un’altra strada. “Non so come tu abbia fatto a convincere i Tok ad accettare questo folle piano, ma…”

“Non ho scelta,” lo interruppe Veggany. “Attaccandoti, sono già andato incontro allo sfavore di Antesys. Ho cercato di raggiungere gli anelli con il sotterfugio prima e con la violenza aperta poi… I fratelli Tok sono la mia ultima speranza, solo loro hanno i mezzi per costringerti a cedermi la pietra. Non sopravvivrei al fallimento. E non fallirò.”

“…”

“Esiti ancora, mammifero?” fece Jsejsek. “È evidente che hai bisogno di essere ulteriormente…incoraggiato. Osserva.”

Stargod vide una montagna volante venire giù, verso una zona di verde. Riconobbe anche quella. Era lì che lui aveva combattuto contro Azulbunxibar e la sua gente, era lì che aveva vissuto qualche ora come un lupo vero e proprio. Era lì che, dopo, aveva consumato la sua prima notte con Max[iv]. Un posto speciale, una memoria speciale… “NO!” ruggì, e i suoi occhi brillarono.

La roccia non colpì, ma poco prima dell’impatto si trasformò in un nuovo sole. Esplose, e si trasformò in un fungo atomico! In un lampo, e negli istanti successivi, chilometri e chilometri quadri furono vaporizzati, inceneriti…il lavoro di secoli della natura spazzato via in un momento di olocausto nucleare. John avvertì come un colpo allo stomaco, avvertì il dolore di Altro Regno. Non ebbe più dubbi che fosse vero!

“Abbiamo disseminato molte rocce con bombe termonucleari, quale arma definitiva in caso di contaminazione da naniti, blasfemo,” disse Jsejsek con una calma assurda. “Quante credi che ce ne vorranno per convincerti?”

 

“Qui ci finiamo tutti fino ai capelli,” disse Iron Monger al Seminatore. “Jameson è agli sgoccioli, la tua brillante mente cosa suggerisce?”

Il Seminatore guardò verso la volta. “Se solo sapessimo dove si trova il loro quartier generale, potremmo teleportarci lì e risolvere la cosa: sicuramente Ssylak è estraneo a questa follia. Devono averlo fatto prigioniero, o comunque isolato, almeno spero. Comunque sia, dovremmo trovarci sul posto e sconfessare Jsejsek e Veggany pubblicamente.”

 

Ancora una volta era costretto a scegliere, ma non fra egoismo e dovere questa volta.

Doveva scegliere fra la vita di chi gli era caro, quella di questi innocenti, ed il resto del mondo.

Poteva assorbire l’esplosione del Volter Cannon, ma lo sforzo lo avrebbe seriamente stordito[v]. E se avessero sparato di nuovo…

 

La mente di Mary E. Sterling continuava a lavorare freneticamente.

I conti non tornavano.

In qualunque modo la mettesse, nelle parole pronunciate poco prima c’era una falla mostruosa.

Ssylak.

La sua gente gli era fedele, disposta al sacrificio ultimo per lui.

Era forse la fedeltà obbligatoria per il dittatore? Lo avrebbero abbandonato appena il vento fosse cambiato?

 

Stargod iniziò a concentrarsi. Se doveva imparare lì e subito a sfruttare il suo potere in modi finora solo ipotizzati, e su una scala inimmaginata…

 

Il soldato Tok disposto a lasciarsi immolare, a Kalgarn, perché i naniti venissero annientati, risparmiando così Altro Regno.

Il loro mondo era stato distrutto. Viaggio generazionale alla ricerca di una nuova patria. La base ideale per forgiare un potere tirannico ed assoluto.

 

“Blasfemo, so cosa stai pensando. E ti consiglio di non pensarci neppure, o l’intero anello verrà giù.”

 

Ssylak era sinceramente preoccupato per l’integrità di Altro Regno, disposto a morire per la sua salvezza. Principe o no, la sua influenza doveva andare molto oltre il semplice potere politico. La sua gente aveva fiducia nella Casta Reale, era un fatto genetico e non di semplice potere.

 

Gli occhi brillarono di energia scarlatta, al punto da farli diventare pozze ribollenti. “Dovrebbe importarmi, Tok? Mi hai appena mostrato che non ho molta scelta, in fondo. Se degli innocenti debbono morire, per mano delle armi o della Godstone o degli anelli, almeno avrò tentato. È il mio mondo, vermi striscianti! Non lo abbandonerò, meno che mai per paura di combattere!”

 

Quella dei sacerdoti era una casta, ma gli esecutori erano gli ‘operai’, i militari. Erano la stragrande maggioranza e nati con la fedeltà alla casta reale.

Non c’erano disertori, fra loro!

Il Seminatore di Morte si incamminò fino alle immagini astrali.

“Che cosa vuoi, piccolo mammifero?” chiese Veggany. “Non osare intrometterti!”

In risposta, una mano guantata di nero si sollevò fino a sfiorare le immagini di Veggany e Jsejsek.

“NO!”

I bioscrambler nei guanti si attivarono. La magia traeva fonte dalle energie vitali, e i dispositivi del Seminatore mandava le bioenergie in cortocircuito!

Le immagini svanirono. “Stanno bluffando, Stargod: non hanno il controllo del loro satellite armato. È impossibile.”

 

“Ti prenderò in parola, Seminatore,” rispose il lupo. La sua volontà si stava estendendo ai cieli di Altro Regno, raggiunse la zona dell’anello. Attinse al potere della Godstone, così come fece quando dovette salvare il Microverso dal collasso gravitazionale. Questa volta, però, avrebbe dovuto solo essere più…gentile.

E si sarebbe assicurato che l’’arma finale’ dei Tok non avrebbe mai più potuto essere utilizzata!

 

Città orbitale di S’shadz, orbita di Altro Regno.

 

La sala tremò come sotto un potente terremoto. Circuiti bruciarono mandando piogge di scintille. Strumenti impazzirono nel tentare di mantenere, invano, la stabilità di S’shadz.

“Signore! L’anello!”

Il Principe Ssylak, in sala comando, stava osservando. E per la prima volta da quando vide l’ombra di Antesys benedire il blasfemo, ebbe paura del potere di un Dio. La sala si riempì di sibili e schiocchi fra il sorpreso e l’impaurito, a riflettere il suo stato d’animo.

Perché mai aveva assistito ad una manifestazione su questa scala.

 

Una colossale spinta gravitazionale stava letteralmente disfacendo l’anello, allontanandolo dalla bassa orbita! Mosse verso un nuovo centro comune, le innumerevoli rocce, le ‘montagne volanti’ che avevano decorato Altro Regno per millenni, andarono ad unirsi. E S’shadz con esse!

Stargod si stava concentrando su quello che credeva essere un satellite armato, ed aveva involontariamente condannato S’shadz alla sua fine.

 

“Dobbiamo allontanarci e subito!” ruggì Ssylak, aggrappandosi disperatamente ad una ringhiera. “Massima spinta, o saremo stritolati!”

“Non possiamo, signore!” fu la disperata risposta. “La trazione gravitazionale è più potente dei nostri motori!”

Intorno a loro, le rocce si accumulavano, aumentavano la pressione. E fra di esse c’erano quelle con le bombe.

Stargod ha creduto che lo abbiamo attaccato, pensò Ssylak. Sacro Antesys, sei dunque così adirato con noi da permettere la fine di chi ti è devoto?

Poi, le rocce iniziarono a colpire l’astronave.

 

L’anello era visibile fin da terra. E faceva un certo effetto vederlo trasformarsi in un irregolare planetoide…

 

Iron Monger osservò quello spettacolo nei suoi dettagli, grazie agli scansori dell’armatura. “Dillo ancora, Diablo, che pensi di fare il furbetto con il lupetto. Dillo, mioddio…”

Estaban Corazon del Diablo aveva la bocca aperta per lo stupore.

Stargod scoprì che era meno arduo di quanto avesse temuto. Il potere rispondeva docilmente alla sua volontà, si comportava come creta da plasmare…

Finalmente, il lavoro fu portato a termine. Ora, una nuova luna, rozza, frastagliata si stagliava nel cielo diurno di Altro Regno. Restava solo una cosa da fare.

Attinse ancora alla Godstone, e impulsi di energia attraversarono il piccolo corpo celeste. Non importa quanto bene schermate fossero le bombe, una dose simile di raggi gamma era più che sufficiente a bruciarne i circuiti, trasformandole in costosa spazzatura! La nuova luna era abbastanza lontana da non rappresentare un pericolo, ed il satellite armato vi era stritolato nel centro. Quanto agli abitanti delle acque e delle foreste e dei cieli della zona colpita dalla bomba, loro erano al sicuro, teleportati via prima dell’esplosione.

Stargod cadde in ginocchio, ansante, sfinito. Nell’arena piombò un silenzio quasi solido nella sua intensità.

“Mi dispiace,” disse il dio, alla fine.

“Dispiacerti? E di cosa?” chiese Sadu, facendosi avanti. Si avvicinò al lupo, e lo prese delicatamente fra le zampe. Reggendolo in un palmo, gli mormorò con voce tonante, “Hai salvato innumerevoli vite. Hai dimostrato di essere degno del tuo potere…”

Stargod scosse la testa mestamente. “Avrei dovuto usare per prima cosa la mia mente, accertarmi che almeno la minaccia del satellite armato fosse un bluff. Mi sono fatto prendere dal timore.”

Sadu sorrise. “Se dici ciò, sei sulla buona strada per maturare. Il tuo potere è antico, ma tu sei giovane.” Lo depose a terra. “C’è un Draco Magister, il suo nome è Wasye. Vive nelle profondità dell’arcipelago di Mournhelm. Se pensi di avere bisogno di imparare qualcosa sull’uso del potere, allora vai da lei. Sarà felice di insegnarti.”

Stargod annuì. Fece un inchino. “Accetto volentieri il vostro suggerimento. Grazie.”

 

Dal suo rifugio nella foresta, Veggany osservava la scena. Avvertiva ancora un sordo dolore lungo il corpo, dopo il contatto con quel maledetto Seminatore di Morte. Rivoli di tossine fumavano dalle sue narici.

Aveva fallito. La sua ultima possibilità, basata sulla rapidità e la paura, non solo non aveva ottenuto il risultato desiderato, ma aveva dato a Stargod ancora più determinazione a vivere il proprio ruolo! E per giunta, i suoi alleati Tok erano persi per sempre..!

Improvvisamente, una fiamma si accese a mezz’aria, davanti al suo muso, nel mezzo della tana fatta di radici. La sorpresa di Veggany durò il tempo di osservare la fiamma crescere e cambiare forma, assumendo finalmente quella di un muso familiare… “Satranius!” Veggany indietreggiò di un passo.

L’effige fiammeggiante emanava un calore così potente da fare fumare le spesse radici sature di umidità. L’aria dentro la tana tremolava. “Speravi in una punizione di Stargod, o forse di Antesys stesso, patetico perdente?” ringhiò Satranius.

Veggany arretrò ancora. “Io…”

“Tu e le tue misere ambizioni di colonizzazione! Ora Stargod è ancora più pericoloso di prima per la causa della nostra razza, e il Grande Consiglio stesso ne esce più rafforzato che mai, a sostenerlo. Il tuo fallimento è tre volte grave. La tua punizione sarà proporzionata!”

Veggany finì addosso alla parete. Quasi si mise a strisciare su di essa, gli occhi pieni di folle terrore. “No, no… Per favore, noo…” quell’ultima parola si trasformò in un lungo, lunghissimo ruggito incoerente di dolore. Le sue carni bollirono, lentamente. I suoi occhi furono fusi un po’ alla volta.

Ci sarebbero volute dieci ore prima che il dragone verde prendesse fuoco.



[i] KT7 #1

[ii] Epp. #2-3

[iii] Come spiegato nell’Ep. #20

[iv] Epp. 9-10 e MARVELIT EROS #3

[v] Ep. #4